Filosofia e religione: il problema della salvezza

Aperto da sileno, 20 Gennaio 2019, 13:56:56 PM

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Freedom

Citazione di: viator il 24 Gennaio 2019, 18:13:42 PMInfatti io da ateo materialista non ho nulla contro diverse convinzioni altrui, quando non vengano erette in istituzioni ingombranti e parassitarie quali sono le diverse religioni.
Definire così un fenomeno complesso come le religioni mi sembra riduttivo. Al di là di chi sostiene che, spesso, hanno fatto da argine agli istinti ferini dell'umanità, cosa peraltro condivisibile, le religioni meritano una valutazione storica più articolata. Alla fine, certo, bisognerà pur giungere alla conclusione e affermare che esse sono state un male oppure un bene per il genere umano, ma liquidare il tutto con "ingombranti e parassitarie" non mi sembra renda giustizia nemmeno a chi emette una "sentenza" così superficiale.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 24 Gennaio 2019, 10:49:05 AM
Così la relazione è più chiara. Mi auguro serva ai teisti per capire di quante razze ideologiche sono pure gli atei e perfino quelli più legati al materialismo di tradizione marxista. Se togli il movimento dialettico il materialismo si "involgarisce" limitando il suo pdv causale e la china dello scientismo è appena dietro l'angolo. Non premo l'acceleratore sul determinismo delle formule dialettiche, ma ne costato l'aderenza ai processi immateriali che esse cercano di spiegare e classificare.  Togliendo al contempo quel tallone d'Achille "materialistico" su cui i teisti fanno il tiro al bersaglio, con evidente successo storico, da sempre. E che da sempre ha permesso loro di risollevarsi dalle avversità illuministiche. Ignorare l'essenza, la causa formale della specificità antropologica, che la muove e la finalizza a scopi che trascendono la sua causa materiale è un imperdonabile errore politico, oltre che di gnosi.

Queste affermazioni mi sembrano alquanto criptiche.
 
Cerco di rispondere a quel che ho capito (o credo di aver capito), sperando comunque in ulteriori chiarimenti.
 
Innanzitutto direi che personalmente non mi curo troppo di rischi come quello che qualcuno cada nello scientismo (per quel che personalmente mi riguarda credo proprio di essere decisamente "vaccinato"; mentre se qualcuno discutendo con me fosse da me indotto a cadervi, ho fiducia che sarei in grado di correggerlo facilmente nel corso del dialogo).
 
Allo stesso modo non temo di offrire "talloni di Achille" materialisti (o meglio, per quel che da dualista mi riguarda, naturalistici) agli idealisti perché reputo la mia concezione dualistica "parallelistica" un naturalismo decisamente forte (anche più dei monismi materialistici), e perché comunque credo che saprei aiutare ad evitare anche questa insidia chi dialogasse con me.
 
Inoltre quando ragiono di filosofia sono innanzitutto interessato alla ricerca della verità.
E sulla verità cerco di fondare le mie scelte politiche e non invece di fondare le mie credenza della verità sulla mie scelte politiche.
Dunque non riterrei di compiere un errore politico se dovessi rivedere qualche mia convinzione teorica, rilevandone la falsità o comunque una minor verità rispetto a ipotesi alternative: non credo di dover adeguare la verità in cui credere alle mie scelte politiche ma invece le mie scelte politiche (da compiere) alle verità in cui credo.
 
Secondo me non esiste (ma se lo credi ti pregherei di argomentarmelo) alcuna possibilità di integrare un qualche sensato "movimento dialettico" nel "materialismo volgare", che di già comprende nella sua ontologia l' energia, oltre alla massa, la dinamica dei campi di forze materiali, il movimento.
Anche perché nel mondo materiale naturale (che se fossi monista materialista riterrei esaurire la realtà in toto; ma non lo sono), se la conoscenza scientifica é possibile e vera, non possono darsi che cause efficienti.
Le finalità sono nella coscienza degli uomini (e in qualche più limitata misura di altri animali), la quale non interferisce con il mondo materiale naturale (entrambi sono fenomenici: "esse st percipi"!) se se ne dà conoscibilità scientifica.
Il perché l' ho accennato proprio stamani nella discussione "Esiste l' immateriale?", da cui copio-incollo:
Un' imprescindibile conditio sine qua non della conoscenza scientifica (in senso stretto) è la "chiusura causale" del mondo fisico che ne è (l' unico) possibile oggetto: se esistessero miracoli o libero arbitrio, se da un momento all' altro il divenire naturale potesse "derogare" da leggi universali e costanti (non dimostrabili: Hume!- ma che è necessario postulare perché possa darsene conoscenza scientifica), allora non avrebbe senso sottoporre a verifica empirica qualsiasi teoria ipotizzabile, dal momento che se rilevata essere congruente con le osservazioni sperimentali (non falsificata), potrebbe sempre esserlo puramente e semplicemente per "miracolo" o per "libero arbitrio" -potrebbe trattarsi di un evento meramente contingente, "svincolato" da qualsiasi regolarità del divenire, in deroga da esse- e ciò non consentirebbe alcuna affidabile inferenza su (o estensione a) analoghi casi futuri.
 
Non comprendo proprio, in particolare, l' affermazione "Non premo l'acceleratore sul determinismo delle formule dialettiche, ma ne costato l'aderenza ai processi immateriali che esse cercano di spiegare e classificare".
Innanzitutto vorrei capire che relazione esiste per te (in evidente deroga o correzione dal tuo proclamato materialismo) fra processi immateriali (evidentemente anch' essi reali) e processi materiali (questi ultimi deterministici per lo meno in senso debole se scientificamente conoscibili; "deterministici in senso debole non può significare "deterministici a volte si, a volte no", ma casomai "probabilistici - statistici, ovvero tali che se si considerano numeri abbastanza elevati di osservazioni le proporzioni fra le diverse misure di tali osservazioni sono sempre e comunque, inevitabilmente gli stessi; senza mai alcuna deroga miracolistica o liberoarbitraria o "causafinalistica").
 
La specificità antropologica, poiché i corpi umani fanno parte a pieno titolo della materia, non può derogare dal determinismo per lo meno debole del mondo materiale naturale (se questo é conoscibile scientificamente); non può essere che qualcosa che senza derogare dal determinismo naturale presenti quei caratteri di mutamento creativo ma non arbitrario che il materialismo storico rileva.
E ciò che di finalistico, intenzionale "immateriale" lo caratterizza non può che essere separato, trascendente in seno letterale, dal mondo materiale naturale; "contenuto" non nella componente materiale, ma invece in quella mentale, non intersoggettiva, non quantificabile-misurabile dell' esperienza fenomenica cosciente umana (che unicamente é quanto immediatamente constatabile al di là di ogni dubbio da ciascuno; ogni ulteriore considerazione o costrutto teorico circa l' immediata, "grezza", non interpretata esperienza fenomenica cosciente potendo essere errata, come ben sapevano gli empiristi).
Col mio dualismo (in quanto "parallelistico": con l' aspetto mentale del reale non interferente con la materia) credo potere coerentemente considerare compatibile la storia, la cultura umana con la storia naturale rispettando questa ineludibile conditio sine qua non del naturalismo e della conoscibilità scientifica a proposito di quest' ultima.
Mentre non vedo (al di là del problema di che cosa dignifichi realmente -e non come mero flatus vocis- nel suo ambito o in quanto applicata ad esso la "dialettica") come in un monismo materialistico si potrebbe "incastrare" (rendere con esso compatibile e ad esso complementare) il "finalistico" o in generale l' immateriale" proprio dell' uomo e della sua teoria.

Ipazia

Citazione di: InVerno il 24 Gennaio 2019, 16:36:41 PM
Riguardo ai gravami che il mondo "senza Dio" deve affrontare, innanzitutto partono dall'ammissione del proprio fallimento sistematico nel trovare un sistema che faccia a meno delle divinità nel senso della loro funzione culturale e sociale.

Quale fallimento ? Il libero pensiero sui numi ha raggiunto la salvezza dagli inquisitori da poco più di due secoli nella parte più evoluta del pianeta, permanendo anche oggi sacche di teocrazie assassine contro l'apostasia. Invece la religione fallisce le sue pretese di umanizzazione da migliaia di anni, racimolando quote sempre più basse di consenso pagate al caro prezzo di una laicizzazione sempre più spinta per rincorrere il nuovo che avanza. I miracoli veri stanno scacciando i miracoli fasulli, tanto in pace quanto in guerra. Resta valido sola la raccomandazione di non cullarsi sugli allori, perchè la super-stizione è saldamente radicata nella natura umana e nelle sue paure.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

#63
Citazione di: InVerno il 24 Gennaio 2019, 13:08:15 PM
Citazione di: sgiombo il 23 Gennaio 2019, 19:20:31 PM
Citazione di: InVerno il 23 Gennaio 2019, 11:53:54 AM
CitazioneNon vedo in che senso sarebbe più svantaggiato nel cercare di conoscere se stesso un non credente rispetto a un credente.
Siamo tutti sullo stesso campo pieno di margherite e anche di mine.
Il credente accede ad una mappa (che non è il territorio) forgiata da millenni di conquiste intellettuali, a volta taglia gli angoli, a volte non capisce proprio le figure, ma fondamentalmente appena svolto il rito di iniziazione si trova in mano una collezione di consigli, con pregi e difetti, ma dove sono indicate alcune mine, alcune margherite...Ed è ovvio che è avvantaggiato rispetto a chi ha un foglio di carta bianco ed una penna. E' un vantaggio relativo, una mappa basta metterla al contrario per sbagliare molto di più di chi non ne ha nemmeno una, tuttavia se facessimo una gara di orientamento, ti sentiresti svantaggio a gareggiare con chi ha già una mappa, per quanto consunta e logora. Poi che l'uomo, sia come individuo che come società, abbia deciso di accettare la sfida di orientarsi coi propri sensi, e non con una mappa, è uno sforzo lodevole e che forse lo aiuterà a trovare meglio la strada.. SE concepisce questa differenza come una sfida da vincere, non immaginando di aver vinto appena buttata via la mappa, mettendosi a urlare che anche il territorio non esiste.. (che è quello che è successo nel culto dei superominidi)..

Meglio non avere mappe che averne una completamente farlocca che tu porta alla rovina con la ridicola consolazione che "però ha millenni".

Ma chi avrebbe mai urlato che il territorio non esiste ?  ! ? ! ? !

Noi atei il "territorio", che non neghiamo affatto, lo esploriamo col lume della ragione, che (senza ridicolmente pretendere, al contrario dei papi, di essere infallibile) é incomparabilmente più attendibile che l' autorità acriticamente accettata dei preti circa pretese "rivelazioni" indiscutibili (al massimo passibili di esegesi).

Comunque la discussione era cominciata circa l' utilità, anzi l' asserita necessità, imprescindibilità della religione per vivere degnamente da uomini.

Gli enormi, numerosissimi obbrobri che la religione non ha evitato e in parte ha anzi favorito avendo completamente falsificato questa pretesa utilità, non serve a nulla rigirare la frittata prendendo che gli atei siano in balia della tempesta.
Se lo fossero probabilmente si unirebbero a voi teisti.
Cercatevi altre consolazioni più credibili.
Oppure continuate pure a credete simili presuntuosissime sciocchezze, se vi fa piacere.
Tanto gli atei non ne hanno alcun danno.

Avendo di meglio da discutere nel forum preannuncio che non risponderò ad ulteriori boriose, arbitrarie, aprioristiche, infondate pretese di superiorità da parte dei credenti sugli atei (i quali solitamente accreditano ai credenti una dignità umana pari alla loro, contrariamente non certo a tutti i credenti per fortuna, ma sicuramente a qualche altro credente qui intervenuto).

Con la precisazione (visto che "cantare illusoriamente e infondatamente vittoria dialettica" é un' abitudine a cui indulgete assai) che in questo caso chi tace non acconsente.
Semplicemente ha di meglio da fare che prendervi ulteriormente in considerazione.

sgiombo

Citazione di: Freedom il 24 Gennaio 2019, 18:14:17 PM
Assolutamente condivisibile il pensiero di chi sostiene che l'essere umano ha un bisogno ineludibile di essere devoto a qualcosa. Mi ricorda quello che diceva un famoso abate francese e cioè che se gli uomini non adorassero un Ente superiore adorerebbero le capre. ;D


Merita forse anche una riflessione il fatto che non essendoci un quadro di riferimento solido (non solo le classiche domande "da dove veniamo, dove andiamo, perché siamo qui" ma, anche cos'è e come funziona la realtà, etc.) le nostre convinzioni, spesso le nostre affermazioni, sono per lo più ipotesi, dubbi, tesi, etc.



CitazioneE dunque l'umiltà non è mai abbastanza. Come la prudenza insomma. ;)

Infatti quel prete che pretendeva che se non si si é devoti a Dio necessariamente si é devoti a un capra era umilissimo!

E un fulgido esempio di umiltà era il suo dire che chi non la pensa come lui é un ridicolo idiota devoto agli ovini!

Ipazia

Citazione di: sgiombo il 24 Gennaio 2019, 19:58:25 PM
Innanzitutto vorrei capire che relazione esiste per te (in evidente deroga o correzione dal tuo proclamato materialismo) fra processi immateriali (evidentemente anch' essi reali) e processi materiali (questi ultimi deterministici per lo meno in senso debole se scientificamente conoscibili; "deterministici in senso debole non può significare "deterministici a volte si, a volte no", ma casomai "probabilistici - statistici, ovvero tali che se si considerano numeri abbastanza elevati di osservazioni le proporzioni fra le diverse misure di tali osservazioni sono sempre e comunque, inevitabilmente gli stessi; senza mai alcuna deroga miracolistica o liberoarbitraria o "causafinalistica").
Il "mio" materialismo si riferisce al riconoscimento della causa materiale come substrato universale della realtà: naturale e antropologica. Già quando si passa alla causa efficiente le due realtà si divaricano essendo quella umana determinata, contrariamente ai processi naturali, dalla volontà. La causa finale è propria solo di volontà autocoscienti. Lo snodo è sulla causa formale, sull'essenza dei processi. Lì avviene la divaricazione tra oggetti materiali: natura, inclusa l'energia fisica (che, a dispetto di viator  :P è concetto materico) e immateriali, costrutti della creatività umana, quali il linguaggio che ne è il medium universale, e le istituzioni sociali (politica, religione, economia, scienza, arte)

Citazione di: sgiombo il 24 Gennaio 2019, 19:58:25 PM
La specificità antropologica, poiché i corpi umani fanno parte a pieno titolo della materia, non può derogare dal determinismo per lo meno debole del mondo materiale naturale (se questo é conoscibile scientificamente); non può essere che qualcosa che senza derogare dal determinismo naturale presenti quei caratteri di mutamento creativo ma non arbitrario che il materialismo storico rileva.
La specificità antropologica consiste appunto nel superamento di questo modello riduzionista che non sa cogliere l'aspetto trascendentale dell'attivita cosciente...

Citazione di: sgiombo il 24 Gennaio 2019, 19:58:25 PM
E ciò che di finalistico, intenzionale "immateriale" lo caratterizza non può che essere separato, trascendente in seno letterale, dal mondo materiale naturale; "contenuto" non nella componente materiale, ma invece in quella mentale, non intersoggettiva, non quantificabile-misurabile dell' esperienza fenomenica cosciente umana (che unicamente é quanto immediatamente constatabile al di là di ogni dubbio da ciascuno; ogni ulteriore considerazione o costrutto teorico circa l' immediata, "grezza", non interpretata esperienza fenomenica cosciente potendo essere errata, come ben sapevano gli empiristi).
... la quale tende spontaneamente all'intersoggettività, perchè solo una cooperazione intersoggettiva permette la realizzazione - "materiale" e semantica - dell'universo immateriale (politica, scienza,...) che ho sopra elencato, in cui sta la specificità umana, rispetto al trantran deterministico naturale quantificabile-misurabile.

Citazione di: sgiombo il 24 Gennaio 2019, 19:58:25 PM
Col mio dualismo (in quanto "parallelistico": con l' aspetto mentale del reale non interferente con la materia) credo potere coerentemente considerare compatibile la storia, la cultura umana con la storia naturale rispettando questa ineludibile conditio sine qua non del naturalismo e della conoscibilità scientifica a proposito di quest' ultima.
Mentre non vedo (al di là del problema di che cosa dignifichi realmente -e non come mero flatus vocis- nel suo ambito o in quanto applicata ad esso la "dialettica") come in un monismo materialistico si potrebbe "incastrare" (rendere con esso compatibile e ad esso complementare) il "finalistico" o in generale l' immateriale" proprio dell' uomo e della sua teoria.
Il mio dualismo è evidentemente più audace del tuo nel postulare l'autonomia del "politico". Quanto al monismo, lo limito alla natura; inclusa la parte naturale, fisica, dell'animale umano. Non lo estendo ai prodotti plurali del suo pensiero. I quali hanno le loro dinamiche e relazioni non certo onnipotenti, anzi molto storicamente determinate, ma non al punto da diventare meccanismi a orologeria. Il finalismo non va inteso come una recita a soggetto di una storia prestabilita, ma come progettualità. Più o meno fortunata lo si vede a posteriori. Ovviamente dipende  molto da come si è lavorato bene a priori. Con l'eterogenesi sempre incombente. Virtù e fortuna, come diceva il buon Machiavelli.




pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

Citazione di: sgiombo il 24 Gennaio 2019, 20:48:34 PMAvendo di meglio da discutere nel forum preannuncio che non risponderò ad ulteriori boriose, arbitrarie, aprioristiche, infondate pretese di superiorità da parte dei credenti sugli atei (i quali solitamente accreditano ai credenti una dignità umana pari alla loro, contrariamente non certo a tutti i credenti per fortuna, ma sicuramente a qualche altro credente qui intervenuto).
Non vorrei abusare ulteriormente del tuo tempo, ma devo per forza dire che la cosa più divertente che mi sia capitata in questo forum è che i credenti mi credono ateo e gli atei mi credono un teista. Siccome non sono abbastanza egocentrico per aprire un post e spiegare il mio punto di vista, farò buon viso a cattivo e gioco e continuerò a godermi questo status privilegiato di emarginato-ideologico da ambo le parti! Tanto per confermare che religione o meno, gli uomini ragionano sempre per etichette!
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

sgiombo

Gli uomini ragionano sempre per concetti (più o meno corretti e fondati).

Freedom

Citazione di: sgiombo il 24 Gennaio 2019, 20:55:28 PM
Citazione di: Freedom il 24 Gennaio 2019, 18:14:17 PM
Assolutamente condivisibile il pensiero di chi sostiene che l'essere umano ha un bisogno ineludibile di essere devoto a qualcosa. Mi ricorda quello che diceva un famoso abate francese e cioè che se gli uomini non adorassero un Ente superiore adorerebbero le capre. ;D


Merita forse anche una riflessione il fatto che non essendoci un quadro di riferimento solido (non solo le classiche domande "da dove veniamo, dove andiamo, perché siamo qui" ma, anche cos'è e come funziona la realtà, etc.) le nostre convinzioni, spesso le nostre affermazioni, sono per lo più ipotesi, dubbi, tesi, etc.



CitazioneE dunque l'umiltà non è mai abbastanza. Come la prudenza insomma. ;)

Infatti quel prete che pretendeva che se non si si é devoti a Dio necessariamente si é devoti a un capra era umilissimo!

E un fulgido esempio di umiltà era il suo dire che chi non la pensa come lui é un ridicolo idiota devoto agli ovini!
Non ho detto quello che hai scritto. E nemmeno quel prete ha detto ciò che hai scritto.

Quello che intendeva l'Abate era che nell'uomo c'è una inclinazione ineludibile di devozione a qualcosa. O del bisogno di credere a qualcosa se lo preferisci. Ed infatti, a ben guardare, ogni uomo è devoto a qualcosa: chi ad una religione monoteista, chi ad una religione politeista, chi al buddismo, chi ad un ideale politico, umanitario, sociale, economico, chi ad uno stile di vita sino ad arrivare a chi è devoto agli idoli, ai feticci come, per esempio, i disvalori della società attuale. Tra l'altro, non faccio esegesi delle parole dell'abate ma credo che il riferimento alle capre, si riferisca al fatto che nel passato ci sono stati numerosi esempi di adorazione degli animali e anche le capre hanno avuto uno spazio importante. Persino oggi, alcune sette sataniche, hanno culti che mettono le capre al centro dei loro rituali. Nulla a che vedere con gli idioti dunque.

Attribuire all'abate (che peraltro non conosci e dunque sei giustificato) e indirettamente al sottoscritto (che conosci e dunque sei un pò meno giustificato) una simile superbia e disprezzo per chi ha una sensibilità religiosa diversa dalla propria, addirittura qualificarlo come idiota, è veramente, profondamente ingeneroso.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

paul11

#69
chi ha fede nell'antropologia, scienza moderna che in quanto tale si fonda sulla materialità e naturalismo, non ha ancora capito che
la REGOLA DELLA NATURA  fa vincere anche solo due cinici, feroci e sanguinari su centinaia di buoni, in quanto tali inermi, santi, martiri.
quindi la storia umana è segnata.E se anche fosse la religione un'invenzione così interpretata dall'uomo, i credenti nelle religioni e nelle spiritualità per quanto possano seguire l'ama il prossimo tuo come te stesso, finiranno irrisi con corone di spine e crocefissi.
Chi ha veramanete e seriamante studiato l'esegesi e l'ermeneutica dei testi sacri sa benissimo che non è nel mondo nella salvezza, quell'ama il prossimo tuo come stesso è dentro l'evoluzione spirituale interiore in quanto impossibilitata a evolvere l'umanità intera, per questo si finisce in comunità di monaci, eremi, solitari in cerca di vie interiori.

La stessa idea evolutiva di progresso tecnico e umano che accompagna tutte e dico tutte le ideologie fondate su materie e natura, hanno fallito miseramente in tre secoli di storia,consegnando alla contempotraneità un uomo privo di orizzonte, altamente tecnologico e fortemente deumanizzato.

Il problema è quindi l'uomo
Altro è parlare delle ignominie sempre di umani che per narcisimo, megalomania, assetati di potere e dominio sono entrati nelle chiese, nel comunismo, nel liberalismo e chi in nome di dio e chi in nome dell'uguaglianza e chi in nome della libertà hanno massacrato i propri simili servendosi e strumentalizzando idee.

Non c'è speranza nella regola della natura che non ha morale, ma è spietata quanto il leone uccide un piccolo di gazzella.
Ma il leone non lo fa contro una morale, è dentro la regola e l'ordine naturale.Noi ci inteneriamo per la gazzella eppure siamo
talmente ipocriti e ambigui da essere feroci, spietati, astuti da costruire alibi anche religiosi, ideologici, per massacrare persino i nostri simili, non solo la natura stessa...e in fondo anche noi stessi

Freedom

Citazione di: paul11 il 25 Gennaio 2019, 00:13:42 AM
i credenti nelle religioni e nelle spiritualità per quanto possano seguire l'ama il prossimo tuo come te stesso, finiranno irrisi con corone di spine e crocefissi.
Chi ha veramanete e seriamante studiato l'esegesi e l'ermeneutica dei testi sacri sa benissimo che non è nel mondo nella salvezza, quell'ama il prossimo tuo come stesso è dentro l'evoluzione spirituale interiore in quanto impossibilitata a evolvere l'umanità intera, per questo si finisce in comunità di monaci, eremi, solitari in cerca di vie interiori.
Assolutamente condivisibile e incontrovertibile.
Infatti chi segue Gesù Cristo non può che finire il suo cammino salendo sulla croce. Se va grassa solo simbolica.......ma realistica ed efficace.......
La Chiesa ammorbidisce la sequela perché altrimenti scoraggerebbe chiunque.

Diciamo che, siccome sono un inguaribile ottimista, mi piace pensare che se tutti si convertissero al "ama il tuo prossimo come te stesso" allora il Paradiso comincerebbe quaggiù.

Altrimenti rimane sempre l'opzione agostiniana: "Signore fammi santo ma....non subito". :D
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Ipazia

Etica della reciprocità

Vediamo di smantellare questo ennesimo fiore all'occhiello che teisti e simpatizzanti di tradizione cristiana si vogliono abusivamente attribuire.

La regola d'oro è una costante antropologica, eticamente fondamentale per ogni comunità di umani, dai bipedi pleistocenici ai superominidi. Mischiarla con l'amore la rende solo più retorica e contraddittoria. Infatti i primi a negarla nei fatti, i più evangelicamente o jihadicamente guerrafondai, furono proprio le religioni del Dio dell'ammore. Basarla sul reciproco rispetto: questo la rende regola d'oro. Se poi viene anche l'amore, meglio. Ma con giudizio perchè l'eccesso di amore, nella sua possessiva assolutezza irrazionale, a differenza del rispetto, può anche uccidere e far uccidere. Quindi più dell'amore, vale l'empatia, la solidarietà umana, basata appunto su una razionale presa d'atto del valore antropologico del principio di reciprocità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

Spesso si usa la parola 'religione' e quasi ognuno di noi ha la sua definizione di questa. Però è anche vero che troppo spesso questa parola è usata in modo inesatto. Essa ha cosi tanti significati che dobbiamo per forza fare delle distinzioni.
Ciò che generalmente definiamo come 'religione' ebbe origine agli albori della cultura umana. Dobbiamo considerare l'importanza che aveva la religione per gli uomini primitivi. La sopravvivenza sulla terra deve essere stata più dura di quello che possiamo immaginare. Suppongo che i nostri antenati abbiano affrontato queste difficoltà e avversità della vita in due modi.
Un modo fu quello di trovare degli strumenti per la vita di ogni giorno e un altro modo era quello di rivolgersi con la preghiera a quel 'potere' che stava oltre le possibilità di questi mezzi.
Questi mezzi erano solo espedienti per rendere più semplice e vivibile la vita, più confortevole e comoda. L'uomo primitivo doveva catturare le prede con le sue mani quando andava a caccia o a pesca. In seguito iniziò ad usare pietre, mazze, archi, ami da pesca, reti e frecce. Questo sforzo di migliaia d'anno ha portato alla nostra civiltà tecnologica attuale.
D'altra parte, la preghiera rivolta al potere che è al di là dei limiti di quei mezzi e l'invocazione che è al di là delle forze umane si manifestava con l'invocazione per catturare una buona preda e quando il bottino era buono...lo offrivano al loro dio o dei. Poi ne mangiavano la carne e danzavano in una specie di estasi di gioia.
Con l'inzio delle colture agricole il tempo divenne l'elemento cruciale, nonostante tutti gli sforzi per sviluppare nuove tecnologie di coltivazione. Così c'era una festa in primavera prima di iniziare il lavoro nei campi e una in autunno per offrire le messi al proprio dio in segno di gratitudine.
In questi tempi antichi le possibilità dell'uomo, in termini di mezzi per il sostentamento quotidiano, erano così limitate che quasi ogniaspetto della vita aveva un significato religioso.
Lo comprendiamo bene leggendo le scritture Vediche, l'Antico testamento, il Corano, ecc. C'erano cerimonie per i compleanni, i matrimoni, i funerali, i culti ancestrali. Gli uomini si affidavano agli oracoli oppure alle arti magiche per curarsi, l'astrologia, la politica, le guerre, ogni cosa necessitava di preghiera e offerte.
La religione controllava tutti glia spetti della vita e aveva un potere assoluto sull'uomo.
La situazione ai nostri tempi è però cambiata. Il potere d'azione dell'uomo è enormente aumentato con lo sviluppo sempre più veloce della tecnologia. Questo ha fatto sì che noi ora, nella nostra vita quotidiana, stentiamo ad essere coscienti dei nostri limiti.
Così, se nel passato l'agricoltura, per esempio, era determinata in grandissima parte dalle condizioni meteorologiche, oggi possiamo contare quasi sempre su buoni raccolti. Anche se abbiamo un anno con un raccolto scarso, non siamo preoccupati per nulla di 'morire di fame' poiché i prodotti agricoli si possono acquistare in altri paesi. Se oggigiorno si muore di fame noi pensiamo sia 'colpa del governo'...
Non è più un disastro naturale, ma bensì una calamità provocata dall'uomo.
Anche quando siamo vittime di alluvioni, terremoti, eruzioni ed epidemie non pensiamo certo che siano stati provacati da 'demoni' e non pensiamo alla preghiera come rimedio o prevenzione, ma pensiamo che si possano prevenire con la tecnologia. Addirittura se soffriamo pensiamo che la nostra tecnologia è insufficiente, che c'è stato un errore tecnologico e  che naturalmente sia colpa del governo.
In poche parole è sempre un disastro provocato dall'uomo.
Una civiltà come quella attuale va bene come sistema pratico di vita, poiché i problemi di sussistenza vanno risolti nell'ambito degli strumenti per vivere.
Ci sono persone che tentano ancora di risolvere i loro problemi quotidiani (affrontare esami, scongiurare incidenti, salute, problemi familiari, successo economico, ecc.) attraverso la fede in una religione.
Questo è un 'residuo' del passato. Questo tipo di religiosità andrà a scomparire presto o tardi.
Possiamo quindi dire che l'uomo non ha più bisogno della religione? Io penso di no.
Se è vero che, in termini di sussistenza, le cose dovrebbero essere affidate allo sviluppo di mezzi per la nostra vita quotidiana, e quindi al progredire della scienza, il "problema di base" dell'uomo, la ragione della vita, deve diventare d'ora in poi la questione essenziale della religione.
Più la società umana si sviluppa, o meglio più sviluppa la tecnologia, teoricamente più semplice sarà il 'godere' materialmente della nostra vita. Ma avere meno problemi materiale comporta il sentirsi più 'vuoti' e quindi cominceremo a pensare alla ragione della nostra vita.
Gli esseri umani sono così complicati e soprattutto tormentati...Questo fenomeno è diventato molto diffuso, molto profondo. Molte persone si tolgono la vita, nei paesi tecnologicamente avanzati, perché sentono questa specie di vuoto. Non si uccidono per fame o per questioni di rapporti sociali. Si suicidano semplicemente perché hanno perso la ragione per vivere e sentono questo vuoto esistenziale. Ci sono tentativi di suicidio addirittura tra i bimbi delle elementari e delle medie. Moltissimi giovani sono diventati indifferenti e hanno perso entusiasmo per qualsiasi cosa. Ritengo che il vuoto esistenziale sia la causa soggiacente a questo fenomeno.
Più la società è materialmente ricca e più perdiamo il senso della vita e percepiamo spiritualmente questo vuoto. Lo sviluppo tecnologico non può curare questo vuoto esistenziale. Viviamo in una società tecnologicamente avanzata e ci siamo stancati della vita stessa...
Possiamo tentare di risolvere i nostri problemi con nuovi computers, affidandoci alla psicoterapia e per un attimo possiamo sentirci sollevati, influenzati dalla suggestione. Tuttavia, prima o poi, diventeremo di nuovo coscienti del problema esistenziale e sentiremo in modo ancora più intenso lo stesso vuoto...
Ovviamente è impossibile ritornare al vecchio modo di intendere la religione e rivolgersi a Dio con la preghiera per chiedere aiuto.
La religione intesa come "preghiera per l'aiuto divino" ha avuto origine come risposta al limite del potere dei primi strumenti umani. Oggi però il vuoto che sentiamo è legato al fatto di vivere con questi stessi strumenti. E' il vuoto della vita stessa. Dove e come possiamo trovare una risposta a questo vuoto? Al problema del significato della vita stessa? Secondo me questo è il problema a cui la religione autentica deve rivolgersi d'ora in poi. Dobbiamo evitare di continuare ad intendere la religione come "preghiera per l'aiuto divino".
Ancora oggi alcune religioni promettano la cura da malattie fisiche, ma credo sia ovvio che sia preferibile affidarsi alla medicina, con tutti i suoi limiti, che ci sono e sono ancora giganteschi.
Regolarizzare il traffico sulle strade è molto meglio che pregare per la sicurezza stradale. 
Invece di pregare per essere promossi è più costruttivo intervenire politicamente per avere scuole migliori.
Tutto quello che dovremmo chiedere alla tecnologia è proprio quello di risovere i problemi pratici. Risolvere i problemi pratici con la preghiera è superstizione, non religione autentica.
Dobbiamo abbandonarla allora questa religione? Per me no.  Man mano che la vita diventa sempre più materialmente godibile, il limite degli strumenti umani si rivela in quanto 'vuoto della vita'.
La religione, d'ora in avanti, deve dare risposta al problema di questo vuoto esistenziale. Nell'era tecnologica, il significato di 'religione' deve mutare e dobbiamo capire con più chiarezza che l'autentica religione diventerà sempre più importante nel futuro.

Liberamente adattato da Sariputra da uno scritto di Kosho Uchiyama roshi
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Freedom

Citazione di: Ipazia il 25 Gennaio 2019, 08:42:25 AM
Etica della reciprocità

Vediamo di smantellare questo ennesimo fiore all'occhiello che teisti e simpatizzanti di tradizione cristiana si vogliono abusivamente attribuire.

La regola d'oro è una costante antropologica, eticamente fondamentale per ogni comunità di umani, dai bipedi pleistocenici ai superominidi. Mischiarla con l'amore la rende solo più retorica e contraddittoria. Infatti i primi a negarla nei fatti, i più evangelicamente o jihadicamente guerrafondai, furono proprio le religioni del Dio dell'ammore. Basarla sul reciproco rispetto: questo la rende regola d'oro. Se poi viene anche l'amore, meglio. Ma con giudizio perchè l'eccesso di amore, nella sua possessiva assolutezza irrazionale, a differenza del rispetto, può anche uccidere e far uccidere. Quindi più dell'amore, vale l'empatia, la solidarietà umana, basata appunto su una razionale presa d'atto del valore antropologico del principio di reciprocità.
Più ti conosco e più ti apprezzo Ipazia. E davvero mi stupisce e mi sembra frutto di pregiudizio, stucchevole, non appropriata ai tuoi attuali interlocutori questa diatriba che hai suscitato o anche solo alimentato tra cosiddetti teisti e non teisti. E' davvero radicata in te, e non solo in te a dire la verità, una avversione così grande, così completa, così definitiva nei confronti delle religioni in generale e di quella cristiana in particolare. 

Temo dunque che, in questo caso, ogni contraddittorio sia sterile e ogni argomentazione contraria al tuo sentire non faccia che far divampare, in maniera progressivamente dirompente, la tua ostilità. Altri ne ha già dato prova fraintendendo, a più riprese, le parole di alcuni partecipanti al thread.

So bene, quindi, che la mia posizione corretta è quella di ritirarmi in buon ordine. Sembra un ossimoro ma è l'unico modo di "aiutare" il dialogo.

Ti dico solo un paio di cose che non sono una furbesca maniera di avere l'ultima parola perché sono certo che replicherai. E' che, con umiltà, desidero farti vedere una prospettiva che, chissà, può avere una sua ragione d'essere. Ti prometto che sarò brevissimo.

Quello che un ateo penso possa condividere del cristianesimo è la valenza che ad esso attribuiva Benedetto Croce. Il quale non era cattolico!

Per quello che invece concerne gli errori (non voglio farne una diminutio usando la parola errore ma solo alleggerire la discussione, se vuoi usare la parola genocidi, non mi adopererò certo per lenirne la imperdonabile gravità) commessi da tutte le religioni in generale e dalla religione cristiana in particolare io credo vada considerato il fatto che ogni istituzione è fatta da uomini. E gli uomini sbagliano. La mancata coerenza umana rispetto ad un ideale, tuttavia, non ne inficia il valore. Bisogna infine considerare che poche, forse nessuna istituzione umana che ha attraversato la storia, dai geroglifici sino ad oggi, è stata esente da orribili e tremendi errori. Non voglio sostenere che "mal comune mezzo gaudio" ma, semplicemente, che non esistono uomini all'altezza del loro ideale. Nonostante, spesso, sia buono.

Non lo dico come chiosa finale a mò di presa in  giro ma, se vuoi credermi, in assoluta sincerità: chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

InVerno

Citazione di: Ipazia il 25 Gennaio 2019, 08:42:25 AM
Etica della reciprocità

Vediamo di smantellare questo ennesimo fiore all'occhiello che teisti e simpatizzanti di tradizione cristiana si vogliono abusivamente attribuire.

La regola d'oro è una costante antropologica, eticamente fondamentale per ogni comunità di umani, dai bipedi pleistocenici ai superominidi. Mischiarla con l'amore la rende solo più retorica e contraddittoria. Infatti i primi a negarla nei fatti, i più evangelicamente o jihadicamente guerrafondai, furono proprio le religioni del Dio dell'ammore. Basarla sul reciproco rispetto: questo la rende regola d'oro. Se poi viene anche l'amore, meglio. Ma con giudizio perchè l'eccesso di amore, nella sua possessiva assolutezza irrazionale, a differenza del rispetto, può anche uccidere e far uccidere. Quindi più dell'amore, vale l'empatia, la solidarietà umana, basata appunto su una razionale presa d'atto del valore antropologico del principio di reciprocità.
A parte il fatto che il cristianesimo - come vedi dal tuo link- ha l'unicità di tradurla in attivo ("fai al prossimo tuo" anzichè "non fare") il che comporta una certa differenza in come intendere questa "costante" (per i cannibali -ad esempio- non esattamente una costante) non di poco conto, e che per esempio giustifica moti proattivi nei confronti dell'altro (compresa la conversione - anche coatta - se vuoi usare un esempio negativo). Mi pare che tu costruisca una fallacia dell'uomo di paglia. Se qualcuno ha affermato che senza religione non c'è etica\morale pace per lui, ma di solito si capisce che la religione ha (avuto?) l'effetto di rafforzare enormemente l'efficacia di comandamenti morali. Per farla spicciola, non è che prima che Mosè tornasse dalla montagna fosse accompagnato da una banda di stupratori incestuosi e bestemmiatori folli, e che prima delle tavole i suoi compari fossero delle bestie. E' che quando torna, le stesse regole che per buon senso erano già in larga parte accettate, erano scritte sulla pietra, ovvero c'è un salto di qualità in quanto queste regole potessero essere incisive e rispettate in una comunità.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

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