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essere e divenire

Aperto da sgiombo, 01 Maggio 2017, 16:36:46 PM

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sgiombo

Citazione di: Lou il 04 Maggio 2017, 18:19:24 PM
È che non porre a sfondo uno o più principi stabili pensare è mal di mare. :)
CitazioneD' accordo.

Ma tieni conte che

pensare (che qualcosa sia/accada realmente; o meno) =/= essere/accadere realmente.

Sariputra

Citazione di: Lou il 04 Maggio 2017, 18:19:24 PMÈ che non porre a sfondo uno o più principi stabili pensare è mal di mare. :)

Cara Lou, non pensi però che, proprio per il fatto che le cose continuamente passano, ci sia  un posto per la Bellezza e per l'Amore ( quello vero, non quello frutto dell'attaccamento all'idea che le cose sono 'permanenti' e quindi desiderabili...) nel nostro 'incontro' con questa mutevole realtà di cui siamo parte ma che pure ci sovrasta?...In questa che sembra una mancanza di principi stabili ( questo vuoto apparente, ma che in realtà mi sembra più un vuoto concettuale che un vuoto effettivo...) si libera un grande spazio di 'libertà'. E' nel momento che 'apriamo' le nostre mani che possiamo accogliere la bellezza delle cose, che sono tanto più belle proprio perché sono tanto fragili e periture. Mi sembra che, se non fossero mutevoli e perciò fragili, sarebbero in eterno 'fisse' , chiuse e senza vita. Mentre la percezione di questa 'dipendenza' che ci accomuna è veramente un superare le divisioni. Così almeno a me pare...ma prendilo semplicemente per il divagare poetico di uno stolto...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Lou

@sgiombo
sì però è ammissibile pure una certa continuità tra pensiero e realtà e realtà è pensiero, una cesura netta non mi convince.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Lou

@sariputra
è per gran parte dei motivi poetici che adduci che ritengo importante fissare il divenire come stabile realtà. Sapere del passare e della fragilità e della fugacità rende ogni cosa preziosa, ogni istante, ogni accadere, unico.

Così parlò l'elefante Lou nella sala dei cristalli.:)
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

sgiombo

Citazione di: myfriend il 04 Maggio 2017, 14:18:16 PM
@sgiombo

Perché mai dovrebbe esserci bisogno di altro (preteso necessario) oltre a ciò che di fatto é/accade (preteso contingente)?
Come si dimostra questa affermazione?


Dalla qualità delle domande si deduce tutto.  ;)

Facciamo così.
Prova a guardare un quadro....uno che ti piace. Uno qualunque. Ad esempio "La Gioconda".
L'hai guardato? Bene!
Ora dimostrami che non l'ha dipinto un pittore. Dimostrami che "prima" di quel quadro (e "dietro" quel quadro) non c'è una "mente" che l'ha concepito e disegnato. Dimostrami che quel quadro è il semplice frutto di "ciò che accade da sè" senza che ci sia bisogno di altro.  :D

Se riuscirai a dimostrarmelo, allora possiamo dire che il "contingente" semplicemente accade e non ha bisogno di altro.  :D

La verità è che quando guardiamo un quadro riteniamo del tutto sensato chiederci "chi e cosa c'è dietro quel quadro. Chi l'ha fatto e perchè?".

Quando, invece, guardiamo la "Realtà" pretendiamo di dire che dietro la "Realtà" non c'è  niente e che la Realtà si autodetermina da sola.  :D

CitazioneMa perché mai per dimostrare che non c' è alcun bisogno di altro (preteso necessario) oltre a ciò che di fatto é/accade (preteso contingente), ivi compreso l' accadere della pittura di un quadro (da parte ovviamente di un pittore intenzionato a farlo) dovrei dimostrare che (assurdamente) un quadro potrebbe essersi dipinto da sé ? ! ? ! ? !
 
"Ma mi faccia il piacere!" (Totò)
 
Nella realtà le cause determinano gli effetti (se -cosa indimostrabile! Anche se pochi premi Nobel per la fisica se ne rendono conto- è vera la conoscenza scientifica).



Due modi diversi di pensare che denotano solamente una "scelta ideologica" per supportare una visione del mondo e della Realtà priva di ogni senso (il "nichilismo").
Questa è la tua "fede", sgiombo.

CitazioneNichilista sarà "tua sorella" (in senso metaforico, sia ben chiaro; una tua eventuale sorella reale potrebbe anche essere rispettabilissima e dai forti valori etici ...casomai potrebbe essere immeritata sfortuna l' avere certi parenti)!


Io (invece) ho fede nella ragione e (anche per questo) sono comunista!



Una fede che ti porta a dire che un quadro (il contingente) si è fatto da sè.

CitazioneMolto, molto comodo attribuire agli interlocutori cazzate colossali!


Molto, molto comodo, ma ancor più scorretto!

E ora la domanda: dobbiamo ridere o dobbiamo piangere?  :D

Se c'è una "creazione" (contingente) ci deve necessariamente essere un "creatore" (l'essere immutabile). Perchè questa è la logica che impregna tutto l'universo e ogni cosa che appartiene all'universo (la pianta nasce dal seme, i pianeti nascono da una stella, il quadro nasce da un pittore, un sasso nasce da un pianeta, la materia nasce dall'energia, l'energia nasce dalla Coscienza eterna e immutabile) (Non sono un "creazionista". Il termine "nascere" l'ho usato al posto di "manifestarsi a seguito di una trasformazione"...poichè nell'universo nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto cambia forma). Questa è la logica che pervade tutto l'universo.

CitazioneLogica vorrebbe (se -ammesso e non concesso- fosse rispettata da parte tua) che, prima di trarne qualsiasi deduzione, si dimostrasse che c' è (stata) una creazione della materia, ovvero massa e/o energia (contraddittoriamente al principio di conservazione: nulla si crea, nulla si distrugge!, N.d. R.) e inoltre che esiste una Coscienza eterna e immutabile che genera la materia (energia).



Ma se questa è la logica che pervade tutto l'universo, come puoi sostenere che l'universo nel suo complesso (cioè la "Realtà"...il "contingente") sfugga a questa logica e si è fatto da sè senza bisogno che derivi da qualcos'altro, senza bisogno che ci sia UN altro "dietro le quinte"? Se ogni cosa nell'universo funziona secondo questa legge (creatore e creato) come possiamo sostenere che l'universo stesso, invece, nel suo complesso sfugge a questa logica? Sarebbe piuttosto illogico e bizzarro da un punto di vista puramente filosofico sostenere una simile "fede". Non credi?  :D
Sarebbe come dire che tutti i "contenuti" seguono una stessa logica, ma il "contenitore", nel suo complesso, (che è la somma dei contenuti...cioè non è "altro" rispetto ai contenuti, ma è l'insieme dei contenuti) non segue alcuna logica, ma si è fatto da sè in modo del tutto spontaneo e casuale.
E' una filosofia illogica e bizzarra. Una filosofia così a me fa un po' ridere. E lo dico col massimo rispetto.  :D

CitazioneAppunto, quando mi avrai dimostrato che questa è la logica che pervade tutto l'universo ne riparleremo!


(Fra l' altro nemmeno questo "qualcosaltro" o questo "UN altro", "dietro le quinte", se fosse vero quanto sostieni, potrebbe "essersi fatto da sé", ma esigerebbe "qualcosa o qualcUN altro ancora", a sua volta "dietro ulteriori quinte", in un regresso all' infinito.


Comunque dovresti metterti d' accordo con te stesso:


"Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma in proporzioni definite universali e costati"?


O invece "ogni cosa nell'universo funziona secondo questa legge (creatore e creato)"?
 
Perché l' una cosa esclude logicamente l' altra!


Sarebbe, oltre che del tutto illogico, anche alquanto bizzarro, non credi?


E che mi fa anche ridere.


Anche perché un contenitore è una cosa, dei contenuti sono altre, diverse cose.


sgiombo

Citazione di: Lou il 04 Maggio 2017, 21:09:17 PM
@sgiombo
sì però è ammissibile pure una certa continuità tra pensiero e realtà e realtà è pensiero, una cesura netta non mi convince.
CitazioneBeh, qui il problema é quello, per me "fondamentalissimo", per l' appunto dei rapporti fra realtà e pensiero, queste due "cose" (ontologicamente) distinte e (ontologicamente e gnoseologicamente) reciprocamente in relazione.

sgiombo

Citazione di: Lou il 04 Maggio 2017, 21:18:18 PM
@sariputra
è per gran parte dei motivi poetici che adduci che ritengo importante fissare il divenire come stabile realtà. Sapere del passare e della fragilità e della fugacità rende ogni cosa preziosa, ogni istante, ogni accadere, unico.

Così parlò l'elefante Lou nella sala dei cristalli.:)

CitazioneNon mi sembrano affatto considerazioni grossolane ("elefantiache").

Si può logicamente dire "permane il mutamento" (che mi pare pure vero; per lo meno -ma non necessariamente solo!- per un tempo finito, con un inizio e una fine) esattamente come si può logicamente dire: "c' è il nulla" (ovvero "non esiste/accade alcunché" (che invece mi pare falso; ma non affatto illogico, assurdo = autocontraddittorio = insensato).

myfriend

#52
@sgiombo

Comunque dovresti metterti d' accordo con te stesso:
"Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma in proporzioni definite universali e costati"?

O invece "ogni cosa nell'universo funziona secondo questa legge (creatore e creato)"?
Perché l' una cosa esclude logicamente l' altra!


Avevo specificato che l'uso del termine "crea" o "nasce" era una scelta terminologica fatta solo per semplificare la scrittura. Infatti ho detto:
(Non sono un "creazionista". Il termine "nascere" - o "creare" - l'ho usato al posto di "manifestarsi a seguito di una trasformazione"...poichè nell'universo nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto cambia forma). Questa è la logica che pervade tutto l'universo.

Dici che usi la "ragione" e, anche per questo, sei comunista?

Il comunismo è stata una religione e una fede che, esattamente come il cattolicesimo, con l'uso della ragione, non c'entrava proprio nulla.
Esdattamente come il cattolicesimo, il comunismo è stato la negazione della ragione.

Il comunismo era una fede del tutto irragionevole, esattamente come era e come è il cattolicesimo.
Una fede che, ahimè. è rimasta senza chiesa (il partito) e senza preti (la nomenklatura del "partito del popolo").
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

sgiombo

Citazione di: myfriend il 05 Maggio 2017, 14:13:15 PM
@sgiombo

Comunque dovresti metterti d' accordo con te stesso:
"Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma in proporzioni definite universali e costati"?

O invece "ogni cosa nell'universo funziona secondo questa legge (creatore e creato)"?
Perché l' una cosa esclude logicamente l' altra!


Avevo specificato che l'uso del termine "crea" o "nasce" era una scelta terminologica fatta solo per semplificare la scrittura. Infatti ho detto:
(Non sono un "creazionista". Il termine "nascere" - o "creare" - l'ho usato al posto di "manifestarsi a seguito di una trasformazione"...poichè nell'universo nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto cambia forma). Questa è la logica che pervade tutto l'universo.

Dici che usi la "ragione" e, anche per questo, sei comunista?

Il comunismo è stata una religione e una fede che, esattamente come il cattolicesimo, con l'uso della ragione, non c'entrava proprio nulla.
Esdattamente come il cattolicesimo, il comunismo è stato la negazione della ragione.

Il comunismo era una fede del tutto irragionevole, esattamente come era e come è il cattolicesimo.
Una fede che, ahimè. è rimasta senza chiesa (il partito) e senza preti (la nomenklatura del "partito del popolo").

CitazioneOpinioni non argomentate.

D' altra parte non credo che questo forum possa essere la sede adatta per costruttive discussioni su questo argomento per cui anch' io, per parte mia, mi limito a proclamare semplicemente le mie convinzioni.

Che sono in totale, completo dissenso da quelle qui affermate.

Lou

Citazione di: sgiombo il 04 Maggio 2017, 21:30:09 PM
Citazione di: Lou il 04 Maggio 2017, 21:09:17 PM
@sgiombo
sì però è ammissibile pure una certa continuità tra pensiero e realtà e realtà è pensiero, una cesura netta non mi convince.
CitazioneBeh, qui il problema é quello, per me "fondamentalissimo", per l' appunto dei rapporti fra realtà e pensiero, queste due "cose" (ontologicamente) distinte e (ontologicamente e gnoseologicamente) reciprocamente in relazione.
Brevissimamente, ho notato che hai Spinoza in firma, celebre è il suo "ordo et connexio rerum idem est ac ordo et connexio idearum" che affronta e a suo modo risolve  il problema fondamentalissimo che attraversa tutta la filosofia: seppur in modo ancora superficiale poichè i vari topic e molti vs interventi sono densi e per rispondere e argomentare in modo adeguato dovrei soffermarmi in maniera diversa, mi è parso che nei tuoi (ma non solo) di interventi, pur distinguendo il piano chiamiamolo del pensiero dal piano dell'essere, ne ammettano una relazione, sarebbe interessante sviluppare che tipo di relazione intercorre tra i due piani, a mio parere la proposta di Spinoza (che se non erro pure Hegel riprende) che vede garante della relazione manina manina  delle due espressioni, uno stesso ordine è affascinante.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

green demetr

x davintro


Volevo capire alcune ragioni del tuo intervento che incrocia qua e là la mia idea del contingente.
Che la contingenza sia necessità è dovuta meramente al suo carattere di esistenza.
Ma sono molto propenso ad accettare la riflessione tra i momenti di questa esistenza.
Sono pienamente d'accordo sul tua intelligentissima analisi dell'impossibilità dell'auto darsi del contingente.
Il contingente è sempre legato alla convinvenza (direi io il contrasto), del divenire dell'ente.  :D

pamplhet contra

Quando sento la parola gerarchia, però sobbalzo, in psicanalisi e in tutte le grandi teorie politiche contemporanee (Schmitt e Agamben) la gerarchia è sempre quella celeste. Ed è sempre "in nome di" (come mimetizzazione) del potere reale.

Sostanzialmente proporresti la dismissione della dialettica idealista tedesca, per quella analitica americana.
Ma ogni analitica americana è per me fonte di tortura intellettuale. Oggi non me la sento di (ri)aprire questo lunghissimo 3d.
Mi limito a ricordarlo sempre. Ogni cosa che esce dall'america è ideologico e ipocrita.

Questa convivenza si costituisce come la presenza di un mutamento che in ogni ente sviluppa la natura, l'essenza propria dell'ente.
Dopo Paul Maral Garbino ora ti ci metti anche tu.
Ma chi mai ragazzuoli deciderebbe di cosa sia natura e cosa no? quale sarebbe questo quantitativo che decide a priori della destinalità di un ente?  :o
Ma non vi rendete conto (evidentemente no) in quale fauci mostruose è stato affidando il vostro pensiero?
Un pensiero che possa decidere in anticipo della destinalità di qualsiasi ente, è un ente che gerarchicamente crederà di essere Dio,e si proporrà esattamente così. Nascondendo la sua cannibalica volontà di potenza.

Non a caso parli in maniera pericolosissima di gerarchia.

cit davintro
"L'uomo possiede un carattere di permanenza maggiore della pietra e della pianta, in virtù della sua essenza di razionalità e libero arbitrio, che permette all'uomo di resistere con maggior forza ai tentativi dell'esterno di manipolarlo, non solo con il suo corpo, ma anche con la ragione, che lo porta a criticare e rifiutare di dare l'assenso a opinioni ritenute false, perché l'essenza permanente che costituisce l'uomo come "uomo" è l'anima razionale. "

Come in puzle da incubo, ti fai portatore delle istanze della ideologia, che fa affermare l'esatto contrario di ciò che è, e gli impedisce di controllarlo, proprio per il fatto che si decide (in maniera folle) che "ciò che è" è frutto della libertà e della ragione.
E perciò nella realtà di tutti i giorni, la vita viene consegnata in mano ad una Natura presupposta.
E così se noi siamo schiavi e sragionevoli, viene negato per il semplice fatto che esistendo noi siamo Natura che è libertà e razionalità.

Ma essere schiavi e sragionevoli a me sembra l'esatto opposto della libertà e della razionalità.  :-\

cit davintro

" La pietra o la pianta possono reagire al tentativo "

Anche qua sei vittima della ideologia, stavolta quella riguardante lo specismo, la pietra e la pianta non sono mai soggetto.  :(
Purtroppo anche qui apriresti un 3d, che tra le altre cose ha pochi difensori. Mi viene in mente solo Calciolari.

Siamo in tempi BUJ.

cit davintro
"Questo discorso presuppone qualcosa che sembra controintuitivo, più che altro alla luce del nostro linguaggio nel quale è insensato dire che qualcosa è "più essere" di un'altra, l'essere è solo una copula, non una categoria che una cosa possiede più o meno."

Direi proprio di no, questa è una tua schematizzazione, l'essere non è l'ESSERE PIENO, è bensì l'interrogato dell'esistente.
ALias l'uomo.
Alias il soggetto.

cit davintro
"Il mancato rilevamento del carattere quantitativo dell'essere è stato forse l'errore di fondo dell'eleatismo."

Che provocazione dozzinale!

E' incredibile come l'ideologia capitalista, che non ha trovato ostacoli in america stia cominciando ad attecchire pure qua.
Adesso l'essere COME UNA MERCE deve avere caratteristiche di QUANTITA' ?????

Non posso che aborrire con forza tutto ciò. Sopratutto da persone intelligenti come te DAVINTRO. E' inacettabile!

Per precisazione l'ESSERE è, e nient'altro, non ha caratteristiche dell'ente.
Se fosse un ente sarebbe anch'egli preso dal vortice del mutamento.
E quindi ad un certo punto non dovrebbe essere più, il che è una contraddizione in termini.

cit davintro
"Parmenide confonde "essere" e "realtà", (e cade nel monismo) e non tiene conto del carattere ideale dell'essere, carattere che fa si che l'essere sia presente in ogni ente, che però non può pretendere di esaurire in sé stesso la pienezza dell'essere. Uomo, pietra, pianta, partecipano dell'essere, ma nell'uomo la maggior somiglianza all'Essere totalmente Attuale e immutabile, costituita dalla sua spiritualità, cioè la razionalità, fa sì che l'uomo sia "essere" in misura maggiore della pianta e della pietra, e la pianta lo sia nei confronti della pietra, tutti possiedono l'essere, ma nessuno è "l'essere""

Appunto perchè tutti non sono l'essere, che non c'è alcun bisogno di introdurre il concetto di quantità.
Ognuno possiede l'essere non vuol dire, forse comincio a capire il vostro errore, che ogni ente è parte di un ente più grande.
L'essere è sostanzialmente il  mistero che come avevi brillantemente esordito, non pone mai il contingente come DATO bensì come evento. L'evento è quella temporalità che chiamiao presente che decide (in maniera del tutto casuale) del nostro essere enti, ossia della co-presenza degli enti, in una data maniera in un dato sentimento.
Poichè il soggetto non è mai soggetto di verità ma di intenzione.
L'intenzione, il desiderio non è la questione della quantità (cosa che vorrebbe tanto il capitalsimo), quanto quello della mancanza, di quel che MANCA, che si costituisce poi come mistero, come narrazioen religiosa fenomenologica politica etc....
Non si tratta di dire cosa MANCA, se fossimo in grado di farlo allora potremmmo facilmente avere un idea di cosa sia quello che tu chiami ESSERE PIENO. (e di solito si risolve in aride cosmogonie.)
Ma questa non ha alcune senso pratico. E' nella prassi che si decide il farsi storico umano.

Ma la prassi è all'interno del potere invisibile come lo chiama SINI.
Ossia è all'interno di complesse dinamiche, che nessuno è in grado di vagliare da solo.
E' una mera illusione che matematizzare la realtà poi decida di quella realtà.
Posso anche far esplodere una bomba atomica, e poi esserne tormentato per l'eternità.

E' di questa destinalità che deriva la domanda su cosa sia L'essere, non sul suo potere, direi puttosto sul suo senso.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

davintro

ridurre le essenze a concetti linguistici senza un ancoraggio alla realtà, non tiene conto del fatto che il linguaggio, pur essendo una costruzione convenzionale, non è mai puro arbitrio, ma tentativo di raffigurazione simbolica delle cose reali in vista dello scopo di comunicare in un sistema di segni uniformemente interpretabili, le intuizioni di tali cose, quindi il linguaggio deve necessariamente tenere conto della percezioni della realtà oggettiva. Ogni definizione presuppone il rilevamento delle proprietà comuni a una molteplicità di enti individuali, che poi dovranno essere sussunti nella definizione, la definizione "sasso" è resa possibile dalla percezione di qualcosa presente in tutti i sassi, la "sassità", e la possibilità che abbiamo di decidere di eliminare tale definizione dal dizionario (convenzionalità del linguaggio), consisterebbe nel cessare di considerare le proprietà comuni  come un criterio sufficiente per stabilire l'opportunità di un termine. Possiamo decidere di inventare due nuovi termini per definire due diverse specie di sassi, al posto di un termine unico, perché ci sembrerà che le proprietà che differenziano le due specie siano più rilevanti valorialmente che le proprietà comuni a tutti i sassi. Ma non per questo tali proprietà comuni cesserebbero di essere reali e di continuare a far sì che il modo d'essere dei sassi sia determinato in un modo invece che in un altro. Se le essenze fossero riducibili alle definizioni invece ciò non sarebbe possibile, esse dovrebbero adeguarsi all'arbitrarietà del linguaggio, mentre ovviamente così non è, dato che il linguaggio non è (almeno direttamente) strumento performativo sulla realtà e le parole non sono le cose. Le essenze immanenti alla realtà delle cose sono indipendenti dalle definizioni, mentre le definizioni presuppongono la rilevazioni delle essenze, dato che sono "imitazioni" arbitrarie, sensibili, mutevoli della natura delle essenze, che hanno invece un carattere di tipo formale e intelligibile. Proprio in quanto le definizioni dipendono dalle essenze (ma non viceversa) sono un fattore di riconoscimento a-posteriori di queste ultime, ma non ne determinano la realtà. E le essenze costituiscono il carattere di permanenza nella misura in cui indicano un determinato senso in cui il divenire delle cose realizza, cioè attualizza, delle potenzialità circoscritte dalla natura originaria e propria delle cose. La crescita della pianta è certamente un divenire, ma un divenire che non modifica la sostanza, ma attualizza una inclinazione insita già nel seme, inclinazione che costituisce l'essenza della pianta, la sua forma che progressivamente si realizza, realizza un senso determinato e permanente, e questo è un dato naturale che va al di là del fatto che il nostro linguaggio può arbitrariamente decidere di eleminare la definizione di "pianta": in ogni momento della crescita, il suo essere "pianta" permane come inclinazione che porta a realizzare progressivamente le potenzialità insite nel suo concetto, e questa è un'inclinazione reale.


Sgiombo scrive:

"Ma perché mai essere e divenire dovrebbero essere contingenti, non autosufficienti, ovvero richiedere l' esistenza o l' accadimento di qualcosaltro di necessario per poter accadere realmente?
 
Nella realtà si dà solo l' essere/accadere o il non essere/non accadere di qualsiasi cosa (ente o evento).
Contingenza e necessità di enti e/o eventi sono solo considerazioni del pensiero circa la realtà
 
Perché mai dovrebbe esserci bisogno di altro (preteso necessario) oltre a ciò che di fatto é/accade (preteso contingente)?
Come si dimostra questa affermazione?
Forse col fatto che si potrebbe anche pensare (in maniera logicamente corretta, come "ipotesi sensata") che ciò che é/accade non é/non accade e invece é/accade qualcosaltro (compresa l' ipotesi sensata del nulla, del non essere/accadere di alcunché)?
Questa non mi sembra affatto una dimostrazione: il fatto di potere (anche) pensare che ciò che é/accade non è/nonaccade non "scalfisce" minimamente, non ha alcuna conseguenza o implicazione per, non "c' entra per nulla" con il il fatto dell' essere/accadere di ciò che é/accade; non implica affatto alcuna necessità che sia/accada qualcosaltro di necessario ovvero di non pensabile (sensatamente, in maniera logicamente corretta, non autocontraddittoria) non essere/non accadere. Anche perché (con buona pace di sant' Anselmo d' Aosta) non vi è nulla di (pensabile e di) determinato che necessiti di essere/accadere, ma è necessario che sia/accada unicamente ciò che è/accade qualsiasi cosa sia, cioè del tutto indeterminatamente, inidiscriminatamente."



Trovo questa obiezione molto valida. Condivido questa idea secondo cui la distinzione tra essere contingente e essere necessario non può essere fondata nella realtà delle cose, ma solo nel pensiero umano. Infatti la realtà in quanto sempre espressione di una causalità è sempre necessaria, e la contingenza intesa come "ciò che sarebbe potuto accadere altrimenti" esiste solo come ipotesi elaborabile di un pensiero immaginativo che elabora delle alternative, "sarebbe anche stato possibile che...", sulla base del fatto che l'essere ideale, pensabile è estremamente più ampio dell'essere reale. Tutto questo mi costringe a riformulare il mio discorso, o almeno ci provo. Più che parlare di "contingenza"  e "necessità" sarebbe opportuno parlare di una distinzione tra "autosufficienza" e "dipendenza da altro". L'ente in cui essere e divenire convivono è un essere che diviene in quanto non ha in se stesso la ragione del suo essere, ma da un altro essere, più che "contingenza" si può parlare di "necessità derivata", e il divenire è la progressiva attualizzazione della propria essenza, o natura, che però abbisogna di tempo, in quanto l'essere che riceve la propria esistenza dall'esterno è un'esistenza finita e limitata e dunque per realizzare il proprio fine deve superare una resistenza esteriore, mentre quell'esistenza che ha in se stessa la propria ragion d'essere non ha alcun limite da superare, e dunque realizza il proprio fine immediatamente, rendendo insensato un mutamento interno, un proprio divenire, è una pura Attualità che realizza istantaneamente al di là di ogni limite temporale le sue potenzialità

sgiombo

#57
Citazione di: Lou il 05 Maggio 2017, 17:45:32 PM
Citazione di: sgiombo il 04 Maggio 2017, 21:30:09 PM
Citazione di: Lou il 04 Maggio 2017, 21:09:17 PM
@sgiombo
sì però è ammissibile pure una certa continuità tra pensiero e realtà e realtà è pensiero, una cesura netta non mi convince.
CitazioneBeh, qui il problema é quello, per me "fondamentalissimo", per l' appunto dei rapporti fra realtà e pensiero, queste due "cose" (ontologicamente) distinte e (ontologicamente e gnoseologicamente) reciprocamente in relazione.
Brevissimamente, ho notato che hai Spinoza in firma, celebre è il suo "ordo et connexio rerum idem est ac ordo et connexio idearum" che affronta e a suo modo risolve  il problema fondamentalissimo che attraversa tutta la filosofia: seppur in modo ancora superficiale poichè i vari topic e molti vs interventi sono densi e per rispondere e argomentare in modo adeguato dovrei soffermarmi in maniera diversa, mi è parso che nei tuoi (ma non solo) di interventi, pur distinguendo il piano chiamiamolo del pensiero dal piano dell'essere, ne ammettano una relazione, sarebbe interessante sviluppare che tipo di relazione intercorre tra i due piani, a mio parere la proposta di Spinoza (che se non erro pure Hegel riprende) che vede garante della relazione manina manina  delle due espressioni, uno stesso ordine è affascinante.
CitazioneHo sempre trovato molto affascinante Spinoza (in genreale) fin dal liceo, ma devo confessare che allora cercai di leggere l' Etica (naturalmente in traduzione italiana) e, con molta frustrazione (paragonabile solo a quella procuratami dal rifiuto che allora subii da una ragazza di cui ero innamoratissimo: ricordi della lontana gioventù!), non ci riuscii; é una di quelle tre o quattro opere molto impegnative che vorrei tanto aver letto e mi piacerebbe riuscire a leggere prima di morire, ma che temo che non leggerò mai.

Anche se dopo questa "ammissione di colpa" mi risulta difficile, mi sento in dovere di precisare che dissento dalla tesi "razionalistica" dell' aprioristica identità (o anche di una più "lassa correlazione" comunque a priori) fra le relazioni e nessi della realtà e le relazioni e i nessi fra le idee e gli oggetti del pensiero.
Mi sento molto più vicino all' empirismo.
Nelle scegliere "la firma" non ho pensato ai filosofi a cui mi sento più vicino dai quali credo di aver più imparato (avrei senz' altro scelto Hume! Ma non ho trovato in lui un motto adatto all' uopo), ma a sentenze brevi e incisive che esprimessero in pochissime parole verità per me importanti e, sempre a mio avviso, "diffusamente ignorate", negate o sottovalutate, o per lo meno fraintese.

(E' stato un anno veramente sfortunato il mio della seconda liceo classico. Meno male che si é trattato di un periodo di sfiga nera ma transitorio e fugace).

sgiombo

Citazione@ Davintro:
 
A parte l' uso del termine "essenze", che mi fa un' impressione "esteticamente" non troppo soddisfacente (ma ovviamente la cosa non ha la minima importanza), concordo pienamente che il linguaggio deve conformarsi o per lo meno in qualche modo adattarsi alla realtà e alle caratteristiche (o essenze) proprie della realtà stessa, e non viceversa.
 
C' è una certa arbitrarietà nelle definizioni delle cose reali: anziché gli oggetti "sasso" si potrebbero considerare gli oggetti "corpo solido minerale" (di qualsiasi grandezza e forma); anziché gli oggetti "uccello", distinti dagli oggetti "pipistrello" e dagli oggetti "insetto volante" si potrebbero considerare gli oggetti "volatile".
Tuttavia si tratta di un' arbitrarietà limitata: non solo l' oggetto (e il relativo concetto) "volatile" è molto meno atto di quello "uccello" o di quello "chirottero" a cogliere regolarità reali nel divenire ordinato materiale (e dunque molto meno utile ai fini della sua conoscenza scientifica e utilizzazione tecnica-pratica), ma per esempio, pur essendo possibile stabilire arbitrariamente per definizione anche concetti di oggetti materiali inesistenti (come quello del mio amato "ippogrifo"), non è possibile applicarli per denotare cose reali.
Ovvero non si può fare essere reali ad libitum cose pensate semplicemente definendole concettualmente: si può definire (non univocamente, con una limitata "libertà di scelta") ciò che è reale, non rendere reale ciò che si definisce; se non talora, in certi casi limitati, attraverso un intervento attivo sulla realtà stessa che ne utilizzi finalisticamente le sue proprie (non arbitrariamente ad essa attribuibili)- regolarità nel divenire.
Lo stesso dicasi per gli eventi (come la vita di una pianta): sono i concetti (ad esempio quelli di "nascita", "sviluppo", "riproduzione attraverso semi", "morte", ecc. delle pianta) che devono adeguarsi ai fatti e non viceversa).
 

Meno convincente trovo il discorso su "dipendenza" o "autosufficienza" in quanto mi sembra che in natura nulla sia autenticamente autosufficiente ma nel divenire ogni ente o evento consegua ad altri enti o eventi e a sua volta ne condizioni altri ancora (in questo credo di essere in accordo con Sariputra; ma anch' io sono disposto ad autopunirmi in caso di fraintendimento: potrei rinunciare alla torta che mi preparerà domani mia moglie come ogni domenica; di solito sono molto buone: sarà anche o soprattutto per questo che la "sopporto tutto sommato felicemente" da ormai 35 anni?).

paul11

Citazione di: green demetr il 05 Maggio 2017, 19:36:04 PM
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pamplhet contra

Quando sento la parola gerarchia, però sobbalzo, in psicanalisi e in tutte le grandi teorie politiche contemporanee (Schmitt e Agamben) la gerarchia è sempre quella celeste. Ed è sempre "in nome di" (come mimetizzazione) del potere reale.

Sostanzialmente proporresti la dismissione della dialettica idealista tedesca, per quella analitica americana.
Ma ogni analitica americana è per me fonte di tortura intellettuale. Oggi non me la sento di (ri)aprire questo lunghissimo 3d.
Mi limito a ricordarlo sempre. Ogni cosa che esce dall'america è ideologico e ipocrita.

Questa convivenza si costituisce come la presenza di un mutamento che in ogni ente sviluppa la natura, l'essenza propria dell'ente.
Dopo Paul Maral Garbino ora ti ci metti anche tu.
Ma chi mai ragazzuoli deciderebbe di cosa sia natura e cosa no? quale sarebbe questo quantitativo che decide a priori della destinalità di un ente?  :o
Ma non vi rendete conto (evidentemente no) in quale fauci mostruose è stato affidando il vostro pensiero?
Un pensiero che possa decidere in anticipo della destinalità di qualsiasi ente, è un ente che gerarchicamente crederà di essere Dio,e si proporrà esattamente così. Nascondendo la sua cannibalica volontà di potenza.

Non a caso parli in maniera pericolosissima di gerarchia.

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E' il pensiero che decide ed è decisivo ed è di un essere autoconsapevole, seppur limitato anche per sua natura.,quale ' l'uomo.
L'uomo ha una volontà ,una intellegibilità, una ragione, questo lo pone fisicamente dentro la natura come corpo fisico soggetto a regole naturali, ma anche a facoltà che sono oltre la natura seppur ad esse collegate dall'esistenza che è condizionata dalle regole appunto della natura.
Non penso affatto, per quanto mi riguarda, che vi sia un destino aprioristico, se lo potessimo conoscere  avremmo la verità.
La volontà di potenza scaturisce dalla contraddizione..............

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