Dove sei quando non sei presente a te stesso?

Aperto da acquario69, 18 Febbraio 2017, 03:56:28 AM

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acquario69

CitazioneIl dubbio e la critica sono quindi essenziali per introdurre a piccole dosi proprio quel nulla (attraverso gli altri che in qualche misura sono sempre il nulla relativo di noi stessi) che inteso in senso assoluto è morte assoluta, è l'assoluta contraddizione che tanto ci angoscia. Ma penso anche che se la critica è irrinunciabile, va messa in crisi anche la soggettualità e qui mi pare che si possa partire proprio dalla domanda (passata inosservata) di Acquario:  "Dove sei quando non sei presente a te stesso?" , perché il soggetto non è sempre presente, anzi, lo è raramente, perché il dubbio qui è che anche il soggetto, così fondamentale, in fondo non sia che un effetto di contesto, una sorta di ippogrifo, o una costruzione "immaginifica" di prassi culturali, il soggetto è solo una categoria del pensiero che si immagina mentre fa. Ma certamente a ragionare di questo si produrrebbe un altro spostamento dal tema e forse Acquario non intendeva la questione nel senso di una critica al soggetto, gli propongo quindi di aprire una nuova riflessione specifica, se vuole.


Accetto l'invito di maral
Preciso che la citazione non e' la mia ma si trova nel libro "imitazione di Cristo"
Proviamo cosi a coglierne il senso (senza usare troppo i sensi :) ) o di intendere le cose solo alla lettera..naturalmente non mi ritengo fuori da questa premessa e ai miei stessi limiti.. comunque il tentativo lo faccio lo stesso

sara' capitato, magari anche per un istante di non essere presenti a se stessi ma credo che questo lo si può constatare solo quando si "rientra" in se stessi poiché quando si e' "fuori" non ci si pone nessuna domanda, perche non vi e' più nessun soggetto che lo determina e non vi sarebbe percio nessuna distanza o separazione, quindi in realtà non vi e' ne "dentro e ne fuori"

La Realtà (che "non ha nome" ma che in qualche modo inevitabile dovrò ora pur far presente per parlarne) infatti non si può racchiudere o de-finire;

Il Tao che può essere detto
non è l'eterno Tao,
il nome che può essere nominato
non è l'eterno nome.
Senza nome è il principio
del Cielo e della Terra,
quando ha nome è la madre
delle diecimila creature.
Perciò chi non ha mai desideri
ne contempla l'arcano,
chi sempre desidera
ne contempla il termine.
Quei due hanno la stessa estrazione
anche se diverso nome
ed insieme sono detti mistero,
mistero del mistero,
porta di tutti gli arcani.


..perche dal momento che lo faccio (che sono presente a me stesso) ne sarei "fuori" ,quindi nello stato di non essere presenti a se stessi equivale ad essere un tutt'Uno - o Uno senza secondo - con la Realtà medesima ma sarebbe forse più corretto dire ad un non-essere...(l'Essere e' la prima determinazione.."quando ha nome e' la madre delle diecimila creature") o il "Vuoto" per il Taoismo o la "povertà Spirituale" per i Cristiani ed anche l'islam
il ritorno al Principio non manifesto,da cui tutto si manifesta - "Il Tao in eterno non agisce e nulla v'è che non sia fatto" - quest'ultimo in possibile obiezione ad ipotesi di come verrebbe male inteso come "fuga dalla realtà" ..bensi vero il contrario.

sgiombo

Citazione di: acquario69 il 18 Febbraio 2017, 03:56:28 AM
CitazioneIl dubbio e la critica sono quindi essenziali per introdurre a piccole dosi proprio quel nulla (attraverso gli altri che in qualche misura sono sempre il nulla relativo di noi stessi) che inteso in senso assoluto è morte assoluta, è l'assoluta contraddizione che tanto ci angoscia. Ma penso anche che se la critica è irrinunciabile, va messa in crisi anche la soggettualità e qui mi pare che si possa partire proprio dalla domanda (passata inosservata) di Acquario:  "Dove sei quando non sei presente a te stesso?" , perché il soggetto non è sempre presente, anzi, lo è raramente, perché il dubbio qui è che anche il soggetto, così fondamentale, in fondo non sia che un effetto di contesto, una sorta di ippogrifo, o una costruzione "immaginifica" di prassi culturali, il soggetto è solo una categoria del pensiero che si immagina mentre fa. Ma certamente a ragionare di questo si produrrebbe un altro spostamento dal tema e forse Acquario non intendeva la questione nel senso di una critica al soggetto, gli propongo quindi di aprire una nuova riflessione specifica, se vuole.


Accetto l'invito di maral
Preciso che la citazione non e' la mia ma si trova nel libro "imitazione di Cristo"
Proviamo cosi a coglierne il senso (senza usare troppo i sensi :) ) o di intendere le cose solo alla lettera..naturalmente non mi ritengo fuori da questa premessa e ai miei stessi limiti.. comunque il tentativo lo faccio lo stesso

sara' capitato, magari anche per un istante di non essere presenti a se stessi ma credo che questo lo si può constatare solo quando si "rientra" in se stessi poiché quando si e' "fuori" non ci si pone nessuna domanda, perche non vi e' più nessun soggetto che lo determina e non vi sarebbe percio nessuna distanza o separazione, quindi in realtà non vi e' ne "dentro e ne fuori"

CitazioneSono un "fottuto razionalista" e penso che in filosofia (e in scienza) si debba parlare il più possibile "alle lettera", esplicitamente, con precisione (mentre le metafore presentano un' inevitabilmente vaghezza e ambiguità che in tali questioni ritengo in linea di massima dannose).
E la mia risposta ne é ovviamente condizionata (potrei fraintendere i termini della questione come se la pone acquario69; stavolta sono stato attento al' iniziale minuscola: complimenti, prego!).

Per me "esse est percipi" ("e tte pareva?" mi sembra già di sentir dire chi legge; ma é stata fatta una domanda e cerco di rispondere secondo le mie convinzioni; che per ora non sono mutate, anche se, pur trattandosi di filosofia a non di scienza, non escludo affatto possano mutare in futuro come già di fatto sono mutate in passato: non dico: "guai a me se non penserò sempre così!"; e men che meno mi sono mai sognato di dire: "guai a chi non la pensa come me!").

Ciò che percepiamo (enti ed eventi materiali ed enti ed eventi mentali) é reale, in quanto tale, unicamente nell' atto di essere percepito, mentre le percezioni stesse accadono.
Ma se, come credo senza che sia possibile dimostrarlo logicamente né tantomeno mostrarlo empiricamente, esistono (anche) sia oggetti di sensazioni sia un loro soggetto-oggetto, allora queste "cose" esistono "in sé" anche allorché non accadono le sensazioni (e dunque non sono costituite da sensazioni, pena la caduta in evidente contraddizione: l' affermare l' accadere l'esistenza reale di sensazioni anche allorché non accade l' esistenza reale di sensazioni).

Dunque credo che quando noi, soggetti della nostra propria esperienza fenomenica cosciente, non siamo presenti a noi stessi (non ci autopercepiamo come pensieri, sentimenti in atto, quando non siamo autocoscienti) continuiamo ad essere reali come cose in sé non percepibili, non  apparenti (non fenomeni) ma solo congetturabili, pensabili: noumena). 



acquario69

CitazioneDunque credo che quando noi, soggetti della nostra propria esperienza fenomenica cosciente, non siamo presenti a noi stessi (non ci autopercepiamo come pensieri, sentimenti in atto, quando non siamo autocoscienti) continuiamo ad essere reali come cose in sé non percepibili, non  apparenti (non fenomeni) ma solo congetturabili, pensabili: noumena). 

Nel momento che non sei presente a te stesso non puoi fare nessuna congettura e nessuna definizione pensabile..casomai la fai solo dopo...e prima "dove sei" se non sei percepibile?
eppure ci sei sempre lo stesso,non eri mica scomparso credo

comunque lasciamo pure da parte le cose che dico io, che non hanno nessuna pretesa..
ma se dici che bisogna parlare il più possibile alla lettera allora lao-tzu (citazione sopra) non avrebbe mai potuto indicare nulla del Tao e che se fossero state "vaghezze" allora non si capisce come invece vengano riportate fedeli e identiche a se stesse dopo migliaia di anni

 

sgiombo

Citazione di: acquario69 il 18 Febbraio 2017, 14:09:22 PM
CitazioneDunque credo che quando noi, soggetti della nostra propria esperienza fenomenica cosciente, non siamo presenti a noi stessi (non ci autopercepiamo come pensieri, sentimenti in atto, quando non siamo autocoscienti) continuiamo ad essere reali come cose in sé non percepibili, non  apparenti (non fenomeni) ma solo congetturabili, pensabili: noumena).

Nel momento che non sei presente a te stesso non puoi fare nessuna congettura e nessuna definizione pensabile..casomai la fai solo dopo...e prima "dove sei" se non sei percepibile?
eppure ci sei sempre lo stesso,non eri mica scomparso credo

CitazioneMa infatti le congetture su enti ed eventi in sé, sul noumeno (implicante me come soggetto delle mie sensazioni in generale e inoltre oggetto in particolare di quelle mentali: pensieri, sentimenti...) inevitabilmente le faccio quando sono presente a me stesso (mi parlo, mi ascolto) e riguardano il mio persistere come cosa in sé -potenzialmente sempre soggetto ed oggetto di sensazioni- anche quando tali sensazioni non sono attuali (in particolare quelle mentali = non sono presente a me stesso).






comunque lasciamo pure da parte le cose che dico io, che non hanno nessuna pretesa..
ma se dici che bisogna parlare il più possibile alla lettera allora lao-tzu (citazione sopra) non avrebbe mai potuto indicare nulla del Tao e che se fossero state "vaghezze" allora non si capisce come invece vengano riportate fedeli e identiche a se stesse dopo migliaia di anni

CitazioneLungi da me la pretesa di criticare lao-tzu, che purtroppo non conoscevo nemmeno per sentito dire (e ora unicamente in quanto tale; letteralmente...).
Ed essendo un "fottuto razionalista", senza alcun intento censorio, nemmeno inconscio (ammesso e non concesso che di intenzioni inconsce si possa sensatamente parlare), nè verso lao-tzu, né verso nessun altro, ritengo che su questioni di filosofia (e di scienza per lo meno) si debba cercare di usare un linguaggio il più preciso e inequivocabile possibile e dunque letterale perché le metafore tendono pericolosamente ad indurre in errore (oltre che in fraintendimenti reciproci; anche se in qualche caso possono invece aiutare ad intendersi); il che non significa che necessariamente chi parla di filosofia (o di scienza) metaforicamente di fatto sia destinato a sbagliare.


cvc

Parafrasando il famoso cantautore, si potrebbe dire che "libertà non è stare sopra un albero, libertà è essere presenti a se stessi". Non è tanto importante il luogo dove si è quando non si è presenti a se stessi, quanto il modo in cui si è: si è schiavi. La sottomissione al proprio io cosciente, alla propria ragione, è una forma di libertà 
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Phil

Davvero è comunemente possibile non essere presenti a se stessi, oppure si tratta solo di una forma di presenza differente dal solito, anomala, alienata, assorta, afasica, o altro (ma pur sempre auto-percezione-presente)? 
Non credo che la propriocezione, l'interocezione, l'autocoscienza (il sentire la "vocina in testa") possano essere tutte sospese (almeno nello stato di veglia), ma forse non ho ben colto cosa si intende con "presenza a se stesso"...

Duc in altum!

**  scritto da acquario69:
Citazione"Dove sei quando non sei presente a te stesso?"

Dormendo meravigliosamente ...o innamorandomi della mia eternità!  ;D
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

sgiombo

Citazione di: Phil il 18 Febbraio 2017, 19:03:10 PM
Davvero è comunemente possibile non essere presenti a se stessi, oppure si tratta solo di una forma di presenza differente dal solito, anomala, alienata, assorta, afasica, o altro (ma pur sempre auto-percezione-presente)?
Non credo che la propriocezione, l'interocezione, l'autocoscienza (il sentire la "vocina in testa") possano essere tutte sospese (almeno nello stato di veglia), ma forse non ho ben colto cosa si intende con "presenza a se stesso"...
CitazioneInfatti personalmente avrei inteso l' "assenza a se stessi" come lo stato di sonno (senza sogni o con sogni non implicanti la percezione di se stessi).

Ma credo che anche da svegli (e senza stare a scomodare estasi o altre esperienze mistiche; magari semplicemente se si sta godendo di una musica meravigliosa), si può essere molto distratti e inconsapevoli di se stessi, e anche della propiocezione, malgrado i rispettivi recettori e vie nervose siano attivi.

maral

#8
Trovo ben appropriato il riferimento di acquario al Tao. Il Tao è la vita che vive e quindi sa vivere, ma non sa di vivere, non conosce, ma continuamente genera e rigenera in sé stessa la conoscenza, è il saper vivere che vuole sapere di vivere. Nel "sapervivere" (tutto attaccato, non è un errore) non c'è né soggetto né oggetto, c'è la pura prassi della vita, è quando tra il sapere e il vivere si determina uno stacco, uno spazio di discontinuità vuoto che sorge la domanda che chiede dell'oggetto e del soggetto; di che cosa si sa? chi sa? Dunque chi sa di cosa?
Quel vuoto chiede costantemente di essere riempito a mezzo di qualcosa che mantenga il legame tra il vivere che sa e la conoscenza che vuole sapere di questo vivere che sa. Lo strumento è il legame che è chiamato a riempire questo vuoto attraversato dal desiderio e il corpo vivente è il primo strumento che risponde al desiderio, il corpo che si è e il corpo che si ha e quindi che si può usare per vivere. Nel corpo animato comincia a emergere la prima forma di conoscenza che comincia a poter sapere di sapere e, con il sapere di sapere, un linguaggio con cui il corpo può dire del suo saper vivere. Il linguaggio è in quel corpo stesso che viene conoscendosi. Ma questo corpo non è originariamente il mio corpo, perché è il corpo vivente dell'altro che risponde al desiderio e questo rispondere mi dà un corpo. E' la parola dell'altro che rispondendo mi dà la parola affinché nel corpo e nella parola il vivere possa ritrovarsi presente a se stesso.
Nell'istante in cui questo essere presenti a se stessi accade la vita che conosce si ricongiunge alla vita che sa da cui si era allontanata per conoscerla e in questo istante di grazia il sapere di sapere (conoscere) diventa un non sapere più di sapere (disconoscimento), semplicemente solo si vive, senza soggetto e senza oggetto, in una sorta di conoscenza sapiente che  è solo in un istante, poi ancora tutto si ripete e di quell'istante resta solo un'impronta che segna il cammino della vita.
Il soggetto non è che una forma di questo circolo che si apre e si chiude per riaprirsi, ogni volta circoscrivendo uno spazio vuoto entro il quale trova posto il mondo ove oggetto e soggetto sono ai poli opposti separati e contrapposti, punti terminali di una relazione che separandoli li chiama a riunirsi e riunendoli li cancella entrambi.
Tutto questo non va preso alla lettera, se ne perderebbe completamente il senso, ma non è nemmeno una metafora, è un tentativo di mappa, fallace come tutte le mappe che per funzionare non possono essere prese né alla lettera, né come metafore. E' un tentativo di rappresentazione.

Per rispondere in modo semplice e diretto alla domanda di acquario direi che quando non sono presente a me stesso semplicemente vivo, senza sapere di farlo e questo è quello che normalmente accade a ogni essere vivente, ma in questo banale accadere a volte può accadere, per un essere vivente capace i conoscere, quindi di separare il sapere dal vivere, un momento di grazia, che lascia un'impronta, un segno che resta sul suo cammino.

acquario69

Citazione di: Duc in altum! il 18 Febbraio 2017, 20:36:45 PM
**  scritto da acquario69:
Citazione"Dove sei quando non sei presente a te stesso?"

Dormendo meravigliosamente ...o innamorandomi della mia eternità!  ;D

Secondo me avresti comunque colto qualcosa su cui rifletterci.

il sogno e' individuale ma in questo caso diventerebbe come un allegoria o trasposizione metafisica e non individuale ..come avrei provato facendo citazione sul Tao e che poi avrebbe ripreso nello stesso senso anche maral

Poi e' chiaro che il tema in se e' parecchio scivoloso :)


Il sogno della farfalla:

Una volta, Chuang Chou sognò di essere una farfalla.
Era una farfalla perfettamente felice, che si dilettava di seguire il proprio capriccio.
Non sapeva di essere Chou.
All'improvviso si desto' e allora fu Chou,gravato dalla forma.
Non sapeva se era Chou che aveva sognato d'essere una farfalla o una farfalla che sognava di essere Chou
Eppure tra Chou e la farfalla c'è necessariamente una distinzione.
Cosi e' la trasformazione degli esseri.

(Zhuangzi, cap. II)

Duc in altum!

**  scritto da acquario69:
CitazioneSecondo me avresti comunque colto qualcosa su cui rifletterci.
Sì, ma preferisco, dopo averla letta, la posizione di @maral: vivo, senza sapere di farlo.

Quando sperimento quella percezione che talvolta mi fa esclamare: "...ho perso la nozione dello spazio e del tempo..." - soprattutto negli ultimi anni, ho cercato di sforzarmi nel rendermi conto di analizzare e specificare cosa stessi provando o come mi sentissi, o dove fossi, come se io guardassi un altro mio io, e la consapevolezza che affiora, giacché adesso sono più attento quando mi capita, è: vivo, senza sapere di farlo.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

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