Essere razionale è una scelta?

Aperto da DrEvol, 21 Ottobre 2016, 04:16:00 AM

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Garbino

Essere razionale è una scelta?

Un saluto a tutti e confesso che mi dispiace di aver notato questa riflessione inserita da Dr Evol, che saluto cordialmente, soltanto adesso. A mio avviso, ne è sorta una discussione molto interessante da cui però devo forzatamente restare fuori per via del compito che mi sono posto e che mi impegna a fondo.

Comunque una piccola riflessione volevo aggiungerla e passo ad esporla.
L' uomo è un essere dotato di razionalità e su questo non si discute. Ma anche che ogni individuo ha un preciso grado di razionalità raggiungibile. Infatti si va dallo 'scemo' al 'genio'. Poi naturalmente, per diversi ed ovvi motivi, ciascuno raggiunge un determinato grado della sua potenzialità razionale.

Da queste premesse, sempre a mio avviso, scaturisce che la possibilità di scelta di essere razionale aumenta in base al grado di potenzialità raggiunto, ma può anche essere assente.
Sempre in base a queste premesse, direi che, come al solito, tutto si riconduce alla fortuna di essere stato dotato di una buona base genetica e di aver potuto sviluppare l' attività razionale nel miglior modo possibile.

Inoltre bisogna considerare che qualsiasi attività umana spesso sfugge a fattori squisitamente logici, perciò può anche accadere che si ci ritrovi ad essere razionali non per scelta ma per altri motivi, che possono essere legati ad esempio alle spinte irrazionali del nostro sommerso. 

Per il momento devo fermarmi qui perché ogni ulteriore approfondimento, come ad esempio quello che riguarda il legame tra felicità etica e razionalità ci porterebbe molto lontano e magari lo riprenderemo in un momento meno delicato ( soprattutto per la mia salute psichica, ah ah ah!! ).

Vi ringrazio della cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Phil

Citazione di: cvc il 23 Ottobre 2016, 09:01:25 AMideale del filosofo che distrugge tutte le verità condivise e se ne compiace, ignorando di essere figlio di ciò che distrugge 
Vorrei provare ad "esorcizzare" la cattiva reputazione che alcuni approcci filosofici si trascinano dietro: il nichilismo, pronipote dello scetticismo, quando supera la sua veemenza adolescenziale per maturare in relativismo, pluralismo e affini, non è affatto una malattia che mira a destabilizzare la società, fagocitare i valori classici, distruggere ciecamente le tradizioni, innescando apatie ideologiche e disorientando gli uomini dell'occidente. Questi risultati sarebbero incoerenti con una posizione "debole" e, soprattutto, "plurale". 
Una riflessione critica sui fondamenti delle posizioni tradizionali, se sfocia in un indebolimento di suddette posizioni, non va confusa con il desiderio di rimuoverle dal panorama culturale (quello è un estremismo che confonde la negazione con l'avversione/aggressione, confondendo "a" con "anti": così l'ateo diventa antireligioso, l'apolitoco risulta antipolitico, etc.), poichè è solo l'acquisizione della consapevolezza che tali posizioni (egemoniche o meno) possono invece essere legittimamente affiancate ad altre, ma non in una gerarchia verticale, bensì in una pluralità orizzontale. 
Questo comporta che una vale l'altra? Decisamente no. Comporta invece che nessuna può avere un buon motivo (ideo)logico per cercare di dominare l'altra, per muovere guerra in nome del possesso della verità assoluta (se, utopicamente, fossimo tutti relativisti, sarebbero impossibili le guerre ideologiche, ma ci sarebbero solo guerre apertamente economico-politiche...).
Facendo un esempio banale, eppure, spero, chiarificatore: se tifo per la squadra X, non significa affatto che tifare per la squadra Y sarebbe per me indifferente (questione di gusti, predisposizione, storia personale...); tuttavia, partendo dalla consapevolezza di fondo "debole" che non c'è un "tifare" giusto o sbagliato, non ho alcun motivo di aggredire, nè fisicamente nè verbalmente, chi tifa la squadra Y. Se invece non ho tale consapevolezza, ecco che allora chi tifa la squada Y può diventare un nemico da sconfiggere, uno che non capisce, uno che è inferiore etc. (chi infatti confonde il tifare con la violenza ha i suoi problemi, su cui non è il caso di soffermarsi qui...). 

Citazione di: cvc il 23 Ottobre 2016, 09:01:25 AMLa differenza è che oggi la filosofia non offre mezzi per affrontare questa sconcertante caduta di valori, perché è divenuta prassi economica o scientifica anziché spirituale 
I valori attuali o sono quelli storicamente intramontabili (ovvero quelli minimamente necessari alla convivenza in una medesima comunità) oppure sono quelli variabili, che sono il risultato delle contingenze storico-culturali peculiari di ogni epoca, e se ciò comporta un cambiamento di paradigma, non significa che non ci siano più valori, semmai, "non ci sono più i valori di una volta" ( ;D ), come è inevitabile che sia, non essendoci più "le società di una volta" ed essendo il mutamento sociale, tecnologico, etc. una costante della storia dell'uomo...
"Modificare" significa "distruggere" solo per chi non comprende, o non approva, il cambiamento (perchè magari "svaluta" la sua prospettiva oppure riduce il fascino e l'assolutezza delle sue certezze... non parlo di qualcuno in particolare, non fraintendetemi  :) ). 
Oggi in una situazione che non presenta più posizioni forti (ma ex-posizioni forti sono ancora in perfetta forma, basti pensare al contesto italiano...), il disincanto prende la forma di una maggiore possibilità di scelta per le riflessioni, che può anche spaesare chi era abituato ad un panorama più nettamente caratterizzato (fatto di monoliti la cui stabilità rassicurante era incisa nella loro polvere secolare), ma, da un lato, la capacità di adattamento resta un fattore indispensabile per vivere, dall'altro, molte delle lezioni del passato possono essere attualizzate fornendo conforto (come fossero un vademecum per l'uomo senza epoca), ad esempio, come tu stesso ricordi:
Citazione di: cvc il 23 Ottobre 2016, 09:01:25 AMl'ideale del saggio, che rimane imperturbabile anche se il mondo gli crolla intorno. 
non è poi un ideale che sia "scaduto" con il passare dei secoli  ;)

sgiombo

Citazione di: Garbino il 23 Ottobre 2016, 16:25:58 PM

Da queste premesse, sempre a mio avviso, scaturisce che la possibilità di scelta di essere razionale aumenta in base al grado di potenzialità raggiunto, ma può anche essere assente.
Sempre in base a queste premesse, direi che, come al solito, tutto si riconduce alla fortuna di essere stato dotato di una buona base genetica e di aver potuto sviluppare l' attività razionale nel miglior modo possibile.


CitazioneAl di fuori di casi decisamente patologici non é il patrimonio genetico bensì l' esperienza vissuta fin dalla più tenera età (fattori epigenetici, sia materiali -nutrizione, evitamento o meno di patologie- sia soprattutto culturali: stimoli ricevuti a sviluppare le proprie capacità potenziali) che determinano la fortuna di maturare una razionalità più o meno compiuta.


paul11

#33
Dr Evol,
già dalla domanda posta inizialmente c'è una contrapposizione fra la natura umana e una ontologia razionale.
Se l'uomo è semplicemente natura che si trova un cervello e una mente segue un iter antropologico che nega la razionalità etica aristotelica. Perchè l'etica coincide con l'utilitarismo, con la convenienza, con la mediazione sociale fra dovere e diritto. Se invece l'etica è il punto alto in cui la razionalità relega la natura istintiva ad essere educata nella ragione allora i concetti di bene, di buono debbono essere codificati e trovarne una ontologia dimostrativa.
L'argomento è vastissimo perchè entra dalla filosofia morale a quella del diritto e politica.
Ma dall'altra la scienza, che attualmente è vincente, relativizza l'etica alla soddisfazione.
Sono più soddisfatto e mi rende felice un comportamento egoistico oppure rinuciatario in cui in quest'ultimo la rinuncia vine spostata ad un appagamento sociale di condivisione? Perchè è chiaro che l'egoismo individualizza, restringe la socializzazione ad un 'etica individualistica, mentre quella sociale risponde alla necessità dell'uomo sociale di identificarsi in un popolo e quindi l'uomo etico diventa cultura e si fa storia.

La scelta implica un grado di libertà e passa per la propria autocoscienza.Nella misura in cui scelgo che la mia personale felicità non sia riempirmi di denaro e potere, ma di conviverlo socialmente ed equamente ecco che entrano i valori sociali e individuali come giustizia, come uguaglianza,come solidarietà come fratellanza.

DrEvol

Contraccambio il saluto a Garbino e ben trovato su questo sito. 

Paul11, 

Trovo interessanti le tue osservazioni. Mi fanno riflettere su certi punti. Per esempio: E' vero che, come dici tu, l'etica coincide con l'utilitarismo? E mi domando anche se sia vero che l'evoluzione ci ha portato a negare la razionalità etica aristotelica. 

Secondo me l'etica, intesa come la ricerca del Bene, deriva dallo sforzo razionale di comprendere la natura umana, con i suoi istinti, impulsi, passioni e non "relegarli" ad essere educati.  Le passioni o emozioni sono solo segnali naturali che ci dicono cosa ci piace e cosa non ci piace, quali esperienze producono piacere e quali vanno evitate.  Le emozioni sono meccanismi di sopravvivenza automatici; la ragione è la capacità di discernere se tali meccanismi ci fanno da saggia guida finale o se, una volta analizzati, possono e devono essere motivi validi di azione oppure ignorati. Si, perché le emozioni ci fanno sentire qualcosa, ma la ragione è l'arbitro finale che determina le nostre azioni (etiche o non). Questa è stata la natura dell'uomo fin dal suo sorgere e non è cambiata di un iota nell'uomo moderno. 

Il Bene, ovviamente, è il fattore codificatore dell'etica. La razionalità è lo strumento umano che ci permette di sapere cosa intendiamo per Bene.  Ed è proprio sul concetto di Bene che gli esseri umani sono tuttora impreparati a trovare quel principio assoluto che coniuga la natura emotiva ego-centrica di ogni individuo con la convivenza, la solidarietà, il mutuo rispetto, la socializzazione e la fratellanza.  Qualsiasi forma di convivenza, rispetto, fratellanza si ferma di fronte a qualcuno o qualcosa che minaccia la nostra vita. Le teorie dell'etica sociale tendono a sostituire la società per Dio. Per questo motivo, non c'è sostanziale differenza tra l'etica religiosa e l'etica laica che pervade attualmente. Entrambe sono etiche sociali - non individuali. L'etica sociale si atteggia a voler proteggere e migliorare la vita sulla terra, ma non la vita degli esseri umani in carne ed ossa quali individui, ma la vita di un'astrazione senza corpo e senza esistenza che si chiama società.  E' l'etica assurda che vorrebbe poter salvare la società a spese di coloro che la compongono. 

Si tratta di produrre una profonda rivoluzione della coscienza individuale che comincia in ognuno di noi con la semplice domanda: La mia vita, a chi appartiene? Appartiene a Dio? Quindi è morale solo quello che risponde alla Sua volontà, anche a scapito della mia razionalità? Appartiene alla società? Quindi è morale tutto ciò che promuove il bene sociale, anche se distrugge il bene degli individui? E se la mia vita è veramente mia, che cosa viola la mia libertà di agire in accordo con la razionalità?  





 

Duc in altum!

**  scritto da DrEvol:
CitazioneLe passioni o emozioni sono solo segnali naturali che ci dicono cosa ci piace e cosa non ci piace, quali esperienze producono piacere e quali vanno evitate.  Le emozioni sono meccanismi di sopravvivenza automatici; la ragione è la capacità di discernere se tali meccanismi ci fanno da saggia guida finale o se, una volta analizzati, possono e devono essere motivi validi di azione oppure ignorati.
Si, perché le emozioni ci fanno sentire qualcosa, ma la ragione è l'arbitro finale che determina le nostre azioni (etiche o non). Questa è stata la natura dell'uomo fin dal suo sorgere e non è cambiata di un iota nell'uomo moderno. 
Sono d'accordo sulle segnalazioni dateci dalle passioni o emozioni, ma la guida finale, la saggezza, non deriva dalla ragione, altrimenti nessuno amerebbe.

L'arbitro finale che determina l'azione è la fede, la ragione di fede per meglio intenderci. Quindi la saggezza illumina la fede, ma entrambi non sono direttamente proporzionali con l'istruzione o la conoscenza acquisita, ma sono talenti soprannaturali, metafisici (visto che siamo in Tematiche Filosofiche).
Per un cattolico la saggezza, ossia la ragione, cioè la ragione di fede, è ciò (in correlazione con l'esperienza) che c'insegna a discernere il bene dal male, e l'intelligenza, invece, è la facoltà che ci fa decidere in favore del bene, del giusto, dell'autentico. Teoria che incontra una prova certa quando, anche filosofi più che accademici, scelgono in favore de male, della frode, della bugia.



CitazioneSi tratta di produrre una profonda rivoluzione della coscienza individuale che comincia in ognuno di noi con la semplice domanda: La mia vita, a chi appartiene? Appartiene a Dio? Quindi è morale solo quello che risponde alla Sua volontà, anche a scapito della mia razionalità? Appartiene alla società? Quindi è morale tutto ciò che promuove il bene sociale, anche se distrugge il bene degli individui? E se la mia vita è veramente mia, che cosa viola la mia libertà di agire in accordo con la razionalità?  
La coscienza che ci farcisce di ansia invece che di serenità.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Garbino

Essere razionale è una scelta?

X Sgiombo. Se ho capito bene mi si contesta la differente potenzialità di base a livello genetico. A mio avviso, ciascun individuo ha un preciso grado di potenzialità genetica che gli viene trasmesso dai genitori. Ed è per questo che ritengo primaria la fortuna di possedere un buon patrimonio genetico. Sul resto sono completamente d' accordo. Infatti, se pur non dilungandomi, la mia intenzione era proprio quella di riferirmi a tutte le variabili a cui si accenna nel post di Sgiombo.

Ciò non toglie che comunque è sempre la fortuna a decidere, o il caso se vogliamo. Sia per quanto riguarda la potenzialità iniziale, sia per quanto riguarda le condizioni ambientali in cui ciascun individuo si viene a trovare dalla sua nascita.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

sgiombo

Citazione di: Garbino il 24 Ottobre 2016, 11:01:52 AM
Essere razionale è una scelta?

X Sgiombo. Se ho capito bene mi si contesta la differente potenzialità di base a livello genetico. A mio avviso, ciascun individuo ha un preciso grado di potenzialità genetica che gli viene trasmesso dai genitori. Ed è per questo che ritengo primaria la fortuna di possedere un buon patrimonio genetico. Sul resto sono completamente d' accordo. Infatti, se pur non dilungandomi, la mia intenzione era proprio quella di riferirmi a tutte le variabili a cui si accenna nel post di Sgiombo.

Ciò non toglie che comunque è sempre la fortuna a decidere, o il caso se vogliamo. Sia per quanto riguarda la potenzialità iniziale, sia per quanto riguarda le condizioni ambientali in cui ciascun individuo si viene a trovare dalla sua nascita.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

CitazioneSono d' accordo, salvo considerare per parte mia (al di fuori di casi decisamente patologici) sostanzialemente irrilevanti i fattori genetici e determinanti quelli ambientali nel differente sviluppo della facoltaà intelletive umane.

cvc

#38
Sgiombo, sul discorso della filosofia come prassi e sulla percezione diretta abbiamo pareri diversi e, come intelligentemente dici, non vale la pena insistere ulteriormente dato che presumibilmente ognuno rimarrebbe comunque sulla propria posizione.
Forse converremo invece che se è vero che è impossibile dimostrare che giustizia e libertà sono valori cosmici (seppure nella premessa che li intendiamo tali per gli esseri con intelligenza simile alla nostra), d'altra parte se ci togliamo questi, che ci resta?


Green, sicuramente Nietzsche ha dato un notevole impulso filologico alla filosofia antica, in un epoca dove lo storicismo spingeva ad interpretare il mondo antico sempre col senno di poi, guardandolo con lenti ad esso posteriori e sistematizzandolo secondo criteri ad esso sconosciuti. Vizio ben radicato pure nei nostri tempi. In particolare la critica contemporanea tende sempre ad ignorare il traumatico passaggio dalla cultura orale a quella scritta, e da alla filosofia antica un'intellettualità (nel senso di una rigorosa organizzazione sistematica del pensiero figlia della scrittura) che spesso non possedeva, laddove la filosofia era più esercizio meditativo-contemplativo che conoscenza  sistematica. Nietzsche ha tentato di riportare in auge il valore dell'oralità, con parole che intendono evocare oltre il senso scritto delle parole.
Il tema del riconoscimento del male insito in ognuno di noi è stato spinto a fondo dal cattolicesimo, dove però si presta a pesanti strumentalizzazioni, come I templari che dovevano uccidere per rimettere I propri peccati, con San Bernardo che li esortava quindi ad uccidere con tranquillità, in buona coscienza. Bene e male sono in continua lotta fra loro, e noi siamo il loro campo di battaglia.

Phil, il problema della verità assoluta sorge quando la filosofia da teoria diventa prassi. Un conto è se vivo con delle convinzioni che considero assolute (magari anche fino a prova contraria) ma non pretendo la stessa cieca devozione dagli altri, vuoi perchè sono tollerante verso il fatto che non la pensino come me, vuoi perchè reputo la diversità un valore. Ma ciò non inficia che io possa intimamente credere a delle verità per me incrollabili. Però se credo che, dato che io la penso così, allora anche gli altri devono pensarla come me, senza nemmeno considerare l'eventualità di un compromesso fra punti di vista diversi, allora nascono I problemi. Il problema non è credere a qualcosa in modo assoluto, il problema è voler estendere tale assoluto sugli altri. La filosofia nasce come conoscenza dell'universale in senso contemplativo, è da Platone in poi che si è pensato di usare la filosofia per comandare.

Le correnti filosofiche nichilistiche e postmoderne non mi hanno mai interessato perchè non vi ho mai intravisto nulla di interessante. Il che può senz'altro essere una mia lacuna. Pur conoscendo poco di questi pensatori, tuttavia, più che un recupero anche attualizzato dei valori pare emerga più una visione solipsista, un individualismo che non mette d'accordo nessuno se non sul fatto che i benefici derivanti dal rispetto dei valori diventa una questione arbitraria e utilitaristica.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

paul11

Citazione di: DrEvol il 24 Ottobre 2016, 06:54:25 AMContraccambio il saluto a Garbino e ben trovato su questo sito. Paul11, Trovo interessanti le tue osservazioni. Mi fanno riflettere su certi punti. Per esempio: E' vero che, come dici tu, l'etica coincide con l'utilitarismo? E mi domando anche se sia vero che l'evoluzione ci ha portato a negare la razionalità etica aristotelica. Secondo me l'etica, intesa come la ricerca del Bene, deriva dallo sforzo razionale di comprendere la natura umana, con i suoi istinti, impulsi, passioni e non "relegarli" ad essere educati. Le passioni o emozioni sono solo segnali naturali che ci dicono cosa ci piace e cosa non ci piace, quali esperienze producono piacere e quali vanno evitate. Le emozioni sono meccanismi di sopravvivenza automatici; la ragione è la capacità di discernere se tali meccanismi ci fanno da saggia guida finale o se, una volta analizzati, possono e devono essere motivi validi di azione oppure ignorati. Si, perché le emozioni ci fanno sentire qualcosa, ma la ragione è l'arbitro finale che determina le nostre azioni (etiche o non). Questa è stata la natura dell'uomo fin dal suo sorgere e non è cambiata di un iota nell'uomo moderno. Il Bene, ovviamente, è il fattore codificatore dell'etica. La razionalità è lo strumento umano che ci permette di sapere cosa intendiamo per Bene. Ed è proprio sul concetto di Bene che gli esseri umani sono tuttora impreparati a trovare quel principio assoluto che coniuga la natura emotiva ego-centrica di ogni individuo con la convivenza, la solidarietà, il mutuo rispetto, la socializzazione e la fratellanza. Qualsiasi forma di convivenza, rispetto, fratellanza si ferma di fronte a qualcuno o qualcosa che minaccia la nostra vita. Le teorie dell'etica sociale tendono a sostituire la società per Dio. Per questo motivo, non c'è sostanziale differenza tra l'etica religiosa e l'etica laica che pervade attualmente. Entrambe sono etiche sociali - non individuali. L'etica sociale si atteggia a voler proteggere e migliorare la vita sulla terra, ma non la vita degli esseri umani in carne ed ossa quali individui, ma la vita di un'astrazione senza corpo e senza esistenza che si chiama società. E' l'etica assurda che vorrebbe poter salvare la società a spese di coloro che la compongono. Si tratta di produrre una profonda rivoluzione della coscienza individuale che comincia in ognuno di noi con la semplice domanda: La mia vita, a chi appartiene? Appartiene a Dio? Quindi è morale solo quello che risponde alla Sua volontà, anche a scapito della mia razionalità? Appartiene alla società? Quindi è morale tutto ciò che promuove il bene sociale, anche se distrugge il bene degli individui? E se la mia vita è veramente mia, che cosa viola la mia libertà di agire in accordo con la razionalità?  

DrEvol,
lo dicevo che è complessa la tematica  e cercherò di approfondire le tre argomentazioni da tre proposte .

Gli istinti che ci arrivano attraverso stimoli e pulsioni, non possono essere bypassati, vale a dire obnulati o repressi.
anche perchè  a loro volta prima che diventi razionalizzazione autocosciente, sono prima sentimento.
Intendo dire che la scelta egoistica o sociale deve ritornare come soddisfazione al sentimento e anche all'istinto, diversamente l'individuo è schizofrenico . Vale a dire che  i sentimenti e pulsioni sono metabolizzati dentro una ragione che a sua volta attraverso la volontà sceglie un comportamento che lo finalizzi comunque alla soddisfazione della propria coscienza.
Non si capirebbe come mai vi siano due percorsi storicamente paralleli,: la soddisfazione del proprio egoismo e la soddisfazione del propria eticità.
Bisogna comunque includere il concetto di tempo nell'autocoscienza e nella razionalità, innegabile anche antropologicamente.
La razionalità umana contempla l'attualizzazione ad un ora e adesso di un tempo passato, presente  e futuro.
Significa che genera aspettative e motivazioni che si traducono nel comportamento dell'ora e adesso.
Ad esempio la rinuncia dal punto di vista economico viene concettualizzata nell'interesse economico sul soddisfacimento di un capitale, che non essendo consumato ai fini di una felicità o soddisfazione attuale genera appunto un interesse.
L'etico invece si pone come rinuncia attuale ad istinto egoico, ma lo fa per trovare una sua felicità nel sociale, familiari, amici, conoscenti, popolo, quindi a sua volta si aspetta che quella rinuncia possa rappresentare a sua volta in uno stato di necessità futura che qualcun altro rinunci per lui. Quindi l' egoista si aspetta un aumento del proprio capitale attuale per mancata soddisfazione attuale, l'etica anch'esso si aspetta che il favore solidale che lega le persone istituisca una concatenazione virtuosa di aiuto da parte di chi può dare in un dato momento. L'orizzonte in cui noi ci comportiamo è ovviamente la nostra esistenza, ma l'eticità va oltre il processo economico dell'immediatezza, va nell'aldilà del credente, nel retaggio culturale educativo del laico in cui l'etica viene codificata nel diritto e nelle personalità giuridiche astratte e quindi formalizzabili razionalmente, come gli enti giuridici e i valori morali.

Il concetto di Bene di nuovo si scontra fra la natura umana "animale"  e il razionalismo della ragione.
Già è difficile ontologicamente stabilire il Bene se non come attribuzione ad una entità superiore come Dio, ma anche perchè
deve essere declinato e relazionato sia nella teoria che nelle prassi comportamentali come punto di riferimento che validifichi o meno il giudizio di Bene e di Male
C'è una sostanziale differenza fra la razionalità teologica e l'etica laica soprattutto della modernità.
La teologia è legata a quel razionalismo aristotelico fino al tomismo e alla scolastica , l'etica moderna è legata alle argomentazioni da Cartesio in poi e le argomentazioni sono prescientifiche e non razionali se le intendiamo in forma aristotelica.
Un esempio chiiaro è Kant che inizia con la critica della ragion pura ,del pensiero per passare alla critica del la ragion pratica, e quindi dalla teoria passa alla prassi e infine la critica del giudizio ; il diritto anglosassone positivo deve molto alle analisi kantiane
Si passa quindi dal razionalismo greco ad un empirismo anglosassone, in cui in mezzo vi è i l diritto romano intriso a sua volta delle astrazioni che gli derivano dal cristianesimo, come il diritto canonico.
L'empirismo etico, se così posso dire, è invece la contrapposizione fra individuo e società da cui nasce una nuova dialettica sociale
Vale a dire il Bene individuale si scontra e media con il Bene sociale,e questo processo è attualissimo.
Quando scrivi: " .... ma non la vita degli esseri umani in carne ed ossa quali individui, m ala vita di un'astrazione senza corpo e senza esistenza che si chiama società". sei arrivato ad una giusta riflessione che è quella che ha permeato tutta la modernità.
Ma quell'astrazione deriva proprio dal razionalismo aristotelico che si poneva al di sopra delle quotidianità umane, in maniera dicotomica .Accade che quella dicotomia nella modernità venga rovesciata, ora è la natura i l mondo per come viene vissuto ed osservato il focus della conoscenza e della teoretica, per cui la prassi ritorna alla teoria come la teoria genera le prassi .
Per cui ora si riflette sull'assurdità che in nome di Dio o di uno Stato si faccia guerra, eliminando vite concrete in nome di un'astrazione.

Non credo all'etica del fardasè indiviidualistico sta generando decadenza.
Bisogna di nuovo ricodificare le etiche che non possono che essere condivise o l'umanità si eliminerà di propria mano.

Duc in altum!

**  scritto da Garbino:
CitazioneCiò non toglie che comunque è sempre la fortuna a decidere, o il caso se vogliamo. Sia per quanto riguarda la potenzialità iniziale, sia per quanto riguarda le condizioni ambientali in cui ciascun individuo si viene a trovare dalla sua nascita.
E' sempre la stessa storia. Come può esserci una scelta, nell'essere razionale, se si crede alla fortuna che di razionale ha solo la personale fiducia?
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

DrEvol

#41
La domanda che ho fatto è un po' infelice avendo usato quel "essere" che conferisce tanta ambiguità nel campo della filosofia, ma non nella semplice grammatica. Avrei dovuto fare il mio quesito così, come lo intendevo: Incrementare la nostra razionalità è una scelta? In questo modo non ci dovrebbe essere confusione sul fatto che l'uomo nasce con la potenzialità (più o meno determinante) di agire razionalmente, ma a seconda della cultura, dell'educazione e dello sforzo volitivo personale, la sua razionalità può  essere incrementata con conseguenze più o meno significative (sempre se l'individuo lo vuole liberamente). Proprio perché agire razionalmente è un fenomeno intrinsecamente volitivo, e non casuale o accidentale, scegliere è un'azione implicita in qualsiasi ragionamento. Pertanto, la nostra razionalità è misurabile da quanto più ci è possibile aderire ai fatti inadulterati della realtà (leggi OBIETTIVITA'). Dobbiamo sempre tener presente che ogni scelta, e quindi ogni ragionamento, è limitato dal suo contesto di conoscenze. Siccome non siamo onniscienti, il limite della nostra razionalità è sempre dato dalla nostra capacità di prendere in considerazione tutti gli aspetti pertinenti che conosciamo per poter deliberare e agire il più razionalmente possibile.

Non posso dilungarmi e commentare i nuovi post arrivati durante la notte, poiché io sono a 7 fusi orari di distanza dall'Italia e devo accudire al mio lavoro. Però ci tengo a fare anche questa breve precisazione a proposito di quello che ha scritto Duc in Altum!

"Sono d'accordo sulle segnalazioni dateci dalle passioni o emozioni, ma la guida finale, la saggezza, non deriva dalla ragione, altrimenti nessuno amerebbe."

Secondo me, l'amore senza il supporto della ragione è un sentimento passeggero, un impulso casuale destinato a svanire nel nulla col passare del tempo. L'amore è indubbiamente il sentimento più ego-centrico tra tutte le passioni, poiché per amore si può morire. Chi o ciò che si ama con tutto il nostro essere diventa più importante della nostra vita ed è quindi ciò che dà significato alla nostra vita. Siccome la vita è il massimo dei valori umani, l'amore per ciò che dà significato alla nostra vita è il sentimento più importante del nostro essere, del nostro ego.  Senza l'oggetto del nostro amore, infatti, il nostro ego perde tutta la sua ragione di esistere. Che cosa giustifica, dunque, il valore, l'intensità, la durata del nostro amore? La ragione, la razionalità, il ragionamento più o meno logico determina se il nostro sentimento deve continuare ad essere alimentato o deve essere riposto come superato.  La stessa procedura si deve anche applicare al concetto di fede, specialmente la fede in un'entità mistica.  

Duc in altum!

**  scritto da DrEvol:
CitazioneSecondo me, l'amore senza il supporto della ragione è un sentimento passeggero, un impulso casuale destinato a svanire nel nulla col passare del tempo.
Infatti, se rileggi, puoi constatare che io parlo di ragione di fede, e mai solo di amore.
Purtroppo, a qualcuno conviene portare avanti la teoria che fede e ragione siano due rette parallele che mai s'incontrano. Mentre per me, più leggo e discuto di filosofia, od osservo la scienza attraverso i documentari della National Geographic, maggiormente consolido la fiducia che Deus cairtas est, ma che E' anche la perfezione della Ragione.

Il problema filosofico e razionale nasce quando ci si dimentica che l'incontro con qualcosa di vero avviene quando l'intuito spicca sul pensiero logico. Ossia, quando l'amore si esprime, apparentemente per gli altri, senza logica (es.- lo spot in cui l'innamorato vestito da coniglio rosa che canta una serenata d'amore, dall'esterno dell'edificio, alla fidanzata mentre è in una riunione di top-manager). Lì non c'è il supporto della ragione in maniera razionale o logica, lì siamo innanzi alla ragione della fede illogica e senza senso dell'amore vero, puro, autentico. Lì l'amore e la ragione sono nemici giurati.( cit. Corneille)
Teoria convalidata dal tuo:
CitazioneChi o ciò che si ama con tutto il nostro essere diventa più importante della nostra vita ed è quindi ciò che dà significato alla nostra vita.

...dove di razionale o ragionevole non c'è niente che valga più della stessa nostra vita, però per amore, per fede nella ragione dell'amore, quindi per fiducia in un sentimento che non è certo al 100% da dove provenga, o perché esista, siamo disposti anche a donare la nostra vita affinché un altro individuo continui a d esistere. Utopia, paradosso, assurdo!! ...però sperimentabile ogni giorno!!


CitazioneChe cosa giustifica, dunque, il valore, l'intensità, la durata del nostro amore? La ragione, la razionalità, il ragionamento più o meno logico determina se il nostro sentimento deve continuare ad essere alimentato o deve essere riposto come superato.
Mi dispiace, ma non sono d'accordo: un amore nato non finisce mai, così come uno che termina non era mai nato (almeno in una delle due persone, parlando di relazioni interpersonali). Quindi, ancora una volta, il fondamento che giustifica il valore, l'intensità e la durata del nostro amore, è un mistero. Però siccome lo sperimentiamo, invece di viverlo appieno, ci facciamo i bip mentali illudendoci di potergli dare una ragione. Mentre la ragione che possiamo (volenti o nolenti) appioppargli, è solo una logica di fede, senza certezze comprovate.
Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso. (Fëdor Dostoevskij)


Pace&Bene
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

sgiombo

Citazione di: cvc il 24 Ottobre 2016, 13:13:10 PM
Sgiombo, sul discorso della filosofia come prassi e sulla percezione diretta abbiamo pareri diversi e, come intelligentemente dici, non vale la pena insistere ulteriormente dato che presumibilmente ognuno rimarrebbe comunque sulla propria posizione.
Forse converremo invece che se è vero che è impossibile dimostrare che giustizia e libertà sono valori cosmici (seppure nella premessa che li intendiamo tali per gli esseri con intelligenza simile alla nostra), d'altra parte se ci togliamo questi, che ci resta?

CitazioneConcordo in pieno!

Anche circa i disaccordi (mi ricorda un po' il paradosso del mentitore ma mi sembra "funzioni logicamente").

A presto!


Phil, il problema della verità assoluta sorge quando la filosofia da teoria diventa prassi. Un conto è se vivo con delle convinzioni che considero assolute (magari anche fino a prova contraria) ma non pretendo la stessa cieca devozione dagli altri, vuoi perchè sono tollerante verso il fatto che non la pensino come me, vuoi perchè reputo la diversità un valore. Ma ciò non inficia che io possa intimamente credere a delle verità per me incrollabili. Però se credo che, dato che io la penso così, allora anche gli altri devono pensarla come me, senza nemmeno considerare l'eventualità di un compromesso fra punti di vista diversi, allora nascono I problemi. Il problema non è credere a qualcosa in modo assoluto, il problema è voler estendere tale assoluto sugli altri. La filosofia nasce come conoscenza dell'universale in senso contemplativo, è da Platone in poi che si è pensato di usare la filosofia per comandare.

Le correnti filosofiche nichilistiche e postmoderne non mi hanno mai interessato perchè non vi ho mai intravisto nulla di interessante. Il che può senz'altro essere una mia lacuna. Pur conoscendo poco di questi pensatori, tuttavia, più che un recupero anche attualizzato dei valori pare emerga più una visione solipsista, un individualismo che non mette d'accordo nessuno se non sul fatto che i benefici derivanti dal rispetto dei valori diventa una questione arbitraria e utilitaristica. 

CitazioneA-ri-concordo: passare da una credenza fortissima, certa "in sede teorica" a una prassi intollerante é possibile (e forse di fatto non infrequente), ma non necessario, non inevitabile.

Fra l' altro esiste anche un' "intolleranza della pretesa tolleranza", come quella di chi pretende (e non tollerando l' opinione opposta alla sua cerca di imporre con provvedimenti legali e decreti, come recentemente a Nizza e altrove) che perché le donne siano libere e 
non oppresse -perchè godano da parte di altri di una "pseudotolleranza"-  debbano per forza togliersi il velo "pseudoislamico" (la mia nonna, nata nel XIX secolo in campagna fra Cremona Brescia, era "cattolicissima" ma lo ha sempre portato da che l' ho conosciuta fino alla morte, nell' anno 1973 d.C.) o il burkini indipendentemente dalla loro propria volontà.

sgiombo

Citazione di: paul11 il 24 Ottobre 2016, 13:52:32 PM
Ad esempio la rinuncia dal punto di vista economico viene concettualizzata nell'interesse economico sul soddisfacimento di un capitale, che non essendo consumato ai fini di una felicità o soddisfazione attuale genera appunto un interesse.
L'etico invece si pone come rinuncia attuale ad istinto egoico, ma lo fa per trovare una sua felicità nel sociale, familiari, amici, conoscenti, popolo, quindi a sua volta si aspetta che quella rinuncia possa rappresentare a sua volta in uno stato di necessità futura che qualcun altro rinunci per lui. Quindi l' egoista si aspetta un aumento del proprio capitale attuale per mancata soddisfazione attuale, l'etica anch'esso si aspetta che il favore solidale che lega le persone istituisca una concatenazione virtuosa di aiuto da parte di chi può dare in un dato momento. L'orizzonte in cui noi ci comportiamo è ovviamente la nostra esistenza, ma l'eticità va oltre il processo economico dell'immediatezza, va nell'aldilà del credente, nel retaggio culturale educativo del laico in cui l'etica viene codificata nel diritto e nelle personalità giuridiche astratte e quindi formalizzabili razionalmente, come gli enti giuridici e i valori morali.
CitazioneMa esiste anche una generosità "spinta" (spirito di abnegazione) che dona senza aspettarsi necessariamente di essere ricambiata, addirittura in qualche misura, entro certi limiti, pur essendo ricambiata con grettezza e meschinità.
Qualche volta -molto raramente!- ho provato a praticarla e mi ha dato una soddisfazione interiore immensa.

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