Filosofia e religione: il problema della salvezza

Aperto da sileno, 20 Gennaio 2019, 13:56:56 PM

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everlost

Ma di quale salvezza parlate, non capisco, da che cosa dovremmo essere salvati? Da una vita insopportabile, segnata da malattie, povertà, lavoro da sfinimento, fame, guerra, maltrattamenti, umiliazioni...o forse dalla morte che si porta via le persone care, ma in cambio offre pace e sollievo a chi non ha più nessuno e nulla da lasciarsi dietro, altro che il dolore? Per alcuni più fortunati, i radical- chic dell'esistenza, dalla nevrotica paura di vivere?

In ogni caso, come la vogliamo mettere, la filosofia è proprio un magro conforto per chi soffre.
Va bene per chi ha solo lievi problemi esistenziali e la pancia piena, come sottolinea Sari.
Tanti bei paroloni roboanti, tanto orgoglio della ragione, ma cosa sia la realtà lo capiamo solo quando stiamo seduti accanto a un letto d'ospedale, a guardare una persona amata che si spegne lentamente senza poter fare nulla per lei (o lui).
Dopo quel momento tutto cambierà, non saremo mai più gli stessi nei confronti della vita e degli altri.

C'è la fede in Dio e nell'aldilà che aiuta molto, non lo nego. Però bisogna crederci davvero tanto e smettere di ragionare.
Perfino una forte fede religiosa vacilla di fronte all'esperienza di un grande dolore, e ci si comincia a chiedere – ammesso che sia la prima volta – se davvero esiste lassù un Padre buono che promette eterna felicità ai suoi figli devoti, dopo averli fatti soffrire quaggiù nell'inferno dei viventi.
Nessuna spiegazione teologica, nessuna teoria può convincere quando si soffre.

Sinceramente non credo che esista salvezza là fuori e nemmeno in Cielo.
In fondo siamo solo dei bambini spauriti in cerca di conforto. Per tutta la vita cerchiamo di riprovare la sicurezza e la gioia che abbiamo sperimentato in braccio alla mamma, quando eravamo una sola cosa con lei, ma non la ritroveremo mai perché non c'è, da nessuna parte. Non ci può essere. Per questo la morte della madre è un evento devastante per qualsiasi uomo o donna, perché decreta il distacco definitivo da lei e fa percepire l'illusione creduta realtà.
Al tempo stesso, è anche l'inizio di un'esistenza nuova, più consapevole e attenta a quello che sta accadendo fuori dal cerchio magico in cui si era confinati.

Dunque, secondo me per ora non ci possono salvare né le filosofie né le religioni, per lo meno quelle tradizionali.
Resta la speranza – per molti fortunati una convinzione - che ci sia almeno uno scopo in tutto questo, invisibile ai nostri occhi, impalpabile e inverificabile, eppure reale.
A parte il fatto che in fondo, anche se Dio non fosse precisamente il padre amorevole che ci hanno descritto, ciò non significa che non esista a priori, magari sotto altra forma. Potrebbe essere impersonale, diffuso nella natura e in tutta la meravigliosa (o spaventosa) realtà in cui siamo immersi e che abbiamo appena iniziato a conoscere.
La vita biologica potrebbe essere solo uno dei tanti modi in cui questa divinità impersonale si manifesta, di sicuro non il più importante.
Ci ostiniamo a crederci il cuore dell'universo, mentre invece siamo solo un infinitesimale micoplasma in rapporto a una galassia...o anche meno. Se esistiamo o no come emanazione di questa ipotetica 'energia' divina, io penso che siamo comunque fondamentali. Come lo sono i topi, i pipistrelli e le balene, naturalmente...solo con qualche responsabilità in più dovuta all'intelligenza superiore.
E' poi la forma organica a renderci così vulnerabili e timorosi: se i traumi corporei non ci provocassero dolore fisico fino alla morte non saremmo così terrorizzati dal male, anzi, non saremmo neanche in grado di concepirne l'idea. Il concetto metafisico di male lo deriviamo proprio dalla nostra fragilissima carne.
E' così spaventoso per noi il male fisico, che l'abbiamo fatto provare perfino al figlio di Dio sceso in terra, costretto a patire la tortura del Calvario, inchiodato, trafitto da spine e lance e lasciato morire su una croce dopo lunga agonia. La sofferenza morale per Gesù non bastava, occorreva una reale e violenta sofferenza fisica perché Dio potesse dirsi veramente umano, quasi a pareggiare la tremenda punizione inflitta alle sue prime creature.

Ma a volte mi domando, se fossimo dei cyborg, cercheremmo ancora conforto nella religione? O serenità nella filosofia?
Un futuro transumanesimo - l'ennesimo spauracchio moderno - forse risolverà gran parte dei nostri problemi. Ne creerà altri, è indubbio, ma ci libererà dal dolore fisico e dal  terrore della morte biologica. Poi chissà.

focus - cyberg cervello computer

sgiombo

Citazione di: Sariputra il 25 Gennaio 2019, 18:36:18 PM
cit.@Sgiombo: Ma questi sono problemi in senso lato filosofici.Non solo filosofie religiose, ma anche (e secondo il mio parere molti meglio, con molto maggiori chances di essere veritiere e dunque efficaci) filosofie laiche (come peraltro mi sembra in realtà possa -per lo meno, se non anche debba- essere benissimo inteso pure il buddismo; l' 'h" non riesco proprio a mettercela).

Certo! Ambedue e comunque anche le filosofie religiose hanno la possibilità , come di fatto avviene in misura sempre maggiore, di essere seguite dai laici ( studiare le filosofie religiose non è più appannaggio di preti, monaci o teologi...). La differenza notevole è che le religioni forniscono una 'pratica' concreta di vita da seguire ed hanno una valenza che vorrebbe essere universalistica( si rivolgono cioè all'intelligente come al meno intelligente, al ricco come al povero, all'istruito come all'incolto), cosa che mi sembra altamente difficile per la filosofia in senso strettamente comune (nell'accezione comune del sentire della gente al riguardo della filosofia...).
Citazione
E perché mai?
Francamente non mi pare proprio.
Si può fare della filosofia laica più o meno "colta" o più o meno "popolare" esattamente come si può fare della filosofia religiosa più o meno "colta" o più o meno "popolare".



C'è da aggiungere, giusto per cercare di individuare delle specificità, che le filosofie religiose  (almeno quelle serie...) sono  accomunate da una riflessione sostanzialmente positiva e salvifica dell'esistenza ( ed hanno una comune  etica condivisa...anche se spesso seguita con incoerenza). Nella filosofia laica troviamo invece posizioni che vanno dall'A alla Z ed etiche altamente differenziate, financo totalmente contrarie l'una all'altra.
Citazione
Ma anche l' epicureismo (e altre filosofie laiche) svolge una riflessione sostanzialmente positiva e salvifica dell' esistenza (non nel senso della "vita eterna"; ma anche il buddismo si proprone, se ho ben capito, di arrivare alla fine dell' esistenza individuale).

Inoltre le religioni non sono meno cariche di posizioni che vanno dall' A alla Z ed etiche altamente differenziate, financo totalmente contrarie l'una all'altra delle filosofie atee.



Richiedono una preparazione molto, molto profonda e non alla portata di tutti. Sono quasi elitarie...sono un prodotto delle elite (da sempre) per le elite...Mentre le religioni hanno diversi gradi di comprensione, adatte cioè ai diversi gradi di comprensione delle persone, le filosofie laiche no...Ti immagini il casalingo della Contea che legge e capisce Hegel? O Kant? ...arabo puro! (e gran pennichelle...). In un futuro potremmo avere persone più preparate che potrebbero apprezzare meglio la filosofia, ma sinceramente dubito...Temo anzi che proprio la filosofia andrà a soccombere al pensiero unico scientista dominante  prima delle religioni stesse , che anzi in parte stanno riguadagnando terreno, alimentate dalle difficoltà del vivere che, come giustamente dice Kobayashi, riemergono prepotenti in questi anni difficili...Se pensi che il n°2 del regime comunista di Pol Pol si è convertito al Buddhismo e che diversi ex funzionari comunisti del regime si son fatti battezzare dagli evangelici (fonte AsiaNews)...capisci che, al momento, per i poveri la religione è ancora in vantaggio sulla filosofia.
Citazione
Sgiombo:

Ripeto che Francamente non mi pare proprio. Si può fare della filosofia laica più o meno "colta" o più o meno "popolare" esattamente come si può fare della filosofia religiosa più o meno "colta" o più o meno "popolare".

Esiste, accanto al raffinato e colto Feuerbah, anche un ateismo più popolare "alla Onfray" o "alla Odifreddi" (che considero popolare come filosofo, raffinatissimo come matematico, sia chiaro).



Sari:
Tanto per dare l'idea, si parla che nel continente sudamericano in soli vent'anni più di 180 milioni di persone hanno aderito ai movimenti neospiritualisti pentecostali evangelici. E il bacino "d'utenza" di questi movimenti  sta proprio nelle favelas più disperate. Vengono criticati perché si dice che approfittino della miseria e dell'ignoranza di questa gente, e in parte è vero, ma una mia  parente che vive in Brasile (Minas Gerais) mi diceva che non è proprio così. Queste organizzazioni offrono anche sostegno, aiuto e un senso di comunità che la politica e i vari partiti non sono più in grado di dare, essendo ormai rivolti solo a soddisfare il "mercato"...Quando sei solo e la pancia è vuota, non vai a leggere Schopenhauer o Nietzsche di solito...ti accontenti delle chiacchere del pastore strillone e confidi negli amici che ti sei fatto in chiesa...la cosa sembra "funzionare" meglio...
:(

Sg.

Comprendo bene, perché so che  La religione è il sospiro della creatura oppressa, è l'anima di un mondo senza cuore, di un mondo che è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo (Marx)


Sari
Ciao

P.S. Con questo non ho stabilito nessuna preferenza. Non ho innalzato la religiosità e non ho abbassato la filosofia, sia chiaro. Anche perché mi piacciono tutte e due...anche se sono un pò più negato per la seconda (limiti miei...) ;D

Sg
Lo so che sei una persona di grande, apprezzabile delicatezza, oltre che un amico.

InVerno

Citazione di: sgiombo il 25 Gennaio 2019, 18:35:04 PMMa che c' entra con la religione come preteso unico, necessario baluardo contro l' immoralità e la decadenza civile??

La religione non é certo un' alternativa obbligata per chi voglia combattere la barbarie capitalistica odierna (che si serve ideologicamente di vari irrazionalismi, spaziando dallo scientismo alle religioni e superstizioni).
Non c'entra niente, infatti non è una cosa che ho affermato e criticherei chi la dicesse.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

sgiombo

Sperando di riuscire (anche da parte mia; essendomici fatto deplorevolmente coinvolgere) a smetterla definitivamente con le polemichette da stadio fra "ultras" della religione e dell' ateismo, vorrei riformulare più chiaramente le mie obiezioni @ Ipazia (in particolare) perché mi sembra interessante soprattutto aiutarsi reciprocamente (con tutti gli amici del forum disposti a prendere in considerazione le mie proposte) a cercar di capire meglio che si può il mondo in cui viviamo.
 
Quello che trovo oscuro nelle tue convinzioni é il rapporto fra il monismo materialistico (che se non sbaglio hai ripetutamente affermato di seguire) e l' affermazione dell' esistenza (in particolare a livello umano) dell' "immateriale" (intenzioni coscienti, finalità o cause finali, ecc.) che lo trascende.
 
MI sembra (ma potrei sbagliarmi) che un punto di partenza comune da cui partire per spiegarci sia il "naturalismo": Nel mondo materiale naturale studiato dalla scienze in senso stretto o naturali (prescindendo almeno per il momento dalla questione se esaurisca la realtà in toto o meno) non sono ammissibili "ingredienti sopra- o comunque preter- naturali".
Come possono essere considerati di conseguenza gli "ingredienti umani" che caratterizzano quella peculiare parte del mondo materiale naturale (a tutti gli affetti ad esso appartenente) che é la cultura umana (per così dire, quel particolare "ramo" dell' albero della storia naturale che é la storia umana)?
Perché, almeno all' apparenza, l' uomo interferisce "liberamente" con la materia "deterministica" (almeno in senso debole, se scientificamente conoscibile; cosa che pure mi sembra da considerarsi una base di partenza condivisa per cercare di capire); e dunque come possono essere caratterizzate non contradditoriamente, in modo logicamente corretto, sensatamente queste "interferenze"?
 
La mia risposta pensa di salvaguardare il "naturale - materiale" ed il suo ineludibile determinismo (x lo - debole) separando (presupponendo un rapporto letteralmente di reciproca "trascendenza" fra di essi) il divenire naturale dal divenire mentale (anche se rilevando -in buon accordo con le scienze neurologiche- l' esistenza di correlazioni di tipo in senso lato "legiforme", ovvero necessarie, ineludibili fra i due).
 
Così che la realtà (fenomenica) materiale naturale includente la storia umana diviene deterministicamente in toto (storia umana compresa), mentre il pensiero umano (altrettanto fenomenico) nelle coscienze umane senza (impossibilmente, se é vera la scienza) interferirvi, diviene "parallelamente" a determinati processi neurofisiologici cerebrali ad esso necessariamente correlati ma con esso non causalmente interagenti; i quali determinati processi neurofisiologici cerebrali umani interferiscono causalmente col resto del mondo fisico materiale senza alcuna impossibile deroga dal suo divenire ordinato deterministicamente (x lo - deb.).
 
In questo modo mi sembra che si possano reciprocamente "incastrare in maniera congrua", considerare nella loro necessaria complementarietà (e non inammissibile contraddittorietà) la natura (meramente, unicamente causalistica) e la cultura (anche finalistica).
 
Mentre non credo lo si possa fare ammettendo un qualche dualismo "interazionistico" (a là Descartes) fra materiale e non materiale, che del materiale inevitabilmente violerebbe le regole (invece inderogabili!) del suo proprio divenire ordinato.
E men che meno identificando, considerando le stesse medesime "cose" (eventi; fenomenici) pensiero e cervello (il secondo sono processi neurofisiologici riducibili a reazioni chimiche a loro volta riducibili a eventi fisici; mentre i secondi sono, fra le tantissime altre cose, personali-private e pubbliche-politiche, ideologie, "ideali" e aspirazioni circa il futuro proprio e degli altri, credenze scientifiche, volontà, decisioni singolari e/o di massa, ecc.: due "ordini di cose" necessariamente coesistenti ma reciprocamente del tutto altre, diverse).

Ipazia

Citazione di: sgiombo il 26 Gennaio 2019, 10:18:35 AM
Sperando di riuscire (anche da parte mia; essendomici fatto deplorevolmente coinvolgere) a smetterla definitivamente con le polemichette da stadio fra "ultras" della religione e dell' ateismo, vorrei riformulare più chiaramente le mie obiezioni @ Ipazia (in particolare) perché mi sembra interessante soprattutto aiutarsi reciprocamente (con tutti gli amici del forum disposti a prendere in considerazione le mie proposte) a cercar di capire meglio che si può il mondo in cui viviamo.

Quello che trovo oscuro nelle tue convinzioni é il rapporto fra il monismo materialistico (che se non sbaglio hai ripetutamente affermato di seguire) e l' affermazione dell' esistenza (in particolare a livello umano) dell' "immateriale" (intenzioni coscienti, finalità o cause finali, ecc.) che lo trascende.

MI sembra (ma potrei sbagliarmi) che un punto di partenza comune da cui partire per spiegarci sia il "naturalismo": Nel mondo materiale naturale studiato dalla scienze in senso stretto o naturali (prescindendo almeno per il momento dalla questione se esaurisca la realtà in toto o meno) non sono ammissibili "ingredienti sopra- o comunque preter- naturali".
Come possono essere considerati di conseguenza gli "ingredienti umani" che caratterizzano quella peculiare parte del mondo materiale naturale (a tutti gli affetti ad esso appartenente) che é la cultura umana (per così dire, quel particolare "ramo" dell' albero della storia naturale che é la storia umana)?
Perché, almeno all' apparenza, l' uomo interferisce "liberamente" con la materia "deterministica" (almeno in senso debole, se scientificamente conoscibile; cosa che pure mi sembra da considerarsi una base di partenza condivisa per cercare di capire); e dunque come possono essere caratterizzate non contradditoriamente, in modo logicamente corretto, sensatamente queste "interferenze"?

D'accordo sulla Genesi tutta naturale, però ci sono almeno due passaggi che aumentano il grado di libertà della materia, 1) dalla materia inanimata a quella animata (medium DNA) 2) emergenza di una materia animata autocosciente evoluta (medium cultura)

Citazione
La mia risposta pensa di salvaguardare il "naturale - materiale" ed il suo ineludibile determinismo (x lo - debole) separando (presupponendo un rapporto letteralmente di reciproca "trascendenza" fra di essi) il divenire naturale dal divenire mentale (anche se rilevando -in buon accordo con le scienze neurologiche- l' esistenza di correlazioni di tipo in senso lato "legiforme", ovvero necessarie, ineludibili fra i due).

La trascendenza non è reciproca. Il "divenire mentale" agisce autonomamente, fatta la tara dei vincoli biologici e culturali.

Citazione
Così che la realtà (fenomenica) materiale naturale includente la storia umana diviene deterministicamente in toto (storia umana compresa), mentre il pensiero umano (altrettanto fenomenico) nelle coscienze umane senza (impossibilmente, se é vera la scienza) interferirvi, diviene "parallelamente" a determinati processi neurofisiologici cerebrali ad esso necessariamente correlati ma con esso non causalmente interagenti; i quali determinati processi neurofisiologici cerebrali umani interferiscono causalmente col resto del mondo fisico materiale senza alcuna impossibile deroga dal suo divenire ordinato deterministicamente (x lo - deb.).

Per me al contrario il divenire mentale, il pensiero umano, non è ricompreso nel determinismo "galileiano", ma crea un universo "artificiale" di oggetti materiali e immateriali non previsti dal trantran genetico naturale. Rispettando ovviamente i paletti biochimicofisici imposti dalla natura, le fatidiche "leggi naturali", nel caso di manipolazioni materiali e nell'organismo produttivo del pensiero.

Citazione
In questo modo mi sembra che si possano reciprocamente "incastrare in maniera congrua", considerare nella loro necessaria complementarietà (e non inammissibile contraddittorietà) la natura (meramente, unicamente causalistica) e la cultura (anche finalistica).

Mentre non credo lo si possa fare ammettendo un qualche dualismo "interazionistico" (a là Descartes) fra materiale e non materiale, che del materiale inevitabilmente violerebbe le regole (invece inderogabili!) del suo proprio divenire ordinato.
E men che meno identificando, considerando le stesse medesime "cose" (eventi; fenomenici) pensiero e cervello (il secondo sono processi neurofisiologici riducibili a reazioni chimiche a loro volta riducibili a eventi fisici; mentre i secondi sono, fra le tantissime altre cose, personali-private e pubbliche-politiche, ideologie, "ideali" e aspirazioni circa il futuro proprio e degli altri, credenze scientifiche, volontà, decisioni singolari e/o di massa, ecc.: due "ordini di cose" necessariamente coesistenti ma reciprocamente del tutto altre, diverse).

L'interazione purtroppo c'è, non del pensiero direttamente, ma dei suoi artefatti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 26 Gennaio 2019, 18:08:51 PM


D'accordo sulla Genesi tutta naturale, però ci sono almeno due passaggi che aumentano il grado di libertà della materia, 1) dalla materia inanimata a quella animata (medium DNA) 2) emergenza di una materia animata autocosciente evoluta (medium cultura)
Citazione
Il passaggio dalla materia inanimata a quella vivente, tramite le reazioni chimiche fra acidi nucleici, proteine e altro non mi sembra minimamente problematico.
Malgrado ci sia ancora chi lancia improbabili guanti di sfida alla biologia scientifica proprio a proposito dell' origine della vita, concezioni "vitalistiche", in passato assai fiorenti, mi sembrano oggi complessivamente relegate a nicchie di integralisti -diciamo così- "con scarsa voce in capitolo", almeno a livello scientifico (per quanto non poco popolata e tutt' altro che priva di mezzi di propaganda, data la sua funzionalità al mantenimento dei vigenti assetti sociali).
Cioé, la riduzione del biologico al chimico-fisico non mi sembra problematica (mentre quella del cosciente al biologico -cerebrale- mi sembra impossibile).
 
Dell' emergenza (a partire dalle leggi di natura deterministiche -x l - d-) dell' umanità autocosciente credo che non sia possibile ammettere che essa porti a sospensioni o deroghe di tali leggi.
Per questo mi sembra necessario considerare il pensiero umano cosciente come effettivamente  "trascendente" le leggi naturali (ovvero non avente con esse nulla a che fare, né nel senso che le rispetta né nel senso che le viola).


Citazione
La mia risposta pensa di salvaguardare il "naturale - materiale" ed il suo ineludibile determinismo (x lo - debole) separando (presupponendo un rapporto letteralmente di reciproca "trascendenza" fra di essi) il divenire naturale dal divenire mentale (anche se rilevando -in buon accordo con le scienze neurologiche- l' esistenza di correlazioni di tipo in senso lato "legiforme", ovvero necessarie, ineludibili fra i due).

La trascendenza non è reciproca. Il "divenire mentale" agisce autonomamente, fatta la tara dei vincoli biologici e culturali.
Citazione
Per trascendenza reciproca intendo che ciascuno dei due "tipi" di realtà (fenomenici) "procede", diviene senza interferenze e condizionamenti da- su- l' altro "tipo".




Per me al contrario il divenire mentale, il pensiero umano, non è ricompreso nel determinismo "galileiano", ma crea un universo "artificiale" di oggetti materiali e immateriali non previsti dal trantran genetico naturale. Rispettando ovviamente i paletti biochimicofisici imposti dalla natura, le fatidiche "leggi naturali", nel caso di manipolazioni materiali e nell'organismo produttivo del pensiero.
Citazione
A me sembra che il rispetto inderogabile dei "paletti" deterministici (x l - d) del naturalismo non possa consentire la comparsa e sviluppo in continuità col resto pre-umano del mondo materiale - naturale (ma casomai lo consenta "trascendentalmente", ovvero senza reciproche interferenze) di un universo "artificiale" di oggetti materiali e immateriali non previsti dal trantran genetico naturale.


Citazione
In questo modo mi sembra che si possano reciprocamente "incastrare in maniera congrua", considerare nella loro necessaria complementarietà (e non inammissibile contraddittorietà) la natura (meramente, unicamente causalistica) e la cultura (anche finalistica).

Mentre non credo lo si possa fare ammettendo un qualche dualismo "interazionistico" (a là Descartes) fra materiale e non materiale, che del materiale inevitabilmente violerebbe le regole (invece inderogabili!) del suo proprio divenire ordinato.
E men che meno identificando, considerando le stesse medesime "cose" (eventi; fenomenici) pensiero e cervello (il secondo sono processi neurofisiologici riducibili a reazioni chimiche a loro volta riducibili a eventi fisici; mentre i secondi sono, fra le tantissime altre cose, personali-private e pubbliche-politiche, ideologie, "ideali" e aspirazioni circa il futuro proprio e degli altri, credenze scientifiche, volontà, decisioni singolari e/o di massa, ecc.: due "ordini di cose" necessariamente coesistenti ma reciprocamente del tutto altre, diverse).

L'interazione purtroppo c'è, non del pensiero direttamente, ma dei suoi artefatti.
Citazione
Ma per determinare artefatti materiali il pensiero non dovrebbe comunque già interagire causalmente col mondo naturale - materiale (provocandovi effetti di sue proprie causazioni mentali)?

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