"L’essere è, e il non essere non è"

Aperto da Eutidemo, 02 Marzo 2020, 16:08:23 PM

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Eutidemo

Ciao Paul
Non c'è dubbio alcuno che Eraclito sia molto di più del solo "filosofo del divenire"; il suo è un pensiero molto più complesso ed articolato, sebbene non sempre molto chiaro.

***
Berkeley era indubbiamente un empirista, anche se spinto all'estremo; ed infatti non c'è dubbio alcuno che tutto ciò che noi "sperimentiamo" <<direttamente>> , è soltanto "mentale".
Il resto, in effetti, è solo una "presunzione"; più o meno fondata a seconda delle varie filosofie.
Però è vero che Hume soprattutto e  poi Locke sono più famosi di lui.

***
Non c'è dubbio alcuno che Darwin sia stato strumentalizzato ideologicamente, come anche io spesso sostengo ; ma questo non inficia minimamente la validità del fondamento primario della sua teoria (se opportunamente aggiornato).
Secondo me, invece, la storia di Adamo ed Eva ha un elevato valore allegorico, anagogico e didascalico, ma è del tutto priva di fondamento biologico, paleontologico e filogenetico.

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"Curare la psiche" significa,  per esempio, cercare di guarire dalla sua fissazione un ragioniere che è convinto di essere un cavallo; però, in effetti, a tal fine penso anche io che sia molto più efficace la "psichiatria" che non la "psicanalisi".
Non essendomi mai rivolto ad uno psicanalista, peraltro, non saprei dire se si tratta di un metodo realmente efficace; mi baso solo su quel poco che ho letto al riguardo, che non è molto concorde nei giudizi.
Per cui mi astengo dal formularne dei miei!

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Comunque, a parte l'ipotesi dei ragionieri convinti di essere dei cavalli, e quella -molto più frequente-, dei somari convinti di essere dei ragionieri, sono d'accordo con te che è molto difficile stabilire quale sia la "normalità psichica" di una persona.
Storicamente, in effetti, è una cosa che a Stalin riuscì molto più facilmente che a Freud; sebbene pare che il tipo di terapia non risultasse molto piacevole per i presunti "malati".

***
Come ti ho detto, io sono uno "spirito libero", per cui preferisco essere "imbecille di mio", piuttosto che per suggerimento, costrizione o induzione altrui; o, magari, adeguandomi ad ideologie e/o religioni che pretendono rispettabilità solo grazie alla loro antichità.
"Avvi niente di più venerabile quanto un antico abuso? Niente, ma la ragione è più antica, rispose Zadig."
Preferisco lo sbraco al conformismo; sebbene sia illusorio poterlo eludere del tutto!

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Però hai ragione nel dire che la velocità del progresso tecnologico non è pari alla velocità della maturazione culturale  umana.

***
Per identità intendo il mentale, e lo ritengo soggettivo per noi ed oggettivo per gli altri; per quanto possa valere una presunta identità del genere!

***
Per concludere, non c'è dubbio alcuno che i nostri individuali "io" fenomenici vivano nel divenire mutevole delle apparenze, in ciò che non è già più ieri e che non è ancora domani; ma non così  il nostro "sè" più profondo, o "grund der seele", se preferisci.

Un saluto

Eutidemo

Citazione di: Ipazia il 05 Marzo 2020, 09:02:13 AM
Citazione di: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 07:14:21 AM
Ciò che "diviene" a mio parere, non è l'<<essere assoluto>> (cioè il minimo comun denominatore di tutte le cose), bensì le sue <<manifestazioni>> fenomeniche...cioè l'<<esistere relativo>> delle singole cose.
L'essere dello schermo, non cambia col mutare delle immagini proiettate su di esso...che prima sono una e poi un'altra.

L'essere dello schermo qual'è ? Tela, tubo catodico, cristalli liquidi, plasma, ...? E il minimo comune denominatore di tutte le cose ? La particella di Dio ? L'Universo, che per somma sfiga dell'Essere diviene anche lui ? E forse diverrebbe anche Dio, se esistesse davvero.

Temo che l'Essere continui ad essere, aldilà dei sotterfugi logici, una questione ontologica e se ne venga fuori metafisicamente (e fisicamente) con un perentorio: L'Essere non è  :)

L'Essere non è  nella stessa misura in cui A non è A:)

Eutidemo

Ciao Paul e forumisti.
Quanto all'"ex nihilo" di Severino ed alle altre "molto diverse", ma in parte "molto simili", interpretazioni di "DIO = NULLA", secondo me l'unica accezione che condivido è quella di Meister Eckart
Ed infatti, circa il concetto di "NULLA", Eckart, commentando il passo degli "Atti degli Apostoli" in cui si dice che, caduto da cavallo "...Paulus NIHIL vidit", individua in esso, oltre al significato letterale che indica l'accecamento di Paolo, anche quello di, "vide il NULLA", e cioè vide "DIO". ;) 

***
Ed invero, nel latino classico due negazioni affermano in maniera più o meno piena e assoluta, a seconda che l'avverbio di negazione segua o preceda il pronome (o l'aggettivo, oppure l'avverbio) negativo, come ad esempio nelle seguenti frasi: nemo non haec dixit 'tutti hanno detto ciò', non nemo haec dixit'; per cui, almeno se non ho capito male, in latino, scrivere che "...Paulus NIHIL vidit", non significa che "Paolo non vide niente", ma, appunto, secondo l'esegesi di Eckart, significa che "Paolo vide il niente".
Il che è un po' diverso! ;)

***
Ovviamente, Meister Eckart, che era un predicatore domenicano, non intendeva certo dire che Dio non c'è, cioè, che è niente; bensì, rifacendosi per certi aspetti al "Dio apofatico" di Dionigi l'Aeropagita (ed a quello della "Nube della non conoscenza" di un anonimo scrittore del XIV secolo), intendeva dire che Dio è "nulla di tutte le altre cose" e, cioè, è nulla di ciò che di Lui si manifesta in natura.
Ed invero, se si è il minimo comun denominatore di tutte le cose, non si può ovviamente coincidere con alcuna singola cosa; il che non vuol dire che "non si è", ma, al contrario, che soltanto "si è", senza predicati.

***
Cioè, per dirla più modernamente, Dio è l'inconoscibile Noumeno, di cui i Fenomeni (nostri "io" compresi)  sono mere molteplici manifestazioni, le quali:
- non sono certo "illusorie", se non nel senso che sono prive di realtà "metafisica";
- sono però "effimere", come le parole che si spengono nel silenzio, dopo essere state pronunciate.

***
"Nulla", che poi, è lo stesso "Tutto"; cioè, come scriveva San Paolo, "Omnia in omnibus".
Tutto in tutte le cose...senza essere "nessuna" cosa; il che non vuol dire non "essere", ma, al contrario, "essere solo essere"!

***
Per cui, come pure venne risposto a Mosè sul monte, Dio è l'ESSERE; in quanto ogni cosa "è" (o meglio "esiste"), ma l'"essere non è nessuna cosa, così come nessuna cosa è l'essere".
Ed infatti, quando Mosè, sul monte Sinai, gli chiede: "Chi sei?", Lui non gli risponde sono Giacomo, Giovanni, e nemmeno "sono Dio", ma gli risponde "IO SONO COLUI CHE SONO"...senza alcun predicato; e se Mosè gli avesse ribattutto :"Allora sei il NON ESSERE", penso che Dio lo avrebbe rispedito dabbasso a calci nel sedere!

***
Ed infatti, come correttamente scrivi tu, l'essere non potendo anche non essere necessariamente è eterno e non c'è storia, non c'è linearità, perché non c'è inizio e neppure fine.

***
A mio avviso, peraltro, credere al divenire non significa affatto la negazione dell'essere; perchè ciò che diviene non è l'essere, bensì soltanto le sue manifestazioni.
Quando Fregoli, in pochi secondi, si cambiava d'abito per interpretare ruoli sempre diversi, ciò che diventava nuovo e mutava, erano i suoi abiti e i suoi ruoli; ma Fregoli restava sempre Fregoli...non è mica che ogni volta lui  passasse dall'essere al non essere Fregoli.

***
Quanto all'"aporia del fondamento" Severino si pone come Parmenide, ma accetta la negazione del divenire come luogo del non-essere; cosa che io non condivido, o che, quantomeno che non riesco a comprendere per le ragioni esposte sopra.
Per me, infatti, poichè il divenire attiene all'esistere dei fenomeni, e non all'essere del noumeno, non riesco a capire che cosa neghi che cosa.
E' vero che tutto ciò che si manifesta nel divenire è negazione di quello che era prima, ma, proprio per questo, è necessariamente "temporale", e non "eterna"; altrimenti non potrebbe divenire.
Ogni fotogramma temporale  e spaziale, quindi, secondo me non rimane affatto eterno, ma viene e sparisce nel nulla come i fotogrammi cinematrografici, non avendo un suo autonomo "essere", ma lo mutua "ex sistendo" dall'essere assoluto; il quale, quello sì, è immutabile ed eterno.

***
Mi rendo conto che è un tema molto complesso, e che è molto difficile sviscerarlo adeguatamante a livello dialettico; però, almeno per quanto mi riguarda, un "barlume" intuitivo lo si può ricavare:
- ripetendo per dieci minuti, davanti allo specchio: "Io sono Eutidemo"(ovviamente, non quello, ma il mio vero nome);
- dopodichè ripetendo per dieci minuti, al buio, soltanto: "Io sono!"
Facendo questo, non sempre, ma qualche volta, dentro di me riesco confusamente a sperimentare due diversi tipi di consapevolezza:
- una del mio cangiante "esistere";
- l'altra del mio immutabile "essere".
Potete provare anche voi.

Un saluto! :)





Ipazia

Citazione di: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 12:04:14 PM
L'Essere non è  nella stessa misura in cui A non è A:)

Nella sezione filosofica di un forum filosofico non è lecito confondere una proposizione metafisica con una proposizione logica. L'Essere di cui sopra, con maiuscola canonica, è l' "oggetto" metafisico (ὄντος) di cui parla l'evocato Parmenide. Per cui la proposizione va letta in senso ontologico: L'Essere (oggetto, ente, cosa) non esiste. E' una invenzione dei filosofi decostruita pezzo a pezzo dall'evoluzione epistemica: infatti non hai saputo rispondere ai miei punti interrogativi  ;D Magari qualcuno più navigato in cose metafisiche ci potrà provare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

#34

@Eutidemo
Concordo, anche se l'esempio dello sfondo non è perfetto per definire il Brahman, a mio parere. Infatti è opportuno considerare che, quando si parla del Brahman di solito s'intende il "Nirguna Brahman", detto anche Parabrahman (Sat-Chit-Ananda..), l'Uno senza secondo; mentre quando si definisce la 'manifestazione' come "Saguna Brahman" s'intende Brahma, ovvero Isvara, il principio creatore del Parabrahman stesso.
Il paragone con lo sfondo, seppur non sbagliato , sembra introdurre un dualismo apparente (specchio-immagini proiettate), che naturalmente l'Advaita, in particolare di Sankara, rifiuta, essendo un sistema monistico. Per questo motivo parlavo di unità fondamentale di specchio e immagini...
Ramakrshna, quindi un Vedanta a noi più prossimo, definisce l'Essere come l'Assoluto non condizionato da nulla: né dal tempo, né dallo spazio, né dalla causalità. Non se ne può predicare "nulla".  Per questo non si può "vedere nulla". Solo in questo senso si può intendere l'essere come 'nulla'...(Nulla da vedere). L'Essere, così inteso, è nelle cose relative, ma non si esaurisce in esse. Le cose 'esistono' di un'esistenza fugace, passeggera, mentre l'Essere non insorge e svanisce con esse...Anche il tentativo di definirlo come Satchitananada è solo un 'timido' tentativo...


Il problema dell'"essere" mi sembra però rimandare a quello della 'verità', intendendo qui la 'verità del giudizio'. C'è un legame inscindibile tra essere e attribuzione di un predicato all'essere stesso, un'attribuzione di proprietà e qualità. Il termine 'essere' in sè è vuoto. Non si può infatti parlare dell''essere', perché ogni tentativo di discorso su di esso, non riuscendo a eludere il paradosso della predicazione, va a collocarsi immediatamente nel 'regno del non-essere'..Così facendo la realtà dell'unità assoluta dell'essere viene degradata a mera finzione, apparenza (illusione..). La contrapposizione dialettica tra essere e divenire non riesce così a cogliere l'unità del reale. L'esistenza non è una opposizione tra essere e non-essere, al contrario, è proprio tale opposizione ad essere fittizia, perchè si fonda su una erronea comprensione del rapporto tra essere e predicazione.
Al linguaggio non è richiesto di parlare dell'essere, bensì di testimoniare, attraverso la propria inconsistenza al riguardo, dell'assoluta coincidenza di essere e non-essere..
un saluto
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Ipazia

Citazione di: Sariputra il 05 Marzo 2020, 14:50:49 PM
Il problema dell'"essere" mi sembra però rimandare a quello della 'verità', intendendo qui la 'verità del giudizio'. C'è un legame inscindibile tra essere e attribuzione di un predicato all'essere stesso, un'attribuzione di proprietà e qualità. Il termine 'essere' in sè è vuoto. Non si può infatti parlare dell''essere', perché ogni tentativo di discorso su di esso, non riuscendo a eludere il paradosso della predicazione, va a collocarsi immediatamente nel 'regno del non-essere'..Così facendo la realtà dell'unità assoluta dell'essere viene degradata a mera finzione, apparenza (illusione..). La contrapposizione dialettica tra essere e divenire non riesce così a cogliere l'unità del reale. L'esistenza non è una opposizione tra essere e non-essere, al contrario, è proprio tale opposizione ad essere fittizia, perchè si fonda su una erronea comprensione del rapporto tra essere e predicazione.
Al linguaggio non è richiesto di parlare dell'essere, bensì di testimoniare, attraverso la propria inconsistenza al riguardo, dell'assoluta coincidenza di essere e non-essere..
un saluto

Concordo sull'infondatezza sofista della contrapposizione, che però non è tra copula e predicato, ma tra essere e divenire. E' sostanziale, non (solo) semantica. La realtà è data da materia in movimento, nell'assoluta coincidenza di essere (materia: Parmenide, atomismo) e non essere (trasformazione: Eraclito). Questo intende Wittgenstein quando tra le prime proposizioni del Tractatus afferma che non esistono le cose, bensì i fatti, che sono cose in perenne trasformazione e movimento, per cui il reale diventa Tat-sachen-raum: spazio delle cose di fatto. Ontologicamente. Semanticamente possiamo aggiungerci anche il postulato sull'interpretazione dei fatti (Nietzsche).

Tutto ciò ci allontana dalla plausibilità di una Maya noumenica (Essere) e ci obbliga a lavorare sui veli fenomenici in un'opera di disvelamento che ci dice non la verità di Maya/Essere, ma la verità della relazione tra i veli nel loro interagire.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Citazione di: Ipazia il 05 Marzo 2020, 09:02:13 AM
Citazione di: Eutidemo il 05 Marzo 2020, 07:14:21 AM
Ciò che "diviene" a mio parere, non è l'<<essere assoluto>> (cioè il minimo comun denominatore di tutte le cose), bensì le sue <<manifestazioni>> fenomeniche...cioè l'<<esistere relativo>> delle singole cose.
L'essere dello schermo, non cambia col mutare delle immagini proiettate su di esso...che prima sono una e poi un'altra.

L'essere dello schermo qual'è ? Tela, tubo catodico, cristalli liquidi, plasma, ...? E il minimo comune denominatore di tutte le cose ? La particella di Dio ? L'Universo, che per somma sfiga dell'Essere diviene anche lui ? E forse diverrebbe anche Dio, se esistesse davvero.

Temo che l'Essere continui ad essere, aldilà dei sotterfugi logici, una questione ontologica e se ne venga fuori metafisicamente (e fisicamente) con un perentorio: L'Essere non è  :)

Sì, seppur paradossalmente, l'Essere non è.

Essere e Nulla sono infatti il medesimo.

E' solo la tracotanza del pensiero logico/razionale, che tutto vorrebbe sottomettere a sé, a pretendere di fissare la regola dell'essere!
Un pensiero razionale che ha perduto la consapevolezza del proprio stesso fondamento.

E il fondamento è l'Etica.

Che importanza potrebbe mai avere un qualsiasi costrutto logico, un principio di non contraddizione, un principio d'identità, se non perché fondati sull'Etica?
Cosa me ne faccio di un A=A, se questo stesso A=A non è fondato sul Bene?

Follia del pensiero razionale, che se ancora sfugge all'abisso nichilistico è soltanto per la sua stessa scarsa capacità intellettiva.

Un pensiero che ha rinnegato la propria fede nella Verità.
Che non c'è. E proprio per questo non può essere posseduta, sottomessa.

Ciò che conta è l'Etica, che è lo stesso Essere, e quindi il Nulla.

Tuttavia ogni malafede brucia inevitabilmente all'inferno, dove Dio è certo. Così come la mia dannazione.

Ma per Dio tutto è possibile...
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

Ciao Ipazia.
Come anche sostiene Hans-Friedrich Fulda (ma non solo lui), la "logica speculativa" costituisce la "vera metafisica"; per cui io insisto nel sostenere che dire che "l'Essere non è"  equivale a dire che "A non è A".
Il che sarebbe un assoluto "controsenso" (per usare un blando eufemismo), sia "logico" che "metafisico".

***
In ogni caso, in senso "ontologico", la proposizione per la quale "L'Essere (oggetto, ente, cosa) non esiste", è completamente erronea e fallace;  ed invero, l'"Essere" noumenico non è nè un "oggetto", nè un "ente", nè una "cosa", bensì è il comun denominatore di ogni "oggetto", "ente", o "cosa".

***
A parte questo,  io avevo risposto a "tutti" i tuoi punti interrogativi; ma tu hai ignorato completamente le mie risposte (giuste o sbagliate che esse fossero), per ricorrere al tuo solito espediente dialettico della "divagatio  non pertinens ad argomentum".

***
Per cui è inutile che continuiamo a giocare "a picche", se tu rispondi "a scopa".
Meglio lasciar perdere!

***
Un saluto!

Eutidemo

Ciao Sariputra
Hai perfettamente ragione; ed infatti, il mio esempio dello sfondo, non è assolutamente adeguato per definire il Brahman.
Anzi, io direi che non solo nessun esempio, ma anche il discorso più elevato non sarebbe giammai in grado di definire l'"indefinibile"; se non, magari, "per negazione", in quanto, in fondo, "nirguna" implica proprio quello.

***
Concordo anche sul fatto che il "Nirguna Brahman", è l'Uno senza secondo; mentre quando si definisce la 'manifestazione' come "Saguna Brahman" s'intende Brahma, ovvero Isvara, il principio creatore del Parabrahman stesso (quello che Platone chiamava il "Demiurgo").
Ed invero, con una certa approssimazione sintetizzante, si potrebbe dire che:
- il "Nirguna Brahman" è il "dio impersonale ed apofatico";
- il "Saguna Brahman" è il "dio personale e catafatico".
Fermo restando che si tratta di due aspetti diversi di una cosa sola!

***
Hai anche ragione nel dire che il mio paragone con lo sfondo, sembra introdurre un dualismo apparente, in quanto, tecnicamente, lo schermo cinematografico  non si manifesta certo attraverso le immagini proiettataci sopra, le quali, invece, provengono dalla cinepresa; ma, ovviamente, si trattava solo di un esempio esplicativo per rendere l'idea, non certo di un'analogia "ontologica".

***
Il tuo esempio "specchio-immagini proiettate", forse, è più adeguato del mio; anche se, in fondo, anche in tale caso, tecnicamente, lo specchio non si manifesta certo attraverso le immagini riflesseci sopra, le quali, invece, provengono dagli oggetti che sono davanti allo specchio.
Ma, in fondo, gli esempi sono solo esempi!

***
Anche secondo me Ramakrshna "definisce" molto correttamente l'Essere come l'Assoluto non condizionato da nulla: né dal tempo, né dallo spazio, né dalla causalità.
Non se ne può predicare "nulla", proprio perchè è il sostrato di "tutto"; quindi, se venisse "predicato", sarebbe una cosa anche lui.

***
Per questo non si può "vedere nulla". Solo in questo senso si può intendere l'essere come 'nulla'...; cioè, come giustamente scrivi tu, Nulla da vedere.

***
Tale concetto di "ESSERE" e "NULLA", appare anche nel mistico cristiano Eckart, il quale, commentando il passo degli "Atti degli Apostoli" in cui si dice che, caduto da cavallo "...Paulus NIHIL vidit", individua in esso, oltre al significato letterale che indica l'accecamento di Paolo, anche quello di, "vide il NULLA", e cioè vide "DIO". ;)

***
Ed invero, nel latino classico due negazioni affermano in maniera più o meno piena e assoluta, a seconda che l'avverbio di negazione segua o preceda il pronome (o l'aggettivo, oppure l'avverbio) negativo, come ad esempio nelle seguenti frasi: nemo non haec dixit 'tutti hanno detto ciò', non nemo haec dixit'; per cui, almeno se non ho capito male, in latino, scrivere che "...Paulus NIHIL vidit", non significa che "Paolo non vide niente", ma, appunto, secondo l'esegesi di Eckart, significa che "Paolo vide il niente".
Il che è un po' diverso! ;)

***
Ovviamente, Meister Eckart, che era un predicatore domenicano, non intendeva certo dire che Dio non c'è, cioè, che è niente; bensì, rifacendosi per certi aspetti al "Dio apofatico" di Dionigi l'Aeropagita (ed a quello della "Nube della non conoscenza" di un anonimo scrittore del XIV secolo), intendeva dire che Dio è "nulla di tutte le altre cose" e, cioè, è nulla di ciò che di Lui si manifesta in natura.
Ed invero, se si è il minimo comun denominatore di tutte le cose, non si può ovviamente coincidere con alcuna singola cosa; il che non vuol dire che "non si è", ma, al contrario, che soltanto "si è", senza predicati...come correttamente scrivi tu!

***
"Nulla", che poi, è lo stesso "Tutto"; cioè, come scriveva San Paolo, "Omnia in omnibus".
Tutto in tutte le cose...senza essere "nessuna" cosa; il che non vuol dire non "essere", ma, al contrario, "essere solo essere"!
Ovvero: ""intra omnia non inclusum, extra omnia non exclusum, supra omnia non elatum, infra omnia non prostratum."

***
Ciò premesso, non posso che sottoscrivere, "parola per parola", il tuo seguente passo:
"L'Essere, così inteso, è nelle cose relative, ma non si esaurisce in esse. Le cose 'esistono' di un'esistenza fugace, passeggera, mentre l'Essere non insorge e svanisce con esse...Anche il tentativo di definirlo come Satchitananada è solo un 'timido' tentativo..."

***
Tu, poi, introduci un tema molto complesso e delicato, scrivendo che non si può parlare dell''essere', perché ogni tentativo di discorso su di esso, non riuscendo a eludere il paradosso della predicazione, va a collocarsi immediatamente nel 'regno del non-essere'.
"Parlare" no, ma "meditare" l'ESSERE, secondo me, si può; perchè "sentendolo" dentro di noi, non abbiamo alcuna necessità di "predicarlo".
Sentirsi "essere" e basta...non Tizio o Caio.

***
Se io, invece, mi limito a riflettere sul mio "essere" Tizio o Caio, prendo atto, in realtà, del mio mero "esistere" come Tizio o Caio; esistere che, ovviamente, muta in continuazione (dalla salute alla malattia, dalla giovinezza alla vecchiaia ecc.).
Ma le vicende del mio "io" individuale, non hanno niente a che vedere con il mio "sè", così come i frammenti di uno specchio rotto (ciascuno dei quali riflette la luce del sole), non hanno niente a che vedere con il sole; l'immagine del sole nei vari frammenti, può appannarsi col freddo o sporcarsi col fango, o anche essere distrutta...ma non certo il sole.
Per cui, tutti i paradossi dell' "essere" e del "non essere", per me non hanno alcun senso, riguardando diversi livelli di realtà!

Un saluto


Sariputra


cit.@Eutidemo:
"Parlare" no, ma "meditare" l'ESSERE, secondo me, si può; perchè "sentendolo" dentro di noi, non abbiamo alcuna necessità di "predicarlo.. Sentirsi "essere" e basta...non Tizio o Caio."


Perfetto. "Sentirsi essere" è ben diverso dal "pensare l'essere", infatti...
Nagarjuna lo spiega con altre parole, ma questo intende quando dice:




"Chi pensa che una cosa esiste, si ha, come conseguenza, la dottrina
dell'eternità (eternalismo); chi pensa che una cosa non esiste, si ha, come conseguenza, la
dottrina dell'annientamento (nichilismo). L'intenditore, perciò, si studi di evitare l'idea
dell'esistenza e della non-esistenza."


un saluto
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Ipazia

Citazione di: Eutidemo il 06 Marzo 2020, 08:36:29 AM
Ciao Ipazia.
Come anche sostiene Hans-Friedrich Fulda (ma non solo lui), la "logica speculativa" costituisce la "vera metafisica"; per cui io insisto nel sostenere che dire che "l'Essere non è"  equivale a dire che "A non è A".
Il che sarebbe un assoluto "controsenso" (per usare un blando eufemismo), sia "logico" che "metafisico".
Temo che la metafisica se ne faccia un baffo della "vera metafisica" del Sig. Hans-Friedrich Fulda (ma non solo lui) e della sua "logica speculativa" se arriva a confondere una proposizione ontologica (esistenza) con una proposizione logica (identità).
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Sariputra il 06 Marzo 2020, 10:34:47 AM
Perfetto. "Sentirsi essere" è ben diverso dal "pensare l'essere", infatti...
Nagarjuna lo spiega con altre parole, ma questo intende quando dice:




"Chi pensa che una cosa esiste, si ha, come conseguenza, la dottrina
dell'eternità (eternalismo); chi pensa che una cosa non esiste, si ha, come conseguenza, la
dottrina dell'annientamento (nichilismo). L'intenditore, perciò, si studi di evitare l'idea
dell'esistenza e della non-esistenza."
Sullo scollamento fra concettualizzazione della realtà e vuoto-concettuale nella realtà (e sul non-attaccamento alla concettualizzazione):
«Non è [il concetto di] vuoto che rende vuote le cose; piuttosto, esse sono da sole semplicemente vuote. Non è [il concetto di] assenza di una qualche causa ultima che rende le cose mancanti di tale causa, piuttosto ad esse semplicemente manca una causa ultima. Non è [il concetto di] assenza di un scopo ultimo che rende le cose mancanti di uno scopo ultimo; piuttosto, ad esse semplicemente manca uno scopo ultimo. <O Kasyapa, io chiamo questa accurata riflessione la Via di Mezzo, veramente una accurata riflessione. Kasyapa, io dico che quelli che si riferiscono alla vacuità come "l'immagine mentale (upalambha) del vuoto" sono i più perduti dei perduti....lnvero, Kasyapa, sarebbe meglio sostenere una prospettiva filosofica della realtà ultima della persona individuale a misura del Monte Sumeru, piuttosto che essere attaccati a questa visione della vacuità come un "non-essere". Perché è così? - Perché, Kasyapa, la vacuità è l'esaurimento finale di ogni visione filosofica. Chiunque sostenga la vacuità come una visione filosofica io lo chiamo incurabile. O Kasyapa, è come se un medico stesse per dare una medicina ad un malato e quando la medicina avesse curato tutti i mali originari, essa rimanesse nello stomaco e non venisse essa stessa espulsa. Cosa pensi, Kasyapa, sarebbe curato quest'uomo dalla sua malattia?> - <No di certo, o Beato, se la medicina curasse tutti i mali originari e però rimanesse nello stomaco, non-espulsa, la malattia dell'uomo peggiorerebbe di molto>. Il Beato allora disse: <Esatto, Kasyapa, così è; perché la vacuità è l'esaurimento finale di ogni visione filosofica. Ed io chiamo incurabili coloro che sostengono la vacuità come una visione filosofica!» (Madhyamika, 119).

baylham

Citazione di: Eutidemo il 06 Marzo 2020, 08:36:29 AM


In ogni caso, in senso "ontologico", la proposizione per la quale "L'Essere (oggetto, ente, cosa) non esiste", è completamente erronea e fallace;  ed invero, l'"Essere" noumenico non è nè un "oggetto", nè un "ente", nè una "cosa", bensì è il comun denominatore di ogni "oggetto", "ente", o "cosa".

Se l'Essere è il comune denominatore di ogni ente, che cosa è ciò che differenzia un ente dall'altro?




Eutidemo

Citazione di: Sariputra il 06 Marzo 2020, 10:34:47 AM

cit.@Eutidemo:
"Parlare" no, ma "meditare" l'ESSERE, secondo me, si può; perchè "sentendolo" dentro di noi, non abbiamo alcuna necessità di "predicarlo.. Sentirsi "essere" e basta...non Tizio o Caio."


Perfetto. "Sentirsi essere" è ben diverso dal "pensare l'essere", infatti...
Nagarjuna lo spiega con altre parole, ma questo intende quando dice:




"Chi pensa che una cosa esiste, si ha, come conseguenza, la dottrina
dell'eternità (eternalismo); chi pensa che una cosa non esiste, si ha, come conseguenza, la
dottrina dell'annientamento (nichilismo). L'intenditore, perciò, si studi di evitare l'idea
dell'esistenza e della non-esistenza."


un saluto

Molto appropriata la tua citazione di Nagarjuna, che, pur avendone letto alcuni testi, o non conoscevo o non ricordavo; d'ora in poi cercherò di tenerla sempre a mente!

Eutidemo

Ciao Baylham.
La tua è una domanda molto appropriata: "Se l'Essere è il comune denominatore di ogni ente, che cosa è ciò che differenzia un ente dall'altro?"
Ciò che differenzia un ente dall'altro è il suo specifico e sempre diverso "predicato nominale": essere un topo, essere un gatto, essere un cane. Congiungendo i due termini, si ha, per "genere prossimo e differenza specifica", quello che possiamo definire l'"esistere" provvisorio di ogni "ente determinato" (o "fenomeno" che dir si voglia).
In altre parole, "ogni ente" ha come sostrato l'"essere", ma "nessun ente" corrisponde all'"essere"!
In un certo senso, è un po' come accade con i numeri: "ogni numero" contiene l'"1", ma (a parte lo stesso 1), "nessun numero" corrisponde ad "1".

Un saluto!

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