fenomenologia materiale dell'"IO"

Aperto da and1972rea, 21 Ottobre 2020, 17:57:02 PM

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and1972rea


L'impossibilità di spiegare il fenomeno dell'autocoscienza sulla base del concetto materiale di estensione spaziotemporale è , a mio avviso, l'antico e invalicabile limite cartesiano di ogni futura neuroscienza che volesse proporsi di descrivere fisicamente l' IO come una delle tante forme, per quanto complessa, della materia. Cartesianamente parlando, si potrebbe dire che due cose estese che pensano sé stesse, per quanto fisicamente identiche fra loro, ma fra loro distinte nello spazio ,non possono razionalmente essere concepite come la stessa cosa estesa che pensa sè stessa, da cui l'inferenza che la cosa pensante più in generale non può essere descritta come un fenomeno dalle caratteristiche spazialmente materiali . Come possiamo , infatti, razionalmente immaginare di poter guardare negli occhi una perfetta copia materiale di noi stessi ,posta dinanzi a noi ,e percepire in siffatta maniera il nostro essere IO al contempo sia dentro che fuori di noi? È cartesianamente evidente ,quindi, che quella perfetta copia di nostri occhi dentro cui stiamo osservando nasconde un' alterità rispetto al nostro IO , la quale ALTERITÀ non può essere materialmente descritta nelle categorie di spazio e tempo; in questo esperimento mentale le due identità materiali a confronto consistono, infatti, almeno per un certo lasso di tempo, della stessa identica conformazione materiale sino all'ultimo stato quantico della più insondabile delle particelle che le compongono , ma esse non sono la medesima autocoscienza, perché basterà anche solo una lieve perturbazione esterna al loro sistema costituito fisicamente ,nel prima o nel dopo lungo lo scorrere del tempo che le unisce ,per disvelare e sancire la loro primigenia e reciprocamente indipendente ,passata e futura alterità rispetto alla loro presente identità.  Quali sono le vostre posizioni riguardo a questo particolare aspetto della fenomenologia materiale dell'"IO"? l' impossibilità logica di poter disegnare nel mondo o ritagliare da esso un modello autocosciente del "sich befinden" è davvero razionalmente dimostrabile ?

viator

Salve and72rea. Complimenti per l'argomento. Non è assolutamente dimostrabile logicsmente-razionalmente per il semplice motivo che l'Io (che io preferisco trattare come "il sè" anche per escludere eventuali implicazioni solipsistiche), risultando in un relativo, sarà appunto sempre influenzato da- ma mai consistente in- ciò che lo circonda.
Ciascuno di noi sarà un albero con infiniti rami tentacolari afferenti od inferenti le cui terminazioni lo connettono a tutto il resto dell'esistente. In una simile foresta ciascun "sè" arboreo sarà contemporaneamente individuale, individuabile, ma dipendente dal resto.


Il mondo, infine, è costituito solamente da originali. La apparente conformità di qualsiasi presunta copia tra i suoi contenuti, rappresenta solo l'imperfezione del potere risolutivo "ottico" di chi la osservi. Ciò secondo me vale per i contenuti di qualsiasi genere, inclusi quelli psichici o metafisici. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

paul11

 L'io è impossible dimostrarlo per la scienza, perché tratta  i fenomeni e non l'ontologia.
Può accettarlo, ma non dimostrarlo, come effetto se non è fisicalismo stretto.
Lo accetta come evenienza quindi come può accettare la mente rispetto alla fisicità del cervello, lo osserva come effetto comportamentale psicologicamente, ma è impossibile fisicamente vederlo, udirlo, sperimentarlo.
E questo è un assurdo, un assurdo gnoseologico .
Perchè significa che grazie ad un "io"  strutturata in psiche ,   coscienza e intelligenza, quindi un agente conoscitivo  , pensa. Il pensato del soggetto è assurdamente dimensionato nel dimostrabile scientifico che non riesce a dimostrare il proprio "essere" grazie al quale può conoscere. E' un cortocircuito illogico e aporistico. Non conosciamo noi stessi che pensiamo,  non lo riconosciamo in quanto indimostrabile sperimentalmente, ma pretendiamo che l'inconosciuto conosca razionalmente sperimentalmente nel dimostrabile del sensibile l"oggettività".


La metafisica greca ha trattato l'argomento prima come dualismo in Platone che credeva nella metempsicosi dei pitagorici , quindi c'è un'anima e c'è un corpo fisico .E' l'anima che entra in un corpo fisico  ed è l'anima che sussiste come reincarnazione, almeno per Platone.
Aristotele tenta un'unificazione con l'ilemorfismo , ma lo stesso Cartesio ripropone il dualismo delle due res, extensa e cogitans.


Dal punto di vista squisitamente scientifico non può essere la fisica classica a trovare risposte, forse gli sviluppi della meccanica quantistica.


I termini razionale, dimostrabile, reale, hanno mutato il dominio rappresentativo nei passaggi culturali

and1972rea

Citazione di: viator il 21 Ottobre 2020, 19:19:29 PM


Il mondo, infine, è costituito solamente da originali. La apparente conformità di qualsiasi presunta copia tra i suoi contenuti, rappresenta solo l'imperfezione del potere risolutivo "ottico" di chi la osservi. Ciò secondo me vale per i contenuti di qualsiasi genere, inclusi quelli psichici o metafisici. Saluti.



Ho trovato interessante questa tua considerazione  ,che stride con la visione astratta che la scienza ha del mondo  ,e  secondo cui ,per esempio  ,non è rilevante quali delle n-miliardi di molecole di 5-idrossitriptamina disponibili in un organismo umano circolino in una certa area del suo cervello in un dato istante per modificare il suo stato d'animo , ma solo il loro numero neutro.
Secondo questa visione tecnica del mondo  il nostro "sé" consiste in una certa quantità di materia disposta in un determinato modo in una certa porzione dello spazio fisico e del tempo; e al pari di qualsiasi altro fenomeno fisico, questa visione tecnica del mondo pretende di considerarlo come fenomeno riproducibile, quindi duplicabile e replicabile... ; l'autocoscienza , secondo questa visione tecnico-razionale del mondo, può davvero essere riprodotta al pari di una reazione chimica...

viator

Citazione di: and1972rea il 22 Ottobre 2020, 18:16:57 PM
Citazione di: viator il 21 Ottobre 2020, 19:19:29 PM


Il mondo, infine, è costituito solamente da originali. La apparente conformità di qualsiasi presunta copia tra i suoi contenuti, rappresenta solo l'imperfezione del potere risolutivo "ottico" di chi la osservi. Ciò secondo me vale per i contenuti di qualsiasi genere, inclusi quelli psichici o metafisici. Saluti.


Salve and72rea. Sono compiaciuto del tuo interesse per le mie argomentazioni. Permettimi comunque di precisare, inserendo mio commento in grassetto all'interno della tua replica :

Ho trovato interessante questa tua considerazione  ,che stride con la visione astratta che la scienza ha del mondo  ,e  secondo cui ,per esempio  ,non è rilevante quali delle n-miliardi di molecole di 5-idrossitriptamina disponibili in un organismo umano circolino in una certa area del suo cervello in un dato istante per modificare il suo stato d'animo , ma solo il loro numero neutro (intendesi : la loro quantità).
Secondo questa visione tecnica (fisicistico-quantitativa) del mondo  il nostro "sé" consiste in una certa quantità di materia disposta in un determinato modo in una certa porzione dello spazio fisico e del tempo; (perfetto : il nostro sè consiste in una certa FORMA (=insieme delle relazioni) in cui sono disposti gli ingredienti materiali di certe parti del nostro encefalo ed il funzonamento della coscienza risulta dall'attività energetica che si svolge tra di essi) e al pari di qualsiasi altro fenomeno fisico, questa visione fisicistica del mondo pretende di considerarlo come fenomeno riproducibile, quindi duplicabile e replicabile... (nelle sue strutture, le quali sarebbero appunto generate dalla FORMA, ma non nella sua individuale specificità) ; l'autocoscienza , secondo questa visione fisicistico-razionale del mondo, può davvero essere riprodotta al pari di una reazione chimica...la quale potrà generare gli stessi "composti" aventi la stessa forma, la medesima struttura, uguale utilizzo e proprietà ma consisteranno in una certa quantità di atomi e molecole in qualche modo difformi dai loro pretesi "originali" perchè appunto "altri" da essi.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

L'Io somatico è del tutto evidente al suo portatore quando si guarda allo specchio. Pare funzioni anche con alcuni animali evoluti. La tecnologia ha inoltre moltiplicato i riscontri fenomenologici dell'io somatico. Anche l'apparato sensoriale agevola l'autoidentificazione. Il mio dito a contatto col fuoco mi conferma a velocità luminale che sono io (e non te, o chiunque altro)

L'io psicologico è un tantino più arzigogolato in linea col carattere immaginifico dell'animale sapiens. Ma, salvo dissociazioni psicotiche, psiche e soma finiscono col mettersi d'accordo sull'autodefinizione dell'io, giovandosi pure delle ricerche neuro-psico-scientifiche che non fanno altro che convalidare quello che già si era capito: se io penso/muoio, non sei tu o chiunque altro a pensare/morire.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

and1972rea

Citazione
... quale potrà generare gli stessi "composti" aventi la stessa forma, la medesima struttura, uguale utilizzo e proprietà ma consisteranno in una certa quantità di atomi e molecole in qualche modo difformi dai loro pretesi "originali" perchè appunto "altri" da essi.



E concordo con te nel dire che in quel "qualche modo difformi" risiede , quindi, la non riproducibilità e l'ineffabile  misteriosa unicità di qualsiasi fenomeno fisico. Ma il tecnicismo scientifico, invece, è costretto a costruire su entità elementari monoliticamente identiche ed in modo astratto perfettamente irriducibili i propri modelli del mondo, costringendo un quanto di energia  od un bosone a non essere per nulla difforme da alcun altro suo gemello, insieme a tutte le possibili loro identiche relazioni; giungendo al punto di poter ammettere in linea teorica la perfetta corrispondenza fisica di fenomeni naturali fra loro spaziotemporalmente distinti. Come a dire che ,se i costituenti elementari della natura non differiscono fra loro per ciò che di loro appare o si può conoscere,  allo stesso modo tutto ciò che da essi è fatto potrebbe logicamente condurre a fenomeni del tutto identici fra loro. Questo perché   , se non fosse permessa in linea di principio la perfetta  riproducibilità elementare  non sarebbe tecnicamente permessa nemmeno quella operativa e leggermente difforme

niko

 


Io ho una posizione abbastanza precisa su uno dei punti che hai sollevato, e cioè la percezione e la conoscenza sono sempre per definizione campo limitato, sezione "chiusa" di spazio e tempo in cui qualche dettaglio o qualche ulteriorità oltre l'orizzonte sfugge sempre. Direi che l'onniscienza non è possibile, o almeno non è una forma possibile di contemplazione del mondo, perché un essere onnisciente che contemplasse il mondo, dovrebbe includere nella sua conoscenza la differenza tra se stesso e il mondo, quindi dovrebbe sapere di non sapere: o rimane ipnotizzato dalla sua stessa contemplazione, e non sa di sé, quindi non è onnisciente, o contempla il mondo e insieme, simultaneamente, sa di sé, quindi sa che il mondo come oggetto attualmente contemplato è in qualche sia pur minima misura ulteriore alla/o differente dalla, rappresentazione che lui stesso ne ha, per giunta in un modo che lui stesso non può rappresentarsi e non può indicare fin nel minimo dettaglio, quindi non è onnisciente.


Esclusa l'onniscienza quindi, restano i campi percettivi limitati, ed è in questi campi percettivi limitati, che si decide della verità della tua affermazione "cartesiana" secondo cui una cosa autocosciente inclusa in uno spazio, non è e non sarà mai uguale a un'altra cosa identicamente autocosciente immaginata/posta in un altro punto dello stesso spazio: certamente l'affermazione è vera agli occhi di una terza "cosa", a cui attribuiamo una conoscenza o un campo percettivo superiore, che "veda" una porzione abbastanza estesa di spazio e sappia di tutte e due le altre "cose", ma che dire della soggettività delle due singole cose laddove abbiano un campo percettivo conchiuso in se stesso e limitato, tale da escludere l'altra cosa e non sapere nulla della sua esistenza? Sarà pure vero, che sono uno "qui" e uno "lì", ma il punto è che l'essere uno "qui" e uno "lì", soggettivamente a loro, magari per l'intera durata della loro esistenza autocosciente (vita), non fa nessun effetto, dire che "hanno la stessa autocoscienza" vuol dire dire, di loro, che vivono la stessa vita, quindi "lebnizianamente", per il principio di identità degli indiscernibili, quelle due, tre, n, infinite vite "distinte" che potrebbero avere, sono di fatto una, perché sono distinte agli occhi di un eventuale altro, e non mai, ai loro occhi. Se uno di loro nasce, lo scorrimento filmico sinottico del film di quest'unica vita, non cambia di una virgola. Se uno, o più, di loro muore, lo scorrimento filmico sinottico non cambia neanche così di una virgola, finché non muoiono tutti. Indeterminato più uno, fa indeterminato. Indeterminato meno uno, fa sempre indeterminato. Non abbiamo la minima, minimissima idea di quanto sia grande il mondo. Le galassie, i pianeti, gli universi oltre al nostro, i cicli di morte e rinascita dell'universo. Non abbiamo la minima idea di quante cose non sappiamo e non vediamo, e di quante cose simili scambiamo allegramente ed inconsapevolmente per uguali perché subliminali alla nostra soglia di percezione della differenza. Ci facciamo l'idea che la ogni vita nella sua specificità sia irripetibile e propria di un singolo individuo, perché semplice come idea, e scartiamo l'idea che ogni vita sia quello che succede a una collettività temporalmente e spazialmente indeterminata di individui a certe condizioni, perché complessa. Pensiamo che ogni stato dell'anima debba corrispondere a uno e un solo stato del corpo, secondo me niente di più falso, potenzialmente in natura si danno n stati del corpo per ogni stato dell'anima ed n stati dell'anima per ogni stato del corpo, il fatto che ogni individuo sia unico non può che derivare dalla complessità ed essere casuale, già è rara la vita in sé come fenomeno, posso accettare che ipotizzando un universo "effimero" nel tempo, e "piccolo", sia plausibile e statisticamente probabile, quindi argomentabile, che ad ogni coscienza corrisponda uno e un solo corpo, oltre una certa estensione e durata dell'universo o degli universi, che ci sia una e una sola sola coscienza pe ogni corpo mi pare sempre più assurdo assurdo fino a diventare assurdissimo all'infinito, il punto è che è la coscienza che giudica della identità o differenza di se stessa dalle altre coscienze, che sa quanti e quali simili accorperebbe come uguali secondo la sua preferenza e la sua funzione, non c'è un numero di serie con cui stampano le coscienze o un rapporto giuridico di proprietà che lega una coscienza al corpo, non c'è l'occhio di Dio che ci vede, ci appiccica la targhetta e ci dice: "tu sei qui e quell'altro lì", noi siamo qui o lì solo ed esclusivamente nella misura in cui di questo essere qui o lì ce ne frega o ci cambia qualcosa.


Proprio perché non è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra mente e corpo, ma un corpo può avere e una mente più corpi, sarebbe meglio considerare la coscienza una proprietà generica del mondo, e quindi dello spazio e del tempo, a cui certe conformazioni materiali hanno accesso,  nel senso che non penso che la materia generi a qualche condizione la coscienza, semmai la materia a qualche condizione "accede" a un campo di coscienza che è genericamente presente nel mondo a prescindere dalle condizioni della materia, questo spiegherebbe anche perché il reale è intersoggettivo, se nel pensare ci connettiamo a una "dimensione" della coscienza preesistente, c'è un limite all'arbitrarietà e alla singolarità del
pensiero, perché i pensatori non pensano ognuno singolarmente, ma convergono verso la comune realtà che permette loro di pensare, quindi è un po' la questione aristotelica dell'intelletto agente, non basta l'idoneità organica del pensatore al pensiero, non basta l'idoneità fisica e logica del pensato ad essere
pensato, ci vuole una "luce" come elemento terzo impersonale del pensiero che connetta i due, la vista non dipende meramente dall'occhio e dai colori, ma dall'occhio dai colori e dalla luce, il pensatore non può pensare arbitrariamente senza limiti quel che vuole ma il pensiero ha una sua auto evidenza e
oggettività, esattamente perché e nella misura in cui certe cose sono solo incidentalmente pensate ma
esisterebbero anche se non fossero pensate, ma pensatore e pensato non sono due monadi in accordo ma due cose illuminate dalla stessa luce, la relazione che pensatore e pensato hanno tra di loro, rimanda alla relazione che ognuno di loro ha in comune con un terzo, quindi il pensiero si compone di un terzo
elemento che non è propriamente né oggettivo ne soggettivo, ma impersonale, quindi è vero che il pensiero ha un elemento atopico e intemporale, che la vita non è solo corpo e, oltre al corpo con il cervello dentro e alla cosa da pensare, come prerequisiti effettivi del pensiero, possiamo pensare qualcosa solo grazie a una generica e non locale attività del pesare, che non si predica specificamente del corpo o del pensato, che non è loro attributo, e che quindi questa attività sembra non stare nel mondo, ma essere propria di un dio o comunque avveniente in una dimensione trascendente, però se questa attività si
manifesta e si esaurisce nel connettere gli estesi, nel rivelare i rapporti che gli estesi hanno e ad altre condizioni non avrebbero (facendo così scorrere i "film" dei vari vissuti sullo "schermo" dei vari cervelli)
rimanda a quello che gli estesi hanno in comune ed è sostanza, è immanente, non è fuori dallo spazio e dal tempo, ma è quello che hanno in comune, lo spazio e il tempo, quello che hanno in comune le parti arbitrariamente possibili, dello spazio e del tempo; insomma possiamo pensare perché siamo composti
degli stessi elementi, degli stessi semi, di quello che pensiamo, e se alcune cose sembrano pensare e
altre no, la differenza è nei rapporti quantitativi di questi compositivi comuni, non c'è nessuna "qualità" intrinseca che dà la vita e fa pensare, né nella materia, ne in un altrove trascendente, semplicemente a certi livelli di complessità le parti in cui si può scomporre la materia, restano in relazione anche a distanza tra di loro, e quindi con lo spazio e col tempo. Chiamiamo disordinata, una distribuzione di elementi che sembra in relazione col solo spazio, insieme di cose buttate in giro alla rinfusa, e ordinata, una che sembra in relazione con lo spazio e col tempo, cioè che contenga registrazioni, stati della serie che sono sé stessi ma che potrebbero plausibilmente essere anche la traccia dell'ultimo elemento percepito attraverso momenti distinti, che allo sguardo sintetizzante e sinottico di una eventuale coscienza raccontino dello scorrere del tempo, che il tempo sia effettivamente trascorso o no.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

anthonyi

Citazione di: and1972rea il 21 Ottobre 2020, 17:57:02 PM

L'impossibilità di spiegare il fenomeno dell'autocoscienza sulla base del concetto materiale di estensione spaziotemporale è , a mio avviso, l'antico e invalicabile limite cartesiano di ogni futura neuroscienza che volesse proporsi di descrivere fisicamente l' IO come una delle tante forme, per quanto complessa, della materia.

Ciao and1972rea, non sono molto ferrato in queste questioni filosofiche, un contributo però lo posso dare. Sembra sia stata scoperta, nei mammiferi, l'esistenza di un singolo neurone, di dimensioni migliaia di volte superiori agli altri, ed interconnesso con tutte le funzioni del cervello. Che sia lì l'IO fisico ?
Dopo questa notizia positiva, ce n'è una negativa, altre ricerche neurologiche hanno dimostrato che il nostro pensiero cosciente spesso non coincide temporalmente con gli effetti fisici del pensiero stesso. In altri termini quando noi crediamo di aver pensato e deciso una determinata cosa, in realtà percepiamo solo la proiezione di un processo mentale inconscio che si è realizzato un po' prima.

Jacopus

#9
Per Anthony. Non ho notizie in merito a questo macroneurone, la cui scoperta è estremamente interessante. Potresti approfondire il punto, magari con qualche link? A proposito dell'azione che precede la sua consapevolezza, credo che ti riferisca agli esperimenti di Libet, compiuti quasi mezzo secolo fa. L'esperimento era relativo a premere un pulsante e Libet dimostrò che l'area supplementare motoria decideva 0,8 secondi prima che il soggetto decidesse di premere il pulsante.
Questa esperimento è ampiamente utilizzato per negare la libera volontà umana. Le obiezioni a questa visuale sono molteplici. La più comune riguarda il fatto che premere un tasto è una attività automatica di una semplicità spaventosa, che implica necessariamente l'attivazione di procedure automatiche semiconsce. Lo stesso automatismo non è mai stato possibile verificarlo sperimentalmente a proposito di scelte morali più complesse, dal "lancio dell'uomo grasso" in sú.


Sulla domanda generale, direi che da Cartesio ad oggi sono stati fatti molti passi avanti nella conoscenza della percezione della propria soggettività e riferirsi ancora alla duplicità cartesiana della res extensa e della res cogitans, per quanto meritoria in termini di conservazione storica del sapere, non ha più alcuna seria possibilità di essere considerato un paradigma accettabile.
Su quest'argomento, semplificando molto, vi è una posizione totalmente fisicalista, per cui "l'Io è il cervello" (Churchland), e una posizione di mediazione per cui "l'Io è il cervello +qualcos'altro" e in questo qualcos'altro è stata messa la cultura, il corpo nella sua totalità, l'Altro ( ovvero l'intersoggettività come relazione), la stessa complessità della neocorteccia, che ha permesso di porsi il problema della identità, un po' come accade ad Hal in "2001, Odissea nello spazio".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi


Per Jacopus, purtroppo non ricordo dove ho letto le notizie sulla ricerca sul macroneurone, riguardo poi alla questione del "tempo della scelta" in realtà mi riferivo ad esperimenti assai più recenti.
Comunque questi esperimenti, più che puntualizzare l'arbitrarietà delle scelte, evidenziano la relatività di quella che chiamiamo coscienza.

InVerno

Si, infatti ci sono esperimenti più recenti che arrivano quasi a 10secondi di anticipo sull'azione, e comunque premere un bottone seppur è evidentemente un azione molto semplice richiede una serie di "decisioni" che se elencate per intero sono tutto sommato molto complesse, compreso il tempo a in cui si è chiamati a risolverle tutte prima dell'azione. Ma quello ha più a che fare con un altro retaggio antropocentrico, ovvero il concetto di "libero arbitrio" che con il concetto di "autocoscienza", entrambi sarebbero il punto di rottura che ci divide dal resto della natura, ed entrambi sono picconati costantemente ogni volta che esce uno studio scientifico, tanto che io penso ormai siano posizioni di minoranza.. Penso che quello che chiamiamo "coscienza" non è un oggetto, ma un unità di misura (come il grammo), che qualititivamente può raggiungere una complessità tale da meritare suffissi e prefissi (come "auto" o "kilo"), ma l'idea di andare a cercare materialmente la coscienza, è altrettanto ingenua quanto imbarcarsi in un avventura alla ricerca del "grammo".
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Phil

Seguendo lo spunto di anthonyi, ho trovato questo articolo (in inglese), questo (in italiano) e questo (dell'istituto che ha fatto la ricerca).
Da profano, mi sembra che più si studia il cervello, più si dimostra attendibile una lettura meccanicistica della mente, della coscienza, etc. che sembrano trascendenti soprattutto se vissute in prima persona (proprio come altri episodi fisiologici di stimolo/risposta), ma se analizzati in terza persona, ovvero studiando scientificamente il cervello altrui, pare che sia una questione di interazioni immanenti piuttosto demistificate (anche se credo si sia ancora lontani da una spiegazione oggettiva inconfutabile).

Dante il Pedante

#13
Al momento la neuroscienza non ha ancora dimostrato un caxxo sulla autocoscienza. Solo ipotesi e teorie. Se sono bravi come quelli che studiano il covid  ;) ..L'esperimento di Libett è ampiamente superato.Sono interessanti i più recenti studi sul "libero veto" piuttosto che sul libero arbitrio, che dimostrebbero le capacità della mente di fare scelte libere. la visione meccanicistica è ormai preistoria ;D
Famoso anche l'esperimento di questi ricercatori. Essi, attraverso la tecnica della pattern recognition hanno studiato la scelta di alcuni volontari, che avrebbero dovuto decidere quale tra due bottoni avrebbero dovuto premere. Essi scrivono:
«Abbiamo verificato che il risultato di una decisione può essere codificato nell'attività cerebrale della corteccia prefrontale e parietale fino a 10 secondi prima che il soggetto raggiunga la consapevolezza. Questo ritardo, presumibilmente, riflette l'operazione di una rete di aree di controllo di alto livello che cominciano a preparare una decisione imminente ben prima che venga raggiunta la consapevolezza».
In poche parole, per loro, è l'inconscio a determinare l'attività conscia (Fonte: Nature - Unconscious determinants of free decision in human brain). Ma attenzione a non lasciarsi ingannare...

    Innanzitutto, essi riuscivano sì a prevedere quale pulsante avrebbero premuto i volontari, ma con un'accuratezza del 60%, una percentuale non troppo alta se si tiene presente che la scelta era duale e che, tirando a indovinare, essi avrebbero avuto una precisione non troppo inferiore, ovvero del 50%. Ne consegue che essi non hanno scoperto che l'inconscio determina la decisione, ma che semplicemente un desiderio inconscio può spingere in una direzione piuttosto che l'altra.
    Veniva chiesto ai soggetti di premere il tasto non appena avrebbero sentito l'impulso. Il soggetto non doveva quindi "fermare" l'impulso, qualora lo volesse, per non compromettere l'esperimento. Quante volte sentiamo un impulso e lo fermiamo?
    Possiamo, anche qui, rivolgere la critica temporale: 10 secondi non sono anni...
    La corteccia prefrontale ha connessioni reciproche con tutti i sistemi motori ed è connessa con aree che riguardano la memoria e le emozioni. Non ha tuttavia connessioni dirette con aree motrici. Essa serve anche a mantenere informazioni o decisioni pre-stabilite. Da qui si capisce che essa non è determinante, sia per la posizione, sia perché non ha connessioni dirette con le aree della morale o del pensiero cognitivo. Anche se è lei a consigliare cosa fare (o, semplicemente, a simulare l'azione), lei riguarda solo i movimenti (Fonte: Giuseppe di Pellegrino - La corteccia prefrontale)... Bisogna comunque dire che è in parte legata a disturbi quali la schizofrenia e quindi potrebbe influenzare il comportamento (ma "influenzare" è una cosa diversa da "determinare"). Forse, il comportamento non buono della corteccia prefrontale determina un malfunzionamento della vicina memoria emotiva, ma non sta a me dire queste cose.
    Anche la corteccia parietale è legata ai movimenti, oltre alle informazioni visive, uditive e spaziali. Un danneggiamento di essa produce aprassia, ovvero un disturbo che coinvolge i movimenti (Fonte: Università di Venezia - Cervello). Anche questa non è legata alle scelte morali.
    Forse, le aree in questione, stavano semplicemente creando l'immagine visiva di un'azione pre-stabilita da compiere in quello spazio, suggerendo come compierla e quale bottone premere. Insomma, solo un suggerimento...
    La scelta era casuale: non avevano motivazioni per premere un tasto piuttosto che l'altro. È possibile che, di fronte a situazioni del genere, sia il cervello che produce "a random" l'azione. Io, forse, avrei accettato questa spiegazione se la previsione fosse stata precisa al 90%, non al 60%...
    Forse queste persone non avevano ancora deciso quale tasto premere, ma è possibile che l'attività della zona prefrontale stesse solo riflettendo il pensiero su cosa premere: se i volontari pensavano più intensamente al tasto destro (da premere, secondo l'esperimento, con la mano destra) che al sinistro (da premere con la sinistra) è logico che l'attività della zona cerebrale "simuli" l'attività della mano destra, ma non necessariamente il volontario deve muovere la mano destra per premere il pulsante, come il 40% di indeterminazione effettivamente dimostra. Quindi, è logico che ci sia un'attività cerebrale prima della decisione cosciente (Fonte: Filippo Tempia - Decisioni libere e giudizi morali).


È evidente che le interpretazioni di Haynes & co. sono frutto di idee preconcette (basta vedere l'impostazione fortemente riduzionistica dell'articolo) e sono incredibilmente forzate e arbitrarie.

da Falena Blu

Padrone dacci fame, abbiamo troppo da mangiare.La sazietà non ci basta più. Il paradosso di chi non ha più fame,ma non vuol rinunciare al piacere di mangiare.(E. In Via Di Gioia)

niko

#14
Citazione di: Dante il Pedante il 25 Ottobre 2020, 14:00:33 PM
Al momento la neuroscienza non ha ancora dimostrato un caxxo sulla autocoscienza. Solo ipotesi e teorie. Se sono bravi come quelli che studiano il covid  ;) ..L'esperimento di Libett è ampiamente superato.Sono interessanti i più recenti studi sul "libero veto" piuttosto che sul libero arbitrio, che dimostrebbero le capacità della mente di fare scelte libere. la visione meccanicistica è ormai preistoria ;D
Famoso anche l'esperimento di questi ricercatori. Essi, attraverso la tecnica della pattern recognition hanno studiato la scelta di alcuni volontari, che avrebbero dovuto decidere quale tra due bottoni avrebbero dovuto premere. Essi scrivono:
«Abbiamo verificato che il risultato di una decisione può essere codificato nell'attività cerebrale della corteccia prefrontale e parietale fino a 10 secondi prima che il soggetto raggiunga la consapevolezza. Questo ritardo, presumibilmente, riflette l'operazione di una rete di aree di controllo di alto livello che cominciano a preparare una decisione imminente ben prima che venga raggiunta la consapevolezza».
In poche parole, per loro, è l'inconscio a determinare l'attività conscia (Fonte: Nature - Unconscious determinants of free decision in human brain). Ma attenzione a non lasciarsi ingannare...

    Innanzitutto, essi riuscivano sì a prevedere quale pulsante avrebbero premuto i volontari, ma con un'accuratezza del 60%, una percentuale non troppo alta se si tiene presente che la scelta era duale e che, tirando a indovinare, essi avrebbero avuto una precisione non troppo inferiore, ovvero del 50%. Ne consegue che essi non hanno scoperto che l'inconscio determina la decisione, ma che semplicemente un desiderio inconscio può spingere in una direzione piuttosto che l'altra.
    Veniva chiesto ai soggetti di premere il tasto non appena avrebbero sentito l'impulso. Il soggetto non doveva quindi "fermare" l'impulso, qualora lo volesse, per non compromettere l'esperimento. Quante volte sentiamo un impulso e lo fermiamo?
    Possiamo, anche qui, rivolgere la critica temporale: 10 secondi non sono anni...
    La corteccia prefrontale ha connessioni reciproche con tutti i sistemi motori ed è connessa con aree che riguardano la memoria e le emozioni. Non ha tuttavia connessioni dirette con aree motrici. Essa serve anche a mantenere informazioni o decisioni pre-stabilite. Da qui si capisce che essa non è determinante, sia per la posizione, sia perché non ha connessioni dirette con le aree della morale o del pensiero cognitivo. Anche se è lei a consigliare cosa fare (o, semplicemente, a simulare l'azione), lei riguarda solo i movimenti (Fonte: Giuseppe di Pellegrino - La corteccia prefrontale)... Bisogna comunque dire che è in parte legata a disturbi quali la schizofrenia e quindi potrebbe influenzare il comportamento (ma "influenzare" è una cosa diversa da "determinare"). Forse, il comportamento non buono della corteccia prefrontale determina un malfunzionamento della vicina memoria emotiva, ma non sta a me dire queste cose.
    Anche la corteccia parietale è legata ai movimenti, oltre alle informazioni visive, uditive e spaziali. Un danneggiamento di essa produce aprassia, ovvero un disturbo che coinvolge i movimenti (Fonte: Università di Venezia - Cervello). Anche questa non è legata alle scelte morali.
    Forse, le aree in questione, stavano semplicemente creando l'immagine visiva di un'azione pre-stabilita da compiere in quello spazio, suggerendo come compierla e quale bottone premere. Insomma, solo un suggerimento...
    La scelta era casuale: non avevano motivazioni per premere un tasto piuttosto che l'altro. È possibile che, di fronte a situazioni del genere, sia il cervello che produce "a random" l'azione. Io, forse, avrei accettato questa spiegazione se la previsione fosse stata precisa al 90%, non al 60%...
    Forse queste persone non avevano ancora deciso quale tasto premere, ma è possibile che l'attività della zona prefrontale stesse solo riflettendo il pensiero su cosa premere: se i volontari pensavano più intensamente al tasto destro (da premere, secondo l'esperimento, con la mano destra) che al sinistro (da premere con la sinistra) è logico che l'attività della zona cerebrale "simuli" l'attività della mano destra, ma non necessariamente il volontario deve muovere la mano destra per premere il pulsante, come il 40% di indeterminazione effettivamente dimostra. Quindi, è logico che ci sia un'attività cerebrale prima della decisione cosciente (Fonte: Filippo Tempia - Decisioni libere e giudizi morali).


È evidente che le interpretazioni di Haynes & co. sono frutto di idee preconcette (basta vedere l'impostazione fortemente riduzionistica dell'articolo) e sono incredibilmente forzate e arbitrarie.

da Falena Blu




Non è che magari migliori la precisione solo del più dieci percento da cinquanta, che avresti comunque perché la probabilità di scelta tra due tasti è quella, a sessanta, usando una tecnologia particolare, perché una tecnologia che preveda in anticipo quale pulsante tra due possibili premerà un uomo a partire dall'analisi della sua attività cerebrale è roba complicatissima da fantascienza, quindi in quanto costruita da altri uomini è imperfetta, quindi più che un miglioramento di prevedibilità del dieci percento sul risultato casuale non ti dà, e già e tanto e sorprendete quello? Magari una macchina simile costruita da alieni avanzatissimi ti porta all'ottanta, al novanta, al cento...
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

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