Esistenza di una realtà oggettiva

Aperto da ricercatore, 23 Gennaio 2025, 10:22:39 AM

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ricercatore

Quando si parla di esistenza di una realtà oggettiva, viene spesso raccontata la storiella dell'elefante:




Ci sono 6 osservatori diversi (nella storiella sono bendati, ma è un dettaglio) ed ognuno percepisce una parte di elefante.
Tutti hanno ragione perché ognuno ha il suo punto di vista, questa è la morale della storia.

La domanda è: esiste veramente una realtà oggettiva assoluta oppure osservatore e osservato sono indissolubilmente legati? 

La mia tesi è che se si afferma che esiste una realtà oggettiva assoluta deve esistere anche un osservatore assoluto (es. dio) che abbia su di sé l'insieme di tutti gli organi di senso possibili + un intelletto massimo.

Nell'esempio della vignetta infatti, gli osservatori non sono 6.
Ce ne è un settimo.
C'è un super osservatore che effettua una super osservazione (una "meta-osservazione")... ovvero siamo noi, che osserviamo la vignetta, osserviamo l'immagine dell'elefante nella sua totalità e la chiamiamo "realtà oggettiva".
Ma non è una realtà oggettiva: è comunque frutto di una percezione da parte di un osservatore.

Qui possiamo anche ricondurci alla domanda che ci perseguita circa le origini dell'universo, spesso rappresentata così:



Anche qui, senza che noi ci accorgiamo, ci stiamo ponendo come osservatori super-partes, al di fuori della scena.
Ci siamo noi (ovvero la nostra immaginazione) che si eleva così da poter "vedere" la creazione dell'universo.
E' qui che ci sbagliamo.
Non possiamo fare questa mossa.

Osservatore e osservato sono in una relazione così stretta che è impossibile isolare l'osservato.

iano

#1
Citazione di: ricercatore il 23 Gennaio 2025, 10:22:39 AMOsservatore e osservato sono in una relazione così stretta che è impossibile isolare l'osservato.
Sono d'accordo con te.
La vignetta dell'elefante propone all'osservatore, il settimo  :), un punto di vista obbligato, quello di una realtà che è comunque oggettiva, la cui conoscenza completa richiede di finire un puzzle fatto di tessere che sono già pregiudizialmente oggettive, e non frutto di una interazione relativa fra osservatore e osservato.
L'errore che fa ogni osservatore è di credere di avere completato il puzzle, ma questo errore è reso  possibile solo dal pregiudizio che la realtà sia un puzzle da completare.
Quello con cui abbiamo a che fare sono invece diverse tessere di un puzzle che non riusciamo a incastrare fra loro, e il fatto che ciò un giorno possa avvenire riposa solo su un pregiudizio forse anche non arbitrario, perchè nasce dal fatto che fino a un certo punto siamo riusciti a farlo. Un pregiudizio però non equivale ad una necessità. Il pregiudizio come una profezia potrebbe verificarsi oppure no.
Noi intanto dovremmo esercitare una elasticità mentale che ci permetta di accettare a priori una possibilità come l'altra, come mi pare tu stia facendo, essendo la nostra mente esercitata al momento ad accettare solo una delle due possibilità.
A mio parere non si tratta propriamente di liberarsi dei pregiudizi, perchè i pregiudizi sono come i papi, morto uno se ne fa un altro, ma lo scopo è quello di non affidare il governo della nostra mente a papi imbalsamati. Quando muoiono vanno seppelliti.
Non c'è una realtà oggettiva, ma una realtà che pregiudizialmente si presenta a noi come tale, e in ciò non c'è niente di male, se non si confonde il mondo in cui la realtà si presenta con la stessa realtà, perchè questa consapevolezza ci permetterà di accettare la ricchezza di modi in cui la realtà può presentarsi a noi, senza rifiutarne alcuno in modo pregiudiziale.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

green demetr

Citazione di: ricercatore il 23 Gennaio 2025, 10:22:39 AMTutti hanno ragione perché ognuno ha il suo punto di vista, questa è la morale della storia.
Che quella sia la morale lo hai deciso tu, visto che in un corso universitario (e perciò portatore di male, sia chiaro) è proprio da lì che si parte per discutere di questa presunta realtà.

Per quel che mi riguarda non esistono realtà diverse, se tu mi dici che una mela è una pera, menti, punto e basta.
A me dei giochetti isterici dell'accademia tipo se io bendo bla...bla...se io costruisco casa per mettere in errore i sensi bla...bla...non me ne faccio niente.
Potrei dirmi, visto che grazia divina, questi signori dell'occulto (dell'occoltumento del significato di verità) lo ammettono, di essere un fenomenologo.
Sono discorsi senza senso, l'uomo animale, si è evolutisticamente formato in base alla suo habitat naturale.
Più o meno le cose sono quelle che vediamo.
Fare i discorsi da maghi, per dire le solità banalità di signori dell'occulto che siedono più in alto rispetto a questi nani cosmici, è parlare secondo me sempre in ragione della disonestà intellettuale che troneggia indisturbata dal delitto Moro in poi.
Ma che mica vorremmo parlare di queste cose in sede AKKADEMICA.
CHE PENA i CANI E LE PECORE dell'IMPERO DEL MALE. (colpisce ancora, colpisce sempre  :)) ).
Alla fine consiglio sempre il buon hegel, che parte proprio delle senzazioni.
Il nostro eroe la fa corta: chi dice che il senso non porta contenuto reale, prosegua pure la sua vita (di illusioni religiose).
Come dire: fuori dalla balle se vuoi fare filosofia con me, caro vecchio Hegel, un pò burbero ma alla fine prima di cagarsi addosso alla prima gendarmeria presentatasi, aveva pure fatto bene come filosofo.
(si lo so poi è diventato diarrea cosmica).
Puffiamo su per giù due mele poco più

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