Dualismo e capacità di immedesimazione

Aperto da viator, 10 Maggio 2020, 18:13:59 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

viator

Salve. Noto quanto permanga attuale la questione della relazione (o mancanza di relazione) tra singolarità (monade) e dualità (oggettivo-soggettivo, sostanza-apparenza, relativo-assoluto e via con i più diffusi dilemmi filosofici).


Da alcuni interventi (soprattutto quelli di coloro che ragionano con la propria testa) mi sembra emergere - oltre ad ovvie dubbiosità - persino del disorientamento in proposito. Del panico intellettuale. Altri invece si impegnano nell'evocare o citare fonti dottrinali più o meno "tradizionali" od innovative che dovrebbero dirimere (sic!), evitando così di prendere posizioni proprie.


La ragione filosofica per la quale il dilemma si presenta secondo me consiste appunto nella intrinseca (quindi inevitabile e persino "necessaria") incapacità di immedesimazione di ciascuno di noi.


Dal momento che noi coincidiamo con un il soggetto, per autoconvincerci che il "mondo reale" (oggettivo) esista al di fuori di noi stessi avremmo una sola possibilità : riuscire ad immedesimarci in qualcosa che stia fuori di noi, cioè riuscire ad avere delle percezioni (per percezione io intendo "segnali forniti dai sensi) del "fuori di noi" pur rinunciando ad essere quelli che siamo.

La cosa sembra risulti possibile ma solo assumendo per "funzionanti" certi aspetti della spiritualità e dell'esoterismo, cosa di cui personalmente dubito e che comunque fa parte di altro argomento e sezione.


Secondo voi è possibile - da un punto di vista psicofilosofico - estraniarsi, astrarre dal sè soggettuale e riuscire ad "immedesimarsi" sensorialmente in "altro dal sè".........concretizzando come "vera" (sempre sensorialmente) la "realtà" binaria e duale (ed addirittura poi molteplice) dell'esistente ? Saluti.


Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

Viator. io faccio parte del partito "fonti dottrinali". E ti posso assicurare che quanto tu stai proponendo come argomento è studiato anche al di fuori della spiritualità e dell'esoterismo. Però purtroppo non ho idee personali e mi rifaccio umilmente a quello che hanno scritto altri. Ad esempio ci sono parecchi studi, che si trovano anche su you tube, che parlano di neuroni-specchio. Tanto per dire la prima che mi è venuta in mente. Oppure ci si può lambiccare il cervello creando delle meravigliose teorie personali, salvo poi scoprire che o sono inutili o sono già state teorizzate da un monaco cistercense nel 1330. Saluti.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Citazione di: viator il 10 Maggio 2020, 18:13:59 PM
Secondo voi è possibile - da un punto di vista psicofilosofico - estraniarsi, astrarre dal sè soggettuale e riuscire ad "immedesimarsi" sensorialmente in "altro dal sè".........concretizzando come "vera" (sempre sensorialmente) la "realtà" binaria e duale (ed addirittura poi molteplice) dell'esistente ? Saluti.

Sì, è sufficiente sbattere la testa contro il muro. L'altro-da-sè si paleserà in tutta la sua potenza fisica e metafisica. Risolvendo in un battibaleno il dilemma "oggettivo-soggettivo, sostanza-apparenza, relativo-assoluto e via con i più diffusi dilemmi filosofici". Realizzando nell'attimo fuggente dell'impatto il tanto agognato UNO che interrompe, risolvendolo, il samsara duale. Ripristinandolo subito dopo con una consapevolezza aumentata.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

Citazione di: Jacopus il 10 Maggio 2020, 20:46:51 PM
Viator. io faccio parte del partito "fonti dottrinali". E ti posso assicurare che quanto tu stai proponendo come argomento è studiato anche al di fuori della spiritualità e dell'esoterismo. Però purtroppo non ho idee personali e mi rifaccio umilmente a quello che hanno scritto altri. Ad esempio ci sono parecchi studi, che si trovano anche su you tube, che parlano di neuroni-specchio. Tanto per dire la prima che mi è venuta in mente. Oppure ci si può lambiccare il cervello creando delle meravigliose teorie personali, salvo poi scoprire che o sono inutili o sono già state teorizzate da un monaco cistercense nel 1330. Saluti.




Una curiosità:
Poiché la data é discretamente precisa (al massimo potrebbe essere arrotondata al decennio su un intervallo temporale di quasi sette secoli) mi sembra che ti riferisca a un autore in particolare:
Se é così evitami, ti prego, una noiosa ricerca in WP (mi sono limitato a verificare che Anselmo d' Aosta non può essere sia per motivi cronologici che di ordine di appartenenza, Guglielmo di Occam per i secondi) e dimmi di chi si tratta.

davintro

Citazione di: Ipazia il 10 Maggio 2020, 21:40:50 PM
Citazione di: viator il 10 Maggio 2020, 18:13:59 PM
Secondo voi è possibile - da un punto di vista psicofilosofico - estraniarsi, astrarre dal sè soggettuale e riuscire ad "immedesimarsi" sensorialmente in "altro dal sè".........concretizzando come "vera" (sempre sensorialmente) la "realtà" binaria e duale (ed addirittura poi molteplice) dell'esistente ? Saluti.

Sì, è sufficiente sbattere la testa contro il muro. L'altro-da-sè si paleserà in tutta la sua potenza fisica e metafisica. Risolvendo in un battibaleno il dilemma "oggettivo-soggettivo, sostanza-apparenza, relativo-assoluto e via con i più diffusi dilemmi filosofici". Realizzando nell'attimo fuggente dell'impatto il tanto agognato UNO che interrompe, risolvendolo, il samsara duale. Ripristinandolo subito dopo con una consapevolezza aumentata.


direi che lo sbattere la testa contro il muro sia un argomento razionale, nel senso più radicale del termine, a favore dell'esistenza di una realtà oggettiva, a condizione di non consistere in un'inferenza casuale, in realtà arbitraria, tra lo sbattere la testa e il dolore che ne consegue, sulla base della contiguità temporale in cui i due eventi si collocano. Sull'arbitrarietà di inferenze causali di questo genere mi troverei d'accordo con l'empirismo moderno. Dal fatto che due fenomeni siano temporalmente contigui non ne discende necessariamente un nesso causa-effetto. L'argomento è valido invece sulla base del carattere di passività che accompagna il vissuto del dolore: non essendo l'Io a decidere in coscienza e volontà di provare quel vissuto, va da sé la necessità di ammettere un non meglio specificato "oltre", un' ulteriorità che incide sui vissuti dell'Io, a dispetto dalla libera attività di questo, in controtendenza con ciò che l'Io produrrebbe come soggetto pienamente autonomo (ulteriorità, non necessariamente esteriorità, in quanto potrebbe darsi anche ulteriorità interiore, realtà psichica interna al soggetto delle percezioni ma distinta dall'Io ,verso cui si "divertirebbe" a infondere sensazioni fisiche in assenza di un'effettiva realtà fisica posta al di fuori del corpo: già parlare di "mondo esterno" sarebbe un riempimento non necessariamente valido dell'idea generica di una realtà oggettiva extracoscienziale, che però in questo senso generico sarebbe invece riconoscibile in modo certo)

Ipazia

Citazione di: davintro il 10 Maggio 2020, 22:59:19 PM
... L'argomento è valido invece sulla base del carattere di passività che accompagna il vissuto del dolore: non essendo l'Io a decidere in coscienza e volontà di provare quel vissuto, va da sé la necessità di ammettere un non meglio specificato "oltre", un' ulteriorità che incide sui vissuti dell'Io, a dispetto dalla libera attività di questo, in controtendenza con ciò che l'Io produrrebbe come soggetto pienamente autonomo (ulteriorità, non necessariamente esteriorità, in quanto potrebbe darsi anche ulteriorità interiore, realtà psichica interna al soggetto delle percezioni ma distinta dall'Io ,verso cui si "divertirebbe" a infondere sensazioni fisiche in assenza di un'effettiva realtà fisica posta al di fuori del corpo: già parlare di "mondo esterno" sarebbe un riempimento non necessariamente valido dell'idea generica di una realtà oggettiva extracoscienziale, che però in questo senso generico sarebbe invece riconoscibile in modo certo)

Ma ancor è più valido con un carattere di attività che accompagna il vissuto del dolore, con un Io che decide in coscienza e volontà di provare quel vissuto al fine di ammettere finalmente uno specifico "oltre" al di là di ogni ragionevole e metafisico dubbio. Un experimentum crucis atto a scuotere lo scetticismo più radicale sulla via di Damasco verso la Verità dell'Altro.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

davintro

Citazione di: Ipazia il 10 Maggio 2020, 23:11:52 PM
Citazione di: davintro il 10 Maggio 2020, 22:59:19 PM
... L'argomento è valido invece sulla base del carattere di passività che accompagna il vissuto del dolore: non essendo l'Io a decidere in coscienza e volontà di provare quel vissuto, va da sé la necessità di ammettere un non meglio specificato "oltre", un' ulteriorità che incide sui vissuti dell'Io, a dispetto dalla libera attività di questo, in controtendenza con ciò che l'Io produrrebbe come soggetto pienamente autonomo (ulteriorità, non necessariamente esteriorità, in quanto potrebbe darsi anche ulteriorità interiore, realtà psichica interna al soggetto delle percezioni ma distinta dall'Io ,verso cui si "divertirebbe" a infondere sensazioni fisiche in assenza di un'effettiva realtà fisica posta al di fuori del corpo: già parlare di "mondo esterno" sarebbe un riempimento non necessariamente valido dell'idea generica di una realtà oggettiva extracoscienziale, che però in questo senso generico sarebbe invece riconoscibile in modo certo)



Ma ancor è più valido con un carattere di attività che accompagna il vissuto del dolore, con un Io che decide in coscienza e volontà di provare quel vissuto al fine di ammettere finalmente uno specifico "oltre" al di là di ogni ragionevole e metafisico dubbio. Un experimentum crucis atto a scuotere lo scetticismo più radicale sulla via di Damasco verso la Verità dell'Altro.


mi pare, ma potrei benissimo aver equivocato il senso, che proprio in questo caso si dovrebbe parlare di pura immaginazione di una realtà oggettiva, un caso in cui l'Io non riconosce l'esistenza di un' ulteriorità che produrrebbe in lui quel vissuto, ma che al contrario, sarebbe soggetto volente e cosciente della sua produzione. In questo caso il vissuto andrebbe considerato a tutti gli effetti una fantasia, e non l'espressione di una reale causalità, che invece dovrebbe far riconoscere la sua indipendenza rispetto al soggetto, solo nella misura in cui intervenga sul soggetto, al di là di ciò che il soggetto desidererebbe percepire. Non si può razionalmente ammettere alcunché di "oltre" rispetto al soggetto senza la possibilità che tale "oltre" opponga una propria resistenza all'autonomia dell'Io umano, alla sua libera attività umana, portandolo a fargli percepire fenomeni che non siano espressioni della propria volontà razionale

giopap

Citazione di: Ipazia il 10 Maggio 2020, 23:11:52 PM
Citazione di: davintro il 10 Maggio 2020, 22:59:19 PM
... L'argomento è valido invece sulla base del carattere di passività che accompagna il vissuto del dolore: non essendo l'Io a decidere in coscienza e volontà di provare quel vissuto, va da sé la necessità di ammettere un non meglio specificato "oltre", un' ulteriorità che incide sui vissuti dell'Io, a dispetto dalla libera attività di questo, in controtendenza con ciò che l'Io produrrebbe come soggetto pienamente autonomo (ulteriorità, non necessariamente esteriorità, in quanto potrebbe darsi anche ulteriorità interiore, realtà psichica interna al soggetto delle percezioni ma distinta dall'Io ,verso cui si "divertirebbe" a infondere sensazioni fisiche in assenza di un'effettiva realtà fisica posta al di fuori del corpo: già parlare di "mondo esterno" sarebbe un riempimento non necessariamente valido dell'idea generica di una realtà oggettiva extracoscienziale, che però in questo senso generico sarebbe invece riconoscibile in modo certo)

Ma ancor è più valido con un carattere di attività che accompagna il vissuto del dolore, con un Io che decide in coscienza e volontà di provare quel vissuto al fine di ammettere finalmente uno specifico "oltre" al di là di ogni ragionevole e metafisico dubbio. Un experimentum crucis atto a scuotere lo scetticismo più radicale sulla via di Damasco verso la Verità dell'Altro.




Oltre ogni ragionevole dubbio certamente (chi per lo meno non agisce come se lo credesse sarebbe comunemente considerato insano di mente, oltre a campare verosimilmente per poco).


Ma non oltre ogni dubbio teoricamente, in linea di principio (consapevolezza dell' indimostrabilità della credenza; sarebbe il "dubbio metafisico"?).


Il razionalismo più radicale resta scettico, non essendo minimamente scalfita la sua consapevolezza dell' indimostrabilità di quanto "ragionevolmente" si crede per fede, e non perché sia provato (né provabile).

giopap

Citazione di: davintro il 11 Maggio 2020, 00:14:53 AM
Citazione di: Ipazia il 10 Maggio 2020, 23:11:52 PM
Citazione di: davintro il 10 Maggio 2020, 22:59:19 PM
... L'argomento è valido invece sulla base del carattere di passività che accompagna il vissuto del dolore: non essendo l'Io a decidere in coscienza e volontà di provare quel vissuto, va da sé la necessità di ammettere un non meglio specificato "oltre", un' ulteriorità che incide sui vissuti dell'Io, a dispetto dalla libera attività di questo, in controtendenza con ciò che l'Io produrrebbe come soggetto pienamente autonomo (ulteriorità, non necessariamente esteriorità, in quanto potrebbe darsi anche ulteriorità interiore, realtà psichica interna al soggetto delle percezioni ma distinta dall'Io ,verso cui si "divertirebbe" a infondere sensazioni fisiche in assenza di un'effettiva realtà fisica posta al di fuori del corpo: già parlare di "mondo esterno" sarebbe un riempimento non necessariamente valido dell'idea generica di una realtà oggettiva extracoscienziale, che però in questo senso generico sarebbe invece riconoscibile in modo certo)



Ma ancor è più valido con un carattere di attività che accompagna il vissuto del dolore, con un Io che decide in coscienza e volontà di provare quel vissuto al fine di ammettere finalmente uno specifico "oltre" al di là di ogni ragionevole e metafisico dubbio. Un experimentum crucis atto a scuotere lo scetticismo più radicale sulla via di Damasco verso la Verità dell'Altro.


mi pare, ma potrei benissimo aver equivocato il senso, che proprio in questo caso si dovrebbe parlare di pura immaginazione di una realtà oggettiva, un caso in cui l'Io non riconosce l'esistenza di un' ulteriorità che produrrebbe in lui quel vissuto, ma che al contrario, sarebbe soggetto volente e cosciente della sua produzione. In questo caso il vissuto andrebbe considerato a tutti gli effetti una fantasia, e non l'espressione di una reale causalità, che invece dovrebbe far riconoscere la sua indipendenza rispetto al soggetto, solo nella misura in cui intervenga sul soggetto, al di là di ciò che il soggetto desidererebbe percepire. Non si può razionalmente ammettere alcunché di "oltre" rispetto al soggetto senza la possibilità che tale "oltre" opponga una propria resistenza all'autonomia dell'Io umano, alla sua libera attività umana, portandolo a fargli percepire fenomeni che non siano espressioni della propria volontà razionale


L' altro postulato agire sul soggetto che ne subisce passivamente le conseguenze (il dolore della testa che sbatte contro il muro) non necessariamente deve essere un ulteriore soggetto volente e cosciente (pure lui).


Ma anche se (ammesso e non concesso da parte mia) sempre necessariamente lo fosse, ciò non consentirebbe di considerarlo non indipendente dal soggetto che soffre il mal di testa, non volendolo, non agendo per procurarselo ma subendolo: due diversi soggetti di volontà.


Da tutto ciò non deriva ovviamente la dimostrazione oltre ogni razionale (ma casomai solo oltre ogni "ragionevole") dubbio dell' esistenza reale di alcunché d' altro oltre i fenomeni immediatamente esperiti, che in teoria potrebbero anche benissimo esaurire la realtà in toto (compreso il loro soggetto, oltre ai loro oggetti).

Ipazia

Premesso che gli esiti della capocciata sono comprovabili al di là di ogni ragionevole dubbio (evidentemente per giopap i dubbi metafisici sono esonerati dall'obbligo della ragionevolezza) resta valida l'obiezione di davintro:

Citazione di: davintro il 11 Maggio 2020, 00:14:53 AM
mi pare, ma potrei benissimo aver equivocato il senso, che proprio in questo caso si dovrebbe parlare di pura immaginazione di una realtà oggettiva, un caso in cui l'Io non riconosce l'esistenza di un' ulteriorità che produrrebbe in lui quel vissuto, ma che al contrario, sarebbe soggetto volente e cosciente della sua produzione. In questo caso il vissuto andrebbe considerato a tutti gli effetti una fantasia, e non l'espressione di una reale causalità, che invece dovrebbe far riconoscere la sua indipendenza rispetto al soggetto, solo nella misura in cui intervenga sul soggetto, al di là di ciò che il soggetto desidererebbe percepire. Non si può razionalmente ammettere alcunché di "oltre" rispetto al soggetto senza la possibilità che tale "oltre" opponga una propria resistenza all'autonomia dell'Io umano, alla sua libera attività umana, portandolo a fargli percepire fenomeni che non siano espressioni della propria volontà razionale

... che evidenzia la natura tautologica, autoreferenziale della capocciata medesima, capace di asseverare l'esistenza della materia ma non la sua volontà, essendo tale facoltà non negli attributi del muro, in quanto Altro inanimato. Passando all'alterità animata, l'istinto e i suoi riflessi rendono evidente la volontà altra nella dialettica preda-predatore. Anche questa alterità è sperimentabile al di là di ogni ragionevole dubbio.

La questione si evolve ulteriormente nell'età evolutiva laddove l'Altro trascende dalla dimensione fisica istintuale del cibo e della protezione alla dimensione psichica del cucciolo che si vede imporre dall'adulto il suo ethos e norma. Se a questo punto la consapevolezza dell'Altro non giunge a maturazione non resta che rivolgersi ad un buono strizzacervelli.

Ma forse viator intende un passaggio ulteriore denominato empatia. O uno stadio ancora più estraniante come un'estasi catartica in cui l'Io si dissolve in uno stato nirvanico. In tal caso non si realizzerebbe una situazione duale, bensì il tanto brahmato Uno. Situazione metastabile che non oltrepassa l'ora dei pasti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

Citazione di: Ipazia il 11 Maggio 2020, 09:03:34 AM
Premesso che gli esiti della capocciata sono comprovabili al di là di ogni ragionevole dubbio (evidentemente per giopap i dubbi metafisici sono esonerati dall'obbligo della ragionevolezza) resta valida l'obiezione di davintro:


Per me i dubbi teorici sulla (eventuale) realtà metafisica, per esempio circa l' esistenza  di altro oltre i fenomeni coscienti immediatamente esperiti (= esistenti-accadenti), sono diversa cosa dai dubbi ragionevolmente superabili in pratica; e lo sono proprio per il fatto che, lungi dall' essere "esentati dall' obbligo della ragionevolezza", devono sottostare anche al ben più rigoroso obbligo della razionalità teorica.
Ma evidentemente Ipazia si ritiene esentata (del tutto legittimamente; esattamente come del tutto legittimamente io, da filosofa, non me ne ritengo) dal discernere fra ragionevolezza pratica e razionalità teorica.
Essere filosofi non é certo un obbligo per nessuno.
Come anche evitare dal sottoporre a serrata critica razionale ogni credenza circa realtà e conoscenza della realtà.


viator

Salve jacopus. Peccato ! Si vede proprio che sono accecato dalla vanità poichè pensavo di essere il primo a scoprire certe cose. E dire che pensavo già sia all'utilizzo dei fondi del Premio Nobel che ai diritti dell'utilizzazione industriale delle mie cogitazioni.


Comunque ti ringrazio di avermi ricondotto alla "realtà" e vorrei pregarti, se puoi e se vuoi, di continuare a vigilare sulle mie esternazioni. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

Viator. Ti consiglio di leggere Bouvard e Pecuchet di Flaubert. Con un secolo di anticipo rispetto al web, Flaubert colse un tratto della modernità: tutti hanno accesso ad ogni cosa ed attività.  Io che la penso all'antica,  ritengo invece che per fare filosofia come per ogni altra cosa non basta l'ispirazione ma serve invece il sudore della fronte, arare, martellare, imbiancare oppure l'impegno intellettuale, leggere, studiare, attività tra l'altro oggi molto più semplice di un tempo, ma bisogna pur farla. Questo è il senso del mio intervento. Poi su quello che si è raccolto si potranno fare anche considerazioni personali. Io la vedo così, ma mi rendo anche conto di essere in minoranza.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve jacopus. E per forza che non andiamo d'accordo ! Io considero i miei interventi un (tanto per restare in Francia) semplice "divertissement" !. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

davintro

Citazione di: giopap il 11 Maggio 2020, 09:15:44 AM
Citazione di: Ipazia il 11 Maggio 2020, 09:03:34 AM
Citazione di: giopap il 11 Maggio 2020, 09:15:44 AM
Citazione di: Ipazia il 11 Maggio 2020, 09:03:34 AM
Premesso che gli esiti della capocciata sono comprovabili al di là di ogni ragionevole dubbio (evidentemente per giopap i dubbi metafisici sono esonerati dall'obbligo della ragionevolezza) resta valida l'obiezione di davintro:


Per me i dubbi teorici sulla (eventuale) realtà metafisica, per esempio circa l' esistenza  di altro oltre i fenomeni coscienti immediatamente esperiti (= esistenti-accadenti), sono diversa cosa dai dubbi ragionevolmente superabili in pratica; e lo sono proprio per il fatto che, lungi dall' essere "esentati dall' obbligo della ragionevolezza", devono sottostare anche al ben più rigoroso obbligo della razionalità teorica.
Ma evidentemente Ipazia si ritiene esentata (del tutto legittimamente; esattamente come del tutto legittimamente io, da filosofa, non me ne ritengo) dal discernere fra ragionevolezza pratica e razionalità teorica.
Essere filosofi non é certo un obbligo per nessuno.
Come anche evitare dal sottoporre a serrata critica razionale ogni credenza circa realtà e conoscenza della realtà.


Premesso che gli esiti della capocciata sono comprovabili al di là di ogni ragionevole dubbio (evidentemente per giopap i dubbi metafisici sono esonerati dall'obbligo della ragionevolezza) resta valida l'obiezione di davintro:


Per me i dubbi teorici sulla (eventuale) realtà metafisica, per esempio circa l' esistenza  di altro oltre i fenomeni coscienti immediatamente esperiti (= esistenti-accadenti), sono diversa cosa dai dubbi ragionevolmente superabili in pratica; e lo sono proprio per il fatto che, lungi dall' essere "esentati dall' obbligo della ragionevolezza", devono sottostare anche al ben più rigoroso obbligo della razionalità teorica.
Ma evidentemente Ipazia si ritiene esentata (del tutto legittimamente; esattamente come del tutto legittimamente io, da filosofa, non me ne ritengo) dal discernere fra ragionevolezza pratica e razionalità teorica.
Essere filosofi non é certo un obbligo per nessuno.
Come anche evitare dal sottoporre a serrata critica razionale ogni credenza circa realtà e conoscenza della realtà.






concordo sulla distinzione tra razionalità teoretica e ragionevolezza pratica, nel senso che nell'ambito di quest'ultima, in cui si è necessitati a prendere una qualunque decisione riguardo l'agire, si considerano diverse ipotesi teoriche con i vari dati necessari a cui appellarsi per fare una scelta, e si dovrà adottare l'ipotesi più probabilmente valida, senza pretendere di attribuirle una certezza assoluta strettamente razionale circa la sua verità, proprio perché il dubbio portato alle estreme conseguenze paralizzerebbe l'azione, rendendo impossibile il conseguimento degli obiettivi che la prassi quotidiana impone: non ho bisogno della certezza assoluta che le auto siano reali e non mie allucinazioni, per tenerne conto quando attraverso la strada, mi accontento che la loro realtà abbia un determinato livello di probabilità perché influiscano il mio agire. Però nel caso della passività dell'Io circa le proprie percezioni come argomento per riconoscere l'esistenza di una trascendenza che si opporrebbe al corso spontaneo della produzione di fenomeni da parte dell'Io, la ragionevolezza pratica non centra nulla, il rilevamento della passività è il frutto di un'analisi fenomenologica sui vissuti, che può svolgersi su un piano puramente contemplativo e "disinteressato", un piano teoretico che cerca di mettere a fuoco un livello massimamente certo nella sua verità, senza alcun interesse pratico, che invece porterebbe a fermarsi alla mera probabilità circa il valore di verità delle conclusioni.

Discussioni simili (2)