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Filosofia e vita vissuta

Aperto da sgiombo, 03 Marzo 2018, 09:50:53 AM

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sgiombo

Mi sono sempre considerato innanzitutto un filosofo ("naif", non un professore di filosofia, che é ben altra cosa).

Da gran tempo seguo Epicuro nel considerare desiderabile la felicità e non la (quantità della) vita purchessia (ma invece la sua qualità), e detestabile, da evitare l' infelicità, non la morte in ogni caso.
E, come più volte scritto anche in questo forum, mi é "sempre" piaciuto immaginare (ottimisticamente!) di finire la mia complessivamente felice esistenza dandomi la morte (magari dopo aver mangiato del' ottimo cioccolato gianduia alle nocciole, bevuto un buon bicchiere di vino e ascoltando piacevolissime musiche) con una forte dose di barbiturici o analoghi sonniferi allorché mi accorgessi che il tempo che mi rimanesse fosse ragionevolmente da ritenersi con ogni probabilità più carico di dolore che di felicità.

Recenemente sono stato affetto fa una influenza particolarmente forte, con complicazione batterica, che molto mi ha fatto soffrire soggettivamente e che credo di poter dire (alla mia non più tenera età di 65 anni, per cui avevo deciso di vaccinarmi; ma poi, rimanda oggi e rimanda domani, é arrivata prima l' infezione!) mi ha fatto correre il rischio di morire.

Credo di avere imparato da questa esperienza qualcosa di non banale, che ha scosso notevolmente il mio precedente ottimismo.

Innanzitutto i casi della vita sono così imprevedibili che non é improbabile che una malattia mortale accompagnata da non trascurabili sofferenze mi (ci) colga "all' improvviso", senza che vi sia il tempo di prevenire il relativo carico di dolore con l' eutanasia.

Inoltre prima probabilmente, sentendomi presuntuosamente forte e sano, ero anche troppo freddo e indifferente, troppo duro verso i miei cari, la cui meravigliosa presenza e il cui sostegno morale ho apprezzato proprio nel momento in cui si palesava la mia debolezza e fragilità.

Giunto a questo punto della mia vita mi sentirei appagato di ciò che ho fatto, a posto con a mia coscienza e complessivamente felice, ragion per cui sarebbe del tutto ragionevole provvedere subito a darmi l' eutanasia, dal momento che ulteriori gioie e soddisfazioni non aumenterebbero sostanzialmente la complessiva felicità della mia vita (non me ne potrei aspettare alcun "salto di qualità" in tal senso), mentre é del tutto ragionevole pensare che dalla mia ulteriore sopravvivenza potrebbero derivare in netta preponderanza sofferenze e dolori.
Ma in questo modo (cosa che prima di questa dura esperienza tendevo colpevolmente a ignorare) arrecherei dolore ai miei cari e li danneggerei in molti modi (dalla banale ma non irrilevante, a essere realisti, perdita della mia discreta pensione a quella certamente più importante della mia presenza, della mia saggezza -per quel poco che ne ho- del mio possibile aiuto in caso di bisogno, del mio affetto).
E questo lo sento come profondamente ingiusto, cattivo, "infelicitante (anche me stesso)" se da me attuato.
Credo di avere imparato amaramente (dalla vita, e non dallo studio, non dalla filosofia) che la vita può anche essere crudele, anche la mia propria che finora é stata complessivamente molto fortunata e felice.
E che non esistono, come prima mi illudevo fosse, scorciatoie in grado di evitare il rischio del dolore e dell' infelicità in futuro.
Che bisogna rassegnarsi e cercare di essere sempre pronti ad affrontarla.
D' altra parte, secondo quanto ne raccontano i discepoli, Epicuro stesso accettò di vivere fino a tarda età malgrado gli inevitabili acciacchi e sofferenze che ciò avrebbe comportato e morì tra atroci dolori per insufficienza renale ostruttiva (da ipertrofia prostatica probabilmente, oppure da ostruzione litiasica dell' uretra, come é facile diagnosticare dal loro racconto), ma serenamente per aver coltivato a lungo l' amicizia dei frequentatori del Giardino ed averli aiutati a vivere a loro volta felicemente.

iano

Non mi pare ci sia altro da aggiungere.
Felice di averti ancora qui con noi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

sgiombo

Citazione di: iano il 03 Marzo 2018, 13:50:46 PM
Non mi pare ci sia altro da aggiungere.
Felice di averti ancora qui con noi.
CitazioneTi ringrazio di tutto cuore!

Probabilmente é il sentirsi ben voluti la cosa che rende più bella e degna di essere vissuta la vita (l' avevo già notato nel mio gatto, ma mi pare di potere estendere la considerazione alla vita in toto e in particolare alla vita umana).

Eutidemo

Caro Sgiombo,
questa volta condivido pressochè tutto quello che hai scritto, e, soprattutto, il fatto di  considerare desiderabile la qualità della vita, e non la sua quantità; la vita è come una poesia, meglio breve e bella, che lunga e brutta.
Cos'altro ci sarebbe da aggiungere, per esempio, a questa? "M'illumino d'immenso!"
Prima di morire, però, io preferirei di gran lunga una barretta di cioccolato LINDT EXCELLENCE Noir "Orange Intense", perchè quello alla nocciola non mi è mai piaciuto.
Comunque sono perfettamente d'accordo circa il suicidio, che non ritengo affatto una follia, bensì, al contrario, l'atto più lucido e razionale che -in determinate circostanze- un uomo possa compiere; inoltre, secondo me, è MOLTO meno rischioso essere morto, e, quindi, in condizione di non poter più rimpiangere di non essere più vivo, che essere ancora vivo, ma in condizione di  dover rimpiangere di non essere ancora morto (come il mio caro amico Paolo, paralizzato dalla SLA).😟
Circa il miglior modo di togliersi la vita, invece, ci sono varie opinioni al riguardo; io, volendo, potrei usare il mio revolver S&W calibro 357 MAGNUM, però non è un sistema assolutamente sicuro...e, soprattutto, non è un modo molto "pulito" di morire.
Dopo attenta riflessione, invece, sono pervenuto alla conclusione che il modo migliore per suicidarsi -avendone la possibilità- sarebbe il seguente:
- recarsi in un albergo di alta montagna, possibilmente in prossimità di un ghiacciaio, ad una temperatura esterna di almeno 5/6 gradi sotto lo zero;
- allontanarsi verso l'una notte, in un bosco, portando con se almeno 2 bottiglie di vodka (possibilmente quella polacca, la "Spyritus", 96% vol.);
- in un posto ben nascosto e lontano dall'albergo, sdraiarsi sulla neve e cominciare a bere "a garganella";
- sebbene l'alcool dia una gradevole sensazione di tepore, è solo un'illusione, perchè nel giro di un'ora o due il corpo va comunque in "ipotermia", senza quasi accorgersene;
- a causa della scarsa ossigenazione del cervello, dovuta al rallentamento del metabolismo ed alla fibrillazione atriale, però, dopo una gradevole sensazione di stordimento dovuta all'acool, si scivola dal sonno alla morte nel modo meno doloroso possibile. 
Non è solo un'ipotesi, ma, purtroppo, una triste realtà sperimentata dai nostri centomila morti in Russia; la maggior parte dei quali, ubriachi, si è lasciata volontariamente scivolare il un piacevole assideramento, ignorando gli incitamenti a rialzarsi ed a proseguire la marcia da parte dei compagni. :'(
Tale metodo (se ben architettato), tra l'altro, presenta l'ulteriore vantaggio di consentire ai familiari di riscuotere una eventuale assicurazione della vita; ed infatti in un caso del genere, per i periti dell'assicurazione sarebbe alquanto arduo dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che si è trattato di un suicidio. ;)
Comunque, almeno per ora, lungi da me l'idea di togliermi la vita, in quanto, pur avendo subito l'asportazione di un rene a causa di un carcinoma (2003), poi della prostata (2012) e infine di un tumore al cervello (2013), in fin dei conti, a parte il fatto che ho mezzo cranio di plastica, non me la passo poi tanto male!
L'influenza annuale, infatti, finora, l'ho sempre evitata facendo ogni anno il dovuto vaccino! ;D
Però, viste le mie esperienze, ho realizzato ESATTAMENTE, quello che hai realizzato tu: e, cioè, che i casi della vita sono così imprevedibili che non é improbabile che una malattia mortale accompagnata da non trascurabili sofferenze ci colga "all' improvviso", senza che vi sia il tempo di prevenire il relativo carico di dolore con l' eutanasia.
Ed ho fatto pure il tuo stesso identico ragionamento: cioè che, forse, in fondo, sarebbe del tutto ragionevole provvedere subito a darmi l' eutanasia, dal momento che ulteriori gioie e soddisfazioni non aumenterebbero sostanzialmente la complessiva felicità della mia vita, mentre é del tutto ragionevole pensare che dalla mia ulteriore sopravvivenza potrebbero derivare in netta preponderanza sofferenze e dolori.
Anzi, invecchiando, direi che è pressochè certo, perchè, come diceva Cicerone: "Senectus ipsa morbus est!"
Non ho cambiato una virgola di quello che hai scritto, perchè sottoscrivo tutto parola per parola.
Però, se mi consenti, io aggiungerei una ulteriore riflessione: la vita, anche quando ci va tutto per il verso giusto, è come un gradevolissimo  "picnic" su un lago ghiacciato a primavera...come fai a gustarti il pranzo, sapendo che, da un momento all'altro, il ghiaccio si può rompere?
Ma, ancora peggio, quando sai che si può rompere in modo diversi; cioè, o uccidendoti subito quasi senza dolore, ovvero in modo lento e doloroso (come accade, più o meno, nel 90% dei casi)!
Come nel caso di un mio amico, che, da tre anni, ormai completamente paralizzato (una mente lucida sepolta in un corpo immobile) in un letto di ospedale, sta MOLTO lentamente morendo di sclelosi laterale amiotrofica!
Però, come te, anche io ho le tue stesse remore riguardanti i familiari, che, se mi suicidassi, soffrirebbero immensamente; e, per tale ragione, anche io sento un eventuale suicidio come profondamente ingiusto, cattivo, ed "infelicitante" anche per me stesso.
Per cui, come dicevo sopra, per adesso a suicidarmi non ci penso proprio!!!
Però, se mi dovessero diagnosticare un male orribile senza plausibile speranza di salvezza (come, appunto, la SLA), penso proprio che, "forse", mi toglierei subito la vita; ed infatti, visto che, tanto, i miei familiari dovrebbero comunque soffrire vedendomi morire atrocemente, tanto varrebbe farla finita subito, abbreviando sia la mia sofferenza che la loro!
O sbaglio?

Jean

Caro amico,

diverse ragioni (anche di salute, per cui ben ti comprendo) mi han fatto decidere di dismettere la frequentazione del forum quando avessi raggiunto i 300 post.

L'ultimo post scritto (30 dicembre dell'anno scorso) era per la (mia) discussione al di là dell'aldilà, e già lo stavo inviando quando mi son accorto che il mio totale non era 299 bensì 298...

Raramente erro con i numeri, così ho pensato che per qualche motivo sia stato eliminato un mio precedente post... poco importa, non mi son dato pena di scoprir quale... ma, accidenti, me ne mancava ancor uno..!

Considerandolo un segno del destino mi son detto che l'avrei scritto quando avessi sentito di poter dire qualcosa di significativo... o intervenire su qualcosa di significativo...

Bene, quel momento è alfine giunto a causa di quanto hai qui scritto e che ho apprezzato grandemente, dimostrando d'esser andato al di là di quelli ch'erano i tuoi convincimenti.

Quanto ho letto mi conferma dell'opinione che avevo di te: tanta sostanza in superficie... in attesa d'esser allagata da quella in profondità, d'altro tipo.

Son davvero contento d'averti conosciuto e frequentato e ti dedico questo mio ultimo post augurandoti innumerevoli anni a venire, parafrasando gli aforismi che ben conosci...


Essere è percepire che tutte le determinazioni lo negano.



Con affetto,

Jean




(PS- qualcosa d'ironico... qual luogo migliore di questo... https://youtu.be/LXJQUYjfW2E)

Eutidemo

Citazione di: Jean il 03 Marzo 2018, 16:19:53 PM
Caro amico,

diverse ragioni (anche di salute, per cui ben ti comprendo) mi han fatto decidere di dismettere la frequentazione del forum quando avessi raggiunto i 300 post.

L'ultimo post scritto (30 dicembre dell'anno scorso) era per la (mia) discussione al di là dell'aldilà, e già lo stavo inviando quando mi son accorto che il mio totale non era 299 bensì 298...

Raramente erro con i numeri, così ho pensato che per qualche motivo sia stato eliminato un mio precedente post... poco importa, non mi son dato pena di scoprir quale... ma, accidenti, me ne mancava ancor uno..!

Considerandolo un segno del destino mi son detto che l'avrei scritto quando avessi sentito di poter dire qualcosa di significativo... o intervenire su qualcosa di significativo...

Bene, quel momento è alfine giunto a causa di quanto hai qui scritto e che ho apprezzato grandemente, dimostrando d'esser andato al di là di quelli ch'erano i tuoi convincimenti.

Quanto ho letto mi conferma dell'opinione che avevo di te: tanta sostanza in superficie... in attesa d'esser allagata da quella in profondità, d'altro tipo.

Son davvero contento d'averti conosciuto e frequentato e ti dedico questo mio ultimo post augurandoti innumerevoli anni a venire, parafrasando gli aforismi che ben conosci...


Essere è percepire che tutte le determinazioni lo negano.



Con affetto,

Jean




(PS- qualcosa d'ironico... qual luogo migliore di questo... https://youtu.be/LXJQUYjfW2E)


Caro Jean,
mi dispiace molto che tu abbandoni il FORUM :(
Non c'è modo di convincerti a restare, magari diradando un po' i tuoi interventi? ;)

sgiombo

#6
Citazione di: Eutidemo il 03 Marzo 2018, 18:05:01 PM
Citazione di: Jean il 03 Marzo 2018, 16:19:53 PM
Caro amico,

diverse ragioni (anche di salute, per cui ben ti comprendo) mi han fatto decidere di dismettere la frequentazione del forum quando avessi raggiunto i 300 post.

L'ultimo post scritto (30 dicembre dell'anno scorso) era per la (mia) discussione al di là dell'aldilà, e già lo stavo inviando quando mi son accorto che il mio totale non era 299 bensì 298...

Raramente erro con i numeri, così ho pensato che per qualche motivo sia stato eliminato un mio precedente post... poco importa, non mi son dato pena di scoprir quale... ma, accidenti, me ne mancava ancor uno..!

Considerandolo un segno del destino mi son detto che l'avrei scritto quando avessi sentito di poter dire qualcosa di significativo... o intervenire su qualcosa di significativo...

Bene, quel momento è alfine giunto a causa di quanto hai qui scritto e che ho apprezzato grandemente, dimostrando d'esser andato al di là di quelli ch'erano i tuoi convincimenti.

Quanto ho letto mi conferma dell'opinione che avevo di te: tanta sostanza in superficie... in attesa d'esser allagata da quella in profondità, d'altro tipo.

Son davvero contento d'averti conosciuto e frequentato e ti dedico questo mio ultimo post augurandoti innumerevoli anni a venire, parafrasando gli aforismi che ben conosci...


Essere è percepire che tutte le determinazioni lo negano.



Con affetto,

Jean




(PS- qualcosa d'ironico... qual luogo migliore di questo... https://youtu.be/LXJQUYjfW2E)


Caro Jean,
mi dispiace molto che tu abbandoni il FORUM :(
Non c'è modo di convincerti a restare, magari diradando un po' i tuoi interventi? ;)
CitazioneMi associo convintamente a questa richiesta.
E ringrazio di cuore entrambi e altri amici del forum che mi hanno messaggiato privatamente per gli apprezzamenti verso le mie considerazioni e la sollecitudine per la mia salute, che mi ha quasi commosso.

Ma chi L' ha detto che gli incontri in Internet sono sempre necessariamente freddi e privi di umanità???

A Eutidemo vorrei dire in particolare che con i progressi recenti e tutt' ora in atto della medicina, che rischiano di prolungare vite quasi esclusivamente dolorose, il testamento biologico e il diritto all' eutanasia sono assolutamente e urgentemente necessari anche da noi in Italia.


P.S.: Davvero spassoso Pangallo!

cvc

Un saluto a Sgiombo il cui post é un manifesto all'onestà di pensiero che peraltro l'ha sempre contraddistinto.
Esorto anch'io Jean a ripensarci, che avrà mai sto 300 di particolare? Sempre enigmatico....
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Eutidemo

Caro Sgiombo,
per fortuna il 31 gennaio 2018, è entrata in vigore la LEGGE 22 dicembre 2017, n. 219, in base alla quale chiunque ha  il  diritto  di  rifiutare la terapia che lo tiene forzatamente in vita, tramite la   nutrizione artificiale l'idratazione artificiale ecc.; c'è già chi ha chiesto l'applicazione della legge, ed anche il mio amico ci sta pensando. :)
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/1/16/18G00006/sg

Sariputra

#9
Un saluto al caro amico Sgiombo e alla sua ripresa dell'attività sul forum ( se ne sentiva la mancanza veramente...). :)
Anche la mia salute non è granché in questo periodo e infatti ho diradato in questi ultimi giorni la visione dei vari post o i miei interventi...
La sofferenza ci aiuta a crescere ? Spesso, direi di sì...
Cosa s'intende con 'crescere'? Forse comprendere che la sofferenza non è evitabile e che fa parte dell'esistenza. Non è un accidente che ci capita. Esistendo...si soffre!  Però la sofferenza può anche essere un fuoco purificatore. Durante questi periodi spesso conosciamo chi veramente ama e chi invece finge di amare, tra coloro che ci circondano. Soprattutto se si tratta di una lunga e penosa sofferenza...
Il nostro soffrire fa soffrire anche coloro che nutrono vero affetto verso di noi e però li spinge a diventare soggetti attivi d'amore di fronte alla nostra fragile passività, dovuta alla malattia. Se fossimo sopra un'alta torre, e potessimo semplicemente osservare con fredda impersonalità la nostra sofferenza, vedendo agire e mutare l'animo di coloro che magari si affannano verso di noi, forse potremmo quasi definirci dei 'poli d'attrazione' per esercitare ( o fuggire...) la chiamata ad amare...ché "amare", per me, significa in primo luogo 'prendersi cura' di colui che soffre.
Diversamente da @Sgiombo e @Eutidemo io non ho mai veramente pensato o meditato il suicidio, per evitare la sofferenza...
Questo perché, contrariamente a loro, ritengo che l'elemento coscienza/vinnana che si è manifestato attraverso questo aggregato chiamato 'corpo', non cessa d'esistere con la morte fisica ma cerca di riprendere 'forma' in un nuovo "calore", in un nuovo utero...
Diventa perciò di fondamentale importanza anche il "come" l'elemento coscienza vive la morte dell'aggregato corpo, perché questo va a influire sull'intero "processo" di ri-nascita della coscienza/vinnana...
Ma queste , ovviamente, sono solo idee personali, basate su 'ricordi', sensazioni, intuizioni o altro di ben poco dimostrabile... :)
E, in verità, ognuno di noi è solo di fronte a certe scelte, ma nello stesso tempo non lo è, perché ogni nostra scelta incide nella vita e nella coscienza di coloro che ci amano...


P.S. Anch'io mi unisco all'invito rivolto all'amico Jean di riprendere l'attività e la frequentazione del forum.
      Nello stesso tempo, per l'amicizia che mi lega a lui, comprendo anche la sua scelta, di cui credo d'intuire i motivi...
      E lui sa che molti di questi motivi...sono anche miei...


P.P.S.  Consiglio all'amico Sgiombo di tardare un pò a tirar fuori la motocicletta dal garage quest'anno. Almeno sino a Maggio...il primo mese senza la "R" ( di raffreddamento... ;D ).
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

green demetr

Caro Sgiombo,

sono contento che sei riuscito a riprenderti, intanto quello, che per quel poco che conta è tutto quello che conta, e poi spero sarai pronto per altre "mille" battaglie intellettuali. ;)

intellettualmente anche noi siamo tuoi figli...ricordalo!  :-[
Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

All'amico Sgiombo un augurio di buon ritorno per nuove discussioni da "incazzature".
La malattia è parte della sanità del corpo, quanto il veleno ha un suo antidoto, così come
la convalescenza dopo la malattia, il riprendere forze ci fa capire l'armonia.

Non nasciamo per nostra consapevolezza e la morte la considero la fatica del vivere. Lascio alla vita il suo percorso.
Ma capisco la sofferenza e il dolore e per me la libertà rimane sacra nelle proprie scelte, allorchè non arrechi danno altrui,
E la dipartita di qualcuno volontaria dal mondo la ritengo in qualche modo una sconfitta per coloro che vi rimangono nel mondo.

Al buon Jean dico "mai dire mai".
Anch'io  dirado i miei interventi nel forum, e ognuno è affaccendato alle sue faccende , alle sue passioni.Ma del "diman" nessuno può dire,
Lascio anche quì il corso degli eventi.Mi spiacerebbe molto non aver più a che fare con il creatore del "Buddha cafè"
e dell'"Hotel Logos",con Jean ho una certa affinità elettiva che subito scorsi al suo apparire nel forum, la sua visione il suo modo di scrivere così empatico con quella leggerezza e allo stesso tempo profondità.

Un abbraccio ai "veci" del forum Sgiombo e Jean; ognuno dia quello che può e nei suoi tempi che ritene opportuno.

Jacopus

Cosa dire ancora che non è stato già detto? Mi limito ad augurare una completa guarigione a Sgiombo, così da poter sfoderare altri duelli dialettici, magari levigati da questa nuova interlocutrice, implacabile ma inevitabilmente così connessa alla vita, da poter essere considerata l'alter ego lunare della nostra madre.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Apeiron

#13
Ciao amico @sgiombo,

anzitutto bentornato! Si sentiva la tua mancanza ;) spero che adesso tu stia meglio! Non vedo l'ora per poter conversare ancora in questo "Giardino epicureo virtuale".


Segue una riflessione sulla "sofferenza" e la "contingenza" della vita. Molto personale e molto "dura" (non è stato facile scriverla :(  più che altro perchè è difficile farle diventare non una semplice filosofia ma incorporarle nella "vita vissuta" :( )...


Riguardo alla "sofferenza". Sì, concordo col @Sari, non possiamo in alcun modo sfuggire alla "sofferenza", qualsiasi sua forma. A volte la sofferenza si manifesta in modo terribile come nel caso della paralisi citato da @Eutidemo. A volte si manifesta in modo assai meno evidente ma ciononostante piuttosto terribile, come ad esempio la depressione o qualcosa di simile. Ovvero quando per esempio ci sentiamo abbandonati, isolati, disperati e così via. E naturalmente talvolta le malattie "del corpo" influiscono sulla mente: ovvero a volte è proprio una malattia fisica che ci fa capire la realtà della nostra esistenza, ovvero il fatto che la sofferenza in realtà è sempre dietro l'angolo. Il "pericolo" è ovunque. Anche quando pensiamo di essere "al sicuro" in realtà siamo esposti al pericolo. Ci può capitare una improvvisa malattia.

Anzi la "sofferenza" è una realtà che solitamente non viene presa seriamente, ma ignorata. O più precisamente viene ignorato ciò che descrivevo qui:
https://www.riflessioni.it/logos/percorsi-ed-esperienze/crisi-esistenziale/ il punto "1" dei miei problemi di allora. I miei peggiori momenti di pessimismo solitamente non vengono da un determinato evento, bensì dalla "contemplazione" del mondo. Sogni distrutti. Progetti che vengono fatti e che vengono improvvisamente mandati all'aria. Persone che investono le loro energie in più o meno nobili aspirazioni. E poi magari all'improvviso un piccolo errore o un intervento "del caso" manda in malora tutto. Questa è la realtà delle cose: la contingenza. "Contingenza" ovvero il poter mutare da un momento all'altro senza alcun preavviso. Quello che si vede è un mondo dominato dalla nascita di esseri viventi che desiderano vivere e vivere bene. Cercano di stare bene. E poi però in un modo o nell'altro non riescono a fuggire dalla sofferenza o dalla morte, il "punto di non ritorno" per antinomasia. Quando contempliamo la morte, vediamo la nostra vita come un "tutt'uno". Tutti i nostri progetti vengono messi in relazione con l'idea che un giorno lasceremo questa vita. Ma guardando oggettivamente il mondo vediamo che questa verità è universale, per tutti gli esseri viventi e anche per i nostri cari. Dunque capendo questo sentiamo freddo e solitudine.
Mi chiedo io, l'umanità se non ignorasse ogni momento la sofferenza avrebbe ancora la forza di continuare progetti? Ma veramente vogliamo ignorare la contingenza della vita per tutta la vita? Sì e talvolta ci riempiamo di impegni, facciamo attività proprio per dimenticarlo.
Eppure la contingenza è lì. Così come una volta che la consapevolezza della contingenza sorge, difficilmente se ne va via. Rimane lì, anche quando decidiamo di ignorarla.

Ci sono contingenze e sofferenze di varia natura. Ma come dice il @Sari, noi abbiamo anche un modo per trasformare la sofferenza: ovvero darle un significato. Non possiamo sfuggire a queste due realtà. Come possiamo dare significato alla sofferenza? Beh, proprio nei momenti più bui apprezziamo l'amore, per esempio. Diamo  significato ad un atto di gentilezza, ad un aiuto. E soprattutto vediamo che i gesti di autentica "buona volontà" e "compassione" prendono molto significato.  Vediamo la natura fragile delle cose e al contempo però grazie a questa fragilità e debolezza comprendiamo l'importanza della buona volontà, della compassione e della consolazione della sofferenza. Un altro modo per dare significato alla sofferenza è anche questo. Soffriamo per vari tipi di cose. Possiamo, per esempio decidere di fare solo le cose che sono importanti nella vita e tralasciare il resto. Se in fin dei conti comprendiamo la contingenza allora ogni momento della nostra vita diventa prezioso. E siccome è prezioso non vogliamo più sprecarlo e cerchiamo l'importante.

Inoltre se estendiamo queste nostre considerazioni agli altri, vediamo la nostra esperienza anche in loro. E proviamo com-passione, ovvero sentiamo che la nostra situazione è analoga alla loro. E forse è proprio questa la base della "morale" e della famosa "regola d'oro". Vedere nell'altro un'esperienza simile alla nostra.

Ciononostante nel mondo dilaga il male. La sofferenza permea il mondo perchè la contingenza permea il mondo. Tuttavia l'uomo è così malvagio che pur comprendendo la natura contingente delle cose a volte si comporta in modo violento aumentando la sofferenza sua e degli altri. Come se la semplice vita esposta ai pericoli "naturali" (ovvero non derivanti dall'azione dell'uomo) ne fosse priva!

Dunque cosa ci può insegnare la "sofferenza"? Beh in realtà molte cose! Per esempio ci può invitare a seguire le cose più importanti e a tralasciare quelle meno importanti. Ci può inoltre far apprezzare molto di più i gesti di autentica "buona volontà".

Riguardo al dopo-la-morte. Anche qui. Ci sembra "ovvio" che dopo alla morte ci sia l'annientamento della coscienza. Tuttavia antichi saggi di ogni parte del globo hanno affermato che la morte non è la fine. Epicuro, che capì molte cose della sofferenza in vita, invece riteneva che la morte era la fine della coscienza e quindi anche della sofferenza. Altri invece non erano d'accordo con Epicuro, la maggior parte direi. E, cosa che ritengo assai interessante, molti di questi hanno legato al dopo-la-morte l'etica in questa vita. Ovvero che il come ci comportiamo in questa vita è talmente importante da avere influenzare non solo l'oggi ma anche il "dopo". In quest'ottica la morale diviene importantissima, in effetti. Da qui si capisce anche come molte religioni hanno come idea centrale la morale, la relazione dell'uomo con una realtà che va oltre la vita "terrena" e anche una forte (in vari modi, più o meno espliciti) consapevolezza della contingenza e della sofferenza. Tuttavia nelle religioni c'è un fortissimo richiamo a vedere le cosein una prospettiva molto più grande della nostra vita. Vediamo le cose sotto la prospettiva di tempi lunghissimi (o "infiniti" addirittura), vediamo la nostra vita da una prospettiva così grande e al tempo stesso la viviamo all'interno. E la morale, l'etica, il "valore" ecc forse nascono dalla contemplazione sotto questa prospettiva più grande. E a volte è proprio la sofferenza a "risvegliarci", a farci guardare le cose sotto questa prospettiva.


Anche se è un po' esagerata la seguente citazione rende l'idea:
«Ad eccezione dell'uomo, nessun essere si meraviglia della propria esistenza... La meraviglia filosofica ... è viceversa condizionata da un più elevato sviluppo dell'intelligenza individuale: tale condizione però non è certamente l'unica, ma è invece la cognizione della morte, insieme con la vista del dolore e della miseria della vita, che ha senza dubbio dato l'impulso più forte alla riflessione filosofica e alle spiegazioni metafisiche del mondo. Se la nostra vita fosse senza fine e senza dolore, a nessuno forse verrebbe in mente di domandarsi perché il mondo esista e perché sia fatto proprio così, ma tutto ciò sarebbe ovvio.» (A. Schopenhauer)


P.S. Anch'io invito @Jean a scrivere ancora sul Forum.
Tuttavia come il @Sari, posso immaginare i motivi. Se sono quelli che penso (non necessariamente coincidenti a quelli che pensa il @Sari ), @Jean hai la mia comprensione nella tua scelta. Però sappi che un tuo eventuale ritorno sarà ben gradito  :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Eutidemo

Riguardo al dopo-la-morte, è "ovvio" che dopo alla morte ci sia l'annientamento della "coscienza individuale". 
E, questo, per una serie di ragioni a mio avviso inoppugnabili, di cui qui elenco solo le due principali:
1) Tutto ciò che ha avuto un inizio deve avere logicamente una fine; e, quindi, poichè la nostra "coscienza individuale", formatasi a poco a poco come un fiore che germoglia, ha avuto un suo inizio, deve necessariamente avere una fine (la quale, a volte, putroppo, sopraggiunge anche prima della morte fisica) .
2) Non è ovviamente possibile sapere <<COSA C'E'>> dopo la morte, ma questo non comporta che non sia possibile neanche sapere cosa <<COSA NON C'E'>>; spesso si tende a confondere le due cose, le quali, invece, sono logicamente MOLTO diverse! ;)
Per cui, per esempio, nessuno nutre ancora credenze tanto puerili e primitive, da lasciare nel sepolcro cibi e bevande, pensando che il defunto se ne possa nutrire nell'aldilà; ed infatti, in assenza di una bocca, di uno stomaco e di un intestino ancora funzionanti, nessuno può mangiare alcunchè, nè successivamente evacuarlo (altrimenti i cimiteri sarebbero ingestibili).
Alla stessa stregua, poichè, alla fin fine, il cervello è un organo alla stregua di tutti gli altri, una volta che abbia smesso di funzionare, non può più produrre pensiero e "coscienza individuale"; e, questo, purtroppo, spesso accade anche quando il resto del corpo continua ancora a vivere!
Figuriamoci dopo che è morto! :(
Ma non mi sorprende che quasi tutti (me compreso) siamo così restii a prendere atto di una realtà così ovvia, visto che è logica e, comunque, direttamente constatabile; infatti, probabilmente, il nostro sistema limbico (il "cervello rettile") non accetta l'idea della propria fine, ed entra il conflitto con la corteccia prefrontale, la quale, essendo la parte più evoluta del cervello, "capisce" inequivocabilmente di dover morire!
Ed è per questo che, antichi saggi di ogni parte del globo hanno affermato che la morte non è la fine;  gli stessi antichi saggi, che, però, affermavano pure l'esistenza degli dei dell'Olimpo. 
La cosa, quindi, non fa molto testo!
Premesso quanto sopra, però, sebbene, a mio avviso, sia giocoforza prendere atto che la nostra "coscienza individuale" è destinata inesorabilmente a spegnersi (spero solo al momento della morte, e non prima), credo che sia però possibile quantomeno ipotizzare in noi una sorta di "anima eterna" -non "immortale"- , la quale, in quanto manifestazione dell'ESSERE, così come non è nata, allo stesso modo non può morire.
Un po' come se fosse un attore impazzito, il quale, ogni giorno ed ovunque, non fa che recitare parti diverse, immedesimandosi in personaggi che cessano di esistere ogni volta che cala il sipario; mentre Lui, invece, è sempre lo stesso (inconsapevole), fino a che, un giorno, si risveglierà dalla sua follia e capirà che tutti i personaggi che ha rappresentato finora, erano sempre e soltanto LUI! ;)

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