Facciamo un po' il "punto" sul "punto"!

Aperto da Eutidemo, 26 Dicembre 2021, 13:24:16 PM

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Phil

#60
@Eutidemo

Sulla circonferenza che "diventa" retta, ho anch'io le mie perplessità: avrai notato che infatti ho parlato di «essere (asintoticamente?) una retta»(autocit.), con il concetto di asintoto che spiega bene come siamo in un caso-limite (quasi un esperimento mentale) e già parlando con viator avevo optato per «retta apparente» con «curvatura impercettibile». Tuttavia ho letto online che è una questione da matematici seri per cui ho preferito non addentrarmi in discorsi troppo tecnici per me (anche perché non questo è il punto del topic).

Citazione di: Eutidemo il 02 Gennaio 2022, 06:54:43 AM
le "entità infinitamente piccole" (come il "punto"), non avendo dimensioni, non sono per loro natura "misurabili"
Forse questa è la confusione cruciale: «infinitamente piccolo» non significa «privo di dimensione». La suddetta distanza asintotica (fra circonferenza che tende all'infinito e retta) si riduce all'infinto ma non è mai zero, così come dividendo un numero infinite volte non ottengo l'assenza di numeri, né zero. Per questo anche l'infinitamente piccolo, proprio in quanto tale, non può diventare a-dimensionale, ossia una forma, caratterizzata da almeno due dimensioni, non può mai perdere tali dimensioni e diventare un punto privo di dimensioni (una forma può solo diventare più piccola o più grande, magari all'infinito, ma non può diventare altro-da-sé come fosse un bruco che diventa farfalla; in questo sta la rigidità concettuale della definitoria matematica). L'esser forma (o retta o circonferenza) esclude il poter diventare punto, non può esserci continuità dimensionale in tale processo; come non può esserci continuità fra il bidimensionale e il tridimensionale: se anche aumento all'infinito le dimensioni di una forma bidimensionale non diventerà mai tridimensionale; infatti per renderla tridimensionale non ho bisogno di "saturare" le due dimensioni, ma mi basta aggiungere la terza, anche ad una figura di dimensioni modeste; lo stesso vale anche all'inverso: diminuendo la misura ad una coppia di dimensioni (altezza/larghezza) non ottengo l'assenza di dimensione.

Per quanto riguarda il «quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili»(cit.) non credo possa essere considerato un concetto matematico, proprio perché la matematica moderna (quella scolastica, oltre non vado), come ci ricorda iano, comprende anche il concetto di infinito o, più semplicemente, non prevede che ci sia un quadrato con un lato che non possa essere diviso. L'apparente aporia nasce solo se pensiamo di poter inserire l'esistenza di tale "quadrato definitivo" in una matematica che considera i numeri naturali (e le misure) infiniti; ma in fondo, come detto, l'unica necessità che può spingerci a considerare tale "superlativo assoluto" è una necessità pratico-empirica, fuori dalle concettualizzazioni matematiche (che con l'infinità dei numeri tolgono le basi logiche per proporre il superlativo assoluto).

P.s.
Abbi pazienza, ma non ho individuato quali sono i paradossi nelle mie considerazioni.

Eutidemo

Ciao Phil. :)
Quanto ai tuoi paradossi, la circonferenza che diventa una  "retta apparente" con una  "curvatura impercettibile" mi sembra appunto un evidente paradosso; ed infatti una linea o è "curva" o è "retta", ma non può essere un po' l'una o un po' l'altra.
Una donna non può essere "incinta soltanto un pochino"!
;)
***
Quanto alla questione dei "matematici seri", non è tanto che io preferisca non  addentrarmi in discorsi troppo tecnici; ma è proprio che non se sono in grado, anche volendo.
Sono troppo incompetente in materia!
Però, visto che i "matematici seri" li vedo litigare anche tra di loro, ne desumo che anch'essi, tutto sommato, non abbiano poi le idee tanto chiare riguardo a certe problematiche.

***
Quanto al fatto che, secondo me, le "entità infinitamente piccole", non avendo dimensioni, non sono per loro natura "misurabili", mi sembra che su questo tutti i matematici siano d'accordo; ma forse, appunto per ignoranza, su tale punto mi sbaglio.
***
D'altronde, secondo me, anche le "entità infinitamente grandi", non avendo dimensioni "misurabili", si confondono un po' tra di loro; come i gatti al crepusculo, che sembrano tutti grigi.
Ed infatti, davanti ad una "retta di lunghezza infinita", come fai a sapere se si tratta:
- del "lato" di un quadrato infinitamente grande;
- ovvero della "circonferenza" di un cerchio infinitamente grande;
- ovvero di "entrambe le cose" contemporaneamente?
***
Tu mi risponderai che sai che è il "lato" di un quadrato infinitamente grande perchè tu parti dal presupposto che sia un quadrato; ma io potrei replicare che so che è la "circonferenza" di un cerchio infinitamente grande, in quanto io parto dal presupposto che sia un cerchio.
Ma non c'è modo di saperlo!
***
Peraltro, quando tu scrivi che "l'infinitamente piccolo, proprio in quanto tale, non può diventare a-dimensionale" e poi, però, aggiungi che "il punto è privo di dimensioni", cadi in manifesta  contraddizione; ed infatti il punto (per unanime parere di tutti i matematici) è senz'altro un'entità geometrica "infinitamente piccola", ma nessuno dubita che sia "adimensionale" e, quindi,  "non misurabile".
***
Tu cerchi di aggirare l'ostacolo sostenendo che, però, "una "forma geometrica dimensionale non può diventare altro-da-sé come se fosse un bruco che diventa farfalla"; e, cioè, che una forma, caratterizzata da almeno "due dimensioni", non può mai perdere tali dimensioni e diventare un punto "privo di dimensioni".
***
Ma allora, partendo dalla tua stessa premessa, ne consegue che un "segmento di retta", in quanto caratterizzato soltanto da "una dimensione" (la lunghezza), accorciato all'infinito diventa un punto "privo di dimensioni"; cos'altro diventerebbe, senno?
***
Stando così le cose, quindi, se accorciamo all'infinito il "segmento di retta" che costituisce il lato di un quadrato, cosa ci resta di tale lato  se non un punto "privo di dimensioni"?
***
E come fa un quadrato che ha per lato un punto "privo di dimensioni" ad avere delle dimensioni?
Ovviamente non ce l'ha, perchè ormai è diventato un punto pure lui.
***
Di conseguenza, se vogliamo insistere a dire che "esser forma esclude il poter diventare punto", perchè non può esserci continuità dimensionale in tale processo, allora ne consegue che una forma geometrica infinitamente piccola non può esistere, perchè non sarebbe più una forma.
Sulla qual cosa possiamo anche essere d'accordo, in quanto, poichè l'unica cosa davvero infinitamente piccola è il "punto", allora ne potrebbe logicamente conseguire che una forma geometrica "infinitamente piccola" semplicemente non può esistere!
***
Quanto al fatto che non può esserci continuità fra il bidimensionale e il tridimensionale, a me sembra che:
- se aumenti  all'infinito la larghezza di un piano, ne ricavi un cilindro aperto di grandezza infinita;
-se, invece, accorci  all'infinito la larghezza di un piano, ne ricavi una retta.
***
Per quanto, infine, riguarda il "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" non so se possa essere considerato un concetto matematico; però, poichè esiste senz'altro l'insieme di "tutti i quadrati misurabili", non vedo per quale motivo non dovrebbe essere astrattamente concepibile il "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili"   e il il "quadrato misurabile più grande di tutti gli altri quadrati misurabili".
Sebbene, come più volte ho ripetuto, si tratterebbe comunque di un concetto dalle implicazioni paradossali.
***
Un saluto! :)
***

baylham

Non trovo che le argomentazioni di Phil siano paradossali, mi sembrano logicamente ineccepibili.
Conosco poco di geometria, ma molti dei problemi che sollevi Eutidemo sono stati risolti in matematica con la definizione di limite. Ad esempio il limite di un segmento di una circonferenza di un cerchio il cui raggio tende ad infinito è un segmento di retta. Oppure il limite di un quadrato o di un cubo il cui lato tende a zero è un punto. Penso che siano dimostrabili algebricamente.
L'esistenza del quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili è possibile in pratica laddove ci siano o si pongano dei limiti alla misurazione.

Phil

Citazione di: Eutidemo il 02 Gennaio 2022, 15:53:05 PM
Quanto ai tuoi paradossi, la circonferenza che diventa una  "retta apparente" con una  "curvatura impercettibile" mi sembra appunto un evidente paradosso; ed infatti una linea o è "curva" o è "retta", ma non può essere un po' l'una o un po' l'altra.
Non colgo la paradossalità: l'aggettivo «apparente» falsifica la natura di ciò a cui si riferisce, a differenza di «impercettibile». Detto altrimenti: parlare di «retta apparente» significa parlare di qualcosa che non è una retta, ma lo sembra (così come parlare di un «miracolo apparente» significa parlare di qualcosa che in realtà non è un miracolo, anche se lo sembra); invece parlare di «curvatura impercettibile», significa parlare comunque di una curvatura, seppur molto difficile da percepire, non di una retta (come se dicessi che fra due corridori c'è stata un'impercettibile differenza al traguardo; ovviamente «impercettibile» qui significa «ridottissimo», altrimenti non potremmo nemmeno parlarne). Quindi nessun paradosso: «retta apparente» o «curvatura impercettibile» si riferiscono entrambi ad una circonferenza con raggio che tende all'infinito, seppur, come detto, sia un «caso-limite» (lieto che baylham abbia colto l'allusione al limite come operazione matematica).

Citazione di: Eutidemo il 02 Gennaio 2022, 15:53:05 PM
Peraltro, quando tu scrivi che "l'infinitamente piccolo, proprio in quanto tale, non può diventare a-dimensionale" e poi, però, aggiungi che "il punto è privo di dimensioni", cadi in manifesta  contraddizione; ed infatti il punto (per unanime parere di tutti i matematici) è senz'altro un'entità geometrica "infinitamente piccola", ma nessuno dubita che sia "adimensionale" e, quindi,  "non misurabile".
Anche qui non sono affatto sicuro della apparente contraddizione che rilevi: i matematici definiscono il punto come «adimensionale», ma davvero lo definiscono "unanimemente" anche «infinitamente piccolo»? Hai qualche fonte al riguardo?
Se anche così fosse, non vi sarebbe paradossalità all'interno nella mia posizione, che resterebbe coerente (basandosi proprio sulla da me presunta differenza fra adimensionalità e infinitamente piccolo), ma sarebbe di certo una considerazione ad auctoritatem che smentirebbe la plausibilità matematica delle mie elucubrazioni (ubi maior...).

Citazione di: Eutidemo il 02 Gennaio 2022, 15:53:05 PM
un "segmento di retta", in quanto caratterizzato soltanto da "una dimensione" (la lunghezza), accorciato all'infinito diventa un punto "privo di dimensioni"; cos'altro diventerebbe, senno?[/size]
***
Stando così le cose, quindi, se accorciamo all'infinito il "segmento di retta" che costituisce il lato di un quadrato, cosa ci resta di tale lato  se non un punto "privo di dimensioni"?
Queste due domande partono dal presupposto che qualcosa debba necessariamente diventare altro da sé (a dispetto della rigidità delle definizioni matematiche); se non erro, il tendere a meno o più infinito è il modo in cui i matematici risolvono la questione, senza "snaturare" rette, figure, etc. ma non sono in grado di entrare in dettaglio (più di quanto abbia già accennato).

Per quanto riguarda i cambiamenti di dimensione:
Citazione di: Eutidemo il 02 Gennaio 2022, 15:53:05 PM
- se aumenti  all'infinito la larghezza di un piano, ne ricavi un cilindro aperto di grandezza infinita;
Un piano ha due dimensioni; un cilindro "aperto" non è più un cilindro (anche le due circonferenze agli estremi diventano infinite? e lo spazio intermedio fra loro e la superficie laterale aperta? degli infiniti che si delimitano a vicenda sono ancora infiniti?): nessun cilindro diventa bidimensionale, quello dell'"apertura del cilindro" è solo un espediente narrativo per aiutare i bambini a capire la geometria usando l'immaginazione; l'"apertura" di un cilindro, non è un'operazione matematica che consente il passaggio da tre dimensioni a due (concetti matematici ed infinto a parte, puoi sperimentarlo concretamente tu stesso, puoi provare tale "apertura" con un cilindro di pongo o altro; ti accorgerai che la bidimensionalità non è raggiungibile nel mondo a tre dimensioni...).

Citazione di: Eutidemo il 02 Gennaio 2022, 15:53:05 PM
-se, invece, accorci  all'infinito la larghezza di un piano, ne ricavi una retta.
Per definizione, una retta ha una sola dimensione, ogni piano sempre due; dunque anche questa è, a suo modo, una variante del quadrato che tende a rimpicciolirsi all'infinito, quindi preferisco non ripetermi né annoiarti... all'infinito.

iano

#64
Citazione di: baylham il 02 Gennaio 2022, 16:59:23 PM
Non trovo che le argomentazioni di Phil siano paradossali, mi sembrano logicamente ineccepibili.
Conosco poco di geometria, ma molti dei problemi che sollevi Eutidemo sono stati risolti in matematica con la definizione di limite. Ad esempio il limite di un segmento di una circonferenza di un cerchio il cui raggio tende ad infinito è un segmento di retta. Oppure il limite di un quadrato o di un cubo il cui lato tende a zero è un punto. Penso che siano dimostrabili algebricamente.
L'esistenza del quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili è possibile in pratica laddove ci siano o si pongano dei limiti alla misurazione.
Infatti non vi è alcun paradosso, ma il vero tema di questa discussione è come fare ad aiutare Eutidemo a capire, anche se lui non ci dice cosa intende per capire.  Allora forse aiuterebbe Eutidemo considerare che, un concetto che lui ben possiede e ben capisce è certamente quello di velocità, che però nella analisi matematica usata da Newton si ottiene con un processo al limite sulla velocità media, perché sono certo che quando lui pensa alla velocità non pensa ad una velocità media, l'unica misurabile, ma alla velocità istantanea, non misurabile, ma ottenibile per calcolo come limite della velocità media.
Nella geometria di Euclide, quella con cui di fatto tutti noi continuiamo ad intuire la realtà, le velocità non sono importanti, perciò Euclide non ha bisogno di introdurre il concetto di limite.
Al massimo nella sua geometria alle figure è richiesto di traslare per giustapporsi con altre, e non importa con quale velocità lo facciano.
Per inciso non è banale notare che la geometria Euclidea, secondo i matematici di oggi, si caratterizza proprio per la invarianza delle figure per traslazione, ciò che corrisponde alla nostra esperienza reale, tanto che ci sembra un di più doverlo assumere assiomaticamente.
I matematici moderni, trovandosi in presenza di una molteplicità di geometrie non euclidee, sono riusciti però  a mettervi ordine distinguendole logicamente in relazione ai loro diversi tipi di invarianza.
Ci sono geometrie dove le figure traslando variano.
Ad esempio quelle geometrie che non ammettono il quinto postulato di Euclide , e per le quali ad esempio due rette qualsiasi si incontrano sempre in almeno un punto.
Sembrerebbe una astrusaggime inutile, ma in effetti è la geometria che usano navi ed aerei.
Comandanti di navi ed aerei in vena di battute potrebbero dire...Euclide chi?


Recentemente ho preso un aereo per la prima volta in vita mia.
Conoscendo la dinamica di Newton avrei dovuto aspettarmi quel che ho provato, ma invece mi sono sorpreso a sentirmi fermo andando a 800 km/ h, ma questo Euclide non c'è lo aveva detto.


Appena ci spostiamo dal nostro tran tran quotidiano, la geometria Euclidea sulla quale poggia gran parte della nostra intuizione, è quanto di meno ci possa servire.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Però non è facile far decollare il nostro intuito e non è forse questo il vero punto in discussione?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Freedom

#66
Ciao Eutidemo,
non so se hai mai visto il film di Salvatores "Nirvana". Vedendolo, tanti anni fa, mi colpì la parte interpretata da Abatantuono il quale si rese conto che la sua vita si svolgeva all'interno di un videogioco. Lo capì rilevando alcune incongruenze della sua vita che si svolgeva all'interno del videogioco. Piano piano arrivò al limite estremo aprendo una porta che dava sul nulla (il videogioco aveva, logicamente, una fine).

Ecco il tuo pensare al punto e alle sue incongruenze geometrico-logiche mi ha fatto venire in mente quel film. E ad un altra cosa veramente complicatissima come il tempo. Tu rilevi contraddizioni logiche incontrovertibili. Ed ad uno spirito assetato di conoscenza non basta la classica risposta: il punto serve per misurare. Le contraddizioni logiche non sono argomento del presente ragionamento. :D  Tra l'altro non solo il punto, di fatto, non esiste come entità misurabile ma anche la mono dimensione e la bi dimensione, in effetti, non hanno riscontro nella realtà materiale. Esiste solo la tri dimensione. La quale tuttavia è formata da tutto quello che ho appena elencato. E' infatti motivo di perplessità riscontrare che tutta realtà è basata e misurata! (quindi non sono chiacchiere ma roba da ingegneri) da un qualcosa che non ha dimensione, che dunque non esiste nello spazio.
Inoltre, passando per il punto infinite rette, ne consegue che oltre a non avere dimensione è pure infinito!

Mi viene anche da pensare che il punto mi ricorda lo 0 matematico. Altro valore che dà luogo ad incongruenze molto rilevanti. Allo 0 si tende a dare valore nullo ma, per esempio, + infinito e - infinito = 0. Ne deriva che con 0 potremmo indicare niente popò di meno che tutto. Laddove dentro tutto ci sta anche l'infinito positivo e negativo.

Insomma da perderci la testa........ :)
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

green demetr

@eutidemo@ipazia@phil
due rette si incontrano all'infinito (dunque è un cerchio).
si tratta di un assioma fatto dalle matematiche alternative a quella di euclide, ormai ce ne sono tante, ma quella è la principale avendo riscontro in campo di fisica nucleare.

L'infinito diventa misurabile nel momento che lo computo come tale, ossia come simbolo matematico
dimodo che ininito-1= infinito.
assumendolo come assioma, da lì arriva la logica di godel etc...
il concetto di infinito è invece altra cosa.

Insomma Eutidemo non si tratta tanto di capire in maniera reale, ma di applicare le formule e dire che quelle formule sono il reale (capirai bene che quindi litigano per qualcosa di grosso).
io comunque sono propenso all'intersezione infinita dei piani.
non ho ricevuto feedback forse serve immagine.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

Eutidemo


Ciao Phil. :)
Quando tu parli di rette "apparenti" e di curve "impercettibili", sinceramente, a  me sembra che tu confondi un tantino la "geometria" con l'"ottica".

OTTICA E GEOMETRIA
Ed infatti, non c'è dubbio che, sotto il profilo dell'"ottica", l'orizzonte del nostro pianeta:
- si manifesti come una "apparente" linea "retta" (tanto è vero che il 5% degli Italiani è ancora convinto che la Terra sia piatta):

- ma che, in effetti, si tratti soltanto di una "impercettibile" linea curva (come si può distintamente vedere da un satellite:

***
Ed invero, sempre restando nel campo dell'"ottica", ovvero, se preferisci, della "fenomenologia della percezione visiva", come tu, stesso correttamente  scrivi (ed io sottoscrivo):
- parlare di una "retta apparente" significa parlare di qualcosa che non è una retta, ma lo sembra soltanto (così come l'orizzonte visto dalla spiaggia);
- parlare di una "curvatura impercettibile" significa parlare di una "curvatura" difficile da "percepire" da vicino, e che, invece, diventa sempre più "percepibile" mano a mano che se ne allontana (così come l'orizzonte visto da un satellite).
***
Non c'è parimenti dubbio, invece, che, sotto il profilo della "geometria", una linea o è "curva" o è "retta"; e, questo, a prescindere da come fisicamente ci appare sotto il profilo dell'"ottica", ovvero, se preferisci, della "fenomenologia della percezione visiva".

FONTI SULLA "PICCOLEZZA DEL PUNTO"
Quanto alle "fonti" che mi hai chiesto, le quali definiscono il punto come "infinitamente piccolo", potrei citarti:
1)
Daniil Charms, ("Casi" Adelphi Books):

2)
O.Lagerkrantz ("Scrivere come Dio" Ed. Marietti):

3)
G. Szpiro ("L'enigma di Poincaré" Odifreddi Ed.Apogeo):

E potrei continuare a lungo!
***
Ma c'era davvero bisogno di dover citare delle "fonti", per mettersi d'accordo sul fatto, ovvio, che il punto è  "infinitamente piccolo", e, quindi. è "privo di dimensioni"?
Ed infatti, ragionando "a contrario", saresti forse mai in grado di spiegarmi cosa mai sarebbe un punto "finitamente piccolo", e, quindi "fornito di dimensioni"?

IL PRINCIPIO DI NON CONTRADDIZIONE
Quanto al fatto che qualcosa possa e/o debba necessariamente diventare "altro da sé", non è certo mia intenzione quella di ledere il "principio di non contraddizione" (sebbene oggi venga messo anch'esso in discussione); io dico semplicemente che, mutandone le condizioni e le circostanze che ne determinano le caratteristiche, deve necessariamente mutare anche la corrispondente definizione originaria di un qualche cosa.

CAMBIO DI DIMENSIONI
Stando così le cose, quindi, se accorciamo all'infinito il "segmento di retta" che costituisce il lato di un quadrato, cosa ci resta di tale lato  se non un punto "privo di dimensioni"?
Ed infatti, un "segmento di retta" accorciato "all'infinito", assume indubbiamente le caratteristiche di un "punto"; o, almeno, sia pure nella mia "crassa" ignoranza matematica, a me, logicamente, sembra così!
***
Circa il fatto che, se aumenti  all'infinito la larghezza di un piano, ne ricavi un "cilindro" di grandezza infinita, per semplificare il discorso, avevo appunto precisato che ci tratta di "cilindro aperto", e, cioè, senza superfici chiuse ai due lati; ma, volendo, possiamo ipotizzare pure loro, quali cerchi di area infinita che chiudono gli estremi di un cilindro infinitamente grande.
Il discorso non cambia!
***
Comunque non riesco a capire:
- perchè ti stupisca tanto che da "un piano a due dimensioni" portate all'infinito, possa scaturire un cilindro a "tre dimensioni";
- mentre non  ti stupisce affatto che da "una retta  ad una singola dimensione", portata all'infinito, possa scaturire un cerchio infinito a "due dimensioni".
"Simul stabunt aut simul cadent"; il discorso non cambia!
***
Come non cambia per qualsiasi "forma geometrica", la quale, estesa o ridotta all'infinito, più che "diventare altra da se stessa", perde il senso "formale" della sua definizione in "misura finita"!
***
D'altronde da "un piano a due dimensioni" esteso all'infinito in larghezza e lunghezza, non scaturisce forse una "sfera di grandezza infinita"?
Ed infatti, basta un qualsiasi minimo accenno di convessità o di concavità della sua superficie, ed ecco che potremo avere una sfera:
- di "gigantesca grandezza" (come il nostro sole);
- ma non certo di "infinita grandezza".
***
Non devi cadere nell'errore dell'"apparenza" e della "percettibilità" delle forme a livello "fenomenologico"; le quali, in un mondo "non fisico", possono soltanto indurci in errore.
Come ho cercato di spiegare in premessa!

CONCLUSIONI
In effetti, però, mi rendo conto che non sei tu ad annoiare me, bensì sono io ad annoiare te; anche perchè, come più volte ho ripetuto, in matematica e geometria sono sempre stato un somaro patentato!
Figuriamoci cosa ne posso capire delle "matematiche moderne"; a parte il constatare che anche i "matematici moderni", a volte, litigano tra di loro (così come fecero Russel e Wittgenstein circa la "teoria degli insiemi")!
***
Ho provato a farmene un'idea, ma, purtroppo:
- avendo fatto il liceo classico mi mancano gli strumenti cognitivi adeguati;
- anche se li avessi , temo molto che la mia conformazione mentale non sia molto adeguata ad affrontare certe tematiche.
***
Pertanto:
- benchè il mio "modo di ragionare" continui a ripetermi interiormente che "ho ragione", ed a portarmi sempre alle medesime conclusioni;
- tuttavia il mio "buon senso" mi induce invece a ritenere che, molto probabilmente, "ho torto marcio".
Ed infatti non posso certo essere un buon giudice in una materia che non mi è per niente congeniale!
"Sutor, nec supra crepidam!"
;D
***
In conclusione, quindi, anche poichè non possiamo continuare a girare in tondo "all'infinito" sulle stesse cose, i direi che è meglio darci un taglio, mettendoci sopra una croce.
O meglio, un bel PUNTO!       
***
Un saluto! :)
***
***


niko

#69
Io credo che il punto matematico con tutte le sue conseguenze paradossali, che non sono certo in grado di risolvere, appartenga alle tipiche conseguenze logiche di un pensiero che ricerca ad ogni costo l'unità del reale: infatti, se tutto è uno, ne consegue che tutto è composto da parti nulle.


viceversa se tutto fosse composto da parti essenti/autosussistenti, quindi da "atomi" e non da "punti", non sarebbe uno (perché la parte potrebbe mostrare a certe condizioni la qualità di poter esistere anche senza il tutto, tutto che sarebbe quindi contingente: in altre parole, gli atomi non sono frazioni, perché non rimandano al concetto di un uno originario frazionato in essi stessi e quindi in atomi; i punti hanno invece sempre qualcosa in comune con le frazioni, perché avendo una esistenza solo posizionale, hanno una esistenza che trae riconoscibilità e senso solo dal tutto, di cui la parte-punto è parte, infatti si può avere una posizione solo rispetto ad altre posizioni, e quindi solo essendo parte di un tutto).


E se tutto è composto da parti nulle, allora tutto non esiste, infatti, quantomeno il fantastico mondo della geometria pura è un mondo che appare abbastanza unificato al suo interno da poter essere pensato come concettuale/spirituale, un mondo di punti e non di atomi.


Infatti, un punto contiene infiniti punti al suo interno, e la famosa tetractis pitagorica (la quale propone come oggetto di intuizione e meditazione il parallelismo tra la successione dei primi quattro numeri interi uno, due, tre e quattro, e i quattro modi fondamentali a complessità crescente di pensare e organizzare lo spazio, adimensionalità, monodimensionalità, bidimensionalità e tridimensionalità, con queste due serie unificate concettualmente dalla serie "mediatrice" delle prime quattro figure a occupazione dimensionale crescente individuabili univocamente col minor numero possibile di punti da uno a quattro: punto, retta, piano e tetraedro) è immaginabile anche come la conseguenza di una serie di eccezioni a complessità crescente rispetto allo stato di massima semplicità iniziale in cui infiniti punti coincidono semplicemente tra di loro in un medesimo punto (un punto che contiene infiniti punti sovrapposti).


Ovvero la condizione di disegnabilità della retta e la genesi della bidimensionalità "a partire" dal punto, intendo la condizione stessa che ci siano nello spazio due punti non coincidenti, rispetto al punto-di-punti che abbiamo assunto come "iniziale", è la forma minima "elementare" delle infinite forme possibili in cui può in linea di principio darsi la non-coincidenza di tali punti, con un solo punto che differisce singolarmente dal luogo di coincidenza "perfetta" degli infiniti altri, un solo atto di prelevamento e spostamento, e quindi disaggregazione, di una di queste infinite parti nulle di cui sembra comporsi l'uno; a seguire, la condizione di disegnabilità del piano è una eccezione di non allineamento di un singoli punto rispetto agli infiniti altri sulla retta, e la condizione di disegnabilità del tetraedro è una eccezione di non complanarità di un punto rispetto a un'infinità di punti complanari, insomma tutte eccezioni a una regola iniziale di posizione e con-posizione identica ottenibili facendo la differenza nello spostare e riposizionare concettualmente un solo punto dalla serie infinita di altri.




Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Phil

@Eutidemo

Corsivo mio:
Citazione di: Eutidemo il 02 Gennaio 2022, 15:53:05 PM
il punto (per unanime parere di tutti i matematici) è senz'altro un'entità geometrica "infinitamente piccola"
Citazione di: Eutidemo il 03 Gennaio 2022, 11:53:33 AM
Quanto alle "fonti" che mi hai chiesto, le quali definiscono il punto come "infinitamente piccolo", potrei citarti:
Daniil Charms, ("Casi" Adelphi Books):
O.Lagerkrantz ("Scrivere come Dio" Ed. Marietti):
G. Szpiro ("L'enigma di Poincaré" Odifreddi Ed.Apogeo):
E potrei continuare a lungo!
Gli autori che hai citato, Charms e Lagercrantz, sono, se non erro, poeti e scrittori, non matematici; il che mi fa sospettare che nella loro interpretazione "artistica" del punto non siano fedelissimi alla definizione matematica standard, come per altro schiettamente riportata da wikipedia e Treccani (oltre che, mi sbilancio senza nemmeno controllare, dai manuali di matematica).
Per quanto riguarda la citazione da G. Szpiro, non sono sicuro si tratti di una attenta definizione in ambito matematico; leggiamo il passo:
«Aveva una buona ragione per non amare molto il nome di famiglia: foneticamente, in francese, suona come "punto quadrato" e fin dal tempo degli antichi greci si sà che il punto é infinitamente piccolo e certo non quadrato. Quel suo "nome sbagliato" irritava notevolmente il futuro matematico».(cit.)
Se davvero hai altre fonti matematiche, non esitare a postarle... tutto il resto puoi già trovarlo nei manuali.

Ipazia

#71
Al netto di tutti i deliri metafisici, il punto ha la sua essenza ontologica nell'indicare la posizione e lo può, anzi deve, fare in assenza di una sostanza  sua propria, così come la retta, il piano, il volume, le cui dimensioni procedono per grado, in una coerente bellezza di forma matematica immateriale, dove la bruttezza sofistica non incide.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#72
Citazione di: Phil il 03 Gennaio 2022, 13:23:20 PM
@Eutidemo

Corsivo mio:
Citazione di: Eutidemo il 02 Gennaio 2022, 15:53:05 PM
il punto (per unanime parere di tutti i matematici) è senz'altro un'entità geometrica "infinitamente piccola"
Citazione di: Eutidemo il 03 Gennaio 2022, 11:53:33 AM
Quanto alle "fonti" che mi hai chiesto, le quali definiscono il punto come "infinitamente piccolo", potrei citarti:
Daniil Charms, ("Casi" Adelphi Books):
O.Lagerkrantz ("Scrivere come Dio" Ed. Marietti):
G. Szpiro ("L'enigma di Poincaré" Odifreddi Ed.Apogeo):
E potrei continuare a lungo!
Gli autori che hai citato, Charms e Lagercrantz, sono, se non erro, poeti e scrittori, non matematici; il che mi fa sospettare che nella loro interpretazione "artistica" del punto non siano fedelissimi alla definizione matematica standard, come per altro schiettamente riportata da wikipedia e Treccani (oltre che, mi sbilancio senza nemmeno controllare, dai manuali di matematica).
Per quanto riguarda la citazione da G. Szpiro, non sono sicuro si tratti di una attenta definizione in ambito matematico; leggiamo il passo:
«Aveva una buona ragione per non amare molto il nome di famiglia: foneticamente, in francese, suona come "punto quadrato" e fin dal tempo degli antichi greci si sà che il punto é infinitamente piccolo e certo non quadrato. Quel suo "nome sbagliato" irritava notevolmente il futuro matematico».(cit.)
Se davvero hai altre fonti matematiche, non esitare a postarle... tutto il resto puoi già trovarlo nei manuali.
Eppure mi pare Eutidemo stesso abbia citato Euclide che definisce il punto come ciò che non ha parti, che è altro credo da ciò che è infinitesimo. Posto che Euclide abbia derivato il concetto di punto a patire da ciò che ha parti, togliendogliele, non si può dire che abbia così messo in campo un processo al limite.
Il risultato di una sottrazione può essere zero, ma zero non è un infinitesimo.
Euclide non assegna al punto  il compito di generare per successivi suoi assembramenti  gli altri enti geometrici aventi parti, diversamente non avrebbe definito gli altri enti in modo a parte, ma li avrebbe derivati a partire dal punto, e non mi risulta nemmeno che dopo Euclide qualcuno abbia provato a farlo.
A scuola hanno insegnato ad Eutidemo che una retta è fatta di infiniti punti e quindi il punto è l'ente fondamentale della geometria. Ma questo non è quello che ha detto Euclide e nessun altro matematico dopo di lui.
Infatti, posto che si possa dimostrare che la retta sia fatta di infiniti punti, occorre che prima siano definiti punto e retta, che perciò sono parimenti fondamentali.





Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#73
Per trovare qualcuno che lo abbia detto forse, bisogna tornare ai Pitagorici, i quali stessi però arrivarono a dimostrare che le loro convinzioni erano false, scoprendo l'incommensurabilità della diagonale di un quadrato di lato unitario.
Essi infatti credevano che il mondo fosse fatto di numeri, che il numero fosse cioè il suo costituente fondamentale, e che perciò ogni cosa possedesse la sua misura. I pitagorici credevano che che ogni cosa fosse fatta di elementi finiti e in numero finito. Si sbagliavano.
Se volessimo mantenere l'assunto dei pitagorici che il numero sia il costituente fondamentale del mondo dovremo ammettere che il mondo è molto più vario e ricco di come i pitagorici lo vedevano , essendosi nel frattempo i numeri moltiplicati per tipi.
Così oggi si ammettono i numeri irrazionali come radice di due, così che si possa dire che anche la diagonale del quadrato di lato unitario ha la sua misura.
Se c'è una cosa che io non capivo a scuola era proprio questo trucco usato dai matematici.
Quando qualcosa non aveva misura, quando non vi era cioè un numero che vi corrispondesse, si inventavano numeri nuovi ad hoc perché nulla restasse senza misura. Il risultato era che nuovi tipi di numero nascevano a dismisura.
Questa non è cosa facile da capire per chi crede che i numeri non hanno da essere inventati, ma solo scoperti, in quanto, seppur in un mondo platonico a parte, esistono già .
Così, ammettendoinvece che quel mondo non esiste finché noi stessi non lo creiamo, tutto mi è diventato chiaro.
Non ho più alcuna difficoltà, posto che ne abbia la voglia, di comprendere ogni nuovo tipo di numero.
O, diciamo meglio, le difficoltà rimangono, ma è sparito il blocco mentale che mi rendeva impossibile capire.
Tutto cio' ha comportato una generalizzazione sempre più spinta del concetto di numero, così come in parallelo è avvenuto per i concetti geometrici, e in questa generalizzazione le stesse distinzioni fra le diverse branche della matematica si fanno labili, e la matematica diventa sempre più omogenea, convergendo in una le sue tante storie.
Già Cartesio delle distinte storie della aritmetica e della geometria ne aveva fatta una sola con i suoi assi cartesiani.
È la storia di un processo di astrazione  che non sembra avere limiti , senza la quale astrazione nulla ci è dato capire, anche quando ciò non ci appare, come se non possa mai esserci stato un tempo in cui sia stato necessario capire ciò che evidente oggi ci appare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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