[GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due

Aperto da green demetr, 01 Maggio 2024, 15:37:13 PM

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Ipazia

La differenza tra le varie forme di comunismo non è ideologica, ma strutturale. E nella struttura ci sta pure l'imprinting socioeconomico di chi fa la rivoluzione. I profeti erano ben consapevoli di tale immenso problema e pensavano al comunismo nei paesi economicamente e culturalmente più sviluppati, che avrebbero gestito al meglio quanto realizzato dalla borghesia capitalistica.

Invece è avvenuto tutto il contrario e su questa profezia mancata occorre interrogarsi. Laddove la tigre era di carta colonialistica la rivoluzione ha attecchito facilmente, al contrario di dove la tigre teneva al sicuro i suoi corruttivi forzieri.

E nel frattempo la tigre aveva preso le misure allo spettro che si aggirava per l'Europa e riguadagnava terreno laddove la rivoluzione arrancava tra sottosviluppo e burocrazia dogmatica. Fine della storia ?

Manco per sogno. La tigre di carta riprendeva a carteggiare finanziariamente, sicura di poter dominare il mondo con la sua cartamoneta, sempre più simile ad un anti Spirito hegeliano, infelicissimo e dispensatore di infelicità. Fino alla resa dei conti incombente.

Il seguito - improfetizzabile - alla prossima puntata (... ma temo/spero proprio che noi "non ci saremo").
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: Ipazia il 07 Maggio 2024, 16:02:25 PMLa differenza tra le varie forme di comunismo non è ideologica, ma strutturale. E nella struttura ci sta pure l'imprinting socioeconomico di chi fa la rivoluzione. I profeti erano ben consapevoli di tale immenso problema e pensavano al comunismo nei paesi economicamente e culturalmente più sviluppati, che avrebbero gestito al meglio quanto realizzato dalla borghesia capitalistica.

Invece è avvenuto tutto il contrario e su questa profezia mancata occorre interrogarsi. Laddove la tigre era di carta colonialistica la rivoluzione ha attecchito facilmente, al contrario di dove la tigre teneva al sicuro i suoi corruttivi forzieri.

E nel frattempo la tigre aveva preso le misure allo spettro che si aggirava per l'Europa e riguadagnava terreno laddove la rivoluzione arrancava tra sottosviluppo e burocrazia dogmatica. Fine della storia ?

Manco per sogno. La tigre di carta riprendeva a carteggiare finanziariamente, sicura di poter dominare il mondo con la sua cartamoneta, sempre più simile ad un anti Spirito hegeliano, infelicissimo e dispensatore di infelicità. Fino alla resa dei conti incombente.

Il seguito - improfetizzabile - alla prossima puntata (... ma temo/spero proprio che noi "non ci saremo").

Adesso non so cosa ne pensi tu di La Grassa, a giudizio di Anthony non dovrebbe essere più nel giro dei comunisti teoretici.
Ma a me piace il suo sprone continuo ai giovani a non mollare mai lo studio dell'economia, e di tutte quelle figure professionali di cui il comunismo italiano avrà bisogno.
Voglio dire, certo che non ci saremo, ma a me non va di non lasciare niente a chi poi si troverà di fronte all'occassione, come la chiama La Grassa, in cui il capitalismo collasserà sotto le sue pretese sempre più irragionevoli e portatori di una infelcità che mai si è vista nella storia.
I pezzenti pure credevano ad un Dio che li salvasse.
Ma oggi nessuno crede più a niente.
Nessuno è poi così disperato come una volta, eppure c'è qualcosa che ci manca ancora di più grande.
Quando un Cacciari taccia il comunismo di religione salvifica, religione materialista certo, a me sembra che faccia un favore al comunismo.
Non mi pare una critica, ma una lode.
Probabilmente sono un comunista (economico) atipico.
Ciao!

Vai avanti tu che mi vien da ridere

Koba II

Inizio a rispondere, mi ci vorranno un po' di giorni, purtroppo non ho molto tempo libero.

La mia osservazione, ripresa da Phil, era in effetti un po' rozza.
Rileggendo il testo di Hegel noto che ci sono due livelli, quello della lotta, il momento della lotta per il riconoscimento (e per la libertà: ricerca del riconoscimento appunto di sé come soggetto libero, non come cosa per l'altro), che genera una differenza di potere, e quello dell'assoggettamento, con la riduzione permanente di una delle due autocoscienze allo stato di servitù.
Questo secondo livello non è più lotta per il riconoscimento, ma il volontario mantenimento di uno stato regressivo in cui ci si sente liberi e vivi solo attraverso l'azione di individui assoggettati usati come macchine, cioè come soggetti che hanno la funzione di produrre gli oggetti per il mio godimento.
Il che fa capire quanto questa figura del servo e del signore sia primitiva nell'ambito dell'itinerario del soggetto verso una piena autocoscienza.

Noto inoltre che tutto il testo della Fenomenologia è un intreccio di due discorsi, uno teoretico e uno di filosofia della storia.
Il che si riflette nelle controversie della letteratura critica.
Oltre all'ambiguità del testo, c'è insomma anche questo doppio discorso che legittima interpretazioni molto diverse, politiche, psicoanalitiche, o più strettamente filosofiche.

Green giustamente sottolineava l'importanza di capire bene il passaggio dalla figura del servo e del signore a quella dello stoicismo.
Credo che il motivo sia che quella figura (servo – signore) non possa avere alcuno sviluppo positivo, perché la dedizione del servizio del servo non conduce a nessuna libertà, infatti il vero sé del servo rimane la volontà del signore; è il sé del signore ad avere valore, non il proprio sé.
Mentre il signore invece finisce per dipendere del tutto dal lavoro del servo.

Non rimane così che la fuga in una libertà astratta, lontano dalle determinazioni della realtà, dalle dinamiche concrete del potere. La libertà della pura razionalità: lo stoicismo.

Ipazia

Quanta fatica per autoprodurre una coscienza infelice che si giustifica attraverso un dato che non si sarebbe prodotto analizzando correttamente la realtà e gestendo razionalmente il sodalizio umano.
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green demetr

Citazione di: Koba II il 08 Maggio 2024, 08:25:59 AMNon rimane così che la fuga in una libertà astratta, lontano dalle determinazioni della realtà, dalle dinamiche concrete del potere. La libertà della pura razionalità: lo stoicismo.

Si con la libertà di ricerca del sè.
No, lo stoicismo per Hegel è la risposta sbagliata.
Infatti una ricerca del sè che non pensi alla morale NON E' una ricerca del sè.
Per un attimo Hegel sembra Platone  :D .
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2024, 14:32:56 PMQuanta fatica per autoprodurre una coscienza infelice che si giustifica attraverso un dato che non si sarebbe prodotto analizzando correttamente la realtà e gestendo razionalmente il sodalizio umano.
Si è su questa presunta razionalità che attenderei delle risposte teoretiche all'altezza del cambiamento della realtà di produzione, per questo pensavo a La Grassa, anche se nel suo canale di youtube di questa cambiamento non parla mai, e dice anzi di non saperne niente, lasciando il lavoro ai posteri.... :D
I quali posteri secondo La Grassa non riescono più nemmeno a leggere Marx.
Eh dovremo riprendere il capitale! è un pò lento per me  8)
Ma senza il capitale non posso leggere la dialettica di adorno  ???
Oddio che fretta mi sta venendo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Koba II

Citazione di: green demetr il 08 Maggio 2024, 22:51:39 PMNo, lo stoicismo per Hegel è la risposta sbagliata.


Non è del tutto corretto.
Ogni gradino dell'itinerario viene superato perché inadeguato, ma non viene rigettato come se fosse la risposta sbagliata.
Tant'è che il passaggio nello stoicismo è sempre cosa buona e notevole quando ci si trova, nella vita normale, ad essere di se stessi sia servi che signori: sfruttando se se stessi come degli schiavi nel lavoro per essere signore dei propri godimenti.

Lo stoicismo, al di là dell'ironia di Hegel, è un grande movimento di pensiero, che però non riesce a reggere di fronte all'abisso tra libertà interiore e costrizioni reali.

La figura dello scetticismo entra in scena proprio per attaccare la realtà, le determinazioni reali. Asserendo che questo ordine naturale o sociale è solo pura accidentalità. L'ordine razionale è solo apparente. Dietro queste illusioni c'è il caos. Nulla che abbia un valore indipendente.
Con questa prospettiva, dice Hegel, la coscienza ritrova una certa universalità. Infatti all'inizio l'Io sembra stabile, la realtà invece solo caos.
Poi però lo spirito scettico viene a concentrarsi intorno a questa presunta stabilità dell'Io. E lo fa a pezzi.
Così la coscienza vive una duplicità quasi inconsapevole.
La figura della coscienza infelice è la consapevolezza di questa duplicità: "la coscienza infelice è la coscienza di sé come di quell'essenza fattasi duplice, che non fa che versare nella contraddizione" (p. 144).

Ipazia

La fenomenologia dello Spirito capitalistico si è evoluta molto non solo dai tempi di Hegel, ma pure dai tempi di Marx e pure, per quanto non molto geopoliticamente, dai tempi dell' "imperialismo" analizzato da Lenin.

La rilettura del Capitale è utile per capire la filosofia del Capitale, seguendo la pregevole esposizione storica sulla base dei documenti degli "ispettori del lavoro" britannici del tempo. E' indispensabile per acquisire i principi basilari di produzione del plusvalore secondo la teoria del valore lavoro sviluppata dalle teorie degli economisti inglesi Smith e Ricardo.

Ma il "cambiamento della realtà di produzione" è stato davvero imponente, passando  per questo stadio: produzione di merci a mezzo di merci , a sua volta evolutosi moltissimo dai tempi di Piero Sraffa, fino all'IA.

Cambiata è pure l'essenza e liturgia del valore supremo dell'Olimpo capitalistico, l'equivalente generale delle merci, il denaro che, perdendo il riferimento aureo  (Nixon 1971), si è involato nell'iperuranio della hybris finanziaria, laddove l'unità di misura vigente è quella degli arsenali atomici e delle portaerei. Una semplificazione, indubbiamente. Che riporta il tutto alla spada di Brenno. Tenendo però conto che poi vinsero i romani.

Capire lo spirito del Capitale, come di Dio peraltro, è abbastanza semplice. Conoscere i misteri delle prassi teologiche iniziatiche e delle relative tecnologie, no. Ma Marx aiuta ad addestrare l'olfatto, per capire almeno come e dove si muove l'animale.

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Ipazia

#23
Lo sviluppo della coscienza infelice hegeliana si traduce in ambito marxista nella dissociazione tra borghese (pancia mia) e cittadino (interesse comune adulterato e falso), nelle molteplici contraddizioni di una società dove impera una Spirito senza spirito.

La pacificazione, ovvero la riunificazione della coscienza, può avvenire solo in una società non classista, egualitaria. Dove non si predichi bene (diritto alla felicità, evolutosi a Davos in "non avrete più niente e sarete felici"), e razzoli male (dagli schiavi africani all'evoluzione post moderna della schiavitù).

Quanta alla salvezza: non la si predica o promette, si fa. Filosofia della prassi.

Citazione di: green demetr il 08 Maggio 2024, 01:27:37 AMQuando un Cacciari taccia il comunismo di religione salvifica, religione materialista certo, a me sembra che faccia un favore al comunismo.
Non mi pare una critica, ma una lode.

Bisognerebbe vedere il contesto, ma è abbastanza vicino al vero: alla ricerca dello Spirito perduto...
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Koba II

Citazione di: green demetr il 08 Maggio 2024, 22:51:39 PMSi con la libertà di ricerca del sè.
No, lo stoicismo per Hegel è la risposta sbagliata.
Infatti una ricerca del sè che non pensi alla morale NON E' una ricerca del sè.
Per un attimo Hegel sembra Platone  :D .

Sul tema della morale nel seguito della Fenomenologia dovremo fare i conti con il problema dell'astrattezza della posizione di Platone (sì, il Bene, ok, ma cos'è il Bene), e di quella di Kant.
Già in queste pagine dedicate a stoicismo, scetticismo e coscienza infelice, si capisce quale sarà la critica di Hegel: appunto l'universalita' astratta che non riesce davvero a farsi carne, una dedizione lontana dallo spirito concreto dei popoli.
A quel punto ci toccherà fermarci, e studiare sia Platone (Repubblica), che Kant (le prime due Critiche).
Lo snodo Kant-Hegel è essenziale. Per me innanzitutto per la questione della conoscenza (la critica dell'idealismo al paradigma kantiano), per te per la questione di una fondazione realmente pensata della morale.
Ci divertiremo.

Koba II

Vediamo nei dettagli la figura della coscienza infelice.
Siamo arrivati al punto in cui, con lo scetticismo, l'autocoscienza si trova in una specie di condizione di sdoppiamento, o meglio una continua oscillazione tra la convinzione di essere portatore di una parte di sé essenziale (quando sente il proprio Io immutabile, "forte"; convinzione che viene dalla sua attività scettica rivolta alla realtà esterna), e quella di ricadere nella stessa labilità, infondatezza del mondo (quando l'attività critica si rivolge all'Io, che ora non appare più così stabile, solido, ma il risultato di condizioni accidentali).
In questo modo si produce uno sdoppiamento tra ciò che appare come essenziale e ciò che viene vissuto come inessenziale. Di questa duplicità l'autocoscienza, essendo appunto l'attività della coscienza che riflette su se stessa in forme sempre più approfondite, ora ha la piena consapevolezza.
Consapevolezza dell'esistenza di una frattura.
E queste due parti, la parte essenziale, immutabile, e quella inessenziale "per lei [per l'autocoscienza], costituiscono essenze reciprocamente estranee; essa stessa, poiché è la coscienza di questa contraddizione, si pone sul lato della coscienza mutevole, e si considera l'inessenziale" (p. 144).
Ma nello stesso tempo c'è anche la consapevolezza che la parte immutabile sia una parte di sé.
La coesistenza in se stessa di queste due parti, quindi di una contraddizione profonda, è qualcosa che cerca di eliminare.
In fondo la coscienza infelice "non è altro che il movimento contraddittorio nel quale nessuna delle due parti perviene alla quiete". Cioè ad una riconciliazione.

Nel suo commento Hyppolite riprende i testi teologici del giovane Hegel che si concentravano su questo tema: tentativi differenti nella storia della Grecia, dell'ebraismo, e infine del cristianesimo, di superare la contraddizione tra essenziale e inessenziale, tra infinito e finito, con l'ebraismo visto come il paradigma della separazione infelice, espresso nel simbolo di un Dio totalmente altro.

La letteratura critica ha insistito sulla separazione, quindi sull'infelicità della coscienza nella devozione.
Si tratta di una semplificazione dettata per lo più da orientamenti ateo-materialistici degli stessi studiosi.
In realtà basta leggere pagina 145 (ed. Einaudi) per vedere come Hegel, secondo me correttamente, discute di come ci sia, insieme alla distanza tra le due parti, anche un progressivo innalzamento della coscienza verso l'immutabile. Ovvero, se inizialmente la coscienza assume il ruolo della parte inessenziale e si sottomette all'immutabile, considerandosi un niente di fronte al proprio Dio (di fatto la posizione della devozione tradizionale), poi, nella consapevolezza di un appartenersi reciproco, l'immutabile "è nel contempo toccato dalla singolarità".
Ovvero, un frammento di vita vera, che nella prospettiva di Hegel non può che essere l'unità viva di universalità e di singolarità.
A me è venuta in mente la mistica cristiana. Ma anche la santità può essere compresa come un'esperienza che nelle sue oscillazioni drammatiche è comunque alimentata da questi momenti di unità con Dio.

- - continua - -

Ipazia

Marx risolve il tutto nella società di uguali e l'inessenzialità, che chiama alienazione, scompare fondendosi con l'essenzialità del corpo mistico sociale. Hegel risolve con la rivelazione dello Spirito, mantenendo la contraddizione reale insanabile.

Forse il superamento di Marx è un tantino utopistico, ma quello di Hegel è puramente immaginario, in linea con lo spirito dell'idealismo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Koba II

Riprendiamo.
Questa consapevolezza di un appartenersi reciproco di immutabile e accidentale però "è qui intempestiva", si affretta a dire Hegel.
Infatti nell'economia della fenomenologia in questa fase si deve approfondire la coscienza infelice, ci si deve concentrare insomma più sulle lacerazioni del soggetto che si rivolge all'immutabile nella forma del Dio tradizionale, che sugli istanti di riconciliazione.
Per cui dice testualmente: "la speranza [dell'autocoscienza] di farsi tutt'uno con l'immutabile deve rimanere tale, vale a dire deve rimanere vuota e priva di appagamento presente".
E poi descrive l'autocoscienza del devoto in questi termini: "Il suo pensare, in quanto devoto, rimane un suono indistinto di campane o una calda nebulosità diffusa, un pensare musicale che non giunge al concetto, il quale invece sarebbe l'unico modo immanente e oggettivo del pensiero".
Poi più avanti: "Invece di afferrare l'essenza, essa la sente soltanto". Così, per questa mancanza di vera riflessione, di pensiero, questa parte divina, immutabile, che appunto l'autocoscienza sente e desidera con forza, non può che rimanere come un al di là irraggiungibile. E "alla coscienza può pertanto farsi presente solamente il sepolcro".

Koba II

Citazione di: Ipazia il 11 Maggio 2024, 16:39:35 PMMarx risolve il tutto nella società di uguali e l'inessenzialità, che chiama alienazione, scompare fondendosi con l'essenzialità del corpo mistico sociale. Hegel risolve con la rivelazione dello Spirito, mantenendo la contraddizione reale insanabile.
Forse il superamento di Marx è un tantino utopistico, ma quello di Hegel è puramente immaginario, in linea con lo spirito dell'idealismo.
Spero ti sia chiaro che lo "Spirito" è lo spirito umano, di cui il testo hegeliano vorrebbe farne una fenomenologia, cioè una descrizione concreta di come esso si dispiega realmente, storicamente.
Se poi si vuole far notare che la "soluzione" (cioè la vetta di questo percorso) è solo immaginaria, inconsistente, perché materialmente non efficace, allora tale critica si deve estendere a tutta l'attività filosofica. Cioè si esce dalla filosofia e la riflessione diviene solo pura ideologia a supporto strumentale del tentativo (attualmente ancora più immaginario della più fantasiosa delle teologie) di trasformazione della realtà sociale ed economica.
Ma qui, essendo questo un forum filosofico, si da per scontato che l'attività filosofica abbia senso.

Ipazia

#29
Citazione di: Koba II il 12 Maggio 2024, 09:03:41 AMMa qui, essendo questo un forum filosofico, si da per scontato che l'attività filosofica abbia senso.

Certamente, in tutte le sue declinazioni:

I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo; si tratta di trasformarlo. (cit)

https://www.frammentirivista.it/karl-marx-filosofia-prassi-rivoluzionaria/

Rammento che anche Platone era di tale avviso e scrisse "Repubblica". Difficile dire che era solo un ideologo.
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