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Edonismo unica via?

Aperto da GennaroDeSia, 06 Febbraio 2023, 19:12:35 PM

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GennaroDeSia

L'uomo vive esclusivamente per fugare il dolore e quindi ricercare il piacere. Dato che la metafisica è un'anticaglia superata, un'alterità non conoscibile, e la religione una scienza timida e balbettante, come la definiva Frazer nel Ramo d'oro... che cosa rimane di profondo all'individuo? L'individuo è privo di scopi, senso e profondità. Non ha una componente spirituale nella vita e là dove ne possiede una, questa è saldamente ancorata a quella materiale. Allora possiamo dire senza tema di errore che Valla, filosofo del primo rinascimento, non si sbagliava quando diceva che il ''piacere è l'unico fine possibile di tutte le attività umane''? Che tutte le arti liberali, dalla medicina, alla giurisprudenza, alla poesia, all'oratoria alla stessa filosofia hanno tutte per fine il piacere (o almeno l'utilità, che è ciò che conduce al piacere)? Anche il cristianesimo ha per fine il piacere; tuttavia non quello mondano, quello oltramondano. Il religioso è proiettato nell'aldilà: rinuncia al piacere del corpo solo in quanto tende a quello celeste. D'altronde non erano proprio le Sacre Scritture a parlare di piacere beatifico, eterno, dell'ineguagliabile sensazione di felicità con la quale si viene ricompensati quando si schiudono le porte del Regno celeste? E non era quel moralista di Platone - padre illegittimo del cristianesimo - a dire nelle Leggi che la vita giusta e santa è anche la più piacevole? Come vedete c'è solo una costante: il piacere. Esiste anche altro? O il riduzionismo edonistico del Beccaria ''siamo fluidi alla costante ricerca del piacere, intesa quale fuga dal dolore'' è l'unica chiave interpretativa possibile di un'umanità che brancola nel nulla?


bobmax

Secondo me, dovremmo considerare che l'amore muove ogni cosa.
La natura, in tutte le sue manifestazioni, è frutto dell'amore.

Perciò anche la ricerca del proprio piacere altro non è che una espressione dell'amore.
Ma non è comunque l'unica.

Perché il fine dell'amore è l'Uno.
L'amore infatti si evolve nella sua continua ricerca.

La prima fase di questa ricerca non può che essere amore per se stessi.
Tuttavia a questa fase ne seguono altre, perché l'amore resta insoddisfatto.

Fino a concludersi nel suo annullamento nell'Uno.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

Benvenuto a Gennaro, innanzitutto. Dire che l'uomo cerca esclusivamente il piacere è tautologico, poiché, a meno che non si sia attratti dalla ricerca del dispiacere, ognuno di noi fa quello che può per vivere nel migliore dei mondi possibili. È più interessante e meno tautologico distinguere cosa piace a chi. Poiché è ben diverso il piacere posticipato di comprare una casa con i propri risparmi dopo 40 anni oppure darsi alla bella vita e fare serata. Affermare che l'uomo è alla sola ricerca del piacere o non significa nulla (nel migliore dei casi) o serve per giustificare ex post le proprie nefande inclinazioni al piacere.
Ciò che insegna la migliore filosofia (e psicoanalisi) è che si può ottenere un maggior livello di piacere proprio reprimendo la continua ricerca del piacere. A questa via si oppone però la macchina desiderante del consumismo e della sottostante struttura capitalistica. Si deve cercare il piacere materiale, anche quello più insulso, per mantenere a pieno regime il circo in cui siamo immersi fin dalla più tenera età.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

GennaroDeSia

#3
Ciao Jacopus. Solo qualche osservazione: ''a meno che non si sia attratti dalla ricerca del dispiacere, ognuno di noi fa quello che può per vivere nel migliore dei mondi possibili''. Anche in quel caso si tratta di ricerca del piacere, in quanto ''si è attratti'' (parola chiave) dalla ricerca del dispiacere. Se io sono attratto da ciò che dispiace, lo sto comunque cercando perché mi piace, dunque anche in quel caso vi è una ricerca edonistica. Si riconferma il discorso di Valla: tutto è piacere. A buon diritto si potrebbe parlare di ''panedonismo'' antropologico. Non c'è una sola azione umana che non sia finalizzata all'edoné. Riflettici. Esiste una sola azione umana che non sia orientata all'autosoddisfacimento? Pertanto affermare che l'uomo è alla sola ricerca del piacere significa tutto, altro che nulla. La mia domanda virava verso altre direzioni, comunque, e andava più o meno decodificata nel seguente modo: poiché la metafisica è stata demolita, come la religione, e qualsivoglia altro sistema di 'senso', che cosa rimane all'individuo? Mi stavo chiaramente riferendo a quel passo dell'Umano, troppo umano in cui Nietzsche afferma:  "La morale, in quanto dovere, è stata distrutta dalla nostra visione delle cose, e così pure la religione" (...) "La conoscenza può lasciar sussistere come motivi solo il piacere e il dolore" (...) "Tutta la vita umana è immersa nella menzogna". Insomma, date le premesse, sono giuste le conclusioni? Io trovo di sì, sennonché il sopracitato Nietzsche si è - a mio modesto avviso - contraddetto lanciando la figura dell'oltreuomo. Ma questo è un altro argomento. Grazie comunque per la risposta.

Jacopus

@Gennaro. Il "non significa nulla" da me scritto relativamente al principio edonistico è in completo accordo con quanto tu scrivi, ma a mio parere è come dire che il sole è una stella perché è una stella. Ed anche la metafisica e la religione sono la ricerca edonistica di un piacere, perfino il masochista cerca il piacere. Il confine del piacere è la morte e pertanto la vita è sempre intimamente connessa con il piacere. Ma non esiste solo un piacere. Si potrebbe dire che vi sono piaceri più o meno evoluti eticamente. Se di bypassa questo passaggio, il piacere diventa un po' come la notte in cui tutte le vacche sono nere.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#5
Benvenuto Gennaro.
Ma , secondo me dovremmo focalizzare meglio l'origine della nostra preoccupazione di essere ''una umanità che brancola nel nulla''.
Potrebbe anche essere che brancoliamo nel nulla, ma perchè ci preoccupa così tanto?
Se riusciamo a comprendere l'origine di questa preoccupazione forse possiamo meglio sviluppare il tema senza condannarlo necessariamente a un pessimismo cosmico.
Insomma stiamo dicendo che il nostro problema non ha soluzione, come se conoscessimo bene l'origine del problema. Ma è proprio così?
Il problema della ricerca di un senso nella vita non è un problema della vita se non per quella parte di vita consapevole.
E quale problema risolverebbe il trovare, o il credere di trovare, il senso della vita?
Risolverebbe il problema che ha l'essere consapevole, che è quello di dover prendere decisioni, perchè una volta conosciuto quel senso certamente tenderebbe a conformare le sue decisioni a quel senso, togliendosi di dosso le pesanti responsabilità che gli derivano dall' essere consapevole.
Le sue decisioni tenderebbero a divenire di fatto ''non decisioni'', e pur restando un essere consapevole di fatto non lo sarebbe più.
Un inutile spreco di consapevolezza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Non sarà che il paradiso promesso in altra vita non sia per alcuni invece in questa,  laddove si senta, almeno potenzialmente, sollevato dalla responsabilità di dover decidere, sapendo in partenza, perchè vi pone fede, quale sarà sempre la decisione giusta, provando quindi la beatitudine di sentirsi sollevato da un opprimente  peso?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Kobayashi

La filosofia negli ultimi secoli ha lavorato alla distruzione delle risposte fornite da metafisica e religione.
Poi è passata alla domanda. Alla domanda sul senso (forma contemporanea minimalista che racchiude le categorie della filosofia classica: finalismo, totalità, etc.). E ha iniziato a mostrare che tale domanda viene essenzialmente da fraintendimenti linguistici o da un'eredità culturale che si presenta sotto forme diverse che non sono state ancora del tutto smascherate.

Il mio interrogativo (forse un po' ingenuo) è il seguente: e se invece la domanda fosse legata in modo ineludibile a ciò che è l'uomo? Al di là della sua particolare cultura, religiosa o metafisica.
Se fosse una costante "eterna" e interculturale che poi assume forme storiche relative e come tali certamente superabili, ma senza che questo comporti la presenza di un cammino che necessariamente porti verso la risposta definitiva?

In questo caso la serietà della domanda ci impegnerebbe in una ricerca filosofica, spirituale, possibile solo accantonando l'immediata ricerca del piacere.

Ipazia

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Pio

"Piacere" è un termine polisemico con molti significati: piacere sensoriale, soddisfazione interiore, sollievo, gioia altruistica e altri. Dire che la vita è solo ricerca del piacere non vuol dire molto se consideriamo che c'è un'enorme differenza tra un significato e l'altro. Possiamo considerare sullo stesso piano il piacere provato dallo psicopatico nell'ammazzare qualcuno è la soddisfazione provata dal medico che riesce a salvare una vita? Evidentemente no. Spesso poi ci dimentichiamo che la vita non è solo piacere o dolore ma anche una quantità di tempo fatto da sensazioni neutre che non ci procurano dolore o piacere e che scorrono come un fiume di cui raramente siamo consapevoli, essendo irretiti dalle sensazioni che colpiscono di più la nostra attenzione.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

iano

#10
Citazione di: Kobayashi il 07 Febbraio 2023, 07:45:06 AMLa filosofia negli ultimi secoli ha lavorato alla distruzione delle risposte fornite da metafisica e religione.
Poi è passata alla domanda. Alla domanda sul senso (forma contemporanea minimalista che racchiude le categorie della filosofia classica: finalismo, totalità, etc.). E ha iniziato a mostrare che tale domanda viene essenzialmente da fraintendimenti linguistici o da un'eredità culturale che si presenta sotto forme diverse che non sono state ancora del tutto smascherate.

Il mio interrogativo (forse un po' ingenuo) è il seguente: e se invece la domanda fosse legata in modo ineludibile a ciò che è l'uomo? Al di là della sua particolare cultura, religiosa o metafisica.
Se fosse una costante "eterna" e interculturale che poi assume forme storiche relative e come tali certamente superabili, ma senza che questo comporti la presenza di un cammino che necessariamente porti verso la risposta definitiva?

In questo caso la serietà della domanda ci impegnerebbe in una ricerca filosofica, spirituale, possibile solo accantonando l'immediata ricerca del piacere.
Si appunto, io proverei ad uscire dal comprensibile pessimismo del non riuscire trovare un senso duraturo, concentrandomi sulle conseguenze del credere di possedere un senso nel tempo  in cui dura la fede in esso.
Postulerei quindi che:
1. la vita non ha necessariamente bisogno di un senso per proseguire.
O se si preferisce lascia aperto ogni possibile senso, non possedendone quindi alcuno in particolare.
1a) Quanti più individui compongono la vita, tanti più sensi la vita possiede contemporaneamente, seppur sempre in via temporanea.
2. La vita procede in senso evoluzionistico, che è il senso di cercare di sopravvivere al caso.
3. la vita stessa, nella sua forma consapevole, è capace di generare il caso, senza attenderlo, ponendo fede in qualcosa, che è però a tutti gli effetti una credenza presa a caso.
La vita consapevole si allena agli effetti del caso provocandolo.

E' appunto questa capacità di produrre il caso giocando a dadi che caratterizza la vita consapevole, dove ad ogni lancio esce un senso della vita.
Prenderei quindi la cosa con positiva leggerezza, cercando di godersi il gioco, dove il gioco è uno di quei tanti piaceri che fanno si che non si possa caratterizzare in modo troppo schematico e semplicistico il piacere, come dice Jacopus, traendone affrettate e catastrofiche conseguenze, col rischio di interrompere il gioco ponendo fine alla propria esistenza, quando magari il senso della vita, per chi ci crede, era proprio all'angolo dopo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

InVerno

Penso che si confonda la ricerca del piacere "in sé e per sé", con una ricerca "critica" del piacere, una ricerca che al contempo critica l'idea stessa di piacere, cercando di affinare la propria sensibilità alla ricerca del  "vero piacere". L'accusa che si muove alla ricerca del piacere, mi pare, è il suo essere "istintuale" infatti spesso accomunata con l'essere "animale", tuttavia ci si dimentica che è mediato attraverso ragione. Durante la vita cambiamo continuamente e criticamente la nostra idea di piacere, è uno sforzo quotidiano che comincia probabilmente nell'adolescenza e accompagna alla bara, lo trovo molto poco istintuale ed animale, quanto spirituale. Il chiedere se è "unica", come delusi dalla mancanza di un alternativa, mi pare strano, perchè bisorebbe aver due teste per poter ragionare anche un alternativa, con l'unica testa che mi ritrovo ho già molti problemi a risolvere il problema del piacere.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Phil

Citazione di: GennaroDeSia il 06 Febbraio 2023, 19:12:35 PM''siamo fluidi alla costante ricerca del piacere, intesa quale fuga dal dolore'' è l'unica chiave interpretativa possibile di un'umanità che brancola nel nulla?
Il piacere, con le doverose distinzioni già ricordate da Pio, è sicuramente il movente dell'uomo in quanto "animale edonistico" (se ne parlava anche in altro topic); ovviamente ci sono piaceri naturali-sensoriali, piaceri socialmente indotti, piaceri psicologici (ricompensa, dopamina, etc.), etc. ma il piacere resta "la carota" che ci orienta verso il futuro. Non è un caso che il dovere si presenti sempre connesso alla minaccia della negazione del piacere: «se non fai ciò che devi, ne ricaverai conseguenze non piacevoli» (siano esse una sculacciata, una nota sul registro, una multa, il carcere o l'inferno). Funziona con gli animali da ammaestrare e funziona con l'uomo in quanto animale, soltanto che in questo caso la manipolazione può raggiungere livelli cognitivi e inconsci più complessi (v. neuromarketing, etc.).
Partendo da questo fattuale ambire al piacere, non colgo pienamente il passaggio al "brancolare nel nulla": nel momento in cui si ha una direzione, una meta, non si brancola, ed essendoci appunto "la carota" da inseguire non si è persi nel "nulla". Il giudizio su tale direzione e tale meta potrebbe svilirli in "nulla" valoriale solo partendo dal presupposto che i "veri valori" da perseguire siano quelli del cielo della metafisica e della religione, di cui hai già detto tutto l'attualmente necessario. Passando dal livello individuale a quello sociale, l'umanità ha imparato ovunque a strutturarsi in modo non brancolante; magari si può giudicare male qualche struttura, ma non a caso lo si farà basandoci su ciò che... ci piace (anche se probabilmente "eleveremo" tale «mi piace» ad un impersonale «è giusto», saltando dall'estetica-edonistica all'etica, più o meno metafisica... perché così ci piace fare).

atomista non pentito

L'uomo soggiace alle stesse regole di tutto cio' che lo circonda , ossia persegue , con le capacita' che gli sono proprie , il proprio "benessere"ed in subordine la sopravvivenza ossia il perpetuare la propria vita il piu' possibile nel miglior modo possibile. Quando intervengono turbative a questo fine riconosce come proprio benessere lo smettere di perpetuare ad ogni costo la propria vita. Esattamente come ogni altro essere vivente infatti nel mondo animale l'individuo che ha "perso" ( di solito per motivi di salute) il desiderio di perpetuare l'esistenza , si isola e si lascia morire.

Pio

#14
La paura della sofferenza è nettamente più forte della ricerca del piacere, l'abbiamo visto anche con la pandemia. Quale folle andrebbe con una donna/uomo bellissima/o sapendo che può trasmettere una malattia terribile, per fare un esempio? Io quindi capovolgo la tesi: l' uomo cerca continuamente il piacere per fuggire e dimenticare la sofferenza e la consapevolezza della morte. Il piacere è quindi l' OPPIO dell'umanità.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

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