Facciamo un po' il "punto" sul "punto"!

Aperto da Eutidemo, 26 Dicembre 2021, 13:24:16 PM

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Eutidemo

Ciao Iano :)
Innanzittutto mi scuso per il mio "marchiano" errore; ed infatti è ovvio che, quella che avevo  disegnato, non era  affatto una "semiretta", bensì, evidentemente, un "segmento".
:-[
Ultimamente mi sono accorto che sbaglio troppe parole quando scrivo; cosa che, considerata la mia età, trovo alquanto preoccupante.
:'(
***
Quanto al fatto che come scrivi tu,  "...le linee che hai disegnato al computer  non sono ne' infinite ne' composte da infiniti punti, ma semmai da un numero finito di pixel, o di tratti discontinui se disegnati a matita, come si può dimostrare guardandoli al microscopio", questo non è giustissimo, ma, a dire il vero, io lo avevo già chiaramente premesso e precisato nel paragrafo "IL CORRISPONDENTE IN NATURA DEL PUNTO".
In tale sede,infatti, parlando del punto, avevo scritto che: "...quello segnato sulla carta con una matita , infatti, visto con una lente d'ingrandimento, è soltanto una piccola pallina nera; cioè un "cerchio", e non un "punto" (sebbene possa assumere anche altre forme, le più svariate).
Questo è naturale!
***
Diverso, invece, era il mio discorso relativo all'immagine, nella quale avevo disegnato una fila di quadrati contigui (che costituiscono un rettangolo), e, sotto, una fila di punti contigui (che costituiscono un segmento); è infatti ovvio che, anche in tal caso i disegni grafici erano composti da "pixel", ma, in tal caso, io intendevo riferirmi alle figure geometriche astratte da tali "pixel" simbolicamente rappresentate.
***
Ed infatti, in base a quanto risulta evidente dal disegno, traslato a livello "simbolico":
- i quadrati contigui da me "concepiti",  sono 12, ma potrebbero anche essere 1, 100 o 1000, o addirittura infiniti;
- i punti contigui da me "concepiti",  invece, sono sempre  infiniti,  nè potrei mai concepirne un numero limitato tale, cioè, da poter essere contato.
***
Il "paradosso" evidenziato dal mio disegno, sta nel fatto che io:
- posso concepire, immaginare (e anche simbolicamente disegnare),  una fila limitata di quadrati contigui,  però non posso concepire, immaginare (e neanche simbolicamente disegnare),  una fila infinita di quadrati contigui;
- mentre, al contrario, qualsiasi fila di punti contigui io possa concepire, immaginare (e anche "simbolicamente" disegnare), breve o lunga che essa sia, conterrà necessariamente un numero infinito di punti.
***
Anche se lo volessi, cioè, non riuscirei mai concepire, immaginare (e anche simbolicamente a disegnare), 12 punti contigui; ed infatti, mi è solo consentito immaginare i punti come "infiniti" o come "uno solo", ma mai niente di intermedio, qualunque sia la forma geometrica costituita da tali punti.
Sarebbe come postulare l'esistenza dei numeri come "infiniti" (N) o come "uno solo" (1); ma mai nessun numero di intermedio (345,543,678 ecc.), qualunque sia la quantità fisica in esame!
Il che lo trovo assurdo; per cui, almeno per me, nel concetto di punto, c'è qualcosa che non funziona!
***
Quanto a Cantor, lui affrontò un problema diverso, assumendo che un insieme infinito è un insieme che può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo proprio sottoinsieme; ma, come ho detto, si tratta di una questione differente, che non intendevo minimamente affrontare in questo topic (anche perchè non ho le cognizioni matematiche per farlo).
***
Quanto al fatto che, in sostanza, come tu scrivi: "... non solo i punti, ma qualunque cosa crediamo esista, esiste solo nella nostra mente, ma in corrispondenza con una realtà fuori dalla mente", questo, secondo me, può essere una affermazione vera in taluni casi, ma non in altri.
Ed infatti c'è stato un tempo in cui credevamo nell'esistenza degli dei; però, tale credenza, esisteva solo nella nostra mente, senza alcuna corrispondenza con una realtà fuori dalla mente.
***
Un saluto! :)
*** 


iano

#16
Non è vero Eutidemo che gli Dei non avessero una corrispondenza con la realtà, e non è vero che stai perdendo colpi per l'età, e quest'ultima cosa mi accingo a dimostrare.
Vero è invece che nell'uso dei simboli siamo a volte colpevolmente approssimativi, e altre significativamente approssimativi.
Significativo è infatti che , come tu hai fatto, usiamo lo stesso simbolo grafico per designare due cose diverse, perché riteniamo magari prioritario che il simbolo richiami analogicamente quel che vogliamo rappresenti.
Perciò usiamo lo stesso simbolo per indicare un segmento e una semiretta ( non a caso dunque le hai confuse) perché privilegiamo un simbolo continuo, anche solo pseudo-continuo, in analogia alla continuità di ciò che vogliamo rappresentare. Ma come  dicevo, l'uso di puri simboli, non necessariamente analogici quindi, ci aiuta magari a non capire quanto a non sbagliare.
Il tuo errore quindi è ben significativo dell'approssimazione con cui affrontiamo la questione, privilegiando una simbologia piuttosto che un altra.
Un simbolo non sta per qualcosa in quanto la richiama, ma perché noi convenzionalmente decidiamo per cosa  sta, e tanto meno saremo approssimativi tanto meglio riusciamo a condividere con precisione  i nostri contenuti mentali.
Quindi, rinunciando all'analogia simbolica di continuità, possiamo meglio decidere di simboleggiare una semiretta con un segmento relativamente lungo, seguito da un tratteggio fatto con segmenti più brevi.
Così non possiamo sbagliarci, essendo una simbologia a prova della nostra veneranda età intellettiva.
Si è vero, tu avevi spiegato già' tutto ben coi tuoi disegni, che io ho voluto ribadire a modo mio ponendo l'accento sul linguaggio simbolico, che è poi la matematica, tanto più difficile da comprendere quanto più pretendiamo da essa non ci porti a confusione. Una matematica puramente astratta non ci suggerisce volutamente alcuna analogia seguendo le quali analogie ognuno rischia di immaginare cose diverse, il prezzo da pagare alla precisione è perciò' una difficoltà a immaginare,,e quindi a capire, a far propria in breve la materia.
Oggi però possiamo delegare le operazioni matematiche ai computer, i quali non sbagliano mai, anche perché non hanno nulla da capire..😊
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

In definitiva Eutidemo, i simboli analogici servono a capire quanto a fraintendere.
Mentre i puri simboli non aiutano capire quanto a non fraintendere.
In ciò credo possiamo far risiedere la lamentata astrattezza della matematica, la quale però ha nella sua natura di essere astratta. Questo è il suo pregio e il suo difetto, che non riferendosi a nulla in particolare può riferirsi a tutto.
Un segmento disegnato su un foglio non si riferisce a nulla in particolare , oppure a tutto, ma non a cose diverse insieme.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Sì, Eutidemo, nell'uso comune del termine con matematica si intende aritmetica.
Tuttavia la matematica è molto più ampia e include la geometria, l'algebra, la statistica, e tanto altro.
Aree diverse, che tuttavia sono fondate sulla stessa modalità di astrazione matematica.

Bertrand Russell era molto simpatico, ironico, pragmatico, ma pessimo filosofo.

Il dare per scontato che vi siano differenze sostanziali, tra due cose qualsiasi del mondo, è la fonte di ogni male.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

Citazione di: iano il 27 Dicembre 2021, 14:38:58 PM
Si è dimostrata l'attualità dell'infinito, ma a costo di moltiplicarne i tipi.

Iano, è avvenuto proprio il contrario.
È il dare per scontata l'attualizzazione dell'infinito che ha permesso di dimostrare l'esistenza di più ordini di infinito.

Perciò una dimostrazione che si regge sulla presunta, e assurda, possibilità di elaborare all'infinito.
Andata e ritorno all'infinito e questo una infinità di volte!
Mentre l'infinito è sempre e solo in potenza, cioè limite irraggiungibile.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#20
Ciao Bobmax.

Eutidemo ci illustra il paradosso che un segmento, seppur definibile  come fatto di infiniti punti,  non si può costruire  reiterando l'operazione di mettere un punto dietro l'altro.
Nel dire quindi che un segmento è fatto di infiniti punti messi in fila, non ne stiamo dando una definizione operativa.
Se diciamo invece che un segmento può dividersi all'infinito, allora stiamo dando una definizione operativa di punto come risultato di una operazione reiterata all'infinito a partire da un segmento.
Nel parlare di infiniti attuali, argomento che vedo non ti appassiona, credo sia importante che nella loro definizione sia compresa una reiterazione.
La reiterazione di una operazione è presente in ogni possibile definizione di infinito, ma fino a prova contraria se diverse sono le operazioni da reiterare diversi sono gli infiniti da esse generati.
Aggiungere un pixel dietro un altro è una operazione, mentre dividere un segmento in due è un altra operazione che a naso mi pare generino con la loro reiterazione due diversi tipi di infinito.
Nel primo caso quello dei numeri naturali, nel secondo quello dei numeri reali.
Sono infiniti diversi, s meno che tu non possa dimostrare il contrario, perché costruiti in modo diverso.
Ma non è che noi dobbiamo costruirli. Noi ci limitiamo a dire come vanno costruiti.
Se l'infinito invece non fosse da costruire, perché già esiste, creato con una operazione unica e sola,  non reiterata, se creato, allora è uno solo.
Io credo che siano di diversi tipi, anche perché diversamente dovrei rinunciare ad una libera ricerca matematica ponendovi paletti mistici.


Ti invito comunque a riflettere sul fatto che un infinito, oltre a poter essere immaginato, può anche essere definito operativamente, e quindi  considerare se forse le due cose non siano strettamente legate, e ancora considera che in definitiva un infinito sta dentro a una definizione finita , la cui lunghezza e' confrontabile col segmento che sta per il diametro del nostro che immagina, e dentro cui  dunque può stare.



Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Ciao Iano.
Insisto nel ritenere:
- sia che gli Dei, "falsi e bugiardi", non avessero la benchè minima corrispondenza con la realtà;
- sia che io sto davvero perdendo colpi per l'età (come, purtroppo, ogni giorno che passa, devo constatare sempre di più).
:(
***
Ed infatti:
- io avevo chiaramente disegnato un SEGMENTO, il quale è una parte di retta delimitata da due punti, chiamati ESTREMI (nel mio caso A e B);
- la SEMIRETTA, invece, ha un  inizio ma non una fine (solo l'estremo A).

***
Per cui il mio è stato un evidentissimo ERRORE; che tu, giustamente, non hai mancato di rimarcare!
***
Adesso tu cerchi cortesemente di attenuare la portata del mio errore, scrivendo che a volte usiamo lo stesso simbolo grafico per designare due cose diverse; e, quindi, usiamo lo stesso simbolo per indicare un segmento e una semiretta.
Ma questo sarebbe stato vero se io mi fossi limitato a tracciare semplicemente due linee, senza indicarne alfabeticamente gli estremi:

***
Poichè, però, io ne avevo alfabeticamente indicato gli estremi A e B, chiamare tale segmento una "semiretta" è stato un mio inescusabile errore.
E il guaio è che di errori così, ed anche di più gravi, ne commetto sempre più spesso!
:'(
***
Al riguardo, comunque, trovo interessante la tua idea di simboleggiare una semiretta con un segmento relativamente lungo, seguito da un tratteggio fatto con segmenti più brevi:

Così, in effetti, non possiamo sbagliarci, essendo una simbologia a prova della nostra veneranda età intellettiva.
;D
***
Un saluto! :)
***

Eutidemo

Ciao Bobmax :)
Come supponevo, il mio sbaglio è consistito nell'aderire all'"uso comune" del termine "matematica", con il quale, invece, si intende la sola "aritmetica"; però, come giustamente hai rilevato tu, tale '"uso comune" è errato, perchè,  la "matematica" vera e propria è molto più ampia della semplice '"aritmetica"  e include la "geometria", l'"algebra", la "statistica", e tanto altro.
Aree diverse, che tuttavia sono fondate sulla stessa modalità di astrazione matematica.
***
Ciò premesso, non capisco per quale motivo tu, poi, scrivi che "Il dare per scontato che vi siano differenze sostanziali, tra due cose qualsiasi del mondo, è la fonte di ogni male!"
Ed infatti, facendomi giustamente riflettere, al di là dell'"uso comune" dei termini, sulla sostanziale differenza di significato tra la "matematica" e l'"aritmetica", tu stesso ha rimarcato l'importanza della "discriminazione" e del "discernimento" tra una cosa e un'altra.
Secondo me, quindi, la fonte di ogni male è proprio quella di non vedere le differenze tra le cose; e, quindi, di "fare di tutta l'erba un fascio".
***
Quanto a Bertrand Russell il primo libro di filosofia che lessi in vita mia (a 14 anni), fu il suo  "I problemi della filosofia"; poi lessi anche "Storia della Filosofia Occidentale" (più volte), e quasi tutti gli altri suoi libri di carattere divulgativo.
Ma, poichè io non sono un "matematico", non ho mai letto nessuno dei suoi molti libri di matematica.
Peraltro, non essendo io neanche un vero e proprio "filosofo", non sono in grado di giudicare se lui fosse un ottimo o un pessimo filosofo; però ho quasi sempre condiviso le critiche da lui mosse agli altri filosofi.
***
Un saluto! :)
***

bobmax

Eutidemo, il tuo trovarti d'accordo con Bertrand Russell lo avrei dato per scontato.
La tua visione pragmatica della realtà appare in ogni tuo intervento.
Sebbene mi pare tu senta una qual attrazione per la Trascendenza. Frenata però proprio da questo, diciamo così, empirismo.

Difatti le aree della matematica non hanno "sostanziali" differenze tra loro.
Proprio in quanto tutte sono matematica.

E la matematica altro non è che negazione.
La matematica è infatti espressione dello stesso pensiero razionale, che è fondato su quel unico principio: il principio di identità.
A = A
Che è l'essenza della negazione.

Ma essendo l'Uno negazione della negazione, il pensiero razionale, e quindi la matematica, non hanno alcuna Verità.

Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

Iano, dato un qualsiasi intervallo, i numeri reali sono di più dei numeri naturali.
Questo di più è potenzialmente infinito.
Bene!
Su questa base possiamo procedere.
Con gli infinitesimi e tutto il resto.

Ma lasciamo stare l'infinito con la pretesa di trattarlo come una cosa!
È questo il gravissimo errore.

Perché se no, ci ritroviamo a concludere, per esempio, che i numeri interi pari sono tanti quanti sono i numeri interi... Una assurdità!

L'infinito non è qualcosa.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#25
Ciao Bobmax.
I numeri interi sono quanto i numeri pari e si può dimostrare, ma per evidenziare che stiamo confrontando insiemi infiniti si dice che possiedono la stessa cardinalita'.
Ma non si possono confrontare contandoli, perché il conteggio non avrebbe fine.
Seppure la nostra intuizione dice il contrario, per i pedanti matematici l'intuizione non è un argomento definitivo.
Così  essi avranno ragione a dire che se non si possono contare , e se non ci è alternativa al contare, allora non si può dire in modo definitivo ne' che siano diversi, ne' che siano uguali.
A meno che non vi sia un alternativa al contare, che sia un modo diverso di fare la stessa.
Qualcosa che non è il contare, ma che vi equivale, se si ammette che esistono modi diversi di fare la stessa cosa.
Se di due insiemi finiti possiamo mettere in corrispondenza biunivoca i loro elementi, di modo che ad un elemento di un insieme corrisponda uno ed un solo elemento dell'altro, e viceversa, allora i due insiemi hanno la stessa quantità  di elementi.
Se accetti questa operazione di confronto come equivalente al contare , allora i numeri pari sono tanti quanto i numeri naturali, perché ad ogni n corrisponde uno ed un solo 2n.
Concordo con te che la matematica non ci dica alcuna verità, ma tanto meno lo fai il nostro intuito, e quando essa va' contro il nostro intuito è il nostro  intuito che si deve adeguare.
La cosa richiede un certo sforzo, ma alla fine si viene ricompensati.
Per aiutarti in questa operazione ti consiglio di sostituire la formula di identità A=A con A=B, la quale ultima suggerisce che due cose uguali possono avere una forma differente, e perciò bisogna dimostrare che sono uguali.
Allora ti potrà' apparire che , se invece  di astrarre i numeri pari dai numeri naturali come loro parte, costruisci ex novo i due diversi insiemi in modo indipendente , ti accorgerai che , al di la' della diversa simbologia usata, essendo la scelta di questa libera, stai costruendo però esattamente la stessa cosa.


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iano

#26
Ma caro Bobmax, non vorrei proprio fare la figura del saccente che ti guida nella comprensione delle cose, perché capisco in questo momento ciò che ti invito a capire, e lo capisco interagendo con te.
Avevo in effetti idee ancora confuse e tu ed Eutidemo, volendovi rispondere, mi avete costretto a focalizzarle.
Grazie, e spero di esservi utile a mia volta.


La matematica non ci dice alcuna verità.Se cerchi la verità la matematica non ti serve. La matematica si limita a dimostrare l'uguaglianza di cose potenzialmente diverse, perché in diversa forma appaiono.
A è certamente uguale ad A, ma non è uguale a B se abbiamo usato simboli diversi per designare, ameno che no si dimostri il contrario. Così si dimostra a volte che cose che appaiono in forma diversa sono uguali, perché una dimostrazione altro non è che dare forma diversa alla stessa cosa.
Si può anche dire che sia una grande tautologia , ma se serve a perfezionare il nostro intuito, a qualcosa allora serve.
Non è certo un caso che la matematica non sia amata dai più,,se il suo compito non è di dirti la verità, ma di evidenziare quando il nostro intuito sbaglia, e quindi noi sbagliamo, sopratutto se nel dircelo non usa garbo.😅


Quindi la matematica non serve affatto a cercare la verità, ma se pensi di poterla intuire la verità, allora la matematica serve, perché affina il tuo intuito.
Se l'intuito è la lama che vuole tagliare il capello in due, la matematica è la mola.
Per quanto mi riguarda non solo credo che non esista una verità, ma che se esistesse non mi occorrerebbe conoscerla.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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bobmax

Grazie Iano, anch'io constato che solo con il confronto con l'altro può nascere in me una nuova idea.


Tuttavia la Verità viene "prima" di qualsiasi idea.


La Verità non esiste, la Verità è.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

La notte scorsa, ho fatto un sogno molto singolare su questoargomento; per cui ero incerto se riferirlo in coda a questo "thread", oppure se aprire al riguardo un "topic" a parte nella sezione "percorsi ed esperienze".
Poi ho pensato che forse quest'ultima soluzione era la migliore, anche perchè dava adito a considerazioni conclusive che esulavano dalla specifica questione riguardante il "punto".
Però, per correttezza, la riporto pure qui.
***
Il sogno, non so perchè, era ambientato su una spiaggia tropicale, dove si trovavano sdraiati fianco a fianco Archimede (con l'aspetto di Nino Taranto) e Nicolò Cusano (con l'aspetto di  Totò); una coppia davvero strana, in tutti i sensi!
Stavano giocando a scopa con le carte napoletane, quando Archimede, dopo una previsione sulle prossime elezioni presidenziali, se ne uscì con la seguente affermazione:
--------------------------------------------------
-In fondo la definizione di "punto" è molto semplice: qualsiasi forma geometrica di dimensioni "infinetesimali", in sostanza, non è altro che un "punto"!-
- Cioè vuoi dire che un cerchio infinitesimamente piccolo non sarebbe altro che un "punto"?- chiese Cusano prendendo il Settebello.
- Sì!-
- E che un quadrato infinitesimamente piccolo non sarebbe altro che un "punto" pure lui?-
- Senz'altro!-
- Ma così vai contro il principio di non contraddizione!- obiettò scandalizzato Cusano -Ed infatti un cerchio non potrà mai essere un quadrato, a prescindere dalle sue dimensioni!-
- Be', se è per questo è un po' paradossale anche il fatto che un quadrato, qualunque sia la sua area, possiamo dirlo composto da una infinità di cerchi infinitamente piccoli, e che un cerchio, qualunque sia la sua area, possiamo dirlo composto da una infinità di quadrati infinitamente piccoli!-
- Appunto!- esclamò Cusano allargando le braccia.
- Ciò non toglie, però, che un qualunque cerchio o un qualunque  quadrato sono composti da infiniti punti; e, se riconosciamo che qualsiasi forma geometrica infinitamente piccola può essere considerata un punto, ne consegue  pure che un quadrato, qualunque sia la sua area, possiamo dirlo composto da una infinità di cerchi infinitamente piccoli, e che un cerchio, qualunque sia la sua area, possiamo dirlo composto da una infinità di quadrati infinitamente piccoli!-
- E' vero!- ribattè Cusano - E allora questo significa che una forma geometrica, per quanto, infinitamente piccola non potrà mai  essere considerata un punto, altrimenti cadremmo nel paradosso; questo anche perchè, per definizione, un cerchio, sia pure  infinitamente piccolo, non potrà mai essere considerato un quadrato, anche se infinitesimale!- 
- Hai ragione!- convenne Archimede - Però potremmo anche dedurne che una "forma geometrica infinitamente piccola" non è logicamente concepibile; questo perchè, visto che una "forma" comporta necessariamente delle "dimensioni", e visto che ciò che è infinitamente piccolo non ha "dimensioni", ne consegue che ciò che è infinitamente piccolo non può avere nessuna "forma"!-
- Non fa una piega!- ammise Cusano -Però, se fosse vero che una "forma geometrica infinitamente piccola" non è logicamente concepibile, ciò vorrebbe dire che, ad esempio, esiste un quadrato più piccolo di tutti gli altri quadrati concepibili, ma la cui area dovrebbe essere comunque in qualche modo misurabile.-
-Già!- convenne Archimede - Ma quale sarebbe questo "piccolissimo" quadrato? Quale sarebbe la sua area?-
- Appunto: non c'è!
Ed infatti qualsiasi area di quadrato (di cerchio ecc.) può essere concettualmente soggetta ad una "reductio ad infinitum"; nel qual caso diventa un "punto"...cos'altro, sennò?
Come volevasi dimostrare!-
- D'altronde, anche qualunque "segmento" può essere accorciato all'infinito nel qual caso diventa un "punto" pure lui: per cui si potrebbe definire il punto come un infinitesimo di segmento.-
- Già!-
-----------------------------------------------
***
A questo punto, mi sono svegliato, realizzando così la "coincidentia oppositorum" tra Archimede e Cusano; io quali, altri non  erano se non "Io"!
Allo stesso modo, può darsi, che, un giorno, anche questo "io" che adesso scrive il presente post, si fonderà con tutti gli altri "io replicanti" di questo FORUM,  risvegliandoci tutti quanti nell'unità del SE'.
Forse!
***

iano

#29
Ciao Eutidemo.
Gli enti della geometria euclidea, punti, rette etc..., secondo una visione moderna della matematica, che Archimede e Cusano non potevano possedere, non hanno a priori corrispondenti reali, il che consente a posteriori di attribuirgli corrispondenti reali di diverso tipo, di cui quelli tradizionali cui noi qui stiamo facendo riferimento, sono un esempio particolare. La geometria Euclidea, sperimentata per millenni, non presenta alcun paradosso , mentre ci può apparire che questi siano presenti in un suo corrispondente reale, ma questo allora significa che abbiamo sbagliato corrispondenza, o che non l'abbiamo applicata correttamente.
Nella geometria euclidea i punti non si ottengono da altro, ne' altro si ottiene dai punti, come non si ottiene Giovanni da Mario.
Quando suddividiamo all'infinito un segmento oppure Mario, non stiamo facendo un operazione che la geometria euclidea preveda, quindi ne stiamo andando fuori.
A tal proprio infatti i matematici  usano una altra branca della matematica, che già Leibnitz e Newton avevano perfezionato, L'analisi Matematica.
Questa nuova matematica ci permette di definire e calcolare la velocità istantanea, cosa della quale immagino Euclide avesse vaga cognizione (la butto lì) , ma di sicuro attraverso la sua geometria non poteva definirla.
Ma esiste davvero la velocità istantanea? Riesci a immaginarla?
Non dimentichiamo che ad essa possiamo dare sempre il nome Mario, e che cio'  per i matematici è sensato.
Ancor meglio dargli nome che non corrisponda a nulla che conosci, perché magari conosci uno che si chiama Mario che ti sta antipatico, e questo ti predisporrebbe male verso la teoria.
Aheyeye Brazow va' già' meglio.


Ma questa è solo una premessa che apre una discussione molto più grande di questa, che questa al confronto scompare.
Archimede e Cusano avevano a che fare con una sola geometria e una sola aritmetica, sui cui dettagli potevano non del tutto concordare, ma non sul fatto che dovevano aderire perfettamente alla loro esperienza, e quindi alla realtà .
Le vedevano come materie astratte, ma comunque aderenti alla realtà, anche se non erano chiaro a loro, e ancora non è del tutto chiaro a noi, essendo astratte, come facessero a mantenere i piedi per terra.
Non era ancora chiaro, è rimane ancora oscuro in parte, come si potessero manipolare enti che non sembravano avere una esistenza reale, in modo indipendente dalla corrispondente manipolazione di cose esistenti e reali, tanto indipendenti nel modo di manipolarli che Platone li poneva in mondi separati.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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