Menu principale

evoluzione o involuzione

Aperto da viator, 07 Maggio 2020, 22:19:29 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

viator

Salve. Vorrei umilmente inserirmi nella disputa senza fine tra creazionisti ed evoluzionisti (toh, finalmente un argomento originale !!) portando una considerazione d'implicazione che credo non superficialmente filosofica.


Ovvero, gli evoluzionisti sostengono che la storia del mondo sia cominciata da qualcosa di più semplice che si è "autocomplicato" (evoluto) sino allo stato attuale del mondo stesso. In pratica un simile andamento descriverebbe un processo che ha portato dai contenuti (del mondo) più semplici e meno "umanamente" pregiati a quelli più complessi e "pregiati".


In parole semplici, un esempio sarebbe costituito dal fatto che una scimmia con un cervello da scimmia, attraverso il semplice scorrere del tempo si sarebbe evolutivamente trasformata in un uomo con un cervello umano (notoriamente più "pregiato").


Ora, secondo il parere dei creazionisti, sembra che l'andamento da essi sostenuto sia il rigoroso inverso di quello sopra accennato.
Essi pensano che in origine ci fosse (e che tuttora ci sia) una intelligenza supremamente pregiata (quello del Creatore) il quale - per imperscrutabile sua intenzione - un bel dì si mise a creare un mondo fatto di contenuti incredibilmente meno pregiati, tra i quali - ad esempio - anche le scimmie con cervello da scimmia e (separatamente, mi raccomando!) persino gli uomimo con cervello da uomini.


Perciò, se quella dei "darwinisti" potremo chiamarla "ipotesi evolutiva", l'altra ipotesi, quella del Dio intelligente e Creatore, dovremmo chiamarla "ipotesi involutiva". Congruo ?.


Ma, in termini filosofici mi chiedo : se le due ipotesi hanno la stessa sensatezza........allora significa anche che esse comportano tendenziali destini diversi ed opposti per il Mondo :

L'evoluzione porterebbe ad una sempre maggiore diversificazione, complessità, aumento del disordine e della dinamicità dell'esistente. In pratica sarebbe il trionfo dell'entropia e della "vitalità" (non necessariamente umana od animale).


L'involuzione invece ? Dove porterebbe il destino di un Mondo oggetto di una creazione da parte di un ente essenziale (Dio) in possesso di una intelligenza cosmica la quale si sia cimentata in una unica ed immutabile costruzione (il Mondo) destinata inoltre - sembra - a degradarsi come qualsiasi opera che risulti meno pregiata di chi l'ha concepita ?
Il percorso dell'involuzione creazionista consisterebbe quindi nella progressiva perdita della perfezione originaria oppure nel dissolvimento della imperfezione attuale del Mondo che lo riconduca - all'opposto - proprio alla originaria sua divina perfezione ?.

Quindi oso chiedere a voi : quale pensate sia, tra evoluzione ed involuzione, il destino remoto del Mondo (ammesso che un suo destino esista) ?. Saluti.


Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

#1
la teoria evoluzionista di Darwin non teorizza una evoluzione dal più semplice al più complesso. Questa trasposizione fu fatta nell'ottocento, applicando a questa teoria quella del "progresso" che andava molto di moda all'epoca. Darwin, quando si accorse che la sua teoria era definita come "evoluzionista" espresse molti dubbi e preferiva a quella definizione quella di trasmutativa, ma ormai non aveva più il potere di cambiare il nome alla sua teoria a cui restò appiccicato quel nome.
Ad ogni modo l'evoluzionismo darwinista si fonda sull'ipotesi del mutamento genetico, non necessariamente dal più semplice al più complesso ma potrebbe anche darsi dal più complesso al più semplice. Forme di vita molto semplici continuano a nascere ancor oggi, basti pensare al Covid-19. La complessità delle forme di vita è funzionale alla loro adattabilità. Se il mondo si trasformasse in una rovente steppa di ghiaia e sassi, trionferebbero sicuramente i batteri.
inoltre la rappresentazione tipica dell'evoluzionismo sottintende che l'homo sapiens e poi l'homo sapiens sapiens e così via, sia la conclusione inevitabile di tutto il processo evolutivo. Invece, io sono qui a scrivere davanti ad un PC, per una serie incredibile di coincidenze e di eventi del tutto casuali. Ne dico solo uno: Se un meteorite, con il potere di alcuni miliardi di bombe atomiche (qualcuno dice 10 milardi, ovviamente senza l'effetto radioattivo), non fosse caduto sulla terra 65 milioni di anni fa, probabilmente la terra sarebbe ancora dominata dai dinosauri.
In ogni caso non ha senso mischiare la teoria evoluzionista con la teoria creazionista. La prima ha uno standard scientifico, oggigiorno difficilmente falsificabile, la seconda è un fatto di fede, che non può essere messo in discussione da un punto di vista scientifico. Viaggiano, a mio modo di vedere, su due binari separati. Voler giustificare la religione attraverso la scienza oppure voler dileggiare la religione attraverso la scienza è inutile. il problema va solo affrontato se i chierici di entrambe le scuole iniziano a perseguitare i chierici avversi, come accaduto in passato, con i chierici scientifici a far la parte delle vittime sacrificali.
Ed in ogni caso se possiamo grosso modo risalire ai nessi che ci uniscono a primi batteri anaerobi, non vi è ancora nessuna teoria scientifica valida che ha saputo dire come sia stato possibile che i batteri anaerobi siano scaturiti dal mondo materiale, privo di vita.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#2
@ Jacopus.
Chiarissima esposizione. Grazie.
Mi pare di aver sentito comunque che i virus non siano forme di vita.
Non si possono uccidere , ma solo dissassemblare.
Cioè , non gli si può togliere la vita ma solo la forma.
La tentazione di giocare con le parole non è piccola
Il virus come esempio di forma che si fa' sostanza?😄

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

O di sostanza che replica la forma. Forse è il virus che piú di tutti meriterebbe il premio Nobel per la (bio)chimica  :D
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Iano ed Ipazia. Le vostre osservazioni circa i virus, implicanti a mio parere la perfetta conferma dalla contiguità (priva di riconoscibili confini) tra materia e forma, "inanimato" ed "animato", giacente-vegetante-vivente-pensante-trascendente........... le trovo del tutto illuminanti. A meno che chi le legga si trovi già troppo "illuminato" da abbaglianti luci provenienti da opposta direzione. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

 Salve Jacopus. Provvedo a commentare, grassettando, la tua replica al mio intervento di esordio del presente argomento. :


La teoria evoluzionista di Darwin non teorizza una evoluzione dal più semplice al più complesso. (Infatti non la teorizza bensì la implica, a meno che si creda che ciò stava alle origini fosse più complesso dell'attuale panorama biologico.) Questa trasposizione fu fatta nell'ottocento, applicando a questa teoria quella del "progresso" che andava molto di moda all'epoca. Darwin, quando si accorse che la sua teoria era definita come "evoluzionista" espresse molti dubbi e preferiva a quella definizione quella di trasmutativa, ma ormai non aveva più il potere di cambiare il nome alla sua teoria a cui restò appiccicato quel nome.
Ad ogni modo l'evoluzionismo darwinista si fonda sull'ipotesi del mutamento genetico, non necessariamente dal più semplice al più complesso ma potrebbe anche darsi dal più complesso al più semplice. (Certo, ciò come ipotesi riguardante futuri diversi e – permettimi – ben curiosi andamenti. Lascio a chiunque le valutazioni del caso.) Forme di vita molto semplici continuano a nascere ancor oggi, basti pensare al Covid-19. (Certissimo. Ciò non smentisce per nulla la progressiva diversificazione. La natura agisce per conservazione (delle origini semplici) e per ridondanza (non je frega de meno se ciò che produce risulta nuovo o già esistente).) La complessità delle forme di vita è funzionale alla loro adattabilità. Se il mondo si trasformasse in una rovente steppa di ghiaia e sassi, trionferebbero sicuramente i batteri. (Osservazione assai acuta. Equivale a dire : se l'ambiente naturale diventasse più semplice (all'opposto di quanto avviene), la semplicità trionferebbe).
Inoltre la rappresentazione tipica dell'evoluzionismo sottintende che l'homo sapiens e poi l'homo sapiens sapiens e così via, sia la conclusione inevitabile di tutto il processo evolutivo. Invece, io sono qui a scrivere davanti ad un PC, per una serie incredibile di coincidenze e di eventi del tutto casuali. (Incredibilità, coincidenza e "caso" esistono certamente. Nella testa degli umani, per via (tra l'altro) della loro assai naturale limitatezza.) Ne dico solo uno: Se un meteorite, con il potere di alcuni miliardi di bombe atomiche (qualcuno dice 10 milardi, ovviamente senza l'effetto radioattivo), non fosse caduto sulla terra 65 milioni di anni fa, probabilmente la terra sarebbe ancora dominata dai dinosauri. (Altra acuta osservazione. Ammesso che quanto citi sia successo, si tratta di affermare . "ah, se quella certa cosa non fosse successa......ora il mondo sarebbe diverso!".)
In ogni caso non ha senso mischiare la teoria evoluzionista con la teoria creazionista. (Sono d'accordo. Infatti io non ho mescolato proprio nulla, avendo nettamente proposto una alternativa tra le due ipotesi.)La prima ha uno standard scientifico, oggigiorno difficilmente falsificabile (E che vuol dire "standard scientifico" ? E' e resta una interessantissima TEORIA), la seconda è un fatto di fede, che non può essere messo in discussione da un punto di vista scientifico. (Ti sembra che io l'abbia messa in discussione ? Che l'abbia discriminata come ipotesi ?) Viaggiano, a mio modo di vedere, su due binari separati. Voler giustificare la religione attraverso la scienza oppure voler dileggiare la religione (ti riferisci a qualcuno ?) attraverso la scienza è inutile. il problema va solo affrontato se i chierici di entrambe le scuole iniziano a perseguitare i chierici avversi, come accaduto in passato, con i chierici scientifici a far la parte delle vittime sacrificali.
Ed in ogni caso se possiamo grosso modo risalire ai nessi che ci uniscono a primi batteri anaerobi, non vi è ancora nessuna teoria scientifica valida che ha saputo dire come sia stato possibile che i batteri anaerobi siano scaturiti dal mondo materiale, privo di vita (dal mio punto di vista sono scaturiti attraverso le modalità "organizzative" della materia, ma questo è ben altro discorso – Nel caso tu mi abbia trovato troppo perentorio...........scusami, ma questo (purtroppo) è il mio pessimo stile personale - Saluti).
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

Buongiorno Viator. Ti ringrazio di voler continuare a parlare di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e cercherò di rispondere nel miglior modo possibile alle tue obiezioni.


CitazioneInfatti non la teorizza bensì la implica, a meno che si creda che ciò che stava alle origini fosse più complesso dell'attuale panorama biologico



Ritengo che questa scalata alla complessità sia fuorviante e per confutarlo devo iniziare da una splendida frase di Gould. Rischio così di fare del citazionismo intimidatorio, ma in realtà non conosco altro sistema se non quello di farmi tanti bei castelli in aria (attività tralaltro molto più comoda perchè non si deve fare alcuna ricerca).


Parlando dell'evoluzione S.J. Gould scrive:
"Ogni ripetizione del film condurrebbe l'evoluzione su una via radicalmente diversa da quella intrapresa in realtà. Ma le differenze conseguenti nell'esito non significano che l'evoluzione sia priva di significato e priva di un ordine. La via divergente (ovvero un film diverso, ndr) sarebbe altrettanto interpretabile, altrettanto spiegabile, quanto la via reale. La diversità dei possibili itineri dimostra però che i risultati finali non possono essere predetti fin dal principio. Ogni passo procede sulla base di precise ragioni, ma non si può specificare un finale sin dal principio, e nessun finale si verificherebbe mai una seconda volta nello stesso modo, poichè ogni via procede passando per migliaia di fasi improbabili".


In questo modo mirabile Gould smonta le idee progressiste dell'evoluzionismo. In realtà il neodarwinismo, di cui Gould è uno dei principali esponenti, afferma che i principi dell'evoluzione sono la continua sperimentazione evolutiva, dettati dalla mutazione genetica, dalla selezione e da altri fenomeni che influenzano gli altri come ad esempio la conformazione geografica e i grandi eventi geologici. Ad esempio se esistesse questa legge della "ricerca della complessità", intanto si riprodurebbe un meccanismo di stampo teologico, come se vi fosse una legge che appare quasi metafisica, in secondo luogo non si spiega come mai questa ricerca della complessità abbia lasciato qualcuno indietro e qualcun'altro invece sia progredito. Perchè solo alcuni pesci si sono sviluppati come tetrapodi terrestri ed altri invece sono rimasti pesci, e come mai poi alcuni tetrapodi sono ritornati in mare come i delifini ed alcuni pesci hanno sviluppato un sistema ibrido branchie-polmoni? Se vi fosse questa legge della complessità, tutti i pesci prima o poi sarebbero dovuti uscire dall'acqua e diventare degli intelligenti tetrapodi.
Ed ancora, prima del regno dei dinosauri, per alcune centinaia di milioni di anni la terra fu dominata da un diverso tipo di sauride, i Crurotarsi, che si estinsero circa 200 milioni di anni fa, che non erano in nulla inferiori ai successivi dominatori della terra, i dinosauri. Talmente poco inferiori che alcuni diretti discendenti dei Crurotarsi sono ancora fra noi, i coccodrilli.
Dai crurotarsi discendono anche gli uccelli e mi piacerebbe capire in cosa consiste la maggiore complessità di un uccello rispetto ad un coccodrillo. Per non parlare della complessità sociale che sta emergendo anche nello studio degli stessi dinosauri.


In realtà l'evoluzionismo darwiniano non presuppone alcuna progressione di complessità, ma molto più semplicemente l'incontro di due "causalità" che sono anche "casuali". La prima è la mutazione genetica, che salvo casi particolari (ad esempio l'esposizione ad inquinanti o a radiazioni) si produce in modo casuale ed è facilitata nelle specie sessuate. La seconda è la selezione dell'ambiente che può più o meno favorire una specie rispetto ad un'altra. "Sballottati in mezzo a queste due sfere di casualità gli individui biologici cercano affannosamente di sopravvivere. Ma se guardiamo con attenzione, l'elemento qualificante è la presenza di molteplici e cointeragenti catene causali a rendere possibili degli esiti che sono difficili da accettare alle nostre menti teleologiche". (Telmo Pievani - La vita inaspettata).
Accanto a queste due leggi ne esiste una terza che si chiama deriva genetica, quando un piccolo gruppo si stacca da quello originario e si sviluppa in ambienti diversi, come accade alle popolazioni delle isole remote. La Nuova Zelanda, ad esempio, ai suoi scopritori dovette sembrare un ambiente fantascientifico, con animali assolutamente privi di ogni difesa rispetto agli aggressivi mammiferi che furono importati (compreso l'uomo) e che infatti si estinsero in breve, dopo l'arrivo dell'uomo.
In questa terza legge si vede già una delle forze del genere umano. Essendosi esteso in tutto il globo ed avendo una incredibile potenzialità di spostamento, questa deriva genetica, con i suoi effetti negativi, non è più un problema che ci riguarda.


Prendendo spunto da un altro evoluzionista si può dire che "la selezione non è un ingegnere ideale impegnato in un lavoro di "ricerca e sviluppo" di soluzioni ottimali, bensì un artigiano ingegnoso che fa quello che può con il materiale che ha e nelle condizioni che trova (Jacob, Evoluzione e bricolage)."


Non bisogna neppure nascondere che l'idea della complessità crescente non è un'idea aliena, ed è anzi coltivata essa stessa da molti darwinisti, ad esempio da Dawkins, ma a questa idea si oppongono già alcuni esempi che ho esposto. In secondo luogo va osservato che mentre noi non potremmo fare a meno di forme di vita più semplici (ad esempio i batteri che vivono nel nostro intestino), le forme di vita più semplici continuerebbero a vivere anche senza di noi.
Inoltre non si comprende come mai se esiste questo continuo anelito alla complessità e in ultima analisi alla perfezione che domina il mondo, come mai, dicevo, continuano ad esistere malattie genetiche, mutazioni anomale, virus che distruggono dall'interno con estrema facilità questo tempio complesso che è homo sapiens.
in realtà sono proprio quegli errori genici e quei virus ad animare l'evoluzione, ma senza alcuna direzione teleologica ordinata dalla complessità.


Sinteticamente penso che pensare all'evoluzione come processo verso una sempre maggiore complessità è un modello in primo luogo falsificabile e in secondo luogo anche ideologicamente pericoloso, perchè introduce una idea di universo auto-organizzato da leggi superiori verso le quali non abbiamo alcuna responsabilità.

Mi limito a risponderti a questo primo punto, perchè altrimenti supererei anche la pazienza dei miei fans più accaniti.

Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

La maggiore complessità non è teleologica, bensì fenomenologica. Il processo può anche andare a fisarmonica ma nel lungo termine l'andamento fino alla nostra comparsa si conferma. La complessità neuronale umana, animale decisamente "moderno", lo confermerebbe. Capisco che complessità sia un concetto ambiguo a forte rischio metafisico che rischia di confluire nell'altamente ideologico concetto di progresso. In effetti l'intelligenza umana potrebbe essere una singolarità evolutiva che poteva accadere anche nel Giurassico per poi estinguersi lasciando dietro di se solo infiniti reperti di monnezza. Anche questo sarebbe compatibile con l'evoluzionismo darwiniano. Possiamo solo affermare che dalla nubolosa originaria un minimo di differenziazione (complessità) c'è stata. La quale, ad esempio nel pianeta da noi "colonizzato", potrebbe anche involversi in una perdita di biodiversità. E noi ne saremmo parte in causa probabilmente principale. Non come il Dio perfetto prefigurato in apertura che si degrada, ma come un dio pasticcione che degrada tutto ciò che gli sta intorno. E anche questa è involuzione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve jacopus. Grazie a te. Al tuo ultimo intervento ha già replicato Ipazia (con la quale su questi temi vado molto d'accordo) e comunque, senza entrare in ulteriori dettagli, guarda che senza volerlo hai stravolto i miei recenti punti di vista, in quanto mai e poi mai ho affermato che alla base di quella che trovo essere "una riconoscibile (a posteriori) TENDENZA alla diversificazione ed alla complessità" ci sia o ci possa essere una LEGGE, una VOLONTA', UN FINALISMO RICONOSCIBILE.

Notare che un sasso, lasciato cadere, TENDA verso il basso non presuppone nè l'esistenza nè la conoscenza di una qualsiasi legge fisica. Può darsi che osservazione e speculazione coincidenti ed insistenti convergano alla stesura di una LEGGE (come infatti avvenne per la gravità) oppure che la tendenza sia destinata a restare inspiegabile oppure ancora che la tendenza cessi o cambi.

Quindi ribadisco : mai sostenuto che possa esistere una legge originaria (e ovviamente neppure successiva) che  "organizzi" la diversificazione del mondo e/o della vita. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

#9
Viator. Quello che scrive Ipazia è in linea con la teoria neodarwinista. Non c'è teleologia nell'aumento di complessità ma solo fenomenologia o come la chiama Gould, contingenza. Tu invece l'hai chiamata nel primo intervento ipotesi evolutiva, specificando che questa ipotesi presuppone il passaggio dal più semplice al più complesso. Ammesso che anche in questo mondo sia ciò che è avvenuto, la contrapponi ad un'altra ipotetica legge con un intento "leggermente" dissacratorio (concedimelo). E concludi chiedendo(ci) qual'è il destino remoto del mondo alla luce delle due visioni.
Ebbene è proprio questo che manca al darwinismo secondo Gould (e probabilmente anche secondo Darwin, che però viveva in una diversa epoca e doveva stare più attento a quello che diceva): chiedere al darwinisimo un "destino remoto" del mondo non ha senso, a meno che non si riproponga in versione "speziata" una teleologia più o meno laica, ma che darebbe una veste "significativa" alla teoria. Direi che quello che scrive Ipazia e quello che pensi tu, se non agli antipodi, sono due modi di affrontare il discorso molto diversi.

Il pensiero successivo mi è saltato in testa, come un grillo, rileggendo quello che avevo scritto qui sopra:
In realtà un "destino remoto" al darwinisimo si può anche chiedere, ma come forma di darwinismo mediato attraverso le lenti di una filosofia della storia alla H. Jonas. Ovvero, con le nostre potenzialità e le nostre conoscenze, il destino remoto del mondo è nelle nostre mani. Dovremmo essere noi a preoccuparci del destino del mondo, delle creature che vi vivono e dell'equilibrio biologico, dal quale tutti dipendiamo.
Mi hai anche "costretto", per avvalorare quanto dico, a cercare questa stupenda frase di Darwin stesso:
"GLi animali - quelli che abbiamo reso nostri schiavi - non ci piace considerarli nostri uguali. Animali con affetti, imitazione, paura, dolore, dispiacere per i morti. Se decidiamo di lasciar correre libere le congetture, allora gli animali sono nostri compagni, fratelli in dolore, malattia, morte, sofferenza e fame; nostri schiavi nel lavoro più faticoso, nostri compagni negli svaghi; dalla nostra origine essi probabilmente condividono un comune antenato; potremmo essere tutti legati in un'unica rete." (dai Taccuini di Darwin).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve Jacopus.

Citazione di: Jacopus il 09 Maggio 2020, 01:10:15 AM
Viator. Quello che scrive Ipazia è in linea con la teoria neodarwinista. Non c'è teleologia nell'aumento di complessità ma solo fenomenologia o come la chiama Gould, contingenza. (Perfetto. sono d'accordo con Gould, Ipazia, ed a questo punto anche con te). Tu invece l'hai chiamata nel primo intervento ipotesi evolutiva (trattandosi di teoria dell'evoluzione, trovo ovvio che le teorie partano da presupposti ipotetici i quali resteranno in vigore come ipotesi sinchè non verranno sostituiti da Leggi (fisiche o biologiche) e dalla loro dimostrazione). specificando che questa ipotesi presuppone il passaggio dal più semplice al più complesso (sicuramente il termine evoluzione presuppone il cambiamento, secondo me in quale direzione l'ho già detto). Ammesso che anche in questo mondo sia ciò che è avvenuto, la contrapponi ad un'altra ipotetica legge (quale legge? ad altra ipotesi alternativa !) con un intento (i processi alle intenzioni sono persino assai più vecchi di chi li utilizzava a man salva, tipo Tribunale dell'Inquisizione) "leggermente" dissacratorio (concedimelo)(saprai certamente che "sacro" significa ciò che non va "toccato" pena l'incrinatura del corrente ordine sociale). E concludi chiedendo(ci) qual'è il destino remoto del mondo alla luce delle due visioni.
Ebbene è proprio questo che manca al darwinismo secondo Gould (e probabilmente anche secondo Darwin, che però viveva in una diversa epoca e doveva stare più attento a quello che diceva) (In Gould, Darwin, me, te, Ipazia manca il finalismo. Vedi come è importante discernere l'esatto significato delle parole ? Il destino del mondo cè per tutti quanti indipendentemente dalle loro opinioni. Il destino consiste in "ciò che succederà" indipendentemente dalla presenza di specifiche volontà o desideri finalistici umani od extraumani): chiedere al darwinisimo un "destino remoto" del mondo non ha senso (ma che dici ? ennesimo, sempiterno esempio di capovolgimento tra causa ed effetto, visto che io non ho mai attribuito all'evoluzione la "causa" o "l'intenzione" di fornire un destino al mondo, ma all'opposto considero il destino (il quale potrebbe benissimo anche consistere nella mancanza di fine inteso sia sia come termine che come scopo) un effetto dell'esistenza del mondo contenente tra l'altro anche un'evoluzione) a meno che non si riproponga in versione "speziata" una teleologia più o meno laica, ma che darebbe una veste "significativa" alla teoria. Direi che quello che scrive Ipazia e quello che pensi tu, se non agli antipodi, sono due modi di affrontare il discorso molto diversi.(E' possibile, anzi diventa inevitabile che tu interpreti in tal modo, visto che hai nuovamente equivocato il mio pensiero).

Il pensiero successivo mi è saltato in testa, come un grillo, rileggendo quello che avevo scritto qui sopra:
In realtà un "destino remoto" al darwinisimo si può anche chiedere, ma come forma di darwinismo mediato attraverso le lenti di una filosofia della storia alla H. Jonas. Ovvero, con le nostre potenzialità e le nostre conoscenze, il destino remoto del mondo è nelle nostre mani. (Nelle nostre mani è possibile stia il nostro destino, non certo quello del Mondo (Universo) o della Terra, rispetto alla quale ultima il genere umano rappresenza solo (a seconda di come ci comportiamo) un sopportabile od insopportabile eczema superficiale del quale il Pianeta ha certo tutti i mezzi per contenerlo o sbarazzarsene) fino ad un certo punto Dovremmo essere noi a preoccuparci del destino del mondo, delle creature che vi vivono e dell'equilibrio biologico, dal quale tutti dipendiamo.
Mi hai anche "costretto", per avvalorare quanto dico, a cercare questa stupenda frase di Darwin stesso:
"GLi animali - quelli che abbiamo reso nostri schiavi - non ci piace considerarli nostri uguali. Animali con affetti, imitazione, paura, dolore, dispiacere per i morti. Se decidiamo di lasciar correre libere le congetture, allora gli animali sono nostri compagni, fratelli in dolore, malattia, morte, sofferenza e fame; nostri schiavi nel lavoro più faticoso, nostri compagni negli svaghi; dalla nostra origine essi probabilmente condividono un comune antenato; potremmo essere tutti legati in un'unica rete." (dai Taccuini di Darwin).

Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

niko

#11

I virus non hanno vita perché non hanno automovimento, metabolismo o nutrizione, semplicemente inducono le cellule infette a produrre degli altri virus, quindi copie di se stessi, in condizioni in cui normalmente esse, in assenza di infezione, produrrebbero proteine, in pratica inseriscono nuove istruzioni nel meccanismo normale con cui le cellule fabbricano proteine, e lo cambiano per far fabbricare alle cellule altri virus, cambiando in piccola parte l'istruzione fondamentale alla base del meccanismo, quindi il dna o l'rna della cellula infetta.


Un virus è anche l'unica forma di vita che ha nella sua struttura o solo rna o solo dna, mentre tutte le altre, tutti  non virus, le hanno entrambe. Quando sovrascrive quel singolo pezzetto di dna o di rna che ha lui, e che in effetti è lui, nella sequenza di un non virus ha svoltato, perché quel non virus diventa una fabbrica di virus, in pratica cambia un'istruzione che normalmente ci sarebbe in una cellula, del tipo "adesso servono proteine", con un'istruzione che in condizioni normali non ci sarebbe, del tipo "adesso servono virus". Dall'istruzione scritta una volta, quindi da un solo virus che riesca a infettare una cellula, derivano migliaia di virus, come normalmente deriverebbero migliaia di proteine da una sola singola istruzione iscritta nel normale e inalterato dna della cellula. I virus in più stanno per un po' nella cellula, essendo meno utili alla sua vita di quelle che sarebbero dovute essere le normali proteine derivanti da una sequenza non sovrascritta, quando non completamente inutili, e quando essa muore, naturalmente o perché indebolita dal virus, si diffondono nello spazio circostante, potenzialmente infettando altre cellule e il ciclo ricomincia. Il parassita definitivo, il virus, non ha altro modo di riprodursi che non questo, e non fa niente da solo, per fare qualsiasi cosa di biologico da solo, come muoversi, nutrirsi o riprodursi autonomamente, dovrebbe avere la doppia presenza di dna ed rna, che appunto non ha, avendo solo uno di essi, e quindi è al limite tra vivente e oggetto, un oggetto autoriproducentesi grazie alla flessibilità e all'indeterminatezza di fondo del meccanismo di autoriproduzione dei viventi, autoriproduzione che dipende da una sequenza, che non è fissa ma che può essere cambiata da certi particolari eventi, appunto infezioni da virus, ma anche dal caso o dalla tecnologia. Non si può escludere che l'oggetto autoriproducentesi primario, il vivente, produca, volontariamente o no, alcuni oggetti autoriproducentesi secondari, che dipendono originariamente dal vivente per la loro comparsa, ma che una volta comparsi si continuano nel tempo identicamente a come si continua nel tempo la vita del vivente originario che li ha fatti comparire, basti pensare non solo a un vivente che ospiti e riproduca involontariamente virus, ma anche a un vivente evoluto che costruisca robot e automi, nati come oggetti, ma divenuti indistinguibili dai viventi (e quindi volenti la loro vita) a un certo livello di complessità, sia pure originariamente indotta.



Per quanto riguarda il discorso su evoluzione e involuzione, io penso che un essere perfetto possa creare solo al di fuori di sé, sennò non sarebbe perfetto, ma ciò significa che a partire dal bene, l'unico oggetto possibile di creazione è il male: pensiamo all'istante zero del tempo, al momento in cui un ipotetico dio creerebbe il mondo: lo stato iniziale del mondo in cui "ci sono" solo il nulla e dio, lo stato in cui Dio galleggia senza tempo nel nulla, tolto il nulla che logicamente deve togliersi, è lo stato del mondo in cui c'è solo dio; ma se dio è il bene, lo stato del mondo in cui c'è solo dio, è lo stato del mondo in cui c'è solo il bene: quindi chi avrebbe il coraggio di sostenere logicamente che a partire da tale stato, la solitudine di Dio nel nulla, già di per sé perfetto, si possa creare altro bene? Si può creare solo quello che non c'è, quindi da uno stato in cui il bene c'è, il bene non si può creare, si può creare solo quello che non c'è superando i limiti e le condizioni date dello stato iniziale, quindi il male: da un istante iniziale perfetto, si può creare solo il male; è intrinseco che la perfezione sia unica, se cambia, come stato perfetto del mondo, decade, il creato per definizione non è necessario, se il creatore è perfetto e parte da uno stato iniziale in cui è lui, il creatore, l'unico ente esistente.
Lui è il bene e crea fuori di sé, crea, cioè trae dal nulla, effettivamente l'altro da se, però c'è la foglia di fico di non ammettere che con ciò, con questo atto, crei il male. Ma che cavolo di altro deve creare un essere perfetto che crea qualcosa, qualunque cosa, fuori di sé, dico io? Se Dio è il bene, non crea il mondo, riconosce il bene in sé e si astiene dal fare altro. Se tu sei il bene, e galleggi nel nulla, l'universo, che al momento contiene solo te e nessun altro, è in uno stato complessivo perfetto -letteralmente, di solo bene senza male- che tu, con la tua azione "creatrice", puoi solo peggiorare, e se sei onnisciente, dovresti anche saperlo. Un dio creatore non è un dio buono. La religione può escludere il panteismo dagli stati successivi ma non può escluderlo dall'istante zero, se a un certo punto, il punto iniziale in cui il mondo non è ancora creato, c'è solo Dio, in quel punto, a quell'istante, dio è l'unico contenuto del mondo, quindi c'è almeno uno stato in cui Dio si identifica col mondo, anche volendo escludere tutti gli altri, quelli in cui il mondo è creato, e dio si può logicamente disidentificare da esso. Ma il punto in cui dio si identifica col mondo è anche un mondo perfetto, un mondo che ha il bene come suo unico contenuto, che quindi esclude, eticamente e gnoseologicamente, la sua modifica in favore della creazione di altri mondi, necessariamente imperfetti, caratterizzati da contenuti ulteriori oltre al bene, quindi in certa misura malvagi. Se ogni cosa è contenuto mondano, il bene non può essere all'origine del mondo, perché un eventuale mondo iniziale contenente solo il bene, in quanto perfetto, sarebbe rimasto tale, e invece tutti facciamo l'esperienza del male. Se invece qualcosa non è contenuto mondano, non esiste, e non può giungere ad esistere, e non può esistere in un senso che mi possa filosoficamente  interessare. Bisogna negare che lo stato nullo iniziale sia di per sé un mondo, per rendere plausibile che un mondo creato sia buono. Cioè ammettere che Dio, o il bene, possano esistere senza mondo, che pur esistendo in qualche modo, non siano contenuti mondani. Ma ciò che non è contenuto mondano, non esiste per me. In ogni caso insomma, ho seri problemi con la creazione. Dal male invece, potrebbe nascere il bene, per il suo stesso desiderio, il desiderio del bene, che nel male, cioè nella sofferenza, si avverte. Il desiderio del bene, se intendiamo quel del come appartenente al bene, proprio del bene, è un ossimoro, perché il bene è la felicità, e la felicità non ha desideri. Il desiderio del bene come desiderio di dio è una stupidaggine, perché si suppone che dio, almeno lui, stia bene, sia felice, e quindi non abbia desideri. Non voglia niente da nessuno. Il desiderio del bene logicamente possibile, quello non ossimorico, è nell'altro senso del del: il desiderio del bene nel senso di desiderio rivolto al bene, quindi il desiderio di chi soffre, di chi concepisce il bene  ma non lo ha, non lo sperimenta.  Un essere malvagio, o quantomeno desiderante, sofferente, potrebbe creare secondo la sua volontà, cioè secondo la sua personale idea di bene. Ma allora Dio è l'uomo in grande, è solo una versione più potente, e più arrogante, dell'uomo. E' volontà arbitraria, volontà come un altra, con il vantaggio relativo della priorità nel tempo, quindi volontà che fa le regole, che detta legge, legge a cui le altre volontà, in quanto volontà secondarie, non prime nel tempo, volenti o nolenti si conformano. E in quanto uomini, siamo sempre creati dall'uomo come esseri sociali, civilizzati. Creati dalla parola, soprattutto, e da chi originariamente la insegna, da chi ne è custode. E' l'altro uomo, in tutti i sensi, che ci fa essere quello che siamo.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

viator

Salve niko. Molto bene la parte biologica. Complimenti per la chiarezza. Solo un pochino di attenzione quando passi dall'aggettivo "vivente" all'espressione "non vivente".


Citando poi invece il tuo esordio dal lato filosofico, secondo me non ci siamo proprio : "Per quanto riguarda il discorso su evoluzione e involuzione, io penso che un essere perfetto (Viator trova che la perfezione, una volta raggiunta, non possa che essere immodificabile (altrimenti si dovrebbe "uscire" - "tornare indietro" dalla perfezione) e quindi essa coincida appunto con la perfetta sterilità ed immobilità di ciò che dovesse possederla, il quale sarebbe semplicemente l'Assoluto) possa creare solo al di fuori di sé (nè l'Assoluto (coincidente con il Tutto), nè il Perfetto, possono creare (dal nulla) in sè o -men che meno !! - fuori di sè) sennò non sarebbe perfetto, ma ciò significa che a partire dal bene, l'unico oggetto possibile di creazione è il male: pensiamo all'istante zero del tempo, al momento in cui un ipotetico dio creerebbe il mondo: lo stato iniziale del mondo in cui "ci sono" solo il nulla e dio (Viator trova che come stato iniziale risulterebbe un pò troppo affollato, vista la presenza di ben DUE dimensioni, una delle quali fortunatamente inesistente sia prima che dopo l'apparizione della seconda (Dio))lo stato in cui Dio galleggia senza tempo nel nulla, ...........................". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#13
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2020, 06:51:46 AM

O di sostanza che replica la forma. Forse è il virus che piú di tutti meriterebbe il premio Nobel per la (bio)chimica  :D
Hai ragione.
La replica della forma in effetti , più che la sostanza da me invocata, è la base senza la quale mutazione e selezione non avrebbero effetto .
Occorre comunque considerare un ulteriore fattore , che oggi a noi è drammaticamente ben chiaro ( a Darwin non so').
Il limite delle risorse ambientali.
Si potrebbe pensare che la selezione statisticamente favorisca un aumento di complessità  ,nella misura in cui ciò comporti uno sfruttamento più completo di quelle risorse. Cioè nello sfruttare non solo al meglio ( efficienza) , ma anche in modo più completo ( quindi in modo più complesso) tutte le opportunità che l'ambiente offre .
Una volta giunti al massimo della complessità consentita dalle risorse disponibili il processo dovrebbe stabilizzarsi. Un aumento di complessità sarebbe infatti sfavorito dalla selezione al pari di una sua diminuzione, a parità di risorse.
Quindi l'evoluzione , intesa come aumento di complessità, sarebbe inevitabile ,seppur entro un limite.
Ci può stare come spiegazione ,restando nell'ambito fenomenologico da te invocato ?

Il corretto punto di vista di Darwin basato sui fatti  era che la vita fosse legata all'ambiente.
Ma noi abbiamo oggi sotto gli occhi fatti nuovi che ci offrono il nuovo punto di vista di un ambiente legato alla vita.
Detto in poche parole.
L'ambiente, specie quando interessato globalmente,  non è solo la causa della selezione naturale, ma anche il limite alla complessità cui la selezione naturalmente tende.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#14
Complessità ambientale ( un modo scorretto per dire risorse) e complessità della vita tendono ad un equilibrio.
O forse è più proprio parlare di complessità ambientale?
Le risorse ambientali di cui parliamo sono infatti quelle che deduciamo dalla nostra conoscenza dell'ambiente che però non è completamente da noi compresa nella sua complessità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Discussioni simili (1)