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Etica e neuroscienze.

Aperto da Carlo Pierini, 26 Maggio 2019, 22:08:24 PM

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Carlo Pierini

#60
Citazione di: Ipazia il 29 Maggio 2019, 21:21:13 PM
Il solito bias e faziosità. C'è una psichiatria che ha riempito i manicomi e una che li ha svuotati. Una psicologia che ha condizionato i comportamenti e una psicologia che ha studiato il condizionamento dei comportamenti. C'è una psicologia che ha liberato la sessualità dal peccato e l'ha riconsegnata alla natura. Una psicopedagogia che ha insegnato a capire l'età evolutiva e le sue fasi di sviluppo. Troppo comodo vedere il condizionamento e non vedere la ricerca di salute e benessere che accompagna l'evoluzione delle scienze della mente. A che scopo tutto ciò ? Per tirare acqua ad una interpretazione della mente che sprofonda nell'irrazionalità animistica dei visionari, sciamani, stregoni e negromanti   ::)
CARLO
Qui non si stanno dando giudizi generici, ma si sta dicendo che non esiste alcuna prova che i disturbi mentali menzionati derivino da patologie cerebrali o da squilibri chimici. Altro che faziosità! Se tu sei in grado di presentare queste prove, puoi star sicura che passerai alla storia come pietra miliare della psichiatria. Ma nel frattempo il riduzionismo è una fede e la psichiatria "scientifica" non è affatto scientifica, ma vale sicuramente meno della psicologia junghiana.

sgiombo

X Davintro
 
Dissento dalla tua risposta a Jacopus circa l' analisi razionale, che non ha senso se intesa come qualcosa di avulso dai dati empirici (che non sono solo quelli materiali ma anche quelli mentali) e che pretenderebbe di svilupparsi autoreferenzialmente su se stesso.
La razionalità é inferenza, deduzione, induzione, abduzione, ecc., la quale ha senso non in sé e per sé ma in quanto applicata a determinati "dati di partenza" che possono essere arbitrari (definizioni, assiomi, postulati) nel caso della logica - matematica, oppure empirici (materiali nel caso delle scienze naturali e sia materiali che mentali nel caso dell' ontologia filosofica).
 
 
 
Venendo alle obiezioni che rivolgi a me, per come l' intendo io l' ontologia é l' analisi razionale di tutto ciò che é reale in generale, della realtà in toto.
Una "tuttologia" in senso letterale (e non certo in quello "giornalistico" di superficiale pretesa di parlare di tutto non dicendo nulla): perché no? Cioè non solo ciò che é materiale, nell' ambito della realtà, ma anche ciò che é mentale ed eventualmente ciò che fosse in sé (noumeno e non fenomeno), e i rapporti reciproci tra tutto ciò (ed eventualmente anche altro).
E dunque comprende sia i fenomeni materiali sia quelli mentali (ed eventualmente anche altro).
 
La nozione di "essere in quanto tale" mi sembra una semplice definizione, uno strumento utile da impiegare nei ragionamenti "applicati" a ciò che é reale, ma di per sé gnoseologicamente sterile. Fra l' altro estremamente vaga e oscura.
 
Metafisica é ciò che sa oltre la fisica: per esempio la cosa in sé o noumeno.
Altro senso non riesco ad attribuire alla nozione di "essere in quanto tale" che vedi, non tocchi, non ascolti, non gusti, e non annusi, fuoriesce dall'ambito materiale dell'esperienza sensibile, e dunque rientra nella metafisica.
E tutto questo, se realmente c'é, non esaurisce di certo la realtà in toto, la quale comprende sicuramente e per lo meno i fenomeni materiali e mentali che dunque dell' ontologia devono essere anch' essi (oltre che e soprattutto i rapporti fra loro e l' eventuale resto della realtà) oggetto.
 
Se si pretende, come Aristotele per come é da te accennato, di sviluppare un punto di vista formale metafisico, razionale-deduttivo, atto a cogliere gli aspetti necessari, essenziali dell'ente, quindi nulla a che vedere con la "fisica" per come oggi la intendiamo non si fa nemmeno della metafisica (oltre a non fare della fisica e della psicologia), ma semplicemente della logica - matematica: giudizi analitici a priori che nulla ci dicono di ciò che é reale o meno.
E questo vale per qualsiasi pretesa ontologia o metafisica che non si basi su giudizi sintetici a posteriori (proprio come la fisica), applicando il ragionamento ai dati empirica (materiali e mentali).

davintro

Citazione di: sgiombo il 29 Maggio 2019, 21:38:34 PMX Davintro  Dissento dalla tua risposta a Jacopus circa l' analisi razionale, che non ha senso se intesa come qualcosa di avulso dai dati empirici (che non sono solo quelli materiali ma anche quelli mentali) e che pretenderebbe di svilupparsi autoreferenzialmente su se stesso. La razionalità é inferenza, deduzione, induzione, abduzione, ecc., la quale ha senso non in sé e per sé ma in quanto applicata a determinati "dati di partenza" che possono essere arbitrari (definizioni, assiomi, postulati) nel caso della logica - matematica, oppure empirici (materiali nel caso delle scienze naturali e sia materiali che mentali nel caso dell' ontologia filosofica).    Venendo alle obiezioni che rivolgi a me, per come l' intendo io l' ontologia é l' analisi razionale di tutto ciò che é reale in generale, della realtà in toto. Una "tuttologia" in senso letterale (e non certo in quello "giornalistico" di superficiale pretesa di parlare di tutto non dicendo nulla): perché no? Cioè non solo ciò che é materiale, nell' ambito della realtà, ma anche ciò che é mentale ed eventualmente ciò che fosse in sé (noumeno e non fenomeno), e i rapporti reciproci tra tutto ciò (ed eventualmente anche altro). E dunque comprende sia i fenomeni materiali sia quelli mentali (ed eventualmente anche altro).  La nozione di "essere in quanto tale" mi sembra una semplice definizione, uno strumento utile da impiegare nei ragionamenti "applicati" a ciò che é reale, ma di per sé gnoseologicamente sterile. Fra l' altro estremamente vaga e oscura.  Metafisica é ciò che sa oltre la fisica: per esempio la cosa in sé o noumeno. Altro senso non riesco ad attribuire alla nozione di "essere in quanto tale" che vedi, non tocchi, non ascolti, non gusti, e non annusi, fuoriesce dall'ambito materiale dell'esperienza sensibile, e dunque rientra nella metafisica. E tutto questo, se realmente c'é, non esaurisce di certo la realtà in toto, la quale comprende sicuramente e per lo meno i fenomeni materiali e mentali che dunque dell' ontologia devono essere anch' essi (oltre che e soprattutto i rapporti fra loro e l' eventuale resto della realtà) oggetto.  Se si pretende, come Aristotele per come é da te accennato, di sviluppare un punto di vista formale metafisico, razionale-deduttivo, atto a cogliere gli aspetti necessari, essenziali dell'ente, quindi nulla a che vedere con la "fisica" per come oggi la intendiamo non si fa nemmeno della metafisica (oltre a non fare della fisica e della psicologia), ma semplicemente della logica - matematica: giudizi analitici a priori che nulla ci dicono di ciò che é reale o meno. E questo vale per qualsiasi pretesa ontologia o metafisica che non si basi su giudizi sintetici a posteriori (proprio come la fisica), applicando il ragionamento ai dati empirica (materiali e mentali).

non sono d'accordo con l'idea che il modello di razionalità perfettamente logico deduttivo, come quello utilizzato dai sistemi metafisici classici, abbia una valenza solo logica-formale, senza alcuna utilità conoscitiva nei confronti della realtà concreta, la cui conoscenza dovrebbe ridursi a giudizi sintetici a posteriori. Riconoscere che la causa materiale di un ente è distinta da quella formale-immateriale è un risultato che si riferisce al modo d'essere delle cose reali, ed è al tempo stesso prodotto di una deduzione che ha un valore a priori, senza bisogno di fondarsi sull'esperienza. Non è infatti l'esperienza sensibile, ma l'analisi dei vari giudizi possibili formulabili sulle cose che mi porta distinguere le varie cause dell'essere. Non "vedo" la causa formale, ma la riconosco deducendo dal fatto, indubitabile, che il giudizio riguardo la materia di un oggetto non è di per se sufficiente a rendere ragione della sua essenza che lo contraddistingue, differenziandolo dalle altre specie di oggetti, questione a cui invece si risponde introducendo la causa formale. Se di fronte a un blocco di marmo appena estratto da una cava si pensasse di poterne esaurire la conoscenza limitandosi a giudicarne la tipologia di materia, il marmo, si dovrebbe concludere assurdamente che non esiste alcuna differenza tra quel blocco e una statua dello stesso materiale, dato che il materiale è lo stesso. Ciò dimostra che per rendere ragione del complesso degli enti "blocco di marmo", "statua di marmo", comprendente anche le differenze tra essi, occorre andare al di là della materia e riconoscere un altro tipo di causa, quella formale, intelligibile, corrispondente all'idea dell'ente, che nel caso della statua esprime l'idea (spirito) nella mente dell'artista, che si è realizzato nella statua ma non ancora nel blocco. Dunque, siamo giunti a un risultato a tutti gli effetti ontologico e "concreto", l'insufficienza della materia nel rendere ragione del complesso degli aspetti di una cosa senza passare per l'empiria, ma deducendo dall'immaginazione (astrazione mentale) dei vari giudizi che sulle cose si possono formulare, rendendosi conto che ciò che è sufficiente per rispondere a un certo tipo di giudizio non lo è per un altro, cosicché bisogna, per ogni questione che resterebbe irrisolta fermandoci agli aspetti sufficienti per rispondere alle altre, aggiungere nuovi elementi o "cause" nelle cose. Se questo aggiungere nuovi elementi rientra nel problema ontologico, e viene operato sulla base di un procedimento deduttivo, cioè non fondato sui sensi, allora è corretto concepire l'ontologia come ramo, accanto a etica o epistemologia, della metafisica. Si può parlare di "allargamento" della conoscenza in questo caso? Dipende, se si intende "allargamento" nel senso di un ampliamento spaziale, materiale, della visione della realtà, no, in quanto la distinzione della causa formale da quella materiale non consiste nel riconoscimento di nuove realtà materiali che nuove esperienze ci porterebbero, ma si può considerare come "approfondimento", cioè esplicitazione di implicazioni logiche a partire dall'analisi delle varie possibilità di giudizi riguardo la realtà, che prima dell'analisi erano presenti, ma impliciti e nascosti, comunque non penso si possa ridurre il discorso a tautologia. Il metodo della filosofia è proprio questa analisi dialettica mirante a mettere in evidenza delle deduzioni logiche da sempre necessitate dai concetti, a priori, ma che senza tale analisi non potrebbero essere tematizzate, quindi in un certo senso "allarga" la conoscenza, ma non nel senso dell'ampiezza nozionistica di dati su dati, ma in quello dell'approfondimento sistematico consequenziale, dell'elaborazione di une rete di connessioni necessarie, non cerca l'estensione ma la profondità

odradek

a Davintro
cit: il modello di razionalità perfettamente logico deduttivo, come quello utilizzato dai sistemi metafisici classici, abbia una valenza solo logica-formale, senza alcuna utilità conoscitiva nei confronti della realtà concreta,

ed in seguito il post intero.


Argomento "enorme". Nemmeno per me (o per ora) confutabile perchè concordo con molte delle tue affermazioni e sopratutto son d'accordo nella conclusione, il che rende "difficoltoso" porre argomentazioni su "quello che sta in mezzo", che, o non riesco a far quadrare con la conclusione, o lo concepisco come "non giustificato" o "non definito".

Quello su cui vorrei (voglio) pignolare è la frase estrapolata; vorrei sapere se concordi con le implicazioni che ne ho tratto io:

un modello di razionalità perfettamente logico deduttivo è un modello matematico.
un modello matematico è perfettamente traducibile in "computerese".
un modello di razionalità perfettamente logico deduttivo diventa un programma eseguibile da un computer.
Questo è stato fatto ed attualmente i programmi eseguono elaborazioni di "logica formale" -che risponde pienamente alla definizione di modello di razionalità perfettamente logico deduttivo- "oscenamente" complesse, e ci sono programmi che controllano i risultati di questi programmi.

Da ora in poi posso considerare lecito riassumere "modello di razionalità perfettamente logico deduttivo" con il termine "programma" inteso come linee di codice eseguibile da una unità di elaborazione ?

A me sembrerebbe di si ma prima di continuare con "quello che sta in mezzo" vorrei sapere se "va bene" anche per te, considerare lecita questa sostituzione di "termini" e se no perchè.
Non è una considerzione oziosa, perchè gran parte di quel che seguirà nel mio ragionamento si basa sulla intrinseca "matematicità" della frase sottolineata ed è inutile che io inizi se prima non son certo che anche tu concordi su questa matematicità.

sgiombo

Citazione di: davintro il 31 Maggio 2019, 19:02:54 PM


non sono d'accordo con l'idea che il modello di razionalità perfettamente logico deduttivo, come quello utilizzato dai sistemi metafisici classici, abbia una valenza solo logica-formale, senza alcuna utilità conoscitiva nei confronti della realtà concreta, la cui conoscenza dovrebbe ridursi a giudizi sintetici a posteriori. Riconoscere che la causa materiale di un ente è distinta da quella formale-immateriale è un risultato che si riferisce al modo d'essere delle cose reali, ed è al tempo stesso prodotto di una deduzione che ha un valore a priori, senza bisogno di fondarsi sull'esperienza. Non è infatti l'esperienza sensibile, ma l'analisi dei vari giudizi possibili formulabili sulle cose che mi porta distinguere le varie cause dell'essere.
Citazione
I concetti di "causa materiale" e "causa formale" mi suonano oscuri.
Io conosco e comprendo solo la causazione fisica - materiale (indimostrabile (Hume!) come coesistenza-successione degli eventi ordinata secondo modalità o leggi universali e costanti (forse "grosso modo" potrebbe di fatto coincidere con la causa efficiente di Aristotele).
 
Ma sicuramente giudizi o predicati formulati a priori e non circa fenomeni verificabili empiricamente a posteriori non presentano alcuna garanzia di descrivere veracemente come é (e/o non é) la realtà: se sono logicamente corretti descrivono cose (enti e/o eventi) che potrebbero forse essere/accadere realmente oppure altrettanto potrebbero non essere/non accadere realmente. Il che significa che non sono conoscenze (di come é o non é la realtà: ma casomai di come potrebbe essere/accadere oppure non essere/non accadere, il che per definizione é sospensione del giudizio circa ciò che realmente é/accade o non é/non accade).




Non "vedo" la causa formale, ma la riconosco deducendo dal fatto, indubitabile, che il giudizio riguardo la materia di un oggetto non è di per se sufficiente a rendere ragione della sua essenza che lo contraddistingue, differenziandolo dalle altre specie di oggetti, questione a cui invece si risponde introducendo la causa formale.
Citazione
Altre affermazioni per me molto oscure.
Che cos' é l' "essenza di un oggetto"?
Io conosco oggetti, semplicemente.
 
Comunque se é qualcosa di dedotto (analiticamente a priori) non può che (vedi sopra) costituire una sospensione del giudizio circa ciò che realmente é/accade o non é/non accade: non é afatto conoscenza della realtà.
Si distinguono gli oggetti gli uni degli altri definendoli.




Se di fronte a un blocco di marmo appena estratto da una cava si pensasse di poterne esaurire la conoscenza limitandosi a giudicarne la tipologia di materia, il marmo, si dovrebbe concludere assurdamente che non esiste alcuna differenza tra quel blocco e una statua dello stesso materiale, dato che il materiale è lo stesso.
Citazione
Pretesa deduzione errata e falsa.
Sapere (veracemente) che finché il blocco il marmo non é stato lavorato da uno scultore, il materiale che lo costituisce é (ma ***solo in parte e per certi aspetti***) lo stesso che dopo la lavorazione non significa affatto non comprendere la differenza fra ciò che c' era prima e ciò che c'é dopo l' operato dell' artista, o -peggio- confondere le due diverse cose ! ! !




Ciò dimostra che per rendere ragione del complesso degli enti "blocco di marmo", "statua di marmo", comprendente anche le differenze tra essi, occorre andare al di là della materia e riconoscere un altro tipo di causa, quella formale, intelligibile, corrispondente all'idea dell'ente, che nel caso della statua esprime l'idea (spirito) nella mente dell'artista, che si è realizzato nella statua ma non ancora nel blocco.
Citazione
Queste oscure elucubrazioni non sono affatto necessarie (e creano solo confusione): basta osservare empiricamente a posteriori i fatti accaduti.




Dunque, siamo giunti a un risultato a tutti gli effetti ontologico e "concreto", l'insufficienza della materia nel rendere ragione del complesso degli aspetti di una cosa senza passare per l'empiria, ma deducendo dall'immaginazione (astrazione mentale) dei vari giudizi che sulle cose si possono formulare, rendendosi conto che ciò che è sufficiente per rispondere a un certo tipo di giudizio non lo è per un altro, cosicché bisogna, per ogni questione che resterebbe irrisolta fermandoci agli aspetti sufficienti per rispondere alle altre, aggiungere nuovi elementi o "cause" nelle cose.
Citazione
Ma nemmeno per sogno!
Per rendere ragione (?), comunque per conoscere quanto é accaduto basta e avanza osservare empiricamente la sequenza degli eventi (comprendenti il lavoro dell' artista che ha causato naturalissimamente -in ossequio perfetto alle leggi di natura) la trasformazione del blocco di marmo nella statua.




Se questo aggiungere nuovi elementi rientra nel problema ontologico, e viene operato sulla base di un procedimento deduttivo, cioè non fondato sui sensi, allora è corretto concepire l'ontologia come ramo, accanto a etica o epistemologia, della metafisica. Si può parlare di "allargamento" della conoscenza in questo caso?
Citazione
Questa aggiunta di conoscenze deriva unicamente all' aggiunta (alle precedenti) delle successive osservazioni empiriche (con eventuali ragionamenti esplicativi circa di esse).




Dipende, se si intende "allargamento" nel senso di un ampliamento spaziale, materiale, della visione della realtà, no, in quanto la distinzione della causa formale da quella materiale non consiste nel riconoscimento di nuove realtà materiali che nuove esperienze ci porterebbero, ma si può considerare come "approfondimento", cioè esplicitazione di implicazioni logiche a partire dall'analisi delle varie possibilità di giudizi riguardo la realtà, che prima dell'analisi erano presenti, ma impliciti e nascosti, comunque non penso si possa ridurre il discorso a tautologia.
Citazione
Che fa aumentare le conoscenze disponibili non sono un' oscura (pe lo meno di scarsissima comprensibilità) "distinzione della causa formale da quella materiale", né men che meno alcuna "esplicitazione di implicazioni logiche a partire dall'analisi delle varie possibilità di giudizi riguardo la realtà, che prima dell'analisi erano presenti, ma impliciti e nascosti, comunque non penso si possa ridurre il discorso a tautologia", ma invece l' osservazione empirica dei fatti, razionalmente considerata.
Invece l' "esplicitazione di implicazioni logiche a partire dall'analisi delle varie possibilità di giudizi riguardo la realtà, che prima dell'analisi erano presenti, ma impliciti e nascosti"
é tutt' altra cosa che l' acquisizione di nuove conoscenze circa ciò che realmente é/accade, bensì un rendere attuali potenziali tautologie circa ipotesi che a proposito della realtà non sono che sospensioni del giudizio (dicono letteralmente che potrebbe esserci/accadere qualcosa oppure no).
Per esempio dedurre il teorema che dice la somma degli angoli interni di un triangolo equilatero é uguale (==) [tautologia ! ! !] a un angolo piatto: un angolo piatto é la stessa "cosa" (meramente concettuale: prescindendo completamente da come é/diviene o meno la realtà!) della somma degli angoli interni di un triangolo equilatero detta diversamente.




Il metodo della filosofia è proprio questa analisi dialettica mirante a mettere in evidenza delle deduzioni logiche da sempre necessitate dai concetti, a priori, ma che senza tale analisi non potrebbero essere tematizzate, quindi in un certo senso "allarga" la conoscenza, ma non nel senso dell'ampiezza nozionistica di dati su dati, ma in quello dell'approfondimento sistematico consequenziale, dell'elaborazione di une rete di connessioni necessarie, non cerca l'estensione ma la profondità
Citazione
NO, questo é invece il metodo della logica-matematica (pura): tutta la geometria euclidea e tutte le geometrie non euclidee non ci dicono se esiste o no qualcosa di triangolare, di circolare, quadrilateri, cubi, sfere, ecc., ma per esempio che ***SE*** esiste qualcosa di sferico (ma forse non esiste...) il suo volume é == 4/3 p rrr.
Si tratta di connessioni necessarie fra concetti arbitrariamente definiti, che potrebbero benissimo tanto avere quanto non avere estensioni o denotazioni reali (oltre che ovviamente intensioni o connotazioni cogitative) == sopspensione del giudizio circa la realtà.
 
Sarò via una settimana all' estero a trovare mio figlio e il mio neonato primo nipotino, scollegato da Internet (abbi pazienza per una risposta ad eventuali ulteriori obiezioni).

Ipazia

#65
Citazione di: davintro il 29 Maggio 2019, 19:42:52 PM
per Ipazia

le virgolette su "spirito", erano virgole di timidezza, considerato, senza voler generalizzare, un certo clima di materialismo attualmente dominante nel forum e quindi mi sento un po' condizionato a evitare quando possibile termini troppo "scandalosi" e che rischiano di portare chi legge a squalificare già solo per la terminologia i miei pensieri. Cerco di stabilire un minimo di base terminologica comune con l'interlocutore, ma al di là di ciò non penso si dovrebbe avere alcun problema a parlare di "spirito" come sinonimo di "immateriale", distinguendolo dal materiale, oggetto dell'esperienza dei sensi da  il momento autocritico e riflessivo della scienza deve necessariamente astrarre, senza alcuna necessità di saturare lo spirito con le varie rappresentazioni dogmatiche/mitologiche delle religione storiche, il cui limite può avvertirsi non tanto dal punto di vista materialistico che le squalificherebbe come "troppo spirituali", ma dal verso opposto, da un punto di vista spiritualistico che critica i modi con cui il divino viene  racchiuso nelle rappresentazioni confessionali umane, da elementi sensibili, costantemente condizionate da uno sguardo umano, sintesi di spirito e materia, e non solo spirito.

A questo punto bisognerebbe chiedersi perchè la religione finisce sempre col secolarizzarsi a spese dello spirito. Potrebbe essere un difetto delle religioni, ma il fatto che accada costantemente  potrebbe anche essere il segno di una contraddizione reale, ovvero che lo spirituale, avulso dal materiale, non riesce a sussistere.

E questa constatazione si può applicare anche all'aristotelica causa formale che ha certamente a che fare con lo spirituale umano, ma inteso nel senso di capacità progettuale a partire da una causa materiale: no marmo, no statua. Impossibile sarebbe anche solo pensare una statua di marmo se il marmo non esistesse. La correlazione tra spirito e materia a me pare insuperabile, così come è contraddittorio il concetto di sintesi a priori: la sintesi appoggia le sue riflessioni su cause materiali date per cui è a posteriori.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

odradek

I:
a-lo spirituale, avulso dal materiale, non riesce a sussistere.
E questa constatazione si può applicare anche all'aristotelica causa formale che ha certamente a che fare con lo spirituale umano, ma inteso nel senso di capacità progettuale a partire da una causa materiale: no marmo, no statua. Impossibile sarebbe anche solo pensare una statua di marmo se il marmo non esistesse.
b-La correlazione tra spirito e materia a me pare insuperabile, [così come]
c-è contraddittorio il concetto di sintesi a priori: la sintesi appoggia le sue riflessioni su cause materiali date per cui è a posteriori.

o:
Qualcosina è da precisare, perchè siamo sul "sottile" e ci si deve veder chiarissimo sui particolari per distinguere le sottiglienze.

a-No marmo no statua è tautologico e vale anche no uomo no statua, quindi l' argomento è debole.
Tu intendi spirituale, come "senso di capacità progettuale", e va bene in caso si  parli di statue ed artifatti, in cui, distinguere causa materiale e causa formale è questione di evidenza.

A questo livello puoi anche (dal punto di vista  materialistico) assimilare il concetto di causa formale a "senso di capacità progettuale" ma rimarrebbe una questione relativa all'insieme degli artifatti e non avrebbe validità generale.
Se dovessi applicare i concetti di causa materiale e causa formale al "vivente" ti troveresti già in grosse difficoltà a giustificare il "senso di capacità progettuale" riferito  alla causa formale, e sopratutto ad una sola causa formale.

Questo perchè i concetti di causa materiale e causa formale inziano a mostrare difficoltà esplicative qualora si esca dagli "artifatti" e diventano meno precisi e meno esplicativi quando applicati al "vivente" in generale.
Bisogna render conto anche di cose che Aristotele (padre delle quattro cause) nemmeno immaginava lontanamente potessero esistere, ma ancora una volta riuscendo a fare il meglio (e quanto meglio fosse lo dimostra il fatto che ne stiamo parlando e lo stiamo "usando" adesso), esattamente come Kant, con i mezzi a sua disposizione.

b- se intendevi scrivere "contraddizione nella correlazione tra spirito e materia" al posto di "correlazione tra spirito e materia" la frase riesco a capirla altrimenti no.
 
c-Il concetto di sintesi a priori non è tanto contradditorio, quanto "poco" definito.
Quel che Kant "tenta" (e con i mezzi a disposizione riesce perfettamente a fare) di definire con "sintesi a priori" è "definire" tutta una serie di problematiche irrisolte ancora adesso.
 
Kant con la "sintesi a priori" riassume nient'altro che i problemi relativi alla filosofia della mente e della percezione. Questioni che comprendono teoria della percezione, elaborazione della percezione ed infinite altre questioni che attualmente rimangono come minimo ferocemente discusse quando nemmeno ancora teoricamente affrontate, e che inoltre "radicano" le radici profonde per cui le visioni ad un "certo punto" obbligatoriamente divergono.

Kant con la "sintesi a priori" ha perfettamente definito un "segnaposto". Allora non si poteva far di meglio.
"Sintesi a priori" è però, attualmente un concetto "gravido" -significa che ne contiene altri- perchè dietro la "sintesi a priori" (operata in frazioni di secondo) si è scoperto esistere un mondo fenomenico sconosciuto a Kant, ma noto a noi, e con cui la filosofia deve fare i conti. Merito di Kant è stato di individuare e indicare il segnaposto, definendolo al meglio delle sue possibilità. Compito attuale invece è riempire di significato la "sintesi a priori".

Ipazia

a) il modello causale aristotelico è totalmente antropoformico e presuppone una soggettività intenzionale. Ritengo sia inutilizzabile all'infuori dell'universo antropologico, ma all'interno di esso le quattro cause si incastrano bene.

b) intendevo dire che non può esserci spirito (umano) in assenza di materia su cui esercitarlo,

c) per tale motivo escluderei qualsiasi sintesi a priori astratta dal contesto materiale, ma

d) come giustamente alludi, esistono dei "moduli" che l'evoluzione ha reso "a priori" per via genetica sui quali si implementa la capacità astrattiva, elaborativa, deduttiva dello psichico umano. Kant li descrive nel suo linguaggio epistemologico.

Concordo che ogni grande pensatore in ogni epoca ragiona con gli strumenti gnoseologici di cui dispone e la grandezza consiste appunto nel combinarli al meglio traendone qualcosa di nuovo o consolidando il conosciuto in una formulazione più avanzata.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

davintro

per Odradek

certamente la matematica rientra a pieno titolo nell'ambito del modello di razionalità puramente deduttivo, dubito che tale modello di esaurisca nella fondazione della matematica. Le proposizioni matematiche indicano relazioni logiche fra quantità, ma la quantificazione è sempre un processo mentale reso possibile dalla componente della materialità degli oggetti: nella misura in cui un oggetto ha una certa estensione spaziale, cioè materica, è pensabile come divisibile in una molteplicità di singole unità logiche la cui quantità possiamo misurare tramite numeri. Ma questo processo presuppone implicitamente un punto di vista qualitativo, per operare misurazioni su un oggetto occorre delimitarlo spazialmente, dunque riconoscere una forma immateriale, aspaziale che lo limiti. In assenza di tale limite formale ogni quantificazione sarebbe impossibile, non si può fissare nessuna misura quantitativa di fronte a uno spazio infinito e indeterminato, come sarebbe la pura materia. Se la deduzione è un procedimento che discende da premesse aventi valenza universale, allora una premessa di tal genere può essere rintracciata nell'evidenza dell'esistenza degli atti coscienti tramite cui attribuiamo significato agli oggetti, compresa l'attribuzione di quantità, se ogni giudizio quantitativo, su cui si fondano le scienze naturali, presuppone l'unità formale e qualitativa dei loro oggetti, allora tale evidenza va trasferita anche al rinvenimento di tale forma, della qualità, in termini generici, anche se poi l'esperienza a posteriori tornerebbe in gioco nel momento in cui si tratta di determinarla contenutisticamente, collegando l'individuo a una determinata specie


Per Sgiombo, a cui faccio gli auguri e congratulazioni per la nascita del nipotino...

non è vero che per riconoscere la necessità di introdurre la forma come fattore distinto rispetto a quello materiale occorra l'empiria. Anche senza bisogno di osservare fattualmente la lavorazione del marmo che introduce in esso una forma nuova rispetto a quella del blocco grezzo, riconosco che la risposta alla questione sull'individuazione del tipo di materia di un oggetto, è insufficiente rispetto alla questione della qualità specifica circa l'idea dell'oggetto in questione. Quindi, anche fermandomi alla semplice osservazione del blocco di marmo, senza avere esperienza del mutamento di forma, ma solo con l'immaginazione, posso riconoscere che il materiale di cui è costituito può in linea teorica essere formalizzato in modo diverso da quello attuale, e questo basta per ammettere la distinzione della "causa", o, usando una terminologia che il linguaggio attuale troverebbe più adeguato forse al contesto, "principio", materiale rispetto a quella formale, come distinzione aprioristica,, quindi l'esistenza di un livello dell'ontologia apriorista, e al contempo non tautologico


Per Ipazia

ovvio che una statua di marmo non potrebbe pensarsi senza il marmo, o, allargando un attimo l'esempio, un qualunque tipo di statua non potrebbe pensarsi senza un certo tipo di materiale, Ma il "mio" ""spiritualismo" non ha mai avuto la pretesa di negare, alla Berkeley, l'esistenza della componente materiale negli oggetti dell'esperienza mondana, ma solo di riconoscerne l'insufficienza riguardo la conoscenza delle cose nella complessità dei suoi aspetti, delle loro stratificazioni ontologiche, potremmo dire. Quindi se da un lato non si possono pensare statue di marmo senza marmo, dall'altro non si possono pensare nemmeno statue di marmo che non siano "statue". E l'idea di "statua", lungi dall'essere un'astrazione, è concretissimo fattore ontologico che impone al marmo un determinato modo d'essere, che non avrebbe fintanto che resta blocco appena estratto dalla cava, già solo per la differenza, fenomenologicamente registrabile, tra un vissuto che l'osservazione di una statua produce in me rispetto all'esperienza di un semplice blocco. Se le differenze formali fossero solo astrazioni, in contrapposizione con la concretezza materiale del marmo, come potrebbero incidere, performativamente, sullo stato d'animo, sulle esperienze soggettive di una coscienza che ne fa esperienza?

odradek

a Davintro:
La replica contiene due argomenti che han la precedenza nei confronti di quel che si è scritto prima. Son due "cose" secondo me davvero importanti, e son queste:

cit Davintro:
a- per operare misurazioni su un oggetto occorre delimitarlo spazialmente, dunque riconoscere una forma immateriale, aspaziale che lo limiti

b-In assenza di tale limite formale non si può fissare nessuna misura quantitativa di fronte a uno spazio infinito e indeterminato, come sarebbe la pura materia.

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Il luogo (topos) in cui si trova l'oggetto, l'oggetto, lo spazio, la materia, la forma e l'indeterminazione, di questo si sta parlando.

Siamo alle sorgenti della filosofia, che è sempre e per sempre un bene, siamo anche nella storia della filosofia e per alcuni siamo anche nel campo della "didattica della filosofia".

Secondo me le quattro cause fan capo ad altre radici, la prima delle quali sta nella "lotta" di Aristotele contro l'indeterminatezza ed il vuoto.
Contro l'indeterminatezza ed il vuoto io penso sia impostato il "discorso" di Aristotele che conduce alla concezione delle quattro cause.

La questione nostra (ovvero leggenti e scriventi) però, è che sono argomenti "tecnici" e quindi devo sospendere la condizione autoimpostami che consisteva nell'obbligo della  non-citazione e di uso del linguaggio comune.
Quindi, da qui in poi sarebbe interessante (penso io) che il discorso si leghi alla Fisica di Aristotele.
 
Dico questo non per "squalificare" (ed introdurre quindi altri argomenti sulla base di questa pretesa "squalifica") la Fisica di Aristotele rispetto alla nostra -cadrei semplicemente nella palese imbecillità- ma per dire che da qui in poi (anche per stabilire il "terreno comune" estendendolo pure alla terminologia) sarebbe "istruttivo" riferirsi ad essa per chiarire la "genesi" delle quattro cause, all' interno del suo pensiero.
Dovremmo usare termini e definizioni solamente ed esclusivamente aristotelici (per quanto possibile), e dove saranno male-interpretati o "storicizzati" penserai tu (o viceversa io, od altri) a puntualizzarli in "termini aristotelici".

Quindi niente scappatoie (lo dico sopratutto per me); solo ed esclusivamente Metafisica.

La proposta diventa quindi:
rimaniamo con Lui (se ti va bene farlo e sintantochè sarà utile farlo, o sino a che il discorso ci porti da altre parti) e mal che vada, ne ricaveremo tutti una maggior comprensione di Aristotele cercando di capire cosa dice Lui, interpretando il reale (non il sociale o la mente, il reale) con la sua Metafisica e con i suoi concetti, cercando di comprenderli e non di "discuterli" o di "storicizzarli".

Non facciamo "discussioni", non decidiamo chi "regge il mondo" ma cerchiamo di capire cosa diceva davvero Lui e di cosa voleva render conto.
Se sei d'accordo con questa impostazione del "discorso", scegli solamente il "punto" o la traccia da cui vuoi partire per chiarire la "genesi" aristotelica delle quattro cause.

Per chi non abbia carta e libri, i riferimenti stanno qua sotto. Sono traduzioni in "linguaggio moderno" e non di 400 anni fa, quindi leggibili da chiunque.
 
https://unisafilosofiateoreticaonline.files.wordpress.com/2014/01/aristotele-organon.pdf
https://unisafilosofiateoreticaonline.files.wordpress.com/2014/01/aristotele-opere-vol-1.pdf
https://unisafilosofiateoreticaonline.files.wordpress.com/2014/01/aristotele-opere-vol-2.pdf

Ipazia

#70
Citazione di: odradek il 02 Giugno 2019, 14:41:29 PM

Per chi non abbia carta e libri, i riferimenti stanno qua sotto. Sono traduzioni in "linguaggio moderno" e non di 400 anni fa, quindi leggibili da chiunque.

https://unisafilosofiateoreticaonline.files.wordpress.com/2014/01/aristotele-organon.pdf
https://unisafilosofiateoreticaonline.files.wordpress.com/2014/01/aristotele-opere-vol-1.pdf
https://unisafilosofiateoreticaonline.files.wordpress.com/2014/01/aristotele-opere-vol-2.pdf

Capisco che non sia accettabile il rifiuto di fronte ad una paginetta di link, ma mi pare eccessivo anche linkare 1000 e rotte pagine per poter discutere della causalità aristotelica. Se davintro conosce così a fondo Aristotele sarà un piacere seguire il dibattito, risparmiandosi la lettura del malloppone. Altrimenti la vedo dura. Per parte mia trovo che le quattro cause aristoteliche funzionino benissimo per contrastare lo strabismo tanto deterministico che finalistico delle opposte dottrine moderne, dosando sapientemente entrambi gli ingredienti. Se è pure il percorso aristotelico, chapeau. (Non tanto perchè la pensa come me, ma perchè quel pensiero mantiene la sua fecondità a distanza di quasi 2 millenni e mezzo.) Se invece aveva tutt'altre premesse e significati, sono propria curiosa di venirlo a sapere. Linkare opera e pagina, please.

Citazione di: davintro il 02 Giugno 2019, 01:47:19 AM
E l'idea di "statua", lungi dall'essere un'astrazione, è concretissimo fattore ontologico che impone al marmo un determinato modo d'essere, che non avrebbe fintanto che resta blocco appena estratto dalla cava, già solo per la differenza, fenomenologicamente registrabile, tra un vissuto che l'osservazione di una statua produce in me rispetto all'esperienza di un semplice blocco. Se le differenze formali fossero solo astrazioni, in contrapposizione con la concretezza materiale del marmo, come potrebbero incidere, performativamente, sullo stato d'animo, sulle esperienze soggettive di una coscienza che ne fa esperienza?

Potrebbero farlo anche a partire da una semplice astrazione, la quale è piuttosto una complessa catena analogica di pensieri alla fine della quale talvolta vi è un'illuminazione "performativa". In ciò - cospargendomi il capo di cenere per l'ermeneutica faidate - io vedo la genialità aristotelica della causa formale come snodo di passaggio tra determinismo naturale e finalismo antropologico. Ripreso da Marx nel confronto tra l'ape e l'architetto nel "Capitale". Chiusa parentesi. Largo all'ermeneutica seria.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

odradek

Capisco che non sia accettabile il rifiuto di fronte ad una paginetta di link, ma mi pare eccessivo anche linkare 1000 e rotte pagine per poter discutere della causalità aristotelica.

:)
Duecento anni fa si.
Adesso, se ti interessa la voce Categoria\e la scrivi nella casella ricerca e ti escono tutti i riferimenti. Lo stesso per qualsiasi termine. La "potenza" dei documenti digitali è la immediatezza nell'avere sotto gli occhi ogni accezione del termine che l'autore ha usato nel corso della sua produzione.
Nel caso si stia parlando di moto o movimento in due secondi hai sott'occhio tutte le ricorrenze del termine senza dover appunto spulciare le millanta pagine e magari tralasciare la definizione o la citazione che cercavi.

In questa maniera anche chi non lo ha mai sfiorato (anche se si fa davvero fatica a crederlo) non deve impazzire con indici problemi di memoria e difficoltà di ricerca. Scrivi natura ed il programmino ti "sputa fuori" tutte le volte che Aristotele l'ha nominata.

In questa maniera leggi solo quello che ti "interessa" e non devi "acquistare" il pacchetto completo, e per chi inizia è una facilitazione enorme.

Ipazia

Eggià  :) peccato che i tuoi link non permettano una ricerca testuale  :( . Ma vedrò di provvedere ugualmente.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

#73
Citazione di: davintro il 02 Giugno 2019, 01:47:19 AM
per Odradek

certamente la matematica rientra a pieno titolo nell'ambito del modello di razionalità puramente deduttivo, dubito che tale modello di esaurisca nella fondazione della matematica. Le proposizioni matematiche indicano relazioni logiche fra quantità, ma la quantificazione è sempre un processo mentale reso possibile dalla componente della materialità degli oggetti: nella misura in cui un oggetto ha una certa estensione spaziale, cioè materica, è pensabile come divisibile in una molteplicità di singole unità logiche la cui quantità possiamo misurare tramite numeri. Ma questo processo presuppone implicitamente un punto di vista qualitativo, per operare misurazioni su un oggetto occorre delimitarlo spazialmente, dunque riconoscere una forma immateriale, aspaziale che lo limiti. In assenza di tale limite formale ogni quantificazione sarebbe impossibile, non si può fissare nessuna misura quantitativa di fronte a uno spazio infinito e indeterminato, come sarebbe la pura materia. Se la deduzione è un procedimento che discende da premesse aventi valenza universale, allora una premessa di tal genere può essere rintracciata nell'evidenza dell'esistenza degli atti coscienti tramite cui attribuiamo significato agli oggetti, compresa l'attribuzione di quantità, se ogni giudizio quantitativo, su cui si fondano le scienze naturali, presuppone l'unità formale e qualitativa dei loro oggetti, allora tale evidenza va trasferita anche al rinvenimento di tale forma, della qualità, in termini generici, anche se poi l'esperienza a posteriori tornerebbe in gioco nel momento in cui si tratta di determinarla contenutisticamente, collegando l'individuo a una determinata specie


Per Sgiombo, a cui faccio gli auguri e congratulazioni per la nascita del nipotino...

non è vero che per riconoscere la necessità di introdurre la forma come fattore distinto rispetto a quello materiale occorra l'empiria. Anche senza bisogno di osservare fattualmente la lavorazione del marmo che introduce in esso una forma nuova rispetto a quella del blocco grezzo, riconosco che la risposta alla questione sull'individuazione del tipo di materia di un oggetto, è insufficiente rispetto alla questione della qualità specifica circa l'idea dell'oggetto in questione. Quindi, anche fermandomi alla semplice osservazione del blocco di marmo, senza avere esperienza del mutamento di forma, ma solo con l'immaginazione, posso riconoscere che il materiale di cui è costituito può in linea teorica essere formalizzato in modo diverso da quello attuale, e questo basta per ammettere la distinzione della "causa", o, usando una terminologia che il linguaggio attuale troverebbe più adeguato forse al contesto, "principio", materiale rispetto a quella formale, come distinzione aprioristica,, quindi l'esistenza di un livello dell'ontologia apriorista, e al contempo non tautologico


Per Ipazia

ovvio che una statua di marmo non potrebbe pensarsi senza il marmo, o, allargando un attimo l'esempio, un qualunque tipo di statua non potrebbe pensarsi senza un certo tipo di materiale, Ma il "mio" ""spiritualismo" non ha mai avuto la pretesa di negare, alla Berkeley, l'esistenza della componente materiale negli oggetti dell'esperienza mondana, ma solo di riconoscerne l'insufficienza riguardo la conoscenza delle cose nella complessità dei suoi aspetti, delle loro stratificazioni ontologiche, potremmo dire. Quindi se da un lato non si possono pensare statue di marmo senza marmo, dall'altro non si possono pensare nemmeno statue di marmo che non siano "statue". E l'idea di "statua", lungi dall'essere un'astrazione, è concretissimo fattore ontologico che impone al marmo un determinato modo d'essere, che non avrebbe fintanto che resta blocco appena estratto dalla cava, già solo per la differenza, fenomenologicamente registrabile, tra un vissuto che l'osservazione di una statua produce in me rispetto all'esperienza di un semplice blocco. Se le differenze formali fossero solo astrazioni, in contrapposizione con la concretezza materiale del marmo, come potrebbero incidere, performativamente, sullo stato d'animo, sulle esperienze soggettive di una coscienza che ne fa esperienza?
trovo che vi siano nelle risposte una più o meno ascendenza nascosta  alla fenomenologia husserliana.... ma non è chiaro.
Quando Husserl scrive "filosofia della matematica", una delle sue prime opere, Frege allora massimo logico-matematico esistente, maestro di Russell, risponde che la matematica non può essere fondata sullo psicologismo.Quel psicologismo che il maestro di Husserl, Brentano nella sua "psicologia empirica" di carattere descrittivo ,influenzerà anche un certo Freud.
Se la genesi non è naturale, non è psicologica, la forma matematica e logica da qualche parte deve "saltare fuori".Sicuramente è un sistema autoconsistente e universale per cui non può appunto uscire dalla "pancia" dei singoli individui umani che ne farebbero opinione,seppure appartenga a tutti i singoli umani, ma come linguaggio costruito,formale, non naturale
E' un apriori perchè le forme geometriche e il numero non sono nemmeno in natura, semmai anlogicamente applicabili alla natura, ma rimangono una costruzione trascendentale umana..La matematica e la geometria sono assai più antichi di Aristotele. Euclide, degli stesi pitaogorici.Non può essere scaturito quindi dal rapporto unità dei molteplici.
Ma apre un'altra aporia il formalismo logico matematico, quella stessa denuncia della crisi della scienza positivista di fine ottocento inizi novecento, la cui origine Husserl indica in Galileo, nella "matematizzazione delle scienze" dichiarata da Heidegger, nella netta separazione fra scienza e filosofia, che nonostante le scoperte e invenzioni della tecnica scientifca, separa conoscenza e umanità, perdendo il senso "del mondo della vita". Quindi la forma e i formalismi non possono neppure esssi pervenire ad un orizzonte di senso della vita umana, anzi.

Gli atti delal coscienza, dal punto di vista fenomenologico, non sono solo atti formali linguistici, Husserl essendo  di formazione scientifico matematica già nell' opera "ricerche logiche" implica l'intera coscienza  e la riduzione di soggetto e oggetto, separazione metodica delle scienze,a soggettività di un io trascendentale superando sia l'empirismo ,sia il noumeno della cosa-in-sè kantiana.E' l io intenzionale, intesa come coscienza motivata alla datità, al conoscere a "inglobare" assimilare gli oggetti del mondo ponendoli nella coscienza che apre all'orizzonte della creatività e progettualità umana.  Realismo, idealismo, soggetto e oggetto, queste separazioni vengono ridotte al soggetto cogitante, pensante che modella e rappresenta il mondo sempre dal topos origianrio che non può essere che un io che trascende gli oggetti gli altrui, divendeno intersoggettivo e non separato dal mondo e dai propri simili

viator

Salve Paul 11. Citandoti : "Se la genesi non è naturale, non è psicologica, la forma matematica e logica da qualche parte deve "saltare fuori".Sicuramente è un sistema autoconsistente e universale per cui non può appunto uscire dalla "pancia" dei singoli individui umani che ne farebbero opinione".
  Ma la matematica è una convenzione artificiosa creata dagli umani !. E' solamente un NOSTRO strumento. Non occorrono grandi viaggi mentali per capire il perchè sia stata creata. L'uomo ha creato la logica (della quale la matematica è la più convenzionale delle espressioni) quale strumento di tutela dall'imprevedibile e relativo che lo circonda affliggendolo. L'uomo ha sempre odiato l'incertezza.

Per cui ha formulato le convenzioni matematiche, così comode per la prevedibilità dei loro risultati umanamente utilizzabili !.

Che poi, fuori dell'ambito umano, le più ovvie oppure ferree regole della matematica si dimostrino smentibilissime.................................basti pensare alla riproduzione, meccanismo che sommando 1+1 realizza come risultato il 3 (o più), mentre in altre forme (beffa delle beffe) ci mostra atti riproduttivi per i quali 1 diviso 2 ha per risultato 2. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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