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Esistenza dell'eternità

Aperto da viator, 14 Aprile 2018, 16:19:06 PM

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davintro

Citazione di: sgiombo il 26 Aprile 2018, 09:44:16 AMA Davintro: Penso che sia per lo meno dubbio che possano esistere concetti nella nostra mente la cui presenza (di concetti dotati di una connotazione o intensione mentale e in quanto tali) possa essere prova dell' esistenza anche di denotati reali di tali concetti, in quanto concetti non costituiti attraverso la composizione arbitraria (fantastica) di concetti più elementari di cose reali, e dunque significanti cose reali e non fantasticamente sintetizzate (questo evidentemente in base alla concezione empiristica della mente umana come "tabula rasa" alla nascita).  Infatti possiamo sognare (oltre che percepire alucinatoriamente) tante cose inesistenti in realtà e (immediatamente o più verosimilmente, più realisticamente dopo, da svegli) farcene concetti mentali sensati, caratterizzati da connotazioni o intensioni, ma privi di denotazioni o estensioni reali (oltre che impiegarle per comporre o sintetizzare concetti mentali più complessi, che potrebbero essere a maggior ragione privi di denotazioni o estensioni reali). E non sarei sicuro che nei sogni accada necessariamente un "rimescolamento", una rielaborazione e composizione arbitraria unicamente di dati empirici "propri del mondo reale" precedentemente percepiti e memorizzati (come accade nel pensiero fantastico) e non anche la percezione "originaria" di taluni dati empirici non appartenenti al mondo reale.   Ma l' obiezione più seria alla tua tesi dell' esistenza reale dell' eternità riguarda la possibilità di ricavare molto facilmente concetti di grandezze infinite da concetti di grandezze finite (in generale; e in particolare da concetti di durate temporali finite) semplicemente immaginando il prolungamento e la reiterazione senza fine dell' operazione di somma di concetti di grandezza finita: la presenza all' interno della nostra mente di tali concetti di grandezza infinita, così ricavati per sintesi arbitraria (fantastica) di concetti di grandezza finita a loro volta ottenuti dalla constatazione empirica di enti o eventi finiti -quelli sì, reali- non é una prova dell' esistenza reale degli enti o eventi di grandezza infinita da essi denotati.  Esiste in matematica il concetto di "numero infinito" (il cui simbolo, che non ho sulla tastiera del computer, notoriamente é una specie di "8" girato di 90° e messo "in orizzontale"), ricavato per l' appunto attraverso la (fantastica, arbitraria) reiterazione senza fine della somma di numeri finiti, o anche solo attraverso il "successivo passare in rassegna", immaginata senza fine, di numeri finiti crescenti di un' unità (il contare numeri finiti) i cui concetti sono ottenuti per astrazione da esperienze concrete di oggetti simili in gruppi costituiti da numeri uguali di essi. Ma questo concetto infinito ce l' abbiamo nella nostra coscienza solo noi moderni e non gli uomini primitivi (non é innato), ed é ottenuto dalla sintesi, immaginata senza fine, di numeri finiti,  Il concetto di qualsiasi quantità infinita (compresa la quantità "durata temporale"; ovvero il concetto dell' "eternità") si ottiene immaginando l' iterazione senza fine di somme delle rispettive quantità finite, cioè, come dici tu, "per sintesi", operata arbitrariamente dalla fantasia, e che quindi potrebbe benissimo essere del tutto fittizia e condurre a concetti privi di denotazione o intensione reale: l' eternità potrebbe non esistere, non é un concetto la cui presenza all'interno della pensabilità della nostra mente sia una prova della sua esistenza reale.


se si mette in discussione o si contesta l'idea del sogno che sia un riassemblaggio fantastico di dati reali di esperienza, allora sarebbe legittimo contestare anche l'idea di distinguere i contenuti semplici appresi per intuizione diretta di cose reali, e quelli prodotti dall'immaginazione sintetica, dato che il contenuto dei sogni rientrerebbe nella prima categoria, ma riguarderebbero fenomeni originari. Ma a me pare che non sia così, che nei sogni si manifestino dei fenomeni complessi, non solo singoli oggetti, ma situazioni, intrecci di eventi che pur non essendo reali, presentano una complessità fenomenica che una volta scomposta analiticamente, mostra come ciascun singolo elemento sia un'immagine corrispondente ad oggetti di cui ho avuto una reale ed effettiva esperienza. Se sogno un drago che sputa fuoco non per questo è reale, ma ricavabili dall'esperienza della realtà sarebbero le singole componenti che lo costituirebbero... il colore verde, le squame, gli occhi, il fuoco ecc. E questo mi pare possa essere la conseguenza di una semplice e rozza descrizione fenomenologica del vissuto onirico, senza scomodare modelli teorici psicoanalitici, sui cui si può legittimamente convenire o meno.

La reiterazione "senza fine" del calcolo di quantità infinite non mi pare possa essere visto come la genesi sufficiente per elaborare a posteriori l'idea di "infinito" (e dunque dell' "eternità", che sarebbe l'applicazione di tale idea al piano della temporalità), per la semplice ragione che il concetto di "senza fine" altro non mi sembrerebbe che un'altra espressione per designare il significato dell'infinito, che dunque non potrebbe essere il risultato a posteriori di un processo di sintesi, ma uno dei presupposti del processo stesso, dunque non da questo determinabile. Ciò conferma il suo carattere di originarietà, che lo rende irriducibile a ogni sintesi immaginativa tesa a elaborare concetti fittizi. Nessuna somma infatti potrebbe contenere e costituire una durata infinita, dato che in ogni momento è sempre possibile aggiungere una quantità a prolungarla, senza mai arrivare al  punto di concepire una somma, cioè una sintesi assolutamente esaustiva. Per quanto riguarda il fatto che gli uomini primitivi non avessero il concetto di infinito, andrebbe chiarito quale sarebbe la prospettiva da cui si affermerebbe ciò. Se ci si riferisse al linguaggio, al fatto che essi non avessero una parola corrispondente al significato che noi attribuiremmo all' "infinito", questo sarebbe un argomento valido contro l'idea dell'originarietà dell'infinito, solo presupponendo, a mio avviso erroneamente, la piena coincidenza fra pensiero e linguaggio, idee e parole. Se invece si ritiene che le due dimensioni, seppur fortemente legate, non  coincidano, in quanto non tutti i nostri pensieri, tramite cui rispecchiamo gli aspetti delle cose stesse, sono verbalizzati, ma solo quelli funzionali a delle esigenze e schemi comunicativi, che variano sulla base di vari contesti storici-culturali, allora resterebbe sempre la possibilità che anche nella mente di quegli uomini l'idea dell'infinito, e dell'eternità, resti come oggetto di un'intuizione interiore, di cui non si era effettivamente autoconsapevoli al punto di individuare un segno sensibile per rappresentarla, ma che comunque dal profondo opererebbe nei loro processi mentale in forma ancora latente.

sgiombo

Citazione di: davintro il 05 Maggio 2018, 18:11:49 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Aprile 2018, 09:44:16 AMA Davintro: Penso che sia per lo meno dubbio che possano esistere concetti nella nostra mente la cui presenza (di concetti dotati di una connotazione o intensione mentale e in quanto tali) possa essere prova dell' esistenza anche di denotati reali di tali concetti, in quanto concetti non costituiti attraverso la composizione arbitraria (fantastica) di concetti più elementari di cose reali, e dunque significanti cose reali e non fantasticamente sintetizzate (questo evidentemente in base alla concezione empiristica della mente umana come "tabula rasa" alla nascita).  Infatti possiamo sognare (oltre che percepire alucinatoriamente) tante cose inesistenti in realtà e (immediatamente o più verosimilmente, più realisticamente dopo, da svegli) farcene concetti mentali sensati, caratterizzati da connotazioni o intensioni, ma privi di denotazioni o estensioni reali (oltre che impiegarle per comporre o sintetizzare concetti mentali più complessi, che potrebbero essere a maggior ragione privi di denotazioni o estensioni reali). E non sarei sicuro che nei sogni accada necessariamente un "rimescolamento", una rielaborazione e composizione arbitraria unicamente di dati empirici "propri del mondo reale" precedentemente percepiti e memorizzati (come accade nel pensiero fantastico) e non anche la percezione "originaria" di taluni dati empirici non appartenenti al mondo reale.   Ma l' obiezione più seria alla tua tesi dell' esistenza reale dell' eternità riguarda la possibilità di ricavare molto facilmente concetti di grandezze infinite da concetti di grandezze finite (in generale; e in particolare da concetti di durate temporali finite) semplicemente immaginando il prolungamento e la reiterazione senza fine dell' operazione di somma di concetti di grandezza finita: la presenza all' interno della nostra mente di tali concetti di grandezza infinita, così ricavati per sintesi arbitraria (fantastica) di concetti di grandezza finita a loro volta ottenuti dalla constatazione empirica di enti o eventi finiti -quelli sì, reali- non é una prova dell' esistenza reale degli enti o eventi di grandezza infinita da essi denotati.  Esiste in matematica il concetto di "numero infinito" (il cui simbolo, che non ho sulla tastiera del computer, notoriamente é una specie di "8" girato di 90° e messo "in orizzontale"), ricavato per l' appunto attraverso la (fantastica, arbitraria) reiterazione senza fine della somma di numeri finiti, o anche solo attraverso il "successivo passare in rassegna", immaginata senza fine, di numeri finiti crescenti di un' unità (il contare numeri finiti) i cui concetti sono ottenuti per astrazione da esperienze concrete di oggetti simili in gruppi costituiti da numeri uguali di essi. Ma questo concetto infinito ce l' abbiamo nella nostra coscienza solo noi moderni e non gli uomini primitivi (non é innato), ed é ottenuto dalla sintesi, immaginata senza fine, di numeri finiti,  Il concetto di qualsiasi quantità infinita (compresa la quantità "durata temporale"; ovvero il concetto dell' "eternità") si ottiene immaginando l' iterazione senza fine di somme delle rispettive quantità finite, cioè, come dici tu, "per sintesi", operata arbitrariamente dalla fantasia, e che quindi potrebbe benissimo essere del tutto fittizia e condurre a concetti privi di denotazione o intensione reale: l' eternità potrebbe non esistere, non é un concetto la cui presenza all'interno della pensabilità della nostra mente sia una prova della sua esistenza reale.


se si mette in discussione o si contesta l'idea del sogno che sia un riassemblaggio fantastico di dati reali di esperienza, allora sarebbe legittimo contestare anche l'idea di distinguere i contenuti semplici appresi per intuizione diretta di cose reali, e quelli prodotti dall'immaginazione sintetica, dato che il contenuto dei sogni rientrerebbe nella prima categoria, ma riguarderebbero fenomeni originari. Ma a me pare che non sia così, che nei sogni si manifestino dei fenomeni complessi, non solo singoli oggetti, ma situazioni, intrecci di eventi che pur non essendo reali, presentano una complessità fenomenica che una volta scomposta analiticamente, mostra come ciascun singolo elemento sia un'immagine corrispondente ad oggetti di cui ho avuto una reale ed effettiva esperienza. Se sogno un drago che sputa fuoco non per questo è reale, ma ricavabili dall'esperienza della realtà sarebbero le singole componenti che lo costituirebbero... il colore verde, le squame, gli occhi, il fuoco ecc. E questo mi pare possa essere la conseguenza di una semplice e rozza descrizione fenomenologica del vissuto onirico, senza scomodare modelli teorici psicoanalitici, sui cui si può legittimamente convenire o meno.
CitazioneNon so e francamente non mi interessa punto sapere (lo trovo di nessun interesse da parte mia) se i sogni sono solamente sintesi arbitrarie di sensazioni elementari precedentemente esperite in stato di veglia o contengano anche sensazioni "originarie", non "prese da precedenti esperienze" non oniriche postulabili (ma non dimostrabili) essere intersoggettive.
Quel che conta per me é che concetti confezionabili "rimescolando" in sogno o nella fantasia sensazioni non oniriche presentano certamente (per definizione) una connotazione o intensione soggettiva, ma non hanno alcuna garanzia di riferirsi a oggetti reali che ne siano denotazione o estensione.
E lo stesso vale per eventuali concetti prodotti dal "rimescolare" in sogno sensazioni elementari non oniriche e postulabili (ma non dimostrabili) essere intersoggettive con ipotetiche sensazioni oniriche "originarie" non postulabili essere intersoggettive.
Sarebbe troppo comodo se ippogrifi, bellissime donne disposte a concederci "di tutto e di più" e chi più ne ha più ne metta, oltre ad essere pensabili come concetti dotati di connotazione o intensione mentale, sempre necessariamente in ogni caso avessero anche ( si riferissero anche a) una denotazione o estensione reale!


La reiterazione "senza fine" del calcolo di quantità infinite non mi pare possa essere visto come la genesi sufficiente per elaborare a posteriori l'idea di "infinito" (e dunque dell' "eternità", che sarebbe l'applicazione di tale idea al piano della temporalità), per la semplice ragione che il concetto di "senza fine" altro non mi sembrerebbe che un'altra espressione per designare il significato dell'infinito, che dunque non potrebbe essere il risultato a posteriori di un processo di sintesi, ma uno dei presupposti del processo stesso, dunque non da questo determinabile. Ciò conferma il suo carattere di originarietà, che lo rende irriducibile a ogni sintesi immaginativa tesa a elaborare concetti fittizi. Nessuna somma infatti potrebbe contenere e costituire una durata infinita, dato che in ogni momento è sempre possibile aggiungere una quantità a prolungarla, senza mai arrivare al  punto di concepire una somma, cioè una sintesi assolutamente esaustiva. Per quanto riguarda il fatto che gli uomini primitivi non avessero il concetto di infinito, andrebbe chiarito quale sarebbe la prospettiva da cui si affermerebbe ciò. Se ci si riferisse al linguaggio, al fatto che essi non avessero una parola corrispondente al significato che noi attribuiremmo all' "infinito", questo sarebbe un argomento valido contro l'idea dell'originarietà dell'infinito, solo presupponendo, a mio avviso erroneamente, la piena coincidenza fra pensiero e linguaggio, idee e parole. Se invece si ritiene che le due dimensioni, seppur fortemente legate, non  coincidano, in quanto non tutti i nostri pensieri, tramite cui rispecchiamo gli aspetti delle cose stesse, sono verbalizzati, ma solo quelli funzionali a delle esigenze e schemi comunicativi, che variano sulla base di vari contesti storici-culturali, allora resterebbe sempre la possibilità che anche nella mente di quegli uomini l'idea dell'infinito, e dell'eternità, resti come oggetto di un'intuizione interiore, di cui non si era effettivamente autoconsapevoli al punto di individuare un segno sensibile per rappresentarla, ma che comunque dal profondo opererebbe nei loro processi mentale in forma ancora latente.
CitazioneE invece a me pare proprio che l' immaginare La reiterazione "senza fine" del calcolo di quantità finite possa costituire la genesi sufficiente per elaborare a posteriori l'idea di "infinito" (e dunque dell' "eternità") per la semplice ragione che il concetto di "senza fine" altro non mi sembrerebbe essere che la sintesi dei concetti di "negazione" e di "fine", facilissimamente ricavabili a posteriori dall' esperienza di cose finite, anzi finitissime.
Ciò conferma il suo carattere di sinteticità a posteriori, che lo rende perfettamente riducibilea una sintesi immaginativa tesa a elaborare concetti fittizi (oltre che eventualmente anche di concetti dotati di estensione o denotazione reale).
Qualsiasi somma di successive parti finite infatti potrebbe essere facilissimamente immaginata di durata infinita, dato che é facilissimamente immaginabile che in ogni momento sia sempre possibile aggiungere una quantità a prolungarla, arrivando ben resto al punto di concepire una somma, cioè una sintesi assolutamente esaustiva (il concetto dell' infinito in atto, ottimamente dotato di connotazione o intensione ma non affatto necessariamente di denotazione o estensione reale; la cui eventuale esistenza sarebbe dunque tutta da dimostrare; ammesso e non concesso che ciò fosse possibile).
 
Che un uomo moderno che abbia conosciuto e pensato linguisticamente il concetto di "infinito" possa pensarlo (sia pure non linguisticamente) anche dopo che fosse colpito da afasia non potendolo quindi più pensare ed esprimersi verbalmente (e/o per iscritto se colpito unicamente da agrafia o da agrafia e afasia) é certamente possibile.
Ma non credo proprio che uomini primitivi primariamente non dotati del linguaggio potessero concepirlo, in quanto mi sembra evidente che il farlo richiederebbe l' uso di concetti ben definiti rigorosamente e di una sintassi adeguata (un po' come anche il conseguire l' autocoscienza).
E credo che, anche in tempi moderni, moltissimi bambini purtroppo morti prematuramente in tenera età, magari anche già capaci di parlare, se non adeguatamente istruiti in proposito prima del decesso (o al limite, in teoria, se non tanto intelligenti e fortunati da esserselo confezionato da sé) non abbiano mai concepito il concetto di "infinito"; che pertanto non può essere considerato "innato", ma invece acquisito a posteriori, generalmente per insegnamento da parte di adulti o al limite, acquisito da individui particolarmente intelligenti e fortunati ragionando su concetti acquisiti empiricamente a posteriori.
Personalmente prima che mi si parlasse a scuola, nelle prime lezioni di geometria, dell' infinità della "retta" o dell' infinita "piccolezza" del "punto" o larghezza delle rette e dei segmenti non ne avevo punto alcuna pretesa nozione innata).
E questo anche se concordo che é errato e falso sostenere la piena coincidenza fra pensiero e linguaggio, idee e parole (anche chi sia colpito da afasia pensa, e talora anche con un buon grado di "sofisticatezza", per quanto si possa cimentare in lunghe e complesse catene deduttive con evidente maggiore difficoltà di chi possieda la facoltà del linguaggio).
Concordo pertanto che invece le due dimensioni (la facoltà puramente cogitativa e il pensiero linguistico), seppur fortemente legate, non coincidano, in quanto non tutti i nostri pensieri, tramite cui rispecchiamo gli aspetti delle cose stesse, sono verbalizzati.
Ma ciò non toglie che il concetto di "infinito" non é affatto congenito ma acquisito a posteriori dall' esperienza (di oggetti finiti) e dal ragionamento sugli oggetti dell' esperienza (nel corso della storia umana; di fatto oggi da ciascun individuo per insegnamento verbale-linguistico).
Invece il (preteso) concetto di un' intuizione interiore, di cui non si sia effettivamenteconsapevoli("autoconsapevole" significa "consapevole di se stesso" e non di un concetto diverso da sé, come per esempio quello di "infinito") al punto di individuare un segno sensibile per rappresentarla, ma che comunque dal profondo opererebbe nei loro processi mentale in forma ancora latente (ovvero inconscia).
Infatti pretese "intuizioniinteriori", di cui non si sia "effettivamente consapevoli" e "che comunque dal profondo opererebbe nei loro processi mentali in forma ancora latente (inconscia) sono pseudoconcetti palesemente autocontraddittori: un' intuizione non può che essere qualcosa di consapevolmente avvertito (cosa potrebbe mai essere un' "intuizione non coscientemente avvertita?); e anche qualsiasi processo mentale non può che essere qualcosa di consapevolmente avvertito nella propria esperienza interiore (res cogitans: cosa potrebbe mai essere un "processo mentale latente alla coscienza"?).

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