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Fisica e Tempo

Aperto da epicurus, 22 Marzo 2018, 14:30:49 PM

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iano

Quindi , seppur mi convince fino a un certo punto , vi propongo la seguente sintesi.
Newton ci invita a vedere il mondo con occhi nuovi.
La MQ ci invita a vedere il mondo con sensi nuovi , dove si usa in modo scorretto il verbo vedere.
Vedere è proprio della vista , non di nuovi strumenti.
Dunque , nessuna nuova descrizione in vista.
Si , è anche un gioco di parole......
Ciao.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

sgiombo

#76
Citazione di: iano il 06 Aprile 2018, 04:31:28 AM

Per la teoria di Newton è stato sufficiente cambiare punto di vista all'interno di quel mondo che ci siamo creati attraverso descrizioni relative , restando dentro quel mondo.
Per la MQ dovremmo creare un mondo ex novo attraverso una descrizione totalmente nuova , e poi entrarci dentro .

CitazioneNon sono per niente d' accordo.
La fisica di Newton non ha affatto cambiato punto di vista all'interno di un mondo (quello fisico materiale; il quale non esaurisce la realtà in toto) che ci siamo creati attraverso descrizioni relative ad libitum (come quelle di un romanzo di fantasia), ma ha invece cambiato precedenti descrizioni di quel mondo, quale é indipendentemente da noi e dalle nostre descrizioni, precedenti descrizioni limitate e in parte erronee e false, sostituendole con una descrizione più completa ed esaustiva, più esatta e vera, come empiricamente dimostrato dall' osservazione del mondo fisico materiale stesso, più adeguate ad esso quale é indipendentemente dalle nostre osservazioni.

E così secondo me deve fare qualsiasi progresso scientifico se vuole essere realmente tale.
Che nel fare questo deve ammettere con onestà intellettuale i suoi limiti, e non pretendere che quegli aspetti della realtà che non conosciamo* e che magari ci si dimostrano essere  inconoscibili non esistano realmente.


__________
* Per lo meno quelli che sono conoscibilissimi con ottima precisione singolarmente in reciproca alternativa (e per essere tali devono necessariamente esistere-accadere realmente) ma non sono conoscibili insieme, contemporaneamente.

Ma più entrò in questi discorsi più ho conferma dell'importanza della filosofia.
CitazioneGiustissimo.

iano

Citazione di: sgiombo il 06 Aprile 2018, 07:10:49 AM
Citazione di: iano il 06 Aprile 2018, 04:31:28 AM

Per la teoria di Newton è stato sufficiente cambiare punto di vista all'interno di quel mondo che ci siamo creati attraverso descrizioni relative , restando dentro quel mondo.
Per la MQ dovremmo creare un mondo ex novo attraverso una descrizione totalmente nuova , e poi entrarci dentro .

CitazioneNon sono per niente d' accordo.
La fisica di Newton non ha affatto cambiato punto di vista all'interno di un mondo (quello fisico materiale; il quale non esaurisce la realtà in toto) che ci siamo creati attraverso descrizioni relative ad libitum (come quelle di un romanzo di fantasia), ma ha invece cambiato precedenti descrizioni di quel mondo, quale é indipendentemente da noi e dalle nostre descrizioni, precedenti descrizioni limitate e in parte erronee e false, sostituendole con una descrizione più completa ed esaustiva, più esatta e vera, come empiricamente dimostrato dall' osservazione del mondo fisico materiale stesso, più adeguate ad esso quale é indipendentemente dalle nostre osservazioni.

E così secondo me deve fare qualsiasi progresso scientifico se vuole essere realmente tale.
Che nel fare questo deve ammettere con onestà intellettuale i suoi limiti, e non pretendere che quegli aspetti della realtà che non conosciamo* e che magari ci si dimostrano essere  inconoscibili non esistano realmente.


__________
* Per lo meno quelli che sono conoscibilissimi con ottima precisione singolarmente in reciproca alternativa (e per essere tali devono necessariamente esistere-accadere realmente) ma non sono conoscibili insieme, contemporaneamente.

Ma più entrò in questi discorsi più ho conferma dell'importanza della filosofia.
CitazioneGiustissimo.
L'uomo percepisce il mondo in base all'utilizzo che può farne.
Nel leggere i miei post tieni presente questo assunto.
Non è necessario che tu lo condivida.
Non è perfino necessario che lo condivida anch'io.
Io lo assumo per cercare di verificare se questa assunzione serva a dare una risposta al quesito di cui discutiamo , o in alternativa svuoti di senso il quesito , che equivale comunque a una soluzione del quesito , negandolo.
Questo punto di vista non comporta che la conoscenza sia un bene in se' , né' che il progresso consista in una avanzata continua verso una conoscenza della realtà che, seppur non porteremo mai a compimento per nostri limiti , riusciremo tuttavia sempre meglio ad approssimare.
Per assumere un punto di vista non è necessario crederci , ma non è neanche necessario che tu lo assuma.
Quindi in un certo senso non è corretto dire che non sei d'accordo.
Puoi decidere di criticarne le conseguenze se vuoi.
Oppure puoi dire di non essere interessato perché non ritieni sia un lavoro promettente.
L'assunzione in se' potrebbe non piacere , ma lo si assume perché si sospetta le sue conseguenze possano essere molto soddisfacenti, aiutando a risolvere problemi all'apparenza irrisolvibili.
Questo è appunto lo,spirito con cui lo faccio io.
L'importanza della filosofia per me sta nel fatto che ognuno di noi ne ha una , e questa influenza le nostre scelte , le nostre azioni , sia che sappiamo di averla, sia che non lo sappiamo , sia che lo neghiamo.
Ammettere la sua influenza , avendone coscenza è il caso migliore , perché ciò ti permette di cambiare punto di vista , per vedere l'effetto che ottieni , specie nei casi che appaiono particolarmente ostici.
Si può assumere un nuovo punto di vista solo se si sa di averne uno e lo si conosce.
Ecco , su questo procedimento puoi anche dire di non essere d'accordo , se vuoi.
Questo sì.😊
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

sgiombo

Citazione di: iano il 06 Aprile 2018, 10:01:00 AM
L'uomo percepisce il mondo in base all'utilizzo che può farne.
Nel leggere i miei post tieni presente questo assunto.
Non è necessario che tu lo condivida.
Non è perfino necessario che lo condivida anch'io.
Io lo assumo per cercare di verificare se questa assunzione serva a dare una risposta al quesito di cui discutiamo , o in alternativa svuoti di senso il quesito , che equivale comunque a una soluzione del quesito , negandolo.
Questo punto di vista non comporta che la conoscenza sia un bene in se' , né' che il progresso consista in una avanzata continua verso una conoscenza della realtà che, seppur non porteremo mai a compimento per nostri limiti , riusciremo tuttavia sempre meglio ad approssimare.
Per assumere un punto di vista non è necessario crederci , ma non è neanche necessario che tu lo assuma.
Quindi in un certo senso non è corretto dire che non sei d'accordo.
Puoi decidere di criticarne le conseguenze se vuoi.
Oppure puoi dire di non essere interessato perché non ritieni sia un lavoro promettente.
L'assunzione in se' potrebbe non piacere , ma lo si assume perché si sospetta le sue conseguenze possano essere molto soddisfacenti, aiutando a risolvere problemi all'apparenza irrisolvibili.
Questo è appunto lo,spirito con cui lo faccio io.
L'importanza della filosofia per me sta nel fatto che ognuno di noi ne ha una , e questa influenza le nostre scelte , le nostre azioni , sia che sappiamo di averla, sia che non lo sappiamo , sia che lo neghiamo.
Ammettere la sua influenza , avendone coscenza è il caso migliore , perché ciò ti permette di cambiare punto di vista , per vedere l'effetto che ottieni , specie nei casi che appaiono particolarmente ostici.
Si può assumere un nuovo punto di vista solo se si sa di averne uno e lo si conosce.
Ecco , su questo procedimento puoi anche dire di non essere d'accordo , se vuoi.
Questo sì.😊
CitazioneIo invece credo non che L'uomo percepisce il mondo in base all'utilizzo che può farne, ma viceversa che possa utilizzare (parti de-) il mondo in base alla percezione che ne ha.

Inoltre per me la conoscenza é (anche, non solo) un bene in sé uno scopo a cui tendere.

E inoltre credo 
che accada un progresso ovvero una avanzata complessiva a lungo termine, anche se discontinua e con anche interruzioni e regressi, verso una conoscenza della realtà che, seppur non porteremo mai a compimento per nostri limiti, tendenzialmente riusciremo tuttavia sempre meglio ad approssimare.
Quindi mi sembra perfettamente coretto dire che non sono d' accordo con te.

Secondo me tutte le convinzioni vanno sottoposte a critica razionale.

iano

#79
@Sciombro.
Certamente , ma ho precisato che la mia non è necessariamente una convinzione, ma una assunzione.
Si tratta anzi di un punto di vista per il quale non parteggio con entusiasmo.
Lo assumo,solo nella speranza che le sue conseguenze siano al contrario molto soddisfacenti , specie ai fini di questa discussione , e in effetti mi pare che sia così.
Se ciò dovesse verificarsi allora   ciò che ho assunto si potrebbe candidare a diventare una mia convinzione.
Ciò in cui crediamo ha sempre una origine in qualcosa e si può configurare come il risultato di un processo a partire da quella origine , anche quando questo non è del tutto presente a noi.
Quindi se provi a immedesimarti in questo quadro , la descrizione di una teoria si configura come qualcosa di utile per noi, ma non necessaria alla teoria.
Il fatto di non possedere una descrizione soddisfacente  ci fa'apparire la teoria come incompleta.
In effetti pero' alla teoria non manca niente ,è a noi che manca una sua descrizione , siamo noi che siamo orfani di quella descrizione , non la teoria.
A noi ,  che siamo stati viziati dal fatto che teorie precedenti posseggano descrizioni soddisfacenti , creandoci così  la falsa aspettativa che ogni teoria debba averne una.
Soddisfacenti in base all'utilizzo che possiamo farne , ma che sono indipendenti dalla teoria , così come la descrizione di un martello è indipendente dal martello , ma non dall'uso che farò del martello.
Ma se è indipendente allora può esserci come non esserci.
Giunti a questo punto possiamo spostare il focus della discussione sul come e perché e da cosa nascono certe descrizioni o non nascano.
Non è un caso che l'assunzione che ho fatto l'abbia derivata da un neuro scienziato , Lawrence D. Rosenblomm.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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sgiombo

#80
La maggiore o minore soddisfazione per le teorie di cui disponiamo é soggettiva.
A parte la generale limitatezza di qualsiasi teoria di cui potremmo disporre (non saremo mai onniscienti; sarebbe più probabile che diventassimo "onnipazzi") l' incompletezza della teoria della M Q é oggettiva; questo é ciò che credo con Einstein, de Broglie, Bohm, e tanti altri (e contro l' interpretazione conformistica "di Copenhagen"), in perfetta coerenza (non minore di quella di altre interpretazioni, compresa quella conformistica) con i suoi risultati sperimentalmente confermati (interpretazione perfettamente compatibile con essi).

Per parte mia non credo che le neuroscienze siano utili nel comprendere lo sviluppo della conoscenza scientifica e filosofica (spiegano solo i meccanismi cerebrali, compresi quelli che corrispondono alla ricerca filosofica e scientifica, non significativamente differenti da tanti altri; ma questa la trovo una questione di scarsa importanza, oltre che non esplicativa dello sviluppo storico specificatamente della cultura umana e delle sue articolazioni.

iano

#81
Dunque mi confermi che usare il principio di autorità con moderazione non è peccato , tuttavia da ciò non può derivare l'oggettività di cui dici .
Da cosa deriva dunque?
Un martello è oggettivo , la sua descrizione è soggettiva e può essere soggettivamente insoddisfacente.
Se ciò è riferito all'uso che devo fare del martello tutto mi appare chiaro e logico.
Se la descrizione mi appare insoddisfacente so' dire il perché.
Se ci riferiamo alla conprensiome del martello in se ' attraverso la sua descrizione tutto mi appare vago.
Se la descrizione mi appare insoddisfacente non so' dire il perché.
Per un neuroscienziato una soddisfacente descrizione dell'autismo e' ciò che può servire a curare l'autismo , non ad una conoscenza dell'autismo in se'.
Se anche acquisissimo una conoscenza del mondo in se' , senza poterne fare uso , non avremmo fatto spreco di energie vitali compromettendo le probabilità della nostra sopravvivenza?
L'anelito alla conoscenza in se' è qualcosa cui partecipo con entusiasmo in effetti , ma ciò che io credo non necessariamente è.
Questo anelito alla conoscenza in se' in effetti è il benvenuto perché non produce altro che risultati molto pratici , i quali determinano la promozione o la dimenticanza di una teoria , indipendentemente dall'anelito investito.
Il riferimento che ho fatto all'autismo non è casuale.
Infatti un soggetto autistico si può descrivere come un soggetto che possieda una descrizione insoddisfacente della realtà, non distinguendo oggetti inanimati da oggetti animati.
Noi sappiamo quanto sia utile questa distinzione , e perciò ci sembra vera , non il contrario.
La distinzione fra oggetti animati e inanimati però non è necessaria in se'.
Si può vivere anche senza.
Ma è' la qualità della vita a dipendere dalla descrizione che ne facciamo.
E può essere più o meno soddisfacente.
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sgiombo

#82
Citazione di: iano il 06 Aprile 2018, 15:57:40 PM
Dunque mi confermi che usare il principio di autorità con moderazione non è peccato , tuttavia da ciò non può derivare l'oggettività di cui dici .
Da cosa deriva dunque?
CitazioneDove mai avrei sostenuto che "usare il principio di autorità con moderazione non è peccato" ?
E di quale "oggettività non derivabile da ciò" avrei detto ?

Ciò che credo con Einstein, Schroedinger, de Broglie, Bohm e tanti altri più o meno autorevoli teorici non lo credo certo per la loro autorevoleza, ma letteralmente "a ragione veduta", avendone letto criticamente gli scritti (come pure scritti di Boh, Heisenberg e altre "autorità" con le quali non convengo affatto).

E la coerenza con le verità scientifiche finora verificate della M Q dell' "interpretazione deterministica a là Bohm", non minore di quelle indeterministiche correnti, ormai nemmeno i più acritici conformisti si sognano più di negarla; nessun addetto ai lavori o esperto in materia ormai la considera "meramente soggettiva", ma invece é ammessa come corrispondente all' oggettiva realtà dei fatti).

Qui proprio non si tratta di non convenire, ma di non capire, di non intendersi tout court!

Fra l' altro non posso esimermi del rilevare che la tua espressione "mi confermi che" tenderebbe (per assurdo) a dare (indebitamente; ma tant' é) per lo meno un certo credito alla mia precedente indebita ed errata attribuzione a te dell' adesione a tale principio (per quanto "moderata").

Un martello è oggettivo , la sua descrizione è soggettiva e può essere soggettivamente insoddisfacente.
Se ciò è riferito all'uso che devo fare del martello tutto mi appare chiaro e logico.
Se la descrizione mi appare insoddisfacente so' dire il perché.
Se ci riferiamo alla conprensiome del martello in se ' attraverso la sua descrizione tutto mi appare vago.
Se la descrizione mi appare insoddisfacente non so' dire il perché.
CitazioneLa conoscenza di qualsiasi cosa, compreso un banale martello é sempre limitata, relativa, mai assolute e integrale.

Il che non significa affatto che sia meramente convenzionale, "confezionabile" o "costruibile" ad libitum come la trama di un romanzo.




Per un neuroscienziato una soddisfacente descrizione dell'autismo e' ciò che può servire a curare l'autismo , non ad una conoscenza dell'autismo in se'.
Se anche acquisissimo una conoscenza del mondo in se' , senza poterne fare uso , non avremmo fatto spreco di energie vitali compromettendo le probabilità della nostra sopravvivenza?
CitazioneSe per "mondo in  sé" intendi "a la Kant" ciò che é reale anche indipendentemente dalle sensazioni fenomeniche, allora al massimo se ne può sapere che forse potrebbe essere reale (oppure no); nient' altro se ne può conoscere.

Comunque non credo che la ricerca di conoscenza possa essere dannosa per la sopravvivenza umana in quanto spreco di risorse, tranne che in casi limite come la costosissima costruzione di sofisticate apparecchiature tipo "megaacceleratori di particelle"; al di fuori di "big science", e in particolare in filosofia (che é quello che a me personalmente più interessa, quanto a conoscenza) non v' é alcun pericolo di tal fatta.

L'anelito alla conoscenza in se' è qualcosa cui partecipo con entusiasmo in effetti , ma ciò che io credo non necessariamente è.
CitazioneDunque nemmeno tu credi che la realtà in quanto conosciuta (la conoscenza vera della realtà) é costruita ad libitum secondo le nostre arbitrarie credenze alle quali necessariamente dovrebbe adeguarsi (mi era sembrato il contrario da alcune tue precedenti affermazioni).




Questo anelito alla conoscenza in se' in effetti è il benvenuto perché non produce altro che risultati molto pratici , i quali determinano la promozione o la dimenticanza di una teoria , indipendentemente dall'anelito investito.
CitazioneDissento dall' affermazione che l' anelito alla conoscenza produca solo ("non altro che") risultati molto pratici.
Credo ci dia interessantissime conoscenza anche meramente teoriche, benvenute, almeno da parte mia, anche se del tutto prive di conseguenze e applicazioni pratiche.




Il riferimento che ho fatto all'autismo non è casuale.
Infatti un soggetto autistico si può descrivere come un soggetto che possieda una descrizione insoddisfacente della realtà, non distinguendo oggetti inanimati da oggetti animati.
Noi sappiamo quanto sia utile questa distinzione , e perciò ci sembra vera , non il contrario.
La distinzione fra oggetti animati e inanimati però non è necessaria in se'.
Si può vivere anche senza.
Ma è' la qualità della vita a dipendere dalla descrizione che ne facciamo.
E può essere più o meno soddisfacente.

CitazioneDa medico constato che l' autismo é in realtà difficilissimamente (quantomeno, se non più che difficilissimamente) curabile e spessissimo neurologi di chiara fama millantano "pro domo sua" mirabolanti risultati terapeutici quanto meno assai dubbi.
E non sono i soli: nei telegiornali proprio di questi giorni si spaccia a tambur battente l' "Atlante dei tumori" come un preteso straordinario (da parte dei giornalisti più zelanti "rivoluzionario") progresso della medicina ! ! !







Apeiron

Citazione di: Il_Dubbio il 06 Aprile 2018, 00:12:19 AM
Citazione di: Apeiron il 05 Aprile 2018, 19:40:49 PM


  • The interpretation of a physical theory has to rely on an experimental practice.

L'interpretazione di una teoria fisica deve fare affidamento sulla pratica sperimentale.

Io non sono daccordo con Bhor.
Una teoria fisica deve descrivere la realtà e l'esperimento deve attestare che quella teoria è valida e non è falsificata da un esperimento.

Con la meccanica quantistica abbiamo un stravolgimento. Ora non abbiamo piu una teoria che descrive il mondo, ma un esperimento che tiene in piedi un modello matematico.

Se prima avevamo un modello matematico che descriveva la realtà, e l'esperimento poteva falsificarlo, ora abbiamo solo un modello matematico senza una descrizione del mondo. Secondo me è un arretramento rispetto al significato ontologico di teoria fisica. Una teoria fisica deve descrivere la realtà e siamo d'accordo che questa realtà debba essere supportata da un modello matematico. Qui abbiamo invece solo il modello matematico ma nessuna idea fisica, per cui senza alcuna teoria.  
La questione dell'interpretazione è proprio questa: la teoria dove sta? Bhor direbbe che dobbiamo accontentarci del modello matematico. Ma questa non mi sembra la risposta alla domanda. Anzi attesta che non abbiamo una teoria fisica. Ma io non credo che la fisica possa perdere le speranze di fare il suo mestiere.


Beh, personalmente ho anche io problemi con la visione delle cose di Bohr. Tuttavia la trovo stimolante.

In fin dei conti lui ragiona in questo modo: concetti come "posizione", "velocità", "onda", "particella" ecc sono nati nello studio del mondo classico. Ciò significa che sono nati per cercare di formare una "mappa concettuale" in grado di spiegare bene i fenomeni. E nel mondo classico i concetti "classici" funzionano benissimo: la Terra è "quasi sfeerica", le oribite dei pianeti sono ellissi e così via. Da un punto di vista prettamente scientifico in fin dei conti i concetti nascono proprio per spiegare l'esperienza. Ed è l'esperienza e l'esperimento (i.e. la pratica scientifica) ad essere il "centro" dell'attività scientifica, non il contrario.

Se teniamo a mente che questi concetti hanno "a priori" da un punto di vista scientifico una validità in un ambito ben preciso, possiamo pensare che effettivamente questi concetti non si possano più applicare al mondo quantistico. In sostanza la risposta di Bohr a Bohm non è né "pragmatica" né "dogmatica": semplicemente Bohr mette in luce che non solo una determinata teoria ma anche gli stessi concetti che sono "alla base" delle teorie esistenti potrebbero non avere una validità nel mondo quantistico. In realtà l'argomento di Bohr è scettico: mette in discussione l'assunzione (che non deriva dall'esperimento!) che i concetti classici si possano applicare al mondo quantistico.

Come dicevo però la posizione di Bohr non mi convince per vari motivi. 1) il confine tra "classico" e "quantistico" sembra arbitrario (e questa è una perplessità "scientifica") 2) non è detto che il mondo quantistico sia "inconoscibile" (nel senso che non possiamo fare delle "mappe concettuali") anche se i concetti "classici" non funzionano più 3) se c'è una teoria più "fondamentale" della MQ da scoprire l'approccio scettico blocca la ricerca anziché aiutarla.

In sostanza ritengo il pensiero di Bohr molto interessante per questi motivi: 1) che ai teorici piaccia o meno la base della ricerca scientifica è sperimentale e quindi è l'esperimento il centro della scienza. I nostri concetti devono adattarsi ai risultati sperimentali e non il contrario. L'ultima parola è sempre data dall'esperienza 2) Bohr, come altri pensatori, mi aiuta a rendermi conto che le nostre "mappe" nascono in un determinato contesto e a priori nulla mi dice che possano essere valide in contesti che esulano da quello originale. Bisogna aver chiaro nella testa che non sappiamo se concetti che sono validi in un contesto sono validi anche in altri contesti. Questo permette di evitare il "dogmatismo". Mi permette di pensare che posso cambiare radicalmente le mie "mappe" per di volta in volta cercare di descrivere l'esperienza. Ergo è vero che particelle puniformi e onde forse non descrivono più bene il mondo quantistico, ma ciò non significa che posso utilizzare altri concetti per studiarlo. Ritenere che "per forza" ci debbano essere particelle puntiformi (come forse alcuni Bohmiani pensano) o che la MQ sia una completa descrizione della realtà per me sono posizioni meno giustificate dello "scetticismo" di Bohr.

Dunque, non dico di "restare" nello scetticismo di Bohr. Ma di prenderlo in considerazione per rendersi conto che le nostre concettualizzazioni possono valere in determinati ambiti e non in tutti. Bisogna però anche cercare di andare "oltre" Bohr, secondo me, se si vuole continuare a fare ricerca nella "fisica dei fondamenti". Per certi versi la filosofia di Bohr è simile a quella di Socrate, si "ammette la propria ignoranza". Ma a differenza di una "rinuncia" alla ricerca, secondo me l'"ammissione dell'ignoranza"* non impedisce di cercare di fare ipotesi, soggette sempre a rifinimento e revisione.

"ammissione dell'ignoranza" = ammettere che ci può essere un limite della validità dei concetti con cui si sta analizzando la realtà.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Il_Dubbio

Citazione di: Apeiron il 07 Aprile 2018, 12:37:16 PM

Beh, personalmente ho anche io problemi con la visione delle cose di Bohr. Tuttavia la trovo stimolante.

In fin dei conti lui ragiona in questo modo: concetti come "posizione", "velocità", "onda", "particella" ecc sono nati nello studio del mondo classico. Ciò significa che sono nati per cercare di formare una "mappa concettuale" in grado di spiegare bene i fenomeni. E nel mondo classico i concetti "classici" funzionano benissimo: la Terra è "quasi sfeerica", le oribite dei pianeti sono ellissi e così via. Da un punto di vista prettamente scientifico in fin dei conti i concetti nascono proprio per spiegare l'esperienza. Ed è l'esperienza e l'esperimento (i.e. la pratica scientifica) ad essere il "centro" dell'attività scientifica, non il contrario.

Se teniamo a mente che questi concetti hanno "a priori" da un punto di vista scientifico una validità in un ambito ben preciso, possiamo pensare che effettivamente questi concetti non si possano più applicare al mondo quantistico. In sostanza la risposta di Bohr a Bohm non è né "pragmatica" né "dogmatica": semplicemente Bohr mette in luce che non solo una determinata teoria ma anche gli stessi concetti che sono "alla base" delle teorie esistenti potrebbero non avere una validità nel mondo quantistico. In realtà l'argomento di Bohr è scettico: mette in discussione l'assunzione (che non deriva dall'esperimento!) che i concetti classici si possano applicare al mondo quantistico.

Dovremo intenderci cosa è un concetto classico. Come spiegavo a iano, proprietà effimere (tipo la fragilità di uno spaghetto prima di rompersi), sono gia concetti classici. Non di meno potremmo anche eliminare da questi concetti proprietà tipo posizione, monento ecc.  e posizionarli tra quelli effimeri (invece che intrinseci).
Il problema successivo e dar di conto del motivo per cui una proprietà è misurata. Se prendo uno spaghetto e lo faccio cadere sempre nella stessa maniera noi avremmo un effetto classico, ovvero lo spaghetto a certe condizioni si spezzerà; se cambiamo anche di poco le condizioni, rimarrà intero. In meccanica quantistica non esiste un "effetto classico" tipo lo spaghetto che si rompe o rimane intero, in quanto l'unico elemento che possiamo tenere presente è la probabilità che una delle due proprietà si realizzi. Non sappiamo perche si spezza lo spaghetto...ma sicuramente daremo la colpa alla nostra ignoranza, in m.q. invece l'ignoranza c'entra poco. Se esistesse un comportamento classico anche nella m.q. allora avremmo una teoria fisica. Io aggiungo che secondo me la fisica per autonomasia è classica.  ;)

Apeiron

@Il_Dubbio,
per certi versi sono d'accordo con te!
ad ogni modo, i concetti "classici" sono le astrazioni che sono state create per spiegare l'esperienza. Per esempio la grandezza "massa" è stata introdotta per spiegare l'effetto che corrisponde alla misura della massa sulla bilancia. Oppure l'elasticità è stata introdotta per cercare di modellizzare la proprietà per cui i corpi tendono ad accorciarsi e ad allungarsi quando sono sottoposti ad una forza. La forza è un concetto introdotto per spiegare l'accelerazione. Le grandezze cinematiche sono state introdotte per studiare il moto dei corpi, quelle dinamiche per dare una spiegazione più o meno precisa alle variazioni del moto... come vedi sono tutti effetti osservabili. Le grandezze invece sono astrazioni che "sembrano" riferirsi a proprietà intrinsiche dei corpi classici (come quanto dici per quanto riguarda gli spaghetti).

Come puoi immaginare la base di tutti i concetti classici è concreta, "tangibile". Chiaramente questi concetti li utilizziamo anche per studiare i fenomeni microscopici, come quelli "visti" al microscopio, o i movimenti delle galassie. Quindi i concetti si sono estesi anche per ciò che non possiamo osservare direttamente ma solo con l'ausilio di uno strumento di misura. Quando però si arriva in MQ si scopre che l'elettrone si "manifesta" come onda e come particella. Chiaramente anche gli stessi nostri strumenti di misura sono costruiti secondo i "concetti classici" che dicevo prima. Dunque gli esperimenti stessi sono progettati secondo questi concetti che sono stati introdotti per un (a priori diverso) contesto, che a priori, è diverso e i risultati sperimentali sono letti secondo questi concetti.

Filosoficamente si potrebbe prendere l'analogo con i colori. Sappiamo che indipendentemente da noi, nella "realtà" non ci sono cose "rosse", ma a noi appaiono in quel modo. Chiaramente spieghiamo il fatto che una cosa ci appare "rossa" con la fisica della luce, ma prova ad immaginarti (ovvero con qualcosa di diverso dal nostro occhio...) se non hai nulla che ti possa far andare oltre la percezione dei colori (ovvero per qualche motivo non riesci a contemplare il concetto di "causa che produce la sensazione del colore"). In questo caso non hai modo di capire il motivo per cui vediamo le cose colorate. Questo perchè non hai modo di spiegare il fenomeno "vedere le cose colorate" con altri concetti che puoi ritenere più fondamentali. In MQ la situazione è simile: vedi un comportamento ondulatorio e particellare. Tuttavia non hai modo di creare strumenti che non si basino sui concetti "classici". E anche la nostra immaginazione in fin dei conti può produrre concetti che non sono poi così diversi da quelli che possono essere prodotti nell'esperienza. Ergo se il "mondo quantistico" non può essere spiegato con i concetti che noi possiamo riuscire a "capire", "visualizzare" ecc allora non puoi avere altro che una rappresentazione simbolica di ciò che accade (un po' come è considerato oggi l'atomo di Bohr o i modelli precedenti dell'atomo) visto che in fin dei conti non possiamo andar oltre i limiti della nostra capacità di concettualizzare. E se non è possibile "estendere" questi limiti (non chiedermi come!) allora forse non è possibile creare una mappa della realtà quantistica non misurata se essa non può essere concetualizzata con i concetti che possiamo pensare. Dobbiamo accontentarci di creare rappresentazioni simboliche che non ci danno una "illustrazione" della realtà. 

Per fare un'analogia considera quanto segue:
Una cosa simile è avvenuta nel mondo della filosofia del linguaggio con il secondo Wittgenstein, per il quale non è possibile formulare un linguaggio che sia "illustrativo". Per esempio diciamo "mi è venuto in mente qualcosa" come se la mente fosse un contenitore. Chiaramente "la mente come contenitore" è un linguaggio metaforico che possiamo non prendere alla lettera. Ma nonostante il fatto che non è "illustrativa" tale  esperessione comunque può dirci qualcosa sulla mente. In fin dei conti in modo per certi versi simile a quello che avviene col mondo quantistico (se ha ragione Bohr e chi la pensa in modo simile a lui) il nostro linguaggio non riesce a "descrivere" bene la nostra mente, visto che le espressioni linguistiche si basano sull'esperienza delle "cose" esterne.  Per descrivere la nostra stessa mente facciamo fatica visto che il nostro linguaggio e i nostri concetti non sono stati introdotti per lo studio di essa.

Detto ciò se per te la fisica "vera" è quella classica, potresti usare la versione di Bohm della MQ (e simili ad essa).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Il_Dubbio

Citazione di: Apeiron il 07 Aprile 2018, 19:22:34 PM
Tuttavia non hai modo di creare strumenti che non si basino sui concetti "classici". E anche la nostra immaginazione in fin dei conti può produrre concetti che non sono poi così diversi da quelli che possono essere prodotti nell'esperienza. Ergo se il "mondo quantistico" non può essere spiegato con i concetti che noi possiamo riuscire a "capire", "visualizzare" ecc allora non puoi avere altro che una rappresentazione simbolica di ciò che accade (un po' come è considerato oggi l'atomo di Bohr o i modelli precedenti dell'atomo) visto che in fin dei conti non possiamo andar oltre i limiti della nostra capacità di concettualizzare. E se non è possibile "estendere" questi limiti (non chiedermi come!) allora forse non è possibile creare una mappa della realtà quantistica non misurata se essa non può essere concetualizzata con i concetti che possiamo pensare. Dobbiamo accontentarci di creare rappresentazioni simboliche che non ci danno una "illustrazione" della realtà.  

La tua è una lettura "per bene"...nel senso che non avere strumenti concettuali per descrivere la realtà come essa sia, vuol dire che non abbiamo strumenti che possano descrivere la realtà. Ovvero questo non significa che la realtà non possa essere descritta. Resta da capire se la descrizione matematica sia l'unica possibile. Certamente con quella matematica non avremmo una comprensione della realtà. Quindi il ragionamento si contorce su se stesso secondo me. Non abbiamo una risposta.
L'esempio dei colori (che hai fatto) della mente è equivalente. In quel caso ci troviamo in una situazione classica e non vediamo nulla di diverso da situazioni classiche, eppure non riusciamo a descrivere l'effetto "colore" in modo classico. Questo però che vuol dire? Che i colori nascono nella nostra mente per una ragione diversa da qualsiasi descrizione classica? Cioè che esiste una descrizione matematica che tende a replicare un effetto "colore" senza passare da una descrizione comprensibile della realtà? Per i colori manca anche questa descrizione matematica, al dire il vero, per cui ci troviamo forse anche piu lontani da una conoscenza dei sistemi mentali, ma resta l'analogia. Se esistesse una descrizione matematica della mente che non rende conto di una descrizione classica (come io vorrei), possiamo pensare che la mente sia un effetto di un mondo non classico solo perche abbiamo di esso solo una descrizione matematica? Non so se ho reso bene la domanda. Analogamente noi abbiamo i nostri strumenti classici ma solo una descrizione matematica dei sistemi che misuriamo, perche dovremmo pensare di essere in una situazione diversa solo perchè utilizziamo strumenti (matematici) che non descrivono la realtà in modo classico?

Apeiron

#87
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Aprile 2018, 12:26:08 PMLa tua è una lettura "per bene"...nel senso che non avere strumenti concettuali per descrivere la realtà come essa sia, vuol dire che non abbiamo strumenti che possano descrivere la realtà. Ovvero questo non significa che la realtà non possa essere descritta. Resta da capire se la descrizione matematica sia l'unica possibile.

Sì, direi che hai colto nel segno anche se non intendevo dire che la fisica dovrebbe rivedere il suo utilizzo della matematica.
Semplicemente intendevo dire che il contenuto concettuale delle teorieodierne si basa su concetti che in ultima analisi derivano dalla nostra esperienza. Esempio: prendi una sedia. Se osserviamo la sedia ci accorgiamo che è un oggetto composto di "parti". Poi andiamo oltre nell'analisi e ci accorgiamo che le parti sono composte da parti. Questo ci fa dedurre che la cosa proceda anche fin dove non riusciamo a vedere con l'occhio. Usiamo il microscopio e vediamo ancora che la divisione in parti è possibile. Chiaramente è tutto molto intuitivo ma chi mi garantisce che questo procedimento di "divisione" andrà sempre bene? Questo non ci impedisce di provare a forumlare teorie matematiche che si basano su questa procedura. E magari la teoria funziona. Ma questo non ci fa concludere logicamente che la teoria sia "illustrativa", un "ritratto" di ciò "che sta avvenendo".  Magari in parte.

Per esempio l'interpretazione di Bohm si basa sul fatto che la MQ debba essere una teoria illustrativa ed è costruita su concetti molto familiari: le particelle che si muovono lungo traiettorie. Ma "rinunciare" a questa - rispettabile - "assunzione" non implica che dobbiamo abbandonare la matematica. Magari utilizzando un altro sistema concettuale formalizzabile in forma matematica riusciamo a fare veramente una teoria illustrativa. O magari no.

Citazione di: Il_Dubbio il 08 Aprile 2018, 12:26:08 PM
Certamente con quella matematica non avremmo una comprensione della realtà. Quindi il ragionamento si contorce su se stesso secondo me. Non abbiamo una risposta. L'esempio dei colori (che hai fatto) della mente è equivalente. In quel caso ci troviamo in una situazione classica e non vediamo nulla di diverso da situazioni classiche, eppure non riusciamo a descrivere l'effetto "colore" in modo classico. Questo però che vuol dire? Che i colori nascono nella nostra mente per una ragione diversa da qualsiasi descrizione classica? Cioè che esiste una descrizione matematica che tende a replicare un effetto "colore" senza passare da una descrizione comprensibile della realtà? Per i colori manca anche questa descrizione matematica, al dire il vero, per cui ci troviamo forse anche piu lontani da una conoscenza dei sistemi mentali, ma resta l'analogia. Se esistesse una descrizione matematica della mente che non rende conto di una descrizione classica (come io vorrei), possiamo pensare che la mente sia un effetto di un mondo non classico solo perche abbiamo di esso solo una descrizione matematica? Non so se ho reso bene la domanda. Analogamente noi abbiamo i nostri strumenti classici ma solo una descrizione matematica dei sistemi che misuriamo, perche dovremmo pensare di essere in una situazione diversa solo perchè utilizziamo strumenti (matematici) che non descrivono la realtà in modo classico?

Beh qui ci sono varie cose da considerare. Anzitutto i concetti di "energia", "massa", "velocità" nascono, dopotutto, per descrivere esperienze (relativamente) semplici come, per esempio, il moto dei gravi. Già applicare questi concetti a sistemi più complessi (e inerti) è tremendamente difficile. Si può, per esempio, ridurre il comportamento di un sistema macroscopico alla configurazione microscopica? "Nì", nel senso che effettivamente alcune proprietà si spiegano facilmente, ma altre no. Se consideriamo la transizione di fase dell'acqua da liquido a gas, dobbiamo tener conto di proprietà emergenti e non è detto che esse siano riducibili a quelle "microscopiche". Se poi andiamo nel regno degli esseri viventi dobbiamo introdurre altri concetti, tant'è che descrivere il movimento di una pianta in termini della cinematica e dinamica di tutti le molecole che la compongono ha poco senso. Per quanto riguarda la nostra mente possiamo correlare le proprietà delle aree del cervello con il "contenuto" della nostra esperienza. Possiamo correlare il "senso della soggettività" con l'attività cerebrale (per esempio dicendo che se una determinata area non è attiva, la consapevolezza cessa) ma questo è ben lontano da spiegare in termini "materialistici" la soggettività. Se anche riuscissimo a costruire una teoria matematica che spiega l'attività cerebrale (e di conseguenza le correlazioni con la nostra esperienza soggettiva) questo è ben lontano da dare una teoria "illustrativa" della nostra mente. Possiamo però immaginarci un giorno che una teoria illustrativa possa essere fatta e formalizzata in forma matematica (anche se sinceramente, ne dubito).

Riguardo al discorso dei colori. Vediamo rosso quando l'occhio viene colpito da fotoni di una certa lunghezza d'onda. Ma questo ci dice semplicemente che c'è una correlazione tra la nostra esperienza del rosso con il fenomeno materiale in questione. Ma si potrebbe fare, come ben dici tu, un'altra descrizione (che probabilmente non potrà mai essere formulata matematicamente). Ovvero? Dire che la "realtà" è colorata, ci sono "realmente" i suoni, i gusti e così via. In sostanza: le sensazioni non sono "meno reali" della materia. Questo implica che la nostra esperienza soggettiva è da considerarsi non meno reale (seppur diversamente "reale") della realtà materiale. Se ciò è vero allora la descrizione "classica" e quella che parte dalla "fenomenologia" (da "fenomeno"= ciò che appare, apparenza) sono entrambe legittime, entrambe possono essere utilizzate per spiegare almeno un aspetto della realtà. Non è possibile spiegare completamente una descrizione con i concetti provenienti dall'altra ma questo non infica la validità delle due descrizioni. Perchè una descrizione "oggettiva" della mia esperienza mi da una comprensione reale delle cose e una "soggettiva" no? Personalmente le trovo entrambe legittime e utili ma entrambe parziali. L'assunzione che la nostra esperienza soggettiva possa essere davvero "illustrata" da una teoria matematica che si basa su concetti "classici" mi sembra che nasca dall'assunzione che i nostri concetti possano sempre "andare oltre" il contesto in cui sono nati e spiegare un contesto che è completamente diverso. Lo stesso per la MQ, posso capire l'esigenza di "realismo" - visto che per certi aspetti la condivido - ma volere a tutti i costi che i nostri concetti classici ci possano dare un "ritratto" della realtà mi sembra limitante. Lo stesso vale per la nostra esperienza soggettiva. Concordo che ci siano indubbie correlazioni ma dire che le "apparenze" della nostra esperienza (dette anche "sensazioni") in realtà "non esistono" o sono completamente spiegabili con i concetti "classici" mi pare esagerato.

Personalmente questa prospettiva mi rende più "distaccato" anche riguardo alle "visioni delle cose", alle descrizioni della realtà. Non nego che si possano fare descrizioni parziali della realtà legittime che si basano su convenzioni* anch'esse legittime ma "dimenticarsi" della parzialità può portare al dogmatismo, al voler che la realtà in toto "concorda" con la nostra "mappa" sempre e comunque. Questo può portare a bloccare il progresso scientifico stesso perchè non si riesce ad "abbandonare" la convinzione che la nostra "mappa" sia sempre applicabile.

*in fin dei conti l'aspetto convenzionale dei concetti classici è innegabile. In fin dei conti si sono definiti a posteriori utilizzando un determinato modo di ragionare applicato all'esperienza. Come dicevo in precedenza in questa discussione la convenzionalità non toglie la legittimità, nel senso che il loro essere convenzionali non infica la validità di applicarli alla nostra esperienza. Allo stesso tempo però i nostri concetti non ci danno la "totalità", una descrizione delle cose perfetta. Ma questo non significa che la realtà sia un caos, dove le cose accadono senza alcuna regolarità. In realtà è proprio questa Regolarità che ci permette di fare delle valide descrizioni parziali basate su concetti convenzionali.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Il_Dubbio

Citazione di: Apeiron il 09 Aprile 2018, 12:33:53 PM

*in fin dei conti l'aspetto convenzionale dei concetti classici è innegabile. In fin dei conti si sono definiti a posteriori utilizzando un determinato modo di ragionare applicato all'esperienza. Come dicevo in precedenza in questa discussione la convenzionalità non toglie la legittimità, nel senso che il loro essere convenzionali non infica la validità di applicarli alla nostra esperienza. Allo stesso tempo però i nostri concetti non ci danno la "totalità", una descrizione delle cose perfetta. Ma questo non significa che la realtà sia un caos, dove le cose accadono senza alcuna regolarità. In realtà è proprio questa Regolarità che ci permette di fare delle valide descrizioni parziali basate su concetti convenzionali.

Attenzione!  :P
Come dicevo nel post precedente (o forse il penultimo), dovremo metterci d'accordo su cosa è un concetto classico. Poi chiarirci quali sono quelli che in una descrizione matematica (di qualsiasi teoria, sia quella della meccanica quantistica, o quella della mente, o quella del tempo) sembrano non emergere. Poi ci sono alcune che non emergono perche non abbiamo (come tu dici) nozioni classiche che possiamo appiccicare a quelle matematiche, altre invece che non emergono perche sono assenti.

Vogliamo fare una cosa utile? Facciamo un elenco di concetti classici e li distinguiamo a destra quelli che non emergono a sinistra quelli che sono esclusi.

Prendiamo ad esempio il primo elemento: il realismo
Questo lo dobbiamo mettere a sinistra tra gli esclusi con buona pace di Einstein. Non per niente le proprietà intrinseche a cui si riferiva Einstein io le ho messe definitivamente tra quelle effimere.
*nota che ho scritto nei primi post, come risposta ad epicurus, un problema concreto basato sull'entangled

Prendiamo il secondo elemento classico che piaceva ad Einstein la località. Anche questo, se teorema di bell ed esperimenti sulle disuguaglianze sono esatte, va messo a sinistra tra quelle escluse in manierta definitiva.

Secondo te cosa ci rimane di classico da considerare? Non è per caso il determinismo?
Questo io lo metto a destra tra quelli che non emergono.

Non emergere non vuol dire che sia assente.

Ora ricapitoliamo, torniamo indietro. Abbiamo detto che il tempo in meccanica quantistica è una roba differente dal concetto classico.
Prima di tutto la funzione d'onda è un ente matematico. Evolve nel tempo, ma no in un tempo classico. Il tempo in m.q. è un parametro, non è descritto come una dimensione.
Poi comunque non possiamo parlare di oggetti classici che evolvono, perche abbiamo escluso in partenza il realismo.
Ci rimane da capire in motivo per cui una volta venuti a contatto con uno strumento di misura si "materializzano".
Abbiamo escluso anche il localismo. Questo forse è piu difficile da spiegare. Per Einstein era essenziale (io vado a ruota, poi se noti imprecisioni li rimetti a posto ;) ) che ciò che succede qua non può influenzare istantanemanete un evento lontano. Mentre la meccanica quantistica è non-locale. Questo però ovviamente non contraddice in modo netto il determinismo. Infatti il determinismo l'ho messo a destra tra gli elementi classici che non emergono.

Di questo elemento possiamo farne a meno?

p.s.
Lo stesso giochino possiamo farlo con il tempo.
Indichiamo gli elementi che crediamo siano importanti, vediamo quelli che sono esclusi (anche dalla stessa teoria classica della relatività) e quelli che non emergono.
Alla fine dovremo arrivare ad un punto e considerare solo ciò che rimane delle nostre idee "classiche" sul tempo e quelle che invece non emergono.
Al momento non mi viene in mente una cosa importante che non sia passata dalla parte sinistra del mio giochino.  ::)

Apeiron

#89
@Il_Dubbio,

anzitutto, perdona il ritardo nella risposta!

Più che di "emergenza" dei concetti classici, parlerei proprio di "derivazione degli stessi dall'esperienza".

Citazione di: Il_Dubbio il 09 Aprile 2018, 17:14:00 PM
Citazione di: Apeiron il 09 Aprile 2018, 12:33:53 PM*in fin dei conti l'aspetto convenzionale dei concetti classici è innegabile. In fin dei conti si sono definiti a posteriori utilizzando un determinato modo di ragionare applicato all'esperienza. Come dicevo in precedenza in questa discussione la convenzionalità non toglie la legittimità, nel senso che il loro essere convenzionali non infica la validità di applicarli alla nostra esperienza. Allo stesso tempo però i nostri concetti non ci danno la "totalità", una descrizione delle cose perfetta. Ma questo non significa che la realtà sia un caos, dove le cose accadono senza alcuna regolarità. In realtà è proprio questa Regolarità che ci permette di fare delle valide descrizioni parziali basate su concetti convenzionali.
Attenzione! :P Come dicevo nel post precedente (o forse il penultimo), dovremo metterci d'accordo su cosa è un concetto classico. Poi chiarirci quali sono quelli che in una descrizione matematica (di qualsiasi teoria, sia quella della meccanica quantistica, o quella della mente, o quella del tempo) sembrano non emergere. Poi ci sono alcune che non emergono perche non abbiamo (come tu dici) nozioni classiche che possiamo appiccicare a quelle matematiche, altre invece che non emergono perche sono assenti. Vogliamo fare una cosa utile? Facciamo un elenco di concetti classici e li distinguiamo a destra quelli che non emergono a sinistra quelli che sono esclusi. Prendiamo ad esempio il primo elemento: il realismo Questo lo dobbiamo mettere a sinistra tra gli esclusi con buona pace di Einstein. Non per niente le proprietà intrinseche a cui si riferiva Einstein io le ho messe definitivamente tra quelle effimere. *nota che ho scritto nei primi post, come risposta ad epicurus, un problema concreto basato sull'entangled Prendiamo il secondo elemento classico che piaceva ad Einstein la località. Anche questo, se teorema di bell ed esperimenti sulle disuguaglianze sono esatte, va messo a sinistra tra quelle escluse in manierta definitiva. Secondo te cosa ci rimane di classico da considerare? Non è per caso il determinismo? Questo io lo metto a destra tra quelli che non emergono. Non emergere non vuol dire che sia assente.


Personalmente per "concetti classici", intendo quelli che derivano direttamente dall'osservazione, come velocità, posizione, tempo, energia e così via. In sostanza sono tutti quei concetti che possono derivare dall'osservazione "sensoriale". Dopotutto, anche quando si usano strumenti come i microscopi, per interpretare le osservazioni si usano proprio questi concetti.  Ovvero quelli su cui ci si può mettere d'accordo. Sono "oggettivi" non nel senso che sono necessariamente proprietà delle "cose" ma sono "oggettivi" nel senso di "intersogettivi": ovvero si può avere un accordo tra i soggetti.
Questo paper è molto interessante https://www3.nd.edu/~dhoward1/Classcon.pdf. In sostanza il punto dell'oggettività non è quello di postulare una realtà metafisica ma avere l'indipendenza dall'individuo (questa è la differenza tra "relativismo" e "inter-soggettivismo"...)

Ergo, tutti i concetti utilizzati nell'analisi "pre-quantistica"  e "pre-relativistica" sono stati presi come fondamento dell'interpretazione dei risultati perchè su di essi tutti erano d'accordo (grazie agli esperimenti! - quindi non sono arbitrari). ****

Nota che l'intersoggettività non implica il "realismo". E nemmeno la località.

Per la questione dell'emergenza, sì concordo che il determinismo è emergente (eccetto per il libero arbitrio degli esseri umani e probabilmente di alcuni animali (se non tutti...)), così come molto altro, compresa la località. Secondo me le nostre due definizioni di "concetto classico" sono molto simili, nel senso che per me derivano dall'esperienza immediata. Per te sono emergenti. Tuttavia l'esperienza immediata è "emergente".

Citazione di: Il_Dubbio il 09 Aprile 2018, 17:14:00 PM
Ora ricapitoliamo, torniamo indietro. Abbiamo detto che il tempo in meccanica quantistica è una roba differente dal concetto classico. Prima di tutto la funzione d'onda è un ente matematico. Evolve nel tempo, ma no in un tempo classico. Il tempo in m.q. è un parametro, non è descritto come una dimensione. Poi comunque non possiamo parlare di oggetti classici che evolvono, perche abbiamo escluso in partenza il realismo. Ci rimane da capire in motivo per cui una volta venuti a contatto con uno strumento di misura si "materializzano". Abbiamo escluso anche il localismo. Questo forse è piu difficile da spiegare. Per Einstein era essenziale (io vado a ruota, poi se noti imprecisioni li rimetti a posto ;) ) che ciò che succede qua non può influenzare istantanemanete un evento lontano. Mentre la meccanica quantistica è non-locale. Questo però ovviamente non contraddice in modo netto il determinismo. Infatti il determinismo l'ho messo a destra tra gli elementi classici che non emergono. Di questo elemento possiamo farne a meno? p.s. Lo stesso giochino possiamo farlo con il tempo. Indichiamo gli elementi che crediamo siano importanti, vediamo quelli che sono esclusi (anche dalla stessa teoria classica della relatività) e quelli che non emergono. Alla fine dovremo arrivare ad un punto e considerare solo ciò che rimane delle nostre idee "classiche" sul tempo e quelle che invece non emergono. Al momento non mi viene in mente una cosa importante che non sia passata dalla parte sinistra del mio giochino. ::)

Riguardo al tempo... Per la fisica "pre-relativistica" il tempo non è necessariamente interpretabile come una dimensione. E anzi non credo che era l'interpretazione più diffusa tra gli scienziati pre-Einsteiniani (o meglio, "pre-Minkowskiani"). Certamente la posizione di allora era che la simultaneità non era "relativa". Ma questo è un altro discorso, in realtà, visto che ad essere precisi nella meccanica quantistica "non-relativistica" il tempo ha le stesse proprietà di quello Newtoniano. Chiaramente Newton, da quanto ricordo, sosteneva che il tempo "scorre" anche se non ci sono cambiamenti. In questo senso è "reale" per Newton. Ad ogni modo, "reificare" il tempo nella fisica (classica e quantistica) non-relativistica non è necessario. In sostanza è proprio la relatività che ci suggerisce che lo spazio-tempo sia un "qualcosa" di indipendente (lo si vede di più anche nella relatività generale...). Ma d'altro canto la "non-località" della MQ sembra suggerisce altro! ::)

Riguardo alla "materializzazione", beh concordo che effettivamente è piuttosto "strano". Tuttavia, possiamo sempre pensare che i concetti che deduciamo dall'esperienza si possano applicare solo alla misura: questo significa che la "realtà quantistica" potrebbe essere, effettivamente, "oggettiva" nel senso "di indipendenti da noi" - tuttavia una volta che procediamo con la misura non possiamo più considerare separati lo strumento di misura e "l'oggetto" misurato. Questa correlazione potrebbe essere sufficiente per spiegare la "materializzazione".

Secondo me un esempio di concetto classico che è presente in tutti gli ambiti della fisica è "Regolarità"  ;D se non ci fosse, in fin dei conti, come potremmo sperare in una descrizione (magari parziale, approssimata ecc) quantitativa?

Purtroppo il link è in inglese (su queste cose - e non solo su queste - in Italiano sfortunatamente si trova pochissimo)

Modifica:
****: ho rimosso un breve commento mio che poteva essere male interpretato.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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