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essere e divenire

Aperto da sgiombo, 01 Maggio 2017, 16:36:46 PM

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green demetr

Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 16:40:21 PM
Citazione di: green demetr il 05 Maggio 2017, 19:36:04 PM
.............
pamplhet contra

Quando sento la parola gerarchia, però sobbalzo, in psicanalisi e in tutte le grandi teorie politiche contemporanee (Schmitt e Agamben) la gerarchia è sempre quella celeste. Ed è sempre "in nome di" (come mimetizzazione) del potere reale.

Sostanzialmente proporresti la dismissione della dialettica idealista tedesca, per quella analitica americana.
Ma ogni analitica americana è per me fonte di tortura intellettuale. Oggi non me la sento di (ri)aprire questo lunghissimo 3d.
Mi limito a ricordarlo sempre. Ogni cosa che esce dall'america è ideologico e ipocrita.

Questa convivenza si costituisce come la presenza di un mutamento che in ogni ente sviluppa la natura, l'essenza propria dell'ente.
Dopo Paul Maral Garbino ora ti ci metti anche tu.
Ma chi mai ragazzuoli deciderebbe di cosa sia natura e cosa no? quale sarebbe questo quantitativo che decide a priori della destinalità di un ente?  :o
Ma non vi rendete conto (evidentemente no) in quale fauci mostruose è stato affidando il vostro pensiero?
Un pensiero che possa decidere in anticipo della destinalità di qualsiasi ente, è un ente che gerarchicamente crederà di essere Dio,e si proporrà esattamente così. Nascondendo la sua cannibalica volontà di potenza.

Non a caso parli in maniera pericolosissima di gerarchia.

.............................
E' il pensiero che decide ed è decisivo ed è di un essere autoconsapevole, seppur limitato anche per sua natura.,quale ' l'uomo.
L'uomo ha una volontà ,una intellegibilità, una ragione, questo lo pone fisicamente dentro la natura come corpo fisico soggetto a regole naturali, ma anche a facoltà che sono oltre la natura seppur ad esse collegate dall'esistenza che è condizionata dalle regole appunto della natura.
Non penso affatto, per quanto mi riguarda, che vi sia un destino aprioristico, se lo potessimo conoscere  avremmo la verità.
La volontà di potenza scaturisce dalla contraddizione..............

Ma io rigetto qualsiasi cosa voglia chiamarsi auto- (autocoscienza, autoconsapevolezza, automazione), non esiste una cosa del genere.
Il soggetto parte sempre dal rapporto con un altro oggetto, nel caso si rapporti con se stesso, come ampiamente dimostrato dalla letteratura psicanalitica, psichiatrica etc...
Cade irrimediabilmente nel delirio psicotico.
Infatti in quali regole cadremmo noi? se fossi nato tu nel 700 cadremmo in regole meccaniche, oggi diremmo che cadiamo sotto regole relative, se non proprio statistiche.
Qualcuno ha deciso per noi cioè.
E' questo il grave problema.
Quale "auto-"? in queste genere di discussioni sono molto vicino a Sgiombo che infatti parla di fede, fede in qualcosa, fede in se stessi, fede nell'uomo....etc.
E' invece tramite la dialettica, con lo scontro con un altro ente, che si rivela la soggettività etc....
Ti ripeto in ballo è sopratutto la destinalità, che poi il tuo discorso "pieghi" sulll'analogia, fra soggetto ed evento (come suona alle mie orecchie), in parte ti tiene lontanto da quel pericolo...il punto è fino a quando? quando lo sforzo del confronto cede alle istanze del "credere di essere dio" (l'autocoscienza).
Fimo ad oggi non è accaduto, e probailmente sei l'unico utente con cui mi trovo sempre d'accordo. Alla fine per me infatti le premesse sono importanti, ma è il discorso generale pratico che  mi interessa.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

Citazione di: green demetr il 06 Maggio 2017, 21:33:28 PM
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 16:40:21 PM
Citazione di: green demetr il 05 Maggio 2017, 19:36:04 PM............. pamplhet contra Quando sento la parola gerarchia, però sobbalzo, in psicanalisi e in tutte le grandi teorie politiche contemporanee (Schmitt e Agamben) la gerarchia è sempre quella celeste. Ed è sempre "in nome di" (come mimetizzazione) del potere reale. Sostanzialmente proporresti la dismissione della dialettica idealista tedesca, per quella analitica americana. Ma ogni analitica americana è per me fonte di tortura intellettuale. Oggi non me la sento di (ri)aprire questo lunghissimo 3d. Mi limito a ricordarlo sempre. Ogni cosa che esce dall'america è ideologico e ipocrita. Questa convivenza si costituisce come la presenza di un mutamento che in ogni ente sviluppa la natura, l'essenza propria dell'ente. Dopo Paul Maral Garbino ora ti ci metti anche tu. Ma chi mai ragazzuoli deciderebbe di cosa sia natura e cosa no? quale sarebbe questo quantitativo che decide a priori della destinalità di un ente? :o Ma non vi rendete conto (evidentemente no) in quale fauci mostruose è stato affidando il vostro pensiero? Un pensiero che possa decidere in anticipo della destinalità di qualsiasi ente, è un ente che gerarchicamente crederà di essere Dio,e si proporrà esattamente così. Nascondendo la sua cannibalica volontà di potenza. Non a caso parli in maniera pericolosissima di gerarchia. .............................
E' il pensiero che decide ed è decisivo ed è di un essere autoconsapevole, seppur limitato anche per sua natura.,quale ' l'uomo. L'uomo ha una volontà ,una intellegibilità, una ragione, questo lo pone fisicamente dentro la natura come corpo fisico soggetto a regole naturali, ma anche a facoltà che sono oltre la natura seppur ad esse collegate dall'esistenza che è condizionata dalle regole appunto della natura. Non penso affatto, per quanto mi riguarda, che vi sia un destino aprioristico, se lo potessimo conoscere avremmo la verità. La volontà di potenza scaturisce dalla contraddizione..............
Ma io rigetto qualsiasi cosa voglia chiamarsi auto- (autocoscienza, autoconsapevolezza, automazione), non esiste una cosa del genere. Il soggetto parte sempre dal rapporto con un altro oggetto, nel caso si rapporti con se stesso, come ampiamente dimostrato dalla letteratura psicanalitica, psichiatrica etc... Cade irrimediabilmente nel delirio psicotico. Infatti in quali regole cadremmo noi? se fossi nato tu nel 700 cadremmo in regole meccaniche, oggi diremmo che cadiamo sotto regole relative, se non proprio statistiche. Qualcuno ha deciso per noi cioè. E' questo il grave problema. Quale "auto-"? in queste genere di discussioni sono molto vicino a Sgiombo che infatti parla di fede, fede in qualcosa, fede in se stessi, fede nell'uomo....etc. E' invece tramite la dialettica, con lo scontro con un altro ente, che si rivela la soggettività etc.... Ti ripeto in ballo è sopratutto la destinalità, che poi il tuo discorso "pieghi" sulll'analogia, fra soggetto ed evento (come suona alle mie orecchie), in parte ti tiene lontanto da quel pericolo...il punto è fino a quando? quando lo sforzo del confronto cede alle istanze del "credere di essere dio" (l'autocoscienza). Fimo ad oggi non è accaduto, e probailmente sei l'unico utente con cui mi trovo sempre d'accordo. Alla fine per me infatti le premesse sono importanti, ma è il discorso generale pratico che mi interessa.


E con cosa relazioni te stesso con un oggetto? Se non vuoi chiamarla coscienza, chiamalo Io, Ego, Es, quello che vuoi.

Ma quale psicanalista ha mai detto che di per sè fare autoanalisi è psicotico? Sarebbero allora gli stessi psicanalisti da portare in neurodeliri, visto che loro per primi devono fare test di autoanalisi per essere capaci di supportare problematiche mentali di altri.

A tuo parere l'autocoscienza porta a diventare Dio? E cosa sarebbe allora l' autoconsapevolezza senza una coscienza.?

A mio parere  c'è più di un malinteso i, forse c'è un problema di terminologie.

green demetr

cit paul
E con cosa relazioni te stesso con un oggetto? Se non vuoi chiamarla coscienza, chiamalo Io, Ego, Es, quello che vuoi.

Ma io contesto l'autocoscienza non la coscienza.

cit paul
Ma quale psicanalista ha mai detto che di per sè fare autoanalisi è psicotico? Sarebbero allora gli stessi psicanalisti da portare in neurodeliri, visto che loro per primi devono fare test di autoanalisi per essere capaci di supportare problematiche mentali di altri.

Tutti caro paul! devono avere un referente!
Un psicanalista che controlla un psicanalista.(è ovvio)

Non tutti possono essere Freud o Nietzche, avere la capacità di sdoppiamento.
La capacità regolativa di intedere la formazione del soggetto, sopratutto del proprio soggetto.

E' una semplice ma funzionale precauzione. (che poi è degenerata nel peggiore dei modi quella è un altre storia).


cit paul
"A tuo parere l'autocoscienza porta a diventare Dio? E cosa sarebbe allora l' autoconsapevolezza senza una coscienza.?"

Si lo penso con tutte le mie forze intellettuali. Chiunque si dichiari autocosciente delira SEMPRE.

A meno che intendi con autoconsapevolezza proprio la formazione del soggetto.

Allora sì: la coscienza porta alla formazione del soggetto.
Ma è una cosa strutturale. C'è un percorso temporale che decide di quel soggetto, in poche parole.
Nessuno decide prima chi si è. Lo scopri dopo. E poi ancora dopo, e dopo....il soggetto non è mai qualcosa di fisso.
Non so se mi intendi. Non può mai darsi come certo. Autoconsapevole? al massimo consapevole: la differenza è enorme!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

Citazione di: green demetr il 06 Maggio 2017, 21:33:28 PM


Ma io rigetto qualsiasi cosa voglia chiamarsi auto- (autocoscienza, autoconsapevolezza, automazione), non esiste una cosa del genere.
Il soggetto parte sempre dal rapporto con un altro oggetto, nel caso si rapporti con se stesso, come ampiamente dimostrato dalla letteratura psicanalitica, psichiatrica etc...
Cade irrimediabilmente nel delirio psicotico.
Infatti in quali regole cadremmo noi? se fossi nato tu nel 700 cadremmo in regole meccaniche, oggi diremmo che cadiamo sotto regole relative, se non proprio statistiche.
Qualcuno ha deciso per noi cioè.
E' questo il grave problema.
CitazioneE come si può dimostrare questa negazione?


In questo momento accadono le sensazioni visive (la visione) dello schermo del computer, e inoltre le sensazioni mentali del pensiero (predicato):"accadono le sensazioni visive (la visione) dello schermo del computer".
Questo (che esiste, accade) normalmente in lingua italiana viene detto "coscienza della coscienza", ovvero "autocoscienza".


Inoltre nel pensare me stesso (senza affatto ritenermi Dio!) non trovo assolutamente nulla di psicotico (il che mi conferma nelle mie convinzioni circa la psicoanalisi, se è vero quel che ne dici; mentre la psichiatria scientifica, di cui peraltro so ben poco, non mi pare proprio lo consideri "psicotico", bensì normalissimo).


Di credere (in maniera "politicamente scorretta", come mi capita spesso) che il mondo naturale – materiale (che per me non è, non esaurisce la realtà in toto) sia caratterizzato da un divenire deterministico – meccanicistico l' ho deciso solo io e nessun altro al mio posto (anche perché vivo in un' epoca nella quale l' ideologia prevalente, in proposito, dovrebbe casomai condizionarmi (decidere per me) a pensare ben altro!.

paul11

Citazione di: green demetr il 07 Maggio 2017, 02:18:59 AM
cit paul
E con cosa relazioni te stesso con un oggetto? Se non vuoi chiamarla coscienza, chiamalo Io, Ego, Es, quello che vuoi.

Ma io contesto l'autocoscienza non la coscienza.

cit paul
Ma quale psicanalista ha mai detto che di per sè fare autoanalisi è psicotico? Sarebbero allora gli stessi psicanalisti da portare in neurodeliri, visto che loro per primi devono fare test di autoanalisi per essere capaci di supportare problematiche mentali di altri.

Tutti caro paul! devono avere un referente!
Un psicanalista che controlla un psicanalista.(è ovvio)

Non tutti possono essere Freud o Nietzche, avere la capacità di sdoppiamento.
La capacità regolativa di intedere la formazione del soggetto, sopratutto del proprio soggetto.

E' una semplice ma funzionale precauzione. (che poi è degenerata nel peggiore dei modi quella è un altre storia).


cit paul
"A tuo parere l'autocoscienza porta a diventare Dio? E cosa sarebbe allora l' autoconsapevolezza senza una coscienza.?"

Si lo penso con tutte le mie forze intellettuali. Chiunque si dichiari autocosciente delira SEMPRE.

A meno che intendi con autoconsapevolezza proprio la formazione del soggetto.

Allora sì: la coscienza porta alla formazione del soggetto.
Ma è una cosa strutturale. C'è un percorso temporale che decide di quel soggetto, in poche parole.
Nessuno decide prima chi si è. Lo scopri dopo. E poi ancora dopo, e dopo....il soggetto non è mai qualcosa di fisso.
Non so se mi intendi. Non può mai darsi come certo. Autoconsapevole? al massimo consapevole: la differenza è enorme!
Nell'uomo esiste una sfera della volontà.L'uomo oltre che ragione è anche psiche/emotività.
La coscienza, secondo la mia concezione media i domini della natura e quella dell'astrazione, l'empirico e il metafiisco.
L'autocoscienza è semplicemnte il momento della riflessione, della meditazione, quando ognuno di noi "raccoglie" le proprie esperienze sensoriali, comunicatice che sono trasformate in segni ,in simboli e cerchiamo quindi di "riordinare le idee", come si suol dire..
Tutto quì semplicemente quì. Se poi quella coscienza individuale ha problematiche psichiche questo può distorcere il rapporto di mediazione fra realtà fiisica e simboli, segni astratti che si esprimono nel linguaggio e che dovrebbero diventare i razionali.
Se vince l'irrazionalità ne risulta la difficoltà razionale iil disagio esistenziale.
E' bene quindi chiarirci, perchè non penso  che si sia così distanti.

Comunque anch'io penso che l'uomo è dominato dalla "paura" come scrivi altrove e come io  sostengo socialmente.
Il conformismo nasce proprio dalla paura. la società è costrizione sanzionatoria fra pena e castigo e sensi di colpa. Quindi è vero ,ed è questa una delle fondamentali interpretazioni su Nietzsche, il prodotto culturale è una trasposizione fra disagi psichici/emotivi e forme strutturate nella cultura.E quindi al fondo del problema sta la natura umana e la cultura umana che soffrono nelle nostre personali individualità della propria esistenza  e che si esplicano nei simboli culturali.

ciao

green demetr

cit sgiombo

"Inoltre nel pensare me stesso (senza affatto ritenermi Dio!) non trovo assolutamente nulla di psicotico (il che mi conferma nelle mie convinzioni circa la psicoanalisi, se è vero quel che ne dici; mentre la psichiatria scientifica, di cui peraltro so ben poco, non mi pare proprio lo consideri "psicotico", bensì normalissimo)."

Ho mai detto questo?
Ma il pensare te stesso si chiama co-scienza (la conoscenza di ciò che ti accompagna, e che ti definisce).

Mi scuso se ho usato erroneamente (mero errore)  il termine psicotico, che sarebbe un acuimento del pensiero paranoico, che perde i connotati temporali.(nel caso bizzarro vi sia qualche psichiatra fenomenologico che ci sta leggendo).

N.B. generale
intendevo dire che la gerarchizzazione è (di solito, quasi sempre) un processo (un discorso) paranoico. (ovvero evita di vivere, evita di confrontarsi).

cit sgiombo
E come si può dimostrare questa negazione?
In questo momento accadono le sensazioni visive (la visione) dello schermo del computer, e inoltre le sensazioni mentali del pensiero (predicato):"accadono le sensazioni visive (la visione) dello schermo del computer".

Non ho capito Sgiombo, puoi riformulare?
A che negazione ti riferisci cioè.
Comunque lo so che per te predicato e sensazione, a buon senso, formano una ragione.
Ma non riesco a collegarlo con il mio scritto.

cit sgiombo
"Di credere (in maniera "politicamente scorretta", come mi capita spesso) che il mondo naturale – materiale (che per me non è, non esaurisce la realtà in toto) sia caratterizzato da un divenire deterministico – meccanicistico l' ho deciso solo io e nessun altro al mio posto"

Non so! faccio fatica a capire i tuoi salti logici. :(
Io sto parlando di modelli scientifici, che vengono usati come "unità di misura" per discorsi che con la scienza non contano nulla.
(tipo spiegare l'uomo in termini di volta in volta meccaniscistici, relativistici o quantistici).
Se ho capito invece per te il modello scientifico (a ragione) costituisce un modello affidabile, e escludi che possa avere qualche relazione con il soggetto politico.
Liberissimo di pensarlo.(ovviamente dissento)
Le mie non sono considerazioni di tipo gnoseologico.  Ma perchè insisti  ;)  ?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

cit paul
"L'autocoscienza è semplicemnte il momento della riflessione, della meditazione, quando ognuno di noi "raccoglie" le proprie esperienze sensoriali, comunicatice che sono trasformate in segni ,in simboli e cerchiamo quindi di "riordinare le idee", come si suol dire.."

Va bene basta intendersi, se è un processo attivo, di riordinazione siamo d'accordo, l'importante è che non sia auto-referenziale. ;)
Una mediazione che si decide a priori è la mediazione peggiore, la mediazione che si ordina in base alle esperienze, frutto delle azioni e delle emozioni, è una buona mediazione (entrambe in potenza, poi bisogna vedere cosa uno dice). ::)


cit paul
"Tutto quì semplicemente quì. Se poi quella coscienza individuale ha problematiche psichiche questo può distorcere il rapporto di mediazione fra realtà fiisica e simboli, segni astratti che si esprimono nel linguaggio e che dovrebbero diventare i razionali.
Se vince l'irrazionalità ne risulta la difficoltà razionale iil disagio esistenziale.
E' bene quindi chiarirci, perchè non penso  che si sia così distanti."

MA certo, basta chiarire. :)  


cit paul
"Comunque anch'io penso che l'uomo è dominato dalla "paura" come scrivi altrove e come io  sostengo socialmente.
Il conformismo nasce proprio dalla paura. la società è costrizione sanzionatoria fra pena e castigo e sensi di colpa. Quindi è vero ,ed è questa una delle fondamentali interpretazioni su Nietzsche, il prodotto culturale è una trasposizione fra disagi psichici/emotivi e forme strutturate nella cultura.E quindi al fondo del problema sta la natura umana e la cultura umana che soffrono nelle nostre personali individualità della propria esistenza  e che si esplicano nei simboli culturali."

Un abbraccio e ti rinnovo la stima. :)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

Citazione di: green demetr il 07 Maggio 2017, 14:14:46 PM
cit sgiombo

"Inoltre nel pensare me stesso (senza affatto ritenermi Dio!) non trovo assolutamente nulla di psicotico (il che mi conferma nelle mie convinzioni circa la psicoanalisi, se è vero quel che ne dici; mentre la psichiatria scientifica, di cui peraltro so ben poco, non mi pare proprio lo consideri "psicotico", bensì normalissimo)."

Ho mai detto questo?
CitazioneCopio-incollo dal tuo intervento # 60 in questa discussione:

"Ma io rigetto qualsiasi cosa voglia chiamarsi auto- (autocoscienza, autoconsapevolezza, automazione), non esiste una cosa del genere.
Il soggetto parte sempre dal rapporto con un altro oggetto, nel caso si rapporti con se stesso, come ampiamente dimostrato dalla letteratura psicanalitica, psichiatrica etc...
Cade irrimediabilmente nel delirio psicotico".



Ma il pensare te stesso si chiama co-scienza (la conoscenza di ciò che ti accompagna, e che ti definisce).
CitazioneIl sentire e pensare te stesso da parte tua in italiano si chiamo autocoscienza

********************************
cit sgiombo
E come si può dimostrare questa negazione?
In questo momento accadono le sensazioni visive (la visione) dello schermo del computer, e inoltre le sensazioni mentali del pensiero (predicato):"accadono le sensazioni visive (la visione) dello schermo del computer".

Non ho capito Sgiombo, puoi riformulare?
A che negazione ti riferisci cioè.
Comunque lo so che per te predicato e sensazione, a buon senso, formano una ragione.
Ma non riesco a collegarlo con il mio scritto.
CitazioneTu hai scritto (sempre in quell' intervento #60):

"Ma io rigetto qualsiasi cosa voglia chiamarsi auto- (autocoscienza, autoconsapevolezza, automazione), non esiste una cosa del genere."
Mi sembra evidente e chiarissimo che ti chiedevo di dimostrare questa negazione dell' autocoscienza della quale affermi appunto che non esisterebbe.

E inoltre ti riferivo di un caso reale di autocoscienza (secondo la lingua italiana): la coscienza -in atto mentre scrivevo- del fatto di coscienza costituito dal vedere lo schermo del computer.

Il collegamento con quanto da te scritto mi sembra evidentissimo.

 
Ma non capisco a mia volta cosa possano significare le parole "Comunque lo so che per te predicato e sensazione, a buon senso, formano una ragione" ? ! ? ! ? !

******************************
cit sgiombo
"Di credere (in maniera "politicamente scorretta", come mi capita spesso) che il mondo naturale – materiale (che per me non è, non esaurisce la realtà in toto) sia caratterizzato da un divenire deterministico – meccanicistico l' ho deciso solo io e nessun altro al mio posto"

Non so! faccio fatica a capire i tuoi salti logici. :(
Io sto parlando di modelli scientifici, che vengono usati come "unità di misura" per discorsi che con la scienza non contano nulla.
(tipo spiegare l'uomo in termini di volta in volta meccaniscistici, relativistici o quantistici).
Se ho capito invece per te il modello scientifico (a ragione) costituisce un modello affidabile, e escludi che possa avere qualche relazione con il soggetto politico.
Liberissimo di pensarlo.(ovviamente dissento)
Le mie non sono considerazioni di tipo gnoseologico.  Ma perchè insisti  ;)  ?
CitazioneMa quali salti logici?

Hai affermato (in risposta a Paul11):

"se fossi nato tu nel 700 cadremmo in regole meccaniche, oggi diremmo che cadiamo sotto regole relative, se non proprio statistiche.
Qualcuno ha deciso per noi cioè"!.


E io nego che questo valga nel mio caso.


Per me la scienza (ma che sarebbe il "modello scientifico?) é affidabile nella conoscenza del mondo materiale – naturale, il quale non esaurisce la realtà (che non è limitata cioè ad esso); e nego che sia riducibile a ideologia, cioè a falsa coscienza al servizio del potere (della " politica"?).


Tu sei liberissimo di pensarla diversamente (ovviamente insisto a dissentire).

green demetr

cit sgiombo
"Il sentire e pensare te stesso da parte tua in italiano si chiamo autocoscienza"

No. L'ho pure citato il vocabolario....abbi pazienza! Quella si chiama coscienza.

(Il vocabolario) Parla di consapevolezza, quindi la coscienza della coscienza è un doppio (senza senso), un rafforzativo se proprio vogliamo essere indulgenti.
La paurola autocoscienza ha radici che sono da rintracciare nel religioso.
In Italiano perde completamente la sua area simbolica.
Diventando un pasticcio semantico. (mia personalissima opinione)

Ovviamente la negazione si riferisce ad una diversa visione di cosa sia l'autocoscienza.
Come detto a Paul, se per te è quella.
Non faccio obiezioni. Fine della polemica.

cit sgiombo
"E io nego che questo valga nel mio caso."

E io stavo parlando in generale, non ci voleva molto per capirlo. ::)

cit sgiombo
"modello scientifico?"

Il modello scientifico è quello che spiega Kuhn, scienziato.
Non esiste Una Scienza, e questo tuo riduzionismo mi ha ampiamente stancato.

cit sgiombo
"e nego che sia riducibile a ideologia, cioè a falsa coscienza al servizio del potere (della " politica"?)."

appunto! e allora basta insistere! siamo di 2 parrocchie diverse.

Noi possiamo interagire (fra mille incomprensioni, solo quando ci interessiamo al piano gnoseologico).
(e per parte mia aprezzo sempre la tua posizione)

Al qual proposito scrivevo che predicato (l'irrazionale prendere posizione per una verità piuttosto che un altra, ti ricordi quando parlavamo della intenzionalità?) per te coincide (indimostrabilmente) con la sensazione (che sarebbe il rapporto bi-univoco fra fenomeno sensitivo e fenomeno mentale. La quale sensazione non riduce assolutamente il reale.)
Spero vivamente che questa specificazione me la fai passare.
Ossennò impazzisco come Maral, dopo 2 anni di scambio mi dispiacerebbe che non riusciamo a intenderci nemmeno su quell'aspetto (l'aspetto gnoseologico).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

Citazione di: green demetr il 08 Maggio 2017, 13:40:27 PM
cit sgiombo
"Il sentire e pensare te stesso da parte tua in italiano si chiamo autocoscienza"

No. L'ho pure citato il vocabolario....abbi pazienza! Quella si chiama coscienza.

(Il vocabolario) Parla di consapevolezza, quindi la coscienza della coscienza è un doppio (senza senso), un rafforzativo se proprio vogliamo essere indulgenti.
La paurola autocoscienza ha radici che sono da rintracciare nel religioso.
In Italiano perde completamente la sua area simbolica.
Diventando un pasticcio semantico. (mia personalissima opinione)

Ovviamente la negazione si riferisce ad una diversa visione di cosa sia l'autocoscienza.
Come detto a Paul, se per te è quella.
Non faccio obiezioni. Fine della polemica.
CitazioneSe si vuol ragionare insieme, dialogare, discutere, allora é necessario intendersi sui significati delle parole.

In lingua italiana l' avere sensazioni (interiori o mentali oppure esteriori o materiali) dicesi "coscienza", la consapevolezza di se stessi, dei propri contenuti di coscienza (sensazioni materiali, pensieri, ecc.) dicesi "autocoscienza".



cit sgiombo
"E io nego che questo valga nel mio caso."

E io stavo parlando in generale, non ci voleva molto per capirlo. ::)
CitazioneIl generale dovrebbe secondo logica comprendere qualsiasi particolare, compreso il mio particolare.

cit sgiombo
"modello scientifico?"

Il modello scientifico è quello che spiega Kuhn, scienziato.
Non esiste Una Scienza, e questo tuo riduzionismo mi ha ampiamente stancato.
CitazioneA me mi ha ampiamente stancato il relativismo tuo e di Kuhn (che a fare i pignoli parlava (nelle traduzioni italiane) di "paradigmi".

Certo che esiste la conoscenza scientifica di più ambiti e aspetti della realtà.
Ma anche un "minimo comun denominatore" fra di esse, tale da potersi parlare del tutto sensatamente di "scienza" in generale.

cit sgiombo
"e nego che sia riducibile a ideologia, cioè a falsa coscienza al servizio del potere (della " politica"?)."

appunto! e allora basta insistere! siamo di 2 parrocchie diverse.
CitazioneBene.
Se non insisti tu non insito nemmeno io.
Noi possiamo interagire (fra mille incomprensioni, solo quando ci interessiamo al piano gnoseologico).
(e per parte mia aprezzo sempre la tua posizione)

Al qual proposito scrivevo che predicato (l'irrazionale prendere posizione per una verità piuttosto che un altra, ti ricordi quando parlavamo della intenzionalità?) per te coincide (indimostrabilmente) con la sensazione (che sarebbe il rapporto bi-univoco fra fenomeno sensitivo e fenomeno mentale. La quale sensazione non riduce assolutamente il reale.)
Spero vivamente che questa specificazione me la fai passare.
Ossennò impazzisco come Maral, dopo 2 anni di scambio mi dispiacerebbe che non riusciamo a intenderci nemmeno su quell'aspetto (l'aspetto gnoseologico).
CitazionePurtroppo non posso fartela passare perché non hai proprio capito (non ho difficoltà ad ammettere come possibilità che sia magari per un' insufficiente capacità di spiegarmi per parte mia) che per me: la sensazione non é il rapporto biunivoco fra i fenomeni sensitivi materiali e mentali (gli uni e gli altri parimenti sensitivi, ovvero fenomenici; ragion per cui non avrebbe nemmeno senso parlare di "sensazione come rapporto fra sensazione e sensazione"), ma casomai fra soggetti e oggetti in sé o noumenici.

Inoltre non credo che il credere a una verità piuttosto che a un' altra debba necessariamente essere irrazionale.

Beh, se non riusciamo a capirci siamo tentati tutti di credere di impazzire.
Ma per fortuna si può anche non riuscire ad intendersi (per lo meno nella misura in cui si vorrebbe) restando ben sani di mente.

green demetr

Cit Sgiombo
Ma casomai fra soggetti e oggetti in sé o noumenici.

Va bene stiamo parlando di fenomeni.
Ma allora dove risiede la bi-univocità di cui parli spesso? (si torna con le lancette del tempo a 2 anni fa)

Sto impazzendo  ;) : adesso c'è un soggetto? E in cosa consiste allora? (visto che è difficile che sia quello idealista di cui vado parlando da anni....ci saremmo intesi molto tempo fa!)


nb
il paradigma di Kuhn porta (a mio parere *) alla teoria dei modelli.
(https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_dei_modelli).
Non so forse nel marasma dei ricordi questo parallelo si è infiltrato clandestino.
(è da tempo che non ci ragiono ho appena scaricato il pdf consigliato.)

Per quel (molto poco) che intendo si tratta di teorie che cercano un  equivalente nel modus operandi pressochè infinito di predicati (siano essi fisici, matematici etc...)

Si tratta di proprietà eminentemente formali, che decidono il valore (variabile di verità).

E su cui un matematico di un altro forum di un'altra epoca mi aveva spronato a studiare.
(visto l'imbarazzante ritardo logico che la filosofia ha nei confronti della matematica: In ballo era il principio di non contraddizione, a suo modo di vedere già sorpassato nell'800)
Ma non ho mai ottemperato. (essendo il formale per me sempre e solo uno strumento che non decide della realtà).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

CitazioneX GreenDemetr
 
Pazienza, non si può pretendere di capire tutti, né di essere capiti da tutti.

Evidentemente io e te siamo destinato a non capirci (e non è il caso di impazzire e nemmeno di prendersela più di tanto).

Ti auguro comunque ogni bene.

davintro

rispondo a Green Demetr

 

Provo a dire due cose, sulla base di come credo di aver compreso alcune tue obiezioni
Quantificare non implica necessariamente numerare e dunque mercificare. La necessità di quantificare numerando vi è quando il giudizio di quantificazione raffronta degli oggetti inseriti in una "serie continua", nella quale ognuno di essi possiede le stesse proprietà qualitative dell'altro, differenziandosi solo per possederne in una quantità minore o maggiore. Nel mio ultimo messaggio avevo precisato: "seppur alla luce di una scansione qualitativa e discreta tra le varie forme di esistenza". Cioè, le differenze quantitative tra i gradi degli enti sono determinate da differenze qualitative, l'uomo è maggiormente adeguato all'ideale dell' Essere pieno alla luce della razionalità che lo differenzia dalle piante e dalle pietre. La razionalità permette di tutelare la propria identità e natura in forma più qualitativamente efficiente rispetto agli enti che non la possiedono, sia a livello fisico, che mentale. La forma razionale della nostra natura non cancella la molteplicità degli istinti centrifughi costituenti la nostra materia, ma la governa riconducendola a un'unità individuale, l'unità della personalità interiore in relazione a cui l'Io sa indirizzare la sua via sulla base di valori stabili e coerenti. Un'unità pur sempre parziale e imperfetta in quanto l'uomo non è puro spirito e forma, ma sintesi di forma e materia, razionalità e irrazionalità. La differenza quantitativa diviene numerica nel momento in cui gli enti sono riferiti ad un "continuum" senza cesure qualitative, dove le differenze si riferiscono alle stesse proprietà che sono semplicemente presenti negli enti in misura maggiore o minore. Tra due gelati, uno appena tirato fuori dal frigorifero e un altro tirato fuori da dieci minuti, non ci sono differenze qualitative, solo la stessa proprietà, il calore posseduto da uno e più di un altro, e per precisare il giudizio quantitativo che indica un gelato come più caldo dell'altro occorre necessariamente rifarsi a convenzioni come unità di misura e numeri, stabilendo che uno dei due gelati ha un tot gradi e dunque è più caldo rispetto all'altro che misura tot gradi. Ma non è il nostro caso. Nel caso dei gradi di adeguazione degli enti all'idea dell'Essere pieno quantificare numerando è inutile e fuori luogo. Inutile in quanto ci sono differenze qualitative che scandiscono i livelli, come il fatto di essere dotati o meno di razionalità, fuori luogo in quanto la serie dei gradi ontologici è finita e limitata da due estremità concettualmente ben determinate: da un alto il puro non-essere, dall'altro l'idea dell'Essere pieno, quell'ente che possiede l'essere in modo massimamente stabile, senza alcun limite esterno, perché il suo essere coincide con la sua essenza. Ora questo puro Essere, (e conseguentemente tutti gli altri livelli) non possono essere numerati e misurati, perché la serie dei numeri è infinita, non esiste numero che non rimandi a cifre più grandi oltre di sé, mentre l'Essere pieno, essendo la massima determinazione possibile dell'Essere, non potrebbe essere associato ad alcun numero, che invece dovrebbe essere sempre inferiore ad altri possibili. Quindi mi sento di tranquillizzare riguardo l'impossibilità di una mercificazione dell'Essere. A impedirne la mercificazione vi è il suo carattere di universalità: comprendendo l'Essere ogni ente possibile, non può essere oggetto di una misurazione, che è sempre e solo riferibile a quantità potenzialmente limitate e finite, ma comprende ogni possibile misurazione senza essere compreso in nessuna di esse. La mercificazione presuppone la finitezza del suo oggetto. Quando mercifico io strumentalizzo qualcosa, in vista di qualcosa di più grande da conquistare, come è nel gioco del mercato, ma non vi è nulla di più grande dell'Essere, dato che oltre esso c'è il Nulla


La gerarchia di cui parlavo non è da intendersi necessariamente come gerarchia di valore morale, per la quale quanto più si sale di livello quanto più gli enti dovrebbero essere depositari di un valore morale, ma mi limitavo a tratteggiare un sistema di gradi di adeguazione e somiglianza degli enti con l'idea regolativa dell'Essere pieno, Essere non attraversato da nessun divenire, e in relazione a tale idea l'uomo, in virtù della razionalità occupa un posto superiore alle piante e alle pietre, perché maggiormente simile all'idea dell'Ente immutabile e autosufficiente rispetto alle cause esterne ad esso, ma questo non esclude che a livello morale si possa prescindere dalla gerarchia e provare maggiore affetto e simpatia per una pianta e per una pietra rispetto che per un uomo (indipendentemente dal fatto che io condivida o meno tale orientamento affettivo personalmente). Ovviamente so che nella storia della filosofia l'elaborazione di sistemi metafisici di tale tipo non era mai guidato da un'intenzione meramente teoretica, ma andava di pari passo con l'elaborazione di un sistema morale per cui nella vetta della gerarchia non c'era solo l'ente sommamente infinito e autosufficiente, ma anche il Sommo Bene, modello di imitazione per gli enti inferiori, da cui dedurre inevitabili corollari etici prescrittivi, e inevitabilmente anche di natura politica e sociale. Ma non è detto debba essere così per forza, che si debba dedurre un maggiore o minore sentimento morale dal maggiore o minore grado di adeguazione degli enti all'Essere pieno. Questo perché per me i giudizi morali nascono dal sentimento soggettivo, non dalla conoscenza dei fatti oggettivi. Del resto, ogni sentimento di ripulsa o ribellione contro le gerarchie storicamente realizzatesi sta a testimoniare che tale rifiuto convive con il riconoscimento oggettivo di tali gerarchie: eticamente le rinnego e le combatto, ma ne riconosco l'esistenza come dato fattuale oggettivo. Così come la stessa individuazione dell'ente connotato come "desiderante", conscio delle sue mancanze, presuppone la percezione di un'ideale dell'Essere pieno come orizzonte finalistico del movimento mosso dal desiderio: come potrei accorgermi delle mie mancanze, e del mio conseguente desiderio se non raffrontando la mia condizione di ente limitato con l'idea regolativa di Essere pieno e assoluto a cui cerco di adeguare la mia condizione attuale? Tutto ciò presuppone la gerarchia costituita da livelli di pienezza e vuotezza, in quanto senza l'avvertimento di livelli superiori a quello mio attuale, la mia attuale condizione sarebbe appagante e legittimante una staticità senza tensione. Anzi, proprio il tema del desiderio riveste di un certo valore etico, assiologico e sentimentale, non solo teoretico, la gerarchia, dato che qui la pienezza diviene non solo un oggetto di riflessione intellettuale, ma oggetto di desiderio, nei cui confronti desiderare di adeguarsi per sopperire alle nostre mancanze, e lo riveste in modo molto più esplicito di come era posto dal mio discorso! Io mi limitavo a una neutra descrizione senza prescrizioni o giudizi etici disorta...

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