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Essere o non essere

Aperto da InVerno, 04 Settembre 2017, 08:46:35 AM

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Carlo Pierini

Citazione di: paul11 il 07 Settembre 2017, 00:12:27 AMè strano che Carlo P. non capisca .......e mi spiego.
Se l'archetipo è l'eco originario che si mostra, ma subito si nasconde per fare apparire il simbolo, ,quell'archetipo è il movimento dell'essere. Puoi fare il movimento dialettico a discendere utilizzando i sillogismi nel movimento astratto a discendere dal più altro livello a quello più basso.Quando il simbolo diventa segno nella storia e nella forma del mito il livello man mano discende fino alla concretezza della realtà fisica da cui riparte il movimento dinamico sillogistico induttivo.
I due movimenti a scendere (deduttivo) dall'astratto al concreto, dall'Uno (o essere) al molteplice dei particolari deve collegare razionalmente da una parte la forma linguistica nella correttezza azionale  e con sè porta le sostanze del mondo sensibile, la fisicità delle cose del mondo .I nostri concetti sono l'incontro fra la forma e la sostanza, fra il linguaggio  e la realtà sensibile percettiva. ciò che ci "convince" o "non ci convince" sono la riflessione del pensiero che inserisce un concetto nel doppio movimento del conoscere.Il processo è dialettico quanto la complementarietà, come la dualità, perchè è la sintesi che diventa concetto fra l'analisi della relazione astratto e concreto.Se noi lasciamo solo l'astratto o il concreto, il pensiero si blocca all'"in sè e per sè" come fosse un semplice inventario di idee e pensieri come di cose e fatti del mondo che non producono significati e senso e allora non comprendiamo quel pensiero o quella cosa fisica o fenomeno, perchè non è contemplato, nel senso di relazionato "catturato" dentro il processo razionale della costruzione concettuale.

Scusa Paul11, ma faccio molta fatica a capirti. ...E alla fine dello sforzo non ho capito cos'è che dovrei capire.   :)  Prova a partire da ciò che sostengo io e poi contrapponi la tua critica, altrimenti ...no entiendo!

paul11

#46
Il metafisico o il relativo hanno poco senso come separazione filosofica, perchè la ver arazionalità unisce nel pensiero delle forme le sostanze, tende ad unire l'Essere come concetto astratto ed eterno e il divenire.

A mio parere personale tu hai capito bene l'archetipo attraverso Jung ( in forza del tuo vissuto, de ltu osogno), che è "un residuo arcaico", l'origine".Quello che hai compiuto dopo il tuo sogno, è capire se era solo un sogno a sè "in sè e per sè" ,oppure fosse relazionato a qualcosa.Hai studiato e hai capito che l'archetipo è l'origine che si manifesta nel simbolo e appartiene tout court a tutta la'umanità.
A mio parere questo è vero.

Il procedimento mentale del pensiero che dal tuo sogno ha costruito delle relazioni razionali ha proceduto per sillogismi,
Quest'ultimo si applica nel movimento sia deduttivo che induttivo.
Quando ad esempio dall'archè, dall'origine, dall'Uno ,da Dio noi "scendiamo" dai livelli astratti del pensiero(che sono più livelli) fino alle cose fisiche materiali che troviamo nell'esistenza, non facciamo altro che continuare a confrontare  il pensiero astratto e il fenomeno materiale.
Il movimento induttivo è rovesciato rispetto a quello deduttivo, si muove dal particolare del mondo fisico dell'esistenza e sale fino al principio "unico" all'archè, ecc.  Quindi dalle semplici percezioni sensoriali dentro il dominio del sensibile, passa al dominio dell'astratto e questo è possible grazie a l linguaggio e alle regole sintattiche e semantiche (questo è il motivo per cui ritengo identità, terzo escluso, principio di non contraddizione, per dire solo delle regole aristoteliche della predicazione, regole della forma relazionale e non sostanza del pensiero).

Il linguaggio ha questa straordinaria prerogativa, di collegare il percepito sensoriale dentro la forma del pensiero e a sua volta il pensiero di potersi "ri-pensare" e in quanto tale di elevare il pensiero a più livelli di "astrazione".

La problematicità che emerge in molte discussioni, è che ciò che percepiamo è comune e quindi facilmente comunicabile e confrontabile. Se parliamo di un sasso, saranno sfumature a non trovarci d'accordo.
Ma se parliamo di Dio, dell'archetipo ,di metafisica, quì il livello del pensiero è diventato astratto rispetto al sasso e quindi iniziano i problemi di "dimostrazione", "giustificazione" che non possono essere scienza fisica/percettiva sensoriale, del vedere con gli occhi,
ma del vedere con il pensiero, con l'anima.

Quindi sono pienamente d'accordo con Phil che il procedimento razionale si muove a doppio movimento dall'uno al molteplice e dal molteplice all'uno e sono complementari, aggiungo io. Quanto più c isi allontana dal dominio fisico naturale e il pensiero si astrae e tanto più il livello di astrazione superiore deve essere relazionato ai livelli inferiori

Altro aspetto ancora è la relazione fra domini.
Quando Carlo, dici che "il principio di complementarietà" ancora ti sfugge nella fisica, è perchè cerchi di  dimostrare che questo principio è "universale". Un "assoluto" è un principio universale che relaziona forma e sostanza ,ma ancora relaziona i domini diversi ,Il linguaggio non è il mattone, ma il cemento la malta che tiene insieme i mattoni.

Quindi ciò che esprime Korzybski è la manifestazione linguistica, non è il mattone.
Se lui tratta il termine "essere" come semplice verbo ausiliario e sappiamo che i logici ne fanno problematicità fra la forma copulativa, fra il "nominativo", fra i l"predicativo" ,fra il"genitivo", ecc., porta il pensiero nel dominio della relazione linguistica, della semplice parola, perdendo il segno relazionato  al significato, il simbolo.

green demetr

Citazione di: Carlo Pierini il 06 Settembre 2017, 13:00:02 PM
Citazione di: green demetr il 06 Settembre 2017, 11:27:18 AM
Dunque non esistono mappe che aderiscono al territorio, perchè il territorio è quello che viene deciso dalla mappa.

Ogni affermazione sulla realtà è una mappa. E questa tua affermazione-mappa: <<non esistono mappe che aderiscono al territorio>>) aderisce al territorio? Oppure hai arbitrariamente deciso tu qual è il territorio?
Tutte le mappe sono arbitrarie, tranne la tua?
Non sono domande retoriche; gradirei una risposta logica.

;D  Guarda che quella è la posizione del PNL non la mia! per me esistono mappe ed esiste il territorio, ci mancherebbe!  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Phil il 06 Settembre 2017, 17:25:36 PM
@green demetr
Abbozzo risposte sintetiche, ma su ognuna si potrebbe fare una tesi di laurea  ;D

Citazione di: green demetr il 06 Settembre 2017, 11:27:18 AM
Epperò siamo così sicuri che l'interazione tra i diversi livelli sia così tranquilla?
Veramente ogni livello della tabella accetta tranquillamente quello precedente?
Nessuna tranquillità: ogni livello aggiunge complessità, possibili errori (logici o contenutistici) e deve rendere conto sempre di più fattori sottostanti... il livello sottostante sollecità il sovrastante, ponendo questioni che il sovrastante deve tentare di risolvere senza schiacciare il sottostante e senza sostituirsi ad esso... se l'architettura teoretica non è solida, si può arrivare al punto in cui tutto va distrutto e si deve ricominciare dal piano terra (ma possono anche essere calamità esterne a far crollare il palazzo  ;) ).
Chiaramente, il punto critico (in tutti i sensi) è proprio il passaggio da un livello all'altro.

Citazione di: green demetr il 06 Settembre 2017, 11:27:18 AM
La tabella si legge dal basso vero l'alto o viceversa?
Dal basso "testuale" (meta-discorso) verso l'alto della prima riga ("mondo fisico") per controllare la fondatezza e la coerenza dell'ingegneria metodologica; dall'alto verso il basso, per controllare la comunicazione fra i piani e la completezza. Per verificarla nel suo complesso, invece... bisogna fare su e giù con l'ascensore! ;D

Citazione di: green demetr il 06 Settembre 2017, 11:27:18 AM
E sopratutto dove sta il soggetto? a quale livello?
Il soggetto è trasversale, o meglio, è la colonna portante che attraversa e raccorda tutti i livelli: dal mondo fisico (da non sottovalutare, come ci spiega la linguistica cognitiva) a quello più meta-concettuale interpretativo.


Concordo assolutamente con la prospettiva che hai indicato.
Anzi mi complimento per la succinta ma intensa descrizione che ne hai fatto.


Anche nella mia prospettiva il meta-discorso sta all'inizio della tabella.
Rimane aperto il mio Topic sulla necessità di una non gerarchia, in effetti la soluzione che ne davo, e cioè che bastava rispettarne l'assunto, non torna a livello logico, per via di un paradosso che non conoscevo, che spezza anche la logica dei Vero - Falso.
A questo punto direi proprio che la logica salta.

Rimane dunque sempre e solo il soggetto che si fa carico di tutti i piani della tabella.
Forse hai esagerato, perché sennò salta la distinzione mappa-territorio.

In effetti è un cruccio dei nostri tempi la questione gnoseologica e la questione percettiva.

Da bravo Hegeliano mi sembra una gran perdita di tempo comunque. Percepisco dunque conosco, per dirla in breve.

Mi sembra che il soggetto non possa fare altro, anche volendo non può sostituirsi al territorio (fisica quantistica etc.).

Diversa cosa per le mappe, là veramente è in atto una guerra, che coinvolge il potere invisibile come dice Sini, ossia le tendenze storiche.
Ossia la mappa della Doxa sostituisce le mappe singole, in una inversione della questione antica della Verità.
La verità non soggiace alla onticità della cosa, ma al suo uso (e consumo).

Questo proprio perchè la Doxa è il meta-discorso, che indirizza e segnala l'intera tabella, sociale.

E' solo a questo punto che si apre il discorso ideologico o utopico.
Quello ideologico completamente schiavo della Doxa e quello utopico sovrastato dal fantasma di controllo mimetico della stessa ideologia.
Perciò ha ragione Fusaro a parlare di pensiero unico.

Dove a questo punto risiede la libertà di essere o non essere?
Anzitutto andrebbe rifondata la parola libertà sulla scorta del meta-discorso.
La libertà non è la naturalità della scelta fra bene e male come insegna Nietzche.
E' invece un discorso che si impegna nella costruzione di un soggetto che tende a esplorare la potenza del Pensiero.
Uno sperimentare le possibilità relazionali, al netto del peso della Storia (e del suo DIO).
Possibilità relazionali, culturali, scientifiche, in realtà c'è molto di più.
La liberazione è quindi e concordo con te, nel fare attenzione a rispettare la mappature e ancor di più le mappature altrui.

Cosa difficile, per chi come me sente al collo lo spirito ansante della scienza, l'ultimo genita del mostro cristiano. (colpa-espiazione-salvezza).
Sopratutto perchè l'espiazione è l'estinzione del Pensiero.

Giusto per aggiungere qualcosa alla famosa tesi di laurea  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

cit Paul

Altro aspetto ancora è la relazione fra domini.
Quando Carlo, dici che "il principio di complementarietà" ancora ti sfugge nella fisica, è perchè cerchi di  dimostrare che questo principio è "universale". Un "assoluto" è un principio universale che relaziona forma e sostanza ,ma ancora relaziona i domini diversi ,Il linguaggio non è il mattone, ma il cemento la malta che tiene insieme i mattoni.


Ciao Paul, scusa se mi intrometto, ma questo periodo non l'ho capito io  :P

Premesso che devo leggere ancora il topic di Carlo sulla complementarità fisica.
Premesso che anch'io sono d'accordo che L'Archetipo ha funzione dall'alto verso il basso.
E che il basso è il lavoro che ritorna all'alto, che ri-funziona verso il basso etc..
E infine premesso che a mio parere è questione psichica extra-soggettiva, e non fisica.
Ma accettando che esista questa unione fisico-spirituale.

ORa La domanda (che rispetto alle premesse forse è un pò secca, ma testimonia solo che per il resto ti ho seguito, e concordo in linea generale).  ;)

La assolutezza è dunque un principio: ma NON ho capito se è un principio FISICO o come presumo visto lo svolgimento è un principio LINGUISTICO?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: maral il 06 Settembre 2017, 16:15:31 PM
Citazione di: Apeiron il 05 Settembre 2017, 09:18:23 AM
Ci sono mappe inaccurate e mappe accurate. Ci sono mappe che dicono che Roma è al Polo Nord e mappe che dicono che Roma è nel Lazio. Chiaramente le prime sono completamente errate, le seconde invece riescono a farmi arrivare a destinazione.
A patto che ci sia una mappa che dica dove è il Polo Nord e dove è il Lazio e non è detto poi che a sua volta questa mappa sia giusta e ci vorrebbe quindi un'altra mappa ... (con conseguente regressione all'infinito).
C'è sicuramente un problema linguistico, un problema che nasce da un'illusione di identità tra la cosa e il nome della cosa che in realtà non la denota, ma si limita sempre fondamentalmente a connotarla, perché, come già ebbi a dire a Sgiombo, se c'è il nome la cosa non c'è, il nome originariamente evoca una presenza nell'assenza e le mappe (ogni mappa, anche quella che sto abbozzando con queste parole) evocano il territorio nell'assenza del territorio. Le parole non sono etichette frutto di mere convenzioni e questo equivale a dire che ogni discorso sul territorio  (anche questo discorso) evoca la realtà attraverso la verità del suo dire che, per quanto preciso ed esatto, è sempre sfalsato rispetto alla realtà che tenta di dire, proprio perché la è venuta a dire.
Non c'è alcuna mappa che restituisca il territorio (giustamente, Inverno si riferisce a un diverso ordine, che non è però a mio avviso solo un ordine di categorie linguistiche, ma un  vero e proprio ordine ontologico, poiché anche le mappe fanno parte del territorio, ne sono il risultato, non sono convenzioni se rappresentano qualcosa), ma ci sono mappe più vere e mappe meno vere nei contesti che rendono possibile il venire a farsi presente di ciò che non c'è, la cosa che non ha nome. Ci sono quindi discorsi che evocano e discorsi che falliscono l'evocazione, ma non in virtù di una loro capacità intrinseca, ma piuttosto relazionale in virtù della quale l'evocazione a volte può accadere che riesca e, quando riesce, la mappa attraverso la quale è riuscita è diventata inutile, è superata, proprio perché ha funzionato essa si è compiuta.
Questo non significa naufragare perennemente in una sorta di relativismo assoluto (contraddittorio proprio in termini relativi), ma mantenersi nell'ambito ben diverso di un prospettivismo e di un'ermeneutica che riconosce e accetta i limiti insuperabili di ogni prospettiva affinché qualcosa (senza sapere di cosa si tratta, se non quando è accaduta) può essere detta con verità, in prospettiva di un poter tornare a essere di ciò che, con le parole che lo nominano, si chiama e si richiama a venire a manifestarsi.

Certamente.

Manca però forse il discorso a partire dal quale il prospettivismo non deve sfociare nel relativismo.
Ossia l'attenzione al territorio.

Certamente la mappa fa parte degli enti, ma il territorio cosa sarebbe in un mondo di enti che rimandano gli uni agli altri?

E' un problema che detesto, me l'ha fatto tornare un mente Angelo nel suo Topic quando parla della insensatezza dell'a-priori.

Ha fatto bene ad aprirlo a parte, ma in qualche maniera, effettivamente ritorna in questo topic.

Il territorio non è forse l'a-priori?

Senza a-priori, regnerebbe un relativismo totale, a quel punto non si riuscirebbero a tenere le redini razionali di qualsiasi prospettivismo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Carlo Pierini

Citazione di: Sariputra il 06 Settembre 2017, 23:39:11 PM
Siccome desideriamo distruggere ogni gioia e ogni bene...forse sarebbe più giusto dire che odiamo in cuor nostro l'Incanto, allora diamo inizio ad un altro incanto, quello distruttore, devastatore di ogni gioia: la Conoscenza, la distruzione dell'incanto cosmico. Proprio così, contro all'appena intravista gioia di esistere, di essere ( anche se di un'esistenza che non sarà mai un essere, però sempre affascinata e attratta dalla "volontà d'essere"), contro questa si para insidioso il serpe della Conoscenza, del tradimento dell'incanto.

Non hai mai pensato che ciò che distrugge l'Incanto non sia la Conoscenza, ma una conoscenza primitiva, grossolana, distorta o inadeguata?
Per quale ragione la facoltà del conoscere - che è un dono, al pari della facoltà di amare - dovrebbe distruggere l'Incanto?
Non ti sembra strano che, nel mito cristiano, "il serpe della conoscenza" si trovi proprio nel centro del Paradiso terrestre, cioè, nel centro di ciò che il mito universale sempre identifica simbolicamente come la dimora terrena del Divino?
...E come dovremmo intendere il concetto di "Sapientia Dèi"? Come la "distruzione divina dell'Incanto"?
E' un grosso limite guardare alla spiritualità con gli occhi di una sola tradizione, e buttare a mare tutte le altre.  La Fonte dell'Illuminazione è una per tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro razza e cultura.

paul11

Citazione di: green demetr il 07 Settembre 2017, 10:43:16 AM
cit Paul

Altro aspetto ancora è la relazione fra domini.
Quando Carlo, dici che "il principio di complementarietà" ancora ti sfugge nella fisica, è perchè cerchi di  dimostrare che questo principio è "universale". Un "assoluto" è un principio universale che relaziona forma e sostanza ,ma ancora relaziona i domini diversi ,Il linguaggio non è il mattone, ma il cemento la malta che tiene insieme i mattoni.


Ciao Paul, scusa se mi intrometto, ma questo periodo non l'ho capito io  :P

Premesso che devo leggere ancora il topic di Carlo sulla complementarità fisica.
Premesso che anch'io sono d'accordo che L'Archetipo ha funzione dall'alto verso il basso.
E che il basso è il lavoro che ritorna all'alto, che ri-funziona verso il basso etc..
E infine premesso che a mio parere è questione psichica extra-soggettiva, e non fisica.
Ma accettando che esista questa unione fisico-spirituale.

ORa La domanda (che rispetto alle premesse forse è un pò secca, ma testimonia solo che per il resto ti ho seguito, e concordo in linea generale).  ;)

La assolutezza è dunque un principio: ma NON ho capito se è un principio FISICO o come presumo visto lo svolgimento è un principio LINGUISTICO?
E' un principio cosiddetto metafisico, è il livello più alto dell'astrazione e presuppone per forza che l'uomo abbia "un apriori", poichè diversamente ,nulla potremmo dire nè del pensiero e di tutto ciò che ne comporta: dalla matematica alle regole logiche.
vale a dire, non possiamo negare ciò che altrettanto si mostra evidente  quanto un sasso fisicamente , la capacità linguistica umana la capacità di pensiero.

Un conto è dire: stiamo attenti a come costruiamo l'idea di Dio", di "uno", di"essere", e l'altro conto è "pensare di non pensare" che quindi è lo stesso pensiero che costruisce relazioni fra il concreto(il mondo fenomenico) e l'astratto(il pensiero che "cattura" il fenomeno e lo organizza mentalmente e razionalmente)

Carlo Pierini

#53
Citazione di: paul11 il 07 Settembre 2017, 09:29:51 AM
La problematicità che emerge in molte discussioni, è che ciò che percepiamo è comune e quindi facilmente comunicabile e confrontabile. Se parliamo di un sasso, saranno sfumature a non trovarci d'accordo.
Ma se parliamo di Dio, dell'archetipo ,di metafisica, quì il livello del pensiero è diventato astratto rispetto al sasso e quindi iniziano i problemi di "dimostrazione", "giustificazione" che non possono essere scienza fisica/percettiva sensoriale, del vedere con gli occhi,
ma del vedere con il pensiero, con l'anima.

Questi problemi sono superabili se ci atteniamo alle osservazioni che hanno portato gli studiosi alla formulazione della teoria degli archetipi. Per Jung, Eliade, Alleau, ecc., l'esistenza degli archetipi non è un postulato (come lo sono i postulati di Euclide sulla geometria) sulle cui basi costruire la teoria omonima, ma è l'esatto contrario: la teoria è una conclusione logicamente necessaria, cioè una sintesi che si impone dall'osservazione analitica e metodica di due ordini complementari di fenomeni: psicologici-individuali e simbolici-collettivi. Quindi il problema di cui parli non nasce dal fatto che gli oggetti fisici sono oggettivi mentre i pensieri sono soggettivi, ma dalla difficoltà di trasformare dei fenomeni soggettivi in oggetti del pensiero. E dico "difficoltà", non "impossibilità", perché gli archetipi, pur essendo degli inosservabili, pur appartenendo ad una fenomenologia squisitamente soggettiva, possono essere oggettivizzati, come abbiamo visto, dalle loro innumerevoli espressioni simboliche presenti nel passato e nel presente della tradizione umana.

PAUL11
Quindi sono pienamente d'accordo con Phil che il procedimento razionale si muove a doppio movimento dall'uno al molteplice e dal molteplice all'uno e sono complementari, aggiungo io. Quanto più ci si allontana dal dominio fisico naturale e il pensiero si astrae e tanto più il livello di astrazione superiore deve essere relazionato ai livelli inferiori

CARLO
Il problema è che che Phil vede solo realtà oggettiva e pensiero e quindi concepisce ogni possibile astrazione come il frutto di questa sola dialettica, ignorando quel "terzo regno" a cui alludeva Frege, il regno degli archetipi, cioè il regno dell'astrazione massima e ultima, che esiste in sé e che non è il prodotto dell'elucubrazione del pensiero, ma al contrario, è il pensiero che, nelle sue astrazioni più adeguate ed efficaci è il prodotto del suddetto "terzo regno".
Torniamo cioè, alla necessità di una trinità ontologica verticale "oggetto-soggetto-archetipo", cioè, "materia-mente-Dio", altrimenti, ogni discussione sulla conoscenza sarà mutilata e inconcludente.


PAUL11
Altro aspetto ancora è la relazione fra domini.
Quando Carlo, dici che "il principio di complementarietà" ancora ti sfugge nella fisica, è perchè cerchi di  dimostrare che questo principio è "universale". Un "assoluto" è un principio universale che relaziona forma e sostanza ,ma ancora relaziona i domini diversi.

CARLO
Un principio universale è l'archetipo massimo, l'astrazione ultima, il modello originario di tutte le cose.  E' trinitario proprio perché è principio di relazione tra archetipi, principio di relazione tra idee umane e principio di relazione tra enti fisici. Ma è Uno perché è unica la forma metafisica per tutti e tre i livelli: la forma della Complementarità degli opposti  Ecco, a me manca di dimostrare quest'ultimo aspetto, quello fisico.

PAUL11
Il linguaggio non è il mattone, ma il cemento la malta che tiene insieme i mattoni.
Quindi ciò che esprime Korzybski è la manifestazione linguistica, non è il mattone.
Se lui tratta il termine "essere" come semplice verbo ausiliario e sappiamo che i logici ne fanno problematicità fra la forma copulativa, fra il "nominativo", fra i l"predicativo" ,fra il"genitivo", ecc., porta il pensiero nel dominio della relazione linguistica, della semplice parola, perdendo il segno relazionato  al significato, il simbolo.

CARLO
Questo non l'ho capito. Se Korzybski vuole eliminare l'essere, può cominciare a farlo eliminandolo dai suoi scritti e mostrarci come tutto diventi molto più comprensibile. Quando lo farà prenderò in considerazione  la sua teoria, altrimenti la considero solo come una delle tante inutili eccentricità intellettuali buone solo a vendere libri ai relativisti che amano il ...decostruzionismo.




L'angolo musicale:
G. KUZMINAC: Ehi, ci stai?
https://youtu.be/_OFTCjZlMUo

MARCELLOS FERIAL: Cuando calienta el sol
https://youtu.be/6iy3i-3DFXw

paul11

#54
Carlo P.,
premetto che quello che pensi non è così tanto distante  da come la penso io.

Certo che il problema è fra i domini, fra ciò che fu denominato empirico e metafisico.
Ciò che inizialmente fu scienza era metafisica ,il metodo razionale passò dal dominio metafisco a quello empirico con l'umanesimo e divenne scienza moderna. Così si è diamettralmente spostato il concetto di verità, che inizialmente era nel "soprasensibile", oggi è più sul "sensibile".

L'errore di coloro che pensano di non essere metafisici, è di utilizzare le forme e le figure della metafisica anche inconsapevolemente nel mondo dell'esistenza, della fisicità.
L'errore del metafisico è non relazionare i domini della natura e del pensiero.

Come tu saprai Jung arriva all'archetipo per osservazione dell sue analisi su pazienti.
Trovò che i simboli espressi dai sogni di alcuni suoi pazienti non corrispondevano al dominio della esperienza del loro  vissuto, quindi erano come degli "apriori" psichici atavici, arcaici e fortemente originari , ma soprattutto comuni ad ogni umano e lo scoprì vedendo la coincidenza dei simboli sognati dai pazienti, con i simboli arcaici, atavici, ancestrali delle culture  originarie antiche.

L'archetipo junghiano si può criticare dal punto di vista interpretativo che lui stesso dà sulle culture storiche, ma non sul fatto che esista.
Ed è quì la sua forza razionale, è innegabile l'evidenza, così come il sole appare ogni giorno ad Est.
Chi nega ciò si pone nello scetticismo ingenuo, di chi vive e non sa se respira, di chi nega anche ciò che lui stesso fa, come il pensare. quindi vive la sua stessa contraddizione negando ciò che il suo stesso pensiero nega.
Ricapitolando ,la forza del pensiero dell'archetipo junghiano poggia sul fatto che i simboli sognati non appartenevano al dominio dell'esperienza, del divenire ,del vissuto, ma erano "prima", erano premessa stessa della conoscenza, vale adire un sapere trasmesso prima ancora di conoscere. Ed è per questo che Jung ne rimane "ammaliato" come te, c'è qualcosa di abissale e profondo nell'uomo che appartiene ad un origine. Solo dopo Jung collegherà quei simboli alle culture antiche  e alla modernità.

Il problema è quindi su cosa poggia l'astrazione, su quale esperienza, vissuto, cultura, simboli, segni.
E' qui che sta la dimostrazione, che non è più "percettiva fisica", ma è ormai divenuta mentale ed è quì che comporta il ragionamento logico, che non è contrapposizione di cose, ad esempio di Dio o di un sasso, ma di come si arriva a pensare Dio, di come si arriva a pensare all'archetipo, di come a sua volta l'archetipo viene recepito dalle culture.E' il ragionamento che deve "filare".

Tu contrapponi figure metafisiche,ontologiche  ma se non mostri come il tuo ragionamento vi è arrivato, rischi di contrapporti in continuazione  e smetti di comunicare. Il tuo ,a mio modesto parere, è un errore comunicativo di metodo prima ancora che di contenuto.

Ad esempio "l'Uno", il principio fra unità e molteplicità.
Metaforicamente io immagino che il piano della nostra conoscenza sia come il serpente che si avvolge al bastone nel caduceo: dal livello più basso del sensibile si passa via via ai livelli sempre più astratti fino all'unità originaria e di nuovo si verifica il proprio ragionamento dall' unità alla molteplicità.
Personalmente ritengo che debba essere "sostenibile"razionalmente  il processo che relaziona l'Essere all'Esistenza, perchè ad un certo punto dei livelli il pensiero si astrae completamente ed è proprio quì che nasce il problema fra il metafisico e la cultura contemporanea.
Si esce dalle prassi ,dalle pragmatiche e si entra nella pura teoretica e se quest'ultima non risponde alle istanze che l'esistenza gli pone rischia di essere avulsa, sterile .

Non entrare " a gamba tesa" su tutto  ciò che non è contemplato dalla nostre personali menti , non arroghiamoci mai un diritto di verità che sta sopra le teste dei nostri simili. L'ascolto, anche sforzarci di capire autori diversi da come la pensiamo ,possono nascondere a lor volta verità inaspettate, qualcosa per cui valga la pena riflettere .Il dialogo è in sè dialettica .
Korzybski dice anche cose interessanti fra cui quella di non "ingessare" il pensiero, costruire rigidità linguistiche può a sua volta influire sulla rigidità di come noi pensiamo  e osserviamo il mondo.

Sariputra

Citazione di: Carlo Pierini il 07 Settembre 2017, 12:02:02 PMNon hai mai pensato che ciò che distrugge l'Incanto non sia la Conoscenza, ma una conoscenza primitiva, grossolana, distorta o inadeguata? Per quale ragione la facoltà del conoscere - che è un dono, al pari della facoltà di amare - dovrebbe distruggere l'Incanto? Non ti sembra strano che, nel mito cristiano, "il serpe della conoscenza" si trovi proprio nel centro del Paradiso terrestre, cioè, nel centro di ciò che il mito universale sempreidentifica simbolicamente come la dimora terrena del Divino? ...E come dovremmo intendere il concetto di "Sapientia Dèi"? Come la "distruzione divina dell'Incanto"? E' un grosso limite guardare alla spiritualità con gli occhi di una sola tradizione, e buttare a mare tutte le altre. La Fonte dell'Illuminazione è una per tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro razza e cultura.

Ti ringrazio per il commento
Vorrei tranquillizzarti sul fatto che , di solito, non butto a mare nessuna tradizione. Anzi, proprio in questi giorni mi sto rileggendo "Il dramma è Dio" di D.M.Turoldo, telogo, filosofo e poeta che apprezzo molto e che mi fornisce sempre stimoli di riflessione. Il fatto di non condividere alcune posizioni di fede non mi impedisce certo di apprezzare le persone che dimostrano intelligenza , cultura e umanità.
E' di gran lunga preferibile l'amicizia o la lettura di un cristiano intelligente a quella di un buddhista stupido ( e purtroppo la quasi totalità del Western Buddhism rientra in questa categoria...).  :)
Nella visione biblica della Genesi la conoscenza distrugge l'incanto perché allontana da Dio. Prima di mangiare dell'albero, Dio passeggiava nel giardino dell'uomo. Trovo molto importante , e assai scarsamente evidenziato, questo fatto, questa amicizia che porta Dio e l'uomo a passeggiare insieme, e proprio questo "stare insieme con Dio" è l'Incanto. Dopo aver mangiato, l'uomo si nasconde. E' la separazione, il tradimento dell'amicizia e infatti Dio chiede:" Perché ti nascondi?". La conoscenza ci porta alla separazione e al nascondimento, all'opposizione e al rifiuto di questa amicizia, che viveva nella totale nudità dell'essere. Infatti conoscere è separare, distinguere. 
Cosa fa il serpente nel giardino? E' necessario alla libertà del'uomo...
Se Dio ha creato l'uomo libero non può privarlo della possibilità di fare il male, altrimenti non sarebbe veramente libero. La radice del male sta in un certo uso di questa libertà. Chi determina la libertà? A determinare la libertà non può essere Dio: se lo facesse non saremmo più liberi. E, di fatto, non lo fa, essendo lui stesso libertà. Proprio della libertà è determinare se stessa, diversamente non sarebbe più libertà. In un altro modo, secondo la visione biblica, non sarebbe stato un uomo. Non sarebbe stato una coscienza capace di scegliere e di decidere di se stessa.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Carlo Pierini

#56
Citazione di: paul11 il 07 Settembre 2017, 14:52:53 PM
Carlo P.,
premetto che quello che pensi non è così tanto distante  da come la penso io.

Certo che il problema è fra i domini, fra ciò che fu denominato empirico e metafisico.
Ciò che inizialmente fu scienza era metafisica ,il metodo razionale passò dal dominio metafisco a quello empirico con l'umanesimo e divenne scienza moderna. Così si è diamettralmente spostato il concetto di verità, che inizialmente era nel "soprasensibile", oggi è più sul "sensibile".

L'errore di coloro che pensano di non essere metafisici, è di utilizzare le forme e le figure della metafisica anche inconsapevolemente nel mondo dell'esistenza, della fisicità.
L'errore del metafisico è non relazionare i domini della natura e del pensiero.

Come tu saprai Jung arriva all'archetipo per osservazione dell sue analisi su pazienti.
Trovò che i simboli espressi dai sogni di alcuni suoi pazienti non corrispondevano al dominio della esperienza del loro  vissuto, quindi erano come degli "apriori" psichici atavici, arcaici e fortemente originari , ma soprattutto comuni ad ogni umano e lo scoprì vedendo la coincidenza dei simboli sognati dai pazienti, con i simboli arcaici, atavici, ancestrali delle culture  originarie antiche.

L'archetipo junghiano si può criticare dal punto di vista interpretativo che lui stesso dà sulle culture storiche, ma non sul fatto che esista.
Ed è quì la sua forza razionale, è innegabile l'evidenza, così come il sole appare ogni giorno ad Est.
Chi nega ciò si pone nello scetticismo ingenuo, di chi vive e non sa se respira, di chi nega anche ciò che lui stesso fa, come il pensare. quindi vive la sua stessa contraddizione negando ciò che il suo stesso pensiero nega.
Ricapitolando, la forza del pensiero dell'archetipo junghiano poggia sul fatto che i simboli sognati non appartenevano al dominio dell'esperienza, del divenire ,del vissuto, ma erano "prima", erano premessa stessa della conoscenza, vale adire un sapere trasmesso prima ancora di conoscere. Ed è per questo che Jung ne rimane "ammaliato" come te, c'è qualcosa di abissale e profondo nell'uomo che appartiene ad un origine. Solo dopo Jung collegherà quei simboli alle culture antiche  e alla modernità.

Ineccepibile! Hai sintetizzato il pensiero di Jung e il concetto di archetipo meglio di quanto avrei potuto fare io.  :)

PAUL11
Il problema è quindi su cosa poggia l'astrazione, su quale esperienza, vissuto, cultura, simboli, segni.
E' qui che sta la dimostrazione, che non è più "percettiva fisica", ma è ormai divenuta mentale ed è quì che comporta il ragionamento logico, che non è contrapposizione di cose, ad esempio di Dio o di un sasso, ma di come si arriva a pensare Dio, di come si arriva a pensare all'archetipo, di come a sua volta l'archetipo viene recepito dalle culture. E' il ragionamento che deve "filare".

Tu contrapponi figure metafisiche,ontologiche  ma se non mostri come il tuo ragionamento vi è arrivato, rischi di contrapporti in continuazione  e smetti di comunicare. Il tuo, a mio modesto parere, è un errore comunicativo di metodo prima ancora che di contenuto.

CARLO

Beh, questo è il punto più complicato di tutti. E' come se un incallito "geocentrista tolemaico" mi chiedesse di mostrare qual'è, in dettaglio, il ragionamento che ha portato all'idea eliocentrica. Io non potrei fare altro che invitarlo a leggere l'Astronomia nova di Keplero e poi i Principia Mathematica di Newton; perché è impossibile riassumere in mezza pagina in modo convincente l'enorme mole di osservazioni che dimostrano la validità dell'eliocentrismo al di là di ogni ragionevole dubbio. Per la teoria degli archetipi vale lo stesso identico discorso: chi vuole le prove della validità delle conclusioni dei vari Jung-Eliade-Guénon-Evola-ecc., deve andare a studiare e a riflettere sull'enorme mole di dati che convergono verso il loro paradigma. Io stesso, da ateo qual ero, per convincermene ho passato almeno quattro intensissimi anni su quelle letture-riflessioni. 
Quello che invece si può fare in un NG l'ho fatto e lo sto tutt'ora facendo: raccontare le mie esperienze e mostrare che esse possono essere correttamente spiegate solo ed esclusivamente nel quadro del paradigma junghiano. Poi, se a qualcuno interessa capire come stanno realmente le cose, può approfondire per proprio conto l'argomento, approfittando anche delle continue mie citazioni dei molti studiosi che si occupano di questo tema.
Ma, dopo una frequentazione ventennale di Forum di discussione, seppure sporadica, ormai mi sono reso conto che, tranne poche eccezioni, non è la passione per la conoscenza che motiva queste discussioni, ma soprattutto il bisogno di esibirsi. Ricordo che quando, cinque o sei anni dopo l'inizio della mia ricerca, avevo raccolto un sufficiente numero di indizi "forti" sulla valenza universale della Complementarità, pensai che se l'avessi comunicato a qualche circolo di filosofi, sarei stato accolto con grande interesse e magari avrei trovato anche qualcuno disposto ad affiancarmi e a darmi una mano, visto che si tratta di una argomento di portata colossale e che perciò supera di gran lunga le possibilità di una sola persona. Ma, con grande stupore, dopo poche settimane di commenti derisori e spesso insultanti nei confronti di ciò che scrivevo, mi resi conto della condizione di degrado e di scetticismo in cui è caduta la filosofia moderna, impegnata ormai quasi esclusivamente a distruggere sé stessa e qualsiasi conquista della conoscenza. E così decisi che avrei comunicato comunque le mie scoperte e le idee nuove che a mano a mano venivano formandosi, ma solo come provocazione, come sfida, e quindi come palestra per perfezionarle di fronte agli attacchi frontali che mi venivano da ogni parte. E così è stato. E chissà che non mi sia stata più di aiuto la critica feroce di tanti anni, piuttosto che una eventuale accoglienza calorosa.

PAUL11
Ad esempio "l'Uno", il principio fra unità e molteplicità.
Metaforicamente io immagino che il piano della nostra conoscenza sia come il serpente che si avvolge al bastone nel caduceo: dal livello più basso del sensibile si passa via via ai livelli sempre più astratti fino all'unità originaria e di nuovo si verifica il proprio ragionamento dall' unità alla molteplicità.
Personalmente ritengo che debba essere "sostenibile"razionalmente  il processo che relaziona l'Essere all'Esistenza, perchè ad un certo punto dei livelli il pensiero si astrae completamente ed è proprio quì che nasce il problema fra il metafisico e la cultura contemporanea.
Si esce dalle prassi ,dalle pragmatiche e si entra nella pura teoretica e se quest'ultima non risponde alle istanze che l'esistenza gli pone rischia di essere avulsa, sterile .

CARLO

E' proprio così! Le regole del principio le ho desunte dall'osservazione dei fatti e dagli squilibri dialettici che si generano ogni volta che queste regole vengono violate. Ma poi, molti altri casi si risolvono, invece, applicando ad essi il Principio, cioè, sdoppiandoli nelle loro componenti "duali" che non sempre sono immediatamente "visibili" e poi mettendo a confronto le opposizioni seguendo le regole del Principio (deduzione/induzione).


L'angolo musicale:
LOUIS PRIMA: I'm just a gigolo
https://youtu.be/MMpXdCkvKZA

ROBERT JOHN: The lion sleeps tonight
https://youtu.be/tg2P4Ojot-Q

Carlo Pierini

Citazione di: Sariputra il 07 Settembre 2017, 16:46:28 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Settembre 2017, 12:02:02 PMNon hai mai pensato che ciò che distrugge l'Incanto non sia la Conoscenza, ma una conoscenza primitiva, grossolana, distorta o inadeguata? Per quale ragione la facoltà del conoscere - che è un dono, al pari della facoltà di amare - dovrebbe distruggere l'Incanto? Non ti sembra strano che, nel mito cristiano, "il serpe della conoscenza" si trovi proprio nel centro del Paradiso terrestre, cioè, nel centro di ciò che il mito universale sempreidentifica simbolicamente come la dimora terrena del Divino? ...E come dovremmo intendere il concetto di "Sapientia Dèi"? Come la "distruzione divina dell'Incanto"? E' un grosso limite guardare alla spiritualità con gli occhi di una sola tradizione, e buttare a mare tutte le altre. La Fonte dell'Illuminazione è una per tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro razza e cultura.

Ti ringrazio per il commento
Vorrei tranquillizzarti sul fatto che , di solito, non butto a mare nessuna tradizione. Anzi, proprio in questi giorni mi sto rileggendo "Il dramma è Dio" di D.M.Turoldo, telogo, filosofo e poeta che apprezzo molto e che mi fornisce sempre stimoli di riflessione. Il fatto di non condividere alcune posizioni di fede non mi impedisce certo di apprezzare le persone che dimostrano intelligenza , cultura e umanità.

...David Maria Turoldo... di Bergamo...! Io l'ho conosciuto di persona ben 40 fa; era amico di famiglia della mia fidanzata di allora. Grande personalità. Ha ancora la sua brava impostazione da partigiano?  :)


SARIPUTRA
E' di gran lunga preferibile l'amicizia o la lettura di un cristiano intelligente a quella di un buddhista stupido ( e purtroppo la quasi totalità del Western Buddhism rientra in questa categoria...).  :)
Nella visione biblica della Genesi la conoscenza distrugge l'incanto perché allontana da Dio. Prima di mangiare dell'albero, Dio passeggiava nel giardino dell'uomo. Trovo molto importante , e assai scarsamente evidenziato, questo fatto, questa amicizia che porta Dio e l'uomo a passeggiare insieme, e proprio questo "stare insieme con Dio" è l'Incanto. Dopo aver mangiato, l'uomo si nasconde. E' la separazione, il tradimento dell'amicizia e infatti Dio chiede:" Perché ti nascondi?". La conoscenza ci porta alla separazione e al nascondimento, all'opposizione e al rifiuto di questa amicizia, che viveva nella totale nudità dell'essere. Infatti conoscere è separare, distinguere.
Cosa fa il serpente nel giardino? E' necessario alla libertà del'uomo...
Se Dio ha creato l'uomo libero non può privarlo della possibilità di fare il male, altrimenti non sarebbe veramente libero. La radice del male sta in un certo uso di questa libertà. Chi determina la libertà? A determinare la libertà non può essere Dio: se lo facesse non saremmo più liberi. E, di fatto, non lo fa, essendo lui stesso libertà. Proprio della libertà è determinare se stessa, diversamente non sarebbe più libertà. In un altro modo, secondo la visione biblica, non sarebbe stato un uomo. Non sarebbe stato una coscienza capace di scegliere e di decidere di se stessa.

CARLO
Che la scienza abbia allontanato l'uomo da Dio è sotto gli occhi di tutti. Ma è proprio per questo che ti chiedevo: <<Non hai mai pensato che ciò che distrugge l'Incanto non sia la Conoscenza, ma una conoscenza primitiva, grossolana, distorta o inadeguata?>>. L'hai letto il mio topic "Il Principio e il mito biblico dell'Eden"? (nella sezione "Tematiche spirituali"). Prova a leggerlo e, se ti va, fammi sapere cosa ne pensi.

Angelo Cannata

Citazione di: InVerno il 04 Settembre 2017, 08:46:35 AM"la mappa non è il territorio"
Mi sembra che si potrebbe fare anche un accostamento a Platone: la mappa è il mondo delle idee, il territorio è il mondo materiale. Sulla base del criticare la separazione tra materia e idee in Platone, si può osservare che non è neanche possibile distinguere in maniera netta mappe da territori.

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 07 Settembre 2017, 22:40:26 PM

...David Maria Turoldo... di Bergamo...! Io l'ho conosciuto di persona ben 40 fa; era amico di famiglia della mia fidanzata di allora. Grande personalità. Ha ancora la sua brava impostazione da partigiano?  :)

CitazioneL' ho conosciuto (purtroppo non di persona) e lo apprezzo anch' io.
Purtroppo é morto da un bel po' di anni.

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