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Edonismo unica via?

Aperto da GennaroDeSia, 06 Febbraio 2023, 19:12:35 PM

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bobmax

Citazione di: GennaroDeSia il 06 Febbraio 2023, 19:12:35 PMDato che la metafisica è un'anticaglia superata, un'alterità non conoscibile

La non conoscibilità può riferirsi all'alterità così come alla ipseitá.
Cioè all'oggetto in sé o al soggetto in sé.
La metafisica, a mio avviso, li riguarda entrambi, unificandoli. In quanto la metafisica è apertura all'Essere.

Questa apertura è la ricerca da parte della esistenza della propria Trascendenza.
Quindi di ciò che fonda la stessa esistenza, e perciò non esiste.

Ogni costruzione metafisica non può che fallire. Perché pretende di fare esistere ciò che non esiste.
Infatti Essere = Nulla.

L'autentica metafisica è fede nella Verità, apertura al Nulla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Il piacere della Verità, succursale del piacere della Ricerca. Piacere metafisico 100%, piuttosto che "anticaglia superata".

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

GennaroDeSia

''Quale folle andrebbe con una donna/uomo bellissima/o sapendo che può trasmettere una malattia terribile, per fare un esempio?'' rispondo a Pio: è esattamente questo il punto del Beccaria. ''Siamo fluidi alla costante ricerca del piacere, intesa quale fuga dal dolore''. Andare con una donna bellissima malgrado il rischio di una malattia sessualmente trasmissibile provocherebbe dolore, pertanto lo si evita. E lo si evita quindi per ragioni edonistiche: ''Non voglio provare dolore''. ''Dato il rischio che potrei correre, evitarlo mi arrecherebbe maggiore piacere che farlo''. Chiaramente l'edonismo non è una corsa cieca, matta e incontrollata ai piaceri: questa è solo l'accezione popolare, grossolana. L'edonismo è una filosofia e come tale non implica ciò. Esso afferma semplicemente che il piacere è l'unico fine che l'uomo persegue, ed è ovvio. Piuttosto il problema è un altro: possono esistere altri fini? Ipazia fa notare che la metafisica non è un'anticaglia superata, ma io niccianamente sono troppo convinto di questo. La realtà mi sembra non insensata o assurda, ma semplicemente priva di fini intrinseci. Oggi i fisici e i filosofi discutono ancora di metafisica, segno che non è stata abbattuta del tutto, e si chiedono 'quale sarà mai l'essenza dell'universo?'. Io, niccianamente, mi domando: ma a che serve saperlo? Niet. diceva che conoscere l'intima essenza dell'Universo è come conoscere la composizione chimica dell'acqua marina: interessante, ma te ne fai qualcosa? E' davvero utile conoscere l'essenza del cosmo? E se anche la conoscessimo, ci fornirebbe una morale? No, non potrebbe: scoprire che l'Universo è A oppure B non apporterebbe alcun contributo morale. E' totalmente irrilevante che l'Universo sia il rigido monismo di Parmenide, il divenire perenne di Eraclito, il panteismo deterministico di Spinoza o lo spazio dell'Esserci di Heidegger: esso è a-morale e continuerebbe ad esserlo, quale che sia la sua verità intrinseca. Ecco perché l'edonismo è l'unica via, perché a meno che non si palesi un Dio e dica lui come agire, l'uomo resterà sempre orbato di un sistema morale oggettivo, di una condotta sicura da seguire, di un telos, di un ''fare'' oggettivo. "La conoscenza può lasciar sussistere come motivi solo il piacere e il dolore", questa la conclusione di Nietzsche. Finché continueremo a usare la ragione il mondo non avrà scopo alcuno e l'unico modo per orientarsi sarà il piacere individuale.

Jacopus

#18
Sono stati trovati resti fossili di homo sapiens di 10.000-15.000 anni fa, con gambe fratturate e ricomposte, di bambini ed anziani. Solo attraverso la cura del gruppo quei membri fragili sono sopravvissuti. Anche in questo caso è possibile scomodare il piacere, il piacere di curare e guarire il prossimo. È connesso al piacere, al punto da farci secernere l'ormone dell'ossiticina, prenderci cura o semplicemente abbracciare un neonato o un cucciolo di cane. Rilascia ormonalmente piacere fare sport o semplicemente stare insieme agli altri e, per tornare all'esempio della ricerca scientifica, da piacere e soddisfazione anche scoprire come funziona il mondo. Pensare al piacere "individualistico" come unica molla dell'agire umano è insufficiente e questo sulla base di risultati antropologici, sociali e neuroscientifici a cui il povero Nietzsche non poteva accedere, poiché a lui cronologicamente successivi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bobmax

Citazione di: GennaroDeSia il 10 Febbraio 2023, 02:45:03 AME' davvero utile conoscere l'essenza del cosmo? E se anche la conoscessimo, ci fornirebbe una morale? No, non potrebbe: scoprire che l'Universo è A oppure B non apporterebbe alcun contributo morale. E' totalmente irrilevante che l'Universo sia il rigido monismo di Parmenide, il divenire perenne di Eraclito, il panteismo deterministico di Spinoza o lo spazio dell'Esserci di Heidegger: esso è a-morale e continuerebbe ad esserlo, quale che sia la sua verità intrinseca.

Concordo.
La razionalità è uno strumento utile, indispensabile per il nostro vivere e inoltrarci nel mondo, ma non è fonte di Verità.

Il pensiero logico-razionale descrive il campo di gioco della vita, ma non dice nulla sul bene e sul male. Su cosa vale e cosa no.

Tuttavia chiarisce l'esserci mondano. Mostrandone il deserto valoriale.

E in questo modo ci rigetta a noi stessi.
Perché solo in noi stessi può essere la Verità.

Allora, forse, potremo constare come l'Etica non sia un illusorio epifenomeno. Ma come la realtà sia invece fondata proprio sull'Etica.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

atomista non pentito

Non dice nulla sul bene e sul male perché non vi e' nulla di piu' aleatorio e "variabile" di questi due concetti. Cio' che e' aleatorio viene giustamente lasciato ad altro (vedi religione/i)

GennaroDeSia

Non hai colto il punto, Jacopus. Non esiste alcuna ''molla dell'agire umano''. Non ho detto che il piacere individuale ''dev'essere'' la ''molla'' dell'azione umana. Ho escluso perentoriamente l'esistenza di una molla oggettiva. Il mio discorso è: poiché non esiste un sistema morale oggettivo, l'uomo non è tenuto, obbligato a un comportamento morale, non ''deve'' più. Il ''Dovere'' è stato distrutto. E se il ''dovere'', come tale, è stato distrutto, quale criterio di condotta è ancora possibile applicare? Un sistema conforme al piacere individuale. Pensa in astratto: se non c'è ragion sufficiente per privarmi di un'azione, perché dovrei privarmene? Se sono disposto a trasgredire le leggi, cosa mi dovrebbe fermare? Il Bene e il Male sono due categorie metafisiche e come tali sono state distrutte. Non c'è paradiso o inferno che mi attenda: ogni mia azione è ontologicamente indifferente. L'unico veto possibile è la comodità personale: non lo faccio perché ci sono le leggi che mi ricattano, che mi tengono in scacco. Ma se io sono disposto, come i mafiosi, a violarle? Non v'è Tartaro o isola de' Beati che mi attenda: Platone mentiva. Ecco, come vedi non esiste alcuna ''molla'' oggettiva dell'agire umano, se non il ''ricatto'' giuridico-legale, che sappiamo essere violabilissimo. Ora, il mio punto è: in un mondo totalmente privo di riferimenti, quale potrebbe mai essere l'azione\reazione umana, se non un solipsismo edonistico, e cioè un agire secondo il proprio piacere e tornaconto? Bada che anche il collettivismo è una forma dell'individualismo: se stare in armonia con gli altri non mi desse piacere, me ne guarderei. L'uomo si guarda da tutto ciò che gli procura dolore: discorso del Beccaria, ''siamo fluidi alla costante ricerca del piacere, intesa quale fuga dal dolore''. Anche le suddette leggi sono una forma di collettivismo volta al piacere del singolo: il piacere di tutti è anche il MIO piacere. Ma quando questa formula non vale? Ho fatto l'esempio della mafia: ci sono uomini disposti a infrangere le leggi. E poi le leggi sono ancora sovrastrutturali, metafisiche: l'universo non ha leggi morali. Come dicevo ieri, è a-morale. La materia è a-morale. E' altro dalla morale. La morale è dei soggetti, non degli oggetti. Sicché, io non sono nemmeno tenuto a rispettare il mio prossimo, posto che io abbia la possibilità di vivere bene comunque, come i mafiosi. Si riconferma il discorso tenuto in precedenza: l'unica ''via'' è l'edonismo. Ma io con 'via' non intendo via da seguire: sarebbe contraddittorio. Non esiste una via da seguire. Con ''via'' mi riferisco all'unica possibile disincantata reazione di fronte al nichilismo. Se ''nulla è'', in che modo mi dovrei comportare? Che sia piacere collettivo od individuale non importa: è sempre piacere. Non esistono scopi. Non esistono altre ''molli''. Il piacere è l'unico traino di questa umanità brancolante. Non mi interessano le implicazioni evolutive: come diceva Stirner ''il compito degli altri non è il mio compito''. Non m'importa dell'homo sapiens, del medico e del paziente. Anche quello è piacere egoistico, 1; non sono tenuto a regolarmi in maniera funzionale per l'evoluzione della specie, 2. Non sono ''tenuto'' a nulla. Non c'è niente che io ''Debba'' fare (''il Dovere è stato distrutto con la morale'', Nietzsche). Non c'è da fare. Oltretutto Nietzsche non mai scrisse che il piacere ''individualistico''  è ''l'unica molla dell'agire umano'': si riferiva al piacere generico (collettivistico ed individualistico insieme). Il piacere, in senso generico e generale, è l'unico traino di questa umanità che manca di senso profondo. 

bobmax

Citazione di: atomista non pentito il 10 Febbraio 2023, 14:26:16 PMNon dice nulla sul bene e sul male perché non vi e' nulla di piu' aleatorio e "variabile" di questi due concetti. Cio' che e' aleatorio viene giustamente lasciato ad altro (vedi religione/i)

Ne sei sicuro...?

Non viene invece lasciato a te?

Non spetta forse a te, solo a te, dire cosa è bene e cosa è male?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

Grazie per la risposta, Gennaro, molto articolata. In ogni caso penso di aver colto il punto che è quello (con mille sfumature possibili) che Dostoevskij riassume in "senza Dio, tutto è possibile". Una concezione che si armonizza perfettamente con il pensiero che ognuno di noi dovrebbe avere un guardiano, per potersi comportare "bene", che è, in realtà, una potente giustificazione per comportarsi "male".
Non ti tedio con la solita lista di autori che potrebbero appoggiare questa visione a cui tu potresti contrapporre una relativa ed altrettanto agguerrita lista.
L'unica e più importante obiezione che ti offro per la riflessione è relativa all'estrema neuroplasticità del cervello di homo sapiens (e mi dispiace che non ti interessa questo aspetto della discussione, poiché ritengo che anche tu sia un membro della specie homo sapiens, discendente di antiche specie di australopitecine, vedi alla voce Lucy).
Ebbene la neuroplasticità è la chiave etica dell'uomo. Insegna fin dall'infanzia a dei giovani il senso del dovere, magari rafforzato dalla verga e potrai costruire i fondamenti del terzo Reich. Insegna ai giovani a condividere i sentimenti e sentirsi un unico corpo sociale ed avrai la cultura zulu. Sono culture di uomini, identici geneticamente ma che sviluppano principi etici molto diversi. A questo punto come raggiungere la condivisione etica? Scegliere il principio edonistico nostalgicamente pensando ad un Dio absconditus o è velleitario o romantico o manipolatorio.
La scelta più complessa è quella di creare le condizioni affinché ognuno di noi superi lo stato di minorità imputabile a se stesso (was ist aufklarung). In una società dove il diritto di opinione sia sostenuto da un sistema culturale critico e aperto si può ipotizzare che le visioni etiche siano messe a confronto e venga scelta quella più vantaggiosa e quella più vantaggiosa sul lungo periodo è quella che riesce a conciliare i nostri bisogni di piacere individuali con i nostri bisogni di piacere collettivi. Se sei stato qualche volta in qualche città del nord Europa avrai notato la pulizia e il rispetto reciproco che anima i rapporti interpersonali. In questo ambito si da come preminente un'etica collettiva ad un'etica individuale. Ovviamente sbilanciare l'assetto sociale in senso esclusivamente collettivo arreca gli stessi svantaggi di un assetto individualistico.
Un'altra suggestione dal tuo intervento. Non credo neppure che il piacere debba essere demonizzato. Esso viene demonizzato solo all'interno di una concezione a somma zero, di chiaro stampo tecno-masochistico (scusa per l'immagine un po' azzardata). Il piacere non è a somma zero. Maggiori livelli di armonia e benessere procurano maggiori livelli di armonia a tutti e non solo ad alcuni a discapito di altri. Questo è il mio mondo ideale, o l'idealtipo per dirla weberianamente. Nel mondo reale invece questo mondo ideale è aspramente combattuto a molti livelli, poiché il soddisfacimento edonistico è il grande spirito del capitalismo, attualmente unico Dio che governa gli umani, salvo limitati spazi a divinità ancellari. A te la risposta se vorrai.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Phil

Citazione di: GennaroDeSia il 10 Febbraio 2023, 02:45:03 AMEcco perché l'edonismo è l'unica via, perché a meno che non si palesi un Dio e dica lui come agire, l'uomo resterà sempre orbato di un sistema morale oggettivo, di una condotta sicura da seguire, di un telos, di un ''fare'' oggettivo. "La conoscenza può lasciar sussistere come motivi solo il piacere e il dolore"
L'utopia di un «sistema morale oggettivo» è tanto attuale quanto lo è la matafisica: "antiquariato" direbbe forse Nietzsche, nel senso che sussiste ancora ma ha perso la sua utilità originaria, trasfigurando il proprio valore in valore perlopiù estetico, piuttosto che funzionale (raramente si compra un oggetto di antiquariato per usarlo con il suo scopo originario, proprio perché vale più ora di quanto valesse all'epoca della sua "normale" presenza). Difficile (ma non impossibile) credere ancora di poter trovare la "pietra filosofale dell'etica" (o è già nei testi sacri, per cui "a ciascuno il suo", oppure dubito la troveremo indagando il cosmo fisico); ancor più difficile negare il contestualismo delle varie morali, ora che possiamo facilmente attingere alle differenti culture e storie dei popoli.
Per elaborare fino in fondo il lutto della metafisica si può anche partire da Nietzsche, tuttavia, come osservato da Jacopus, ancorarsi troppo a quell'autore (come a qualunque altro del millennio scorso, sia esso Marx o Kant o altri) significa restare comunque anacronistici e inattuali, seppur non in tutto (i grandi filosofi hanno l'ombra lunga, tuttavia se si sceglie di restare nella loro ombra ci si autolimita, e proprio lo stesso Nietzsche credo sconsigli di farlo).

Citazione di: GennaroDeSia il 10 Febbraio 2023, 14:56:52 PMNon esiste una via da seguire. Con ''via'' mi riferisco all'unica possibile disincantata reazione di fronte al nichilismo.
Di vie da seguire ne esistono "oggettivamente" molte; quella che manca è l'unica Via da seguire predicata da assolutismi ormai desueti. Ciò rende ancora più interessante la questione di quale via seguire, proprio in assenza di ricompense o punizioni divine. La scelta non è mai neutra e, come ricordato da Jacopus, è inevitabilmente una questione di imprinting sociale, neuroplasticità, contingenze, etc.

Citazione di: GennaroDeSia il 10 Febbraio 2023, 14:56:52 PMIl piacere è l'unico traino di questa umanità brancolante. [...] Il piacere, in senso generico e generale, è l'unico traino di questa umanità che manca di senso profondo.
Ribadisco la mia perplessità riguardo al "brancolare": è una reazione comprensibile nel momento in cui ci si accorge che il cielo non è pieno di dei, che non c'è oggettività nella metafisica, ma il nichilismo non è più qualcosa a cui «reagire», essendo stato metabolizzato e rimuginato per tutto il novecento, al punto che ora è altrettanto inattuale che la metafisica (salvo nostalgie "antiquarie"). Se non ci si accontenta del disincanto circa l'immanenza delle leggi umane, ma si pensa di dover/poter "reagire con disincanto al nichilismo", quasi a colmare lo spazio che il nichilismo ha rivelato vuoto (o quantomeno debolmente occupato), allora si olia nuovamente la ruota autoreferenziale dell'incanto oltre il mondo (meta-fisico), rinnovando la perduta "sacralità" della ricerca di quel «senso profondo» (nostalgia dell'impossibile) che certamente non è irrelato al piacere, ma forse sovraccarica semanticamente quest'ultimo, oltre la sua immanente radice terrena (neurologica, etc.).

niko

#25
In realta', come diceva gia' Epicuro, secondo ragione e saggezza a volte si evita un piacere (immediato) per il timore di un male piu' grande (in futuro), e si sopporta il dolore (immediato) in vista di un piacere piu' grande (in futuro).

Ad esempio: non ozio nell'immediato, anche se oziare e' bello, perche' se ozio, in futuro moriro' di fame.

Il discorso della formica, che e' meno scema della cicala.

Piu' in generale, nel concreto dell'esperienza materialistica e non metafisica umana, nel concreto di quanto della vita ci e' dato sapere, ogni dolore, (o meglio, ogni umana esperienza possibile del dolore), trasfigura, attraverso il tempo, o nel piacere, suo diretto opposto, o nella "morte" in senso lato (intendibile anche come qualsiasi stato di indifferenza e di oblio rispetto ad un dolore precedente, oltreche' come morte fisica, che sempre pone fine all'esistenza, e quindi pietosamente anche alla sofferenza, umana), e identicamente e specularmente  ogni piacere, trasfigura prima o poi o nel dolore o nella morte.

Ben lungi dall'essere assoluti, piacere e dolore non solo si limitano tra di loro, l'uno limita l'altro, ma sono limitati entrambi dal "grande indistinto" della non-vita di cui entrambi sono alterita', e da cui entrambi scaturiscono.

Del resto, come i contrari anassimandrei.

Solo il folle, attribuisce la categoria dell'eterno al dolore o al piacere (e dunque la follia degli iperuranii, dei paradisi, del voler esptrapolare bene e male in senso etico da piacere e dolore in senso naturalistico...): il saggio sa che ogni dolore sfocia o nella morte o nel piacere e ogni piacere o nella morte o nel dolore.

Sa che si puo' affrontare un dolore in vista di un piacere e negarsi un piacere in vista di un dolore, e anche questo, nega la folle l'affermazione che piacere e dolore siano eterni, e descrivigli con la categoria dell'eterno.

Piacere e dolore rendono conto dell'etica e della prassi umana al di la' di ogni patina e verniciatura  metafisica, e dunque eternizzante.

Il discorso evolutivo in merito e' inevitabile, poiche' abbiamo visto che piacere e dolore in quanto polarita' anti-metafisiche si dispiegano nello spazio e nel tempo, supportano la contraddizione, quantomeno con la loro compenetrazione e con il loro avere una alterita' terza in comune.

Quindi il piacere e il dolore implicano tanto il mantenimento formale e temporale, quando la ragionevole negazione, prima verso altro, e poi verso il ritorno riproduttivo e poroduttivo di loro stessi, dei viventi che piacere e dolore provano.

Non esistono un piacere e un dolore "generici": c'e' sempre uno specifico corpo vivente che li prova.

Quindi piacere e dolore saranno "segnati", contraddistinti sempre in qualche senso, dalla potenzialita' di mantenere tale corpo come "conatus", o al limite di negarlo come forma di una autonegazione -desiderante- specifica in vista di un auto-superamento specifico.

Ogni "corpo" vuole attingere alla sua "causa" nella realta' immanente che lo genera.

Nietzsche stesso non e' il filosofo della mancanza di scopo, ma dell'immanenza di ogni scopo nel tempo.

Piacere e dolore (in quanto volonta' di potenza) sono la volizione strutturata e singolare di una realta' che si innalza contro l'istanza metafisica di ogni volizione "generica", per questo le volizioni complessive di tutti gli esseri lavorano per far "evolvere" e "ritornare" la realta', e non per perdere la presa su essa "lasciandola essere" come se essa fosse un etereo e autosufficiente sogno o, che e' lo stesso, per eternizzarla.




Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

Citazione di: atomista non pentito il 10 Febbraio 2023, 14:26:16 PMNon dice nulla sul bene e sul male perché non vi e' nulla di piu' aleatorio e "variabile" di questi due concetti. Cio' che e' aleatorio viene giustamente lasciato ad altro (vedi religione/i)

Non sono per nulla d'accordo. Il fatto che le tarantole del "mondo dietro il mondo" si siano indebitamente appropriate dei concetti di bene e di male, rendendole aleatorie, non significa che lo siano alla luce di un'etica saldamente radicata nella terra.

Bene è salute, benessere, gratificazione sociale; male è malattia, povertà, oppressione sociale. Poros e penia, dicevano i greci, che dell'etica della terra avevano già capito quello che c'è da capire. E non è un caso che Nietzsche si sia abbeverato lì, e, dopo sbandamenti vari nello spirito di gravità del suo tempo, lì sia tornato.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: GennaroDeSia il 06 Febbraio 2023, 19:12:35 PML'uomo vive esclusivamente per fugare il dolore e quindi ricercare il piacere. Dato che la metafisica è un'anticaglia superata, un'alterità non conoscibile, e la religione una scienza timida e balbettante, come la definiva Frazer nel Ramo d'oro... che cosa rimane di profondo all'individuo? L'individuo è privo di scopi, senso e profondità. Non ha una componente spirituale nella vita e là dove ne possiede una, questa è saldamente ancorata a quella materiale. Allora possiamo dire senza tema di errore che Valla, filosofo del primo rinascimento, non si sbagliava quando diceva che il ''piacere è l'unico fine possibile di tutte le attività umane''? Che tutte le arti liberali, dalla medicina, alla giurisprudenza, alla poesia, all'oratoria alla stessa filosofia hanno tutte per fine il piacere (o almeno l'utilità, che è ciò che conduce al piacere)? Anche il cristianesimo ha per fine il piacere; tuttavia non quello mondano, quello oltramondano. Il religioso è proiettato nell'aldilà: rinuncia al piacere del corpo solo in quanto tende a quello celeste. D'altronde non erano proprio le Sacre Scritture a parlare di piacere beatifico, eterno, dell'ineguagliabile sensazione di felicità con la quale si viene ricompensati quando si schiudono le porte del Regno celeste? E non era quel moralista di Platone - padre illegittimo del cristianesimo - a dire nelle Leggi che la vita giusta e santa è anche la più piacevole? Come vedete c'è solo una costante: il piacere. Esiste anche altro? O il riduzionismo edonistico del Beccaria ''siamo fluidi alla costante ricerca del piacere, intesa quale fuga dal dolore'' è l'unica chiave interpretativa possibile di un'umanità che brancola nel nulla?


Il godimento (di cui l'edonismo è la perversione disanimata vissuta e vissuta male dal popolo equino nel senso di somaro, dissanguata) è la base da cui partire certo.

L'eros però come insegna Platone può diventare filia.
Come farlo a capire a questo tempo? manca l'impegno, la volontà e anche semplicemente l'avvertimento che qualcosa non torna e non torna mai nelle nostre vite, ad mortem per vitam, ah se solo qualcuno lo capisse ancora. 8)


Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: GennaroDeSia il 06 Febbraio 2023, 22:09:41 PMCiao Jacopus. Solo qualche osservazione: ''a meno che non si sia attratti dalla ricerca del dispiacere, ognuno di noi fa quello che può per vivere nel migliore dei mondi possibili''. Anche in quel caso si tratta di ricerca del piacere, in quanto ''si è attratti'' (parola chiave) dalla ricerca del dispiacere. Se io sono attratto da ciò che dispiace, lo sto comunque cercando perché mi piace, dunque anche in quel caso vi è una ricerca edonistica. Si riconferma il discorso di Valla: tutto è piacere. A buon diritto si potrebbe parlare di ''panedonismo'' antropologico. Non c'è una sola azione umana che non sia finalizzata all'edoné. Riflettici. Esiste una sola azione umana che non sia orientata all'autosoddisfacimento? Pertanto affermare che l'uomo è alla sola ricerca del piacere significa tutto, altro che nulla. La mia domanda virava verso altre direzioni, comunque, e andava più o meno decodificata nel seguente modo: poiché la metafisica è stata demolita, come la religione, e qualsivoglia altro sistema di 'senso', che cosa rimane all'individuo? Mi stavo chiaramente riferendo a quel passo dell'Umano, troppo umano in cui Nietzsche afferma:  "La morale, in quanto dovere, è stata distrutta dalla nostra visione delle cose, e così pure la religione" (...) "La conoscenza può lasciar sussistere come motivi solo il piacere e il dolore" (...) "Tutta la vita umana è immersa nella menzogna". Insomma, date le premesse, sono giuste le conclusioni? Io trovo di sì, sennonché il sopracitato Nietzsche si è - a mio modesto avviso - contraddetto lanciando la figura dell'oltreuomo. Ma questo è un altro argomento. Grazie comunque per la risposta.
Il fatto che tu voglia vivere nell'edonismo non vuol dire che Nietzche si sia contradetto, ma che tu non abbia capito alcunchè di nulla del Nostro.
Ps. Io sono il difensore a spada tratta del Nice nel forum, a proposito benvenuto, non ti far intimorire  ;)  
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: iano il 07 Febbraio 2023, 00:45:28 AMBenvenuto Gennaro.
Ma , secondo me dovremmo focalizzare meglio l'origine della nostra preoccupazione di essere ''una umanità che brancola nel nulla''.
Potrebbe anche essere che brancoliamo nel nulla, ma perchè ci preoccupa così tanto?
Se riusciamo a comprendere l'origine di questa preoccupazione forse possiamo meglio sviluppare il tema senza condannarlo necessariamente a un pessimismo cosmico.
Insomma stiamo dicendo che il nostro problema non ha soluzione, come se conoscessimo bene l'origine del problema. Ma è proprio così?
Il problema della ricerca di un senso nella vita non è un problema della vita se non per quella parte di vita consapevole.
E quale problema risolverebbe il trovare, o il credere di trovare, il senso della vita?
Risolverebbe il problema che ha l'essere consapevole, che è quello di dover prendere decisioni, perchè una volta conosciuto quel senso certamente tenderebbe a conformare le sue decisioni a quel senso, togliendosi di dosso le pesanti responsabilità che gli derivano dall' essere consapevole.
Le sue decisioni tenderebbero a divenire di fatto ''non decisioni'', e pur restando un essere consapevole di fatto non lo sarebbe più.
Un inutile spreco di consapevolezza.

Il brancolare nel buio del popolo equino e cioè somaro è rilevante per via del sentimento dell'angoscia, così ben argomentato da Heidegger.
E per cui la consapevolezza di non poter fare a meno di cercare un senso nella vita, rimane come l'unica alternativa possibile.
Peccato che questo tempo vada nella direzioni sbagliata, infatti la direzione giusta è quella metafisica.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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