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Esistono le cose?

Aperto da iano, 18 Luglio 2021, 00:35:15 AM

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iano

#15
Citazione di: bobmax il 18 Luglio 2021, 23:04:34 PM
Citazione di: iano il 18 Luglio 2021, 22:15:55 PM
Citazione di: bobmax il 18 Luglio 2021, 21:40:55 PM
@Iano

Beh, come altro chiamare ciò che sta a monte della scissione soggetto/oggetto?
Dove già quel "ciò" è di troppo?

Visto che comunque non esiste, perché oltre la scissione, non è forse dal nostro punto di vista (esserci) Nulla?
Ok. Solo che ciò che tu chiami nulla io preferisco chiamare realtà, anche se l'uno e l'altro risultano parimenti inaccessibili nella loro essenza.
Diciamo che preferisco rapportarmi con una realtà a monte, piuttosto che col nulla.
Tu poni a fondamento del tuo discorso là distinguibili ta', e in particolare la scissione fra soggetto ed oggetto.
Lo comprendo. Il fatto è che, come meglio non saprei spiegare, intuisco questa distinzione non cosi netta e definitiva.
Il soggetto muta in continuazione , e quindi anche l'oggetto.
Ma se la realtà è l'unione dei due, in quanto tale, non muta.
Nel senso che rimane sempre l'unione dei due.

La distinzione non è definitiva per quale motivo?

Non è forse etico il motivo?

La distinzione, la scissione, la separazione, permettono l'esistenza.
Tuttavia non sono pure la fonte di ogni male?

Sì, Realtà, Essere, Uno, Nulla, sono il medesimo.
Nulla mi sembra però che meglio di altri termini sfugga alla nostra tentazione di appropriarcene.
Cioè farlo diventare esistente, cosa tra le cose. Perciò un ente, magari un super ente, ma che deve esistere.
Come è successo con il termine Dio, e così perdendone la trascendenza.
Capito finalmente cosa intendi per questo nulla. ;)
Che sia il nulla o la realtà per me è solo un personaggio immaginario senza il quale non si può raccontare la storia, ma ci che conta per me non è la realtà o il nulla, ma la storia da raccontare.
Se però tu derivi il male da una scissione netta e ben definita ho buone notizie per te.
Non è netta ne' ben definita ne' tanto meno definitiva.
Almeno così intuisco io.
Di questa indefinitezza è fatto l'essere.
Non abbiamo da ricongiungerci a nulla perché non ci siamo mai veramente divisi.
Non nascondo che dietro ci sia un mistero insondabile, ma me ne sono ben fatto una ragione da quel mo'. :)
Confesso di avere scarsa percezione di cosa sia il male.
Certo a volte mi sembra di sbagliare, ma è solo l'occasione per far poi giusto il doppio.
Diciamo che in merito ho abbastanza idee confuse, ma nessuna di queste mi porta a scenari catastrofici e pessimistici.
Siamo un accumulo di correzioni di errori , dove però l'errore è più un libero errare che da senso all'individuo.
Siamo in tanti e occorre andar d'accordo, ma non c'è un modo predefinito per farlo.
Ciò che conta è non smettere mai di giocare senza prendersi troppo sul serio.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Salve iano. Non si tratta di coraggio. Il fatto è che nulla è più relativo della valutazione (autovalutazione piuttosto che eterovalutazione) delle qualità o delle carenze intellettuali delle persone.

Ciascuno veda da sè se secondo lui esistono - ed eventualmente chi siano - le teste d'uovo di recente comparsa all'interno del Forum. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

@Iano

La scarsa percezione di cosa sia il male può, secondo me, dipendere dal momento di evoluzione spirituale in cui ci si trova.

Intravedo sostanzialmente tre momenti di questa evoluzione:

Il primo è il mero esserci, dove il bene e il male sono ancora per lo più inconsapevoli.
Questo primo stadio è anche descritto come il paradiso terrestre.

Vi è poi il secondo momento. Che chiamerei esistenziale.
Sì è ormai consapevoli del bene e del male e se ne vivono le conseguenze. Questo secondo stadio corrisponde alla cacciata dal paradiso terrestre.

Infine il terzo momento potremmo chiamarlo di liberazione o illuminazione.
Qui la sofferenza per il male si affievolisce fino a scomparire. Ma non è un ritorno al paradiso terrestre come potrebbe sembrare ad uno sguardo sprovveduto...
È invece il superamento dell'esserci, della separazione. Che è la causa di ogni male. Qui avviene infatti la morte dell'io.

Da quanto sostieni potresti essere, secondo me, nel primo o nell'ultimo stadio.

Sebbene, questi tre momenti non siano mutuamente esclusivi. I passaggi tra uno e l'altro non sono netti, si accresce solo man mano la preponderanza del momento successivo.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

atomista non pentito

Dopo aver letto attentamente tutta la trafila , sono giunto ad una conclusione del tutto personale :  meglio quando si era costretti a lavorare (almeno)  12 ore in campagna per il semplice fatto che era molto piu' agevole addivenire alla conclusione che le cose esistono. Cmq ammetto che l'esercizio filosofico e' carino.

paul11

 ......E daccapo. Tutto ciò che il pensiero umano chiama all'esistenza esiste: un ricordo, l'ircocervo, e l'ippogrifo. Un ricordo forse non vive in noi? L'ircocervo e l'ippogrifo se li narro li faccio vivere quanto il capro, il cervo e il cavallo. Cosa allora significa "percepire"? Con i sensi? Il cervello è nella pelle, negli occhi, nelle orecchie? Oppure i sensori sono collegati ad un cervello che "sente", che "vede", che "ode". Che forse un cieco ,un sordo, non sanno vivere e chiamare all'esistenza a loro volta le loro forme di rappresentazione del mondo?


Altro è dire che la "dimostrazione" di ciò che è "vero" è "solo" in ciò che vedo, ascolto......ipocrisia.
Che forse la storia passata è stata vissuta dagli attuali viventi? E ci si crede...e perché?
Il labile confine dell' "esistere" filosofico, è lo stesso confine  nella caverna di Platone:
dove c'è il falso, il verosimile e il vero.
Il "pensiero" di Wittgenstein , affinché la sua testa non sia un orpello , un suppellettile per ornamentare arredi,  "pensa" prima di dire. E il pensare è superiore al vedere. Se le sue tavole della verità logiche sono applicabile a primitive formulazioni proposizionali che costituiscono ad esempio  algoritmi e non oltre, significa che lui ha giustamente delimitato il confine in cui un certo linguaggio può definirsi, ma riconosce che c'è altro da quello spazio linguistico che ha tentato di definire. E quell'"altro" è un intero mondo.

Ipazia

Citazione di: iano il 18 Luglio 2021, 22:04:13 PM
Citazione di: Ipazia il 18 Luglio 2021, 16:13:04 PM
2.12 L'immagine è un modello della realtà.
2.14  L'immagine consiste nell'essere i suoi elementi in una determinata relazione l'uno all'altro.
2.141 L'immagine è un fatto.
3. L'immagine logica dei fatti è il pensiero.
3.01 La totalità dei pensieri veri è un'immagine del mondo.
4. Il pensiero è la proposizione munita di senso.

Per quel poco che capisco mi sembra interessante il punto 2.14 unito al punto 2.12.
Questi due punti sembrano dirci che il determinismo sia intrinsecò ad ogni modello della realtà, ma non necessariamente alla realtà stessa.
Non credo possiamo separare le due cose. La realtà la esperiamo come umani, non come elettroni
CitazioneIl determinismo è una esigenza strutturale non della realtà, ma di ogni modello possibile della realtà.
Il determinismo è alla base del metodo scientifico (per la gioia di viator). Il che non è uno sfizio metafisico, ma ciò che ci permette di volare pur non avendo le ali.
CitazioneIn altre parole, per quel che ne sappiamo, la realtà potrebbe essere non deterministica quanto potrebbe esserla, ma un modello di realtà non può non essere deterministico, al punto che potremmo dire che  il modello potrebbe essere tanto migliore quanto più è determistico.
Il modello è funzionale all'uso che se ne fa. Il modello di calcolo preciso (quindi dialogante con la realtà) di un ponte ci permette di attraversarlo senza patemi. Mi sembra una questione importante.
Citazione
Quindi potrebbe non essere un caso che la meccanica quantistica si mostri superiore alla meccanica newtoniana , in quanto di quella ancor più deterministica, nonostante l'opinione contraria diffusa.
La meccanica quantistica infatti non mette in crisi il determinismo, ma il concetto stesso di esistenza, secondo me.
Infatti si riferisce ad una funzione d'onda , ma guardandosi bene dal fondare se stessa sulla sua esistenza.
Se però per ipotesi diamo alla funzione una patente di esistenza, la storia che dimessa ci racconta la MQ è molto meglio dettagliata e determinata della storia che delle palle da biliardo ci racconta Newton. 
Possiamo quindi riformulare il tema di questa discussione nei termini di quella nuvola di probabilità che è la funzione d'onda.
Siamo in grado di percepirla? Di vederla in un senso generalizzato , cioè con gli occhi, con la mente, con gli strumenti o con la scienza?
La risposta più semplice è si.
Certo i suoi confini non sono ben definiti perché possa acquisire diritto di cittadinanza nello stato dell'esistenza.
Ma forse che quelli di una palla da biliardo, a ben considerarla, invece lo sono?
Se tali ci sembrano ciò deriva solo da consuetudine per diretta esperienza.
Ma chi ha detto che un esperienza diretta debba valere più di una esperienza indiretta?
Non è certo cio' a fare significativa  differenza se non per questione di irrilevante, appunto, affezione e di insignificante consuetudine.
La realtà funziona bene anche in assenza di una modello che ne esaurisca gli aspetti deterministici. Guardando le stelle si navigava bene anche quando si pensava che la terra fosse al centro dell'universo. Prima di una teoria deterministicamente compiuta, vi è l'esperienza empirica, che ha permesso di costruire macchine funzionanti con modelli teorici apparsi al senno di poi  assolutamente scadenti e pure sbagliati nella valutazione deterministiche delle cause e degli effetti. Man mano che le conoscenze sperimentali si accumulano si perfeziona anche il modello esplicativo e si trova modo di ampliarne il potere sulla realtà. Questo vale anche per l'alea attuale di indeterminismo della mq.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: viator il 18 Luglio 2021, 17:30:10 PM
2.12 L'immagine è un modello della realtà.
2.12 Viat : NON CI SIAMO.
L'immagine sarà pure un modello, ma il riconoscimento della realtà presuppone la capacità di uscire dalla soggettività. IMPOSSIBILE.
Il metodo scientifico ci prova e, con le dovute conferme sperimentali, spesso ci azzecca.
Citazione2.14  L'immagine consiste nell'essere i suoi elementi in una determinata relazione l'uno all'altro.
2.14 Viat : ok, ma si tratta di riflessione senza significato. Afferma che l'immagini ha componenti relative e non assolute.
L'assoluto è insensato, unsinnig. Il pugno che ti arriva e l'occhio nero sono in una determinata (e riproducibile) relazione l'uno all'altro. un "fatto" pieno di significato.
Citazione2.141 L'immagine è un fatto.
2.141 Viat : opinabile, ma facciamo finta di nulla.
Opinabilissima nel merito ma non nel metodo, perchè con questo fatto, assemblante molteplici stati di cose che chiamiamo percezione, ci facciamo tutto (includendo le protesi).
Citazione3.01 La totalità dei pensieri veri è un'immagine del mondo.
3.01 Viat : il concetto di "vero" e quello di "realtà" potrebbero far compagnia alla coppia "Il gatto e la volpe" all'interno della favola di Pinocchio.
Ma anche no. Un'immagine vera del mondo non include zxcvb. E nemmeno unicorni, se ci limitiamo al mondo reale. Fino a prova contraria. Perchè appunto di immagine si tratta. Limitata all'attuale episteme.
Citazione4. Il pensiero è la proposizione munita di senso.
4. Viat : a questo punto la coppia del punto 3.01 diventa un bellissmo trio. Infatti il concetto di "senso" è tipicamente privo di senso.
Il concetto di senso by LW esclude "zxcvb". E include "cane".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: Phil il 18 Luglio 2021, 18:40:13 PM
(il Tractatus non è infatti un testo di ontologia; vedi proposizioni: 2.021, 2.024, 2.031, etc.)
Quando LW scrive "I fatti nello spazio logico sono il mondo" è chiaro che non intende il mondo dei geologi, gli oggetti dei fisici e le sostanze dei chimici. LW sta facendo ontologia filosofica applicata al linguaggio e al suo spazio logico. Ovvero epistemo-logico. "Materia" non troppo lontana dalla materia dei fisici. Utile ai ricercatori per modellare il loro pensiero nel pensare il mondo, in tutte le sue declinazioni.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#23
Citazione di: Ipazia il 19 Luglio 2021, 18:49:49 PM
Citazione di: iano il 18 Luglio 2021, 22:04:13 PM
Citazione di: Ipazia il 18 Luglio 2021, 16:13:04 PM
2.12 L'immagine è un modello della realtà.
2.14  L'immagine consiste nell'essere i suoi elementi in una determinata relazione l'uno all'altro.
2.141 L'immagine è un fatto.
3. L'immagine logica dei fatti è il pensiero.
3.01 La totalità dei pensieri veri è un'immagine del mondo.
4. Il pensiero è la proposizione munita di senso.

Per quel poco che capisco mi sembra interessante il punto 2.14 unito al punto 2.12.
Questi due punti sembrano dirci che il determinismo sia intrinsecò ad ogni modello della realtà, ma non necessariamente alla realtà stessa.
Non credo possiamo separare le due cose. La realtà la esperiamo come umani, non come elettroni
CitazioneIl determinismo è una esigenza strutturale non della realtà, ma di ogni modello possibile della realtà.
Il determinismo è alla base del metodo scientifico (per la gioia di viator). Il che non è uno sfizio metafisico, ma ciò che ci permette di volare pur non avendo le ali.
CitazioneIn altre parole, per quel che ne sappiamo, la realtà potrebbe essere non deterministica quanto potrebbe esserla, ma un modello di realtà non può non essere deterministico, al punto che potremmo dire che  il modello potrebbe essere tanto migliore quanto più è determistico.
Il modello è funzionale all'uso che se ne fa. Il modello di calcolo preciso (quindi dialogante con la realtà) di un ponte ci permette di attraversarlo senza patemi. Mi sembra una questione importante.
Citazione
Quindi potrebbe non essere un caso che la meccanica quantistica si mostri superiore alla meccanica newtoniana , in quanto di quella ancor più deterministica, nonostante l'opinione contraria diffusa.
La meccanica quantistica infatti non mette in crisi il determinismo, ma il concetto stesso di esistenza, secondo me.
Infatti si riferisce ad una funzione d'onda , ma guardandosi bene dal fondare se stessa sulla sua esistenza.
Se però per ipotesi diamo alla funzione una patente di esistenza, la storia che dimessa ci racconta la MQ è molto meglio dettagliata e determinata della storia che delle palle da biliardo ci racconta Newton. 
Possiamo quindi riformulare il tema di questa discussione nei termini di quella nuvola di probabilità che è la funzione d'onda.
Siamo in grado di percepirla? Di vederla in un senso generalizzato , cioè con gli occhi, con la mente, con gli strumenti o con la scienza?
La risposta più semplice è si.
Certo i suoi confini non sono ben definiti perché possa acquisire diritto di cittadinanza nello stato dell'esistenza.
Ma forse che quelli di una palla da biliardo, a ben considerarla, invece lo sono?
Se tali ci sembrano ciò deriva solo da consuetudine per diretta esperienza.
Ma chi ha detto che un esperienza diretta debba valere più di una esperienza indiretta?
Non è certo cio' a fare significativa  differenza se non per questione di irrilevante, appunto, affezione e di insignificante consuetudine.
La realtà funziona bene anche in assenza di una modello che ne esaurisca gli aspetti deterministici. Guardando le stelle si navigava bene anche quando si pensava che la terra fosse al centro dell'universo. Prima di una teoria deterministicamente compiuta, vi è l'esperienza empirica, che ha permesso di costruire macchine funzionanti con modelli teorici apparsi al senno di poi  assolutamente scadenti e pure sbagliati nella valutazione deterministiche delle cause e degli effetti. Man mano che le conoscenze sperimentali si accumulano si perfeziona anche il modello esplicativo e si trova modo di ampliarne il potere sulla realtà. Questo vale anche per l'alea attuale di indeterminismo della mq.
L'esperienza empirica è già deterministica, anche se non messa sulla carta in forma di modello.
Certo che funziona, ma si può fare di meglio e quel meglio lo si è messo nero su bianco.
L'interazione con la realtà, in qualunque forma la mettiamo, non può non essere che deterministica, per poter funzionare.
Ma dedurre da ciò  che la realtà sia deterministica forse non è passaggio logico ovvio come sembra.
Il punto è che il determinismo sembra aver bisogno di un essere in quanto tale da additare come causa o effetto.
La MQ però sembra mettere in crisi questo assunto.
La funzione d'onda ,oggetto della MQ, non è in quanto tale. Eppure la meccanica quantistica è ancora deterministica,
Esiste la funzione d'onda?
Questa discussione verte appunto sull'esistenza delle cose.
Credo che qualunque risposta si dia, affermativa come negativa, la corrente concezione dell'essere non ne esce indenne.
Ad occhio e croce, applicando il rasoio di Occam, la risposta giusta è quella affermativa.
Naturalmente non basta aprire gli occhi per vederla, ma la mente, come saggiamente suggeriva Daniele.
Ma il modo in cui vediamo le cose e' solo un dettaglio.
Come esercizio per casa ci si dovrebbe sforzare poi, coerentemente, di vedere le palle da biliardo con la mente. 😁
Alla fine potremo dire, se tutti questi esercizi riescono, di aver chiarito , in un senso più lato ed esaustivo, cosa sii debba intendere per percezione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#24
Riassumendo:
"L'essere non è più in quanto tale, senza che perciò abbia a dissolversi".
Anche perché, diciamoci la verità, la classica definizione di essere, come in quanto tale, non è mai stata soddisfacente.
L'essere in quanto tale appare come dal nulla, inteso come nulla filosofico, perché dal nulla fisico sembra che tutto possa apparire oggi come oggi.
La definizione classica di essere si può continuare proficuamente ad usare, ma senza nascondersi che le cose nascono , permangono e muoiono, e non lo fanno certamente in quanto tali.
Nuove possibili definizioni di essere, come abbiamo visto, non mettono in crisi il determinismo.
Su questo fronte non abbiamo nulla da temere quindi, se non fosse che il determinismo è certamente proprio dell'esperienza umana, empirica o scientifica che sia, ma forse non proprio attributo della realtà.
Perché comunque se il determinismo si basa sulla definizione di essere, considerate voi se una realtà fatta di funzioni d'onda di probabilità, se le si ammette come cose che sono, possa dirsi ancora deterministica nel vecchio senso.
Insomma, se accettiamo di ridefinire l'essere , tutto viene a ridefinirsi, ma ciò non è necessariamente un male, se non nel breve termine nel quale le nostre consolidate convinzioni si frantumano, sperando io nel frattempo di non avervi frantumato quelle, cosiddette vostre,  da biliardo. ;)


Concludendo, l'essere non è in quanto tale, ma in quanto ci da' conto delle nostre esperienze deterministiche.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alexander

Buongiorno a tutti



Se la realtà dell'oggetto è indubitabile, parimenti lo è la presenza in noi di un elemento conoscitivo che chiamiamo coscienza, che rappresenta il centro della personalità e della responsabilità umana. La conoscenza viene suscitata dal contatto con gli oggetti esterni, che determinano uno stimolo che arriva alla coscienza attraverso i sensi. Si trasforma in sensazione quando ne diventiamo consapevoli. La coscienza si appropria della sensazione e cerca di intenderla alla luce delle passate esperienze, quindi comportandosi adeguatamente nei riguardi di essa. A fianco di questa percezione sensoria esiste anche una percezione mentale: in questo caso lo stimolo non parte da un oggetto, ma da un'idea o da un'immagine mentale.
L'oggetto e la conoscenza dell'oggetto sono una medesima cosa: coscienza e contenuto sono percepiti infatti insieme in quanto si unificano in un solo momento cosciente. Il turchino e la consapevolezza del turchino sono  una stessa cosa. La distinzione che comunemente si fa  tra percezione e suo contenuto è illusoria. Noi abbiamo infatti solo una consapevolezza di turchino, cioè una consapevolezza che ha l'aspetto del turchino. Quando questa manifesta aspetti di spazialità, ecc. assume l'aspetto di qualcosa di esterno.
Quindi il contenuto della conoscenza non viene dal di fuori ma è insito nella conoscenza stessa. La forma dell'oggetto è nella conoscenza. Ogni rappresentazione è nello stesso tempo rappresentazione di un oggetto e rivelazione di se medesima; l'oggetto però è anch'esso cognizione e tra i due non c'è differenza: essi sono la stessa una e identica cosa. La conoscenza non può non apprendere il proprio contenuto sotto forma di oggetto e non c'è bisogno che intervenga un nuovo atto conoscitivo:

L'essere delle cose coincide con il loro essere conosciute


Infatti, se l'oggetto fosse distinto dalla sua rappresentazione non potrebbe mai essere appreso, non essendovi rapporto alcune fra due sostanze diverse.
Questo naturalmente non implica che il mondo, privato di ogni contenuto oggettivo, sia un contraddittorio seguirsi di fantasmi illusori. Il criterio dell'obiettività vale per questo manifestarsi: la legge dell'efficienza è valida per esso. Il mondo empirico è ideale, ma non per questo è destituito di ordine, armonia e di una legge. L'oggettività è infatti una categoria  della coscienza e fin che ci troviamo su questo piano essa si scinde e riverbera in infinite sue manifestazioni e noi ci muoviamo secondo leggi precise a cui tutti sottostanno, come se il mondo creato dalla coscienza fosse reale.
C'è da chiedersi come avviene questo "oggettivarsi" della coscienza. la conoscenza  rivela se stessa per sua propria natura come una sintesi inscindibile nella quale non possiamo distinguere né un percepiente, né un oggetto percepito, né la percezione. Essa è coscienza di se medesima. Non è infatti necessaria un'altra conoscenza che la conosca. La consapevolezza del colore turchino  non è manifestata da un'altra conoscenza. Se così fosse, necessariamente si cadrebbe in un regressus ad infinitum, se cioè la conoscenza non si rivelasse da se medesima, dovrebbe dipendere da un'altra e questa a sua volta da un'altra ancora, senza trovare termine a questo processo. Accade come per la luce che illumina le cose e se stessa appunto perché è luce e non ha bisogno di un'altra cosa che la illumini. Questo non significa che la rappresentazione sia per se stessa valida, anzi, è intrinsecamente non valida. la sua validità può essere inferita estrinsecamente quando è stata messa alla prova. Questa prova consiste non solo nel suo non essere contraddetta, ma soprattutto nella sua efficienza. Perciò, più che di una conoscenza  non falsa, si dovrebbe parlare  di una conoscenza non contraddetta o non deludente.


iano

#26
Citazione di: Alexander il 21 Luglio 2021, 09:28:53 AM





L'essere delle cose coincide con il loro essere conosciute



Direi che è una frase concisa quanto densa.

Cioè le cose esistono in quanto sono il prodotto del nostro rapporto con la realtà, direi io allungando il brodo.
Questi prodotti diventano quindi nuova parte della realtà, e  l'avere un rapporto con la realtà include percio' un avere un rapporto con esse.
Questo è un processo tutto interno alla realtà, in quanto il conoscente ne è parte.
Nel processo della conoscenza è come se la realtà mettesse un po' di ordine in se' stessa usando come etichette le cose.
Il determinismo quindi nasce insieme alle cose.
Tutto ciò naturalmente è opinabile, ma insisterei sul fatto che le cose sono il prodotto del nostro rapporto con la realtà e che non nascono quindi in modo indipendente una dall'altra, essendo figlie dello stesso processo, ma in un già " determinato modo" , cioè in dipendenza una dall'altra.
Quindi il determinismo è intrinsecò alla natura, ma solo relativamente al processo che produce le cose.
O, se preferite, non è intrinseco alla natura nella misura in cui tale processo non è univoco.
È il processo non è univoco perché il conoscente è relativo e muta in ragione del processo stesso di conoscenza.
Io però allargherei il processo riferendolo alla vita , invece di restringerlo all'uomo cosciente, per evitare di cadere nel solito, seppur scusabile vizio di noi uomini, di guardarci l'ombelico.
Eviterei quindi anche di dare eccessiva importanza alla coscienza che è certamente ciò che meglio ci caratterizza nel regno animale e la cui importanza perciò ci piace esagerare.
In un senso più generale, parlando di azioni, la coscienza è ciò che fa da tramite fra esse, di modo che una precedente diventi causa possibile, non univocamente determinabile, di una successiva.
Potremmo riassumere ciò col termine di esperienza , la quale quando diventa saggezza assume un ordine deterministico, ma che per poter essere veramente tale deve tenersi cara una buona dose di aleatorietà.


Quando lanciamo un dado ci piace dire di non poter conoscere il risultato del lancio in anticipo.
È solo una mezza verità.
La verità completa è che noi non vogliamo conoscere il risultato in anticipo.
Infatti abbiamo costruito il dado proprio a questo scopo.
Ma il dado da solo non basta. Bisogna anche "non saperlo lanciare".
Infatti con un lancio breve potrei nel tempo acquisire abilità che comprometta il risultato, che noi cerchiamo , e perciò riusciamo ad ottenere, del 50 e 50.
Più divento abile nel lancio più mi produco nel pensare a un nuovo lancio "ignorante" che al limite si complica fino all'infinito , ma il cui fine è il 50 e 50.
È veramente strano dunque il nostro rapporto col caso, perché lo temiamo quanto lo cerchiamo.
La verità è che l'unico caso che conosciamo come per certo tale è quello che riusciamo a riprodurre ingannando ed eludendo le nostre conoscenze e le nostre abilità , come se il caso non fosse altro che pura ignoranza, come una realtà vergine, prima della conoscenza a cui tendiamo a volte con nostalgia.


E ridaje. Gli echi biblici ci ronzano sempre nelle orecchie alla fine.😊
Bobmax sono sicuro approverà.😇
Io la chiamo realtà , lui lo chiama nulla, ma la sostanza alla fine non cambia.
Deve essere proprio vero che il mondo, il mondo delle cose, nasca dal caos, dove il caos non è il caso , ma solo beata ignoranza.
Il caso è solo ciò che cerchiamo di riprodurre come operazione inversa alla conoscenza.
La spugnetta con la quale tentiamo di cancellare ogni volta la lavagna .
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

atomista non pentito

Sono abbastanza confuso da questa disquisizione ( probabilmente  perché non  ho lo "spessore" culturale" per seguirla) pero' non capisco peche' non si aggiunga a tutto il suffisso " per me " per quanto mi riguarda" intendendo il soggetto (io , me medesimo)perché "il soggetto" ( ossia l'idea platonica di soggetto) che rappresenta il percettore della cosa (oggetto) che , mi par di aver capito, viene detto a quel punto acquisti spessore , non c'e'.  Come e' possibile mettere in dubbio l'esistenza degli oggetti quando questi continuano ad esistere ( vedi l'universo tutto) anche se miliardi di soggetti percettori ( per coinvolgere solo gli umani) non ci sono piu' in quanto " passati a miglior vita" ?
Forse pero' non ho capito nulla della discussione.
Amen

iano

#28
Citazione di: atomista non pentito il 21 Luglio 2021, 12:06:42 PM
Sono abbastanza confuso da questa disquisizione ( probabilmente  perché non  ho lo "spessore" culturale" per seguirla) pero' non capisco peche' non si aggiunga a tutto il suffisso " per me " per quanto mi riguarda" intendendo il soggetto (io , me medesimo)perché "il soggetto" ( ossia l'idea platonica di soggetto) che rappresenta il percettore della cosa (oggetto) che , mi par di aver capito, viene detto a quel punto acquisti spessore , non c'e'.  Come e' possibile mettere in dubbio l'esistenza degli oggetti quando questi continuano ad esistere ( vedi l'universo tutto) anche se miliardi di soggetti percettori ( per coinvolgere solo gli umani) non ci sono piu' in quanto " passati a miglior vita" ?
Forse pero' non ho capito nulla della discussione.
Amen
Se non hai capito il problema non è il tuo spessore culturale perché io non ne ho.
Ti basti considerare che non ho usato alcuna parola tipo ontologia , epistemologia, ed altre che non siano quelle del linguaggio corrente, perché non sono in grado di farlo.


Come è possibile dunque metter in dubbio l'esistenza di qualcosa quando questa permanga , direi meglio, perché non possiamo certo dimostrare l'esistenza eterna di qualcosa, seppure esista, ma non vogliamo neanche ridurre letteralmente l'esistenza a un battito di ciglia.
In effetti qui non si vuole mettere in dubbio l'esistenza delle cose ma si vuole ridefinire il concetto di esistenza.
Si vuole dare un senso possibile alla frase di Daniele : " Le cose esistono quando le vediamo" , dove il vedere va' inteso nel senso lato di percepire , immaginare, etc... o, come ancora aggiunge Daniele, vedere con la mente.
Possiamo in effetti supporre qualcosa che esista in eterno, qualcosa che dunque "veramente" è, e che io chiamo realtà, e Bobmax chiama nulla.
Io suppongo che l'esistenza delle cose da essa, la realtà, si tragga.
Quindi le cose entrano a far parte esse stesse della realtà,  per cui dire che la realtà poi sia fatta di quelle cose equivarrebbe a diminuirla. A renderne conto solo in parte .
Ma non c'è propriamente nulla da capire. Sono solo pensieri in corso.
Non solo gli altri esseri viventi presenti e passati possono confermarti l'esistenza delle cose, ma anzi il sistema percettivo che usi per percepire le cose non è opera tua, ma lo hanno costruito proprio quegli esseri del passato,vivendo,  e tu lo hai solo ereditato.
Se ci limitassimo dunque ad aprire gli occhi solo per vedere ciò che loro hanno già visto tradiremmo il loro esempio.
In particolare ti chiedo, questa definizione dell'essere in quanto tale ti soddisfa?
Questa definizione , dell'essere in quanto tale la capisci, in alternativa a quella mia confusa?
Mi potresti rispondere che la capisci per il motivo che non c'è nulla da capire.
Il rosso è rosso. Cosa c'è da capire?
Ecco, a me tutto questo non mi soddisfa e non perché non esiste, ma perché potrebbe diversamente esistere.
Non è in quanto tale, ma è divenuto tale, e il processo che lo ha reso tale non si è arrestato.
È il gioco dell'esistenza che continua.


Non puoi negare atomista impenitente che il rosso smetta di esistere quando chiudi gli occhi.
Eppure quando li riapri lui è di nuovo lì e tout le monde potrà confermarti ciò'.
Ma che fine fa' quando li chiudi?
Chiedi ad altri , prima di chiuderli se te lo possono guardare per te mentre sei via, come quando qualcuno che ti annaffia le piante quando sei in vacanza, perché non muoiano?
Perché continuino a permanere?
L'esistenza in quanto tale con difficoltà ci rende conto dei diversi gradi di esistenza, perché certo anche un idea esiste, ma non esiste come una palla da biliardo.
Una palla da biliardo non sparisce come una tua idea quando tu muori, perché i tuoi eredi in seduta spiritica potranno confermarti che è ancora la', magari solo di un rosso appena un po' più sbiadito col passare del tempo.
Non si mette quindi qui in dubbio l'esistenza, ma il tipo di esistenza, cioè la definizione che ne diamo, che sembra funzionale per spiegare alcune cose, come ad esempio il determinismo, ma non tutto.
Ma attenzione. Non si vuole qui trovare la "vera" definizione di esistenza.
Tutto il contrario. Se ne vuole affermare la relatività.
Si vuol dire che se è relativa, ma non perciò funzionalmente superflua, allora nuove definizioni potrebbero essere interessanti da esplorare.
E nella misura in cui vedi i limiti della classica definizione di esistenza io invito te e tutti quelli del forum a farlo.
Certo che le cose continuano ad esistere se chiudo gli occhi, ma non tutte. Per il rosso non vale.
Dovremo dunque dire che il rosso non esiste?
Ma non sembra soddisfacente ciò, perché appena riapro gli occhi lui è di nuovo lì.
Non potremmo allora sperimentare definizioni più soddisfacenti di esistenza  che non rendano contraddittorii fra loro i diversi gradi di esistenza delle cose?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Phil

Citazione di: Ipazia il 19 Luglio 2021, 21:14:47 PM
LW sta facendo ontologia filosofica applicata al linguaggio e al suo spazio logico.
Da quel che so sul Tractatus, mi pare sia l'inverso: l'autore fa palesemente un'indagine di filosofia del linguaggio (formalismo logico, isomorfismo, tavole verità, etc.) appoggiandosi inizialmente a quel minimo inevitabile di ontologia presunta («cose», «oggetti», «sostanza», etc.) per poter dare al linguaggio un necessario referente mondano, ma evitando disquisizioni essenzialmente ontologiche. Indicativo che il "secondo" Wittgenstein proceda sempre sul filone del linguaggio, sottomettendo ulteriormente l'ontologia alla semantica.
D'altronde è difficile fare ontologia, almeno in senso classico, senza coinvolgere nell'analsi la "cosa-uomo", che mi pare (ma potrei sbagliarmi) non sia affrontata ontologicamente da Wittgenstein, che preferisce piuttosto considerare l'uomo come parlante e non come ente (al pari di coloro che nella distinzione soggetto/oggetto non considerano l'altro uomo anche come oggetto onto-logico, prima che come altro-soggetto etico; per questo ho "provocatoriamente" proposto di mutare la domanda «esistono le cose?» nella sua forma parziale ed implicita «esistono gli esseri umani?»).

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