Essere o non essere: questo è il problema!

Aperto da Eutidemo, 11 Ottobre 2024, 19:49:53 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Eutidemo

Amleto, in realtà, almeno per come io l'ho interpretato in questo mio seguente breve vidoclip teatrale, interpreta tale problema sotto il profilo del "suicidio", ovvero dell'opportunità di "restare in vita" o meno; e poi, nel dubbio, conclude che, prudentemente, conviene restare in via, "For in that sleep of death what dreams may come, when we have shuffled off this mortal coil, must give us pause: there's the respect. That makes calamity of so long life!" ("Poichè quali sogni potrebbero sopravvenirci in quel sonno della morte, allorché noi decidessimo di recidere il filo della nostra vita, dovrebbe farci riflettere.  Ecco ciò che ci trattiene, e che  che rende la sventura del vivere così lunga!")
***
Poi, però, ferito mortalmente, sembra aver finalmente risolto il suo "amletico dubbio"; ed infatti, le sue ultime parole prima di morire, sono: ""The rest is silence" ("Il resto è silenzio").
E, cioè, che, dopo la morte, non solo non ci tormenterà più la "realtà della veglia", ma neanche quella dei "sogni"!
***
Scopriremo presto se Amleto avesse ragione o meno!
***
.
***
Sotto il profilo "semantico" e "filosofico" invece, il verbo "essere" (e "non essere") viene utilizzato in modi molto diversi,  i quali, talvolta confusi tra di loro, costituiscono fonte di equivoci a a non finire.
***
Ad esempio "essere"  può stare per:
a)
"Essere reale", non copulativo e senza predicativo, per esprimere il fatto che un qualcosa o un qualcuno "esiste realmente"; ad esempio, "cogito ergo sum", cioè "penso dunque sono", cioè "esisto"!
b)
"Essere predicativo", per esprimere una proprietà o una caratteristica di un certo "soggetto" o "oggetto".
Ad esempio:
- Belen è b(u)ona.
- il salame è salato.
- "la cicoria è amara.
***
La copula "è", in questo secondo caso, descrive l'appartenenza insiemistica ovvero l'inclusione; e, generalmente, non crea problemi ermeneutici.
***
Nel primo caso, invece, "è", può creare dei "corto circuiti" di carattere più "semantico" che "logico" e "filosofico".
***
Ed infatti, ad esempio:
- se diciamo che "nulla è", allora ciò potrebbe voler dire che "è", poichè ne stiamo appunto predicando verbalmente l'"essere";
- se diciamo, invece, che "nulla non è ", allora vuol dire che il "nulla" non "è", perchè ne neghiamo l'"essere", e che, quindi, "tutto è reale";
- infine, se diciamo che "nulla è nulla", ciò potrebbe dire  che "c'è sempre qualcosa che è".
***
Ma lascio tali disquisizioni ai "sofisti", senza approfondire l'eventuale "fallacia" di certe affermazioni, in quanto, il termine "nulla" è molto ambiguo (poichè, appunto, non significa niente); credo invece nel termine "essere", poichè è il minimo comun denominatore di tutte le cose e gli individui che esistono, me compreso.
***

Discussioni simili (5)