filosofia e storia della filosofia

Aperto da davintro, 22 Aprile 2016, 17:53:45 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

davintro

Citazione di: sgiombo il 26 Aprile 2016, 11:57:49 AMA Davintro Non concordo (ma potrebbe anche darsi che si tratti solo di intendersi sul significato che diamo alle parole) con la concezione del "caos, inteso come conflitto tra agenti causali rivolti ad effetti opposti, nel quale gli agenti dotati di maggior forza si impongono su quelli più deboli e danno alla storia una certa direzione" : per me questo non é caos ma ordine, solo "non semplice, ma particolarmente complesso"; caos sarebbe un mutamento non riconducibile a cause universalmente e costantemente agenti ciascuna in un determinaro modo (con determinati effetti), sia pure fra loro interagenti in un intreccio complesso e di fatto non calcolabile (ma in linea di principio sì), imprvedibile di fatto ma non disordinato, . In questo caso si dà prevedibilità degli eventi (almeno in linea teorica, di principio; di fatto può essere impossibile in caso di eccessiva complessità e limitata conoscenza dei temini in gioco), e cioé, purché si abbia adeguata conoscenza della situazione a un determinato tempo assunto come "iniziale", c' é la necesità teorica di pensare che gli eventi accadano così come accadono e non altrimenti: Invece nel caso di mutamento caotico non c' é alcuna necesità teorica (né possibilità, se non per puro caso) di pensare che gli eventi accadano coasì come accadono e non altrimenti. Quindi a mio parere la questione della necessità o meno (di pensare gli eventi futuri compatibilmente con la conoscenza dei presenti) si identifica con quello dell' ordine o caos nel loro accadere e suseguirsi. Questo però solo in linea puramente di principio. Ma concordo che "Si può dire che [in caso di divenire ordinato, causalmente determninato] la possibilità di ammettere come realmente possibili scenari alternativi a quelli realmente accaduti, ucronie varie, sia una possibilità [di fatto] che è tale quanto più la nostra conoscenza razionale della storia sia limitata. La conoscenza razionale è un "sapere di cause", e quanto più attribuiamo cause agli effetti che osserviamo quanto più dobbiamo limitare le possibilità di pensare alternative che sarebbero potute ragionevolmente accadere...". Si tratterebbe per me comunque di una possibilità meramente illusoria, conseguente la limitata conoscenza e "calcolabilità di fatto" dei fattori in gioco. Ed effettivamente (in questo preciso e correggo quanto scritto nel precedente intervento grazie alla sollecitazione della tua osservazione critica) oggettivamente o si dà ordine (= necessità, prevedibilità almeno teorica, in linea di principio; che potrebbe essere solo statistica in insiemi numerosi di eventi o anche dei singoli eventi a secofìda dei casi) oppure si dà disordine (imprevedibilità, possibilità di prevedere come possibili diverse alternative): tertium non datur. Ritengo infatti il coesistere dialettico, l' "interagire in qualità di contrari" di ordine-necessità e di disordine-possibilità nella storia in ultima analisi solo soggettivo, apparente all' umanità (individui, classi sociali, popoli, ecc.), che nel porsi i suoi scopi é condizionata dai limiti invalicabile delle sue conoscenze dei fattori in gioco. Ma la possibilità umana di conoscere fattori in gioco in generale é sempre limitata e in particolare nella storia é sempre limitatissima; e questo consente la possibilità di prevedere di fatto e di agire per più possibili esiti alternativi (anche se non in numero illimitato, come sarebbe al limite in caso di caos) degli eventi in corso. La questione "sintesi" o "elastico" fra necessità o possibilità nella storia mi sembra puramente terminologica Ovvio che alternanza e coesistenza di bianco e di nero sono diversa cosa da grigio; ma dicendo che nella storia convivono elementi di prevedibilità e di imprevedibilità (di fatto, dal punto di vista umano soggettivo) non intendevo dire che esiste un' impossibile condizione che sta alla prevedibilità e all' imprevedibilità come il grigio sta al bianco e al nero, ma casomai come la coesistenza di parte di bianco e di parte di nero (diciamo la maglia della Juventus) sta al solo bianco "tinta unita" e al solo nero "tinta unita"; fuor di metafora, alcuni eventi ed aspetti e circostanze di eventi della storia umana sono di fatto prevedibili (bianchi), altri no (neri), nessuno é contraddittoriamente prevedibile-imprevedibile (grigio). Resta il fatto che se si dà ordine si dà necessità oggettiva e la possibilità, il libero arbitrio é solo illusorio. E tuttavia reale in quanto illusione nell' agire umano per la limitatezza delle conoscenze possibili di fatto e dunque l' esistenza di possibili alternative di fatto pensabili e desiderabili, per le quali agire.

Sì, penso che riguardo la definizione di "caos" la differenza tra le nostre posizioni sia esclusivamente terminologica... e mi sembra che solo a partire dalla definizione di caos che dò io il caos possa essere realmente compresente accanto all'ordine, mentre seguendo la tua definzione la dialettica ordine-caos evidentemente coincide con quella prevedibilità-imprevedibilità Comunque essendo una questione terminologica, ha poco senso discutere se la mia definizione sia più o meno valida rispetto alla tua...

Intravedo, per come mi pare di aver capito, un punto di incontro tra di noi nell'idea che prevedibilità e imprevedibilità siano categorie soggettive di una mente e non proprietà entrambe presenti e conciliabili nella storia. Cioè, l'impossibilità di prevedere sviluppi futuri degli eventi non sarebbe data da qualcosa che sfugge all'ordine necessario della realtà, ma solo dagli stretti limiti del nostro sapere su di essa. Non esisterebbe dunque indeterminismo, caos (caos nel senso che gli dai tu). In parole povere, il caso non esiste, è solo ignoranza. Ignoranza di cause a noi nascoste.

Dissento vivamente invece sull'idea che la questione "miscuglio" e "sintesi" sia anch'essa riducibile a mera questione terminologica. Invece è fondamentale... cos'è la storia? Potremmo definirla genericamente un dinamismo, e come si costituisce il dinamismo, un divenire? Direi,  sempre come un passaggio da un contrario all'altro. Il riscaldamento è il divenire che subisce la pietra esposta al sole. Questo divenire (potremmo definirlo come "la storia" della pietra) si pone come passaggio progressivo dal freddo al caldo. Il sasso continua a riscaldarsi fintanto che si pone come "miscuglio" di caldo e freddo. Il divenire, qualunque divenire, compreso quello propriamente definibile come "storia", resta tale fintanto che non viene raggiunta una condizione nella quale un contrario cessa di opporre una resistenza alla direzione impressa dal principio causale opposto. Una volta cessata la resistenza, il polo "vincente" potrà identificarsi pienamente con l'oggetto che ha spinto a muoversi verso la sua direzione, e cesserà il dinamismo, come l'elastico, che una volta che una delle due dita cessa di tirarlo dalla sua parte si rilassa e perde la sua tensionalità. La sintesi, condizione di armonia e superamento di contrasto tra tesi e antitesi, coinciderebbe con la fine del dinamismo storico, il movimento ha raggiunto la sua fine ( e il suo fine) eliminando tutti gli ostacoli, riassoberdolì a sè, non a caso, spero di non dire stupidaggini, in Hegel era presente l'idea che il raggiungimento della Sintesi Assoluta avrebbe significato la fine della filosofia (che per lui coincideva con la storia della filosofia)... Eraclito, per il quale invece il divenire è guerra tra contrari, avrebbe mai concepito una fine del divenire in un sintesi? Per Eraclito il divenire era eterno in quanto non "sintesi", bensì "miscuglio", amalgama di contrari in continua tensione. Qua si parla di eternità o conclusione della storia... altro che terminologia!
La maglia della Juventus è una mera res extensa, spazio in cui possono convivere due contrari, bianco e nero, a condizione di spartirsi spazi delimitati e distinti. Ma la metafora non ci aiuta nel piano della storia, perchè la storia umana non è uno spazio vuoto che posso colorare di tinte diverse come una maglietta. La storia è, chiaramente, un complesso globale di relazioni che legano soggettività agenti, eventi in una rete all'interno della quale non ha senso concepire cause ed effetti isolati fra loro, per il quale si potrebbe sostenere una separazione tra un ordine di eventi ordinato e prevedibile in linea di principio e una serie di eventi caotica, come se la storia fosse una torta divisibile in due parti che posso condire con ingredienti diversi senza che il condimento di una fetta influenzi il condimento dell'altra. Accettando una visione olistica della storia, un sistema globale di relazioni che la rende più della somma delle sue parti, non ha senso pensare ad una separazione rigida tra aspetti opposti fra loro. Prevedibile e imprevedibile non si spartiscono sfere di influenza come fanno due capi di nazioni che si accordano dopo un trattato di pace, ma si autoescludono (mentre ordine e caos, caos nella misura in cui lo definisco io, sarebbero compresenti ma non pacificamente separati tra loro, ma come contrapposte polarità di una tensione dinamica) Del resto, ammettendo, come tu stesso sopra avevi mi sembra riconosciuto, che l'imprevedibile è solo ignoranza di cause, elemento della mente e non reale, non avrebbe senso continuare ad attribuire a tale principio indeterministico un fondamento reale e oggettivo

sgiombo

Citazione di: davintro il 30 Aprile 2016, 16:36:02 PMDissento vivamente invece sull'idea che la questione "miscuglio" e "sintesi" sia anch'essa riducibile a mera questione terminologica. Invece è fondamentale... cos'è la storia? Potremmo definirla genericamente un dinamismo, e come si costituisce il dinamismo, un divenire? Direi,  sempre come un passaggio da un contrario all'altro. Il riscaldamento è il divenire che subisce la pietra esposta al sole. Questo divenire (potremmo definirlo come "la storia" della pietra) si pone come passaggio progressivo dal freddo al caldo. Il sasso continua a riscaldarsi fintanto che si pone come "miscuglio" di caldo e freddo. Il divenire, qualunque divenire, compreso quello propriamente definibile come "storia", resta tale fintanto che non viene raggiunta una condizione nella quale un contrario cessa di opporre una resistenza alla direzione impressa dal principio causale opposto. Una volta cessata la resistenza, il polo "vincente" potrà identificarsi pienamente con l'oggetto che ha spinto a muoversi verso la sua direzione, e cesserà il dinamismo, come l'elastico, che una volta che una delle due dita cessa di tirarlo dalla sua parte si rilassa e perde la sua tensionalità. La sintesi, condizione di armonia e superamento di contrasto tra tesi e antitesi, coinciderebbe con la fine del dinamismo storico, il movimento ha raggiunto la sua fine ( e il suo fine) eliminando tutti gli ostacoli, riassoberdolì a sè, non a caso, spero di non dire stupidaggini, in Hegel era presente l'idea che il raggiungimento della Sintesi Assoluta avrebbe significato la fine della filosofia (che per lui coincideva con la storia della filosofia)... Eraclito, per il quale invece il divenire è guerra tra contrari, avrebbe mai concepito una fine del divenire in un sintesi? Per Eraclito il divenire era eterno in quanto non "sintesi", bensì "miscuglio", amalgama di contrari in continua tensione. Qua si parla di eternità o conclusione della storia... altro che terminologia!
La maglia della Juventus è una mera res extensa, spazio in cui possono convivere due contrari, bianco e nero, a condizione di spartirsi spazi delimitati e distinti. Ma la metafora non ci aiuta nel piano della storia, perchè la storia umana non è uno spazio vuoto che posso colorare di tinte diverse come una maglietta. La storia è, chiaramente, un complesso globale di relazioni che legano soggettività agenti, eventi in una rete all'interno della quale non ha senso concepire cause ed effetti isolati fra loro, per il quale si potrebbe sostenere una separazione tra un ordine di eventi ordinato e prevedibile in linea di principio e una serie di eventi caotica, come se la storia fosse una torta divisibile in due parti che posso condire con ingredienti diversi senza che il condimento di una fetta influenzi il condimento dell'altra. Accettando una visione olistica della storia, un sistema globale di relazioni che la rende più della somma delle sue parti, non ha senso pensare ad una separazione rigida tra aspetti opposti fra loro. Prevedibile e imprevedibile non si spartiscono sfere di influenza come fanno due capi di nazioni che si accordano dopo un trattato di pace, ma si autoescludono (mentre ordine e caos, caos nella misura in cui lo definisco io, sarebbero compresenti ma non pacificamente separati tra loro, ma come contrapposte polarità di una tensione dinamica) Del resto, ammettendo, come tu stesso sopra avevi mi sembra riconosciuto, che l'imprevedibile è solo ignoranza di cause, elemento della mente e non reale, non avrebbe senso continuare ad attribuire a tale principio indeterministico un fondamento reale e oggettivo

Devo confessare (l' avevo già fatto anche nel vecchio forum) che fin dai remoti tempi del liceo non ho mai "digerito" Hegel e che avevo usato senza alcuna pretesa di rigore filologico i termini "tesi", "antitesi" e "sintesi" tanto per dare un' idea delle mie convinzioni, credendo anche, forse a torto, di conferire una certa "eleganza formale" al mio ragionamento, ma senza assolutamente intendere di argomentare secondo la dialettica hegeliana (per la verità mi sembrava anche che ciò risultasse molto evidente dalle mie parole).
E infatti ho sostenuto che, sia pure in ultima analisi per limiti di fatto insuperabili di completezza e precisione nella conoscenza possibile della materia (la storia umana; cosa che non ho affatto "riconosciuto" o "ammesso", bensì ne sono stato convinto "da sempre"), di fronte all' umanità sta sempre aperto un sia pur limitato ventaglio di possibili (o di fatto ritenute tali: inevitabilmente tali per il pensiero e l' azione soggettiva umana) opzioni reciprocamente alternative e dipendenti, nel loro realizzarsi o meno, dalle scelte concretamente compiute dai soggetti della storia stessa (secondo me fondamentalmente le classi sociali in lotta): per me la storia non avrà fine se non al momento dell' estinzione (per cause naturali oppure "di sua propria mano" e "prematuramente") della nostra specie.
 
Quella della maglia della Juventus era un' altra metafora per cercare di intendersi, cosa che peraltro, se tu prendi tutto alla lettera, risulta certamente molto difficile.
 
Ciò che intendo sostenere è semplicemente che nella storia, così come di fatto si dipana, "viene fatta dall' umanità", esistono sia aspetti di indeterminismo (sia pure in ultima analisi "epistemico"), sia elementi di necessità deterministica: non c' è mai una possibilità indiscriminata, illimitata di esiti ("tutto è possibile, basta volerlo"), ma nemmeno un' unica "direzione possibile" e dunque necessaria, ineluttabile, "fatalistica" (oso sperare che intenda correttamente questa metafora meccanica, per la precisione "cinematica").
 
Sono drasticamente contrario a qualsiasi sorta di "olismo" (molto di moda): per me il tutto è sempre perfettamente uguale alla somma delle parti (tenuto ovviamente conto anche delle relazioni fra le parti).
 
Che una distinzione (teorica) fra le molteplici forze e tendenze agenti nella storia sia sempre un' astrazione del pensiero (peraltro utile e necessaria, anche in pratica, ovviamente se condotta cum granu salis, senza assolutizzarne nessuna e tenendo conto dei molteplici reciproci rapporti), mentre nei fatti concorrono le une con le altre in un "intreccio" per così dire "inestricabile" (ahi, una metafora: speriamo bene!) mi sembra del tutto ovvio e pacifico.
 
Ma dato che a tua volta usi metafore in abbondanza (anche "colorite", ad sempio gastronomiche, il che non mi schifa di certo: sono un buongustaio!), ti pregherei di non prendere troppo alla lettera e non cercare il pelo nell' uovo in quelle degli altri, ma di cercare di intenderne pazientemente i significati cui intendono alludere (se necessario chiedendo pazientemente chiarimenti).

Discussioni simili (5)