Facciamo un po' il "punto" sul "punto"!

Aperto da Eutidemo, 26 Dicembre 2021, 13:24:16 PM

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Eutidemo

#45

Ciao Phil. :)
Sono perfettamente d'accordo con te che è assolutamente impossibile "dare una forma e una dimensione al punto"; se lo si facesse, infatti, cesserebbe di essere un "punto" per diventare una "forma geometrica" (e viceversa).

***
In un certo senso, quindi, non hai tutti i torti nel dire che il "punto" è un po' un  "concetto-tampone", o per dirlo meglio, un "assioma" che rende completa e coerente la matematica; però la la P.F.G. ("Point Free geometry" cioè "Geometria Senza Punti"), a quanto pare, ne fa a meno,  ricorrendo al concetto di "regione", piuttosto che a quello di "punto".
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Quanto alla tua risposta alla mia domanda: "Un cerchio infinitesimamente piccolo non sarebbe altro che un "punto"?", in parte la condivido, ed in parte no.
***
Ed infatti:
a)
La condivido nel senso che un "cerchio", per quanto "estremamente piccolo", se non lo concepiamo con  un "centro" e una "circonferenza", non corrisponderebbe più alla definizione di "cerchio", e, quindi, sarebbe un'altra cosa.
b)
Non la condivido nel senso che un "cerchio", se fosse "infinitesimamente piccolo", non potrebbe avere nè una circonferenza nè un'area misurabile; altrimenti non sarebbe un "cerchio infinitesimamente piccolo", bensì sarebbe  un "cerchio più piccolo di tutti gli altri cerchi", ma non infinitesimo, in quanto la sua area dovrebbe in qualche modo risultare "misurabile".
***
Un cerchio "infinitesimamente piccolo", infatti, non può avere assolutamente avere, come dici tu:
- nè una circonferenza che è una linea circolare misurabile;
- nè, un centro che è un punto che dista una distanza misurabile dalla circonferenza (raggio).
Ed infatti, se li avesse, non sarebbe affatto un "cerchio infinitesimamente piccolo", e, cioè, "privo di dimensioni", ma sarebbe un "cerchio molto piccolo, ma dotato di dimensioni e di forma"; e, quindi, dovrebbe essere misurabile.
***
Secondo me è un serpente che si morde la coda!
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Non sono invece d'accordo con te sul fatto che: "...una forma infinitamente piccola non è empiricamente riscontrabile ma resta logicamente concepibile, soprattutto nel momento in cui diamo a tale forma un nome che ne contiene la definizione: se dico «quadrato infinitamente piccolo» so già che tale forma avrà quattro lati uguali, quattro angoli retti, etc. a prescindere da quanto sia grande"
***
Diversamente, invece, almeno secondo me, una "forma geometrica" infinitamente piccola:
- non solo non è "empiricamente riscontrabile";
- ma non è neanche "logicamente concepibile", poichè ciò che non ha "dimensioni", non può neanche avere una "forma".
Si riduce a un "punto"!
***
Se cerchiamo di dargli un "nome formale",  indichiamo qualcosa che non è concepibile; ed infatti, ad esempio, dire che esiste una "forma con quattro lati lati privi di dimensioni", renderebbe logicamente impossibile qualificarlo come un "quadrato" o come un "rettangolo"!
***
Quanto alla domanda «Ma quale sarebbe questo "piccolissimo" quadrato? Quale sarebbe la sua area?», in questo caso io non mi riferivo, come tu hai inteso, ad un "quadrato infinitamente piccolo", bensì mi riferivo al "quadrato più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" (ma non infinitesimale).
***
Al riguardo io ti chiedo:
- qual mai sarebbe  l'area di tale quadrato?
- quanto sarebbe lungo un suo lato?

***
So benissimo che la sua area si otterrà elevando al quadrato la misura del lato poiché, per quanto piccolissimo, per esser un quadrato, ne avrà comunque una; ma io ti chiedevo appunto qual'è tale area in millimetri o nanometri.
Ed infatti, visto che non stavo parlando di un "quadrato infinitamente piccolo" (cioè privo di dimensioni), bensì del "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" tu dovresti essere in grado di fornirmelo in cifre determinate!
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Quanto al fatto che non ha senso parlare di "quadrato infinitamente piccolo", ma piuttosto di "quadrati infinitamente piccoli", secondo me nessuna delle due espressioni ha alcun senso; perchè un quadrato infinitamente piccolo, non avendo "dimensioni", non può neanche avere alcuna "forma" (nè la forma di quadrato nè di altro).
***
E' indubbiamente vero che  ogni quadrato, in quanto tale, può contenerne uno minore al suo interno; ma questo è vero solo finchè mantiene la sua natura di quadrato, avendo delle "dimensioni misurabili", le quali gli conferiscono la sua specifica "forma geometrica".
Altrimenti, non può contenere un bel niente, nè essere contenuto da un bel niente!
***
Siamo invece perfettamente d'accordo con te, quando scrivi che:  "... un'area non può mai diventare un punto, né per le rispettive definizioni, né perché logicamente nessuna forma può diventare un punto, anche se empiricamente qualunque forma estremamente piccola (o estremamente lontana) può sembrarci un punto."
***
Ciò che scrivi corrisponde esattamente a quanto sostenevo sopra, e, cioè, che:
- poichè, logicamente, nessuna "forma geometrica" può equivalere a un "punto";
- ne consegue che se riduci ad un "infinitesimo non misurabile" l'area di quella che originariamente era, per "definizione postulatoria", una "forma geometrica", avendo essa perso qualsiasi "dimensione" misurabile,  perde anche la qualifica sostanziale di "forma geometrica" (anche se tu continui a chiamarla così), e, quindi, sostanzialmente diventa un "punto".
***
C'è invece sicuramente qualcosa di vero, almeno metaforicamente, nel fatto che, come scrivi: "... il "punto" sta proprio a simboleggiare la "reductio ad infinitum" come "possibilità logica", ma non come "forma geometrica", similmente come avviene, "mutatis mutandis", con i puntini di sospensione nella lingua scritta: nessuna parola diventa puntini di sospensione, ma i puntini di sospensione stanno a simboleggiare un proseguimento che non viene esplicitato (così come non viene esplicitata, essendo inesplicitabile, l'infinita divisibilità logica dello spazio)."
Il che pure, sia pure in modo metaforico, corrisponde esattamente a quello che sostenevo io, e, cioè, che il "punto" sta a simboleggiare la "reductio ad infinitum" di una "forma geometrica", la quale, però, a "tal punto", perde la sua specifica natura di "forma geometrica"; così come nessuna parola diventa i puntini di sospensione, ma i puntini di sospensione stanno a simboleggiare un proseguimento che non viene esplicitato.
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Sono anche perfettamente d'accordo con te quanto al fatto che "...un segmento non può diventare un punto, poiché il segmento è per definizione la linea che unisce due punti, quindi, logicamente, per quanto <<estremamente piccolo>>, avrà sempre due punti alle sue estremità"
Se, però, il segmento diventa <<infinitamente piccolo>> (il che è cosa diversa dall'l'<<estremamente piccolo>>), non essendoci più alcuna distanza tra i due "punti" alle sue estremità, questi vengono a coincidere e a sovrapporsi in un unico "punto"; per cui, il segmento, avendo perso qualsiasi "lunghezza" misurabile,  perde anche la qualifica sostanziale di "segmento" (anche se tu continui a chiamarlo così), e, quindi, sostanzialmente diventa un "punto".
(password "logos")
https://www.dailymotion.com/video/x86pbxa
***

Un saluto! :)
***
P.S.
Credo che, la principale fonte di "misunderstanding" tra di noi, consista principalmente nel fatto che io distinguo tra:
- "forma geometrica infinitamente piccola", e, pertanto, "priva di dimensioni misurabili";
- "forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo" (ad es.i quadrati), e, pertanto, dotata di dimensioni estremamente minuscole, ma, per definizione, "misurabili".
Tu, invece, tendi a considerare le due cose come se si trattasse della stessa cosa.

Phil

Citazione di: Eutidemo il 31 Dicembre 2021, 14:00:28 PM
Credo che, la principale fonte di "misunderstanding" tra di noi, consista principalmente nel fatto che io distinguo tra:
- "forma geometrica infinitamente piccola", e, pertanto, "priva di dimensioni misurabili";
- "forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo" (ad es.i quadrati), e, pertanto, dotata di dimensioni estremamente minuscole, ma, per definizione, "misurabili".
Tu, invece, tendi a considerare le due cose come se si trattasse della stessa cosa.
La divergenza principale, oltre che quella fra "l'infinitamente piccolo" e "il più piccolo possibile", è principalmente quella fra la misurabilità e la concepibilità. Se per "forma geometrica infinitamente piccola" intendiamo quella i cui lati (o perimetro o circonferenza) hanno una misura che tende a meno infinito, parliamo in realtà o di una serie infinita di figure determinate (quadrati, cerchi o altro) inscritti uno nell'altro, all'infinito; oppure di una "pseudo figura" il cui perimetro/circonferenza misura meno infinito (quindi non è concettualmente priva di misura), che ovviamente non è una misura coincidente con un numero con cui calcolare agevolmente aree o altre caratteristiche (quindi non so quanto senso abbia chiedere quale ne sia esattamente la superficie o quanto misuri univocamente il suo perimetro). Come detto, una "forma geometrica infinitamente piccola" non può essere, né diventare, un punto almeno finché la identifichiamo con il nome di una forma e finché ha una estensione (che il punto non ha) per quanto tendente a meno infinito. D'altronde, altrimenti non avrebbe senso chiamarla, ad esempio, "cerchio infinitamente piccolo", quindi concettualmente ben distinto da uno "scarabocchio infinitamente piccolo", da una "firma infinitamente piccola", un "autoritratto infinitamente piccolo", etc. Il punto è che, almeno secondo me, l'infinitamente piccolo non significa adimensionale (tanto quanto meno infinito non è uguale a zero) ma significa avere "una" dimensione che tende a rimpicciolirsi all'infinito. Perciò non so quanto sia opportuno parlare di una forma geometrica infinitamente piccola, o se invece sia più esplicito parlarne al plurale (salvo considerare la suddetta "circonferenza che misuri meno infinito", ma non ho le minime competenze matematiche per postulare coerentemente le conseguenze di un'ipotesi del genere).
Per quanto riguarda invece la «forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo»(cit.), la sua esistenza cozza proprio con il concetto logico (non certo empirico) di infinito (immisurabile per definizione), ossia tale forma può esistere solo empiricamente, per limiti pratico-tecnici, ma logicamente (e con lo sviluppo di ulteriori tecniche) risulta sempre a sua volta divisibile (senza mai diventare un punto, che essendo adimensionale non può essere ottenuto dividendo il dimensionale, tanto quanto l'assenza di dimensione non si ottiene rimpicciolendo all'infinto una dimensione... altrimenti tale processo non sarebbe, appunto, "all'infinito"). Se ne facciamo una questione fisica di misurabilità, è come chiedersi quale sia l'area del quadrato più grande misurabile: «misurabile» non coincide con «logicamente/matematicamente possibile», ed in fondo in questo sta il passaggio fra la finitezza dell'uomo e dei suoi strumenti all'infinitezza delle possibilità concepibili (seppur non attualizzabili, se non con espedienti grafici come «∞» e «...», che comunque non rappresentano un'alfa privativo, anzi...).

green demetr

Non vorrei smontare l'entusiasmo del thread, ma il punto è l'intersezione degli infiniti piani.
E' anche abbastanza facile visualizzarlo geometricamente, se si ha un minimo di capacità astrattiva.
Tra l'altro nella topologia si intende anche i piani oltre la terza dimensione, il concetto non cambia, dunque l'intersezione delle ipersfere (Platone) è un punto per esempio.
Che poi sia un punto di qualcosa, come negli esempi precedenti è solo la costruzione matematica successivamente fatta, con i suoi soliti assiomi e corollari.
In fin dei conti stiamo sempre con Platone.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Eutidemo

Ciao Phil, :)
per me "misura" vuol dire "numero", sennò non vuole dire assolutamente niente; ed infatti, in geometria, la "misura" indica la "dimensione esatta", lineare o angolare ottenuta da una o più operazioni di "costruzione geometrica".
Pertanto, la "forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo", come più volte avevo ribadito, non ha niente a che vedere con il concetto di "forma geometrica infinitamente piccola"; e, cioè "non misurabile per definizione".
***
Ed infatti, almeno secondo me:
- a differenza della "forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo", la quale mantenendo la sua qualifica di "forma geometrica misurabile", non potrà mai diventare un "punto";
-    diversamente, invece, una "forma geometrica infinitamente piccola", sebbene la si continui ancora a denominare lessicalmente così (in modo erroneo), diventa un "punto", perdendo quindi a sua specifica qualifica di "forma geometrica".
***
D'altronde, poichè la forma geometrica di un "cerchio" di dimensioni infinitamente grandi cessa di essere un "cerchio",  e diventa una "retta", non vedo perchè mai, sempre a livello definitorio, dovrebbe sorprenderti che un "cerchio" di dimensioni infinitamente piccole cessi di essere un "cerchio",  e diventi, invece, un "punto" !
***
Ovviamente, se ne facciamo una questione di "fisica" della misurabilità, la "forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo",  è un po' come "il tetto del cielo"; però è senz'altro qualcosa di logicamente concepibile "in modo necessario", poichè, visto che esiste un "quadrato misurabile più piccolo" del primo che ho concepito, uno un "più piccolo" del primo e del secondo, e così via, ne consegue che deve logicamente esistere anche un "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" (e la stessa cosa vale per quello più grande).

***
Il "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", però, è una cosa assolutamente diversa da un "quadrato infinitamente piccolo" (ovvero, se preferisci, da un numero infinito  di "quadrati infinitamente piccoli"); ed infatti, almeno per come la vedo io, un "quadrato infinitamente piccolo" è una definizione lessicale autocontraddittoria, in quanto, se è infinitamente piccolo, non è più un "quadrato", bensì è ormai diventato un "punto".
***
Ovviamente, non nego che le mie conclusioni risultino paradossali (ammesso e non concesso che poi "filino" logicamente); ma ritengo che non lo siano più delle tue.
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Un saluto! :)
***

Phil

Citazione di: Eutidemo il 01 Gennaio 2022, 11:33:45 AM
D'altronde, poichè la forma geometrica di un "cerchio" di dimensioni infinitamente grandi cessa di essere un "cerchio",  e diventa una "retta", non vedo perchè mai, sempre a livello definitorio, dovrebbe sorprenderti che un "cerchio" di dimensioni infinitamente piccole cessi di essere un "cerchio",  e diventi, invece, un "punto" !
Nella mia scarsa "matematicità", credo che se la retta è definibile anche come una circonferenza di raggio infinito, tale cerchio non «cessa di essere un cerchio»(cit.), non diventa un'altra forma, è la circonferenza ad essere (asintoticamente?) una retta. Dunque, pur essendo corretta la tua allusione (alla circonferenza che estendendosi all'infinito diventa retta), è comunque un caso ben differente dal cerchio che "implodendo" diventa punto: la circonferenza infinita, nel diventare una retta, cambia curvatura ma rimane nondimeno un ente con la sua medesima ed unica dimensione (quella di linea); se pensiamo invece ad un cerchio che diventa un punto, c'è un passaggio concettuale dall'essere bidimensionale (cerchio) al non avere dimensione (punto). Cambiare curvatura non è paragonabile al "perdere due dimensioni", così come cambiare coordinate sul piano cartesiano non è paragonabile all'essere elemento strutturante il piano cartesiano.
Banalizzando empiricamente, è un po' la differenza fra il piegare un arco fino a farlo diventare un bastone e il tagliare i bordi di un cerchio di carta e continuare a ritagliare fino a (credere di) ottenere il concetto di cerchio; riducendo la materia non si ottengono per via empirica i concetti, così come diminuendo matematicamente una misura non si arriva all'assenza di misura (punto a-dimensionale).
Così come i limiti della misurabilità non sono i limiti della concepiblità:
Citazione di: Eutidemo il 01 Gennaio 2022, 11:33:45 AM
Ovviamente, se ne facciamo una questione di "fisica" della misurabilità, la "forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo",  è un po' come "il tetto del cielo"; però è senz'altro qualcosa di logicamente concepibile "in modo necessario", poichè, visto che esiste un "quadrato misurabile più piccolo" del primo che ho concepito, uno un "più piccolo" del primo e del secondo, e così via, ne consegue che deve logicamente esistere anche un "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" (e la stessa cosa vale per quello più grande).
L'idea di «quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili»(cit.) non è una necessità logico-matematica (altrimenti non esisterebbe il concetto di infinito matematico), ma piuttosto un limite empirico; per la matematica la misura del lato del «quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili» sarà sempre concettualmente divisibile, ed è questo che dà un senso (ma non un referente empirico) al concetto di in-finito matematico.
Se con «quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili» ti riferisci alla finitezza delle possibilità tecniche dell'umanamente misurabile, concordo che tali "limiti pragmatici" indubbiamente esistano, tuttavia non vanno confusi con i limiti concettuali pertinenti discorsi che implicano l'infinito matematico.

Citazione di: Eutidemo il 01 Gennaio 2022, 11:33:45 AM
Ovviamente, non nego che le mie conclusioni risultino paradossali (ammesso e non concesso che poi "filino" logicamente); ma ritengo che non lo siano più delle tue.
Dove trovi paradossali le mie considerazioni di "matematica da strada"?

Ipazia

Una circonferenza di raggio infinito non sarebbe più una circonferenza se diventasse una retta in quanto violerebbe la sua definizione geometrica che la condanna ad essere curva e non retta.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#51
Giusto Ipazia. Riflettevo sul fatto che si può negare solo ciò che è ben posto, perché diversamente non si sa' bene cosa negare. Così la geometria di Euclide là si è potuta negare, a partire dal suo quinto postulato, il quale non so' bene come Euclide lo abbia posto, ma diverse sono state le equivalenti formulazioni che ne sono state date.
Ma escluderei che Euclide nel dare unitario ordine a tutte le nozioni geometriche  varie e potenzialmente slegate del suo tempo, abbia voluto volutamente usare il concetto di infinito, che per i greci del suo tempo era il caos, il contrario cioè dell'ordine.
Così immagino che per il suo quinto postulato, quello delle rette parallele che non si incontrano mai, immagino si sia limitato a dire che non si intersechino, o qualcosa di equivalente che non richiami un processo infinito.
Ci sono rette che non si intersecano in un punto, e altre che si intersecano in un uno ed in un solo punto, ma le une non sono la negazione del punto , come le altre non ne sono la definizione.
Se Euclide avesse postulato un processo all'infinito si sarebbe risparmiato qualche definizione, perché un sol cerchio postulato con quel processo diventa punto o retta, che non vanno perciò definiti a parte.
Noi in effetti in questa discussione facciamo questo, perché lo possiamo fare, basta però non dire poi che si sta facendo geometria euclidea.
Di fatto in questa discussione , non potendoci pienamente appellare alla coerente geometria, ognuno qui ritiene di poter parlare di rette cerchi e punti senza darne una definizione, col nin recondito rischio di parlare di cose diverse a cui diamo lo stesso nome.
Gli enti geometrici hanno esistenza dentro alla loro geometria e se ne usciamo nin sono più tali.
Ora io credo che ne' io ne' voi siamo mai veramente stati dentro a quella teoria, anche se lo crediamo, perché è attraverso quella che noi vediamo il mondo, e perciò viviamo dentro uno spazio euclideo, e gli uomini ci vivevano già, quando Euclide non era ancora nato.
Prima di Euclide esistevano procedimenti geometrici fra loro potenzialmente slegati, che sono gli stessi che noi stiamo riproducendo qua.
Euclide vi ha dato coerente unita', noi qui stiamo rimettendo in campo il caos che Euclide aveva scongiurato.


Occorrerebbe avere chiaro cosa si pone come vero e cosa si vuol , a partire da quello , verificare secondo logica.
Qui invece noi si pone un punto come vero e allo stesso tempo lo si vuol verificare.
Stiamo cioè mettendo insieme più geometrie le quali, solo per motivi storici, chiamano i loro enti con lo stesso nome, ma che sono invece cose diverse fra loro, da non poter essere confrontati.
Platone ha posto gli enti geometrici dentro un solo iperuranio, un mondo a parte, ma i matematici moderni quei mondi a parte li hanno moltiplicati, eppure noi ci ragioniamo come fosse sempre uno.
Perché Euclide ha definito quell'unico mondo platonico con una tale esattezza che lo si è potuto negare, e perciò adesso sono tanti, ma sempre tutti a parte, mentre noi, che matematici non siamo,  continuiamo a pensarli filosoficamente e platonicamente come uno solo, più o meno ancora a parte.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Salve phil ed Ipazia (e pure Eutidemo e tutti gli altri). Anzitutto auguri a tutti e ringraziamento particolare per il Dott.Ivo.

Voi avete ragione dal punto di vista geometrico, ma sfortunatamente stiamo trattando di filosofia, non di geometria.

La filosofia si occupa, prima di tutto il resto, di concetti, al cui interno troveremo pure (filosoficamente subordinati) i concetti praticabili (cioè inerenti o traducibili in una pratica scientifica o tecnologica o comunque MATERIALE), ma tali concetti praticabili costituiscono appunto una presenza eventuale, incidentale all'interno dello speculabile.

Il fatto che il concetto di "sfera di raggio infinito" non risulti utilizzabile - o risulti contradditorio - in geometria è appunto conseguenza del constatare che esso viene a coincidere con il concetto di "retta".

Infatti esso concetto di "sfera di raggio infinito" rappresenta una forzatura intellettuale intenzionale nei confronti della "realtà" (geometrica ma anche di ogni altro genere).

E, dal mio punto di vista, andrebbe utilizzato per rendere coscienti della impossibilità di stabilire un confine tra il possibile e (scusate)l'impossibile utilizzando sensi e conoscenza.

Infatti, in qual modo possiamo discernere la coincidenza piuttosto che la diversità tra una retta ed una curva avente raggio non misurabile e non percepibile ?.

Nella "realtà", non possediamo proprio strumenti che possano consentirci di negare la coesistenza di rette e di circonferenze di raggio infinito. Anzi, è pure possibile che siano le rette quelle che non possono esistere (in effetti la perfetta rettilineità è concetto intrinsecamente assurdo, dal momento che ogni allineamento presenterà sempre dei quanto si vuole minimi scarti in una qualche direzione, e la teoria degli errori - mi sembra -  indica che il totale degli errori residui tenderà pur sempre da una precisa parte piuttosto che dall'altra!).

Certo, di fronte al concetto di "infinito" siamo appunto ben lontani dalle necessità della nostra vita terrena, e potremo girarci dall'altra parte poichè esso non ci riguarderà mai. Ma questa nostra possibilità di ignorarlo è causato dalla nostra limitatezza, non certo dall'impossibilità della sua esistenza, magari in forma circolare (ma questo è un altro capitolo!). Saluti.



Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#53
Concordo Viator.
Ma forse la questione là si può porre in modo filosoficamente più semplice ,intanto notando che Platone ci ha insegnato a ragionare per mondi a parte, e che questi esistono se li possiamo esperire quanto se  li possiamo pensare.
I processi all'infinito quindi esistono se al minimo li possiamo pensare.
Seppure questi mondi a parte ammettono possibili analogie, ciò non li fa' un mondo solo, ricomponendoli.
Si trascura però stranamente di sottolineare una analogia fondamentale.
Gli oggetti di un mondo, al pari dell'altro , si possono manipolare, e ciò in sostanza fanno i matematici in un caso e i fisici nell'altro.
Ma i mondi della matematica si sono moltiplicati come pure quelli della fisica non hanno mancato di fare.
Nin c'è un solo manuale su come fare a manipolare la materia, e non c'è ne è uno solo su come manipolare gli enti ideali. C'è però più di un analogia fra quei diversi tipi di manuale, perché vi è proprio una corrispondenza precisa.
Se vuoi manipolare gli oggetti secondo la corrispondente fisica di Euclide, che a noi è "storicamente naturale" non devi considerare processi infiniti. Non occorre farlo.
Se vuoi manipolare gli oggetti fisici di Newton lo devi fare, e che a noi ciò non viene naturale da fare è solo un dettaglio, un accidente storico.
Potrebbe anche essere che il concetto di punto Euclide lo abbia tratto mediante un processo all'infinito ideale, ma questo mi pare di poter affermare che nel suo manuale di geometria non appare, e parlando della sua geometrica, ed eventuale fisica corrispondente, ciò non è da considerare.
A tal fine è sufficiente notare che se Euclide lo avesse voluto introdurre nella sua geometria , cio' sarebbe stato coerente col voler introdurre enti quanto basti di modo che gli altri si possano derivare, e che un processo all'infinito è un modo economico di derivare un ente dall'altro senza dover moltiplicare gli assiomi. Ciò però egli nin ha fatto in coerenza con la sua filosofia che scongiurava l'esistenza del caos a cui l'infinito esso legava.
Quando si dice che la filosofia nin conta. Conta eccome.
Se Newton ha introdotto i processi infiniti nella sua teoria di analisi matematica, e corrispondente fisica della gravità, è perché la sua filosofia glielo consentiva.
La filosofia, intesa come libero pensiero, somiglia agli arbitrari assiomi della geometria, che però non hanno conseguenze nin arbitrarie, una volta posti, e perciò il fatto che noi ci rapportiamo con la realtà in un modo preciso non significa che quello sia scontato, anche se questo è quello che si pensava ai tempi di Euclide, e in effetti ancora in gran parte si continua a pensare, nella misura in cui diversamente dai matematici e fisici, comtinua la maggioranza di noi a vivere in un mondo ancora Euclideo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Rispetto al mondo reale la matematica ha la fortuna di fondarsi sulla coerenza interna dei suoi postulati i quali hanno, a differenza dei postulati scientifici, un grado di certezza assoluto, non falsificabile per via sperimentale o metafisica, qualora le regole del gioco matematico siano rispettate. Ozioso pensare di confutarle non rispettandole.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Citazione di: Ipazia il 01 Gennaio 2022, 21:21:09 PM
Rispetto al mondo reale la matematica ha la fortuna di fondarsi sulla coerenza interna dei suoi postulati i quali hanno, a differenza dei postulati scientifici, un grado di certezza assoluto, non falsificabile per via sperimentale o metafisica, qualora le regole del gioco matematico siano rispettate. Ozioso pensare di confutarle non rispettandole.

Salve Ipazia. Credo che talvolta tu reagisca troppo velocemente, senza far "decantare" i termini. Può capitare a tutti.

Secondo me "coerenza interna ai propri postulati" significa "autoreferenziale", ovvero coerenza che trovasi facilmente in vendita a prezzi di saldo.

Quanto poi ai "gradi di certezza assoluti"......................ehm............se presentano delle gradazioni saranno assai difficilmente assoluti. Buon, anzi, ottimo anno !.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

#56
1) La matematica è totalmente autoreferenziale rendendo conto solo ai propri assiomi, il che rende

2) assoluto il suo grado di certezza una volta siano rispettate le regole di calcolo e le definizioni. A differenza di scienze sperimentali e filosofiche che devono passare sempre sotto le forche caudine di una realtà altra da loro, sovraccarica di oscurità, atta a rendere relativi i loro gradi di certezza.

Contraccambio gli auguri, ma perdurando la covidemia non mi faccio illusioni. Vedrò di stare a galla, come ho sempre fatto, qualunque sia il mare che trovo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#57
Citazione di: Eutidemo il 26 Dicembre 2021, 13:24:16 PM
Da bambino trovavo alquanto difficoltoso riuscire a comprendere che cosa fosse un punto; ora che sono vecchio, invece, lo trovo ancora più difficile.
In un certo senso io troverei difficile capire anche cosa sia una palla da biliardo, e se mi dicono che al pari di un ente geometrico fatto di punti , questa è fatta di atomi invisibili , ed eventualmente indivisibili, sposto solo la mia difficoltà a capire sugli atomi.
Ma stranamente non occorre capire cosa siano questi enti fisici o mentali per poterli manipolare, a meno chei proprio il poterli manipolare non equivalga a capirli.
Ma evidentemente cova dentro di noi  la convinzione che il loro significato vada oltre la nostra possibilità di manipolazione.
Siccome allora non è chiaro cosa intendiamo per capire, potremmo assumere che capisco ciò che riesco a manipolare, e per manipolare una palla da biliardo, e quindi per capirla, non ho bisogno di sapere che è fatta di invisibili atomi.
Parimenti posso manipolare un ente geometrico senza bisogno di sapere che è fatto di indisegnabili punti, e quindi sapere che è fatto di punti è un di più al mio poter capire , che perciò lo compromette.
Ma , posto che la manipolazione degli oggetti fisici avvenga dentro ad un unica realtà, si rischia di non capire nulla se parimenti si crede che gli enti geometrici insistano su un unico mondo ideale, come Platone affermava, essendosi questi moltiplicati nel frattempo. Così se vogliamo comprendere il punto occorre dire a quale mondo lo vogliamo riferire.
Se proviamo a manipolare il punto senza ciò specificare avremo difficoltà a manipolarlo in modo coerente, rischiando di non capire cosa sia, secondo definizione proposta del capire.


Andando fuori argomento io estenderei questa difficoltà a capire anche al cosiddetto mondo fisico reale, dove si creda ancora che sia unico. Unica possiamo credere sia la realtà con cui interagiamo, ma diversi sono i mondi fisici attraverso cui diversamente lo facciamo.
Di fatto nella realtà abbiamo la stessa difficoltà a comprendere quali siano i costituenti fondamentali della materia, cosi' come abbiamo difficoltà a comprendere quali siano gli enti geometrici fondamentali finché crediamo di avere a che fare con corrispondenti relativi mondi unici, per quanto platonicamente separati.
Certo che se crediamo di interagire con la realtà secondo una fisica unica dobbiamo poi render conto del perché un atomo, che al pari di una alla da biliardo riusciamo a manipolare, non sembri però avere la stessa concretezza , concretezza che in certe teorie fisiche sembra poi del tutto svanire fino a diventare la loro sostanza evanescente come quella degli enti ideali che così vanno ad invadere il campo fisico.
Forse perché questi due mondi non sono poi così  separati come ci appaiono.
Ci piace vedere il mondo in bianco e nero, anche quando sappiamo bene che esiste il grigio, perché per poter capire la realtà la dobbiamo semplificare, perché semplici debbono essere preferibilmente le istruzioni per poterla manipolarla.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#58
Certo, la moltiplicazione che ho azzardato dei mondi fisici non mancherete di criticarla, e io stesso finora non l'avevo considerata. È nata nella mia testa in analogia con la moltiplicazione dei mondi teorici , la quale stessa non molti, a giudicare da questa discussione, hanno ancora digerita.
Però, posto che la realtà sia unica, mi pare che questa idea  aiuti la nostra possibilità di capire, perché alla fine ci dice  non v'è nulla da capire, quantomeno quel capire che riteniamo non debba andare oltre la capacità di manipolare, divenendo quel capire metafisico che resta sospeso come un mondo di possibilità' che non contiene precise istruzioni d'uso.
Quindi vi è un mondo fisico fatto di continuità composte di elementi indivisibili, e ve ne è un altro discontinuo composto di elementi discreti. L'errore è credere che solo uno di essi debba corrispondere alla realtà, quando ognuno di essi serve a poterla manipolare in diverso modo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Ciao Phil. :)
Tranquillo, la mia "matematicità" e scarsa quanto la tua; e, forse, anche di più!
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Comunque, quanto al fatto una circonferenza di raggio infinito  non cessa di essere un "cerchio" (A), ma è la stessa "circonferenza" ad "essere" una "retta" (B), secondo me, almeno per il principio di non contraddizione, la cosa non è possibile.
Ed infatti:
- A è A, e non può mai essere B, perchè B è B;
- però non c'è dubbio che A, cessando di essere A, può benissimo diventare B.
Se sono vivo non posso essere un cadavere; ma, purtroppo, un giorno ci diventerò!
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Pertanto, se è corretta la mia allusione (alla circonferenza che estendendosi all'infinito "diventa" una retta), a me sembra un caso esattamente identico a quello del cerchio che "implodendo" diventa punto: ed infatti, una circonferenza infinita, nel diventare una "linea retta", cambia natura anch'essa, perchè da "linea curva" diventa un'altra cosa, e, cioè, una  "linea retta" (pur restando ad una dimensione).

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Hai ragione nel dire che cambiare curvatura non è paragonabile al "perdere due dimensioni", tuttavia sempre di un cambio di "identità definitoria" si tratta.
Ed infatti:
- una curva è una curva, e non può mai essere una retta, perchè una retta è una retta (nè può "essere" niente di diverso)
- però non c'è dubbio che una curva, cessando di essere una curva, può benissimo diventare una retta (cioè una cosa diversa da quella che era prima).
Se sono vivo non posso essere un cadavere; ma, purtroppo, un giorno ci diventerò!
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Sono invece pienamente d'accordo con te sul fatto che diminuendo matematicamente una misura non si arriva "mai" all'assenza di misura, bensì ad una "forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo"; il "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", però, è una cosa assolutamente diversa da un "quadrato infinitamente piccolo" (ovvero, se preferisci, da un numero infinito  di "quadrati infinitamente piccoli").
Ed infatti, almeno per come la vedo io, un "cerchio nero infinitamente piccolo" è una definizione lessicale autocontraddittoria, in quanto, se è infinitamente piccolo, non è più un "cerchio", bensì è ormai diventato un "punto"; il quale, non avendo dimensioni, non è ovviamente "misurabile".
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L'idea del "cerchio misurabile più piccolo di tutti gli altri cerchi misurabili", almeno secondo me, è una necessità di natura logica; ed infatti non mi sembra possibile che, almeno a livello concettuale, in un "insieme" di entità misurabili, non si possa concepire, quantomeno per astrazione, una entità misurabile più piccola (o più grande) di tutte le altre.
Però, se è un'entità per definizione "misurabile", non può essere una "entità infinitamente piccola"; ed infatti le "entità infinitamente piccole" (come il "punto"), non avendo dimensioni, non sono per loro natura "misurabili".
Però ammetto che si tratta di concetti molto facili da confondere (a cominciare dal sottoscritto).
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Quanto al "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", è ovvio che, come evidenziato nel mio sogno, anch'esso è fonte di paradossi, in quanto;
- come giustamente osservi tu,  dovrebbe essere sempre logicamente divisibile, perchè è misurabile;
- però, allo stesso tempo, se è "il più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", allora non può essere logicamente divisibile, perchè altrimenti non sarebbe "il più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" (ed infatti la sua metà sarebbe più piccola di lui).
E' un serpente che si morde la coda, come, del resto, in tutte le "aporie" (oniriche o meno).
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Diversamente, quanto al "quadrato infinitamente piccolo", o meglio, quanto ai "quadrati infinitamente piccoli" (come giustamente hai osservato tu), si tratta di cosa concettualmente diversa dal "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", in quanto:
- i primi sono infiniti e divisibili, appunto, all'infinito;
- il secondo è uno solo, e non può essere ulteriormente diviso, perchè altrimenti non sarebbe "il più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" (ed infatti la sua metà sarebbe più piccola di lui).
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Si tratta in entrambi i casi di astrazioni, che possono condurre a dei paradossi; soprattuto la seconda astrazione, la quale, a pensarci bene, mi ricorda un po' l'aporia del "mentitore cretese".
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Ed infatti, con "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" io non mi riferisco affatto alla finitezza delle possibilità tecniche dell'umanamente misurabile; ed infatti è ovvio che tali "limiti pragmatici" indubbiamente esistano, e non vanno confusi con i limiti concettuali pertinenti discorsi che implicano "l'infinito matematico".
Ma "il più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" (che non può essere logicamente divisibile, perchè altrimenti non sarebbe più "il più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili"), non implica affatto l'infinito matematico, che è una cosa ben diversa!
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Quanto alle tue considerazioni, non le trovo affatto "matematica da strada", ma assolutamente razionali; solo che, per i motivi che ho esposto, penso che anch'esse conducano a conclusioni alquanto "paradossali" (non più delle mie, però)!
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Un saluto! :)
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