Essere razionale è una scelta?

Aperto da DrEvol, 21 Ottobre 2016, 04:16:00 AM

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DrEvol

Aristotele definì l'essere umano come un animale razionale; non perché ogni persona è ed agisce automaticamente razionalmente, ma perché ogni persona ha la potenzialità di scegliere di agire come qualsiasi altro animale o di elevarsi al disopra dell'animale ed agire razionalmente.  E' dunque una scelta che comporta sforzo voler veramente appartenere alla specie homo sapiens o lo siamo automaticamente fin dalla nascita?

maral

Ben ritrovato carissimo.

L'intendere l' uomo come (potenziale) essere razionale, ossia come soggetto del logos (del discorso che razionalmente mira a istituire una verità condivisa) è il grande motivo che segna la nascita della filosofia in contrapposizione al mito, alla volontà irrazionale di credere. E il logos si afferma come negazione della contraddizione. Su questo pilastro si erge tutto il pensiero occidentale, dalla metafisica alla scienza con tutte le meraviglie di conoscenza che ha saputo produrre, e su questo pilastro (principio fermissimo) viene a morire e viene a morire quando si esige che tutto abiti la razionalità e nulla di reale possa ad essa sfuggire, che tutto sia logos, esprimibile secondo misura, analisi oggettiva e calcolo, poiché proprio in tali termini totalizzanti, il pensiero razionale, se onestamente condotto, se non vuole porsi a sua volta come mito, come una sorta di superstizione onto-teo-logica, non può non vedere la propria contraddizione che sta nel pretendersi totalità.
E dunque credo che se vogliamo essere coerentemente razionali è necessario saper accettare il limite (la parzialità) della razionalità e, alla luce di questo limite, intenderla come una costante apertura, un costante superamento delle proprie posizioni che non possono, per quanto ovvie possano sembrare, essere mai definitive. Il rifiuto di ciò che appare ovvio, quindi esente da interpretazione e dibattito, è ciò che il razionale deve saper costantemente rifiutare, razionalmente.
Per questo l'uomo non nasce razionale né lo diventa realmente mai. La razionalità umana non è uno stato, ma un percorso continuo in cui nulla resta esente dal dubbio e ogni soluzione è solo inevitabilmente provvisoria, sempre aperta alla sua re interpretazione senza porsi mai come insormontabile de-finizione su cui non si possa mai ulteriormente dire e ridire. 

sgiombo

Citazione di: maral il 21 Ottobre 2016, 10:50:58 AM
Ben ritrovato carissimo.

L'intendere l' uomo come (potenziale) essere razionale, ossia come soggetto del logos (del discorso che razionalmente mira a istituire una verità condivisa) è il grande motivo che segna la nascita della filosofia in contrapposizione al mito, alla volontà irrazionale di credere. E il logos si afferma come negazione della contraddizione. Su questo pilastro si erge tutto il pensiero occidentale, dalla metafisica alla scienza con tutte le meraviglie di conoscenza che ha saputo produrre, e su questo pilastro (principio fermissimo) viene a morire e viene a morire quando si esige che tutto abiti la razionalità e nulla di reale possa ad essa sfuggire, che tutto sia logos, esprimibile secondo misura, analisi oggettiva e calcolo, poiché proprio in tali termini totalizzanti, il pensiero razionale, se onestamente condotto, se non vuole porsi a sua volta come mito, come una sorta di superstizione onto-teo-logica, non può non vedere la propria contraddizione che sta nel pretendersi totalità.
E dunque credo che se vogliamo essere coerentemente razionali è necessario saper accettare il limite (la parzialità) della razionalità e, alla luce di questo limite, intenderla come una costante apertura, un costante superamento delle proprie posizioni che non possono, per quanto ovvie possano sembrare, essere mai definitive. Il rifiuto di ciò che appare ovvio, quindi esente da interpretazione e dibattito, è ciò che il razionale deve saper costantemente rifiutare, razionalmente.
Per questo l'uomo non nasce razionale né lo diventa realmente mai. La razionalità umana non è uno stato, ma un percorso continuo in cui nulla resta esente dal dubbio e ogni soluzione è solo inevitabilmente provvisoria, sempre aperta alla sua re interpretazione senza porsi mai come insormontabile de-finizione su cui non si possa mai ulteriormente dire e ridire.
CitazioneConcordo pienamente!

(Chi se lo sarebbe mai aspettato?).

Da parte mia aggiungerei che la scelta di seguire la ragione (del razionalismo), precedendo (e determinando) il razionalismo, é irrazionalistica: si é razionalisti (se lo si é) irrazionalisticamente, per una decisione irrazionale (non razionalmente fondata).
Ed esserne consapevoli (essere consapevoli dei limiti intrinseci del razionalismo) significa essere più conseguentemente razionalisti che ignorarlo (-).


Sariputra

Seguire la ragione è definire i limiti della stessa. La conoscenza che si ferma ai limiti dell'inconoscibile è la più alta.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

cvc

#4
Ciò che è cambiato nei tempi è lo scopo della razionalità. Secondo la filosofia classica ed ellenista, la razionalità (Eraclito e gli stoici arrivarono persino ad identificare la ragione con Dio) era la strada per raggiungere la tranquillità dell'anima, cioè per raggiungere la condizione, se non divina, simildivina del saggio, colui che ha realizzato alla perfezione la ragione. Dice infatti Seneca che l'unica differenza fra il saggio e Dio è la durata della propria esistenza, ma poichè la condizione di assoluta pace dell'animo è identificata nella perfezione, la perfezione per definizione non ha bisogno di altro, quindi nemmeno dell'estensione della propria esistenza. Questa concezione di razionalità, ovviamente diversificata in base alle interpretazioni della vita e del mondo a seconda delle differenti filosofie, è comunque pressochè una costante delle filosofie antiche. Tutte, pur nelle loro dispute, erano convergenti sulla necessità di coltivare la virtù (la realizzazione della ragione perfetta), di trovare la pace interiore. Ma se ci soffermiamo su ciò che essi intendevano per virtù, cioè la realizzazione perfetta della ragione, troviamo che Platone e gli stoici, oltre ai cristiani di ispirazione plotiniana ambrosiana, identificarono questa perfezione nelle quattro virtù cardinali: saggezza, giustizia, coraggio, temperanza. Ora, pensando a ciò che intendiamo per razionale ai tempi nostri, con cosa identifichiamo la ragione perfetta? Non forse con la tecnologia? Allora una volta la via della ragione era quella che doveva condurre alla pace dell'anima; ora invece conduce alla costruzioni di apparati tecnologici che puntano a sostituire sempre più uomo. Hawking profetizza un domani in cui gli androidi ridurranno l'uomo in schiavitù.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

sgiombo

Citazione di: cvc il 21 Ottobre 2016, 12:15:23 PM
Allora una volta la via della ragione era quella che doveva condurre alla pace dell'anima; ora invece conduce alla costruzioni di apparati tecnologici che puntano a sostituire sempre più uomo. Hawking profetizza un domani in cui gli androidi ridurranno l'uomo in schiavitù.
Citazioneinvece per parte mia profetizzo l' estinzione "prematura e di sua propria mano" dell' umanità (oltre che, sempre per mano umana, di moltissime altre specie viventi, cosa già in atto; e strettamente correlata) a causa dell' irrazionalità degli assetti sociali vigenti (e a meno che si verifichi il caso -ipotizzabile attraverso uno sforzo estremo di ottimismo della volontà- che non vengano superati per tempo); essi infatti impongono inevitabilmente la concorrenza fra unità produttive (imprese private) reciprocamente indipendenti, determinando la crescita tendenzialmente illimitata della produzione di beni direttamente o più o meno indirettamente materiali (merci) in un ambiente dalle risorse materiali e dalla capacità di metabolizzare gli effetti dannosi delle produzioni stesse e dei rispettivi consumi realisticamente (e non fantascientificamente o secondo l' ideologia scientistica) limitate.

cvc

Citazione di: sgiombo il 21 Ottobre 2016, 16:09:25 PM
Citazione di: cvc il 21 Ottobre 2016, 12:15:23 PM
Allora una volta la via della ragione era quella che doveva condurre alla pace dell'anima; ora invece conduce alla costruzioni di apparati tecnologici che puntano a sostituire sempre più uomo. Hawking profetizza un domani in cui gli androidi ridurranno l'uomo in schiavitù.
Citazioneinvece per parte mia profetizzo l' estinzione "prematura e di sua propria mano" dell' umanità (oltre che, sempre per mano umana, di moltissime altre specie viventi, cosa già in atto; e strettamente correlata) a causa dell' irrazionalità degli assetti sociali vigenti (e a meno che si verifichi il caso -ipotizzabile attraverso uno sforzo estremo di ottimismo della volontà- che non vengano superati per tempo); essi infatti impongono inevitabilmente la concorrenza fra unità produttive (imprese private) reciprocamente indipendenti, determinando la crescita tendenzialmente illimitata della produzione di beni direttamente o più o meno indirettamente materiali (merci) in un ambiente dalle risorse materiali e dalla capacità di metabolizzare gli effetti dannosi delle produzioni stesse e dei rispettivi consumi realisticamente (e non fantascientificamente o secondo l' ideologia scientistica) limitate.
Ma anche l'irrazionalità degli assetti sociali vigenti si potrebbe considerare una conseguenza del delegare alla tecnologia da parte dell'uomo. Poiché in qualsiasi contesto la quantità di informazioni e variabili è tale da poter essere gestita solo con l'ausilio di algoritmi, quindi la ragione umana ne esce sclerotizzata. La crescente quantità di informazioni che siamo costretti a gestire quotidianamente è una conseguenza dell'informatica come paradigma della nostra vita. Dobbiamo somigliare ai computer, perché sono più efficienti dell'uomo. I computer sono stupidi ma velici, quindi possono gestire enormi quantità di dati simultaneamente. Lo stesso si pretende sempre più anche dall'uomo, ridotto ad imitazione mal riuscita della macchina. L'efficienza domina, la creatività riposa in pace.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

green demetr

Ovviamente dipende sempre cosa si intende per razionalità.

Aristotele mal lo digerisco, il suo concettò di razionalità nè più nè meno che Platone, suo maestro, si associa al concetto di Bene, nel senso proprio che coincide.
Se dunque la ragione è il LOGOS, ovviamente non sarei d'accordo. Non perchè il LOGOS non esista, ma perchè esso appare come Dinamismo Continuo, e non come nella teoria, di origine orfica , dei 2 maestri da una duplice natura della Idea (o natura o realtà che sia, dipende a che scuola ci riferiamo).
Per cui la RATIO è veramente la DIVISIONE tra ciò che è bene e ciò che è male.
Ma appunto bene e male sono solo convenzioni etc....etc.....(vedi i 3d su Nietzche).

Se invece intendiamo ragione come intelletto allora non è una scelta, in quanto l'uomo nasce simbolico per natura, l'uomo nasce insieme al linguaggio insomma. Come d'altronde è evidente nella psicologia evolutiva o dinamica che sia, o come è ovvio osservando un bambino.
Dunque intellige, mette subito in relazione il proprio corpo con l'esterno.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

DrEvol

CitazionePer questo l'uomo non nasce razionale né lo diventa realmente mai. La razionalità umana non è uno stato, ma un percorso continuo in cui nulla resta esente dal dubbio e ogni soluzione è solo inevitabilmente provvisoria, sempre aperta alla sua re interpretazione senza porsi mai come insormontabile de-finizione su cui non si possa mai ulteriormente dire e ridire.  
Ciao Maral. E' sempre un piacere leggere i tuoi commenti.

Allora, se per razionalità umana s'intende la scoperta e la correzione delle proprie contraddizioni, non dobbiamo pensare ad essa come un valore essenziale da coltivare sia in occidente che in oriente? Sappiamo tutti che la scienza e la tecnologia non sono risposte capaci di eliminare le nostre ansie esistenziali, perché sono prodotti parziali della razionalità. Ma quello che l'uomo ha saputo fare con la ragione nel campo del progresso scientifico non ha saputo applicare alla sua capacità di vivere eticamente (almeno se si considera gran parte degli individui che compongono l'umanità),  Qual è, mi chiedo io, il rapporto tra razionalità ed etica?  In che modo la razionalità può aiutare le persone (l'umanità) a distinguere il bene dal male, il giusto dall'ingiusto, il morale dall'immorale? Oppure stiamo accettando l'idea che il bene, il giusto e il morale non sono de-fini-bili, e quindi sia la razionalità che l'etica diventano cose superflue?

DrEvol

Aristotele vedeva chiaramente che non esiste etica senza razionalità e che non esiste felicità senza etica. Questa correlazione tra razionalità, etica e felicità era valida ai suoi tempi (anche se i contenuti erano diversi da quelli di oggi), ma il principio non è più valido oggigiorno?

sgiombo

#10
Citazione di: cvc il 21 Ottobre 2016, 16:24:55 PM
Citazione di: sgiombo il 21 Ottobre 2016, 16:09:25 PM
Citazione di: cvc il 21 Ottobre 2016, 12:15:23 PM
Allora una volta la via della ragione era quella che doveva condurre alla pace dell'anima; ora invece conduce alla costruzioni di apparati tecnologici che puntano a sostituire sempre più uomo. Hawking profetizza un domani in cui gli androidi ridurranno l'uomo in schiavitù.
Citazioneinvece per parte mia profetizzo l' estinzione "prematura e di sua propria mano" dell' umanità (oltre che, sempre per mano umana, di moltissime altre specie viventi, cosa già in atto; e strettamente correlata) a causa dell' irrazionalità degli assetti sociali vigenti (e a meno che si verifichi il caso -ipotizzabile attraverso uno sforzo estremo di ottimismo della volontà- che non vengano superati per tempo); essi infatti impongono inevitabilmente la concorrenza fra unità produttive (imprese private) reciprocamente indipendenti, determinando la crescita tendenzialmente illimitata della produzione di beni direttamente o più o meno indirettamente materiali (merci) in un ambiente dalle risorse materiali e dalla capacità di metabolizzare gli effetti dannosi delle produzioni stesse e dei rispettivi consumi realisticamente (e non fantascientificamente o secondo l' ideologia scientistica) limitate.
Ma anche l'irrazionalità degli assetti sociali vigenti si potrebbe considerare una conseguenza del delegare alla tecnologia da parte dell'uomo. Poiché in qualsiasi contesto la quantità di informazioni e variabili è tale da poter essere gestita solo con l'ausilio di algoritmi, quindi la ragione umana ne esce sclerotizzata. La crescente quantità di informazioni che siamo costretti a gestire quotidianamente è una conseguenza dell'informatica come paradigma della nostra vita. Dobbiamo somigliare ai computer, perché sono più efficienti dell'uomo. I computer sono stupidi ma velici, quindi possono gestire enormi quantità di dati simultaneamente. Lo stesso si pretende sempre più anche dall'uomo, ridotto ad imitazione mal riuscita della macchina. L'efficienza domina, la creatività riposa in pace.
CitazioneNon credo sia necessario assomigliare ai computer.
Credo piuttosto che un razionalismo conseguente dovrebbe imporre un "principio prudenza" nell' azione individuale e collettiva, tanto più fortemente quanto più aumenta il potere tecnologico di intervenire (nel bene e nel male, costruttivamente e distruttivamente) sulla natura e quanto più le nostre azioni hanno conseguenze (volute e non volute) estese all' umanità o addirittura al mondo in cui viviamo (ci vuole più prudenza a guidare una Ferrari che un ciclomotore e più a portare un autobus pieno di persone che a viaggiare da soli o a portare merci).
La velocità non necessariamente sempre e comunque é una buona cosa.
In molti importanti casi é una cattiva o addirittura pessima cosa.

sgiombo

Citazione di: DrEvol il 21 Ottobre 2016, 16:42:19 PM
CitazionePer questo l'uomo non nasce razionale né lo diventa realmente mai. La razionalità umana non è uno stato, ma un percorso continuo in cui nulla resta esente dal dubbio e ogni soluzione è solo inevitabilmente provvisoria, sempre aperta alla sua re interpretazione senza porsi mai come insormontabile de-finizione su cui non si possa mai ulteriormente dire e ridire.  
Ciao Maral. E' sempre un piacere leggere i tuoi commenti.

Allora, se per razionalità umana s'intende la scoperta e la correzione delle proprie contraddizioni, non dobbiamo pensare ad essa come un valore essenziale da coltivare sia in occidente che in oriente? Sappiamo tutti che la scienza e la tecnologia non sono risposte capaci di eliminare le nostre ansie esistenziali, perché sono prodotti parziali della razionalità. Ma quello che l'uomo ha saputo fare con la ragione nel campo del progresso scientifico non ha saputo applicare alla sua capacità di vivere eticamente (almeno se si considera gran parte degli individui che compongono l'umanità),  Qual è, mi chiedo io, il rapporto tra razionalità ed etica?  In che modo la razionalità può aiutare le persone (l'umanità) a distinguere il bene dal male, il giusto dall'ingiusto, il morale dall'immorale? Oppure stiamo accettando l'idea che il bene, il giusto e il morale non sono de-fini-bili, e quindi sia la razionalità che l'etica diventano cose superflue?

CitazioneSecondo me i valori etici si "avvertono" irrazionalmente dentro di sé, non sono dimostrabili (anche se li ritengo in parte di fatto universalmente presenti nell' uomo in conseguenza dell' evoluzione biologica, in parte condizionati variabilmente nel tempo e nello spazio dai diversi contesti sociali e "microsociali").

La razionalità può e secondo me deve aiutare ad applicarli quanto meglio possibile nei diversi contesti.

Per esempio può aiutare, molto meglio che "intuizioni irrazionali" o acritiche adesioni a testi più o meno sacri o comunque aurtorevoli, per quanto non senza difficoltà, ad applicare il principio "non uccidere" (uomini; e se possibile altri senzienti) alla contraccezione e alla interruzione della gravidanza (...facile a dirsi peserà più d' uno; difficile, certo! Ma pur sempre molto meglio che scegliere irrazionalmente).

DrEvol

Penso che l'etica deve essere appresa e per apprendarla è necessario fare uno sforzo razionale di logica. Per esempio, non è possibile essere giusti se manchiamo di obiettività; e per essere brutalmente obiettivi dobbiamo essere liberi il più possibile dagli istinti, dalle emozioni, dai condizionamenti e dalle nostre tradizioni culturali preferite - dai nostri pregiudizi. Questa libertà comincia quando cominciamo a riconoscere le nostre parzialità e le nostre preferenze emotive, che sono intellettualmente infondate. Pertanto, non significa che dobbiamo essere roboticamente senza emozioni (privarci dei nostri valori emotivi), ma riconoscere in noi come i nostri attaccamenti sono fattori che vanno considerati nel nostro tentativo di essere obiettivi.  Il bambino non nasce etico. Il suo senso di giustizia è imbevuto nel colore dell'acqua sociale in cui nasce immerso. Starà in lui decidere se liberarsene o accomodarsi e sguazzare nella sua cultura senza mai chiedersi se l'educazione che ha ricevuto è razionale o irrazionale.

green demetr

Citazione di: DrEvol il 21 Ottobre 2016, 16:47:44 PM
Aristotele vedeva chiaramente che non esiste etica senza razionalità e che non esiste felicità senza etica. Questa correlazione tra razionalità, etica e felicità era valida ai suoi tempi (anche se i contenuti erano diversi da quelli di oggi), ma il principio non è più valido oggigiorno?

A me non pare che fosse valida al suo tempo, era valida nella testa dei filosofi, e delle loro ambizioni politche.
Ma Socrate e Platone E Aristotele hanno fatto una brutta fine politica, mi pare.

Non abbiamo nulla da imparare da chi nasconde il suo filofare dietro una chiara pretesa pedagogica, questo è quello che ho sempre pensato.

Il principio razionale dell'etica è oggi completamente da re-imparare, e se non si parte da Nietzche e dal suo background nei moralisti francesi come Montaigne o La Rochefoucauld, non si va da nessuna parte.

prendiamo ad esempio questa massima di a Rochefoucauld

8. Le passioni sono gli unici oratori che persuadano sempre. Esse sono come un'arte della natura dalle regole infallibili: il più semplice degli uomini animato dalla passione riesce più persuasivo del, più eloquente che ne sia sprovvisto.

In tempi di controllo della massa, di mass-mediazione, sono argomentazioni ancora assai valide.

D'altronde dopo il grande crollo delle ideologie, e sulle macerie di esso, grandi filosofi ebrei come Anders o Levinas, hanno focalizzato la questione con il problema della comunità, del comunitarismo come rapporto con l'Altro.

Quando noi ci relazioniamo agli altri la razionalità è un semplice strumento al servizio delle passioni.

Dunque l'attenzione etica si deve spostare dal contrattualismo alla comprensione reciproca e dei nostri demoni interiori.

Visto l'arduo impegno che richiede, e di cui Nietzche ha cominciato a mettere i mattoni, mi sembra nel panorama odierno (povero, poverissimo) di poter ravvisare un primo step, in coloro che studiano un nuovo modello antropologico per l'uomo.
(dai De Martino allievo di Sini, sino a gruppi come Tiqqun segnalato anche da Agamben).


Tutta questa digressione per ridimensionare la questione del razionale. (appunto ridimensionare non rinunciare, rimane un ottimo strumento, ma non la soluzione alias)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

DrEvol

Citazione8. Le passioni sono gli unici oratori che persuadano sempre. Esse sono come un'arte della natura dalle regole infallibili: il più semplice degli uomini animato dalla passione riesce più persuasivo del, più eloquente che ne sia sprovvisto.
Può darsi che a volte le passioni siano oratori persuasivi.  Ma dipende. Se una persona parla appassionatamente di ciò in cui crede egli può essere contagioso e suscitare passione in altri. Ma se uno guarda un dibattito poltico può osservare che chi ulra e sbraita al punto di soffocare la parola al suo avversario, non è sempre più persuasivo di chi, quando ha la possibilità di parlare, si esprime pacatamente, e offre idee e ragionamenti che fanno pensare  a come si potrebbe risolvere un conflitto di idee. 

Ma la persuasività non è comunque sinonimo di giustizia. Come si può fare giustizia con emozioni, se queste non sono sostenute da una buona dose di logica? Le emozioni da sole dicono esclusivamente quello che noi crediamo e vogliamo che sia - non dicono se ciò che vogliamo sia giusto o sbagliato, vero o falso.  Le emozioni, per natura, sono tutte basate sul desiderio.  L'etica si basa sulla ricerca del bene, del vero e del giusto. L'etica non ha la funzione di persuadere a credere nel proprio bene soggettivo, nella propria verità soggettiva o nella propria giustizia soggettiva.  L'etica deve essere oggettiva o non è etica.

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