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Fisica e Tempo

Aperto da epicurus, 22 Marzo 2018, 14:30:49 PM

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Apeiron

Citazione di: iano il 19 Ottobre 2019, 02:51:29 AM
A proposito.....ma come fa' il gemello che "vola sul razzo" a restare più giovane, rispetto a quello che resta "fermo" a terra , se non esiste la velocità assoluta?
Si potrebbe infatti dire parimenti ,essendo là velocità relativa ,che quello che "vola sulla terra" resta più giovane rispetto a quello che resta "fermo" sul razzo.
Questo esperimento è stato fatto più volte e confermato con orologi atomici al posto dei gemelli . Le "lancette" dell'orologio in volo "girano" più lentamente.
Se ciò succede deve esserci una causa , che non può essere però la differente velocità, perché in assoluto differente velocità è espressione priva di senso.
Chiaro è invece il caso degli orologi posti a terra e , in alternativa , sul tavolo , dove la causa del diverso girare delle lancette  , la maggiore vicinanza a una massa , ha un senso assoluto.
Immagino inoltre che , nonostante la strabiliante precisione degli orologi atomici , questa non è tale da valutare l'effetto della differente velocità angolare degli orologi posti a terra e sul tavolo , che infatti non ho mai sentito chiamare in causa.Oppure perché il suo effetto è relativamente trascurabile.
Per gli stessi motivi immagino non si chiama in causa la differente altezza del razzo.
Chi sa' rispondere.🤨 ?
Rileggendo il post introduttivo di Epicurus ho trovato illuminante l'esempio sui numeri naturali visti come serie crescente o in alternativa insieme infinito , quest'ultimo usato per dare l'idea dell'universo blocco.

@iano,

Sul paradosso dei gemelli, ti consiglio: http://scienzapertutti.infn.it/chiedi-allesperto/tutte-le-risposte/498-9-cosa-e-il-paradosso-dei-gemelli 

Riguardo l'idea dell'universo-blocco - ovvero che il divenire sia illusorio - ritengo che nasca da una errata 'reificazione' dello spazio-tempo. Alla base del ragionamento originario di Einstein sulla relatività ristretta, c'è l'idea dell'importanza fondamentale di 'ciò che viene osservato'. La relatività ristretta, in realtà, può essere letta tranquillamente in modo 'operativo', ovvero la teoria ci permette di predire quello che viene osservato nei vari riferimenti. Non è necessario postulare l'esistenza di un 'blocco spaziotemporale' per spiegare la relazione tra le varie osservazioni. Si può certamente affermare che c'è una relazione ma si può considerare il 'blocco' come una utile astrazione (questa lettura della relatività presenta somiglianze con le interpretazioni della meccanica quantistica che non leggono la teoria come descrittiva).

Nella relatività generale, però, le cose si complicano, perché la curvatura dello spazio-tempo viene vista come la spiegazione della gravità. Però, pur riconoscendo questo, ritengo che tale lettura non è necessaria (e anche se fosse, probabilmente non potrà essere più sostenuta quando si riuscirà ad unificare relatività generale e MQ...). 

...Ritengo poi interessante quello che afferma il fisico Antony Valentini, sostenitore di una versione della teoria dell''onda pilota' di de Broglie-Bohm (una 'interpretazione' della MQ). Questa teoria permetterebbe in linea di principio l'osservazione di deviazioni dalle predizioni della MQ. La cosa interessante è che se mai venissero osservate, si osserverebbero anche violazioni del limite della velocità della luce come massima velocità dei segnali, il che richiederebbe l'introduzione di una simultaneità assoluta. In pratica, osservazioni di deviazioni dalle predizioni della MQ porterebbero anche a osservazioni di deviazioni dalla relatività  :o  :D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

paul11

Ciao Aperion,
grazie per il tuo post sempre puntuale e squisitamente gentile.
Fra Platone e Kant vi sono forti differenze di impostazione filosfiche alla base.
Kant è illuminista e legato alla scientificizzazione della filosofia, per questo inventa gli a-priori e il noumeno, derivando la sua filosofia dagli empiristi.
Il metodo di Platone è squisitamente dialettico deduttivo razionale, per cui segue l'aspetto mentale senza quella paura kantiana di andare oltre il mondo sensibile.

Penso che proprio i tuoi studi sulle fisiche moderne e classiche, ti aiutino mentalmente a capire la meta-fisica.
A me sembra quasi parossistico che la filosofia moderna, soprattutto nel periodo illuministico, abbia seguito la fisica classica quando a fine Ottocento entrerà in crisi con l'unificazione del magnetismo e dell'elettricità grazie a Maxweel e la nascita di matematiche e geometrie moderne.
Si configura una fisica più meta-fisica filosoficamente, per questo oggi c'è una rivisitazione dei classici greci.

Seguendo il filone filosofico Brentano(psicologia empirica) e la fenomenologia di Husserl, che nasce proprio quando si manifesta la crisi delle scienze a cavallo fra ottocento/novecento, Heidegger, di cui ho scritto, immagina il tempo futuro come una forma attualizzabile dell'Essere nell'orizzonte temporale. Non a caso è celebre il suo testo "Essere e tempo".
E' il tentativo di dare un senso all'esistenza dentro l'arco temporale che è più mentale che fisico, è più filosofia che scienza sperimentale, in quanto la mente riesce ad attualizzare i ricordi e il futuro presentifcandolo nell'oggi.

and1972rea

Citazione di: iano il 19 Ottobre 2019, 02:51:29 AM
A proposito.....ma come fa' il gemello che "vola sul razzo" a restare più giovane, rispetto a quello che resta "fermo" a terra , se non esiste la velocità assoluta?
Si potrebbe infatti dire parimenti ,essendo là velocità relativa ,che quello che "vola sulla terra" resta più giovane rispetto a quello che resta "fermo" sul razzo.
Questo esperimento è stato fatto più volte e confermato con orologi atomici al posto dei gemelli . Le "lancette" dell'orologio in volo "girano" più lentamente.
Se ciò succede deve esserci una causa , che non può essere però la differente velocità, perché in assoluto differente velocità è espressione priva di senso.
Chiaro è invece il caso degli orologi posti a terra e , in alternativa , sul tavolo , dove la causa del diverso girare delle lancette  , la maggiore vicinanza a una massa , ha un senso assoluto.
Immagino inoltre che , nonostante la strabiliante precisione degli orologi atomici , questa non è tale da valutare l'effetto della differente velocità angolare degli orologi posti a terra e sul tavolo , che infatti non ho mai sentito chiamare in causa.Oppure perché il suo effetto è relativamente trascurabile.
Per gli stessi motivi immagino non si chiama in causa la differente altezza del razzo.
Chi sa' rispondere.🤨 ?
Rileggendo il post introduttivo di Epicurus ho trovato illuminante l'esempio sui numeri naturali visti come serie crescente o in alternativa insieme infinito , quest'ultimo usato per dare l'idea dell'universo blocco.


La domanda potrebbe anche essere: " come fa il gemello che si "muove sulla terra " a restare più giovane rispetto a quello che resta fermo sul razzo?"; e per verificare ciò che accade davvero , dovremmo fermare la terra ( cioè accelerarla fino alla velocità del razzo) , far scendere il gemello dall'astronave terra sul razzo e comparare il suo orologio con quello del fratello..., che cosa scopriremmo? Sarebbe interessante poter svolgere questo esperimento ,... si rileva, infatti ,che l'unica discriminante nel determinare lo scarto spaziotemporale rispetto alla relatività del moto dei due sistemi di riferimento è l'accelerazione( cioè ,decelerazione relativa) che un corpo subisce rispetto all'altro per potersi allineare al reciproco sistema di riferimento.

Apeiron

Citazione di: paul11 il 19 Ottobre 2019, 15:25:15 PMCiao Aperion, grazie per il tuo post sempre puntuale e squisitamente gentile. Fra Platone e Kant vi sono forti differenze di impostazione filosfiche alla base. Kant è illuminista e legato alla scientificizzazione della filosofia, per questo inventa gli a-priori e il noumeno, derivando la sua filosofia dagli empiristi. Il metodo di Platone è squisitamente dialettico deduttivo razionale, per cui segue l'aspetto mentale senza quella paura kantiana di andare oltre il mondo sensibile.
 

Ciao @paul11,

ti ringrazio e ricambio la stima. 

Sì, Kant e Platone hanno due punti di vista molto diversi. Potremmo dire, oltre quanto scrivi tu, che dove Platone vedeva delle realtà, Kant vedeva le forme e le categorie a priori della mente (ovviamente, non c'è una corrispondenza vera e propria tra le forme platoniche e le forme e categorie kantiane...). Ovvero, dove Platone vedeva la trascendenza, Kant vedeva la trascendentalità. Kant sembra voler affermare che è una speranza vana quella di andare 'oltre' la mente, visto che, in fin dei conti, nella filosofia kantiana è impossibile rispondere alla domanda: 'come è il mondo indipendentemente dalla forma che viene data ad esso dalla nostra mente'? La questione per Kant è indecidibile.

Citazione di: paul11 il 19 Ottobre 2019, 15:25:15 PM
 Penso che proprio i tuoi studi sulle fisiche moderne e classiche, ti aiutino mentalmente a capire la meta-fisica. A me sembra quasi parossistico che la filosofia moderna, soprattutto nel periodo illuministico, abbia seguito la fisica classica quando a fine Ottocento entrerà in crisi con l'unificazione del magnetismo e dell'elettricità grazie a Maxweel e la nascita di matematiche e geometrie moderne. Si configura una fisica più meta-fisica filosoficamente, per questo oggi c'è una rivisitazione dei classici greci. 
 

Sì, direi di concordare se intendiamo 'meta-fisica', proprio in senso etimologico (se, invece, intendiamo il termine come sinonimo di 'ontologia', secondo me il discorso può ancora valere, ma diventa troppo restrittivo...). La filosofia dovrebbe aiutare ad inserire la fisica in una 'visione d'insieme' più ampia, altrimenti rimane qualcosa di esclusivamente tecnico e specialistico. Si guarda anche (ma non solo) ai testi classici greci, perché in essi possiamo trovare molte risorse utili a questo progetto di 'inquadrare' la fisica in una visione d'insieme più ampia. E, inversamente, come ben fai notare anche tu, anche la filosofia stessa dovrebbe guardare alla fisica. 

Il problema di oggi, secondo me, è l'eccessiva specializzazione. Si finisce per sapere molto di un campo molto ristretto e questo fa perdere di vista l'intero. Utilizzando l'analogia degli alberi e della foresta, si finisce per conoscere molto bene i singoli alberi e poco la foresta. 

Citazione di: paul11 il 19 Ottobre 2019, 15:25:15 PM
 Seguendo il filone filosofico Brentano(psicologia empirica) e la fenomenologia di Husserl, che nasce proprio quando si manifesta la crisi delle scienze a cavallo fra ottocento/novecento, Heidegger, di cui ho scritto, immagina il tempo futuro come una forma attualizzabile dell'Essere nell'orizzonte temporale. Non a caso è celebre il suo testo "Essere e tempo". E' il tentativo di dare un senso all'esistenza dentro l'arco temporale che è più mentale che fisico, è più filosofia che scienza sperimentale, in quanto la mente riesce ad attualizzare i ricordi e il futuro presentifcandolo nell'oggi.

Purtroppo, non conosco né Heidegger né Brentano (ho provato ad approfondire Heidegger molto tempo fa, ma non riuscivo a capirlo..). Conosco leggermente di più Husserl, ma troppo poco. 

Domande mie (perdona la banalità di tali domande...): quindi per Heidegger, possiamo dire che:
(1) il tempo e il divenire sono connessi all'esserci (il soggetto dell'esperienza) e senza di esso non c'è divenire?
(2)ci sono tanti tempi quanti sono gli 'esserci'?
(3) E che passato e futuro hanno la loro realtà nel presente?

*Una risposta affermativa renderebbe di fatto la filosofia di Heidegger molto simile a quella di Kant (il che avrebbe senso visto che, da quel poco che so, Husserl riprese e rielaborò il 'trascendentale' Kantiano...): il tempo è una forma trascendentale della mente.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

paul11

Ciao Aperion,
in realtà la filosofia antica ebbe prima un approccio direi naturalistico, poi la speculazione della ragione porrà elementi meta-fisici.
Ma c'è un luogo comune culturale e dominante che purtroppo è diventata convenzione, quello di pensare che la meta-fisica giunga all'ontologia senza passare dalla natura ,dalla realtà.
E' un grosso errore perché il percorso razionale è uno e uno solo ed è quello che permette al linguaggio, che si tratti di solo forme o di solo sostanze, di costruire relazioni.
La matematica e la geometria sono scienze con proprie postulazioni, ma sono applicabili al mondo in altre scienze valutandone qualità e quantità.

Per Kant, avendo una visione della filosofia come la scienza galileiana, lo sforzo del trascendentale , è già il solo ammettere che senza degli a-priori e le categorie è impossibile costruire relazioni logiche. Il trascendente è andare dentro il noumeno kantiano, entrare nel dominio dell'Essere, dell'ontologia. Senza quest'ultima è improponibile una morale, ed è quello che infatti la scienza moderna non può fare,se non per vie traverse che la relazionino alla filosfia.

In modo molto succinto, poiché Heideggere è parecchio complesso e persino contorto (c'è un primo e secondo Heidegger, come da letteratura)

1) Sì , con l'Esistenza noi abitiamo il tempo, il nostro tempo.
2) un esserci è ogni persona
3) il senso di attualizzare l'orizzonte temporale è il progetto

E' curioso, ripassando ultimamente Husserl(fenomenologia), come quest'ultimo trovi più in Cartesio che in Kant, la sua fonte di ispirazione.
Heidegger non ama il positivismo e le scienze moderne, non basta come speculazione umana davanti alle grandi domande sul senso della vita. Kant è invece un illuminista, ma ogni filosofo è figlio del suo tempo e quindi è chiamato a rispondere anche ai quesiti culturali coevi a lui.
Per questo non do mai giudizi assoluti su ogni singolo filosfo. Kant vive il tempo in cui le scienze e la tecnica si dispiegano in piena potenza, Husserl vive la crisi delle scienze ; Heidegger discepolo
indisciplinato di Husserl, vive la crisi della potenza della tecnica e di un nichilismo sociale prepotente (l'influenza in lui di Nietzsche è forte).

Trovo che l'ontologia dello spazio e tempo e delle particelle in termini fisici nella relatività e quantistica siano più vicini alla meta-fisica originaria di quanto lo sia stata la fisica classica.
Non è un caso che grandi scienziati abbiano speculato anche di filosofia, poiché il sapere muta la qualità delle domande che ci si pone(perchè il mondo è così, che senso ha tutto questo e io stesso in questo mondo?.....)

Ipazia

Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PM
Trovo che l'ontologia dello spazio e tempo e delle particelle in termini fisici nella relatività e quantistica siano più vicini alla meta-fisica originaria di quanto lo sia stata la fisica classica.
Non è un caso che grandi scienziati abbiano speculato anche di filosofia, poiché il sapere muta la qualità delle domande che ci si pone(perchè il mondo è così, che senso ha tutto questo e io stesso in questo mondo?.....)

Forse perchè l'Essere che aveva trovato un ultimo riparo ontologico nella scienza è stato sfrattato anche da lì. Ed ha dovuto tornare dalla finestra in quella metafisica da cui era uscito dal portone con gran squilli di trombe. Meritati, perchè ha tolto di mezzo qualche fantasma ormai di troppo, ma illusorie come sono tutte le marce trionfali. Oggi, che scienza e filosofia si trovano a surfare sugli stessi perigliosi mari, la fisica relativista ante litteram Ipazia di Alessandria, si troverebbe proprio a suo agio.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

Alimento la discussione con un noto incontro/scontro che avvenne

fra Einstein e Bergson.



Bergson concepiva il tempo come coscienza, per cui la successione precisa dell'attimo dopo attimo era sostituita dalla durata secondo l propria coscienza, irripetibile,adducendo che il tempo della coscienza è quello vero e non la convenzione scientifica di un tempo intellettuale.

In "Durata e simultaneità" del 1922 Bergson spiegava appunto che era impossibile porre il tempo senza una coscienza. Se il tempo dello scienziato è un tempo artefatto, una spazializzazione del tempo del vissuto dal soggetto, allora i diversi tempi della teoria di Einstein sono spiegati come artefatti di uno stesso tempo unico. Perché possano esistere tempi diversi, sembra concludere il ragionamento di Bergson, deve esistere un tempo unico che li contieneequando la relatività asserisce che esistono due tempi, propone solo un'astrazione matematica. In poche parole, il grande errore della relatività non sta nei suoi calcoli, ma nel suo porsi come una teoria generale, nel darsi una valenza metafisica.



Gilles Deleuze scriverà che senza una metafisica, la scienza sarebbe astratta e priva di significato. Per quanto possa apparire paradossale, quella discussione del tempo che era apparsa come uno scontro tra una concezione filosofica e una scientifica, non sarebbe stato altro che un tentativo di evitare proprio tale scontro.





La teoria della relatività ristretta mostra che «un orologio ritarda in proporzione all'aumentare della velocità», cioè che «il tempo scorre più in fretta per un osservatore stazionario rispetto a uno in moto». Dobbiamo quindi abbandonare l'idea «che la simultaneità sia un concetto universale, su cui tutti concordano indipendentemente dallo stato di moto». Come rileva Bergson, il passo dalla teoria ristretta a quella generale è breve (Einstein lo compì nel 1907) se ogni moto è relativo e non c'è un punto di riferimento assoluto né un sistema privilegiato, è evidente che l'osservatore interno a un sistema non avrà alcun modo di sapere se il suo sistema è in moto o in quiete, il suo sistema sarà immobile, appunto per definizione, se egli ne fa il suo "sistema di riferimento" e se vi colloca il suo punto di osservazione .È evidente che la teoria di Einstein incide profondamente sul concetto di simultaneità, relativizzandola



La simultaneità si contrappone, in questo senso, alla durata: simultanei possono essere due istanti del tempo, cristallizzati e quasi astratti dalla durata complessiva del fenomeno in esame. Misurare il tempo significa dunque numerare delle simultaneità .Della durata del fenomeno la teoria non tratta: ma per Bergson è proprio la durata che definisce la "natura del tempo", poiché in sua assenza non sarebbe possibile nemmeno il darsi di istanti. Si tratta di un punto valorizzato anche da Husserl nelle lezioni sulla coscienza interna del tempo: «del fenomeno di decorso noi sappiamo che è una continuità di mutamenti incessanti la quale forma un'unità indivisibile, non divisibile in tratti che possano stare a sé, e non separabile in fasi che possano stare a sé, in punti della continuità. Le porzioni che noi rileviamo per astrazione possono essere solo entro il tutto del decorso e così pure le fasi, i punti della continuità del decorso» L'insistenza sull'importo percettivo e intuitivo è dunque funzionale alla rilevazione di un versante ulteriore rispetto a quello matematicooggettivo: si tratta della dimensione soggettiva e qualitativa dell'esperienza del tempo .

Apeiron

Ciao @paul11,

Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PMCiao Aperion, in realtà la filosofia antica ebbe prima un approccio direi naturalistico, poi la speculazione della ragione porrà elementi meta-fisici.

Concordo, in parte, con quello che dici. Se per 'meta-fisica' intendiamo lo studio di 'oggetti' al di là del mondo fisico, penso che hai ragione. I primi filosofi greci sembravano interessati, principalmente, a formulare una spiegazione dei fenomeni - anche se, comunque, non mancavano idee 'meta-fisiche' come l'Apeiron di Anassimandro, il Logos di Eraclito e i 'numeri' dei pitagorici e così via. Però, è anche vero che il problema di determinare la 'natura' dei fenomeni fisici è un problema che può essere considerato esso stesso meta-fisico.  

Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PM
 Ma c'è un luogo comune culturale e dominante che purtroppo è diventata convenzione, quello di pensare che la meta-fisica giunga all'ontologia senza passare dalla natura ,dalla realtà. E' un grosso errore perché il percorso razionale è uno e uno solo ed è quello che permette al linguaggio, che si tratti di solo forme o di solo sostanze, di costruire relazioni. La matematica e la geometria sono scienze con proprie postulazioni, ma sono applicabili al mondo in altre scienze valutandone qualità e quantità. Per Kant, avendo una visione della filosofia come la scienza galileiana, lo sforzo del trascendentale , è già il solo ammettere che senza degli a-priori e le categorie è impossibile costruire relazioni logiche. Il trascendente è andare dentro il noumeno kantiano, entrare nel dominio dell'Essere, dell'ontologia. Senza quest'ultima è improponibile una morale, ed è quello che infatti la scienza moderna non può fare,se non per vie traverse che la relazionino alla filosfia.
 

Su questo si potrebbe discutere moltissimo... L'apice del 'razionalismo' - intendo la corrente di pensiero secondo la conoscenza può essere raggiunta con la sola ragione - è avvenuto all'inizio della modernità, prima di Kant. Cartesio, per esempio, ha cercato di superare il problema dello scetticismo con il puro ragionamento, prima cercando di dimostrare l'esistenza di Dio e, poi, asserendo che Dio era garante epistemologico*. Spinoza stesso ha fondato la sua intera filosofia su tale premessa. E così via. Kant tentò di conciliare 'empirismo' - la posizione secondo cui la conoscenza viene solo dall'esperienza (che si era evoluta nello scetticismo di Hume) - e 'razionalismo'. Quello che concluse era che, sì, la ragione poteva darci conoscenza... ma solo se i contenuti dei suoi ragionamenti erano empirici. Allo stesso tempo, però, la conoscenza empirica ci dava solo informazioni sulla 'realtà come ci appare', ovvero 'formata' da intuizioni e categorie trascendentali. Paradossalmente, Kant, nel suo tentativo di 'fondare' la scienza moderna è giunto alla conclusione che tale 'fondamento' lo si poteva dare rimuovendo la convinzione che la scienza ci riveli la 'realtà così come è', il noumeno. 

D'altra parte, come ben fai notare, l'etica stessa, per Kant, è 'nel' noumeno. Quindi, strettamente parlando la scienza non può 'fondare' (almeno da sola - come fai ancora notare...) l'etica. 
[En passant, personalmente, sono abbastanza incline a vedere anche l'etica come trascendentale (un po' come il primo (e forse anche il secondo) Wittgenstein). ...]

*Quest'ultima osservazione - Dio come garante epistemologico - è un pensiero, secondo me, molto profondo, ma l'errore di Cartesio era quello di pensare di aver dimostrato l'esistenza di Dio... se avesse scritto che aveva fede in Dio come garante epistemologico, sarebbe stato ancora più profondo.

Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PM
 In modo molto succinto, poiché Heideggere è parecchio complesso e persino contorto (c'è un primo e secondo Heidegger, come da letteratura) 1) Sì , con l'Esistenza noi abitiamo il tempo, il nostro tempo. 2) un esserci è ogni persona 3) il senso di attualizzare l'orizzonte temporale è il progetto E' curioso, ripassando ultimamente Husserl(fenomenologia), come quest'ultimo trovi più in Cartesio che in Kant, la sua fonte di ispirazione. Heidegger non ama il positivismo e le scienze moderne, non basta come speculazione umana davanti alle grandi domande sul senso della vita. Kant è invece un illuminista, ma ogni filosofo è figlio del suo tempo e quindi è chiamato a rispondere anche ai quesiti culturali coevi a lui. Per questo non do mai giudizi assoluti su ogni singolo filosfo. Kant vive il tempo in cui le scienze e la tecnica si dispiegano in piena potenza, Husserl vive la crisi delle scienze ; Heidegger discepolo indisciplinato di Husserl, vive la crisi della potenza della tecnica e di un nichilismo sociale prepotente (l'influenza in lui di Nietzsche è forte). 
 

Concordo che è giusto contestualizzare il pensiero dei filosofi...

Comunque, grazie della spiegazione. Sì, sapevo che c'erano due fasi del pensiero di Heidegger. In entrambe Heidegger era molto criptico...quindi, in poche parole, il tempo che esiste - per ogni 'Esserci' - per Heidegger è il momento vissuto. Passato e futuro sono da intendersi sempre in relazione ai singoli Esserci, nella loro individualità. In pratica, da quanto capisco Heidegger voleva concentrarsi sull''individualità' di ogni Esserci...

Trovo anche io molto curioso questo fatto su Husserl. Mi sorprende perché l'idealismo trascendentale di Kant è ciò che è più vicino ad un approccio fenomenologico: in fin dei conti, Kant ci ha detto che possiamo conoscere la realtà come appare... ma è anche vero che Cartesio ha 'inaugurato' la filosofia moderna analizzando la sua esperienza cosciente e, chiedendosi, se da essa poteva esserci conoscenza. Questa enfasi (iniziale) sull'esperienza lo avvicina, in effetti, alla fenomenologia.  

Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2019, 14:41:53 PM
 Trovo che l'ontologia dello spazio e tempo e delle particelle in termini fisici nella relatività e quantistica siano più vicini alla meta-fisica originaria di quanto lo sia stata la fisica classica. Non è un caso che grandi scienziati abbiano speculato anche di filosofia, poiché il sapere muta la qualità delle domande che ci si pone(perchè il mondo è così, che senso ha tutto questo e io stesso in questo mondo?.....)

Sì e no. Sì, perché la fisica classica dava un'immagine della realtà molto 'vicina' a quella 'quotidiana'. No, perché alcuni vedono la fisica moderna come un indizio che noi possiamo solo conoscere proprietà relazionali dei fenomeni naturali (ovvero dei fenomeni come appaiono...). Altri, invece, sembrano effettivamente più inclini ad avvicinarsi alla meta-fisica originaria. Altri ancora tentano di ritornare ad una visione 'classica'. Ci sono poi posizioni intermedie  :) 

Rispondo molto brevemente all'intervento su Einstein e Bergson. Ritengo curioso che la relatività ristretta sembra suggerire una interpretazione 'strumentale' del tempo, ovvero a rendere il tempo dipendente dal riferimento e sembra non suggerire necessariamente una interpretazione ontologica dello spazio-tempo. Ovviamente, il sistema di riferimento non è un osservatore cosciente (o umano), ma, secondo me, si può notare una certa somiglianza con il tempo di Bergson. 
Einstein stesso sembra che si sia convinto della realtà dello spazio-tempo quadridimensionale (ho letto che Popper lo chiamava 'Parmenide' perché Einstein riteneva il flusso del tempo 'illusorio') dalla relatività generale (le prime basi della teoria risalgono come dici tu al 1907 ma ci vollero quasi dieci anni per formulare la teoria nella sua forma completa...).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

paul11

ciao Aperion,

Dovresti leggerti ad esempio il Parmenide di Platone, un dialogo socratico fra un giovane Socrate e il vecchio Parmenide insieme a Zenone, per capire come la dialettica dei rapporti,relazioni ,delle uguaglianze ,dei confronti ecc. funziona a montare e smontare le tesi e argomentarle dimostrativamente.
Inizia addirittura con il concetto di Uno correlato all'eterno, al divenire, agli enti.
La meta-fisica non è niente affatto correlazione solo fra enti astratti, bensì le relazioni fra dominio naturale mediato dal linguaggio umano e teso a rappresentare un tutt'uno inteso come enti concreti ed enti astratti. Il ragionamento logico razionale è ciò che come strumento linguistico può relazionare diversi domini, così come le geometrie e matematiche ,come enti astratti con tanto di postulati si applicano agli oggetti concreti della realtà sensibile.

Cartesio, Leibniz e Spinoza sono razionalisti nella modernità ( e non per questo significa che non lo fossero prima della modernità, in quanto la logica predicativa e proposizionale e le categorie sono di Aristotele e degli stoici) . La rottura empirista , che viene fatta passare per razionale da una certa cultura moderna strumentalmente, si fida della VISIONE PERCETTIVA SENSIBILE e per questo Hume predicherà l'incausazione dei fenomeni fisici e riterrà che la morale è sentimento, in quanto l'emotività è più importante della ragione.
Ed è qui che arriva Kant se vuole scientificizzare la filosofia, che poi significa piegare la filosofia al fenomeno fisico che non è la fenomenologia dello spirito hegeliano, che non è la fenomenologia husserliana dove oggetto e soggetto sfumano empaticamente nell'intenzionalità.

Il tempo è un a-priori per Kant, se vuol fare filosofia un po' più seria degli empiristi scozzesi.
Deve accettare degli a-priori e le categorie se vuole relazionare concetti anche solo sugli enti fisici e deve accettare dei posteriori se vuol trarre un minimo di conclusioni.
Ma deve a sua volta dividere il soggetto e l'oggetto, scendendo di livello razionale cartesiano fra il cogitans e l'extensa, non superandolo.
Ma Kant ha avuto più fortuna nella corrente culturale modernista, semplicemente perché vincerà non culturalmente ,ma come potenza economico militare la cultura anglosassone, quella dell'altro scozzese Adam Smith, poi del pragmatismo americano e del positivismo .
Quì avviene la scissione fra analitici e continentali che dura da più di un secolo.
Perchè se il VEDERE è la dimostrazione di una tesi, se si scinde il soggetto dall'oggetto, se si inseriscono nel contesto culturale generale e non strettamente filosofico, il soggettivismo della concreata realtà del solo dominio del sensibile, non ha più nulla di fondativo nelle morali, perché ognuno come soggetto è libero di opinare. Per questo hanno esaltato la libertà, per formare l'individualismo dentro il solo dominio umano come metafora della natura.
Il potere dominante seleziona la cultura che lo giustifichi.
Ritornando a Kant il trascendentale è il passaggio dal dominio della natura alla mente umana, non è il trascendente che relaziona il dominio fisico naturale del sensibile con il sopra sensibile: il concreto e l'astratto.
Kant non fonda la scienza moderna che era galileiana e newtoniana, fu l'illuminismo a esaltare la ragione dalle solo prassi,sotto il vento delle scienze sperimentali , semmai cerca e ripeto di rendere come la scienza moderna la filosofia. Ma la ragione rappresenta, media i domini costruendo un modello, che sia scientifico sperimentale, che sia filosofico, una legge fisica è un procedimento linguistico dove numeri e simboli riproducono oggetti fisico naturali.
E' evidente che la cultura moderna non supera affatto quella antica nel metodo filosfico, lo esclude volendo la potenza sulla natura del sensibile, e volutamente dimenticando tutta lameta-fisica del sopra sensibile che era scomoda, niente affatto superata.La dimostrazione è la coscienza in hegel nella fenomenologia dell ospirito.la coscienza diventa il mediatore fra enti in sé e per sé de ldominio naturale ed enti astratti nel dominio del sopra sensibile
Se credo in Dio devo calarlo nel dominio della natura, della propria esistenza, la stessa cosa fanno le ideologie moderne, la stessa cosa fanno le Costituzioni nell'enunciazione dei valori nei primi articoli. Senza paradigma sopra sensibile ,che siano valori morali, o enti a -priori, non esiste una costruzione completa di nessun modello di pensiero. Ognuno di noi, senza essere filosofo, presta fiducia in qualcosa e si apre a costrutti del pensiero che dialetticamente operano nella realtà della vita e daccapo la dialettica delle prassi ridiventano rimodulazione di ciascun modello rappresentativo della realtà che le scienze, le filosofie, e ognuno di noi nel suo piccolo, compie.

La morale è sopra sensibile per necessità, l'etica è dentro le prassi dei comportamenti.
Non sono la stessa cosa. Noi confrontiamo i nostri comportamenti con la nostra coscienza.

Su Heidegger diciamo succintamente che siamo gettati nel mondo e dobbiamo avere un pro-getto se vogliamo dare senso alla vita.

E' normale che il club della cultura dominante non possa disancorare le scienze fuori dal sensibile, dal vedere come dimostrazione. Sono i San Tommaso che devono vedere le piaghe per poter credere.

Deleuze risponde bene allo scontro/incontro fra scienza e filosofia, fra Einstein e Bergson.
Erano personaggi pubblici ,in quanto assai famoso al tempo e del tempo ognuno ha portato le sue considerazioni. Il tempo fisico è una scansione di attimi, il tempo vissuto ha durate diverse perché è vissuto e ogni evento o corre troppo o ci sembra che si fermi.
Hanno ragione entrambi.

Apeiron

#174
Ciao @paul11,

Innanzitutto, ti ringrazio della tua risposta molto informativa.

Citazione
Dovresti leggerti ad esempio il Parmenide di Platone,...

Sì, hai ragione! Ho letto solo un pezzo del Parmenide, in realtà. In particolare, solo una parte della discussione dell'Uno, che ho trovato brillante. Mostra, tra l'altro, come la filosofia di Platone sia estremamente sottile, molto più di quanto viene spesso presentata.



Citazione
La meta-fisica non è niente affatto correlazione solo fra enti astratti, bensì le relazioni fra dominio naturale mediato dal linguaggio umano e teso a rappresentare un tutt'uno inteso come enti concreti ed enti astratti. Il ragionamento logico razionale è ciò che come strumento linguistico può relazionare diversi domini, così come le geometrie e matematiche ,come enti astratti con tanto di postulati si applicano agli oggetti concreti della realtà sensibile.


Infatti, molto spesso ci si dimentica che la 'meta-fisica' è un campo di studi piuttosto ampio, in realtà. La 'fisica' per sua natura è empirica. Ma già quando si cerca di capire, per esempio, quale interpretazione della meccanica quantistica è più corretta, si arriva al confine con la 'meta-fisica'. Perché? perché in realtà ci si chiede veramente cos'è la fisica e qual è il suo fondamento. Perché 'funziona' ecc? E a questo tipo di  domande 'fondative' la fisica non può rispondere da sola.

La 'meta-fisica' però diventa essa stessa discutibile, diciamo, quando 'pretende' di spiegare la 'natura della realtà'. Si basa su un'assunzione indimostrabile, ovvero, appunto, che tale spiegazione sia possibile. La stessa 'meta-fisica' non sembra essere 'auto-fondatesi'.  

Personalmente, tendo anche io a non 'sconfinare' troppo dal 'sensibile' (anche per ragioni pragmatiche...). Ma concordo che un po' si dovrebbe farlo.

Citazione
La rottura empirista , che viene fatta passare per razionale da una certa cultura moderna strumentalmente, si fida della VISIONE PERCETTIVA SENSIBILE e per questo Hume predicherà l'incausazione dei fenomeni fisici e riterrà che la morale è sentimento, in quanto l'emotività è più importante della ragione.

Secondo me con Hume l'empirismo ha raggiunto storicamente la sua stessa confutazione. Hume ha portato all'estremo il ragionamento empirista, per il quale la conoscenza deriva dalla sola esperienza. Ma così facendo è finito nello scetticismo, perché, appunto, la conoscenza certa non può arrivare dalla sola esperienza. Il celebre esempio di Bertrand Russell del tacchino induttivista mostra il problema: l'esperienza ci permette di fare induzioni, ma queste induzioni sono, a priori, in realtà ipotesi. Wittgenstein arrivò a dire - mi pare nel Tractatus ma non ne sono sicuro - che anche al massimo dall'esperienza possiamo avere solo generalizzazioni accidentali. Ovvero, non possiamo scoprire vere e proprie 'leggi'. L''empirismo' come 'dottrina' che è possibile fondare la conoscenza sulla sola percezione è errata.

Riguardo alla dottrina morale di Hume, secondo me sarebbe stato più coerente se avesse semplicemente abbracciato lo scetticismo anche in quell'ambito. Wittgenstein invece, per esempio, nel Tractatus dice esplicitamente che l'etica - come la logica - è trascendentale.


Citazione
Ma deve a sua volta dividere il soggetto e l'oggetto, scendendo di livello razionale cartesiano fra il cogitans e l'extensa, non superandolo.


Il Kantismo è, in un certo senso, dualista, non c'è dubbio. C'è un piano trascendentale e un piano fenomenico. Anzi, tecnicamente, è un 'tri-alismo', nel senso che c'è il piano fenomenico, il piano trascendentale e il piano noumenico. Il piano trascendentale è quello che 'serve' per dare una forma intelligibile a quello fenomenico e il noumenico è quello che spiega la presenza di apparenze. Il problema di Kant è che non è chiaro su come si debba intendere il piano dell'io, ovvero il trascendentale.
Chiaramente, se si 'reifica' 'il trascendentale, ovvero renderlo una 'res', per così dire, allora senza dubbio si torna ad un dualismo ontologico cartesiano. Per 'evitare' ogni forma di dualismo, si dovrebbe evitare di 'reificare' sia il noumeno che il trascendentale. Se, invece, lo si fa, secondo me l'idealismo trascendentale diventa una forma 'sottile' di realismo indiretto.

Ma se non si 'reifica' nulla, come possiamo spiegare la presenza della nostra stessa esperienza ecc? (deliberatamente non do una risposta) La fenomenologia sembra semplicemente descrivere l'esperienza, senza prendere posizione sulla 'realtà' o meno dei due piani (e senza dare una priorità ad uno dei due...).

Se si vuole dare una interpretazione ontologica, si deve accettare una qualche forma di 'dualismo mente-materia', secondo me.

Citazione

il soggettivismo della concreata realtà del solo dominio del sensibile, non ha più nulla di fondativo nelle morali, perché ognuno come soggetto è libero di opinare. Per questo hanno esaltato la libertà, per formare l'individualismo dentro il solo dominio umano come metafora della natura.

Sì, direi che l'individualismo si può spiegare con questa evoluzione del pensiero che hai tracciato.

Citazione
Ritornando a Kant il trascendentale è il passaggio dal dominio della natura alla mente umana, non è il trascendente che relaziona il dominio fisico naturale del sensibile con il sopra sensibile: il concreto e l'astratto.
Kant non fonda la scienza moderna che era galileiana e newtoniana, fu l'illuminismo a esaltare la ragione dalle solo prassi,sotto il vento delle scienze sperimentali , semmai cerca e ripeto di rendere come la scienza moderna la filosofia.

Punto molto interessante, ci devo riflettere!

Citazione
Ognuno di noi, senza essere filosofo, presta fiducia in qualcosa e si apre a costrutti del pensiero che dialetticamente operano nella realtà della vita e daccapo la dialettica delle prassi ridiventano rimodulazione di ciascun modello rappresentativo della realtà che le scienze, le filosofie, e ognuno di noi nel suo piccolo, compie.


Concordo, specie nella prassi!

Citazione
La morale è sopra sensibile per necessità, l'etica è dentro le prassi dei comportamenti.
Non sono la stessa cosa. Noi confrontiamo i nostri comportamenti con la nostra coscienza.

Concordo, anche se per 'morale' sono più incline ad intendere lo studio delle regole normative (che possono anche essere puramente contratti sociali) o l'insieme delle norme stesse, mentre per 'etica' intenderei lo studio dei giudizi di valore, di ciò che è 'giusto'/'ingiusto' ecc o i giudizi di valore stessi ecc. In pratica, ritengo di usare le due parole in modo contrario al tuo.

Secondo me il fatto che, come ben dic tu, non sono la stessa cosa è qualcosa che difficilmente viene preso seriamente, oggi. Ed è un punto molto importante. Non ci può essere un fondamento dell'etica (per come la intendo io  ;) ) nella sola 'esperienza'. In realtà, ci sarebbe da precisare un po' e da spiegare meglio ma si divagherebbe troppo.

Citazione
Su Heidegger diciamo succintamente che siamo gettati nel mondo e dobbiamo avere un pro-getto se vogliamo dare senso alla vita.


Ok, capito!  Grazie!

Citazione
E' normale che il club della cultura dominante non possa disancorare le scienze fuori dal sensibile, dal vedere come dimostrazione. Sono i San Tommaso che devono vedere le piaghe per poter credere.


Considerando poi, tra l'altro, che l'empirismo portato all'estremo (o meglio, portato alla sua inevitabile conseguenza) sfocia nello scetticismo, tale 'ancoramento' in realtà non è così saldo (nel senso se poi non ci si fida più di quello che si vede...)...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Adesso passo ad Einstein e Bergson.

Citazione
Il tempo fisico è una scansione di attimi, il tempo vissuto ha durate diverse perché è vissuto e ogni evento o corre troppo o ci sembra che si fermi.
Hanno ragione entrambi.

Secondo me, il tempo è intrinsecamente legato al mutamento. Dove c'è mutamento, c'è tempo. In assenza di mutamento, non c'è tempo.  

Il tempo non è 'qualcosa' dentro cui si succedono i fenomeni (al massimo, questo è un costrutto concettuale che facciamo noi...). 

Da quello che mi ricordo, però, il tempo 'fisico' del 'secondo' Einstein è qualcosa di un po' diverso. Secondo lui, a quanto pare, il mutamento era puramente illusorio. Nel mondo fisico non c'è 'veramente' mutamento ('universo a blocco'). Erroneamente noi riteniamo che ci sia mutamento perché siamo ingannati dall'illusorio tempo vissuto. 

Personalmente, ritengo, invece, che il mutamento non sia né illusorio né solamente qualcosa che riguarda esclusivamente la mente. C'è un mutamento reale anche nel mondo fisico. Quindi, concordo che ci sono entrambi i 'tempi'. 
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

paul11

#176
ciao Aperion,
Platone dalla modernità viene screditato volutamente,costruendo ad arte luoghi comuni, in modo tale che pochi lo leggano e studiano.

La meta-fisica è auto fondante nella misura in cui riesce a relazionare i tre domini: universo, natura, uomo, che il resto della filosofia e correnti culturali dimentica.
E la vera filosofia è ricordare che non si possono costruire parziali forme accentuando o particolari domini o particolari tematiche dimenticando altre tematiche e altri domini.

Sul trascendentale ontologico hai ragione. E sono nati assurdi nelle correnti della filosofia analitica.
Quando Frege pone le sue tre tesi :definizione del significato in termini di verità; composizionalità delle lingua; carattere non psicologico del significato , in realtà temeva che la psicanalisi allora galoppante ,in realtà era nata dall'empirismo psicologico di Brentano fra i cui discepoli vi erano un certo Husserl e un certo Freud.
La filosofia della mente attuale che riunisce neurobiologia e congnitivismo è il tentativo di costruire un piano ontologico in cui il soggetto mente costruisce i linguaggi relazionati, la conoscenza, il sapere,grazie al cervello umano analogico con il mondo.
L'assurdo è che se ontologicamente ad una certa scienza e ad una certa filosofia, mancando una realtà ontologica fondamentale come la mente, che è l'agente conoscitivo, come possiamo costruire linguaggi come affermazione di ver oe falso, mancando l'ontologia appunto del soggetto?
E' lo stesso paradosso per cui si pensa che veniamo dal nulla per tornare nel nulla, ma in mezzo c'è la vita, c'è il linguaggio. Queste filosofie ci dicono degli strumenti relazionati, ma non delle ontologie del soggetto e nemmno dell'oggetto e in quanto tale falliscono.
Il fare esperienza, il piano pratico così esaltato dalla modernità , manca di quello stesso senso che Frege vuol invece trovare nel piano delle relazioni con il linguaggio. E' come dire, studio la Luna per definire la Terra.

Husserl ha un merito -come d'altronde Kant seppur sbagliando impostazione, vale a dire cercare di scientificizzare la filosofia- quello di riunire il soggetto e l'oggetto come vissuto pur sapendo che sono distinti. Io vivo la realtà. l'agente conoscitivo è sia passivo che attivo allo stesso tempo.
Rientra il piano psicologico per alcuni versi, ma daccapo ,o trascende o se rimane al trascendentale deve ontologizzare la psicologia ,il che significa dichiararla, definirla. E la psicanalisi è morta adducendovi come causa l'indimostrabilità... e siamo daccapo sul piano di come si intenda verità dalla modernità.

La morale è necessaria per orientare i comportamenti che sono etici. Morale ed etica non sono la stessa cosa. La morale è il faro, il parametro per cui noi stessi giudichiamo i comportamenti nostri e altrui. Se la morale diventa individuale e non accettata come comunità accade quello che sta accadendo al giorno d'oggi. Ognuno auto giustifica i propri comportamenti e la giustizia sanzionatoria dello stato semplicemente regola i rapporti reali sotto l'incudine della sanzione, poiché agisce armandosi come prepotente verso l'individuo disarmato. E' quindi un rapporto solo di forza oggi lo Stato e molto poco morale. Per questo ogni Stato ha necessità di conformarsi alla propria tradizione, per avere non solo forza fisica militare brutale. Ma questa è mimesi di un dispositivo culturale che invece originariamente disarmava i singoli individui costruendo la pace nella comunità. Oggi la paura e il timore è la sanzione della norma, l'uscire dalla disciplina dell'ordine e delle regole, poiché lo Stato che è ente astratto filosoficamente agisce con le cattive.
E' caduta la remora antica della morale che non era nell'uomo ,era l'armonia profonda fra i domini dell'universo e della natura che ovevano riflettersi nelle comunità umane. Qualunque tradizione umana in qualunque latitudine regge secondo questa regola, poiché dichiara il limite morale di rispetto oltre il quale il comportamento è contro natura.
La potenza umana della tecnica ha svincolato anche il rapporto uomo-natura, seppur esaltando le regole naturali, perché l'uomo manipola e trasforma a suo particolare e parziale utilità e funzionalità la natura stessa .In realtà l'uomo combatte dalla modernità la natura, poiché la natura gli grida : morirai! Le culture non contaminate dal tramonto dell'occidente, reggono come comunità poiché la regola morale e sopra le volontà dei singoli umani ed è la linea invalicabile del rispetto di un ordine, di una regola non scritta ed esercitabile dall'uomo che invece noi come occidente abbiamo frantumato tenendo però gli etimi : ordinamento, norma, legge.


Ben conoscerai la teoria cosmologica del big bang.
Ben conoscerai le teorie delle particelle sub atomiche

La scienza fisica attuale sta alla meta-fisica nel momento in cui il piano concettuale fuoriesce dai sensi come parametro di verità. Sono scienze contro intuitive e puramente concettuali dove la mente e la cultura relegata ai sensi fallisce ed è di ostacolo (c'è per questo timore delle future intelligenze artificiali che non avranno questi limiti sensibili)
La cosmologia dichiara un tempo zero in cui tutta l'energia espressa dall'universo era dentro una capocchia dispillo. Il tempo 1,2,3.......... è l'apparire delle forze:atomica debole e forte, gravitazionale elettromagnetica che rimodellando l'energia stessa la trasformano anche in materia(che alla fine è una forma di energia).Miliardesimi di secondo che spostando l'energia dal punto zero nel tempo zero si espandono fisicamente ....come un grande respiro.
E se dicessi che quel tempo zero è l'archè meta-fisico? La cosmologia delle scienze moderne non può rispondere chi, cosa ,come e perché c'è stato un tempo zero in un luogo zero.
Quel tempo è un eterno, prima che apparissero gli elementi, le forze, ed è dimostrabile solo dalla ragione e non volerlo dimostrare, perché occhi non vedono e cuore non duole, significa che quella capocchia di spillo viene dal nulla e nulla sarebbe il significato allora dell'intero universo, compreso l'uomo.

«L'arché dunque non solo è ciò che vi è di identico nelle cose diverse, e non solo è la dimensione da cui esse provengono e in cui esse ritornano, ma è anche la forza che determina il divenire del mondo, ossia è il "principio" che, governando il mondo, lo produce e lo fa tornare a sé» (La filosofia dai Greci al nostro tempo,di  Emanuele Severino I vol., pag. 34, BUR, Milano 2004).

Apeiron

Ciao @paul11,

chiedo scusa del ritardo nella risposta...Ti ringrazio per le tue considerazioni. Commenterò, però, soltanto la parte 'fisica' del tuo post. 

Citazione di: paul11 il 28 Ottobre 2019, 15:18:41 PM
 La scienza fisica attuale sta alla meta-fisica nel momento in cui il piano concettuale fuoriesce dai sensi come parametro di verità. Sono scienze contro intuitive e puramente concettuali dove la mente e la cultura relegata ai sensi fallisce ed è di ostacolo (c'è per questo timore delle future intelligenze artificiali che non avranno questi limiti sensibili) 

Qui 'tocchi' un punto molto interessante. Il fatto che la 'contro-intuitività' delle teorie fisiche si manifesti quando si indaga a scale 'remote' rispetto a noi (es. nel mondo microscopico, ad altissime velocità ecc), in effetti, può essere un segnale che la nostra capacità di costruire una 'immagine' della realtà è limitata. Bohr, per esempio, insisteva che ogni descrizione dei fenomeni fisici doveva essere fatta utilizzando concetti classici, ovvero concetti che si basano, in ultima analisi, sulla nostra esperienza. Per come la vedo io, la sua interpretazione è, di fatto, una dichiarazione della limitatezza della scienza. Infatti, per Bohr, non è possibile costruire una 'descrizione classica' del mondo quantistico, il quale rimane inaccessibile. Per certi versi, si possono effettivamente leggere le interpretazioni della meccanica quantistica - ma anche della relatività - come 'meta-fisica'. 

Curiosamente, però, ogni tanto queste teorie 'meta-fisiche' si prestano a test sperimentali. Penso al caso straordinario delle disuguaglianze di Bell, la cui violazione verificata sperimentalmente (se si accettano ragionevoli assunzioni), ci dice che una descrizione puramente 'classica' del mondo quantistico è impossibile. Anche se insistiamo dando una lettura 'realista' alla MQ, dobbiamo accettare una qualche forma di non-località e non-separazione che contrastano l'assunzione per cui è sempre possibile 'scomporre' i sistemi fisici in parti, uno sguardo puramente 'analitico'/'riduzionista' del mondo. 

Secondo me gli esperimenti della violazione delle disuguaglianze di Bell rendono il confine tra 'fisica' e 'meta-fisica' molto ambiguo. 

Citazione di: paul11 il 28 Ottobre 2019, 15:18:41 PM
La cosmologia dichiara un tempo zero in cui tutta l'energia espressa dall'universo era dentro una capocchia dispillo.
 

Più precisamente, la 'singolarità' significa che la densità di energia è infinita. Non necessariamente che l'estensione dell'universo era puntiforme...

Citazione di: paul11 il 28 Ottobre 2019, 15:18:41 PM
 Il tempo 1,2,3.......... è l'apparire delle forze:atomica debole e forte, gravitazionale elettromagnetica che rimodellando l'energia stessa la trasformano anche in materia(che alla fine è una forma di energia).Miliardesimi di secondo che spostando l'energia dal punto zero nel tempo zero si espandono fisicamente ....come un grande respiro. 
 

Sì, quando dicevo che tempo e mutamento sono per me estremamente legati, è perché ritengo che non ci sia davvero un modo per distinguerli. La successione del tempo fisico perciò potrebbe essere compresa come la successione dei mutamenti avvenuti. Il 'tempo' come dimensione 'nella quale' avvengono gli eventi sembra una sorta di 'errata reificazione'. 

Credo che nel 1961 David Bohm ci avesse visto giusto, quando in una discussione sui fondamenti della fisica disse (link: http://dbohm.com/david-bohm-quanta-and-reality.html):

CitazioneI want to propose another idea of space and time, the topological idea. By this I mean the study of the non-quantitative aspects of relationships in space (and, of course, in time also). For example, 'inside', 'outside', 'before', 'after', 'between', 'connected' and so on. I might mention one typical idea: How do we actually locate something in space? If we wanted to locate a glass on a table, do we give its latitude and longitude, for example, which is what the Cartesian notion would be? Obviously not. What we do is to say it is on the table, which is in the room which is in the building on the street in this city, and so on. This is a series of topological relations of being within or upon. Now, we get a whole series of such relations and that is how in common experience we locate something.

Traduzione:
Vorrei proporre un'altra idea di spazio e tempo, l'idea topologica. Con questo intendo lo studio degli aspetti non-quantitativi delle relazioni nello spazio (e, ovviamente, anche nel tempo). Per esempio, 'dentro', 'fuori', 'prima', 'dopo', 'in mezzo', 'connesso' e così via. Potrei menzionare un'idea tipica: come, di fatto, individuiamo qualcosa nello spazio? Se volessimo individuare un bicchiere su un tavolo, diamo la sua latitudine, per esempio, che è ciò che sarebbe la nozione Cartesiana? Ovviamente no. Ma quello che diciamo è che è sul tavolo, che è in una stanza che è in un edificio sulla strada in questa città, e così via. Questa è una serie di relazioni di essere dentro o sopra. Ora, otteniamo una intera serie di tali relazione e ciò è come nell'esperienza comune individuiamo qualcosa.

Parla principalmente delle relazioni spaziali. Ma il discorso come fa notare anche lui si estende naturalmente anche al tempo. 

Citazione di: paul11 il 28 Ottobre 2019, 15:18:41 PM
E se dicessi che quel tempo zero è l'archè meta-fisico? La cosmologia delle scienze moderne non può rispondere chi, cosa ,come e perché c'è stato un tempo zero in un luogo zero. Quel tempo è un eterno, prima che apparissero gli elementi, le forze, ed è dimostrabile solo dalla ragione e non volerlo dimostrare, perché occhi non vedono e cuore non duole, significa che quella capocchia di spillo viene dal nulla e nulla sarebbe il significato allora dell'intero universo, compreso l'uomo. «L'arché dunque non solo è ciò che vi è di identico nelle cose diverse, e non solo è la dimensione da cui esse provengono e in cui esse ritornano, ma è anche la forza che determina il divenire del mondo, ossia è il "principio" che, governando il mondo, lo produce e lo fa tornare a sé» (La filosofia dai Greci al nostro tempo,di Emanuele Severino I vol., pag. 34, BUR, Milano 2004).

Personalmente, credo che ogni spiegazione che possiamo dare sull''inizio' ha alcune difficoltà. Quella che sembri proporre tu, ovvero che il tempo (il mutamento) ha un aspetto molto contro-intuitivo. Non si riesce a dare alcuna spiegazione al primo evento. Dicevamo, poco tempo fa, che casualità e temporalità sono connesse. Bene, qual è la causa di tale primo evento? Non può essere qualcosa che diviene. Se fosse qualcosa che diviene, contraddirebbe la nostra assunzione che l'evento considerato è il primo. Ma ci possono essere cause che non divengono, cause a-temporali?

Alcuni fisici hanno addirittura considerato l'idea che il 'primo evento' insorge dal 'Nulla'. Chiaramente, è una contraddizione. Anche, perché, 'fluttuazioni quantistiche' che, in questi modelli sono ritenute responsabili del 'primo evento', non avvengono nel Nulla...

Una terza alternativa è che, in realtà, non vi sia un 'primo evento'. Regressione infinita. Ma anch'essa ha difficoltà. Non ci sono evidenze sperimentali accettate, per esempio, in supporto di questa idea (a parte, forse, alcune che il grande cosmologo Roger Penrose pensa di aver notato come supporto alla sua teoria della Cosmologia Ciclica Conforme...ma tali evidenze sono controverse). L'idea stessa della regressione infinita però presenta difficoltà. Pensare, ad esempio, che prima di noi ci sono stati infiniti eventi fa riflettere su come si è arrivati fin qui.

Personalmente, ritengo che, almeno allo stato attuale, l''inizio' costituisca un'antinomia del nostro pensiero. O, meglio, un limite... :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Ipazia

Citazione di: Apeiron il 01 Novembre 2019, 23:07:21 PM
Personalmente, ritengo che, almeno allo stato attuale, l''inizio' costituisca un'antinomia del nostro pensiero. O, meglio, un limite... :)

Concordo assolutamente e ne deduco che ancorare la questione etico/morale a ciò che oltrepassa quel limite non può che sfociare nell'irrazionalismo. Archè, fisici e metafisici, se ne trovano anche senza forzare aprioristicamente quel limite. Archè razionalmente sostenibili. Ad esempio fondati sulla realistica presa d'atto del tempo antropologico. Individuale e collettivo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

ciao Aperion,
Per me è evidente un origine di tutto, è il fisico che si sposta la livello superiore meta-fisico.
Perchè questo universo ha determinate regole? Potremmo pensare ad altri universi con altre regole?
L'origine detta le regole e le condizioni affinché vi siano le relazioni, senza tutto questo non ci potrebbe essere regolarità conoscibile:sarebbe davvero caos del tutto indeterminato.

Se il divenire è il piano in cui la causalità si mostra, non può esserlo l'origine, deve per forza essere incausato. Cosa direbbe Bohm topologicamente e non con le coordinate cartesiane: prima ,del prima, del prima.......
La regressione infinita, verso il basso e l'alto, verso l'infinito più piccolo e l'infinito più grande ,riguarda un processo, un procedimento che culturalmente l'uomo ha scelto e ha portato a risultati, ma non più nella meccanica quantistica. La stessa cosa si pone sull'origine dell'universo.
Bohm lo dice nel dialogo. Una certa matematica, una certa visione fisico-naturale, ha fatto progressi conoscitivi in questi ambiti, ma non aiutano più, anzi diventano pesi e condizionamenti.

La mia impressione è che siamo in un periodo storico umano conoscitivo di forte transizione, perché gli strumenti conoscitivi finora conseguiti hanno fatto il loro tempo.
Oggi siamo in crisi su tutto.
Ad esempio, la filosofia analitica del linguaggio è dovuta da Frege, Russell, Wittgenstein arrivare alla filosofia della mente attuale. Per il semplice motivo che il processo fra cervello e mente, fra stato empirico e stato mentale non sono la stessa cosa, per cui entra in crisi il significato della parola che nasce dal mentale o nasce dalle cose fisiche? Il mondo si dà e mi dice.... Ma è la mente che dà il nome, denotazione, simboli e segni.
Sono allora gli esperimenti dell'elettrone sulle due fessure che aprono il paradosso fisico, perché non è il comportamento della causa effetto degli stessi procedimenti classici che avevano portato a conoscenze conseguite.

La nostra conoscenza costruisce categorie ,classificazioni, tassonomie, in qualunque campo.
Per costruirle ci vogliono parametri. Per gli animali sarà al dentizione, la colonna verterbrale,ecc: per i vegetali saranno i gameti, i fiori, l'apparato vascolare,ecc.
A seconda dei parametri che sono soggettivi umani pur dentro l'oggettività osservata, sempre un arbitrio è, noi decidiamo come parametrizzare l'universo con bosoni e fermioni, ecc.
Nessuna classificazione sarebbe possibile dall'alto al basso e viceversa se in origine l'energia non avesse avuto al propri interno anche le regole e le condizioni per potere essere modellata, per divenire nel tempo e nello spazio
Il problema non è la regressione, ma perché ontologicamente già in origine esiste energia e forze interagenti: o meglio questa energia e quelle forze dal punto di vista fisico.

Il processo, procedimento, protocollo, è uno standard attribuito quando una conoscenza funziona. Ma funziona fino a quando la stessa mente umana, non incontra conoscenze nuove che contrastano con lo steso procedimento. Quì necessita il salto delle procedure.
E l'origine è in parte procedura, poiché è in relazione con energia ,regole e condizioni, ma allo stesso tempo è ontologia necessariamente ed è quest'ultimo il problema fisico, ma non meta-fisico
poiché incausato.

In fondo è lo stesso problema sul tempo fra Einstein e Bergson: l'uno vede lo stato empirico e l'altro lo stato mentale,ma entrambi essendo umani riconoscono le ragioni dell'altro

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