Facciamo un po' il "punto" sul "punto"!

Aperto da Eutidemo, 26 Dicembre 2021, 13:24:16 PM

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iano

#30
Per Archimede e Cusano le teorie matematiche non avevano una origine indipendente dall'esperienza reale.
Oggi noi abbiamo esperienza del contrario.
La matematica usata da Einstein è nata in modo indipendente dalla teoria della relatività, e infatti c'era già, astratta quanto inutile finché Einstein non l'ha usata per costruire un nuovo mondo del tutto lontano dalla nostra esperienza diretta, ma capace di incidere ancora meglio sulla realtà.
Gasati da questo inatteso successo, hanno preso spunto per non farsi dell'astrattezza più un problema, moltiplicando a dismisura la costruzione di teorie sempre più astratte in numero tale da non poterle più governare, non riuscendo ad averne più una visione di insieme, se non a costo di aumentare ancora il grado di astrazione..
Tale rincorsa all'astrazione e senza freni potrebbe sembrare assurda quanto più la matematica sembra allontanarsi da una corrispondenza reale che si possa intravedere.
Tuttavia lo scopo di mettere ordine nel cumulo di teorie , in modo che un matematico potesse riuscire a comprenderle tutte nel breve arco della sua vita si è ottenuto, ad esempio scoprendo, non senza sorpresa, che teorie ritenute diverse fra loro, erano uguali, e che di fatto si erano dati nomi diversi a cose uguali.
In altri termini l'ordine che l'astratta geometria di Euclide sembrava aver introdotto in quella che appariva essere la complicazione del reale, comprimendola meravigliosamente in pochi assiomi e regole logiche, lo stesso è toccato fare ai matematici moderni per mettere ordine nella apparente molteplicità slegata da loro stessi creata.
Siamo all'astrazione dell'astratto, un numero che solo questo circo vi può dare...accorrete scorri e siori.😊
Non è questo il numero dell'uomo cannone , sparato in carne e ossa. Qui si sparano teorie...direbbero i detrattori di tale nuova  deriva della matematica.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#31
Tutto ciò richiederebbe una riflessione filosofica per trarne una conclusione, che io, a differenza delle premesse vi propongo con brevità', che non sia piuttosto falso che la matematica sia una astrazione della realtà, quando pur sembra servire a qualcosa, e che non sia vero il contrario, perché a me non pare una coincidenza che la matematica di cui aveva bisogno Einstein per descrivere il mondo che si era immaginato, senza che lui lo sapesse, c'era già', dimenticata dentro al cassetto di un matematico, ma ancora fresca di inchiostro. Guarda il caso e guarda la contemporaneità, perché non è che quella teoria la tenesse nel suo cassetto Archimede o Cusano, ma un contemporaneo di Einstein .
E in questo nuovo mondo che Einstein ha creato che fine hanno fatto i punti e i segmenti della nostra discussione?
Ci sono ancora , ma dentro una nuova teoria, soggetti a nuove regole, ma certo più difficili da disegnare, che neppure Eutidemo ci riuscirebbe, pur essendo il nostro riconosciuto  disegnatore ufficiale.
Li chiamiamo ancora punti e segmenti, ma sarebbe meglio chiamarli Mario.


In altri termini noi non descriviamo ciò che vediamo, ma vediamo ciò che descriviamo, quando riusciamo a tirare fuori un mondo dal cassetto, che, anche quando ancora chiuso,  rimane parte sempre della realtà.
Una invenzione con una corrispondenza più o meno reale. Non una realtà che siccome rileviamo in quanto tale, allora riusciamo a trattare, ma che ci appare nella misura in cui la riusciamo a trattare.
Punti e segmenti non esistono , sia che li si consideri astratti che reali, se non nella misura in cui li riusciamo a manipolare, e ciò che non si può negare è che la manipolazione aumenta la sua efficacia quanto più gli oggetti che manipoliamo ci spariscono fra le mani.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Phil

@Eutidemo

Secondo me, l'adimensionalità del punto serve euristicamente per scongiurare il regresso all'infinito e l'infinita divisibilità di zenoniana memoria; cercare quindi di dare una forma e una dimensione al punto, significa riaprire il problema per la cui chiusura (o meglio, "toppa logica") è stata redatta ad hoc la definizione standard di «punto». Più che un elemento geometrico il punto è un concetto-tampone, o per dirlo meglio, un assioma che rende completa e coerente la matematica, ma che da essa non è spiegato (come sempre capita agli assiomi). Sarebbe un po' come chiedersi quanto è spessa una linea (segmento, retta o altro), se essa è "erta" un punto o due punti o infiniti punti, perché se la vediamo non può essere monodimensionale e priva di larghezza come ce la racconta la sua definizione; è tuttavia un domandare che chiede ad un assioma di dimostrare se stesso all'interno del sistema che esso fonda, dimostrazione impossibile perché la sua definizione è ciò che dà senso alla logica del sistema stesso.
Provando a restare nella logica matematica, riprendo alcune questioni del "sogno":

«un cerchio infinitesimamente piccolo non sarebbe altro che un "punto"?»(cit.).
Direi di no, un cerchio per definizione non è un punto, nemmeno se lo pensiamo infinitamente piccolo, perché esso avrà comunque un centro, rappresentato da... un punto; dunque anche il cerchio infinitesimamente piccolo ha pur sempre una circonferenza che è una linea e un centro che è un punto mentre il punto, sempre per definizione, non ha né perimetro, né area, né centro.

«potremmo anche dedurne che una "forma geometrica infinitamente piccola" non è logicamente concepibile; questo perchè, visto che una "forma" comporta necessariamente delle "dimensioni", e visto che ciò che è infinitamente piccolo non ha "dimensioni", ne consegue che ciò che è infinitamente piccolo non può avere nessuna "forma"!»(cit.).
Una forma infinitamente piccola non è empiricamente riscontrabile ma resta logicamente concepibile, soprattutto nel momento in cui diamo a tale forma un nome che ne contiene la definizione: se dico «quadrato infinitamente piccolo» so già che tale forma avrà quattro lati uguali, quattro angoli retti, etc. a prescindere da quanto sia grande (so com'è, pur non sapendo, per limiti empirici, disegnarne uno).

«Ma quale sarebbe questo "piccolissimo" quadrato? Quale sarebbe la sua area?»(cit.)
La sua area si otterrà elevando al quadrato la misura del lato poiché, per quanto piccolissimo, per esser un quadrato, ne avrà comunque una; infatti non ha senso parlare di "quadrato infinitamente piccolo", ma piuttosto di quadrati infinitamente piccoli, poiché ogni quadrato, in quanto tale, può contenerne uno minore al suo interno (in una serie infinita di "quadrati matrioska"). Se usiamo il singolare, «quadrato infinitamente piccolo», rendiamo finito l'infinito, come se dicessimo che tale quadrato non può contenerne altri, ma finché è un quadrato avrà una sua area e all'interno di tale area sarà sempre logicamente possibile inscrivere un quadrato più piccolo.

«Ed infatti qualsiasi area di quadrato (di cerchio ecc.) può essere concettualmente soggetta ad una "reductio ad infinitum"; nel qual caso diventa un "punto"...cos'altro, sennò?»(cit.)
Un'area non può mai diventare un punto, né per le rispettive definizioni, né perché logicamente nessuna forma può diventare un punto, anche se empiricamente qualunque forma estremamente piccola (o estremamente lontana) può sembrarci un punto.
Il punto sta proprio a simboleggiare la "reductio ad infinitum" come possibilità logica, ma non come forma matematica, similmente come avviene, mutatis mutandis, con i puntini di sospensione nella lingua scritta: nessuna parola diventa puntini di sospensione, ma i puntini di sospensione stanno a simboleggiare un proseguimento che non viene esplicitato (così come non viene esplicitata, essendo inesplicitabile, l'infinita divisibilità logica dello spazio).

«D'altronde, anche qualunque "segmento" può essere accorciato all'infinito nel qual caso diventa un "punto" pure lui: per cui si potrebbe definire il punto come un infinitesimo di segmento.»(cit.)
Nemmeno un segmento può diventare un punto, poiché il segmento è per definizione la linea che unisce due punti, quindi, logicamente, per quanto piccolo, avrà sempre due punti alle sua estremità, sarà sempre divisibile in due semi-segmenti e così via...

viator

Salve phil. Come al solito, ottimamente pensato e scritto. Un mio piccolo quesito collaterale : citandoti "anche il cerchio infinitesimamente piccolo ha pur sempre una circonferenza che è una linea e un centro che è un punto mentre il punto, sempre per definizione, non ha né perimetro, né area, né centro".

Ma, a proposito di circonferenze, secondo te (od altri) può esistere una circonferenza che - viceversa - non racchiuda in sè una qualsiasi area (o cerchio) di propria pertinenza ?
Quindi, dando per scontato che l'esistenza di un cerchio presupponga quella della sua propria circonferenza...l'esistenza di una circonferenza implica oppure no quella di un cerchio da essa circonferenza racchiuso ?.

Salutoni ed auguroni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#34
Citazione di: viator il 30 Dicembre 2021, 18:05:35 PM
Salve phil. Come al solito, ottimamente pensato e scritto. Un mio piccolo quesito collaterale : citandoti "anche il cerchio infinitesimamente piccolo ha pur sempre una circonferenza che è una linea e un centro che è un punto mentre il punto, sempre per definizione, non ha né perimetro, né area, né centro".

Ma, a proposito di circonferenze, secondo te (od altri) può esistere una circonferenza che - viceversa - non racchiuda in sè una qualsiasi area (o cerchio) di propria pertinenza ?
Quindi, dando per scontato che l'esistenza di un cerchio presupponga quella della sua propria circonferenza...l'esistenza di una circonferenza implica oppure no quella di un cerchio da essa circonferenza racchiuso ?.

Salutoni ed auguroni.
Mi unisco a te per i complimenti a Phil, ma come ho provato ad evidenziare nei miei precedenti post una cosa è la geometria di Euclide, e un altra e l'analisi matematica di Newton e Leibnitz, e noi rischiamo di mischiarle in modo inopportuno con i risultati paradossali più vari.
Se Euclide dice di disegnare un punto, non disegna un segmento, e se decide di disegnare un segmento non disegna un punto, posto che in effetti non potrà disegnare al posto di un punto che un segmento appena accennato, fidando nella nostra comprensione,  cioè nella comprensione della convenzione dei simboli usati, perché a rigore lo stesso simbolo, un segmento, sta per un punto come per un segmento, ma non perciò li confondiamo.
Basta curare che quando usiamo il simbolo segmento che sta per il segmento, che sia lungo abbastanza che nin si possa equivocare. Mentre quando sta per il punto andiamo a risparmio di inchiostro.
Ciò che è imporrante come dice Phil è ciò che definiamo, il punto come privo di estensione , che a rigore non va' neanche immaginato, per quanto lo immaginiamo.
Anzi, la teoria è ancora più buona quanto non occorra immaginare i suoi elementi, tanto che anche un computer li può manipolare, pur senza poterli immaginare, perché se l'immaginazione a noi ci aiuta, però ci aiuta anche a sbagliare, mentre questo pericolo il computer non corre.
Però, in generale, se un cerchio ha certamente un area, perché sennò non sarebbe un cerchio, è ormai da un po' uso intendere ( così non intendeva ancora Euclide, ma così già intendevano Newton e Leibnitz) che fra i possibili valori che può avere un area è compreso lo zero. È un caso limite ci dice Newton, ma è sempre un possibile caso, che aEuclide nin intendeva come tale.


La storia dello zero è significativa, perché prima ha faticato ad essere accettato come numero, e poi come valore, ma questa in verità è la storia di tutti i numeri , perché ogni numero ha la sua storia che inizia con la sua nascita in un parto sempre travagliato.


Euclide non ci dice che un punto ha lunghezza zero. Ci dice che non ha lunghezza.
Se non si capisce questa differenza fondamentale ogni paradosso è buono.
La matematica progredisce per generalizzazione ed assegnare una lunghezza , e zero come suo valore, a un punto è una di queste utili generalizzazioni senza la quale non esisterebbe la teoria di Newton .
Ad Euclide questa generalizzazione non occorreva, quindi perché avrebbe dovuto farla?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Phil

@viator
[Grazie per l'apprezzamento] Una circonferenza, per esser tale, deve racchiudere uno spazio, un'area; in tale area è sempre (almeno concettualmente) possibile disegnare un'altra circonferenza o un perimetro poligonale che racchiuda una parte di quello spazio, come fosse un sottoinsieme.


@iano
[Grazie anche a te] Non colgo la possibilità dell'area uguale a zero: per avere l'area uguale a zero dovremmo non avere né perimetro, né raggio, né altre forme chiuse di riferimento (che inevitabilmente, con la loro estensione, renderebbero l'area diversa da 0); direi, da profano, che ha area zero solo "la figura che non c'è" (che sia come "l'isola che non c'è" di Peter Pan?).

viator

Salve phil. Citandoti : "Una circonferenza, per esser tale, deve racchiudere uno spazio, un'area; in tale area è sempre (almeno concettualmente) possibile disegnare un'altra circonferenza o un perimetro poligonale che racchiuda una parte di quello spazio, come fosse un sottoinsieme".

Sai già quanto mi piacciano le provocazioni intellettuali, per quelle poche che riesco ad esprimere.

Io sostengo invece che sia ipotizzabile una eccezione. Una circonferenza di raggio infinito (illimitato) risulterebbe priva di curvatura (o avente curvatura infinitesima, comunque non apprezzabile), quindi - per quanto riguarda le sue proprietà - indistinguibile da una retta.

In tal caso inoltre si godrebbe del vantaggio di togliersi di torno l'inutile complicazione di uno spazio interno da delimitarsi (Occam insegni !)............riducendo la presenza delle DUE dimensioni ad una UNIDIMENSIONALITA' geometrico-spaziale. Saluti.





Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve iano. Citandoti : "La storia dello zero è significativa, perché prima ha faticato ad essere accettato come numero, e poi come valore, ma questa in verità è la storia di tutti i numeri , perché ogni numero ha la sua storia che inizia con la sua nascita in un parto sempre travagliato".

Lo zero è concetto filosofico utilizzato non per esprimere una presenza, una esistenza, un numero od un valore, BENSI' LA LORO NEGAZIONE. Esso zero rappresenta semplicemente l'espressione del NULLA QUANTITATIVO.
Perciò la CONSUETUDINE, ABITUDINE e CONVENZIONE di utilizzo matematico-scientifico dello ZERO, come ho sopra appena affermato, non ha nulla a che vedere con un qualsiasi tipo di numerazione, visto che i NUMERI servono a denotare delle quantità (ZERO, al massimo, sarà da considerare una CIFRA od un VALORE). Salutoni ed auguroni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#38
Citazione di: Phil il 30 Dicembre 2021, 20:49:20 PM
@viator
[Grazie per l'apprezzamento] Una circonferenza, per esser tale, deve racchiudere uno spazio, un'area; in tale area è sempre (almeno concettualmente) possibile disegnare un'altra circonferenza o un perimetro poligonale che racchiuda una parte di quello spazio, come fosse un sottoinsieme.


@iano
[Grazie anche a te] Non colgo la possibilità dell'area uguale a zero: per avere l'area uguale a zero dovremmo non avere né perimetro, né raggio, né altre forme chiuse di riferimento (che inevitabilmente, con la loro estensione, renderebbero l'area diversa da 0); direi, da profano, che ha area zero solo "la figura che non c'è" (che sia come "l'isola che non c'è" di Peter Pan?).
Il perimetro e il raggio ci sono ma hanno misura zero.
Se Euclide ha potuto dare dimensione unitaria alla retta è perché nel frattempo i greci avevano accettato l'uno come numero. Così non è sempre stato. Lo stesso ha fatto Newton grazie allo zero, che Euclide nin accettava come numero.
Così se ciò che  varia fra i diversi enti è il numero delle dimensioni ,perciò un ente con una dimensione può tendere al limite ad un altro ente con diversa dimensione, dove la dimensione può variare.
Se sono mele può cambiare il numero al limite per sottrazione, ma restano mele.
Euclide invece metteva insieme mele e pere, e una pera non poteva ridussi al limite a una mela.
Ciò che ha dimensione non può ridursi a ciò che non ne ha, a meno che non sia permesso associare ad ogni ente una dimensione e a ogni dimensione  un numero, accettando lo zero come tale,definendo quindi in modo generale ed elegante gli enti geometrici come ciò che si distinguono nella sostanza per la diversa dimensione, avendone tutti una.
È una tipica generalizzazione matematica.
Tu non hai problemi ad accettare l'uno come numero, perché il numero è ciò con cui contiamo a partire proprio da uno.
Per i greci antichi il numero era molteplicità, e l'uno non è tale, quindi non era un numero.
Già' ai tempi di Newton però il numero era qualcosa di più che cio con cui poter contare.
Numeri nuovi nascono sempre, ma con un parto che non manca mai di essere travagliato, con puntuali  tentativi di aborto mai riusciti. A naso direi che anche lo zero ormai è fuori pericolo.
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Phil

Citazione di: viator il 30 Dicembre 2021, 21:18:24 PM
Io sostengo invece che sia ipotizzabile una eccezione. Una circonferenza di raggio infinito (illimitato) risulterebbe priva di curvatura (o avente curvatura infinitesima, comunque non apprezzabile), quindi - per quanto riguarda le sue proprietà - indistinguibile da una retta.

In tal caso inoltre si godrebbe del vantaggio di togliersi di torno l'inutile complicazione di uno spazio interno da delimitarsi (Occam insegni !)............riducendo la presenza delle DUE dimensioni ad una UNIDIMENSIONALITA' geometrico-spaziale. Saluti.
Se ho bene inteso: se su un piano tracciamo una retta o una circonferenza con curvatura quasi impercettibile, dividiamo comunque il piano in due parti: dentro/fuori la curvatura, o quantomeno al di qua e al di là della (apparente) retta. La bidimensionalità rimane (garantita dal piano), così come rimane un dentro/fuori la circonferenza, con la particolarità che essendo la curvatura impercettibile non si può essere sicuri se si è nella parte del piano dentro l'infinita circonferenza o fuori dall'infinita circonferenza.
Se la "super circonferenza" contenesse tutto, avendo raggio infinito (ed essendo quindi una pseudo-circonferenza poiché l'infinito in quanto tale non ha verificabile forma propria), noi ci troveremmo allora nella bidimensionalità dell'area al suo interno, potendo tracciare il perimetro del nostro orticello o quello del nostro parcheggio riservato.

Ipazia

La spiegazione di phil mi pare a prova di coccio. Punti, linee, segmenti, quadrati, cerchi, ... sono elementi di un assioma, la geometria, che per ciascuno di essi ha dato definizioni rigorose (x è il luogo geometrico ...), al di fuori delle quali semplicemente non esistono; nemmeno nell'iperuranio della sofistica più tenace.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#41
Citazione di: Ipazia il 30 Dicembre 2021, 21:56:04 PM
La spiegazione di phil mi pare a prova di coccio. Punti, linee, segmenti, quadrati, cerchi, ... sono elementi di un assioma, la geometria, che per ciascuno di essi ha dato definizioni rigorose (x è il luogo geometrico ...), al di fuori delle quali semplicemente non esistono; nemmeno nell'iperuranio della sofistica più tenace.
Sono d'accordo. Il fatto è che le teorie sono diverse e non vanno mischiate.
Il punto di Euclide non è lo stesso di Newton, perché fanno parte di teorie distinte, ma siccome usiamo lo stesso nome ne parliamo come fossero la stessa cosa.
Il punto di Euclide non ha dimensione e non si può ridurre ad esso ciò che ne ha.
Il punto di Newton ha dimensione con valore zero, e ad esso può ridursi al limite un ente con dimensione superiore , perché  ciò è previsto dal concetto di limite introdotto da Newton, ma sconosciuto nella geometria di Euclide.
Il punto da fare non è sul punto, ma sui punti, o meglio sul fatto che per motivi storici diamo ad entri distinti lo stesso nome, e poi li trattiamo come fossero la stessa cosa.
Il significato di ogni ente teorico va' cercato dentro alla sua teoria, e non fuori, in altra teoria, per non dire ancor più fuori , nella realtà.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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Eutidemo

#42
PER TUTTI!
Il mio è stato veramente un sogno notturno, e non una metafora; per cui non sono stato io a scegliere Archimede e Cusano (nelle persone di Nino Taranto e Totò, che giocavano a scopa e discutevano a ruota libera per conto loro).
Col tema in questione, infatti, il vero Archimede, e soprattutto il vero Cusano, non c'entrano assolutamente "niente"; e, comunque, almeno per quello che so di loro, sono sicuro non si sarebbero mai espressi nel modo che ho sognato io!
;D
Si è trattato soltanto di una casuale farneticazione onirica del mio cervello, sia pure molto ragionativa; al posto loro sarebbero benissimo potuti esserci Paperino e Topolino!
Questo, tanto per la chiarezza!
;)

Eutidemo

Ciao Iano. :)
Ribadisco che Archimede e Cusano non c'entrano assolutamente niente con il tema del "punto"; ed infatti, nelle vesti di Nino Taranto e Totò, sono entrati nel mio sogno per conto loro, giocando a scopa e discutendo a ruota libera come più gradivano, a prescindere da qualsiasi mia scelta cosciente.
;D
***
Ciò premesso, da sveglio, non posso che prendere atto delle problematiche che mi si sono presentate in sogno; perchè, effettivamente, non le trovo affatto prive di senso.
Qui, infatti, non si tratta nè di geometria e matematica "euclidea" nè di geometrie e matematiche "moderne", bensì di semplice "logica" e di elementare "semantica" linguistica.
***
E infatti:
- è OVVIO che "cerchi" e "quadrati" non possono avere "corrispondenti reali" perfetti, anche usando il compasso o le tecnologie più evolute;
- però è parimenti OVVIO  che sia i concetti astratti dei "cerchi" e dei "quadrati" sia i loro "corrispondenti reali", rappresentano cose assolutamente diverse le une dalle altre.
***
Possiamo anche essere d'accordo che se suddividiamo all'infinito un segmento oppure Mario, non stiamo facendo un operazione che la geometria euclidea preveda, quindi ne stiamo andando fuori; ma chi se ne frega della "geometria euclidea", ed anche della cosiddetta "matematica moderna", visto che si tratta di un tipo di suddivisione che io posso benissimo intellettualmente concepire, senza per questo dover fare ricorso a nessuna delle due.
***
Posso concepire un quadrato B più piccolo del quadrato A, un quadrato C più piccolo del quadrato B, un quadrato D più piccolo del quadrato C, e così via, a prescindere dalla circostanza che io lavori di "immaginazione" ovvero di "matita"?
Direi proprio di sì!


CONCLUSIONI ONIRICHE
Ciò premesso, andando avanti così, alla fine mi si presentavano come possibili solo due conclusioni:

a)
Se fosse vero che una "forma geometrica infinitamente piccola", oltre a non essere "materialmente disegnabile", non è neanche "logicamente concepibile", allora ne dovrebbe conseguire che debba essere necessariamente "concepibile" un quadrato più piccolo di tutti gli altri "quadrati concepibili", ma la cui area dovrebbe essere comunque in qualche modo "misurabile" (almeno, se partiamo dal presupposto che un quadrato infinitamente piccolo non può esistere).
E allora io mi chiedo:
- qual mai sarebbe  l'area di tale quadrato?
- quanto sarebbe lungo un suo lato?
Annotamela!

***
Bada bene che:
- non si tratta di "disegnare" un quadrato più piccolo di tutti gli altri (perchè, ovviamente, al di sotto di una certa dimensione, la cosa non è più materialmente possibile);
- bensì, molto più semplicemente, di immaginare la lunghezza di un suo lato, in modo tale che la sua area risulti in qualche modo "misurabile" (in millimetri, angstrom o nanometri).
***
Ed infatti, se davvero fosse "concepibile" un "quadrato più piccolo di tutti gli altri quadrati concepibili" (ma non infinitesimo), la sua area dovrebbe essere risultare in qualche modo "misurabile"; ma poichè, di fatto, questo non è possibile, ciò vuol dire che tale ipotetico quadrato semplicemente non esiste.
E se tale tale quadrato non esiste, dobbiamo di necessità ammettere la "concepibilità" di un "quadrato infinitamente piccolo"; altrimenti cadremmo nell'"assurdo"; a prescindere dal tipo di "geometria-matematica", antica o moderna, adottata.

b)
Ora, una volta esclusa la "concepibilità" di un "quadrato più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", e dovendo, quindi, di necessità ammettere la "concepibilità" di un "quadrato infinitamente piccolo", poichè quest'ultimo dovrebbe essere necessariamente privo di "dimensioni", dovrebbe anche essere logicamente privo di "forma"; però, se diventa privo di "forma", allora non è più neanche un "quadrato", essendo l'equivalente di un "cerchio infinitamente piccolo" (e di qualsiasi altra "forma geometrica" ridotta ad infinitesimo).
Ma se un "quadrato infinitamente piccolo" non è più un "quadrato", questo equivale a dire che  un "quadrato infinitamente piccolo" non è concepibile; ed allora, se è vero che un "quadrato infinitamente piccolo" non è concepibile (perchè non sarebbe più un quadrato), allora torniamo a dover ammettere l'esistenza di "un quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", il quale, però, non si riesce a trovare da nessuna parte.
***
Comunque te la rigiri, secondo me, è un "sepente che si morde la coda"!
Di qui la mia "definizione onirica" di "punto", come : "Qualsiasi forma geometrica, la quale, concepita in misura infinitamente piccola, cessa di essere la forma geometrica che era, per diventare un semplice punto".
Definizione che, però, non risolve assolutamente niente!
::)

CONCLUSIONI DA SVEGLIO
Da sveglio, invece, mi rendo conto benissimo che esistono "nuove matematiche" e "nuove geometrie"; come, ad esempio, la P.F.G. ("Point Free geometry" cioè "Geometria Senza Punti"), la quale assume come nozione primitiva quella di "regione" piuttosto che quella di "punto".
***
Personalmente, visto che non capivo granchè delle "vecchie matematiche" e delle "vecchie geometrie", figuriamoci cosa posso capire delle "nuove matematiche" e delle "nuove geometrie"; a parte il fatto, però, che i loro fautori sono spesso in contrasto ed in lite tra di loro, per cui credo di poter capire che nessuna di esse possa ancora assurgere a "verità definitiva".
***
In ogni caso, non credo che gli  argomenti "ex autoritate" possano servire a convincermi ; e, cioè, che non entrino nel merito della specifica logica dei miei ragionamenti, sia di quelli onirici, che di quelli da sveglio!
Però ti ringrazio per lo sforzo!
***
Un saluto! :)
***

iano

#44
Ciao Eutidemo.
Diciamo che considerare la storia della matematica ci aiuta a capirla, senza doverci immergere in nessuna teoria in particolare. La storia dei numeri fa' parte della storia del pensiero umano e per questo mi interessa. Il pensiero dei matematici antichi non meno di quelli moderni parimenti destabilizzano le nostre convinzioni presenti facendo uscire dall'ovvieta' le nostre convinzioni.
Se da un lato le teorie moderne sembrano più astratte ed astruse, dall'altro hanno l'effetto di banalizzare le vecchie teorie'. Capisci allora che il modo in cui noi vediamo il mondo , attraverso la geometria Euclidea, è solo uno dei tanti possibili.
Ciò che possiamo immaginare non esiste se non nella nostra immaginazione, la quale però è parte della realtà, e perciò ciò che immaginiamo esiste.
Esistono i punti se possiamo immaginarli.
Certo, secondo questa semplicistica filosofia esisterebbero anche gli unicorni e gli ippogrifi, che però hanno una sostanziale differenza rispetto agli enti matematici; questi ultimi infatti si possono manipolare in modo coerente ne' più ne meno come fossero oggetti fisici, mentre gli ippogrifi no.
Le moderne teorie fisiche non ci invitano a vedere ippogrifi, ma cose non meno insolite, di vedere cioè il mondo attraverso teorie matematiche diverse dalla geometria Euclidea.
È però un modo diverso di vedere, ma non meno degno, ciò che ci fa' capire che noi la realtà la possiamo solo immaginare, ma che non c'è un solo modo utile di farlo.
Però c'è modo e modo di immaginare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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