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Esistono le cose?

Aperto da iano, 18 Luglio 2021, 00:35:15 AM

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iano

#30
Citazione di: Phil il 21 Luglio 2021, 13:47:43 PM
...per questo ho "provocatoriamente" proposto di mutare la domanda «esistono le cose?» nella sua forma parziale ed implicita «esistono gli esseri umani?»).
Da qualche punto di indefinito occorre iniziare.
Io questo punto lo chiamo realtà.
L'uomo percepisce le cose compreso se stesso.
Ma cosa c'è dietro l'uomo?
Sembra impossibile non assumere un altro punto di partenza.
Niente di male. Non è proibito. Bisogna solo fare attenzione a non farli proliferare impropriamente.
Una definizione di esistenza in quanto tale si presta bene in effetti a ciò.
Ma applicandola senza accortezza poi ci ritroviamo cose che esistono , ma non sembrano essere fatti della stessa sostanza, come se ad ognuna di esse fosse proprio un diverso grado di esistenza di cui la classica definizione di esistenza non sembra dar conto.
Alcune infatti sembrano sparire quando chiudi gli occhi e altre no.
Nulla sembra eterno se non i nostri punti di partenza ...almeno finché possiamo ipotizzarli noi e poi i nostri eredi.
Immagino L.W. voglia dire che esiste ciò di cui possiamo parlare, e il parlare equivale a vedere, ad aprire gli occhi.
Non capisco quel che scrive L.W. ,ma capisco perché lo scrive.
Cerca di fuggire dal solito che tutti comprendiamo, come insoddisfacente.
È consapevole di ciò, non pretendeva infatti di essere compreso, se non forse da pochi... forse.
Nel peggiore dei casi scriveva per se stesso, nel migliore...chissà'.
Ma noi dobbiamo passare la nostra breve vita a cercare di capire cosa volesse dire, oppure dobbiamo provare a seguirne l'esempio?
Magari per scoprire a posteriori che le confuse idee che produrremo sembrano proprio quelle sue idee che sembravano non comprendere.
Inventiamo tutti ben poco, ma essenziale è credere di essere liberi di farlo.
Un inconsapevole plagio è la sola possibile definizione della "comprensione".
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

atomista non pentito

Scusami ma il rosso ( l'onda elettromagnetica che dall'occhio umano se non daltonico viene percepita come rosso) anche se chiudo gli occhi continua ad esistere , come esiste il tavolo della mia cucina anche quando sono in soggiorno) non e' eterno ed immutabile ma esiste qui ed ora , esisteva ieri , non so se lo fara' domani. Punto.
Se mi tiri un papagno sul naso mi dimostri che esisti , quando non esisterai piu' ( Ti auguro il piu' tardi possibile) il papagno sul naso ( probabilmente non esistero' piu' neanch'io) cmq non lo potrai tirare a nessuno.

Alexander

La semplice apparizione di una cosa nella sua individualità è un dato immediato anteriore e al di fuori di ogni operazione concettuale e consapevole e perciò il suo contenuto è inesprimibile (Bobmax lo definisce Nulla, altri Realtà, ma anche questi sono solo concetti). Quando Alexander  specifica con la parola (es.turchino) questo contenuto, lo pone in rapporto con altre esperienze. Il particolare diventa universale, il transitorio e istantaneo, cui si riduce il "flusso cosmico" nella sua inafferrabile "realtà", si riflette e si trasforma in concetto; non è più il reale in sé, ma il supposto e il relativo. La percezione pertanto è  soltanto la sensazione pura, l'apprendimento immediato anteriore ad ogni partecipazione dell'attività conoscitiva. Soltanto quando l'oggetto è percepito, prima dell'intervento dell'immagine concettuale che ci facciamo di esso, e privo di qualunque determinazione verbale, si produce uno stato di coscienza puramente sensorio. Solo quando, in un secondo tempo, l'oggetto è stato attentamente considerato, esso partecipa della designazione convenzionale con cui è congiunto. In seguito appaiono le idee di essere ecc. in quanto si riferiscono a quel medesimo oggetto considerato attualmente, sempre però secondo quella designazione convenzionale. Queste idee lo determinano concettualmente  e lo esprimono..E qui appare il "rosso" e il "papagno sul naso".

Ipazia

Citazione di: Alexander il 21 Luglio 2021, 09:28:53 AM
C'è da chiedersi come avviene questo "oggettivarsi" della coscienza. la conoscenza  rivela se stessa per sua propria natura come una sintesi inscindibile nella quale non possiamo distinguere né un percepiente, né un oggetto percepito, né la percezione. Essa è coscienza di se medesima. Non è infatti necessaria un'altra conoscenza che la conosca.
Credo abbia molto a che fare con l'evitare i paracarri quando ci si parano di fronte.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alexander

#34
Buon pomeriggio Ipazia



E' sulla base  dele precedenti esperienze che


La coscienza si appropria della sensazione e cerca di intenderla alla luce delle passate esperienze, quindi comportandosi adeguatamente nei riguardi di essa.


"Adeguatamente" significa non finire addosso al paracarro. Il bambino che non ha fatto esperienza del fuoco però mette la manina su di esso. L'esperienza sensoria (dolorosa) determina l'evitamento del fuoco o del paracarro. Ma è in un secondo momento che appare il concetto di "paracarro" e di "fuoco" (per la coscienza). Il processo viene poi armonizzato  perché l'oggettività (per es. distinguere il paracarro da un fuoco) è una categoria della coscienza stessa.

Ipazia

#35
Citazione di: Phil il 21 Luglio 2021, 13:47:43 PM
Citazione di: Ipazia il 19 Luglio 2021, 21:14:47 PM
LW sta facendo ontologia filosofica applicata al linguaggio e al suo spazio logico.
Da quel che so sul Tractatus, mi pare sia l'inverso: l'autore fa palesemente un'indagine di filosofia del linguaggio (formalismo logico, isomorfismo, tavole verità, etc.) appoggiandosi inizialmente a quel minimo inevitabile di ontologia presunta («cose», «oggetti», «sostanza», etc.) per poter dare al linguaggio un necessario referente mondano, ma evitando disquisizioni essenzialmente ontologiche. Indicativo che il "secondo" Wittgenstein proceda sempre sul filone del linguaggio, sottomettendo ulteriormente l'ontologia alla semantica.
D'altronde è difficile fare ontologia, almeno in senso classico, senza coinvolgere nell'analsi la "cosa-uomo", che mi pare (ma potrei sbagliarmi) non sia affrontata ontologicamente da Wittgenstein, che preferisce piuttosto considerare l'uomo come parlante e non come ente (al pari di coloro che nella distinzione soggetto/oggetto non considerano l'altro uomo anche come oggetto onto-logico, prima che come altro-soggetto etico; per questo ho "provocatoriamente" proposto di mutare la domanda «esistono le cose?» nella sua forma parziale ed implicita «esistono gli esseri umani?»).

La sottomissione (implementazione) dell'ontologia al (nel) linguaggio è finalizzata all'accuratezza epistemo-logica, non ad un iperuranio linguistico ontologicamente indifferente ed indipendente. L'opera di LW si innesta nel progetto Frege-Russell di un linguaggio logico-scientifico rigoroso, che dice l'ontologia nella sua datità, nettamente distinto dal discorso etico (lezione di Hume) che dice i valori, ponendoli.

L'esistenza dell'essere umano, nella sua fenomenologica fattualità (ente) ancora non del tutto liquefatta, è postulato imprescindibile di ogni teoresi ontologica ed epistemo/gnoseologica. E derivata semantica.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

#36
Citazione di: Alexander il 21 Luglio 2021, 15:51:59 PM
Buon pomeriggio Ipazia



E' sulla base  dele precedenti esperienze che


La coscienza si appropria della sensazione e cerca di intenderla alla luce delle passate esperienze, quindi comportandosi adeguatamente nei riguardi di essa.


"Adeguatamente" significa non finire addosso al paracarro. Il bambino che non ha fatto esperienza del fuoco però mette la manina su di esso. L'esperienza sensoria (dolorosa) determina l'evitamento del fuoco o del paracarro. Ma è in un secondo momento che appare il concetto di "paracarro" e di "fuoco" (per la coscienza). Il processo viene poi armonizzato  perché l'oggettività (per es. distinguere il paracarro da un fuoco) è una categoria della coscienza stessa.
Il tutto evolutivamente meglio rodato degli intrugli farmaceutici che ci somministrano.

La trazione diretta tra sensorialità e coscienza è assai più intelligente e consapevole di tutta la nostra supponente scienza. Tali meccanismi di retroazione cognitiva "Non sono d'oggi, non di ieri, vivono sempre, nessuno sa quando comparvero né di dove". E sono molto più antichi della nostra specie che li ereditò da antenati preesistenti, che a loro volta ...

Buon giorno, Alexander.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#37
Citazione di: atomista non pentito il 21 Luglio 2021, 14:48:40 PM
Scusami ma il rosso ( l'onda elettromagnetica che dall'occhio umano se non daltonico viene percepita come rosso) anche se chiudo gli occhi continua ad esistere , come esiste il tavolo della mia cucina anche quando sono in soggiorno) non e' eterno ed immutabile ma esiste qui ed ora , esisteva ieri , non so se lo fara' domani. Punto.
Se mi tiri un papagno sul naso mi dimostri che esisti , quando non esisterai piu' ( Ti auguro il piu' tardi possibile) il papagno sul naso ( probabilmente non esistero' piu' neanch'io) cmq non lo potrai tirare a nessuno.
Giusto, ma se tu vivessi in epoca pre  conoscenza onde elettromagnetiche, come risponderesti?
Vivendo in questa epoca aggiungi le onde al colore., mettendole in relazione in modo corretto.
E se vivessi nel futuro, grazie a nuove conoscenze aggiungeresti altro?
Ma di tutto questo elenco quali scegli come esistente? Quale fra questi, applicando la definizione di essere, è in quanto tale?
Le onde elettromagnetiche le vedi con uno strumento.
E quando lo spegni?
Allora siamo punto e a capo?


Ma qui non si mette in dubbio l'esistenza delle cose, ma la definizione di esistenza classica che non sembra più adeguata .Cosa ci dice essa nel caso del nostro esempio?
Che il rosso è in quanto tale.
Ci dice anche che le onde elettromagnetiche sono in quanto tali.
Quindi ci sono due cose diverse in quanto tali che però sono la stessa cosa in quanto tale?
Una conclusione poco elegante a dir poco.
La causa di ciò  è una definizione non più adeguata , rispetto alle nostre conoscenze ,di esistenza.
Proviamo a sostituirla con "esiste ciò che risulta dalla nostra interazione con la realtà." Volgarmente e metaforicamente detto "aprire gli occhi".
Da cui: " se cambia l'interazione cambia il risultato"
Quindi avremo il rosso o l'onda elettromagnetica e sono cose distinte, perché derivano da una distinta interazione con la realtà.
Essendo distinte poi, possiamo metterle in relazione fra loro, proprio come hai fatto tu.
Appare chiaro adesso che rosso e onda non sono due nomi diversi per la stessa cosa.
Sono due cose distinte , con una esistenza indipendente, ma in relazione fra loro, ed è una relazione deterministica.
Quando ci colpisce una determinata onda in un dato range di frequenza (causa) noi vediamo rosso ( effetto).
Ora rimane da chiedersi, grazie a questo esempio, se il determinismo che attribuiamo intrinsecamente alla realtà, non sia esso stesso solo il prodotto della nostra interazione con la realtà, come appunto nell'esempio precedente.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#38
@ Atomista non pentito.
Leggendo meglio tu affermi che il rosso esiste anche quando chiudi gli occhi.
Penso che dovresti giustificare meglio questa affermazione.
Secondo quanto tu stesso hai affermato, come fa' ad esistere il rosso quando l'onda non colpisce l'occhio?
Perché questo tu stesso hai spiegato essere il rosso.
Dovremmo meglio dire che permane la proprietà dell'oggetto che hai visto rosso, anche quando chiudi gli occhi, di assorbire tutte le frequenze meno alcune, quelle corrispondenti al rosso.
Potremmo dire che permane anche il tuo sistema percettivo nel suo essere sensibile a quelle frequenza, anche quando non le riceve.
Io non voglio dire che questi discorsi sono del tutto errati.
Dico che si possono fare discorsi più coerenti con una diversa definizione di esistenza, la quale non solo riduce la contraddittorietà dei nostri discorsi, ma non ne aggiunge neanche di nuove e diverse, fatto salvo il contraccolpo che ricevono le nostre abitudini che formano il senso comune.
Attraverso l'esistenza delle cose spieghiamo il determinismo, eleggendo le cose a causa od effetto.
La definizione di esistenza, come esistenza in se' delle cose risponde bene a questa esigenza.
Essa ci da' conto delle cause e degli effetti con cui spiegare il determinismo.
Ma non c'è un solo modo di spiegarlo.
Newton lo spiega usando certe cose.
Einstein lo spiega usando un altro gruppo di cose.
Non possono tutte queste cose esistere in se' tutte insieme, e magari insieme ad altre che col tempo si aggiungeranno grazie a nuove teorie.
Per Einstein lo spazio tempo è una cosa in se'.
Per Newton lo spazio e il tempo sono cose in se'.
Questa definizione delle cose in se' non sembra regalarci una visione coerente di un mondo fatto di cose in se'.
Le cose vengono create dalle teorie e/o dalle nostre percezioni.
Prima di Einstein, quando non avevamo teorizzato lo spazio tempo, esso esisteva comunque?
Ed esiste gia' oggi ciò che ancora non sappiamo, ma un giorno teorizzeremo?
Si,  esiste, ma non nel senso delle cose in se'.
È un modo inadeguato ormai di vedere le cose, nella misura  in cui questo "vedere" si è evoluto diversificandosi.
Si può scegliere una definizione, non dico più giusta, ma più adeguata.
Non "esiste" la definizione giusta di esistenza.
Esistono solo quelle che noi decidiamo, per i motivi che vogliamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

atomista non pentito

Personalmente non riesco a condividere il fatto che " il mondo ( concedetemi di chiamarlo cosi' , mi piace di piu' dell' "esistente") "sia" esclusivamente perché (se) lo percepisco. L'oggettivita' dell'esistente , a mio parere , non e' mai superata. Viene superata di volta in volta la rappresentazione che se ne puo' dare (vedi progredire degli strumenti scientifici et similia) . La sostanza ( in continuo divenire) resta. Le cose esistono ( anche se tutto muta).
p.s Se sto facendo perdere tempo smetto.

iano

Citazione di: atomista non pentito il 22 Luglio 2021, 10:13:18 AM
Personalmente non riesco a condividere il fatto che " il mondo ( concedetemi di chiamarlo cosi' , mi piace di piu' dell' "esistente") "sia" esclusivamente perché (se) lo percepisco. L'oggettivita' dell'esistente , a mio parere , non e' mai superata. Viene superata di volta in volta la rappresentazione che se ne puo' dare (vedi progredire degli strumenti scientifici et similia) . La sostanza ( in continuo divenire) resta. Le cose esistono ( anche se tutto muta).
p.s Se sto facendo perdere tempo smetto.
Siamo qui per perdere tempo 😄
Grazie per il tuo contributo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Ipazia

Chi nega i paracarri, finisce con lo sbattervi addosso. Il mondo esiste e ne dà prova in ogni momento (nascite, decessi e impatti vari) a prescindere da chi lo popola. Non è sufficiente il pensiero del cibo per avere la pancia satolla. La realtà è sempre lì ad attenderti al varco dei tuoi sogni. Che sono così noiosamente interpersonali da chiederti, come fa phil e in maniera diversa bobmax, "ma l'uomo/io esiste/o ?". Rispondo: sì, perchè senza questo postulato non si va da nessuna parte. Chi lo nega sta negando qualcosa dalla parte di un nulla, e si ritorna all'unsinnig metafisico sanzionato da LW.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alexander

Ciò che "è " , che viene anche detto noumeno, è indicibile e quindi anche dire che "è" è una specie di forzatura, perché "sono" le cose che costruiamo concettualmente  attraverso le sensazioni pure  che ci trasmettono i sensi. Per questo (in questo senso) il mondo, che è l'insieme dei concetti sul mondo, è una creazione della coscienza. Creazione non arbitraria, ma che segue un suo criterio di efficienza e di obiettività, che non è però nelle cose, ma nella coscienza delle cose stessa. Coscienza non personale, individualizzata, ma manifestazione infinita di possibilità  che determinano, sottostando a questa insita  categoria di oggettività, la sensazione che il mondo sia reale, con la sua armonia e le sue leggi, che invece sono l'armonia e le leggi della coscienza stessa che si "riverbera" su ciò che "è".

iano

#43
Citazione di: Ipazia il 22 Luglio 2021, 10:52:38 AM
Chi nega i paracarri, finisce con lo sbattervi addosso. Il mondo esiste e ne dà prova in ogni momento (nascite, decessi e impatti vari) a prescindere da chi lo popola. Non è sufficiente il pensiero del cibo per avere la pancia satolla. La realtà è sempre lì ad attenderti al varco dei tuoi sogni. Che sono così noiosamente interpersonali da chiederti, come fa phil e in maniera diversa bobmax, "ma l'uomo/io esiste/o ?". Rispondo: sì, perchè senza questo postulato non si va da nessuna parte. Chi lo nega sta negando qualcosa dalla parte di un nulla, e si ritorna all'unsinnig metafisico sanzionato da LW.
Confermo.
Ad esempio io adesso sono qui seduto sopra una paracarro e aspetto Bartali.🙏
Da ciò deduco che la realtà  esiste. Anzi a dire il vero io la ipotizzo a priori, e così mi tolgo il pensiero.
Poi devo anche ipotizzare "noi stessi", e sia...sperando così di aver esaurito le ipotesi, che meno sono e meglio è.
Ma il punto è che la definizione dell' "essere in se'", appunto , moltiplica le ipotesi di esistenza a piacere.
In se' può essere tutto e il contrario di tutto, e, seppure le cose nel loro stare quanto nel loro divenire, possano presentarsi in diversa forma, a seconda di come le indaghiamo, ipotizziamo pure una loro sostanza di base.
Tutto ciò non manca di funzionare, ma credo si possa fare di meglio.
In effetti io vorrei apparire più pratico di quanto tu tuo professi, come mi pare.
Non vado ad esempio alla ricerca della verità, e ritengo ciò mi dia  un vantaggio, perché mi libera da pastoie non necessarie, a mio modo di vedere.
Vado alla ricerca di una diversa definizione di esistenza che meglio renda conto , dentro un quadro più agevole, delle nostre recenti esperienze.
Così una volta ipotizzata necessariamente una realtà e noi stessi, affermò che esiste ciò che risulta dalla nostra interazione con la realtà.
A spanne mi pare che tale definizione risolva molte contraddizioni in "essere" , senza aggiungerne  di nuove.
Non devo preoccuparmi più del perché la presunta stessa sostanza appaia ora come particella, ora come onda. Non appare diversa, è diversa, perché diversa è la mia interazione con la realtà.
Queste diverse cose nascono in relazione fra loro dentro a un quadro deterministico, e quindi mi chiedo se per caso il determinismo non sia intrinsecò alla realtà , nel senso che non lo è forse, non necessariamente lo è, se non limitatamente ai prodotti delle suddette interazioni che entrano a far parte come sopra detto della realtà una volta prodotte.
Tutte le teorie fisiche sono deterministiche, e tutte nascono dalla nostra interazione con la realtà.
Anche la MQ che si dice essere fondata sul caso, è in effetti la più deterministica delle teorie.
Nessuna altra infatti le sta a pari in quanto a potere predittivo.
Essa però tratta di una funzione d'onda di probabilità e di oggetti che possono occupare uno spazio indefinito.
Non sembrano cose che si possa dire esistano in se'.
A tutto somigliano meno che a un paracarro.
Esse cozzano col nostro senso comune basato sull'esistenza delle cose in se'.
Questo è il vero problema, non tanto della MQ, che prosegue imperterrita per la sua strada che sia delimitata o meno da paracarri, ma nostro, che di essa vorremmo essere pienamente partecipi, allo stesso modo che lo siamo stati finora dei paracarri.
Una nuova definizione di esistenza che dia diritto di cittadinanza alla funzione d'onda e simili "stranezze" renderebbe la teoria più accessibile al nuovo senso comune che ne deriverebbe e renderebbe i supposti noi più partecipi alle interazioni che l'umanità, con noi o senza di noi, intrattiene con la supposta realtà.
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bobmax

L'oggettività dell'esistente non può essere superata, perché se lo fosse non vi sarebbe più alcun esistente.

E comunque non può neppure non esservi alcun esistente, perché l'esistenza consiste proprio nell'esserci di qualcosa.

Difatti, pure la famosa 'fondamentale' domanda: "Perché c'è qualcosa invece che nulla?" è in realtà un pensiero vuoto, che si auto contraddice.
Perché l'esserci è esserci di qualcosa!

Per cui la questione non è relativa all'esistente, sia esso oggetto oppure soggetto, ma all'esserci in quanto tale.

È l'esserci reale, per davvero, o non è invece solo una apparenza?
Io chi sono?

Dovunque ci inoltriamo alla ricerca della Verità, immancabilmente ci troviamo davanti ad un limite, dove il pensiero razionale deve necessariamente arrestarsi.

L'ipotesi più probabile, a mio avviso, è che questo esserci altro non sia che il sogno di Dio.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

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