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Esiste il male assoluto?

Aperto da bobmax, 08 Maggio 2022, 15:36:11 PM

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niko

#15
Citazione di: Ipazia il 10 Maggio 2022, 18:08:05 PMLapidariamente potrei replicare che:

Tutto è reversibile, eccetto la morte

Non c'è alcunchè da superare, metafisica o tradizione. C'è solo da prendere atto che la metafisica si radica su physis e ne può prescindere solo per via ingenuamente iperuranica.

Il lutto è epifenomeno della morte

Anche il "senso della vita" è epifenomenico della vita. E della morte.

Parlano da physis, dalla loro condizione di viventi senzienti.

Non nel modo che segue...

... ho inteso dire altro. Non mi interessano le scorciatoie psicoanalitiche che rimestano nella cacca, ma la cacca prodotta scientemente e portata ai suoi effetti di alienazione.

"Se il problema è la morte della coscienza in termini consci" la soluzione è il contrasto a tutte le azioni sociali che speculano sulla morte nella e della coscienza. Ciò ridurrebbe drasticamente pure il numero e le motivazioni dei suicidi e la montagna di infelicità che schiaccia le coscienze fino ad ucciderle.

In linguaggio altro dalla "metafisica della morte": possiamo prendere filosoficamente atto del funzionamento di physis e assecondarlo con saggezza, riconducendo l'etica verso una pacifica presa d'atto delle leggi di natura, liberandoci dalla ridondanza delle dicotomie metafisiche e dall'ossessione del divenire:




Tutto è reversibile eccetto la morte, non certo termodinamicamente, quindi è costrutto umano, è pura antropologia, che tutto sia reversibile eccetto la morte; in physis, invece, la morte è un irreversibile tra centomila altri.

L'irreversibile, in quanto improbabile, è semmai il passato in generale, dove tassonomicamente possiamo contemplare la morte in compagnia degli altri centomila irreversibile che la accompagnano, quindi di vero interesse filosofico, perché non scontato, è il rapporto tra passato e volontà, non già tra morte e volontà (laddove tutti o quasi i viventi interrogati in merito non vorrebbero la morte e la banalità regnerebbe sovrana): che uso dunque possiamo fare dell'irreversibile?

Perché l'irreversibile non sempre è male, non sempre è negativo, anzi fare l'irreversibile, fare ciò che si pensa non possa essere distrutto dal tempo e influenzerà, o meglio segnerà, il mondo che verrà, è l'archetipo dell'azione esistenzialmente significativa.

Il lutto non è epifenomeno della morte perché ognuno conosce la morte, e ne fa esperienza in vita, -solo- tramite il lutto, quindi semmai il lutto ne è fenomeno, senza epi; non siamo nel mondo degli acchiappa fantasmi, dove la gente conosce la morte in forma diretta a tu per tu e poi torna indietro per raccontarcelo, e raccontarselo.

La psicoanalisi, è una delle tante narrazioni in cui la volontà può portare oltre la morte e quindi in cui la morte non è il massimo dei problemi; ogni male che accettiamo come necessario a un bene maggiore, non è un male assoluto; e molto spesso, in molte narrazioni laddove se la psicoanalisi non piace ce ne possono essere altre centomila simili, la morte è un male da accettarsi come necessario per un bene maggiore, quindi necessariamente, un male non assoluto; basti pensare ai miti, alle religioni, all'evoluzione biologica stessa.

Il bene è l'oggetto della volontà, dei semplici e dei complicati, degli istintuali e dei razionali, è l'oggetto della volontà di tutti, finanche di quelli che sfidano la morte e amoreggiano con la morte, e non può essere ridotto a biologia.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

Citazione di: niko il 10 Maggio 2022, 20:54:54 PMTutto è reversibile eccetto la morte, non certo termodinamicamente, quindi è costrutto umano, è pura antropologia, che tutto sia reversibile eccetto la morte; in physis, invece, la morte è un irreversibile tra centomila altri.

Stiamo parlando dell'esperienza della morte di chi ne ha coscienza, non di termodinamica e neppure di morte metafisica.

CitazioneL'irreversibile, in quanto improbabile, è semmai il passato in generale, dove tassonomicamente possiamo contemplare la morte in compagnia degli altri centomila irreversibile che la accompagnano, quindi di vero interesse filosofico, perché non scontato, è il rapporto tra passato e volontà, non già tra morte e volontà (laddove tutti o quasi i viventi interrogati in merito non vorrebbero la morte e la banalità regnerebbe sovrana): che uso dunque possiamo fare dell'irreversibile? Perché l'irreversibile non sempre è male, non sempre è negativo, anzi fare l'irreversibile, fare ciò che si pensa non possa essere distrutto dal tempo e influenzerà, o meglio segnerà, il mondo che verrà, è l'archetipo dell'azione esistenzialmente significativa.

La (tua) morte ha specificità non condivisibili con i centomila altri irreversibili ed è col tuo specifico irreversibile che devi fare i conti appena ne hai la comprensione razionale.

CitazioneIl lutto non è epifenomeno della morte perché ognuno conosce la morte, e ne fa esperienza in vita, -solo- tramite il lutto, quindi semmai il lutto ne è fenomeno, senza epi; non siamo nel mondo degli acchiappa fantasmi, dove la gente conosce la morte in forma diretta a tu per tu e poi torna indietro per raccontarcelo, e raccontarselo.

Dettagli. Senza morte non vi sarebbe lutto. Fossimo immortali cesserebbe anche il male assoluto (non essere parmenideo) del vivente.

CitazioneLa psicoanalisi, è una delle tante narrazioni in cui la volontà può portare oltre la morte e quindi in cui la morte non è il massimo dei problemi; ogni male che accettiamo come necessario a un bene maggiore, non è un male assoluto; e molto spesso, in molte narrazioni laddove se la psicoanalisi non piace ce ne possono essere altre centomila simili, la morte è un male da accettarsi come necessario per un bene maggiore, quindi necessariamente, un male non assoluto; basti pensare ai miti, alle religioni, all'evoluzione biologica stessa.

Nessun male è assoluto, ma qualcuno lo è più degli altri e basta confrontare mortali e immortali per rendersene conto.

CitazioneIl bene è l'oggetto della volontà, dei semplici e dei complicati, degli istintuali e dei razionali, è l'oggetto della volontà di tutti, finanche di quelli che sfidano la morte e amoreggiano con la morte, e non può essere ridotto a biologia.

Ma non può nemmeno prescinderne. Eppoi si tratta di biologia autocosciente. Male e bene necessitano dell'autocoscienza per esistere. E si torna all'origine del mio discorso su assoluti relativi alla condizione umana. Decostruendo ogni idea di "male (e bene) metafisico".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Citazione di: Alberto Knox il 10 Maggio 2022, 19:29:01 PMNon credo che si possa parlare dell esistenza di un assoluto a cui conferire qualcosa come ad esempio il male. Già il male di per se è per se è una traduzione della mente umana, non esiste. Ma esiste la malvagità, la crudeltà, la malignità, esistono pensieri malvagi, atti malvagi, ma non esiste il male di per se, come una spece di forza metafisica che sta li come ombra minacciosa ad attirirarci ad esso. Dietro la figura spirituale della personificazione del diavolo come soggetto si nasconde una grande verità, che è la malvagità di cui l'uomo è in grado di impastare il propio cuore e la propia coscienza ad opera delle sue attività mentali.

L'escludere per principio il Male su cosa si fonda?
Perché il Male assoluto, metafisico, non può essere?

Questa non è una questione di poco conto...

Donde nasce il convincimento che il Male non è?

Perché due sono le ragioni possibili. E una è l'antitesi dell'altra.

Una ragione è il nichilismo. Per il quale non vi è alcun assoluto, che non sia il nulla valoriale.
Poiché nulla vale, allora non solo il bene è relativo, in quanto invenzione umana, ma pure necessariamente il male non ha una sua sostanza.
Di modo che nessun Bene e perciò... nessun Male.

L'altra ragione, invece, si fonda sul Bene.
Il Bene è!

Ma questo è un punto di partenza, alla Spinoza, oppure è la sperabile meta alla conclusione della notte oscura?

Per chi Spinoza non è, resta solo la seconda strada.

Che è quella di Gesù.

"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?"

Ossia Dio non è?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Mettendo insieme le due tesi si ottiene la soluzione del rebus.

Correggendo pure il pregiudizio che relativizzare i valori significhi nullificarli.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

Citazione di: Ipazia il 10 Maggio 2022, 18:08:05 PMLapidariamente potrei replicare che:

Tutto è reversibile, eccetto la morte

Non c'è alcunchè da superare, metafisica o tradizione. C'è solo da prendere atto che la metafisica si radica su physis e ne può prescindere solo per via ingenuamente iperuranica.

Il lutto è epifenomeno della morte

Anche il "senso della vita" è epifenomenico della vita. E della morte.

Parlano da physis, dalla loro condizione di viventi senzienti.

Non nel modo che segue...

... ho inteso dire altro. Non mi interessano le scorciatoie psicoanalitiche che rimestano nella cacca, ma la cacca prodotta scientemente e portata ai suoi effetti di alienazione.

"Se il problema è la morte della coscienza in termini consci" la soluzione è il contrasto a tutte le azioni sociali che speculano sulla morte nella e della coscienza. Ciò ridurrebbe drasticamente pure il numero e le motivazioni dei suicidi e la montagna di infelicità che schiaccia le coscienze fino ad ucciderle.

In linguaggio altro dalla "metafisica della morte": possiamo prendere filosoficamente atto del funzionamento di physis e assecondarlo con saggezza, riconducendo l'etica verso una pacifica presa d'atto delle leggi di natura, liberandoci dalla ridondanza delle dicotomie metafisiche e dall'ossessione del divenire:



Il problema è che per volere la vita come massimo bene bisogna volere il tempo per conservarsi. Il tempo come risorsa.

E' una posizione che, rispetto al divenire individuale, che va dalla vita alla morte, non mi pare saggia e non mi pare a lungo termine sostenibile.

Ci si può opporre, alla direzione reale e naturale del divenire? Avere sempre il vento in faccia?

Secondo me no. E quindi non si tratta di ossessione del divenire, ma di accettazione, del divenire.

Che per noi significa soprattutto accettazione del divenire della nostra volontà.

Volontà che ha un grado di libertà tale, nella sua gamma di trasformazioni possibili, da non poter escludere la volontà di morte. E quindi il punto di vista tale per cui la morte non è male.

La volizione della vita dal punto di vista di chi obbiettivamente va verso la morte, vale come volizione del passato, come nostalgia e retrospezione ancora inconsapevole di sé; è un punto di vista sul tempo, legittimo quanto si vuole, ma non fondante di ogni etica umana possibile.

Il tempo che si vorrebbe solo per la vita, è fatto di attimi, nasce e muore in continuazione, pone ad ogni attimo come necessarie e la vita, e la morte.

E, poiché si soffre, non si può odiare fino in fondo la morte come fine della sofferenza, la grande consolatrice.

Ci deve essere qualcosa di più, un punto di vista saggio sul tempo, in cui dalla morte e dalla riflessione sulla morte noi viventi impariamo che vogliamo la fine della sofferenza, ma non vogliamo la contemporanea fine della coscienza...

e già con ciò metà del significato costitutivo della morte, lo abbiamo accettato.

Come metà del significato costitutivo del tempo e la conservazione, e l'altra metà il contrario, della conservazione, la sovversione e la distruzione.

La morte o è lutto, morte dell'altro nella coscienza, o è un dato di conoscenza ma non di esperienza: per quanto riguarda noi stessi, per quanto riguarda il riflessivo della morte, sappiamo, che dobbiamo morire, ma certo non lo sperimentiamo.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

La morte è il male oggettivo. Insensato odiarlo. È un male da accettarsi come legge di natura. È male perché nullifica il bene (sostanza, non accidente) assoluto del vivente, la sua vita.

Concordo che è saggio farsene una ragione, ma sempre male rimane. Perfino liberatorio quando altri mali, sofferenza fisica e cialtronaggine umana, rendono la vita del vivente umano un bene così adulterato da renderlo invivibile.

La sperimentazione della morte invece è puro accidente di fronte all'enormità del sapere, in vita, la sua ineluttabilità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 11 Maggio 2022, 15:25:56 PMLa morte è il male oggettivo. Insensato odiarlo. È un male da accettarsi come legge di natura. È male perché nullifica il bene (sostanza, non accidente) assoluto del vivente, la sua vita.

Concordo che è saggio farsene una ragione, ma sempre male rimane.
Anche qui rivedo quello che già si percepiva chiaramente , definire la morte come il male assoluto...si chiama paura..diciamola breve, avete paura di morire e identificate la morte come male. Da cosa viene svelato il nostro autentico desiderio? il nostro autentico desiderio non viene svelato dalla mente che a volte esprime ciò che davvero vogliamo ma che altre volte invece  no, perchè talora la mente...mente.
Viene svelato dal corpo, il nostro più autentico desiderio, e il corpo non mente mai. E cosa manifesta il corpo? un permanente desiderio di vita, di piacere e di salute. Noi vogliamo vivere, perserverare nel nostro essere, ecco il nostro desiderio ecco la nostra vera essenza e quindi logico che la nostra più grande paura sia la fine della vita, il non vivere più. è la paura di finire nel nulla e perciò indicate come negativo , anzi , addirittura come male assoluto la morte.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

Più semplicemente: l'essere, consapevole di essere, aborrisce non essere più.  Aborrire è più viscerale, radicale, metafisico, di temere.

La morte è la transizione tra essere e non essere. Non essere che pure Parmenide aborriva. E Amleto evocava, con un teschio in mano.

Il peggior delitto è l'omicidio in tutti i codici,...Anche l'etica concorda, al netto delle sue infinite ipocrisie in materia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Rifletto a voce alta. La morte è il male in quel campo che possiamo definire "malattia", a cui possiamo aggiungere tutti i mali "naturali". Ma l'aver colto la mela della conoscenza del bene e del male è ben altra cosa rispetto a pensare alla morte come al male o al male assoluto. Il male che danna la terra è il male che nasce dalla stessa civiltà, portatrice di male e di bene contemporaneamente. La lotta fra queste due componenti della civiltà furono chiamate da Freud, Eros e Thanatos ( che era effettivamente il Dio della morte) e lo stesso Freud chiuse il suo saggio sull'argomento in forma dubitativa, su quale delle due fazioni avrebbe, in futuro, potuto vincere. E quel dubbio, in fondo, è una scommessa aperta e senza un percorso designato sulla capacità dell'uomo di forgiare il proprio destino, senza lasciarsi andare nè ai pronostici metafisici della religione, nè a quelli altrettanto metafisici della genetica. Pur considerando allo stesso tempo, di estrema importanza sia gli uni che gli altri. Bisogna continuare, sostanzialmente, a sperare che vi sia un "fantasma nella macchina".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alberto Knox

Citazione di: Jacopus il 11 Maggio 2022, 21:23:48 PMBisogna continuare, sostanzialmente, a sperare che vi sia un "fantasma nella macchina".
...o magari giugervi ..et interiore omina abitat veritas
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 11 Maggio 2022, 20:44:12 PMLa morte è la transizione tra essere e non essere. Non essere che pure Parmenide aborriva. E Amleto evocava, con un teschio in mano.
o che invece Platone , Socrate, Plotino, Empedloche, Aristotele, Democrito,  Pascal , Cartesio,Spinoza,Cusano,Shelling ,Newton, Max Plank, Schrodinger ...sostenevano l'indissolubilità dello Spirito ad opera del tempo.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

niko

Citazione di: Alberto Knox il 11 Maggio 2022, 20:29:42 PMAnche qui rivedo quello che già si percepiva chiaramente , definire la morte come il male assoluto...si chiama paura..diciamola breve, avete paura di morire e identificate la morte come male. Da cosa viene svelato il nostro autentico desiderio? il nostro autentico desiderio non viene svelato dalla mente che a volte esprime ciò che davvero vogliamo ma che altre volte invece  no, perchè talora la mente...mente.
Viene svelato dal corpo, il nostro più autentico desiderio, e il corpo non mente mai. E cosa manifesta il corpo? un permanente desiderio di vita, di piacere e di salute. Noi vogliamo vivere, perserverare nel nostro essere, ecco il nostro desiderio ecco la nostra vera essenza e quindi logico che la nostra più grande paura sia la fine della vita, il non vivere più. è la paura di finire nel nulla e perciò indicate come negativo , anzi , addirittura come male assoluto la morte.


Non so "avete" a chi ti riferisci...

Comunque io ho detto che ci sono cose peggiori della morte, e la morte è la finitudine, e la finitudine può essere un bene.

Ad esempio: la finitudine della sofferenza e della volontà, sono un bene, anzi sono l'archetipo, del bene.

Secondo me la morte non è il passaggio dall'essere al non essere... ma dal sapere al non sapere. 

In altre parole, dalla coscienza all'incoscienza.

Non solo perché faccio mia una posizione agnostica abbastanza standard: 

"non sappiamo cosa ci sia dopo la morte"

Quindi quando moriamo entriamo, delle due l'una, o in un mondo esperibile sconosciuto o in un nulla eterno che però non è certo, e quindi é sempre e comunque un nulla sconosciuto, oltreché eterno.

Comunque affronteremo l'umiliazione del non poter conoscere una certa verità, prima ancora che il nulla.

Ma anche perché, se pure dopo la morte ci fosse il nulla, il destino ateo nichilistico più tradizionalmente immaginato, la similitudine tratta dall'immaginabile e dal quotidiano più simile all'inattingibile nulla, in cui andremo a finire, è la cessazione di percezione e conoscenza, come quando si dorme senza sogni, quindi è lecito immaginarsi questo nulla come un nulla di conoscenza.

Così non concepiamo certo il nulla, ma concepiamo l'oggetto, o meglio il fatto, di conoscenza, e di sensato collegamento dell'esperienza, ad esso più simile possibile.

Più sentiamo di essere conoscenza, più ci identifichiamo con una coscienza e col suo operare, più un salto nell'ignoto lo viviamo "male", come un annullamento. Come un non essere parmenideo. 

E' normale, perché il contrario della conoscenza è l'oblio, l'oblio è inevitabile perché la morte è oblio e destino sconosciuto, e la scelta di campo necessaria ad affrontare praticamente la vita e le sue piccole e grandi incombenze è identificarsi con la conoscenza e con la coscienza, e quindi avere come proprio opposto nullificante, come proprio nemico l'oblio.

Disidentificarsi dalla coscienza e dalla conoscenza, pensare di avere quella ma di non esser solo quella, di essere altro dal noto e finanche dal noto a noi stessi, è secondo me il modo di attenuare la paura della morte. Tutto ciò che abbiamo di misterioso, di istintuale, di latente, è ciò che di noi potrà sopravvivere, se non alla morte, certamente all'oblio proprio della morte. Essendo già oblio in noi. Morte in noi. Essendo fatto della stessa sostanza di cui è fatta la morte, eppure essendo in noi, componendoci.

La conservazione è la forma stessa della conoscenza. Ma noi, soprattutto in quanto corpi viventi, non possiamo volere e desiderare solo conservazione, così come non possiamo volere e desiderare solo conoscenza.

Chi potrà dire di di sé di non essere conoscenza e coscienza, forse non morirà nell'oblio. E anche se vi morirà, comunque non lo temerà.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

bobmax

Parmenide non aborriva il non essere.
In quanto il non essere non è.
Che vi sarebbe mai da aborrire?

Parmenide aborriva l'assurdità del pensare che l'essere possa non essere!
Pensare che l'essere non sia è un non pensiero.

L'essere è il non essere non è.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Alberto Knox

Citazione di: niko il 11 Maggio 2022, 21:54:45 PME' normale, perché il contrario della conoscenza è l'oblio, l'oblio è inevitabile perché la morte è oblio e destino sconosciuto, e la scelta di campo necessaria ad affrontare praticamente la vita e le sue piccole e grandi incombenze è identificarsi con la conoscenza e con la coscienza, e quindi avere come proprio opposto nullificante, come proprio nemico l'oblio.
Sono d'accordo che il nemico è l'oblio certo. Le Religioni con le loro dottrinali aspettative di una vita dopo la morte nascono propio per far fronte a quel nemico di cui parli. Ebbene io nego che vi possa essere la possibilità di finire nell oblio o di finire nel nulla . Non si può finire nel nulla se si capisce che niente e mai nato e per cui niente può morire e già ce lo diceva la scianza molto tempo fa "l'enerigia non si crea, di conseguenza nulla si crea e nulla si tristugge, quello che avviene sono trasformazioni di stato" avete una vaga idea di cosa sia l'energia e di conseguenza la quantità di energia libera che è assolutamente necessaria affinchè un corpo si possa definire vivo? Ebbene quella quantità di energia libera è ciò che anima il corpo, è l'anima. Quella quantità di energia che anima il mio corpo ...non è mai nata...non è mai stata creata. La salvezza di conseguenza, c'è già.
E la vostra mente, se la ripulite, se la calmate, lo capiscè da sè. La mente comprende che finirà il modo mediante cui l'eterna sostanza si esprime in noi come corpo e come psiche, ma comprende altresì che la sostanza  eterna che ci costituisce non può finire. L'energia non può finire, non è nata, e non può morire.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

cè una legge che si chiama conservazione dell energia e afferma che esiste una certa quantità, chiamata energia, che non cambia mai attraverso i molteplici mutamenti della natura. Se si dovrebbe definire con una parola l'energia si direbbe che è ciò che si conserva. Ebbene, noi siamo energia condensata in massa. Mi pare un particolare importante che merita almeno una certa attenzione.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

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