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Ethos, anthropoi, daimon

Aperto da doxa, 11 Aprile 2021, 14:59:36 PM

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doxa

"Ethos", "anthropoi", "daimon": queste tre parole attribuite al filosofo pre-socratico Eraclito di Efeso, vissuto tra la fine del VI sec. e i primi anni del V sec. a. C., vengono interpretate in diversi modi a causa del suo stile enigmatico,  oracolare.

Vi va di leggere se ho capito bene quel che volle dire il filosofo Eraclito "l'oscuro" ?

"Ethos" si può tradurre con "carattere";

"anthropos" è l'essere umano;


"daimon": è un essere (demone) interposto tra ciò che è divino  e ciò che è umano;


per l'antica filosofia greca il daimon aveva la funzione di intermediario tra l'uomo e il divino invece per la religione politeista greca esso ostacolava le due dimensioni. In Eraclito allude al destino dell'individuo.


Le suddette tre parole sono di solito tradotte con la frase  'il carattere di un essere umano  è il suo destino'. Ma invertendo la frase si può leggere anche con significato opposto:  "il destino è per l'essere umano il carattere".


Nella lingua greca entrambe le traduzioni  sono valide ma cambia il significato.


Nel primo caso Eraclito afferma che il nostro carattere determina il nostro destino;  il carattere condiziona l'agire dell'individuo.


Nel secondo caso è il contrario: è il destino che determina il nostro carattere e la nostra esistenza.


L'elemento decisivo è il carattere. Infatti, per esempio, una persona coraggiosa o impulsiva decide diversamente da una persona prudente e riflessiva.
Ma il carattere, ciò che siamo e diventiamo, dipende da noi ? Difficile rispondere.


"Daimon" rinvia ad "eu-daimonia", al buon demone, al destino favorevole, condizione necessaria per la vita serena, connessa con la libertà, liberi di scegliere e padroni della propria vita nel bene o nel male.


La scoperta dell'inconscio, le ricerche sul funzionamento del  cervello evidenziano che molto di ciò che facciamo e siamo dipende da fattori che sfuggono al nostro controllo. Anche i condizionamenti sociali sono molto importanti.


Socrate ebbe difficoltà a comprendere gli aforismi di Eraclito:  "Ciò che si comprende è eccezionale, per cui desumo che anche il resto lo sia, ma per giungere al fondo di questa parte bisognerebbe essere un tuffatore di Delo".


Eraclito influenzò alcuni filosofi successivi: da  Platone allo stoicismo, la cui fisica ripropone in gran  parte la teoria eraclitea del logos.


Aristotele, che si suppone abbia letto  i testi di Eraclito, lo definisce "skoteinòs", l'oscuro, perché criptico, ambiguo.


Aristotele, che  mal sopportava le ambiguità di Eraclito, era convinto che il carattere di una persona, una volta formato, è difficile cambiarlo, perciò è importante l'educazione, la paideia.


Nella tragedia greca i suoi eroi (Edipo, Medea, Antigone, ecc.) cercarono invano di fuggire dalla "rete" del destino.


segue

doxa

#1
/2


Eraclito e il Pantha rei.


La filosofia di Eraclito è basata sulla teoria del divenire: "Pantha rei" (tutto scorre), nulla resta eguale a se stesso. Eraclito sostiene che solo il cambiamento e il movimento sono reali e che l'identità delle cose uguali a sé stesse è solo illusoria.


Nel testo di Eraclito i frammenti 91 e 12   affermano che è impossibile tuffarsi due volte di seguito nello stesso fiume, perché  l'acqua scorre, non è più quella precedente. 
Mi sembra che non abbia detto niente di eccezionale. L'affermazione è ovvia, perciò non capisco l'immeritata fama della frase.


Se bacio più volte la donna amata ogni bacio è diverso dal precedente,  ma è comunque bacio.


Secondo voi cosa non comprendo nel pensiero di Eraclito ?


La realtà a causa della lotta dei contrari è in perenne trasformazione, tende a trasformarsi nel suo opposto: "questi infatti mutando son quelli e quelli di nuovo mutando son questi"(es. una salita se vista dall'alto diventa una discesa e viceversa). Il mondo si trasforma secondo una legge interna, il logos.  ::)

Ipazia

#2
"En arché en o logos" è il pensiero più ispirato di tutta la teologia cristiana. Eraclito ci arrivò cinque secoli prima e ad esso è debitore l'evangelista Giovanni. Il logos è all'origine del mondo antropologico e su questo concorda anche l'antropologia moderna.

Il divenire eracliteo è l'antitesi dialettica all'essere parmenideo e alla fissità metafisica da quell'essere postulata tra teologia e filosofia, sempre alla spasmodica ricerca di un Uno, di una Verità, di un centro di gravità permanente, a cui ormai credono soltanto gli impolverati microsolco silenti da anni sulla mia libreria. Seguiti da cassette e cd già museabili. Appunto: panta rei. Se l'universo galileiano concedeva ancora qualche illusione ai metafisici fondamentalisti, quello einsteniano le ha dissolte del tutto. L'ethos dell'anthropos è una Venezia assediata dai flutti del tempo che solo il carpe diem quotidianamente agito rende vivibile.

L'eudaimonia è la sfida che il tempo lancia al genio filosofico perchè quella Venezia non soccomba.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Ritengo che intendere daimon come "destino" possa essere fuorviante.
Perché il destino si riferisce ad eventi che dovranno necessariamente avvenire in futuro.
Ma non penso che questo fosse ciò che Eraclito voleva dire.

Piuttosto daimon è proprio il demone.
E il demone, più che intermediario tra l'uomo e la divinità... è invece, diciamo così, trascendenza immanente.

Cioè è possibile avere la percezione della sua esistenza (perciò immanente) ma allo stesso tempo sfugge ad una qualsiasi determinazione (resta in sostanza trascendente).

Di modo che il carattere dell'uomo è il suo demone.

Demone di cui si è per lo più inconsapevoli. Tranne in rare particolari occasioni.
Occasioni in cui capita di osservarsi agire, parlare, pensare, decidere... come se fossimo scissi.
Ma non lo siamo, siamo sempre noi stessi. Solo che ora vi è l'osservatore e il demone. Ed è il demone che agisce, pensa, decide...

Non esiste perciò un "destino". Bensì esiste il demone.

In momenti di particolare emozione, quando la fede nella Verità prorompe in noi, può capitare di avvertire il demone che noi siamo.

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Eraclito e Parmenide sono spesso descritti come in opposizione l'un l'altro, incompatibili.

Ma sono convinto non sia affatto così!

Dicono la medesima cosa, seppure da punti di vista diversi.
Il primo focalizzando il divenire, il secondo l'essere.

Ma entrambi cosa mettono in discussione in sostanza?
Entrambi criticano il molteplice!
E lo criticano portando alle estreme conseguenze il concetto del divenire (Eraclito: "Tutto diviene") piuttosto che quello dell'essere (Parmenide: "L'essere è il non essere non è")

L'essere trae tutto il suo significato dal divenire. In quanto è ciò che "resiste" al divenire.

Viceversa il divenire ha il suo significato nell'aggressione dell'essere.

Uno non può stare senza l'altro.
Se nulla divenisse l'essere non potrebbe sussistere!
Se nulla rimanesse che divenire sarebbe?

L'essere e il divenire sono due fantasmi, che si sorreggono l'un l'altro in un gioco senza fine. Ma in se stessi non esistono.

Di modo che nulla muta, perché non c'è proprio niente che muti. In quanto ciò di cui abbiamo contezza sono solo eventi. Che prescindo sia dall'essere che dal divenire...

Non si può entrare due volte nello stesso fiume.
Perché il fiume, come "essere" non esiste.

E così Zenone, discepolo di Parmenide, con i suoi paradossi non negava certo gli eventi. Ma negava l'esistenza delle cose in sé, distinte da tutto il resto.
Di modo che indirettamente confermava pure la posizione di Eraclito.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#4
Citazione di: doxa il 11 Aprile 2021, 15:06:58 PM
/2


Eraclito e il Pantha rei.


La filosofia di Eraclito è basata sulla teoria del divenire: "Pantha rei" (tutto scorre), nulla resta eguale a se stesso. Eraclito sostiene che solo il cambiamento e il movimento sono reali e che l'identità delle cose uguali a sé stesse è solo illusoria.


Nel testo di Eraclito i frammenti 91 e 12   affermano che è impossibile tuffarsi due volte di seguito nello stesso fiume, perché  l'acqua scorre, non è più quella precedente. 
Mi sembra che non abbia detto niente di eccezionale. L'affermazione è ovvia, perciò non capisco l'immeritata fama della frase.


Se bacio più volte la donna amata ogni bacio è diverso dal precedente,  ma è comunque bacio.


Secondo voi cosa non comprendo nel pensiero di Eraclito ?


La realtà a causa della lotta dei contrari è in perenne trasformazione, tende a trasformarsi nel suo opposto: "questi infatti mutando son quelli e quelli di nuovo mutando son questi"(es. una salita se vista dall'alto diventa una discesa e viceversa). Il mondo si trasforma secondo una legge interna, il logos.  ::)
Il bacio , in quanto azione, è uguale, forse,  ma le persone che se lo danno non sono sicuramente mai le stesse.
Non sono uguali , pur continuando a chiamarsi Doxa e compagna di Doxa.
In se' la cosa non è ovvia, anche se tale appare.
Eraclito ci dice che l'identità non è un uguaglianza, se non per un istante, ma invece si genera dalla comparazione di cose diverse secondo precisi criteri., in un tempo uguale o diverso.
Così ciò che chiamiamo Doxa è il risultato della comparazione  di cose diverse esistenti in un tempo diverso.
Mentre Doxa come uomo è il risultato della comparazione di cose esistenti anche simultaneamente.
Tutto ciò appare ovvio solo nella misura in cui non abbiamo coscienza dei criteri di comparazione applicati.
In definitiva quando diciamo che A=A non stiamo propriamente affermando una banalità, perché parliamo del risultato di un processo che di solito non viene specificato.

Dalla mancata specifica può derivare l'illusione che nulla cambi.
Doxa è sempre Doxa se continua a chiamarsi Doxa.
Questo punto di vista in effetti sembra rivoluzionario a ben pensarci.
La percezione stessa di ciò che esiste è il risultato di un processo di comparazione a noi ignoto, e magari è essenziale al processo che non sia noto.
Non a caso il processo scientifico laddove tutto è specificato, non equivale a una percezione, sebbene si possa dire che svolgano la stessa funzione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#5
Non ci avevo mai riflettuto bene prima , ma il compito della filosofia dovrebbe essere quello di svelare la non ovvietà di ciò che tale appare, e questo è ciò che Eraclito fa' in modo esemplare.
In se' non vi è nulla di ovvio a questo mondo, quindi dove l'ovvietà appare, quando ci appare, occorre indagare da dove essa derivi, quale processo vi è sotteso, e così si apriranno nuove strade da percorrere, o più verosimilmente si potranno ripercorre le stesse strade in modo diverso, sapendo che proprio le stesse non sono mai, ma che possono condividere ragionevolmente lo stesso nome.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

La relazione tra essere e divenire è dialettica, scevra di contrapposizioni elisivamente radicali, e di ciò non poteva che essere consapevole il padre fondatore del pensiero dialettico che individua in Polemos il motore del mondo. Il suo insistere sul divenire non è poi così ovvio in relazione alla feticizzazione dell'Essere nella metafisica del suo tempo e dei millenni a seguire. Il che rivela anche un "daimon" profetico nel suo "ethos".

E chiaro, come afferma bobmax, che la dialettica tra essere e divenire è inscindibile, ma non nell'esito del fantasma, bensi del mondo, inteso come ethos di cui il logos è l'interprete designato dal fato evolutivo. Il quale ci consegna una persistenza dell'essere che ha un debito da pagare, il prezzo del filo di Anassimandro da saldarsi con la morte. Col che si riconduce l'essere alla sua trascendenza immanente consapevole della sua limitata temporalità.

In tale visione del fato, rievocata nella sua originaria pregnanza da Nietzsche, sta racchiuso il significato metafisico della condizione umana, la sua declinabilità in essere transeunte. Dopo l'illuminazione dei presocratici si sono fatte solo variazioni sul tema. A tassi crescenti di feticismo nelle mummificazioni dogmatiche dei culti sacri e profani. Con qualche salutare ritorno alle origini per ricominciare il cammino del(la) Lebenswelt - sempre e ancora ethos - da capo, evitando gli errori del passato.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

doxa

Grazie Ipazia per la tua informazione  sul collegamento tra la teoria eraclitea del logos e il logos dell'evangelista Giovanni (1, 1).
 
Se ho capito bene per  Eraclito il Logos  è la "ragione, la razionalità, ma anche la legge universale della realtà delle cose (simboleggiato dal fuoco); tale "legge" è ciò che noi chiamiamo il  dio unico creatore del cosmo ?

Il nostro mondo non fu creato dagli dei, ma fu sempre (l'arché ?) ed è un fuoco eternamente vivo. Questo fuoco è Dio ?
 
Il Logos giovanneo è Jesus = Dio.  Il Verbo che si è fatto carne.
 
L'Apostolo Giovanni ci dice quindi che "in principio", ossia prima della creazione del mondo, prima di ogni cosa, da sempre, esisteva il Logos, cioè il Verbo = Dio.
 
Sbaglio ?

Ipazia

No. Ma la coincidenza riguarda soprattutto la genesi. Fisica (physis) quella di Eraclito, molto antropologica quella di Giovanni. Ben più divergente il destino, che per Giovanni è la salvezza eterna, mentre per Eraclito è molto più incerto. La mia opinione è che i classici avessero i piedi molto per terra e non fingessero ipotesi consolatorie. Riguardo al Dio dei moderni esso, dopo Spinoza, non può essere che la natura, l'universo. Dal fuoco al fuoco, nel pensiero eracliteo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

doxa

Ciao Bob,


hai scritto che "il carattere dell'uomo è il suo demone".


Ma cos'è il carattere ? Per avere la risposta forse è meglio bussare alla porta della psicologia  anziché a quella della  filosofia.


E la psicologia mi dice che la personalità di un individuo è costituita dall'insieme delle caratteristiche attraverso le quali ognuno di noi interagisce, percepisce e risponde agli eventi esterni, formando così il carattere di ciascuno. La personalità è, dunque, la modalità che ci siamo costruiti attraverso le esperienze vissute, partendo da una nostra predisposizione innata, utilizzata per relazionarci agli altri ed al mondo esterno.


I tratti di personalità sono le caratteristiche tipiche dello stile di relazione con gli altri. Per esempio, la dipendenza dagli altri, la tendenza alla sospettosità o all'ego-centrismo sono tratti di carattere.


Per quanto riguarda il "demone", anche per avere chiarimenti ulteriori forse è meglio rivolgersi all'angelologia, alla religione, anziché alla filosofia. Dici che sbaglio ?


Nell'ambito del cristianesimo c'è una disciplina chiamata "demonologia", che studia le credenze riguardanti spiriti e demoni, in particolare Satana e i diavoli.


Un bel saluto Bob, è ora di cena e non posso esimermi dal farmi affliggere da metà telegiornale dedicato al Covid.

viator

Salve doxa. Occorrere bbe distinguere tra TEMPERAMENTO (l'insieme delle caratteristiche psichiche EREDITABILI per via genetica - a loro volta generate dal sovrapporsi delle diverse (dall'origine delle psiche ad oggi !) generazioni) ed il CARATTERE (le caratteristiche psichiche e poi mentali che si formano successivamente alla nascita - dalla vita intrauterina sino al compimento dell'adolescenza - e che sono generate dalle esperienze di contatto con il mondo esterno al nostro corpo.

Non sto certo ad intrattenere vanamente con la mia visione (pochissimo originale ma completamente organica) circa genesi e contenuti di una psiche. Invito solamente a riflettere sulle seguenti tre componenti : EREDITARIETA-INDIVIDUALITA' ed AMBIENTE, le quali generano TUTTI I CONTENUTI DI TUTTE LE PSICHE.  Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

#11
Sì Doxa, il carattere non è che una somma di abitudini.

E le abitudini derivano, come dici tu, dalle esperienze vissute, dalla nostra predisposizione...

E noi agiamo e reagiamo, ma in funzione di che? Del nostro carattere, che è una somma di abitudini, che derivano da...

Ecco, ora prova a distaccarti e guardati, potrai forse vedere il demone...
Che vive la tua vita, che è te stesso... Oppure no?

"Mortali immortali, immortali mortali, viventi la morte di quelli, morenti la vita di questi"
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

doxa

Iano ha scritto
CitazioneIl bacio , in quanto azione, è uguale, forse,  ma le persone che se lo danno non sono sicuramente mai le stesse.
Non sono uguali , pur continuando a chiamarsi Doxa e compagna di Doxa.
In se' la cosa non è ovvia, anche se tale appare.


Bravo Iano, riesci a semplificare le difficili astrusità filosofiche, e psicologicamente chiamando gli interpreti col loro nome faciliti la comprensione.


Ma detto tra me e te  ;D e forse filosoficamente importante sapere che Doxa e la compagna di Doxa dopo un attimo non sono più quelli dell'attimo precedente, anche se il bacio è ripetitivo ?



Forse dal punto di vista filosofico ha la sua importanza, ma non riesco a comprenderne l'utilità, nella quotidianità individuale a che serve ?


Penso che alle persone interessi di più la distinzione evidenziata da Viator tra temperamento e carattere. Per capirla, anche in questo caso,  bisogna abbandonare la contorta  filosofia e seguire la più rettilinea strada della psicologia, o meglio della psicoanalisi.


Infatti nella teoria psicoanalitica la personalità si considera formata da due componenti fondamentali: il temperamento e il carattere, ben spiegato da Viator.

iano

Ciao Doxa.
Sono costretto a semplificare le situazioni perché non padroneggio tutti quei termini filosofici che servono a complicarle.😂
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Ciao Δόξα (Opinione)
Mi hai dato modo di riflettere sul fatto che, in greco:
- il termine "άνϑρωπος" individua l'uomo sotto il profilo "tassonomico", cioè come un qualsiasi altro animale (di entrambi i sessi);
- il termine "ἀνήρ", invece, individua l'"Uomo", con la maiuscola, dal cui genitivo (ἀνδρός) deriva il termine ἀνδρέιας , cioè "valore" (ed il nome Andrea).
Sostanzialmente, è la stessa differenza che, in latino, intercorre tra "homo" (da cui "humanitas") e "vir" (da cui "virtus", che in latino vuol dire "valore", non "virtù" come la intendiamo oggi).
***
Ciò premesso, sarebbe interessante riflettere sul perchè Eraclito  abbia parlato di "άνϑρωπος" (contrapposto a δαίμων),  invece che di "ἀνήρ"; ma, per il momento, non mi sovviene alcuna soddisfacente spiegazione al riguardo.
Ci dovrei riflettere!
Tu che cosa ne pensi?
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Un saluto
***