Entanglement quantistico.

Aperto da iano, 09 Ottobre 2022, 00:40:14 AM

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iano

Questo fenomeno, detto in soldoni, consiste nel fatto che particelle elementari con origine comune condividano destini comuni, di modo che se si muta lo stato di una delle due anche l'altra muta il suo stato in conseguenza e in modo istantaneo, a qualunque distanza reciproca si trovino, fossero anche poste agli opposti  estremi dell'universo.
Questo potrebbe significare che  le due particelle si scambino informazioni sul loro stato e che queste informazioni viaggino a una velocità superiore a quella della luce, perchè di fatto infinita.
E' una descrizione molto approssimativa la mia, ma poco male, perchè l'argomento che voglio affrontare è filosofico e non fisico, essendo l'entanglement preso solo come esempio, e comunque  sul web troverete spiegazioni fisiche più soddisfacenti.
Ma il punto che a me interessa è il seguente:
La distanza fra le due particelle come si fà a calcolare?
Facendo centro sulle due particelle, quindi si calcola da centro a centro. Sembra una questione inessenziale questa perchè ovunque poniamo l'ideale metro entro il volume occupato dalla particella facciamo comunque un errore risibile rispetto alle dimensioni dell'universo considerate come possibile distanza fra le due particelle.
Tutto vero, ma dovremo comunque porre il metro entro quel volume del quale possiamo dare solo una indicazione più che ragionevole in relazione agli esperimenti di interesse, ma comunque non definibile in assoluto.
E in ogni caso, il segnale che le particelle si scambierebbero da dove dovrebbe partire?
Dal loro centro oppure da dove?
Poniamo ad esempio che parta dalla loro superficie, ammesso che una superficie abbiano.
Ma se hanno una superficie potrebbero, come caso particolare, essere in contatto di superficie, e ciò giustificherebbe lo scambio del messaggio in modo istantaneo senza contraddire il limite di velocità della luce, essendo richiesta nel caso particolare velocità zero, quindi certo non superiore alla massima ammessa.
Ora, io potrei sbagliare nel dire che non sia possibile dire in assoluto quali siano i confini delle particelle, ma se avessi ragione, potrei allora affermare con ragione che la superficie di ogni particella coincida con quella dell'intero universo, e questo spiegherebbe perchè le particelle siano sempre fra loro in contatto di superficie.
Naturalmente so bene di essere giunto a conclusioni paradossali, ma se non ho fatto errori logici il paradosso deriva appunto logicamente dall'assumere che le particelle abbiano superfici ben definibili, il che secondo me è falso.
E' semmai vero che in relazione al particolare tipo di esperimento che si effettua si può assumere per comodità che le particelle coinvolte nell'esperimento occupino un limitato spazio dell'intero universo definito convenzionalmente e funzionale al particolare esperimento.
A qualunque oggetto coinvolto in un esperimento possiamo assegnare un volume convenzionale conveniente che a volte è un volume nullo, se troviamo conveniente rappresentare un oggetto con un punto, ma a rigore non è  in base a queste convenzioni che gli oggetti si scambiano informazioni, semmai se le scambino.

Al di là dell'esempio occasionalmente scelto, quello dell'entanglement, il vero argomento di discussione è il seguente:
Perchè certe cose ci appaiono strane e altre no?
Io credo che certe cose ci appaiono strane perchè figlie logicamente di cose non meno strane quando ben indagate, ma che , siccome vengono date invece per scontate, strane non appaiono, e che vengono date per scontate non per intima convinzione, ma per abitudine, per cui di fatto ciò che è strano coincide con ciò che non è abitudinario per noi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

#1
Perfettamente d'accordo. Complimenti per l'ipotesi epistemologica sull'enigma entanglement.

Il fenomeno strano di più lunga data ha dato luogo a millenni di geocentrismo. Un altro dogma "intuitivo" crollato recentemente con Einstein è la costanza del tempo. Gli stereotipi gender hanno tenuto banco per millenni ed oggi proseguono con segno opposto, in barba alla filosifica virtus aristotelica, rendendo la "verità" più politica che biologica. Similmente le questioni etniche/razziali. Per non parlare della medicina con le sue verità à la carte (di credito degli sponsor).

Del resto anche sul geocentrismo ha prevalso a lungo la camarilla politica sulla scienza. Divenuta essa stessa sempre più una setta politico-economica.

Mentre l'episteme latita sempre più, abscondita come le divinità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

hystoricum

Il tempo è stato inventato dall'uomo in base al giorno e alla notte,lo spazio,come concetto, in base al visibile in cui ci si può spos.tare.
Le dimensioni,come idea, per orientarsi nello spazio e nel tempo.
Tempo,spazio e dimensioni non sono reali,sono  idee utili all'uomo,non sono STATI SCOPERTI da una analisi scientifica nè da intuizioni ma INVENTATI dalla SEMPLICE ,BANALE E QUOTIDIANA ESPERIENZA proprio per organizzare e orientarsi nell'esperienza stessa.
Il bluff della scienza è quello di affermare il contrario,spacciando le idee per cose reali e presentandosi essa stessa come una rivelatrice di verità oggettive.Al contrario,la scienza inventa,idea,immagina e poi misura e ipotizza e teorizza UNA PROIEZIONE UMANA su una "realtà" o presunta realtà:UN TEST DI RORSCHACH!
LA meccanica quantistica in questo è maestra:l'idea di quanto ne è un ESEMPIO LAMPANTE.

Come si fa a dire che la materia energia è basata sui "quanti",affermare che un fotone è un "quanto"?
Planck avrebbe dovuto dire:"immaginiamo la materia fatta di unità e chiamiamoli "quanti",quindi prendiamo un fotone e definiamola "quanto" dopo di che costriamoci sopra una teoria!"
Allora sarebbe stato onesto intellettualmente e non solo geniale e astuto come d'altronde hanno fatto quasi tutti i geni della fisica classica e non,per non parlare di altri,altro e in altri ambiti!
Adesso io,se fossi geniale e astuto come loro,proporrei l'idea di un TEMPO a STRINGHE o qualcosa del genere ,oppure,per restare nel campo planchico,un TEMPO FATTO QUANTICO COSTITUITO DA UNITÀ CHIAMATE "QUANTI-T" E COSÌ VIA.
Scommettiamo che,se lo facesse un genio astuto come Planck e altri,ne uscirebbe UNA TEORIA DELLA MAD...A E UN NUOVO PROFETA DELLA SCIENZA!
Domanda papale papale:ma voi credete ancora nella verginità intellettuale della scienza,nel suo incarnare verità oggettive,nel suo essere il Regno dei Cieli del cervello umano?
Allora,perchè mai prendersela con le religioni che almeno non vantano un metodo "esatto" nè verità verificabili "esattamente":che differenza ci sarebbe tra scienza e religioni?
Rorschach è il Re dei tester con le relative ipotesi e teorizzazioni,in ogni ambito umano:proiettate o genti,normale è farlo,anzi ,inevitabile ma non confondere le proiezioni con quello che rivelano o sembrano rivelare.
FARESTE LO SBAGLIO  CHE  STANNO FACENDO TUTTI QUANTI SU QUESTO PIANETA DA MILLENNIIII






iano

#3
Citazione di: hystoricum il 09 Ottobre 2022, 13:54:35 PMIl bluff della scienza è quello di affermare il contrario,spacciando le idee per cose reali e presentandosi essa stessa come una rivelatrice di verità oggettive.Al contrario,la scienza inventa,idea,immagina e poi misura e ipotizza e teorizza UNA PROIEZIONE UMANA su una "realtà" o presunta realtà






Einstein riteneva che noi non abbiamo una conoscenza diretta della natura se non attraverso le nostre osservazioni , ma che lo scopo della fisica fosse descrivere le osservazioni per offrire una descrizione oggettiva della natura.
Questo afferma il fisico triestino Angelo Bassi.
L'interpretazione di Bohr ci invita invece a rinunciare alla suddetta descrizione oggettiva, e qualcuno oggi si spinge ad affermare che non esiste una realtà oggettiva.
Immagino si intenda con ciò che non esiste una descrizione della realtà che sia indipendente dall'osservatore.
Certamente una descrizione che dipende dall'osservatore non dovrebbe essere un problema per l'osservatore stesso che abbia come scopo di usarla per rapportarsi con la realtà.
E allora dove sta veramente il problema? E' un problema puramente filosofico direi.
La descrizione che ho dato dell'esperimento di entenglement quantistico è molto semplice e può suggerire che uso farne, tuttavia si ritiene che ciò non basti perchè non spiega il fenomeno.
Io mi sono cimentato in una spiegazione possibile, quanto improbabile.
In questa spiegazione il volume di ogni particella coincide col volume dell'universo, ma ciò equivale di fatto rinunciare all'uso del concetto di volume come porzione di spazio, anche se dà una possibile spiegazione del fenomeno.
Non è una spiegazione portatrice di oggettività, ma come potrebbe esserlo?
Come potrebbe esserlo portatrice di oggettività una qualunque spiegazione che si serva di concetti che possano essere ritratti?
Una spiegazione oggettiva deve contenere al suo interno oggettività irritrattabili dalle quali la si possa derivare.
In sostanza possiamo acquisire oggettività, ma solo a condizione che già  possediamo oggettività.

Il vero problema, che è puramente filosofico, si riduce quindi a chiederci come facciamo ad acquisire oggettività?

Se capiamo come abbiamo fatto ad acquisire quelle che già possediamo allora il problema è risolto perchè:
1- Saremo in gradi di acquisire nuove oggettività sapendo come si acquisiscono.
     Oppure
2- Realizzeremo che le oggettività che crediamo di possedere non sono in effetti tali, e allora smetteremo di cercarle.

Quello che è importante notare, come ci dice Bohr, che la fine di questa ricerca non è la fine della ricerca scientifica, ma la fine di una idea romantica della scienza, e più in generale della ricerca filosofica.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#4
Immagino che l'errore sia stato connaturare la nuova ricerca filosofica naturale in contrapposizione alla ricerca Aristotelica invece che in continuità
Errore ben comprensibile come quello del figlio che rinnega il padre per acquisire autonomia, salvo poi riabilitarlo col senno di poi.
Non si tratta qui di stabilire se ha ragione il padre oppure il figlio, dato che il figlio diviene a sua volta padre.
Si tratta di capire che se il padre ha fatto errori il figlio ne farà di nuovi, ma non nuovi nella sostanza, ma solo nella forma, e forse non è corretto parlare quindi di errori, ma di un modo operandi che caratterizza l'umanità, cioè l'osservatore.
La ricerca filosofica dovrebbe sviscerare questo modus operandi, e non dirci chi ha torto e chi ha ragione e dove stia la vera verità.
Se leggiamo però la storia della filosofia il suo fil Rouge è un continuo rinnegare i padri.
Manca il secondo capitolo ancora, allora, quello scritto col senno di poi.

Non si può affermare che Aristotele non facesse osservazioni coscienziose, anche perchè forse non è facile risalire a quelle osservazioni a partire dalla interpretazioni di quelle osservazioni di cui solo noi disponiamo, quando ne disponiamo, e se non si può risalire a quelle osservazioni è perchè le interpretazioni non sono univoche e il processo di tornare alle osservazioni a patire dalle spiegazioni non è dato.
Non vi è reversibilità.
E' corretto secondo me osservare che le osservazioni naturali sono cresciute in apporto di coscienza su quel che si fà, sul come si osserva.
non basta descrivere le osservazioni fatte.
Bisogna descrivere come le si è fatte, in un crescendo di presa di coscienza su ciò che si fà.
Tutto questo casino deriva probabilmente dalla falsa convinzione che siamo sempre coscienti di quel che facciamo, se lo facciamo.
Non è così, e la crescita di coscienza su quel che facciamo ha assunto le sembianze di una rivoluzione, di qualcosa di completamente nuovo chiamato scienza, con tutta la indebita esaltazione della scienza che ne è conseguita, e a cui oggi la piazza sembra ribellarsi in modo confuso.
Ci ribelliamo all'autorità dei virologi ed epidemiologi come ci siamo ribellati all'autorità di Aristotele.
Una serie di gran casini da ridimensionare tutti dentro a una storia della continuità dell'agire umano, la quale non conduce a nulla se non a se stessa in forme diverse, tanto diverse a volte da apparire altro.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Ipazia

#5
Come diceva Francesco Pancetta, il fondamento dell'oggettività è la realtà empirica, basata su osservazioni oggettive e inconfutabili come la nuda cronaca delle morti in un incidente stradale. Partendo da questi dati oggettivi è possibile costruire una episteme affidabile denominata metodo scientifico. La cosa si complica un pochino quando vogliamo passare dalla nuda cronaca empirica alla misurazione e alla ricerca delle cause. La misurazione è convenzionale, ma serve a determinare la riproducibilità e quindi non se ne può fare a meno. La causalità procede per gradi e aumentando l'area epistemica dal particolare al generale che gli sta attorno il discorso si ingarbuglia. Compito dell'episteme è districarsi nel garbuglio ottenendo risultati riproducibili con le loro costanti. Ovvero scienza.

Io non vedo tutto questo rinnegamento dei figli sui padri, ma l'avvento di nuovi saperi che lasciano per strada quello che non si sapeva, si fingeva di sapere o si sapeva in contesti che una volta ampliati hanno dato errore, come il necessario ricalcolo dello spaziotempo a velocità elevate e distanze extraterrestri.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#6
Citazione di: Ipazia il 05 Novembre 2022, 19:34:46 PMIo non vedo tutto questo rinnegamento dei figli sui padri, ma l'avvento di nuovi saperi che lasciano per strada quello che non si sapeva, si fingeva di sapere o si sapeva in contesti che una volta ampliati hanno dato errore, come il necessario ricalcolo dello spaziotempo a velocità elevate e distanze extraterrestri.
Sempre secondo il fisico triestino Bassi, non vi è una teoria scientifica così ben fondata sui fatti e scevra da interferenze superflue e inopportune, tipo ipotesi nascoste, se non fosse che egli afferma che la base su cui si fonda la teoria non è poi così solida come si vuol credere.
Infatti se è vero che l'osservazione scientifica necessità di una su precisa descrizione, manca una sua precisa definizione.
Questa affermazione mi ha un pò sorpreso, ma mi ha fatto riflettere.
Cosa significa esattamente?
Potrebbe essere in effetti una prova del successo della teoria, laddove l'oggettività scalzata dall'interpretazione dei fatti, si rifugia nella definizione di cosa sia una osservazione.
Come dire che se si nega all'oggettività un futuro essa fà il passo del gambero.
probabilmente nella descrizione del nostro agire ci sarà sempre qualcosa da scrivere con puntini di sospensione, e fra quei puntini come un batterio continuerà a prosperare la filosofia.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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iano

#7
Angelo Bassi dalla Repubblica (Quotidiano) di ieri:
'' La meccanica quantistica si riferisce solo agli esiti degli esperimenti di misura, alle osservazioni, ma non specifica cosa si intende esattamente per misura e osservazione, e non a caso: l'osservazione è un fenomeno estremamente complesso, dai contorni sfumati, non definibile con precisione. ''

Immagino che dietro a questa difficoltà di definizione di osservazione si nasconda la difficoltà di una precisa definizione dell'osservatore, se l'osservazione non è indipendente dall'osservatore.
Si può anche trascendere l'osservatore, come di fatto molti hanno fatto e continuano a fare, e si è liberi di farlo, ma non si è liberi di affermare che tale operazione di trascendenza non sia del tutto gratuita, e non si tratta comunque di una operazione innocua, perchè ha conseguenze politiche e sociali.
Se infatti l'uomo in generale è mediatore verso il raggiungimento di obiettività e verità, qualunque uomo potrà attribuirsi questo status in particolare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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