Menu principale

Esiste l'immateriale?

Aperto da cvc, 24 Gennaio 2019, 08:53:04 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

Sariputra

Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:50:35 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Gennaio 2019, 14:44:20 PMA mio modesto parere sarebbe improprio parlare di 'autoinganno' di questa "Solo-mente", in quanto non è possibile per essa 'osservarsi', e quindi discernere l'inganno. Nel momento che "si muove" crea nome-forma e quindi la 'realtà' fenomenica. Nel momento in cui cessa di 'muoversi' scompare nome-forma e la realtà fenomenica cessa d'esistere. Ciò che noi percepiamo come soggettivo non è auto-inganno, se non nella misura in cui e per cui non è "nostro" ma di essa. Il mio 'sentirmi' soggetto è del tutto identico al 'tuo' sentirti soggetto. Non abbiamo 'proprietà' nostre essendo queste 'proprietà' che riteniamo nostre solo increspature, onde sul mare della "Solo-mente"... Non è una visione teistica. In quanto , nella comune accezione, per Dio s'intende un essere/persona dotato di autocoscienza e volontà. "Solo-mente" non ha alcuna volontà ma potenzialità d'azione...pertanto anche l'idea di Dio è una creatura di "Solo-mente" che ne assegna le proprietà. Concordo con @acquario sul discorso della chiusura, sulla "solidificazione", ma il movimento può invertirsi...dipenderà dal movimento della 'solo-mente-...Può darsi che siamo in una fase di 'riposo'... ;D ;D
È un discorso interessante che però mi pare necessiti di un po' di linguaggio tecnico del Buddismo che non possiedo. Tuttavia il fatto stesso di essere buddista è un particolare tratto che caratterizza una personalità, una individualità.

Sì, hai ragione. Per questo ho lasciato da parte il discorso, perché mi rendo conto che necessiterei di usare termini tecnici della filosofia Cittamatra (vijnanavada o Wéishì zōng in cinese) buddhista che sarebbe veramente lungo e difficile (e probabilmente noioso per chi non è interessato...) poi rendere in modo coerente e accessibile nel nostro linguaggio comune. O almeno dubito di averne la capacità ... avendo pochissima preparazione a riguardo della filosofia dell'Occidente per trovare analogie..:(
Quindi è meglio non 'incartarsi' troppo... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

 A Davintro
ho due obiezioni da muovere.

1 Con David Hume rilevo che la deduzione cartesiana "cogito ergo sum" non ha certezza indubitabile: la realtà potrebbe limitarsi al solo "cogito", all' accadere di tale pensiero (e degli altri pensieri o sensazioni mentali, e delle sensazioni corporee) in assenza di qualsiasi altra realtà permanente (in qualità di loro soggetto e/o oggetti) se e quando tali sensazioni (compreso il pensiero "cogito") non accadono realmente.
 
2 Trovo cervellotica e irrilevante, superata dalla scienza moderna la distinzione aristotelica fra "materia" e "forma": il mondo materiale é costituito puramente e semplicemente da enti ed eventi misurabili, (postulabili essere) intersoggettivi e divenienti secondo modalità universali e costanti calcolabili (distinguere una pretesa materia inerte e informe e un preteso principio dinamico che la determini nelle sue differenti componenti mi sembra un' inutile "cattiva" astrazione di concetti del tutto inutili a conoscere il mondo fisico materiale).

sgiombo

Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 08:36:40 AM

Infatti ci si dimentica che il concetto di anima la religione l'ha preso in prestito (e non restituito) dalla filosofia, e non viceversa. Le neuroscienze si concentrano sulla macchina-uomo, non sul guidatore. Dicevo che il virtuale sostituisce l'anima in quanto tanto più ci si concentra sul virtuale e tanto meno ci si interessa dell'anima.

Il guidatore é il corpo umano (che potrebbe anche essere un robot privo di coscienza; putroppo, per i motociclisti e amanti della guida sportiva come me stanno già cominciando a cercare di realizzarne).

Ciò che é da distinguere da esso é la coscienza, e nel suo ambito il pensiero, del guidatore.

paul11

#33
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 14:11:46 PM
Citazione di: paul11 il 24 Gennaio 2019, 15:30:10 PM
Tutto si risolve in energia, non solo fisica.
La materia è condensazione, densità ,concentrazione che le forze interagenti condizionando l'energia, la concentra .
Quindi sono i legami energetici che condensano la materia.

Analogamente ciò che quì viene definito immateriale al posto del legame chimico fisico materiale  crea le relazioni: linguistiche, affettivo-sentimentali, psichiche, spirituali.
Tutta l'energia complessiva universale, materiale e immateriale ,era già al tempo zero e nello spazio originario, come nella  teoria cosmologica fisica del big bang , e tutto è destinato a ri-tornarvi.

L'espansione dello spazio  e il tempo sono convenzioni create dai legami fisici delle forze interazionali ,creando materia, modificando gli stati energetici; così come le relazioni immateriali espandono e contraggono il pensiero che si esprime linguisticamente ., le emozioni, lo spirito.

Così come un tempo l'etere era l'immateriale, aria, in quanto invisibile ritenuto  immateriale,
ancora oggi ingenuamente non vedendo come ciechi, ciò che invece esiste come evidenza ; il pensiero, le emozioni,l'autoconsapevolezza e quindi il sè, anch'essi ontologicamente non possono che esistere
ed interagire con la materia ed energia fisica.
Questo però perdonami ma spiega assai poco delle differenze fra organismi viventi e non, anzi non spiega come sia possibile che esistano degli organismi, il quale discorso precede di gran lunga quello sulla natura dei pensieri, emozioni, sentimenti, coscienza. Tutto è energia mi pare una condizione necessaria ma non sufficiente per spiegare il fenomeno dell'umanità. A me pare evidente che oltre all'energia debba esserci qualcos'altro. Pur essendo ben lungi dal poter dire cosa effettivamente sia quel qualcos'altro. Ma la scissione cartesiana - pur se indimostrabile scientificamente e discutibile - secondo me dal punto di vista pratico continua a funzionare benissimo.
se si inizia dall'Io a fare argomentazioni si cade nel soggettivismo.
la dualità Cartesaina ha fatto più danni, vedi l'empirismo che non accetta causalità e quindi sostanza è come dire :...ma Hume sapeva di esistere o era un ectoplasma?
Sono un monista convinto perchè all'inizio dell'universo non poteva che essercene uno e non universi paralleli a diecimila dimensioni, per cui quell' Io umano non poteva che essere già lì.Il mio pensiero combacia abbastanza con la fisca della cosmologia.
L'energia che osserva il fisico segue il metodo sperimentale per dimostrare e giustificare,anche se non è più oggi proprio così.
Il mio Io ontologico adesso del quì e ora non può quindi avere un tempo in divenire.
L'argomentanzione di davintro è interessante, ma mi pare, dovrei studiarci sopra, un poco contraddittoria.
E' il nostro linguaggio che costruisce la forma sintattica e la semantica della sostanza, o se si vuole è la proprietà intellettiva di una coscienza del sè che può rompere la barriera temporale anadare a ritroso temporalmente o avanti, vale a dire qu' e adesso posso comunque ragionare sul presente, sul passato e sul futuro.
Ma proprio perchè sarebbe contraddittorio un IO che appare solo alla nascita e quindi in divenire ( e daccapo da dove verrebbe mai se non dal nulla, sparisce con il corpo fisico ancora nel nulla? La chiusura causale sbandierata da Sgiombo è da porre su ttuta l'energia, compresa quella vitale, quela spirtuale, oltre a quella fisca.
la contraddizione è dire che se penso non produco energia, ma se scrivo quello che penso ,poichè appare materialmente allora esiste: semplicemnte illogico e ridicolo.Tutta l'energia quindi era già in origine e così come il big bang espande l'energia condensandosi in materia grazie alle quattro forze interagenti, la stessa cosa avviene all'uomo fisico e al materiale organico, con l'energia vitale, ma nell'uomo esiste anche lo spirito che torna dopo la fine del corpo fisico all'origine.
Il divenire è la manifestazione affinchè vi sia la scansione temporale e spaziale  che permette la narrazione fra passato presente futuro.
il senso e i signifcati del divenire, ed è quello che serve, è cogliere le essenze universali, nel percorso della conoscenza, da quela fsica a quella spirtuale,psichica, ecc. E la nostra vita, la nostra essenza narrativa  torna con lo spirito all'origine.

Così come le quattro forze interagenti creano l ospazio e il tempo modellando l'energia, le nostre condizioni umane di vita e di essitenza sono oltre che nelel condizioni fische naturali a cui soggiaciamo fiscamente corpo, dentro le condizioni costruite dal nostro intelletto.
Noi interagiamo quindi sempre con il materiale e l'immateriale dove quest'ultimo crea la cultura,intesa come rappresentazione linguistica.
Il come interpretiamo il tutto, il come ciascun Io del singolo individuo calato nel divenire dallo spazio tempo, interagisce con il mondo è il senso e i significati che quell'Io vuol dare alla propria esistenza.

Jean

Cit. @Sgiombo 

Le scienze naturali (compresa la neurologia), essendo possibili del solo mondo fenomenico materiale, su quello si concentrano.
E in esso non possono trovare fenomeni mentali, ma solo materiali.

Per esempio, nei cervelli trovano...  neuroni, nevroglia, assoni, sinapsi, potenziali d' azione, eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche, ecc.: tutt' altro che pensieri, sentimenti, ricordi, immaginazioni; anche se questi ultimi fenomeni -mentali- non possono darsi in assenza di determinati corrispondenti fenomeni neurofisiologici cerebrali; e viceversa.

  .................

In questo tuo passo si può sostituire COMPUTER  a cervello  e proseguire il parallelismo (alimentatore, scheda madre, processore, scheda video e audio, sistemi di raffreddamento, memoria ram, hard disk o ssd, scheda di rete... software ...< >  neuroni, nevroglia, assoni, sinapsi, potenziali d' azione, eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche, ecc. ).

È un dato di fatto che grandi risultati in campo tecnologico si sono ottenuti copiando (...IMPARANDO) l'esistente, così oggi il vertice di tutte le realizzazioni umane è rappresentato dal computer e dall'intelligenza (detta) artificiale che sempre più vi opera... ma questo è argomento in altra sezione.

Negli anni che seguo il tuo pensiero (sarà anche immateriale ma ha prodotto un incredibile numero di post per i quali senza alcuna invidia mi complimento, essendo la linfa del forum...) complice una certa pignoleria di cui talora fai ammenda e una periodica riproposizione dei tuoi punti cardine, me ne son impratichito notando come sia rimasto coerente e pressoché immutato. 
A significare che l'impostazione che ti sei dato è per te la migliore in ordine alle domande cui risponde.

Se per te la coscienza individuale che percepisce i fenomeni appartiene ad un dominio differente da quelli, mi trovi d'accordo e per continuare il parallelismo si potrebbe dire che la coscienza sia l'interfaccia tra il fenomenico e il noumenico (che per me è l'al di là dell'aldilà, non necessariamente collegato alla morte fisica).

In altre occasioni ti ho posto la domanda che ora ti ripropongo (e a chi volesse affrontarla), a mio avviso non avendo ottenuto una risposta esauriente (relativamente alle mie possibilità di comprenderla, sperando in miglior esito nell'occasione presente): 

se come affermi:  "La funzione fisiologica cerebrale non é di produrre  pensiero, concetti, sintesi astratte etc..."  da dove vengono i pensieri? O almeno come si formano?

Una interpretazione è che analogamente ad un apparecchio ricevitore il cervello "sintonizzato" sul proprio "canale" li riceva bell'è fatti, azione e pensiero corrispondente (e viceversa) accadono in tempo percettivo reale.
(Un po' OT... come forse sai con l'avvento del prossimo 5G - telefonia ma non solo - i tempi di latenza saranno praticamente azzerati, essendo 500x più veloce del 4G... al prezzo delle conseguenze -da verificare- di una notevolmente incrementata esposizione elettromagnetica che tu come radiologo conosci bene.)

L'origine del pensiero è per me una questione fondamentale stante che ci identifichiamo con esso per gran parte del nostro tempo, pensiero che ci distingue da ogni altro essere e della cui importanza @Davintro scrive:

"Senza questa tendenza immateriale, i fenomeni sensibili si sostituirebbero gli uni agli altri senza alcuna possibilità di sintesi temporali, per i quali accanto alla sensazione presente il pensiero trattiene il passato nella memoria e ha un'aspettativa per il futuro, e questa tendenza non è un'astrazione concettuale, ma concreta attività nella realtà psichica."

seppur non concordo sul pensiero quale soggetto in grado di trattenere il passato ecc.. in quantoove risieda la memoria e la sua relazione col pensiero è a mio avviso faccenda lungi dall'esser chiarita (e tremendamente affascinante).

 
P.S. - nell'esempio di @sgiombo del motociclista mi chiedo chi guidi la moto, se il corpo come affermi o il pensiero che accade nel corpo, in analogia con chi fa girare-funzionare il computer, l'hardware o il software?

Non è stata una precedente sequenza di pensieri (istruzioni) che man mano ha addestrato il corpo al punto che in seguito non occorre più che accada il "pensare" a tutti gli atti inerenti la guida?
 
 J4Y

davintro

Citazione di: sgiombo il 25 Gennaio 2019, 16:48:51 PM A Davintro ho due obiezioni da muovere. 1 Con David Hume rilevo che la deduzione cartesiana "cogito ergo sum" non ha certezza indubitabile: la realtà potrebbe limitarsi al solo "cogito", all' accadere di tale pensiero (e degli altri pensieri o sensazioni mentali, e delle sensazioni corporee) in assenza di qualsiasi altra realtà permanente (in qualità di loro soggetto e/o oggetti) se e quando tali sensazioni (compreso il pensiero "cogito") non accadono realmente.  2 Trovo cervellotica e irrilevante, superata dalla scienza moderna la distinzione aristotelica fra "materia" e "forma": il mondo materiale é costituito puramente e semplicemente da enti ed eventi misurabili, (postulabili essere) intersoggettivi e divenienti secondo modalità universali e costanti calcolabili (distinguere una pretesa materia inerte e informe e un preteso principio dinamico che la determini nelle sue differenti componenti mi sembra un' inutile "cattiva" astrazione di concetti del tutto inutili a conoscere il mondo fisico materiale).

nel procedimento metodico con cui scopro il Cogito come indubitabile è già compresa anche la necessità di connetterlo a un soggetto esistente individuale. Il procedimento proviene dall'ammettere la possibilità di illudersi riguardo la verità sulle cose oggettive, illusione che però lascerebbe intatto il residuo della certezza che se anche mi illudessi starei comunque pensando. Ma a me pare che la possibilità di illudersi e di errare per il pensiero sia sempre dovuta a un condizionamento della volontà o del sentimento che spingono un soggetto a non accettare, a livello più o meno conscio, alcune verità oggettive, così come, al contrario, la possibilità di rispecchiare tali verità è dovuta allo sviluppo di adeguate capacità intellettuali, derivante da un talendo innata o comunque da un impegno per cui sono motivato a rafforzare le mie doti razionali. In ogni caso, l'efficienza del pensiero è sempre connessa a tutto il resto del complesso di qualità che caratterizzano ogni persona come singolo individuo. L'idea di un cogito slegato dall'appartenenza a un "sum", da un soggetto esistente pensante è un concetto astratto, ma non può essere una realtà, in quanto il pensare si da sempre come pensiero "di qualcosa" anziché di qualcos'altro e ciò che dirige il pensiero verso determinati pensati anziché altri esprime gli interessi, le motivazioni inerenti la personalità di un singolo individuo. Il pensiero è un'attività intenzionale, non è che "mi capita" di pensare a qualcosa, come se la mia individualità fosse solo contenitore accidentale di un flusso sovrapersonale del pensiero. Oriento il mio pensiero sulla base di ciò a cui VOGLIO pensare di ciò che SENTO importante per la mia vita. E questa unità indissolubile tra pensiero, volontà e sentimento costituisce l'unità della struttura personale, quel "sum" da cui Cartesio fa, secondo me correttamente, discendere dal cogito (al di là delle distorsioni consistenti in un dualismo troppo esasperato fra anima e corpo in cui egli cade, che non condivido)

La misurabilità implica la delimitazione dell'oggetto che si misura, Misurare vuol dire fissare una quantità interna a un limite, e la limitatezza è data alla materia dalla forma, che appunto la delimita, dandole una determinata spazialità e una determinato modo d'essere. La misurazione implica la forma sia dal punto di vista della misurazione dello spazio di un singolo oggetto, sia come misurazione della molteplicità di enti, che possono costituire un'unità, un insieme misurabile, nella misura in cui singoli membri condividono la stessa forma, la stessa essenza. Non potrei in alcun modo contare una decina di cavalli di fronte a me, senza individuare la qualità formale dell' "essere cavallo" come categoria comune a tutti singoli cavalli la cui quantità misuro. L' "essere cavallo" non è un numero, una quantità, ma una qualità, la quantificazione presuppone dunque l'intuizione della qualità. E non è necessario aderire a un realismo estremo nella questione degli universali, per cui penso che la "cavallinità", sia platonicamente, una cosa reale, non condivido questa visione, anche ammettendo che i cavalli esistono solo come cavalli individuali di cui ho un'esperienza sensibile, la forma "cavallo" non è una totale astrazione, ma comunque fattore di realtà in quanto principio che interviene sulla materia passiva, per svilupparla sulla base del modo d'essere del concetto di "cavallo". L'idea di cavallo è un'astrazione, ma non lo è il principio formale che rende il cavallo "cavallo", operando realmente per tutto il corso della vita. Quindi non trovo come la misurabilità della materia smentisca la necessità per le cose materiali di esistere sempre come materie formate. La materia senza forme sarebbe materia infinita e indeterminata, e proprio queste caratteristiche la renderebbero impossibile da misurare. Non si può misurare l'infinito, altrimenti i numeri non sarebbero infiniti, ne esisterebbe uno che non può concepirne alcuno superiore ad esso. Tutto questo del resto conferma il rapporto epistemologico tra filosofia e scienze sperimentali, la scienza moderna sperimentale misura, ma per farlo deve implicitamente ammettere (senza però poterlo tematizzare) i principio metafisico e ontologico della forma e dell'immateriale come condizione necessaria dell'esistenza della materia, nonché della sua misurabilità: le "cause seconde", fisica, discendono da quelle "prime", metafisica, senza alcun conflitto

Ipazia

L'immateriale è immateriale. L'energia lasciatela ai fisici che ci fanno già abbastanza meta-fisica sopra da soli, ma almeno ci capiscono qualcosa. L'energia vitale è metabolismo. L'energia psichica è una metafora, un'analogia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Risposta a Jean
 
Grazie, ma sei troppo buono (e rischi di fomentare la mia deplorevole mancanza di modestia) nel definirmi "la linfa del forum".
E complimenti (oltre al ringraziamento; anche) per la straordinaria pazienza che ti consente di prendere sul serio e seguire con una certa assiduità le mie elucubrazioni.
 
Credo che in linea di principio, ma non di fatto sia possibile costruire macchine che si comportano come uomini.
M se per assurdo dovesse effettivamente accadere -ammesso e non concesso da parte mia- non sarebbe possibile stabilire se sarebbero pure dotate di coscienza o meno (se la coscienza fosse necessariamente coesistente anche all' "hardware" materiale neurologico -fatto di proteine, ecc,- o invece solo al "software comportamentale similumano" indipendentemente dall' hardware -per esempio anche di silicio- su cui fosse implementato).
E allora quello stesso eticamente fondamentale "principio prudenza" che ci impone di rischiare di vietare di uccidere un' entità meramente animale non autocosciente (e probabilmente nemmeno cosciente, propriamente nemmeno animale ma vegetale) impedendo l' aborto oltre i tre mesi di gravidanza piuttosto di correre il rischio di consentire un omicidio ci imporrebbe di trattare tali macchine come se di coscienza e autocoscienza del tutto simile al quelle umane fossero sicuramente dotate.
 
Per me la coscienza é costituita dai fenomeni (gli insiemi - successioni delle percezioni per l' appunto coscienti) materiali e mentali o "di pensiero".
Quindi ritengo sia meglio definire la coscienza come l' interfaccia fra il noumenico oggettivo e il noumenico soggettivo (i fenomeni materiali come coesistenti-corrispondenti a determinati rapporti fra le entità noumeniche "soggetto" e "oggetti", reciprocamente diversi; quelli mentali come coesistenti-corrispondenti a determinati rapporti fra le entità noumeniche "soggetto" e, riflessivamente se stessa in qualità di "oggetto" delle sensazioni.
 
Secondo me sia la materia (per esempio cerebrale), sia il pensiero sono fenomeni costituenti il "flusso" degli eventi di coscienza.
Ipotizzo che accadano allorché determinate entità in sé (soggetti delle esperienze coscienti stesse) siano in determinati rapporti con determinate entità in sé (oggetti delle esperienze coscienti stesse), coi soggetti stessi coincidenti nel caso dei fenomeni mentali, da essi diverse nel caso di quelli materiali.
 
La differenza fra il motociclista umano e il computer che guida la moto é che il primo, contrariamente al secondo non é stato intenzionalmente programmato nel suo agire da un soggetto di pensiero (non c' é alcun omuncolo" o "fantasma nella macchina" nel suo cervello che a sua volta lo guidi, lo utilizzi, gli dia degli input e ne riceva degli output), ma invece é direttamente coesistente con una coscienza.
Nel mono fisico materiale (fenomenico -postulabile essere- intersoggettivo, constatabile a chiunque in linea di principio) ciò che di neurofisiologico accade nel cervello del motociclista causa, determina la guida della moto.
"Parallelamente a ciò" nella coscienza del motociclista (in maniera meramente soggettiva, constatabile solo da lui stesso) accadono i pensieri e le decisioni ("ammazza che disgraziato he non mi dà la precedenza!", "freniamo di brutto e strombazziamo sperando che il servofreno ci assista! E che Dio ce la mandi buona!") che sono il suo "vissuto" del guidare.


P. S.: inserzione grettamente (auto)promozionale:

Proprio in questi giorni in questo stesso sito "Riflessioni" che comprende il nostro magnifico forum é stato pubblicato un altro mio (ahimè un po' lungo) scritto su questo argomento.

Chi fosse interessato (e dotato di discreta pazienza), mi farebbe un enorme piacer aprendo questo link:


Con tante scuse per il disturbi agli altri
https://www.riflessioni.it/angolo_filosofico/ancora-sui-rapporti-cervello-coscienza.htm

sgiombo

Risposta a Davintro

Di indubitabile mi sembra evidente ci sia solo l' accadere del pensiero "io penso" (se e quando accade), e basta.
Nient' altro che questi fenomeni (percezioni) mentali.

E' la cartesiana critica razionale che induce a porsi il "dubbio metodico" circa qualsiasi credenza; compresa (se portata alle estreme conseguenze, con Hume) quella che oltre all' accadere dei fenomeni mentali "io penso" debba per forza realmente esistere anche qualcosa di da esse diverso, realmente persistente anche prima e dopo che essere accadano, che ne sia il soggetto (e anche riflessivamente l' oggetto), denominato "io".

Il pensare si da sempre come pensiero "di qualcosa" anziché di qualcos'altro, nel senso che é un certo determinato pensiero (per esempio: "cogito"; reale) anziché un certo determinato altro pensiero (per esempio "sum"; reale, ma non necessariamente vero): non può esistere il pensiero " " (il nulla di pensato non esiste come pensato) ma solo il pensiero di "qualcosa" (il qualcosa pensato può esistere come pensato).

Tutto ciò di cui può darsi certezza "al di là di ogni possibile dubbio" é che se si pensa, allora "capita" di pensare a qualcosa, come se la
La sensazioni fenomenica dell' orientamento del ("proprio") pensiero sulla base di ciò a cui si VUOLE pensare di ciò che SI SENTE importante per la "propria" vita ( e non anche, inoltre: l' esistenza di me che oriento il mio proprio pensiero sulla base di ciò a cui VOGLIO pensare di ciò che SENTO importante per la mia vita), se accade, é tutto ciò di cui non può aversi dubbio.



Non ho mai affermato che la misurabilità dei fenomeni materiali ne escluda le qualità.
Comprendo l' affermazione che o' idea di cavallo è un'astrazione, ma non quella che non lo è il principio formale (?) che rende il cavallo "cavallo", operando realmente per tutto il corso della vita (?): il cavallo non ha alcun bisogno di "essere reso" cavallo: é già un cavallo "di per sé".

Non seguo il tuo aristotelismo.
Secondo perché la scienza possa misurare enti ed eventi materiali, basta che molto banalmente li distingua gli uni dagli altri.




Pienamente d' accordo con Ipazia (di cui reitero la meritoria esortazione) che:

L'immateriale è immateriale. L'energia lasciatela ai fisici che ci fanno già abbastanza meta-fisica sopra da soli, ma almeno ci capiscono qualcosa. L'energia vitale è metabolismo. L'energia psichica è una metafora, un'analogia.

Apeiron

#39
@cvc,

ritengo che l'immateriale (inteso come ciò che 'non è fisico') esista. E che la 'prova' che qualcosa di 'immateriale' esista è semplice. Abbiamo un'esperienza soggettiva. Ovvero, 'proviamo' qualcosa. Dunque, almeno la nostra coscienza esiste e quindi almeno una 'cosa' è 'immateriale'.
A meno che non si accetti l'elimativismo (alla Dennet, se non erro) per il quale la coscienza semplicemente non esiste e che quindi l'unica cosa da scoprire sono i comportamenti che possono essere descritti 'oggettivamente', c'è il cosiddetto problema difficile della coscienza ("hard problem of consciousness", espressione introdotta, se non ricordo male, da Chalmers). In pratica, come si spiega che si 'provi qualcosa' scientificamente se la scienza si occupa di qualcosa che è 'oggettivo' (o almeno, 'inter-soggettivo')? In sostanza, il problema difficile della coscienza sembra indicare che non è possibile spiegare la coscienza (il fatto che 'si provi' qualcosa) in termini puramente oggettivi.

Personalmente, ritengo che l'eliminativismo sia una posizione assurda. Infatti, se conosciamo una 'realtà oggettiva' la conosciamo, appunto, tramite la nostra esperienza soggettiva. Dunque, se è illusoria la nostra esperienza soggettiva deve essere anche illusoria la conoscenza di una tale 'realtà oggettiva'. Quindi, quello che sostiene l'eliminativismo mi sembra una completa assurdità.

Una domanda però: perché ritieni che ciò che non è 'materiale', debba essere immutabile? Secondo me non è necessario che sia così. Infatti, personalmente, non credo che la 'mente' sia qualcosa di immutabile (non dico che non ci possa essere qualcosa di immutabile ed immateriale, ma non capisco perché ciò che è immateriale deve essere immutabile).  


Citazione di: Sariputra il 25 Gennaio 2019, 14:38:02 PM
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:50:35 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Gennaio 2019, 14:44:20 PMA mio modesto parere sarebbe improprio parlare di 'autoinganno' di questa "Solo-mente", in quanto non è possibile per essa 'osservarsi', e quindi discernere l'inganno. Nel momento che "si muove" crea nome-forma e quindi la 'realtà' fenomenica. Nel momento in cui cessa di 'muoversi' scompare nome-forma e la realtà fenomenica cessa d'esistere. Ciò che noi percepiamo come soggettivo non è auto-inganno, se non nella misura in cui e per cui non è "nostro" ma di essa. Il mio 'sentirmi' soggetto è del tutto identico al 'tuo' sentirti soggetto. Non abbiamo 'proprietà' nostre essendo queste 'proprietà' che riteniamo nostre solo increspature, onde sul mare della "Solo-mente"... Non è una visione teistica. In quanto , nella comune accezione, per Dio s'intende un essere/persona dotato di autocoscienza e volontà. "Solo-mente" non ha alcuna volontà ma potenzialità d'azione...pertanto anche l'idea di Dio è una creatura di "Solo-mente" che ne assegna le proprietà. Concordo con @acquario sul discorso della chiusura, sulla "solidificazione", ma il movimento può invertirsi...dipenderà dal movimento della 'solo-mente-...Può darsi che siamo in una fase di 'riposo'... ;D ;D
È un discorso interessante che però mi pare necessiti di un po' di linguaggio tecnico del Buddismo che non possiedo. Tuttavia il fatto stesso di essere buddista è un particolare tratto che caratterizza una personalità, una individualità.
Sì, hai ragione. Per questo ho lasciato da parte il discorso, perché mi rendo conto che necessiterei di usare termini tecnici della filosofia Cittamatra (vijnanavada o Wéishì zōng in cinese) buddhista che sarebbe veramente lungo e difficile (e probabilmente noioso per chi non è interessato...) poi rendere in modo coerente e accessibile nel nostro linguaggio comune. O almeno dubito di averne la capacità ... avendo pochissima preparazione a riguardo della filosofia dell'Occidente per trovare analogie..:( Quindi è meglio non 'incartarsi' troppo... :)

@Sari,

posso chiederti un chiarimento. Dicevi ad esempio: " Quindi non esiste Sari, né Cvc, né Sgiombo (scusa... ), né Ipazia ma un'unica coscienza che s'immagina d'essere Sari, Cvc, Sgiombo, Ipazia,ecc." (intervento #4). Ci sono due possibili interpretazioni:


  • Che esiste un'unica Coscienza comune a tutti noi. La molteplicità è illusoria, data dall'immaginazione di tale Coscienza;
  • Che tutte le coscienze abbiano la stessa natura. In questo caso, c'è un solo 'tipo' (in un certo senso) di coscienza. Tuttavia, le coscienze (o magari le 'correnti di coscienza'  ;D ) di Sari, cvc ecc sono 'entità diverse' che però non riconosco di avere la stessa natura e si immaginano di essere diversi.

In ambo i casi il 'materiale' non esisterebbe ma sarebbe solo una sorta di 'prodotto dell'immaginazione' della coscienza (quindi, 'immaterialismo'). Tuttavia, la (1) mi sembra più filosofia Vedanta che quella Cittamatra. Mi sembra che (almeno certe versione de) la Cittamatra siano più simili alla (2) che la (1) e che si dica che esista 'una mente' perché esiste solo una 'tipologia' (in un certo senso) di mente, ovvero che le menti condividano la stessa 'natura' (luminosità, consapevolezza ecc).

Intendevi dire la (1) o la (2)?  :)


Ciao!
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#40
@Sari,

posso chiederti un chiarimento. Dicevi ad esempio: " Quindi non esiste Sari, né Cvc, né Sgiombo (scusa... ), né Ipazia ma un'unica coscienza che s'immagina d'essere Sari, Cvc, Sgiombo, Ipazia,ecc." (intervento #4). Ci sono due possibili interpretazioni:




In ambo i casi il 'materiale' non esisterebbe ma sarebbe solo una sorta di 'prodotto dell'immaginazione' della coscienza (quindi, 'immaterialismo'). Tuttavia, la (1) mi sembra più filosofia Vedanta che quella Cittamatra. Mi sembra che (almeno certe versione de) la Cittamatra siano più simili alla (2) che la (1) e che si dica che esista 'una mente' perché esiste solo una 'tipologia' (in un certo senso) di mente, ovvero che le menti condividano la stessa 'natura' (luminosità, consapevolezza ecc).

Intendevi dire la (1) o la (2)?


Una formulazione strettamente Cittamatra è la (2), ma come hai giustamente rilevato (e si vede che conosci bene l'argomento...  ;) ) nel momento in cui la differenziazione tra Sari,cvc,Apeiron,ecc. viene a cessare perché cessa l'accumulazione karmica che determina l'illusione della dualità e della personalità vi può essere ancora un criterio di differenziazione? La differenza che vedo rispetto al Vedanta è che questa/e coscienza è auto luminosa e 'vuota' (non è satchitananda per intenderci...). Cittamatra sorge, come ben sai perché ne abbiamo già discusso tra noi, in opposizione all'interpretazione madhyamika del Nibbana, posto in 'shunya', e che Cittamatra considera un pericoloso avvicinamente all'estremo del nichilismo perché secondo i fratelli Asanga e Vasubandhu un Nibbana senza coscienza del Nibbana è di fatto 'nulla' ossia nichilismo (errore commesso da Schopenhauer nella sua scorretta interpretazione del Buddhismo...) alla cui obiezione il Madhyamika oppone la sua: ossia che postulare il "solo-mente" (come l'ho chiamato...) viceversa avvicina il nibbana all'estremo positivo dell'eternalismo, sostanziando la coscienza stessa e quindi non conforme alla "via di mezzo" insegnata dal Buddha storico. Come sai il 'duello' interno a queste due scuole è durato sette anni, tra Chandrakirti e Chandragomin, in un memorabile e infinito dibattito all'Università di Nalanda e, da quanto riferiscono le cronache e la tradizione, senza che nessuno dei due prevalesse. Nota che entrambe queste scuole speculative sono strettamente buddhiste, né mai vi fu scomunica reciproca e che ambedue ebbero seguito profondissimo (tra lo zen e il Cittamatra l'influenza è palpabile...).
Però, come sai, io sono uno "della foresta" e quindi, seguendo il maestro, mi tengo lontano dal parteggiare per l'una o per l'altra... ;D
E' comunque un dibattito interessantissimo e, quando mi ci metto, a volte propendo da una parte e altre dall'altra... :(
Accettare una o l'altra però non fa essere più o meno "buddhisti".  :)

Ciao

In questo augusto consesso del forum volevo presentare la posizione Cittamatra ( che ho ribattezzato Solo-Mente) perché fautrice dell'esistenza del solo immateriale...posizione originale rispetto alla tradizione occidentale (almeno mi pare...vista la mia poca conoscenza in materia).
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

#41
Citazione di: Apeiron il 27 Gennaio 2019, 12:13:32 PM
@cvc,

ritengo che l'immateriale (inteso come ciò che 'non è fisico') esista. E che la 'prova' che qualcosa di 'immateriale' esista è semplice. Abbiamo un'esperienza soggettiva. Ovvero, 'proviamo' qualcosa. Dunque, almeno la nostra coscienza esiste e quindi almeno una 'cosa' è 'immateriale'.
A meno che non si accetti l'elimativismo (alla Dennet, se non erro) per il quale la coscienza semplicemente non esiste e che quindi l'unica cosa da scoprire sono i comportamenti che possono essere descritti 'oggettivamente', c'è il cosiddetto problema difficile della coscienza ("hard problem of consciousness", espressione introdotta, se non ricordo male, da Chalmers). In pratica, come si spiega che si 'provi qualcosa' scientificamente se la scienza si occupa di qualcosa che è 'oggettivo' (o almeno, 'inter-soggettivo')? In sostanza, il problema difficile della coscienza sembra indicare che non è possibile spiegare la coscienza (il fatto che 'si provi' qualcosa) in termini puramente oggettivi.

Personalmente, ritengo che l'eliminativismo sia una posizione assurda. Infatti, se conosciamo una 'realtà oggettiva' la conosciamo, appunto, tramite la nostra esperienza soggettiva. Dunque, se è illusoria la nostra esperienza soggettiva deve essere anche illusoria la conoscenza di una tale 'realtà oggettiva'. Quindi, quello che sostiene l'eliminativismo mi sembra una completa assurdità.

Una domanda però: perché ritieni che ciò che non è 'materiale', debba essere immutabile? Secondo me non è necessario che sia così. Infatti, personalmente, non credo che la 'mente' sia qualcosa di immutabile (non dico che non ci possa essere qualcosa di immutabile ed immateriale, ma non capisco perché ciò che è immateriale deve essere immutabile).  


Concordo.
E, se posso permettermi, confermo circa l' eliminativismo di Dennett (e dei Churchland) e il problema difficile di Chalmers (che apprezzo molto).

Per risponderti nell' altra discussione anche a me, pur essendo pensionato (alla faccia dei governi e dell' EurOOOOOOOOOOpa!) serve tempo.



Ciao!

Apeiron

#42
Ciao Sari,

grazie per il chiarimento  :)

Due cose...

Prima:

Citazione
In questo augusto consesso del forum volevo presentare la posizione Cittamatra ( che ho ribattezzato Solo-Mente) perché fautrice dell'esistenza del solo immateriale...posizione originale rispetto alla tradizione occidentale (almeno mi pare...vista la mia poca conoscenza in materia).

Nel mondo occidentale ci sono alcune filosofie puramente 'immaterialistiche'. Ad esempio, il vescovo irlandese Berkeley riteneva che esistevano solo le coscienze e che l'esistenza dei fenomeni materiali era dovuto al loro fatto di essere percepiti (da cui il suo "esse is percipi" che viene di viene riportato come "esse est percipi"). Il fatto che la Luna non smette di esistere se non viene guardata è dovuto al fatto che Dio 'percepisce' le cose anche quando noi non le percepiamo. Questa posizione è detta 'idealismo soggettivo'.

C'è poi l''idealismo oggettivo' di Hegel secondo cui, invece, tutte le cose sono manifestazioni di uno Spirito, una Coscienza superiore. Il mondo naturale stesso è una sorta di 'proiezione'. Direi che questa posizione è simile a quella Vedanta!

Quindi anche in occidente ci sono posizioni idealistiche.

Riguardo a Schopenhauer, la sua posizione è più sottile di quello che viene generalmente detto di lui. Per esempio, nel 'Mondo come Volontà e Rappresentazione' scrive (fonte nilalienum):

CitazioneA questo proposito devo in primo luogo osservare, che il concetto del nulla è essenzialmente relativo, e si riferisce sempre ad alcunché di determinato, ch'esso nega. Codesta relatività fu attribuita (specie da Kant) soltanto al nihil privativum, indicato col segno – in opposizione al segno +; il qual segno –, capovolgendo il punto di vista, poteva diventare +; e in contrasto con quel nihil privativum, si stabilì un nihil negativum, che fosse il nulla sotto tutti i rapporti, per esempio, del quale si cita la contraddizione logica, distruggente se stessa. Ma, guardando più da vicino, un nulla assoluto, un vero e proprio nihil negativum non si può neppure immaginare: ogni nihil negativum, guardato più dall'alto o sussunto ad un più ampio concetto, rimane pur sempre un nihil privativum. Ciascun nulla è pensato come tale solo in rapporto a qualche cosa, e presuppone codesto rapporto, ossia quella cosa. Perfino una contraddizione logica è un nulla relativo. Non è un pensiero della ragione: ma non perciò è un nulla assoluto.
...
Davanti a noi non resta invero che il nulla. Ma quel che si ribella contro codesto dissolvimento nel nulla, la nostra natura, è anch'essa nient'altro che la volontà di vivere. Volontà di vivere siamo noi stessi, volontà di vivere è il nostro mondo. L'aver noi tanto orrore del nulla, non è se non un'altra manifestazione del come avidamente vogliamo la vita, e niente siamo se non questa volontà, e niente conosciamo se non lei ...Noi vogliamo piuttosto liberamente dichiarare: quel che rimane dopo la soppressione completa della volontà è invero, per tutti coloro che della volontà ancora son pieni, il nulla. Ma viceversa per gli altri, in cui la volontà si è rivolta da se stessa e rinnegata, questo nostro universo tanto reale, con tutti i suoi soli e le sue vie lattee, è – il nulla.

Ovviamente, una forte differenza tra la filosofia di Schopenhauer e quella buddhista è che S. propone l'ascetismo estremo. Però l'obbiettivo per S. non era il 'nulla' nichilistico ma il nulla 'per tutti coloro che della volontà ancor son pieni'. Una precisazione interessante  :) 

P.S. Molto belle le parole su Dostoevskij che hai scritto nell'altra discussione  ;)

@sgiombo,

mi fa piacere che concordiamo! Per l'altra discussione, prenditi il tempo che ti serve (anche perché io stesso ci metterò un po' di tempo a rispondere di nuovo...)! ;)

Ciao!
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

 cit. Apeiron:Nel mondo occidentale ci sono alcune filosofie puramente 'immaterialistiche'. Ad esempio, il vescovo irlandese Berkeley riteneva che esistevano solo le coscienze e che l'esistenza dei fenomeni materiali era dovuto al loro fatto di essere percepiti (da cui il suo "esse is percipi" che viene di viene riportato come "esse est percipi"). Il fatto che la Luna non smette di esistere se non viene guardata è dovuto al fatto che Dio 'percepisce' le cose anche quando noi non le percepiamo. Questa posizione è detta 'idealismo soggettivo'. 

C'è poi l''idealismo oggettivo' di Hegel secondo cui, invece, tutte le cose sono manifestazioni di uno Spirito, una Coscienza superiore. Il mondo naturale stesso è una sorta di 'proiezione'. Direi che questa posizione è simile a quella Vedanta!

Quindi anche in occidente ci sono posizioni idealistiche. 


 Grazie Apeiron,
non si finisce mai d'imparare ( e scoprire i propri limiti ..e questo è buono!").
Ti chiederei di accettarmi come tuo discepolo...se non mi fossi già offerto ad Eutidemo!  :(
Non vorrei esser preso per un...poco di buono! Un baldracco filosofico... :-[ :-[
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

davintro

Citazione di: sgiombo il 26 Gennaio 2019, 12:15:00 PMRisposta a Davintro Di indubitabile mi sembra evidente ci sia solo l' accadere del pensiero "io penso" (se e quando accade), e basta. Nient' altro che questi fenomeni (percezioni) mentali. E' la cartesiana critica razionale che induce a porsi il "dubbio metodico" circa qualsiasi credenza; compresa (se portata alle estreme conseguenze, con Hume) quella che oltre all' accadere dei fenomeni mentali "io penso" debba per forza realmente esistere anche qualcosa di da esse diverso, realmente persistente anche prima e dopo che essere accadano, che ne sia il soggetto (e anche riflessivamente l' oggetto), denominato "io". Il pensare si da sempre come pensiero "di qualcosa" anziché di qualcos'altro, nel senso che é un certo determinato pensiero (per esempio: "cogito"; reale) anziché un certo determinato altro pensiero (per esempio "sum"; reale, ma non necessariamente vero): non può esistere il pensiero " " (il nulla di pensato non esiste come pensato) ma solo il pensiero di "qualcosa" (il qualcosa pensato può esistere come pensato). Tutto ciò di cui può darsi certezza "al di là di ogni possibile dubbio" é che se si pensa, allora "capita" di pensare a qualcosa, come se la La sensazioni fenomenica dell' orientamento del ("proprio") pensiero sulla base di ciò a cui si VUOLE pensare di ciò che SI SENTE importante per la "propria" vita ( e non anche, inoltre: l' esistenza di me che oriento il mio proprio pensiero sulla base di ciò a cui VOGLIO pensare di ciò che SENTO importante per la mia vita), se accade, é tutto ciò di cui non può aversi dubbio. Non ho mai affermato che la misurabilità dei fenomeni materiali ne escluda le qualità. Comprendo l' affermazione che o' idea di cavallo è un'astrazione, ma non quella che non lo è il principio formale (?) che rende il cavallo "cavallo", operando realmente per tutto il corso della vita (?): il cavallo non ha alcun bisogno di "essere reso" cavallo: é già un cavallo "di per sé". Non seguo il tuo aristotelismo. Secondo perché la scienza possa misurare enti ed eventi materiali, basta che molto banalmente li distingua gli uni dagli altri. Pienamente d' accordo con Ipazia (di cui reitero la meritoria esortazione) che: L'immateriale è immateriale. L'energia lasciatela ai fisici che ci fanno già abbastanza meta-fisica sopra da soli, ma almeno ci capiscono qualcosa. L'energia vitale è metabolismo. L'energia psichica è una metafora, un'analogia.


quando si dice che il cavallo "necessita di essere reso cavallo" non si deve intendere l'espressione come se l'idea della "cavallinità" intervenisse in un determinato momento successivo all'inizio dell'esistenza del reale cavallo. Quando penso alle forme, alle componenti immateriale, certo non penso a delle specie di spiritelli che a un certo punto entrerebbero in una materia preesisentente, ma in delle condizioni ontologiche fondamentali che risultano necessarie sulla base delle questioni inerenti l'identità di qualcosa. Ma questo proprio perché non esiste alcuna materia prima di essere già configurata formalmente in un certo modo. Sarebbe assurdo pensare che il cavallo sia reso tale dopo aver iniziato a vivere. Ciò che rende un cavallo o qualunque altra cosa determinata sulla base del concetto con cui la identifichiamo è presente in modo originario in essa, il principio formale agisce orientando sin dall'inizio lo sviluppo dell'ente in direzione della progressiva acquisizione delle proprietà insite nel suo concetto (qui era il mio riferimento al "corso della vita" nel precedente messaggio).  Il che non esclude che questo processo possa interrompersi o deviare dalla linea originaria sulla base di interferenze esterne, ma questa possibilità non implica l'assenza della linea originale, della presenza della forma, ma il fatto che non essendo puri spiriti, pure forme, ma sintesi di forma e materia, accanto a una componente di attività data dalla forma, che ci porta a essere sulla base della nostro essere intrinseco, abbiamo anche una forma di passività, data dalla materia, che ci porta subire l'azione di cause esterne che impediscono ad alcune nostre potenzialità naturali di essere attuate.


"perché la scienza possa misurare enti ed eventi materiali, basta che molto banalmente li distingua gli uni dagli altri", esattamente, ma proprio questo distinguere presuppone il coglimento di differenze qualitative non dovute all'idea di "materia" in generale, ma al diverso modo in cui viene organizzata in un sistema di relazioni peculiare. Queste differenze qualitative sono date dalle forme. Se la "scienza moderna" si esprime tramite misurazioni, non è che perché la realtà nel suo complesso debba ridursi a ciò che è misurabile (a meno di non voler passare dalla scienza allo scientismo, che è in tutto e per tutto un orientamento metafisico e filosofico), ma perché le sue possibilità di conoscenza sono limitate allo studio delle leggi ricavate dall'esperienza sensibile adeguata alla materia spaziale e quantificabile. Ma se la misurabilità implica la distinzione qualitative delle diverse forme, allora essa resta, non il fondamento originario, bensì una conseguenza secondaria di un livello della conoscenza anteriore ad esso, quello nel quale abbiamo un'esperienza intuitiva delle qualità (credo sia questo, detto in modo estremamente grossolano, il succo della critica husserliana, non tanto alla scienza galileiana in generale, ma alla sua assolutizzazione positivista, la critica per cui pretendendo di rimuovere il problema della ricerca del "senso", del "che cosa" in favore dell'assolutizzazione  del "quanto", la scienza perde di vista i suoi stessi presupposti epistemologici, un livello di relazione coscienza-mondo di tipo non-quantitativo che a sua volta precede (in senso non tanto cronologico, ma logico) e rende possibile ogni tipo di quantificazione possibile. 

Discussioni simili (5)