Elogio dell'individualismo

Aperto da Jacopus, 19 Gennaio 2019, 17:50:36 PM

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Jacopus

L'individualismo è spesso considerato uno dei mali della modernità. L'individuo, come una monade leibniziana o come un capitalista smithsiano pronto alla guerra di tutti contro tutti.
Ma come in tutte le cose umane, possiamo capovolgere la visuale. Se la collettività è più importante del singolo individuo, possiamo tranquillamente sacrificare un singolo individuo per difendere una idea collettiva. E se l'idea collettiva è particolarmente preziosa è possibile ed anche giusto, fino a doveroso, sacrificare anche milioni di persone. Per questo faccio l'elogio all'individualismo, che ci dice che contro ogni idea totale e collettiva esiste la dignità del singolo, dell'individuo. Nessun uomo grasso può essere sacrificato per delle idee, neppure di morte lenta.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve Jacopus: "Se la collettività è più importante del singolo individuo........".
Si tratta di tua opinione o stai riprendendo quanto affermato da altri ?

- in mancanza di singoli individui, nessuna collettività può sussistere.
- in mancanza di qualsiasi collettività, un singolo individuo può benissimo (o malissimo) sopravvivere.
- in mancanza delle sue parti, il tutto diventa il nulla.
- in mancanza di un tutto, la sua singola parte diventa il tutto.

Solo un beota che pensi di essere una nullità può sostenere che il valore della sua esistenza gli venga conferito dall'appartenere ad una collettività.

Infine, scusa........per chi la collettività dovrebbe risultare importante ? Ma per il singolo, naturalmente !
Quindi in mancanza (o nel disinteresse) del singolo non si produce nessuna importanza della collettività.

La collettività è solamente PIU' EFFICIENTE DEL SINGOLO NEL PROCURARE ALCUNE FACILITAZIONI ESISTENZIALI. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

0xdeadbeef

#2
Ciao Jacopus
Trovo che il problema non sia l'individuo (la sue emersione è del resto inevitabile), ma il rapporto che lega
fra loro gli individui...
saluti
PS
Perchè a forza di individualismo si finisce col dire come quel tale: "il giorno che muoio io finisce il mondo"...

sileno

Citazione di: Jacopus il 19 Gennaio 2019, 17:50:36 PM
L'individualismo è spesso considerato uno dei mali della modernità. L'individuo, come una monade leibniziana o come un capitalista smithsiano pronto alla guerra di tutti contro tutti.
Ma come in tutte le cose umane, possiamo capovolgere la visuale. Se la collettività è più importante del singolo individuo, possiamo tranquillamente sacrificare un singolo individuo per difendere una idea collettiva. E se l'idea collettiva è particolarmente preziosa è possibile ed anche giusto, fino a doveroso, sacrificare anche milioni di persone. Per questo faccio l'elogio all'individualismo, che ci dice che contro ogni idea totale e collettiva esiste la dignità del singolo, dell'individuo. Nessun uomo grasso può essere sacrificato per delle idee, neppure di morte lenta.




L'individuazione è un processo di costruzione di un'individualità . Jung vede nel processo d'individuazione il fine e il senso dell'esistenza, volto alla ricognizione di sé, definisce l'individuazione come un processo di differenziazione che ha per meta lo sviluppo della personalità individuale. Una necessità naturale: impedire l'individuazione con il tentativo di stabilire norme ispirate a criteri collettivi significa pregiudicare l'attività vitale dell'individuo .L'individuazione comporta rispetto per le caratteristiche individuali della personalità, riscattandolo da ogni concezione rigida di supino adeguamento alle esigenze della società e della cultura. Per rendere cosciente l'individualità v'è bisogno di un processo cosciente di differenziazione: l'individuazione. Da questo punto di vista l'analisi più allarmata è stata quella della Scuola di Francoforte:l'io individuale distrutto dal predominio delle rappresentazioni collettive.: l'uomo massa che si identifica con la totalità sociale.

Jacopus

Viator. Noi siamo diventati la specie animale dominante sulla terra per una caratteristica quasi unica, che condividiamo con i primati: Ci piace unirci in gruppi. Amiamo interagire con i nostri simili e questo amore si trasforma in apprendimento. L'apprendimento in tecnica e la tecnica in benessere e potere. Quando l'apprendimento diventa registrabile con la scrittura, il gioco è fatto.
Questo per dire, in breve, che non sottovaluterei l'importanza della socialità umana e non sottovaluterei neppure la plasticità cognitiva dell'uomo sapiens in grado di vivere ottimamente da solo (eremita) o insieme (membro del branco).
Talvolta però ascolto o leggo della terribile situazione in cui versa l'uomo moderno, chiuso nel suo mondo individualizzato, teorizzato già in modo compiuto da Cartesio, di cui siamo tutti, volenti o nolenti, figli e figliocci. In realtà dovrei chiamare in causa anche Ulisse ma sarebbe troppo lungo.
Il confronto è con l'uomo medievale o quello preistorico, che attraverso i riti collettivi si identificava con i suoi simili e condivideva con loro la sua storia, senza desiderio di dominio, invidia, maldicenze, indifferenza, freddezza, manipolazione.
Eppure l'individualismo ha permesso di scorgere l'uomo nella sua singolarità e unicità. Una singolarità che afferma la sua dignità di fronte ai vari sistemi di pensiero che tendono a diluire verso unioni massificate e ideologiche, il singolo: facilmente sacrificabile per il bene comune.
Poniamo un dilemma apparentemente facile: sacrifichereste la vita di un bambino innocente, sapendo che da quel sacrificio discenderebbero 3000 anni di armonia sociale?
La risposta logica potrebbe essere "sì" ma cosí facendo si ottiene una memoria di violenza e di oppressione che non potrà mai portare a 3000 anni di "vera" armonia sociale.
Senza la scoperta dell'individuo, ora non ci scandalizzeremo di fronte ai morti talvolta provocati dalle forze dell'ordine, e gli Stati Uniti avrebbero vinto la guerra del Vietnam.
Sto in realtà declinando l'individuo nei termini descritti dall'esistenzialismo, a cui sono particolarmente devoto. E quindi la domanda è: la dignità dell'individuo corre parallela al nefando individualismo moderno o è possibile prendere il bambino e buttare l'acqua sporca?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Socrate78

Tutta questa plasticità non la vedo, ci sono molte persone che in fondo non stanno bene né da sole né con gli altri, da sole non sopportano la solitudine e si annoiano da morire, ma con gli altri finiscono per entrare in conflitto, per sparlarsi a vicenda dietro le spalle, per voler dominare nel gruppo oscurando gli altri in mille modi, non mi sembra affatto che ci sia tutta questa capacità di adattamento alle diverse condizioni, è una visione troppo ottimistica. Io almeno ho la fortuna di saper star bene da solo, oppure, come adesso, sto con gli altri ma attraverso una tastiera e mantenendo la dovuta distanza.........

Jacopus

Che il nostro cervello abbia doti plastiche dipende dalla sua conformazione organica essendo dotato di 90 miliardi di neuroni, collegabili  fra di loro da innumerevoli sinapsi. E' un discorso generale facilmente verificabile attraverso lo studio delle diverse organizzazioni sociali.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

0xdeadbeef

Ciao Jacopus
A parer mio non si tratta tanto di dire se è più importante l'individuo o la collettività, quanto di dire che
entrambi i termini "esistono" (ed esistendo hanno la medesima importanza).
Nell'altro mio post ("Cos'è il populismo?") porto l'esempio di F.A.Von Hayek, il quale afferma che l'entità
collettiva non "esiste" se non come pensiero degli individui che la compongono.
Ora, nella costruzione teoretica di Von Hayek l'importanza di una esistenza solo pensata non solo è inferiore ad una
esistenza spaziale (tant'è che nella sua teoria la centralità è dell'individuo), ma con ciò si vuol implicitamente
dare ad intendere che si crede che un'esistenza solo pensata non sia un'esistenza (come del resto traspare nell'intero
pensiero empirista).
Dal mio punto di vista si tratta di ribaltare questa visione, e di ribadire che l'esistenza è tale anche se
riguarda un pensiero (come in Platone, il quale chiede: "cosa c'è di comune fra le cose corporee e quelle
incorporee, visto che di entrambe si dice che sono?").
Solo partendo da questa considerazione ritengo si possa "buttare l'acqua sporca ma non il bambino"...
All'atto pratico questo significa che non possiamo affatto, "tranquillamente" o meno, sacrificare un singolo individuo
per difendere un'idea collettiva (quale idea, poi?; ma che certamente possiamo (e dobbiamo, vorrei aggiungere) sacrificare
un individuo per salvarne anche solo due.
saluti

sgiombo

Citazione di: 0xdeadbeef il 20 Gennaio 2019, 12:47:57 PM


Dal mio punto di vista si tratta di ribaltare questa visione, e di ribadire che l'esistenza è tale anche se
riguarda un pensiero (come in Platone, il quale chiede: "cosa c'è di comune fra le cose corporee e quelle
incorporee, visto che di entrambe si dice che sono?").
Solo partendo da questa considerazione ritengo si possa "buttare l'acqua sporca ma non il bambino"...
All'atto pratico questo significa che non possiamo affatto, "tranquillamente" o meno, sacrificare un singolo individuo
per difendere un'idea collettiva (quale idea, poi?; ma che certamente possiamo (e dobbiamo, vorrei aggiungere) sacrificare
un individuo per salvarne anche solo due.
saluti

SCusa, Mauro,

ma le tue ultime parole (che ovviamente presentano due ipotesi inaccettabili entrambe, almeno per te; per me la seconda é decisamente problematica) mi sembrano (comunque) una perfetta confutazione del tuo platonistico non differenziare l' essere reale in quanto tale (che sia pure oggetto di eventuale pensiero o meno) dall' essere reale unicamente in quanto oggetto o "contenuto" di pensiero, connotazione o intensione di un concetto privo di denotazione o estensione reale: la constatazione che per quanto ugualmente immorale sia diverso (e per qualcuno diverso da te non dovrebbe essere nemmeno immorale, almeno se portasse alle estreme conseguenze le sue convinzioni; ma questo conta sul piano etico, del dover essere e però non su quello ontologico dell' essere) uccidere un uomo reale per salvare un' idea collettiva  irreale se non in quanto mero "contenuto di pensiero" dall' ucciderlo per salvare altri due o più uomini reali.

0xdeadbeef

Ciao Sgiombo
Sì, capisco il tuo rilievo (diciamo che la mia è stata una risposta discutibile ad una domanda discutibile...).
Da una parte si parlava di sacrificare un individuo ad una idea collettiva; dall'altra di sacrificare un
essere umano per aver salvi due esseri umani.
L'indeterminazione della prima questione mi sembra così macroscopica da non poterne fare oggetto di risposta.
Sulla seconda questione invece, e pur se un miliardo di considerazioni andrebbero fatte, confermo quanto detto: due
vite umane valgono più di una.
saluti

davintro

avevo intenzione di aprire un topic riguardo la  necessità di rivalutare la positività dell'individualismo, Jacopus  in un certo senso mi ha anticipato!

L'individualismo viene, a mio avviso, considerato in modo dispregiativo perché si considera l'individuo come qualcosa sempre, necessariamente, come un valore da perseguire in antitesi con quello di comunità. Cioè si pensa che occuparsi dei propri interessi, del proprio piacere individuale distolga le energie dall'impegnarsi per qualcosa che contribuisca al bene di un gruppo, come se ciò con cui contribuiamo al bene del gruppo debba implicare uno snaturamento, un perdere di vista la nostra identità, che deve essere "tradita" nell'impegno comunitario. L'errore di questo modo di pensare sta nel non prendere in considerazione un dato fondamentale, cioè l'alimentazione delle energie determinata dalle nostre motivazioni, legate ai nostri desideri individuali. Quanto più agiamo facendo qualcosa che ci piace (intendendo qua "piacere" nel suo significato più vasto, tutto ciò che riflette i nostri valori personali, non solo il piacere sensibile-immediato), tanto più le motivazioni a far bene ci stimolano a impegnarci tirando fuori il meglio di noi, e quindi portando a realizzare qualcosa di alta qualità, di cui poi potranno godere altre persone. Insomma, la ricerca del piacere individuale, fare qualcosa che ci piace e ci motiva a livello soggettivo, conduce anche, se si vuole indirettamente, ad agire per il meglio anche dal punto di vista della comunità, mentre quando la libertà individuale viene ostacolata e si spingono le persone ad agire controvoglia, le motivazioni interiori non intervengono con il conseguente investimento energetico, e la conseguenza saranno risultati mediocri o comunque non all'altezza. Perché i risultati del nostro agire siano il più possibile adeguati alle esigenze di una molteplicità di persone occorre però che i valori di riferimento siano il più possibile universali, cioè validi al di là del mero interesse individuale, che può considerarsi opposto a quello della comunità solo se riguardano interessi materiali, anziché valori etici, spirituali (la materia spazializza, divide, lo spirito unisce). Ed è tramite la ragione, che l'individuo può, entro certi limiti, astrarsi dai propri piaceri immediati e riconoscere categorie etiche validi in ambiti sempre più comprensivi, sempre più universali, dunque indicare dei valori che ispirano una condotta capace di beneficare più persone possibili, massimizzando tale beneficio. Ma perché si dia ciò occorre passare dall'individualismo al personalismo, dall'individuo come mera unità, atomo indivisibile, alla persone, individuo, cioè sostanza (ricorda anche Boezio) razionale, capace di ordinare razionalmente il flusso caotico di tendenze, impulsi, una condotta coerente, perché fondata su valori stabili, riconosciuti come costitutivi dell'identità in modo profondo. Ma un conto, è trascendere, ammettere l'insufficienza, di qualcosa, nel nostro caso l'individualismo, un altro squalificare in assoluto, considerare in termini dispregiativi, come troppe volte erroneamente mi accorgo viene fatto. Occorre forse saper andare al di là dell' individualismo, superarlo, ma non negarlo, non disprezzarlo, riconoscerne gli aspetti costruttivi

InVerno

Citazione di: Jacopus il 19 Gennaio 2019, 17:50:36 PMPer questo faccio l'elogio all'individualismo, che ci dice che contro ogni idea totale e collettiva esiste la dignità del singolo, dell'individuo. Nessun uomo grasso può essere sacrificato per delle idee, neppure di morte lenta.
Non è l'individualismo a dircelo, è la comunità fondata su valori individualistici a permetterlo, perchè per strano che appaia un individualista non può essere tale senza che una comunità gli consenta questo ruolo. Perchè senza la comunità l'individualista non è nemmeno un individuo, non ha nemmeno un nome, si confonde con il paesaggio. è solo rumore. E perciò che al di del fatto che in effetti l'individualismo ha funzionato bene come protezione contro i genocidi, mi pare storicamente il momento più sbagliato per questo elogio. Proprio ora che l'individualismo ha toccato la sua vetta, proprio ora che più assomiglia al parassitismo, a individui che rinnegano valori e identitità comuni ma di cui suggono il senso in ogni sua forma ogni giorno.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

paul11

Direi ,individualità e non individualismo, e non è un gioco di parole .
La problematica sta nel " come si può essere se stessi senza che la comunità massifichi e appiattisca le personalità individuali", o meglio ancora " come una comunità possa tollerare che l'individuo possa esercitarsi anche antiteticamente rispetto alla coesione sociale, senza per questo ritenersi o essere ritenuto"fuori".
La risposta storica è semplice: economicamente  l'individuo può esprimersi sfociando nell'individualismo
Politicamente, culturalmente e dire i "moralmente":no
Qui sta un'aporia della modernità.
 
Perché i "valori universali" come giustamente scritto d Davintro, sono solo una cappa teorica, antico retaggio, di una cultura moderna che lo ha rifiutato nelle pratiche e dove l'individualismo economico
Rappresenta la prassi accettata.
Due ,grosso modo ,sono le problematiche.
1)     Il mantenere un dispositivo culturale che nasce dall'antichità, come i principi universali che serve da collante retorico, ma privo ormai di forza culturale
2)     Dall'altra sostenere che l'individuo può sbracare nell'individualismo nelle prassi facendo forza su concetti culturali che la modernità ha accettato : materialismo, naturalismo, selezione individuale
Il risultato è ipocrita perché aporetico:
la politica e la cultura moderna e contemporanea servono a tenere tranquilla  la massa, nello stesso tempo
l'individuo, economicamente può salire la scala sociale in modo utilitaristico ,opportunistico cinicamente selezionante
 
Che cosa accomuna il liberismo e il comunismo ?
L'apparente antitesi è proprio nel rapporto individuo/comunità, ma in realtà entrambe hanno accettato: materialismo e naturalismo, che per loro fondamento non possono dare valori universali, perché questi devono essere  al di fuori del dominio umano che la modernità ha invece posto al centro.
Entrambe , liberismo e comunismo, accettano la dialettica delle prassi. L'uno appoggia l'individualismo e intende la comunità come somma degli individualismi; l'altra accetta la comunità in antitesi all'individualismo.
L'individuo, l'essere se stessi, non è contemplato in questa cultura moderna

cvc

Secondo me è necessario distinguere l'individualismo inteso come esaltazione dell'ego dall'introspezione e interiorizzazione della vita e del mondo. Credo non sia possibile assimilare la realtà  senza un processo di personalizzazione delle cose e delle esperienze. Ma ciò non significa per forza essere degli egocentrici o dei solipsisti o dei fanatici della soddisfazione del proprio ego. L'interiorizzazione della realtà non esclude l'oggettività ne l'empatia. Oramai i concetti antagonisti vengono sempre più considerati chiusi in compartimenti stagni. Non è così.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

baylham

Citazione di: Jacopus il 19 Gennaio 2019, 17:50:36 PM
L'individualismo è spesso considerato uno dei mali della modernità. L'individuo, come una monade leibniziana o come un capitalista smithsiano pronto alla guerra di tutti contro tutti.
Ma come in tutte le cose umane, possiamo capovolgere la visuale. Se la collettività è più importante del singolo individuo, possiamo tranquillamente sacrificare un singolo individuo per difendere una idea collettiva. E se l'idea collettiva è particolarmente preziosa è possibile ed anche giusto, fino a doveroso, sacrificare anche milioni di persone. Per questo faccio l'elogio all'individualismo, che ci dice che contro ogni idea totale e collettiva esiste la dignità del singolo, dell'individuo. Nessun uomo grasso può essere sacrificato per delle idee, neppure di morte lenta.

Adam Smith è famoso in campo economico per il liberismo, che implica concorrenza, competizione, non necessariamente guerra, ma si dimentica la divisione del lavoro, che è altrettanto fondamentale. Divisione del lavoro che implica organizzazione e cooperazione tra individui. Aspetti di cui Smith si occupa per accrescere la produzione, la ricchezza, il benessere delle nazioni. Effettivamente era ottimista sul fatto che gli interessi individuali e nazionali siano conciliabili. Ma questa è una sfida per tutte le ideologie, politiche, economiche, etiche che siano.

Ritengo erronee sia le ideologie o teorie individualiste che quelle collettiviste. Infatti non esistono: non c'è il liberismo come non c'è il comunismo, non c'è l'individuo senza la collettività e viceversa. L'ideologia che ritengo più vicina alla realtà, alla dialettica tra individuale e collettivo, è quella di ispirazione darwiniana.

Comprendo l'esigenza di difendere, ampliare gli spazi di libertà, di autonomia individuale in un mondo così interdipendente e quindi opprimente, ma per farlo c'è bisogno di individui che agiscano collettivamente.