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Esistenza dell'eternità

Aperto da viator, 14 Aprile 2018, 16:19:06 PM

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Loris Bagnara

@Sgiombo, in un precedente post hai scritto:
CitazioneSarebbe contraddittorio per esempio dire che il primo evento non ha una causa che lo precede e inoltre ce l' ha (o viceversa); oppure che l' ultimo non ha un effetto che lo segua e inoltre ce l' ha (o viceversa); oppure che quelli in mezzo, devono avere necessariamente una causa e un effetto (se si ammette la "chiusura causale", ovvero la possibilità di conoscere l'universo) e inoltre non ce li hanno (o viceversa).

Per la logica uno stesso ente/evento non può contemporaneamente avere e non avere una casa e/o un effetto, ma di diversi enti/eventi gli uni possono benissimo averne e gli altri non averne.
Che i fenomeni possano essere definiti e isolati l'uno dal'altro, è un artificio concettuale della nostra mente: comodo per comprendere l'universo, ma pur sempre un artificio.
Non solo la riflessione filosofica, ma anche la scienza stessa è sempre più consapevole che esiste un solo fenomeno, l'universo nella sua globalità, che si manifesta in una rete inestricabile di relazioni, che noi chiamiamo enti, oggetti, fenomeni...
Questa rete inestricabile di relazioni ci si mostra con le caratteristiche della necessarietà, ossia con i legami di causa ed effetto, ed è proprio questo che la scienza studia e che anche tu affermi con il principio della "chiusura causale dell'universo".
Come si può dunque sostenere che alcune relazioni, all'interno del medesimo fenomeno-universo, siano causali e altre no?

Loris Bagnara

#31
@Sgiombo, in un precedente post hai scritto:
CitazioneNon comprendi che oltre al "tutto" non può esistere accadere "alcunché d' altro" (sarebbe contraddittorio un "tutto ciò che é reale" che contemporaneamente non é "tutto ciò che é reale" perché c' é qualcos' altro di reale)?

Dunque poiché una causa (o un effetto) possa darsi, non può trattarsi di una causa (o effetto) di tutto ciò che é reale, dal momento che oltre (in aggiunta) a tutto ciò che é reale non può essere reale alcunché.

E allora evidentemente se si tratta dell'universo, ci si deve accontentare di dire "Va be', l'universo esiste, punto e basta", anziché pretendere che abbia causa (o spiegazione) alcuna..
Questo ragionamento, che ho visto proporre anche da altri, è viziato dall'ambiguità del concetto di "tutto".
Vi sono almeno tre modi di intendere "tutto":

  • tutto ciò che posso sperimentare e conoscere, direttamente o indirettamente;
  • tutto ciò che esiste, incluso ciò che non posso sperimentare e conoscere, direttamente o indirettamente;
  • la manifestazione in atto di tutte le infinite potenzialità.
Solo il punto 3 si può davvero intendere come il TUTTO; invece i punti 1 e 2 sono solo un "tutto relativo", il che è come dire che non sono il TUTTO, ma solo un "qualcosa". E sembra di capire che il "tutto" che intendi tu è il punto 1 o 2, dunque non il TUTTO, ma solo un "qualcosa".
Però, oltre 2000 anni di filosofia hanno appurato senza ombra di incertezza che "qualcosa" non è sufficiente a giustificare da sé la propria esistenza. Solo l'infinito basta a se stesso. Il finito, no.
Non è solo un problema di ordine causale; è anche un problema di ordine logico. Mi spiego.
Assumiamo che l'universo sia un ente finito, con una certa quantità di materia/energia, un certo volume, certe precise leggi fisiche etc.
Per fare un esempio semplice, quanto sopra sarebbe come dire che l'universo è fatto da 29 palline rosse di 3 cm di diametro che si urtano su un piano di biliardo di 2x3 m. Può giustificare se stesso un universo del genere? Perché 29 palline e non 30 o 28? Perché sferiche e non di altra forma? Perché rosse e non verdi o gialle? Perché un piano da biliardo, e proprio di quella dimensione? Perché urtarsi, e non semplicemente star ferme?
Di fronte alla constatazione di un universo del genere, chi non si porrebbe queste e molte altre domande? Forse solo tu, Sgiombo.
Anche la scienza moderna prova un profondo disagio quando si trova di fronte all'arbitrarietà delle leggi fisiche, ed è proprio per questo che i fisici sono alla ricerca della teoria del TUTTO, in grado di spiegare la necessarietà di tutte le leggi fisiche osservabili (purtroppo non ce la faranno, perché solo l'infinito è in grado di rendere ragione di se stesso).

sgiombo

#32
RISPOSTE ALLE OBIEZIONI DI LORIS BAGNARA

Loris Bagnara:

Le due res, affermi, appartengono a due piani ontologici incomunicanti (anche se poi scrivi che entrambe le res sono fenomeniche, e questo già non mi convince, perché se entrambe sono fenomeniche, significa che qualcosa in comune ce l'hanno e quindi non sono due piani incomunicanti; ma andiamo oltre...)

Sgiombo:

Avere qualcosa in comune =/= comunicare, interferire casualmente.

Perché due cose (insiemi di enti o eventi) abbiano qualcosa in comune non é affatto necessario che comunichino.

Anche Giulio Cesare e Giulio Regeni avevano qualcosa in comune, il nome, ma non credo che il dittatore a vita dell' antica Roma abbia qualche responsabilità (o altre interferenze causali) nella morte del ricercatore.

Anche un qualsiasi fiume su un qualche altro pianeta di una qualche altra galassia ha in comune con il Po e con qualsdiasi altro fiume terrestre lo scorrere di acqua, ma nessuna interferenza causale accade fra il PO o qualsiasi fiume terrestre e qualsiasi fiume di qualsiasi altro pianeta di qualsiasi altra galassia.

E gli esempi si potrebbero moltiplicare ad libitum.

Loris Bagnara:

Poi affermi che il noumeno non interagisce causalmente con le res, ma vi corrisponde "puntualmente".
Per riassumere, avremmo così tre piani ontologici incomunicanti l'uno con l'altro, senza relazioni causali intercorrenti fra l'uno e l'altro, e tuttavia questi piani si troverebbero in puntuale e univoca corrispondenza... Il problema resta irrisolto: chi o che cosa garantisce questa corrispondenza biunivoca, o meglio triunivoca? Non basta affermare che la corrispondenza c'è, bisogna precisare chi la garantisce, e come. Altrimenti l'unica soluzione che resta è l'armonia prestabilita, come dici; ma che a me, decisamente, non piace...

Sgiombo:

Non lo garantisce niente e nessuno, come ho sempre affermato a chiarissime lettere.
É una spiegazione dei rapporti fra il divenire della materia e della coscienza indimostrabile (ma nemmeno si può dimostrare che così non sia; e d' altra parte non ne conosco spiegazioni migliori: né quella di Malebranche, né quella di Leibniz mi sembrano tali).

Inoltre le neuroscienze (soprattutto attraverso l' imaging neurologico funzionale) dimostrano chiaramente che per lo meno una corrispondenza biunivoca fra cervello ed esperienza cosciente c' é (se é vera la conoscenza scientifica): ogni certo determinato stato o processo mentale di un esperienza cosciente e nessun altro necessariamente corrisponde biunivocamente a un certo determinato stato o processo neurofisiologico di un certo determinato cervello e a nessun altro stato o processo neurofisiologico di alcun altro cervello (e viceversa).



Loris Bagnara:

C'è anche un'altra cosa da dire al proposito. Se sussiste la chiusura causale del mondo fisico, e se la res cogitans non interferisce con i fenomeni fisici, a cosa serve appunto la res cogitans? Perché esistono coscienze intrappolate in un corpo (gli esseri umani) con l'illusione di poter comandare quel corpo?
Una situazione del genere significa ad esempio questo: se io ora decido di alzare il braccio, non è il mio pensiero ad alzare il mio braccio, ma è tutta la necessaria sequenza causale dal Big Bang ad questo istante, ad alzare il mio braccio...

Non solo il mio pensiero, la mia coscienza non serve a nulla; ma diventa perfino una tortura, perché la consapevolezza di essere prigionieri in un universo del genere è qualcosa di semplicemente mostruoso...

Sgiombo:

Non é che ciò che accade in realtà debba per forza servire a qualcosa: tantissime cose (enti ed eventi) esistono-accadono senza "servire a niente".

Solo agenti coscienti, come gli uomini si pongono fini per conseguire i quali usano mezzi , i quali per l' appunto servono ai rispettivi scopi (ma non lo fanno sempre necessariamente: possono fare anche tante cose inutilmente, senza scopo alcuno).

La tua domanda retorica su (l' assenza de-) gli scopi della coscienza avrebbe senso se prima mi dimostrassi che l' uomo e gli altri animali coscienti sono stati prodotti intenzionalmente da qualcuno per un qualche scopo (e anche in questo caso quel "qualcuno" potrebbe anche avere realizzato le coscienze "in più", come può accadere che nel percorrere un cammino come mezzo per raggiungere una meta ci si fermi o si faccia qualche digressione inutile solo per vedere qualche bel panorama o magari solo perché si é in anticipo sul desiderato e ci si può concedere uno svago)

Per (mia) fortuna non trovo nulla di mostruoso nella mia coscienza, non mi sento prigioniero di nulla e men che meno torturato da nessuno.



Sgiombo;
Sarebbe contraddittorio per esempio dire che il primo evento non ha una causa che lo precede e inoltre ce l' ha (o viceversa); oppure che l' ultimo non ha un effetto che lo segua e inoltre ce l' ha (o viceversa); oppure che quelli in mezzo, devono avere necessariamente una causa e un effetto (se si ammette la "chiusura causale", ovvero la possibilità di conoscere l'universo) e inoltre non ce li hanno (o viceversa).

Per la logica uno stesso ente/evento non può contemporaneamente avere e non avere una casa e/o un effetto, ma di diversi enti/eventi gli uni possono benissimo averne e gli altri non averne.

Loris Bagnara:
Che i fenomeni possano essere definiti e isolati l'uno dal'altro, è un artificio concettuale della nostra mente: comodo per comprendere l'universo, ma pur sempre un artificio.
Non solo la riflessione filosofica, ma anche la scienza stessa è sempre più consapevole che esiste un solo fenomeno, l'universo nella sua globalità, che si manifesta in una rete inestricabile di relazioni, che noi chiamiamo enti, oggetti, fenomeni...
Questa rete inestricabile di relazioni ci si mostra con le caratteristiche della necessarietà, ossia con i legami di causa ed effetto, ed è proprio questo che la scienza studia e che anche tu affermi con il principio della "chiusura causale dell'universo".
Come si può dunque sostenere che alcune relazioni, all'interno del medesimo fenomeno-universo, siano causali e altre no?


Sgiombo:
E infatti all' interno dell' universo si può ipotizzare come possibile (ma non affermare con certezza come necessario) un divenire ordinato, ovvero una concatenazione cause-effetti degli eventi (necessario perché possa darsene conoscenza scientifica vera).
Ma invece dell' universo come totalità, se ha avuto un inizio, come é perfettamente sensato ipotizzare, non può darsi (e nemmeno può sensatamente ipotizzarsi) alcuna causa precedente perché sarebbe contraddittorio pretendere che oltre alla totalità esista qualcosaltro che ne sia causa, che prima che esistesse alcunché esistesse una causa del successivo esistere di tutto l' esistente.
Dunque si può dunque sostenere che tutte le relazioni (nessuna esclusa), all'interno dell' universo, siano causali, mentre si deve necessariamente sostenere (per non cadere in contraddizione) che al di fuori dell' universo non visa nulla, ivi compresa una causa dell' universo stesso.



Sgiombo:
Non comprendi che oltre al "tutto" non può esistere accadere "alcunché d' altro" (sarebbe contraddittorio un "tutto ciò che é reale" che contemporaneamente non é "tutto ciò che é reale" perché c' é qualcos' altro di reale)?
Dunque poiché una causa (o un effetto) possa darsi, non può trattarsi di una causa (o effetto) di tutto ciò che é reale, dal momento che oltre (in aggiunta) a tutto ciò che é reale non può essere reale alcunché.
E allora evidentemente se si tratta dell'universo, ci si deve accontentare di dire "Va be', l'universo esiste, punto e basta", anziché pretendere che abbia causa (o spiegazione) alcuna..

Loris bagnara:
Questo ragionamento, che ho visto proporre anche da altri, è viziato dall'ambiguità del concetto di "tutto".
Vi sono almeno tre modi di intendere "tutto":

  • tutto ciò che posso sperimentare e conoscere, direttamente o indirettamente;
  • tutto ciò che esiste, incluso ciò che non posso sperimentare e conoscere, direttamente o indirettamente;
  • la manifestazione in atto di tutte le infinite potenzialità.
Solo il punto 3 si può davvero intendere come il TUTTO; invece i punti 1 e 2 sono solo un "tutto relativo", il che è come dire che non sono il TUTTO, ma solo un "qualcosa". E sembra di capire che il "tutto" che intendi tu è il punto 1 o 2, dunque non il TUTTO, ma solo un "qualcosa".

Sgiombo:
Se la frase "la manifestazione in atto di tutte le infinite potenzialità" ha un senso (diverso da quello di "tutto ciò che esiste, incluso ciò che non posso sperimentare e conoscere, direttamente o indirettamente"), questo non può che essere "la realtà, il reale accadere di tutto ciò che é pensabile".
Ma tutto ciò che é pensabile non é affatto reale.
E anzi nemmeno potrebbe esserlo perché pensabile é "di tutto e di più", ovvero "tutto e il contrario di tutto", mentre reale può essere solo o "tutto" oppure "il contrario di tutto": non può essere reale l' accadere realmente di qualcosa a un certo tempo e in un certo luogo e inoltre il non accadere realmente di tale "qualcosa" a quello stesso tempo e in quello stesso luogo, anche se invece può benissimo essere pensato sia l' accadere sia, in alternativa, il non accadere realmente di tale "qualcosa" a quello stesso tempo e in quello stesso luogo.

Loris Bagnara:

Però, oltre 2000 anni di filosofia hanno appurato senza ombra di incertezza che "qualcosa" non è sufficiente a giustificare da sé la propria esistenza. Solo l'infinito basta a se stesso. Il finito, no.

Sgiombo:
Ma quando mai ? ! ? ! ? !

Loris Bagnara:
Non è solo un problema di ordine causale; è anche un problema di ordine logico. Mi spiego.
Assumiamo che l'universo sia un ente finito, con una certa quantità di materia/energia, un certo volume, certe precise leggi fisiche etc.
Per fare un esempio semplice, quanto sopra sarebbe come dire che l'universo è fatto da 29 palline rosse di 3 cm di diametro che si urtano su un piano di biliardo di 2x3 m. Può giustificare se stesso un universo del genere? Perché 29 palline e non 30 o 28? Perché sferiche e non di altra forma? Perché rosse e non verdi o gialle? Perché un piano da biliardo, e proprio di quella dimensione? Perché urtarsi, e non semplicemente star ferme?
Di fronte alla constatazione di un universo del genere, chi non si porrebbe queste e molte altre domande? Forse solo tu, Sgiombo.

Anche la scienza moderna prova un profondo disagio quando si trova di fronte all'arbitrarietà delle leggi fisiche, ed è proprio per questo che i fisici sono alla ricerca della teoria del TUTTO, in grado di spiegare la necessarietà di tutte le leggi fisiche osservabili (purtroppo non ce la faranno, perché solo l'infinito è in grado di rendere ragione di se stesso).
La domanda "perché" può significare o "per quale causa?", oppure "per quale scopo?"

Sgiombo:

Nel primo caso ho già chiarito che mentre se il divenire dell' universo é ordinato secondo una concatenazione causale ha senso chiedersi quali siano gli eventi-causa accadenti all' interno dell' universo degli eventi-effetto accadenti all' interno dell' universo, invece dell' universo in toto, oltre al quale per definizione non esiste nulla, non ha senso chiedersi quali sano le cause (all' esterno di esso, oltre ad esso) dell' universo.
Nel secondo caso si può porre unicamente per quanto realizzato da un soggetto cosciente e intenzionale di azione.
Ma di nuovo oltre all' universo in toto non può esservi alcunché d' altro per definizione; compreso un qualche agente intenzionale che ne sia il realizzatore per un qualche suo scopo.
Potremmo per esempio ipotizzare ce ci sia un Dio creatore che avesse creato tutto il resto dell' universo (oltre a Lui) per amore (come sostengono le principali religioni): "l' amore divino" sarebbe allora il "perché?" (lo scopo) di tutto il resto dell' universo tranne Dio, ma non potrebbe esserci comunque un "perché" (scopo) dell' universo in toto, Dio compreso.

green demetr

Mi accodo.

Secondo me esiste come ciclo.

Perchè se (e solo se) il tempo esiste, allora è possibile formulare non solo una sua forma continua come siamo soliti usare, ma anche come forma circolatoria, o a imbuto come Godel ammise.
Nel caso dell'inbuto, giunti al suo vertice il cono continua in un cono opposto.
Ammettendo in quel caso, addirittura il ritorno nel passato. Come se fossimo in una infinita clessidra.
Rimarrebbe il quesito della massima espansione del cerchio...ma su quello ignoro.
Per conto mio, credo fermamente nella ciclicità, come è già intuibile dal giro delle stagioni e della volta celeste.

Per quanto riguarda Dio seguo l'idea protestante/evangelica che Egli NON è nel tempo, è fuori dal tempo. E solo per questo dicibile come Eterno.

Edit.

E ovviamente credo nell'ESSERE, del qui e ora come eterno, tema filosofico per eccellenza.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Loris Bagnara

#34
@Sgiombo, non trovo convincenti, né complete, nessuna delle risposte che hai dato alle mie obiezioni.
Se osservo la realtà e estendo ragionevolmente la validità dei principi che osservo ("come in alto così in basso" ), non c'è nulla che possa suggerirmi un sistema filosofico così artificioso, e così poco in grado di fornire risposte, come quelle che ti sei scelto. Anche ammesso (ma non concesso) che "nulla lo escluda", il tuo sistema non è né l'unico né tanto meno il migliore, e quindi non vedo motivi per cui si dovrebbe adottare, visto che la ragione fondamentale per cui esiste la filosofia è per dare risposte, per dare un senso alle cose. Se uno si accontenta del non senso, non ha bisogno di sistemi filosofici...  Ma la chiuderei qui, andremmo avanti all'infinito.

A proposito di infinito, però, non ti sei ancora espresso chiaramente in merito: la totalità, per te, è infinita?
Ne tu né io sappiamo con certezza se la totalità è un infinito del tipo 1, 2 o 3 (vedi mio precedente post).
Nessuna delle tre opzioni si può dimostrare; possiamo solo scegliere quella che ci sembra più ragionevole.
Io ho scelto la 3 (il TUTTO), perché mi pare più ragionevole, nel senso che il TUTTO dà ragione di se stesso, cioé contiene in se stesso la ragione necessaria e sufficiente per la propria esistenza.
Nulla obbliga a scegliere la 1 o la 2, e se uno lo fa, dovrebbe spiegare perché ritiene tali opzioni più ragionevoli della 3.

PS La soluzione di Malebrabranche è indubbiamente migliore della tua, perché dal momento che sento il bisogno di postulare un ente che risolva il problema della reciproca trascendenza delle due res, almeno attribuisco a quell'ente (Dio, per Malebranche) anche il compito di spiegare e dare un senso alla realtà, cosa che il tuo noumeno non è in grado di fare, anzi, apre più questioni di quante non ne chiuda.

Loris Bagnara

Citazione di: sgiombo il 21 Aprile 2018, 16:15:42 PMLoris Bagnara:
Però, oltre 2000 anni di filosofia hanno appurato senza ombra di incertezza che "qualcosa" non è sufficiente a giustificare da sé la propria esistenza. Solo l'infinito basta a se stesso. Il finito, no.

Sgiombo:
Ma quando mai ? ! ? ! ? !

Il principio di ragion sufficiente è un caposaldo del pensiero filosofico occidentale dai greci in poi, anche se formulato esplicitamente per primo da Leibniz (cfr. http://www.treccani.it/enciclopedia/ragion-sufficiente_%28Enciclopedia-Italiana%29/).
Da questo principio discende quanto affermavo: ciò che è limitato, finito, contingente, non è ragione sufficiente di se stesso.
Io non conosco alcuna corrente filosofica di rilievo, nessun grande pensatore che abbia negato questo principio... Tu sì?

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 23 Aprile 2018, 10:24:09 AM
@Sgiombo, non trovo convincenti, né complete, nessuna delle risposte che hai dato alle mie obiezioni.
Se osservo la realtà e estendo ragionevolmente la validità dei principi che osservo ("come in alto così in basso" ), non c'è nulla che possa suggerirmi un sistema filosofico così artificioso, e così poco in grado di fornire risposte, come quelle che ti sei scelto. Anche ammesso (ma non concesso) che "nulla lo escluda", il tuo sistema non è né l'unico né tanto meno il migliore, e quindi non vedo motivi per cui si dovrebbe adottare, visto che la ragione fondamentale per cui esiste la filosofia è per dare risposte, per dare un senso alle cose. Se uno si accontenta del non senso, non ha bisogno di sistemi filosofici...  Ma la chiuderei qui, andremmo avanti all'infinito.
CitazioneA parte il fatto che le mie tesi sono argomentate e sensatissime (anche se in buona parte non provate; come d' altra parte nessuna proposta ad esse alternativa) non vedo qui alcuna argomentazione per sostenere le tue critiche (o meglio la tua liquidazione).

A proposito di infinito, però, non ti sei ancora espresso chiaramente in merito: la totalità, per te, è infinita?
Ne tu né io sappiamo con certezza se la totalità è un infinito del tipo 1, 2 o 3 (vedi mio precedente post).
Nessuna delle tre opzioni si può dimostrare; possiamo solo scegliere quella che ci sembra più ragionevole.
Io ho scelto la 3 (il TUTTO), perché mi pare più ragionevole, nel senso che il TUTTO dà ragione di se stesso, cioé contiene in se stesso la ragione necessaria e sufficiente per la propria esistenza.
Nulla obbliga a scegliere la 1 o la 2, e se uno lo fa, dovrebbe spiegare perché ritiene tali opzioni più ragionevoli della 3.
CitazioneCome ho dimostrato nel precedente intervento (non posso che copiare-incollare), Se la frase "la manifestazione in atto di tutte le infinite potenzialità" ha un senso (diverso da quello di "tutto ciò che esiste, incluso ciò che non posso sperimentare e conoscere, direttamente o indirettamente"), questo non può che essere "la realtà, il reale accadere di tutto ciò che é pensabile".
Ma tutto ciò che é pensabile non é affatto reale.
E anzi nemmeno potrebbe esserlo perché pensabile é "di tutto e di più", ovvero "tutto e il contrario di tutto", mentre reale può essere solo o "tutto" oppure "il contrario di tutto": non può essere reale l' accadere realmente di qualcosa a un certo tempo e in un certo luogo e inoltre il non accadere realmente di tale "qualcosa" a quello stesso tempo e in quello stesso luogo, anche se invece può benissimo essere pensato sia l' accadere sia, in alternativa, il non accadere realmente di tale "qualcosa" a quello stesso tempo e in quello stesso luogo.
PS La soluzione di Malebrabranche è indubbiamente migliore della tua, perché dal momento che sento il bisogno di postulare un ente che risolva il problema della reciproca trascendenza delle due res, almeno attribuisco a quell'ente (Dio, per Malebranche) anche il compito di spiegare e dare un senso alla realtà, cosa che il tuo noumeno non è in grado di fare, anzi, apre più questioni di quante non ne chiuda.
CitazioneLa mia soluzione é indubbiamente migliore di quella di Malebranche perché contrariamente a questa non é arbitrariamente, indimostrabilmente compromessa con le religioni rivelate, il provvidenzialismo, ecc.
E inoltre é perfettamente coerente con la consapevolezza dell' assurdità della pretesa di un senso della totalità, dalla totalità stessa (in sé e per sé, senza aggiunta alcuna che le dia senso) diverso: pretendere che qualcosa esista oltre alla totalità, che alla totalità stessa dia un senso é palesemente contraddittorio (diverso essendo il caso di un senso di enti o eventi particolari, parziali nell' ambito di una totalità in divenire ordinato secondo modalità universali e costanti).


Loris Bagnara:
Il principio di ragion sufficiente è un caposaldo del pensiero filosofico occidentale dai greci in poi, anche se formulato esplicitamente per primo da Leibniz (cfr. http://www.treccani.it/enciclopedia/ragion-sufficiente_%28Enciclopedia-Italiana%29/).
Da questo principio discende quanto affermavo: ciò che è limitato, finito, contingente, non è ragione sufficiente di se stesso.
Io non conosco alcuna corrente filosofica di rilievo, nessun grande pensatore che abbia negato questo principio... Tu sì?

Sgiombo:
Certo che sì!

In filosofia, contrariamente che nelle scienze. non esiste consenso universalmente accettato su quasi nulla, principio di ragion sufficiente compreso (e comunque un eventuale universale consenso su qualsiasi tesi -anche ammesso e non concesso- non sarebbe una ragione sufficiente a crederla sicuramente vera o a vietarne la critica e al negazione. 

Loris Bagnara

@Sgiombo;
CitazioneCome ho dimostrato nel precedente intervento (non posso che copiare-incollare), Se la frase "la manifestazione in atto di tutte le infinite potenzialità" ha un senso (diverso da quello di "tutto ciò che esiste, incluso ciò che non posso sperimentare e conoscere, direttamente o indirettamente"), questo non può che essere "la realtà, il reale accadere di tutto ciò che é pensabile".
Ma tutto ciò che é pensabile non é affatto reale.
E anzi nemmeno potrebbe esserlo perché pensabile é "di tutto e di più", ovvero "tutto e il contrario di tutto", mentre reale può essere solo o "tutto" oppure "il contrario di tutto": non può essere reale l' accadere realmente di qualcosa a un certo tempo e in un certo luogo e inoltre il non accadere realmente di tale "qualcosa" a quello stesso tempo e in quello stesso luogo, anche se invece può benissimo essere pensato sia l' accadere sia, in alternativa, il non accadere realmente di tale "qualcosa" a quello stesso tempo e in quello stesso luogo.
E invece è proprio così: a cominciare dal fatto che la manifestazione è ESSERE e al tempo stesso NON ESSERE, il cui risultato è il DIVENIRE.
Il TUTTO non è limitato a ciò che è pensabile, perché sarebbe come dire che il TUTTO soggiace ai limiti della mente umana. Il TUTTO è molto di più, infinitamente di più.
Tutto ciò che è pensabile è anche reale, altrimenti non sarebbe pensabile. Per tutto ciò che è pensabile, esiste uno scenario in cui esso può realizzarsi, e se può realizzarsi, lo farà. Anzi, lo fa, è già in atto da qualche parte. L'ipotesi del multiverso è una parziale rappresentazione del TUTTO, ma già fa capire che esistono infiniti scenari dove tutte le infinite combinazioni degli eventi possono (devono) verificarsi (proprio "tutto e il contrario di tutto"). Nella cornice del multiverso la distinzione di tempo e luogo non ha più senso. Si può dire che tutto avvenga nello stesso luogo e nello stesso tempo.
Del resto, se ti chiedessi di definire che cosa è reale, e che cosa non lo è, come faresti? Esiste qualche criterio? Quella che noi chiamiamo realtà, potrebbe essere un sogno, da cui un giorno potremmo risvegliarci in una realtà "più reale", e così via... Il senso della realtà è inseparabile da un coscienza che lo percepisca. Il senso della realtà è un fatto di coscienza.

Non mi pare poi di aver liquidato il tuo sistema senza motivazioni. Ho ampiamente argomentato le mie critiche nei post precedenti, e non è il caso di fare copia e incolla. Preferisco riassumere in poche parole i punti principali.

In primo luogo trovo incongruo rigettare la validità del principio di ragione sufficiente, e accettare "la chiusura causale dell'universo": il principio di causalità è un aspetto del principio di ragion sufficiente, e lo troviamo confermato in ogni esperienza del mondo in cui viviamo. E' artificioso distinguere la totalità dei fenomeni dai singoli fenomeni (non esistono singoli fenomeni), e affermare che la legge di causalità (in generale, il principio di ragion sufficiente) può valere per le parti, ma non per il tutto. Ne consegue la tua (per me) errata legittimazione di una totalità che non è tale, e che anzi si mostra come una verità tautologica (la totalità è tutto ciò che realmente esiste, e tutto ciò che realmente esiste è la totalità). Ma le tautologie non stanno in piedi da sole...

Per quanto riguarda gli altri aspetti del tuo sistema, osservo quanto segue.
Ci sono tre piani ontologici, la cui esistenza è ingiustificata alla luce del principio di ragion sufficiente (vedi sopra); ma, quel che è peggio, questi non servono allo scopo per cui sono stati chiamati in causa (quando dico "servire" intendo non uno scopo metafisico, ma la ragione filosofica per cui li assumo).
Il noumeno sembra essere chiamato in causa per risolvere il problema della corrispondenza fra res extensa e res cogitans, ma poi dichiari che esso non interferisce causalmente con gli altri due piani e che "nulla garantisce" la corrispondenza di cui sopra, che resta solo supposta e indimostrata. Credo che Occam, col suo rasoio, darebbe un bel taglio a questo noumeno che "non serve" a nulla...

Per non parlare di altri problemi. Cosa avviene alla morte? La coscienza individuale, che si trova nella res cogitans, cioè in un piano ontologico non causalmente legato alla res extensa, dovrebbe essere indifferente alle sorti del corpo fisico. E' così? La coscienza dunque è immortale? Perché se lo neghi, allora deve esistere un agente con la precisa funzione di distruggere la coscienza individuale nell'attimo in cui il relativo corpo muore, allo scopo di mantenere la suddetta corrispondenza... E' così? E se sì, qual è questo agente? In quale piano si trova, visto che gli altri due non interferiscono causalmente con la res cogitans? Specularmente, analoghi ragionamenti possono essere fatti per il momento della nascita.

Mi fermo qui: queste e altre incongruenze o assurdità emergono non appena si cominci un po' a sviscerare i dettagli...

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 24 Aprile 2018, 10:40:21 AM
@Sgiombo;
CitazioneCome ho dimostrato nel precedente intervento (non posso che copiare-incollare), Se la frase "la manifestazione in atto di tutte le infinite potenzialità" ha un senso (diverso da quello di "tutto ciò che esiste, incluso ciò che non posso sperimentare e conoscere, direttamente o indirettamente"), questo non può che essere "la realtà, il reale accadere di tutto ciò che é pensabile".
Ma tutto ciò che é pensabile non é affatto reale.
E anzi nemmeno potrebbe esserlo perché pensabile é "di tutto e di più", ovvero "tutto e il contrario di tutto", mentre reale può essere solo o "tutto" oppure "il contrario di tutto": non può essere reale l' accadere realmente di qualcosa a un certo tempo e in un certo luogo e inoltre il non accadere realmente di tale "qualcosa" a quello stesso tempo e in quello stesso luogo, anche se invece può benissimo essere pensato sia l' accadere sia, in alternativa, il non accadere realmente di tale "qualcosa" a quello stesso tempo e in quello stesso luogo.
E invece è proprio così: a cominciare dal fatto che la manifestazione è ESSERE e al tempo stesso NON ESSERE, il cui risultato è il DIVENIRE.
Il TUTTO non è limitato a ciò che è pensabile, perché sarebbe come dire che il TUTTO soggiace ai limiti della mente umana. Il TUTTO è molto di più, infinitamente di più.
CitazioneNo!

Essere == essere =/= non essere.

Divenire =/= essere fisso, immutabile.

Divenire =/= non essere.

Si pretende (indebitamente, falsamente) che "il tutto soggiace ai limiti della mente umana" se si afferma che "é reale solo ciò che é pensabile e non altro" (cosa che non mai preteso!) e non affatto che "tutto ciò che é pensabile (anche cose reciprocamente contraddittorie, pensabili in reciproca alternativa) é reale", che é semplicemente assurdo (oltre che falso; ché altrimenti avrei avuto tante di quelle bellissime donne!).

C' é una bella differenza ! ! !


Tutto ciò che è pensabile è anche reale, altrimenti non sarebbe pensabile.
CitazioneE' anche reale in quanto pensabile e basta, in quanto oggetto o contenuto di pensiero ma non affatto necessariamente in quanto contenuto della realtà (e non solo in quanto pensato): c' é una bella differenza fra un ippogrifo realmente pensato (reale sono in quanto oggetto o contenuto di pensiero. che ci può far divertire o meno) e un cavallo reale (non solo in quanto oggetto di pensiero), che ci può dare un sonoro calcione, madandoci magari al creatore ! ! ! 

Per tutto ciò che è pensabile, esiste uno scenario in cui esso può realizzarsi, e se può realizzarsi, lo farà.
Anzi, lo fa, è già in atto da qualche parte. 
CitazionePregasi dimostrare (ammesso e non concesso che sia possibile).


L' ipotesi del multiverso è una parziale rappresentazione del TUTTO, ma già fa capire che esistono infiniti scenari dove tutte le infinite combinazioni degli eventi possono (devono) verificarsi (proprio "tutto e il contrario di tutto"). Nella cornice del multiverso la distinzione di tempo e luogo non ha più senso. Si può dire che tutto avvenga nello stesso luogo e nello stesso tempo.
CitazioneSe anche fosse (ammesso e non concesso), sarebbe soltanto nell' "ipotesi" (parola tua) del multiverso!

...Peccato che si tratti di un' ipotesi indimostrata e indimostrabile!


Del resto, se ti chiedessi di definire che cosa è reale, e che cosa non lo è, come faresti? Esiste qualche criterio? Quella che noi chiamiamo realtà, potrebbe essere un sogno, da cui un giorno potremmo risvegliarci in una realtà "più reale", e così via... Il senso della realtà è inseparabile da un coscienza che lo percepisca. Il senso della realtà è un fatto di coscienza.
CitazioneDi questo vaniloquio posso concordare solo col fatto che quella che noi chiamiamo realtà, potrebbe essere un sogno, da cui un giorno potremmo risvegliarci in una realtà non onirica.

Non mi pare poi di aver liquidato il tuo sistema senza motivazioni. Ho ampiamente argomentato le mie critiche nei post precedenti, e non è il caso di fare copia e incolla. Preferisco riassumere in poche parole i punti principali.
CitazioneNOn é il caso di farlo perché non ci sarebbe nulla da copiare-incollare.


In primo luogo trovo incongruo rigettare la validità del principio di ragione sufficiente, e accettare "la chiusura causale dell'universo": il principio di causalità è un aspetto del principio di ragion sufficiente, e lo troviamo confermato in ogni esperienza del mondo in cui viviamo. E' artificioso distinguere la totalità dei fenomeni dai singoli fenomeni (non esistono singoli fenomeni), e affermare che la legge di causalità (in generale, il principio di ragion sufficiente) può valere per le parti, ma non per il tutto. Ne consegue la tua (per me) errata legittimazione di una totalità che non è tale, e che anzi si mostra come una verità tautologica (la totalità è tutto ciò che realmente esiste, e tutto ciò che realmente esiste è la totalità). Ma le tautologie non stanno in piedi da sole...
CitazioneLa cusalità ha senso unicamente relativamente a una parte, all' interno di un tutto in divenire ordinato secondo leggi universali e costanti e non affatto (sarebbe autocontraddittorio pretenderlo!) a proposito di un tutto, oltre al quale per definizione non esisterebbe nulla che potrebbe esserne causa (non vi sarebbe un divenire ordinato secondo modalità universali e costanti che lo implicasse).

La totalità è tutto ciò che realmente esiste, e tutto ciò che realmente esiste è la totalità é una tautologia.

Invece esiste qualcosa oltre la totalità dell' esistente (che é causa della totalità) é una contraddizione: l' esatto contrario!

Per quanto riguarda gli altri aspetti del tuo sistema, osservo quanto segue.
Ci sono tre piani ontologici, la cui esistenza è ingiustificata alla luce del principio di ragion sufficiente (vedi sopra); ma, quel che è peggio, questi non servono allo scopo per cui sono stati chiamati in causa (quando dico "servire" intendo non uno scopo metafisico, ma la ragione filosofica per cui li assumo).
Il noumeno sembra essere chiamato in causa per risolvere il problema della corrispondenza fra res extensa e res cogitans, ma poi dichiari che esso non interferisce causalmente con gli altri due piani e che "nulla garantisce" la corrispondenza di cui sopra, che resta solo supposta e indimostrata. Credo che Occam, col suo rasoio, darebbe un bel taglio a questo noumeno che "non serve" a nulla...
CitazioneL' esistenza del piano fenomenico, con le sue due componenti extensa e cogitans, la si constata empiricamente a posteriori.

Quella del secondo (e non terzo) piano ontologico, quello noumenico ho sempre sostenuto che é indimostrabile: il principio di ragion sufficiente non c' enta!
Ma é necessaria per spiegare i rapporti mente-cervello così come scientificamente rilevati, a meno di ricorrere alla leibniziana armonia prestabilita fra monadi incomunicanti o, peggio, all' occasionalismo di Malebranche.

Ti informo che il rasoio di Ockam serve a eliminare le ipotesi non necessarie a spiegare alcunché, e dunque non quella da me proposta del noumeno, la quale spiegano egregiamente intersoggettività dei fenomeni materiali e corrispondenza biunivoca fra fenomeni coscienti ed eventi neurofisiologici cerebrali senza interferenze causali (stante la chiusura causale del mondo fisico), così come dimostrata scientificamente.

Per non parlare di altri problemi. Cosa avviene alla morte? La coscienza individuale, che si trova nella res cogitans, cioè in un piano ontologico non causalmente legato alla res extensa, dovrebbe essere indifferente alle sorti del corpo fisico. E' così? La coscienza dunque è immortale? Perché se lo neghi, allora deve esistere un agente con la precisa funzione di distruggere la coscienza individuale nell'attimo in cui il relativo corpo muore, allo scopo di mantenere la suddetta corrispondenza... E' così? E se sì, qual è questo agente? In quale piano si trova, visto che gli altri due non interferiscono causalmente con la res cogitans? Specularmente, analoghi ragionamenti possono essere fatti per il momento della nascita.
CitazioneSenza esserne sicuro al 100%, credo che alla morte, finendo ogni attività cerebrale, finisca corrispondentemente ogni evento fenomenico  nella rispettiva esperienza cosciente (cioé finisca di esistere-divenire realmente la rispettiva esperienza fenomenica cosciente).

La coscienza individuale non si trova affatto nella res cogitans (e nemmeno nella res extensa): é invece la res cogitans (e pure al res extensa) a trovarsi nella (a far parte della, ad accadere nell' ambito della) coscienza fenomenica.

Dunque, nessun bisogno di farneticare di "agenti con la precisa funzione di distruggere la coscienza individuale nell'attimo in cui il relativo corpo muore" (né di creala quando nasce).

Mi fermo qui: queste e altre incongruenze o assurdità emergono non appena si cominci un po' a sviscerare i dettagli...

CitazioneA me pare che emergano solo la tua totale incapacità di comprendere e i tuoi numerosissimi strafalcioni logici (come quello relatvo alla "causa del tutto").

davintro

Considero il concetto di "eternità" come attinente a quella serie di concetti la cui presenza all'interno della pensabilità della nostra mente è una prova della sua esistenza. I nostri concetti delle cose possono ricavati dall'esperienza di cose realmente esistenti, oppure da un'attività sintetica dell'immaginazione, che arbitrariamente unifica una molteplicità di dati appresi dall'esperienza di cose reali, in forme fittizie. Noi possiamo riflettere sul concetto di eternità perché lo possediamo, e la questione dell'esistenza mi pare sia legata a quella dell'origine della sua presenza alla nostra mente. Se questo concetto corrispondesse una non-esistenza, una realtà fittizia, il suo contenuto dovrebbe riferirsi a una complessità, frutto della sintesi immaginativa dell'Io, quindi una realtà divisibile in parti, che questa sintesi riporterebbe poi a una unità fittizia. Non mi pare il caso dell'eternità, il cui significato indica la durata infinita degli istanti temporali. Nessuna sintesi potrebbe mai intuire tale significato. Una sintesi unificante il concetto di vari istanti temporali potrebbe solo considerare una durata finita, in quanto se i numeri sono infiniti, ogni addizione aritmetica tesa a comprendere diversi istanti temporali non può che restare parziale, impossibilitata a comprendere l'infinita potenzialità di istanti uniti nell'idea di "eternità". Resterebbe sempre costante la possibilità di immaginare una durata delle cose più lunga di quelle immaginate dalla mente che sinteticamente unisce via via le idee di singoli istanti temporali ricavati dall'esperienza. Quindi per l'idea dell'eternità nella sua semplicità, nel sua irriducibilità all'idea di un mero assemblaggio di parti individuabili dall'esperienza e unificabili per immaginazione, resta in piedi solo l'ipotesi di essere oggetto di un'intuizione originaria, diretta, riconducibile alla serie degli atti non prodotti dall'immaginazione, ma che si riferisce a una realtà davvero esistente, una realtà adeguata a rispecchiare il significato del concetto a cui si riferisce. Poi, atterrà a un piano diverso della questione considerare se quest'esistenza dell'eternità sia identificabile con un ente trascendente, come nelle metafisiche di ispirazione religiosa, oppure immanente al mondo, in una visione in cui l'universo fisico nella sua totalità, non avrà mai fine, pur attraversando diversi fasi nel suo divenire (come nelle cosmologie non-creazioniste della filosofia greca, e in generale nelle varie metafisiche dell'immanenza, siano esse panteiste, idealiste-dialettiche o materialiste). Ma questo, credo, si potrebbe considerato forse in una discussione distinta da questa, almeno per ora.

sgiombo

A Davintro:

Penso che sia per lo meno dubbio che possano esistere concetti nella nostra mente la cui presenza (di concetti dotati di una connotazione o intensione mentale e in quanto tali) possa essere prova dell' esistenza anche di denotati reali di tali concetti, in quanto concetti non costituiti attraverso la composizione arbitraria (fantastica) di concetti più elementari di cose reali, e dunque significanti cose reali e non fantasticamente sintetizzate (questo evidentemente in base alla concezione empiristica della mente umana come "tabula rasa" alla nascita).
 
Infatti possiamo sognare (oltre che percepire alucinatoriamente) tante cose inesistenti in realtà e (immediatamente o più verosimilmente, più realisticamente dopo, da svegli) farcene concetti mentali sensati, caratterizzati da connotazioni o intensioni, ma privi di denotazioni o estensioni reali (oltre che impiegarle per comporre o sintetizzare concetti mentali più complessi, che potrebbero essere a maggior ragione privi di denotazioni o estensioni reali).
E non sarei sicuro che nei sogni accada necessariamente un "rimescolamento", una rielaborazione e composizione arbitraria unicamente di dati empirici "propri del mondo reale" precedentemente percepiti e memorizzati (come accade nel pensiero fantastico) e non anche la percezione "originaria" di taluni dati empirici non appartenenti al mondo reale.
 
 
Ma l' obiezione più seria alla tua tesi dell' esistenza reale dell' eternità riguarda la possibilità di ricavare molto facilmente concetti di grandezze infinite da concetti di grandezze finite (in generale; e in particolare da concetti di durate temporali finite) semplicemente immaginando il prolungamento e la reiterazione senza fine dell' operazione di somma di concetti di grandezza finita: la presenza all' interno della nostra mente di tali concetti di grandezza infinita, così ricavati per sintesi arbitraria (fantastica) di concetti di grandezza finita a loro volta ottenuti dalla constatazione empirica di enti o eventi finiti -quelli sì, reali- non é una prova dell' esistenza reale degli enti o eventi di grandezza infinita da essi denotati.
 
Esiste in matematica il concetto di "numero infinito" (il cui simbolo, che non ho sulla tastiera del computer, notoriamente é una specie di "8" girato di 90° e messo "in orizzontale"), ricavato per l' appunto attraverso la (fantastica, arbitraria) reiterazione senza fine della somma di numeri finiti, o anche solo attraverso il "successivo passare in rassegna", immaginata senza fine, di numeri finiti crescenti di un' unità (il contare numeri finiti) i cui concetti sono ottenuti per astrazione da esperienze concrete di oggetti simili in gruppi costituiti da numeri uguali di essi.
Ma questo concetto infinito ce l' abbiamo nella nostra coscienza solo noi moderni e non gli uomini primitivi (non é innato), ed é ottenuto dalla sintesi, immaginata senza fine, di numeri finiti,
 
Il concetto di qualsiasi quantità infinita (compresa la quantità "durata temporale"; ovvero il concetto dell' "eternità") si ottiene immaginando l' iterazione senza fine di somme delle rispettive quantità finite, cioè, come dici tu, "per sintesi", operata arbitrariamente dalla fantasia, e che quindi potrebbe benissimo essere del tutto fittizia e condurre a concetti privi di denotazione o intensione reale: l' eternità potrebbe non esistere, non é un concetto la cui presenza all'interno della pensabilità della nostra mente sia una prova della sua esistenza reale.

Loris Bagnara

#41
Citazione di: sgiombo il 24 Aprile 2018, 12:00:07 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 24 Aprile 2018, 10:40:21 AMPer quanto riguarda gli altri aspetti del tuo sistema, osservo quanto segue.
Ci sono tre piani ontologici, la cui esistenza è ingiustificata alla luce del principio di ragion sufficiente (vedi sopra); ma, quel che è peggio, questi non servono allo scopo per cui sono stati chiamati in causa (quando dico "servire" intendo non uno scopo metafisico, ma la ragione filosofica per cui li assumo).
Il noumeno sembra essere chiamato in causa per risolvere il problema della corrispondenza fra res extensa e res cogitans, ma poi dichiari che esso non interferisce causalmente con gli altri due piani e che "nulla garantisce" la corrispondenza di cui sopra, che resta solo supposta e indimostrata. Credo che Occam, col suo rasoio, darebbe un bel taglio a questo noumeno che "non serve" a nulla...
CitazioneL' esistenza del piano fenomenico, con le sue due componenti extensa e cogitans, la si constata empiricamente a posteriori.

Quella del secondo (e non terzo) piano ontologico, quello noumenico ho sempre sostenuto che é indimostrabile: il principio di ragion sufficiente non c' enta!
Ma é necessaria per spiegare i rapporti mente-cervello così come scientificamente rilevati, a meno di ricorrere alla leibniziana armonia prestabilita fra monadi incomunicanti o, peggio, all' occasionalismo di Malebranche.

Ti informo che il rasoio di Ockam serve a eliminare le ipotesi non necessarie a spiegare alcunché, e dunque non quella da me proposta del noumeno, la quale spiegano egregiamente intersoggettività dei fenomeni materiali e corrispondenza biunivoca fra fenomeni coscienti ed eventi neurofisiologici cerebrali senza interferenze causali (stante la chiusura causale del mondo fisico), così come dimostrata scientificamente.

Per non parlare di altri problemi. Cosa avviene alla morte? La coscienza individuale, che si trova nella res cogitans, cioè in un piano ontologico non causalmente legato alla res extensa, dovrebbe essere indifferente alle sorti del corpo fisico. E' così? La coscienza dunque è immortale? Perché se lo neghi, allora deve esistere un agente con la precisa funzione di distruggere la coscienza individuale nell'attimo in cui il relativo corpo muore, allo scopo di mantenere la suddetta corrispondenza... E' così? E se sì, qual è questo agente? In quale piano si trova, visto che gli altri due non interferiscono causalmente con la res cogitans? Specularmente, analoghi ragionamenti possono essere fatti per il momento della nascita.
CitazioneSenza esserne sicuro al 100%, credo che alla morte, finendo ogni attività cerebrale, finisca corrispondentemente ogni evento fenomenico  nella rispettiva esperienza cosciente (cioé finisca di esistere-divenire realmente la rispettiva esperienza fenomenica cosciente).

La coscienza individuale non si trova affatto nella res cogitans (e nemmeno nella res extensa): é invece la res cogitans (e pure al res extensa) a trovarsi nella (a far parte della, ad accadere nell' ambito della) coscienza fenomenica.

Dunque, nessun bisogno di farneticare di "agenti con la precisa funzione di distruggere la coscienza individuale nell'attimo in cui il relativo corpo muore" (né di creala quando nasce).
Tu continui a dichiarare che il tuo noumeno spiega "egregiamente l'intersoggettività dei fenomeni materiali e la corrispondenza biunivoca fra fenomeni coscienti ed eventi neurofisiologici cerebrali" e questo riuscirebbe a farlo "senza interferenze causali". Tue parole testuali.
Peccato che sia impossibile da capire come faccia un ente a garantire che qualcosa avvenga coordinatamente in altri enti con i quali non ha alcuna relazione causale. Nemmeno questa volta l'hai spiegato. Continui solo ad affermarlo. ... Magia? Potere soprannaturale? Ma allora tanto vale chiamarlo Dio, il tuo noumeno, perché da Dio ci si aspetta che possa fare tutto; dal tuo noumeno, no.
Non c'è bisogno che spieghi a cosa serve il rasoio di Occam, lo sappiamo benissimo; piuttosto devi spiegare in che modo il noumeno faccia quel che tu pretendi debba fare: altrimenti, è solo un'ipotesi inutile, e il rasoio di Occam dovrà fare il suo lavoro. Zac!

Per quanto riguarda la coscienza individuale, dici che non si trova nella res cogitans... e questa è una vera sorpresa, perché la res cogitans sembrava proprio dover essere postulata per ospitare l'esperienza cosciente. Ma se non ospita l'esperienza cosciente, allora a cosa serve la res cogitans? Altra ipotesi inutile. Zac!

E dici poi che la coscienza individuale non si trova nemmeno nella res extensa! Quindi dove si troverebbe? In un altro piano di cui ancora non si è parlato? Oppure è solo un'illusione?
E torno a chiederti, visto che non hai risposto, ma solo ribadito: chi o che cosa spegne la coscienza individuale, quando il corpo fisico si spegne? Chi o che cosa accende la coscienza individuale, quando un nuovo corpo si forma?

Tutto questo tu lo definisci "egregiamente spiegato"? Riesci a dare delle vere spiegazioni, senza ribadire pedissequamente con copia e incolla quello che (insufficiente) hai già detto, e senza scivolare nell'offesa livorosa?

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 26 Aprile 2018, 11:26:36 AM

Tu continui a dichiarare che il tuo noumeno spiega "egregiamente l'intersoggettività dei fenomeni materiali e la corrispondenza biunivoca fra fenomeni coscienti ed eventi neurofisiologici cerebrali" e questo riuscirebbe a farlo "senza interferenze causali". Tue parole testuali.
Peccato che sia impossibile da capire come faccia un ente a garantire che qualcosa avvenga coordinatamente in altri enti con i quali non ha alcuna relazione causale. Nemmeno questa volta l'hai spiegato. Continui solo ad affermarlo. ... Magia? Potere soprannaturale? Ma allora tanto vale chiamarlo Dio, il tuo noumeno, perché da Dio ci si aspetta che possa fare tutto; dal tuo noumeno, no.
Non c'è bisogno che spieghi a cosa serve il rasoio di Occam, lo sappiamo benissimo; piuttosto devi spiegare in che modo il noumeno faccia quel che tu pretendi debba fare: altrimenti, è solo un'ipotesi inutile, e il rasoio di Occam dovrà fare il suo lavoro. Zac!

Per quanto riguarda la coscienza individuale, dici che non si trova nella res cogitans... e questa è una vera sorpresa, perché la res cogitans sembrava proprio dover essere postulata per ospitare l'esperienza cosciente. Ma se non ospita l'esperienza cosciente, allora a cosa serve la res cogitans? Altra ipotesi inutile. Zac!

E dici poi che la coscienza individuale non si trova nemmeno nella res extensa! Quindi dove si troverebbe? In un altro piano di cui ancora non si è parlato? Oppure è solo un'illusione?
E torno a chiederti, visto che non hai risposto, ma solo ribadito: chi o che cosa spegne la coscienza individuale, quando il corpo fisico si spegne? Chi o che cosa accende la coscienza individuale, quando un nuovo corpo si forma?

Tutto questo tu lo definisci "egregiamente spiegato"? Riesci a dare delle vere spiegazioni, senza ribadire pedissequamente con copia e incolla quello che (insufficiente) hai già detto, e senza scivolare nell'offesa livorosa?

CitazionePeccato che sia tu a non capire che il divenire biunivocamente corrispondente di noumeno e fenomeni (senza reciproche interferenze causali) non é affatto da spiegare in quanto, al contrario, costituisce una spiegazione (del fatto che i fenomeni materiali sono intersoggettivi e dei rapporti cervello-coscienza).
Solo un pregiudizio meccanicistico impone necessariamente interferenze causali come uniche possibili spiegazioni dei rapporti fra diversi enti ed eventi (in generale; e fra res cogitans e res extensa in particolare).

E' una proposta su come stanno le cose in realtà, che non richiede spiegazione (semplicemente "così é se vi pare"), mentre spiega intersoggettività dei fenomeni materiali (indimostrabile ma necessaria perché se ne possa avere conoscenza scientifica) e corrispondenze coscienza-cervello dimostrate dalle neuroscienze.

Proprio perché dal mio noumeno, contrariamente che da Dio, non ci si può aspettare (magicamente) di tutto e di più (miracoli), si tratta di una spiegazione razionale.



No, a te c' é proprio bisogno di spiegarlo (a cosa serve il rasoio di Ockam), perché nella tua ignoranza, maneggiandolo maldestramente, rischi di fare -zac!-  ...la fine di Pietro Abelardo (e senza la consolazione del' amore eterno e non scalfibile di Eloisa).



La coscienza (individuale) non si trova di certo nella res extensa, né nella res cogitans per il semplice fatto che sono invece la res extensa e la res cogitans (entrambe fenomeniche, contro Cartesio, con  Hume) a trovarsi nella coscienza: altra sciocchezza: zac!

Comunque ti sfido a trovarla, la coscienza, nella res extensa: quando osservando un cervello vi avrai trovato il colorato paesaggio che il soggetto della coscienza fenomenica corrispondente a tale cervello sta vedendo, il sentimento che sta provando, o la dimostrazione del teorema di geometria cui sta pensando, mentre tu non vi vedi altro che neuroni, sinapsi, assoni, potenziali d' azione et similia, ne riparleremo. 
E per quanto riguarda la res cogitans, i pensieri, sentimenti, ecc., essi fanno parte (unitamente alla  res extensa) della coscienza, "della coscienza sono contenuti", e non viceversa (salvo il caso particolare che si pensi alla coscienza, cioé che la coscienza sia contenuto, oggetto di pensiero: un contenuto di coscienza, una cosa pensata o percepita sensibilmente fra tante altre; il quale -il pensiero della coscienza- é peraltro sempre e comunque un contenuto di coscienza).



Come ti ho già ripetutamente (per quanto inutilmente; come penso proprio anche stavolta) spiegato, quando un cervello smette di funzionare la coscienza che vi corrisponde si spegne da sé (in corrispondenza biunivoca con il cessare (lo"  spegnarsi") dei corrispondenti processi neurofisiologici cerebrali.



Queste (riassunte ai minimi termini per non fare inutili copia-incolla sono vere, "egrege" spiegazioni, più che sufficienti (almeno per comprendere, non necessariamente per condividere ed approvare; ovviamente per chi sia in grado di comprendere e le prenda seriamente in considerazione).
Invece le offese livorose sono quelle che tu continui a rivolgere a me.

Loris Bagnara

Allora Sgiombo, premesso che io in questo scambio di battute io mi sono attenuto ad analizzare criticamente le tue affermazioni, senza toccare la tua persona, mentre tu hai ripetutamente usato parole offensive nei miei confronti ("ignoranza" e simili), mi trovo costretto a dire cose che non avrei voluto dire; ma un minimo di amor proprio ce l'ho anch'io...

Io non credo di essere né ignorante né stupido, come penso non lo credano i "venticinque lettori" dei miei libri (se digiti il mio nome li trovi facilmente), e nemmeno gli altri autori con cui ho collaborato (fra cui, in particolare, un nome di notevole fama e prestigio).
Non mi è mai capitato di non capire qualcosa, se qualcuno si impegna a spiegarmi il proprio pensiero. A volte, anzi, usando un po' di intuito, mi capita di riuscire a capire anche se non me lo spiegano tanto bene... Ma nel caso del tuo sistema filosofico, ti prego di credermi, si capisce solo quello che INTENDI di spiegare; ma aldilà delle tue affermazioni, a un osservatore esterno appare con assoluta chiarezza che quel sistema NON sta in piedi, e che NON spiega affatto quel che intenderebbe spiegare.

E' estremamente penoso doverti inseguire con richieste di chiarimenti del tuo pensiero, con il risultato che le tue risposte (quando non sono "copia e incolla") ogni volta spostano il problema da un'altra parte, senza risolverlo.
Ora sei arrivato a dire che tutto è nella coscienza, sia la res extensa che la res cogitans.
La domanda che sorge spontanea, e che ti ho già fatto, e a cui tu non hai risposto, è che cosa sia allora la coscienza, e in quale piano stia la coscienza.
Ma non te la rifaccio, perché mi sono stancato.

Mi limito solo ad osservare come le tue risposte, messe in fila, abbiano creato un labirinto inestricabile: la coscienza contiene la res extensa; la res extensa contiene il corpo umano; del corpo umano fa parte il cervello; e quando il cervello si spegne per la morte del corpo fisico, anche la coscienza si spegne...  Non causalmente, tu dici, ma per una "corrispondenza biunivoca", non si sa come garantita da un entità chiamata "noumeno", che pure non interferisce causalmente con le suddente entità...
Forse altri potranno averti seguito (improbabile), ma io getto la spugna.

La cosa curiosa è che sei arrivato ad affermare che tutto è nella coscienza, che è quello che affermo pure io, ma in tutt'altra cornice.

A me sembra evidente che il tuo sistema è un artificio nato da una base di materialismo ateo, che non ha la franchezza di invocare l'ente di cui ha bisogno per stare in piedi: Dio. Se tu chiamassi "Dio" il tuo noumeno, e gli assegnassi le "caratteristiche" di Dio, allora tutto potrebbe anche funzionare.Ti si potrebbe anche credere quando affermi che il tuo noumeno-Dio garantisce il tutto. Ma tu evidentemente non puoi accettare Dio, e neghi che il tuo noumeno sia identificabile con Dio.

E' un chiaro indizio di quanto sopra, il fatto stesso che tu sia stato l'unico nella storia del pensiero umano a usare il termine "noumeno" con quel significato che tu gli attribuisci per indicare l'ente che serve al tuo sistema. Ma il termine "noumeno" significa tutt'altra cosa: intende la cosa in sé, l'archetipo, l'idea platonica.  Significa la realtà non manifestata, in opposizione dialettica con la realtà manifestata, fenomenica. Noumeno vs fenomeno: è questo il vero significato di noumeno, per come è stato usato nella storia della filosofia (https://it.wikipedia.org/wiki/Noumeno).

Si potrebbe anche intendere per noumeno un piano ontologico ideale utilizzato dal "demiurgo" come modello per la sua creazione; ma in nessun caso il termine è stato usato per indicare un ente che abbia, per così dire, una autonomia funzionale nello schema della realtà.

Fino all'arrivo di Sgiombo.

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 27 Aprile 2018, 12:19:53 PM
Allora Sgiombo, premesso che io in questo scambio di battute io mi sono attenuto ad analizzare criticamente le tue affermazioni, senza toccare la tua persona, mentre tu hai ripetutamente usato parole offensive nei miei confronti ("ignoranza" e simili), mi trovo costretto a dire cose che non avrei voluto dire; ma un minimo di amor proprio ce l'ho anch'io...

Io non credo di essere né ignorante né stupido, come penso non lo credano i "venticinque lettori" dei miei libri (se digiti il mio nome li trovi facilmente), e nemmeno gli altri autori con cui ho collaborato (fra cui, in particolare, un nome di notevole fama e prestigio).
CitazioneLe accuse infondate di offesa le rispedisco al mittente.
 
A mio modesto avviso il modo non pertinente in cui hai brandito (dialetticamente) contro di me il rasoio di Ockam dimostra che ne ignoravi il reale significato (e non, ovviamente, che sei ignorante in generale o in assoluto).
 
Il concetto di "stupidità" invece non l' ho mai impiegato in questa discussione.


Non mi è mai capitato di non capire qualcosa, se qualcuno si impegna a spiegarmi il proprio pensiero. A volte, anzi, usando un po' di intuito, mi capita di riuscire a capire anche se non me lo spiegano tanto bene... Ma nel caso del tuo sistema filosofico, ti prego di credermi, si capisce solo quello che INTENDI di spiegare; ma aldilà delle tue affermazioni, a un osservatore esterno appare con assoluta chiarezza che quel sistema NON sta in piedi, e che NON spiega affatto quel che intenderebbe spiegare.
CitazioneCasomai, nel caso mio, da parte tua (e non affatto universalmente) si capirà "solo quello che INTENDO di spiegare; ma aldilà delle mie affermazioni, non affatto a un qualsiasi osservatore esterno ma casomai a quel particolare osservatore che sei tu, appare con assoluta chiarezza che quel sistema NON sta in piedi, e che NON spiega affatto quel che intenderebbe spiegare.
 
Ti informo che il fatto di avere molti lettori e collaboratori famosi e prestigiosi non ti da alcun titolo per arrogarti il diritto di parlare a nome di ogni e qualsiasi "osservatore esterno" delle mie convinzioni e argomentazioni.


E' estremamente penoso doverti inseguire con richieste di chiarimenti del tuo pensiero, con il risultato che le tue risposte (quando non sono "copia e incolla") ogni volta spostano il problema da un'altra parte, senza risolverlo.
Ora sei arrivato a dire che tutto è nella coscienza, sia la res extensa che la res cogitans.
La domanda che sorge spontanea, e che ti ho già fatto, e a cui tu non hai risposto, è che cosa sia allora la coscienza, e in quale piano stia la coscienza.
Ma non te la rifaccio, perché mi sono stancato.
CitazioneAnch' io mi sono stancato di ripeterti che non tutto ma solo i fenomeni (res cogitans e res extensa), e non certo il noumeno, costituiscono la (fanno arte della) coscienza (la quale ne é l' insieme – successione).
Ed anche a me é estremamente penoso ripetere in continuazione le stesse cose a chi mi fa in continuazione le stesse domande alle quali ho già ripetutamente risposto.


Mi limito solo ad osservare come le tue risposte, messe in fila, abbiano creato un labirinto inestricabile: la coscienza contiene la res extensa; la res extensa contiene il corpo umano; del corpo umano fa parte il cervello; e quando il cervello si spegne per la morte del corpo fisico, anche la coscienza si spegne...  Non causalmente, tu dici, ma per una "corrispondenza biunivoca", non si sa come garantita da un entità chiamata "noumeno", che pure non interferisce causalmente con le suddente entità...
Forse altri potranno averti seguito (improbabile), ma io getto la spugna.
CitazioneApprezzo almeno l' ammissione che tu trovi le mie argomentazioni un labirinto inestricabile e forse (per quanto improbabilmente) altri le possano seguire (credo che effettivamente sia improbabile che altri le condividano, ma non affatto che altri, contrariamente a te, le comprendano).


La cosa curiosa è che sei arrivato ad affermare che tutto è nella coscienza, che è quello che affermo pure io, ma in tutt'altra cornice.

A me sembra evidente che il tuo sistema è un artificio nato da una base di materialismo ateo, che non ha la franchezza di invocare l'ente di cui ha bisogno per stare in piedi: Dio. Se tu chiamassi "Dio" il tuo noumeno, e gli assegnassi le "caratteristiche" di Dio, allora tutto potrebbe anche funzionare.Ti si potrebbe anche credere quando affermi che il tuo noumeno-Dio garantisce il tutto. Ma tu evidentemente non puoi accettare Dio, e neghi che il tuo noumeno sia identificabile con Dio.
CitazionePretendere che chiami "Dio" il noumeno" e insinuare che non ne avrei il coraggio mi sembra costituisca un modo decisamente scorretto di discutere (comunque argomentazioni non sono di certo!).


E' un chiaro indizio di quanto sopra, il fatto stesso che tu sia stato l'unico nella storia del pensiero umano a usare il termine "noumeno" con quel significato che tu gli attribuisci per indicare l'ente che serve al tuo sistema.
CitazioneIl noumeno come lo intendi io ha importanti tratti comuni con quello kantiano.
E (un po' meno ma) anche con la sostanza divina spinoziana (ben diversa da un "banale" Dio teistico, o anche deistico!).
E non ho proprio alcuna paura di rilevarlo!
(Anzi, me ne compiaccio).


Ma il termine "noumeno" significa tutt'altra cosa: intende la cosa in sé, l'archetipo, l'idea platonica.  Significa la realtà non manifestata, in opposizione dialettica con la realtà manifestata, fenomenica. Noumeno vs fenomeno: è questo il vero significato di noumeno, per come è stato usato nella storia della filosofia (https://it.wikipedia.org/wiki/Noumeno).

Si potrebbe anche intendere per noumeno un piano ontologico ideale utilizzato dal "demiurgo" come modello per la sua creazione; ma in nessun caso il termine è stato usato per indicare un ente che abbia, per così dire, una autonomia funzionale nello schema della realtà.

Fino all'arrivo di Sgiombo.
CitazioneSenza alcuna intenzione offensiva, ma ritengo in tutta sincerità che confondere il noumeno kantiano con le idee platoniche é uno strafalcione di dimensioni colossali!
 
Per Kant il noumeno é semplicemente la realtà in sé congetturabile "oltre" i fenomeni e non percepibile, contrariamente a questi; della quale conseguentemente ben poco può dirsi in termini teoricamente fondati, di ragion pura (altro che <<piano ontologico ideale utilizzato dal "demiurgo" come modello per la sua creazione>>!).

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