Dopo la morte del soggetto la realtà continua ad esistere?

Aperto da Ercole, 17 Luglio 2018, 21:13:18 PM

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Lou

Citazione di: Phil il 19 Luglio 2018, 00:24:01 AM
Se invece non fossimo in un sogno, ma fossimo un sogno, allora sì, al risveglio del sognante misterioso, noi e il nostro mondo cesseremmo di esistere, annientati dalla realtà che credevamo sogno, quando la nostra realtà era il vero sogno...
Sospetto sia il re rosso il sognante misterioso^^

<<"In questo momento sta sognando" disse Tweedledee; "secondo te cosa sogna?"
Alice disse: "Questo non può dirlo nessuno".
"Ma sogna te!" esclamò Tweedledee, battendo trionfante le mani. "E se smettesse di sognare, dove credi che saresti?"
"Dove sono ora, naturalmente" disse Alice.
"Macché" ribatté Tweedledee con disprezzo. "Tu non saresti più in nessun posto. Tu non sei che una specie di cosa nel suo sogno!"
"Se quel re lì si svegliasse" aggiunse Tweedledum "tu ti spegneresti..paf!...proprio come una candela!"
"Ma no!" esclamò Alice indignata. "E poi, se sono soltanto una specie di cosa nel suo sogno, cosa siete voi, vorrei sapere?"
"Idem" disse Tweedledum.
"Idem, idem" gridò Tweedledee. Lo gridò così forte che Alice non potè fare a meno di dire. "Sss! Finirete per svegliarlo, se farete tanto baccano".
"E' inutile che parli di svegliarlo" disse Tweedledum "tanto tu non sei che una delle cose nel suo sogno. Sai benissimo di non essere vera".
"Si che sono vera!" disse Alice, e si mise a piangere.
"Non credere che piangendo diventerai più vera" osservò Tweedledee "non c'è niente da piangere".
"Se non fossi così vera" disse Alice quasi ridendo tra le lacrime (tutto sembrava talmente ridicolo), "non riuscirei a piangere".
"Non crederai mica che quelle siano lacrime vere" la interruppe Tweedledum in tono di sommo disprezzo.
"So che parlano a vanvera" pensò Alice fra sé "ed è sciocco piangerci sopra". Così si asciugò le lacrime e continuò più allegramente che poté.>>


"Attraverso lo specchio", L. Carroll
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Phil

Ti ringrazio davvero per la citazione; non conoscevo quel brano, ma è la perfetta versione romanzata dello scenario onirico di cui si parlava.
Resta solo da scoprire come facessero i due Tweedle a conoscere la "verità"...

Carlo Pierini

Citazione di: Phil il 19 Luglio 2018, 00:24:01 AM
Se invece non fossimo in un sogno, ma fossimo un sogno, allora sì, al risveglio del sognante misterioso, noi e il nostro mondo cesseremmo di esistere, annientati dalla realtà che credevamo sogno, quando la nostra realtà era il vero sogno...

CARLO
...Ma come? ...Credi alla possibilità che la realtà oggettiva sia un sogno, e poi non credi che i miei sogni siano una realtà oggettiva?  ...Ma allora te vòi complicà l'esistenzaaa..!!!
https://youtu.be/x-zuD1D56L0?t=888

<<La creazione: sogno primordiale di Dio e poi le creature pensate una a una con una fantasia incredibile. E poi tutta la storia della salvezza. È un sogno che si cala nella storia dell'uomo, con territori, popoli, personaggi famosi e squallidi, povertà e ricchezza, eroismo e viltà, lealtà e tradimento e quant'altro la nostra storia incontra nello svolgersi dei secoli.
Anch'io sono un sogno di Dio, suo progetto, pensato dall'eternità: "Prima di formarti nel grembo di tua madre io già ti conoscevo">>. [fra Alberto Fazzini]

sgiombo

Citazione di: Ercole il 18 Luglio 2018, 22:19:33 PM
Citazione di: Lou il 17 Luglio 2018, 22:11:26 PM
Citazione di: Ercole il 17 Luglio 2018, 21:13:18 PM
Propongo una riflessione: come si può fondare razionalmente il fatto che il Mondo continuerà ad esistere dopo la fine del Soggetto? Da dove deriva la certezza che la Realtà non cessi interamente con la fine della mente che la pensa?
Partirei dal fatto che innanzitutto siamo testimoni della morte di altri soggetti. È alla vita e al mondo che si muore.
Possiamo non escludere che tale esperienza non faccia parte dell'onirico? Sia ben chiaro, se usiamo il senso comune non abbiamo bisogno di discutere... ma è esperienza comune è che il mondo onirico si dissolva e con esso anche l'intersoggettività avuta con i personaggi onirici... non si dissolverebbero in quel caso gli eventi di morte di altre persone? 

La vita é sogno (Calderon de la Barca).

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 19 Luglio 2018, 15:42:00 PM
...Ma come? ...Credi alla possibilità che la realtà oggettiva sia un sogno, e poi non credi che i miei sogni siano una realtà oggettiva?
Attenzione: non è un caso se in questi post non ho mai usato la parola "oggettivo/a" riferito a realtà... d'altronde, cosa c'è di più soggettivo di un sogno?
Sui tuoi sogni, come su altri, sono dichiaratamente "possibilista", anche se a livelli di fiducia differenti  ;)
Grazie anche a te e a sgiombo per la citazione impeccabilmente "a tema".

Lou

Citazione di: Phil il 19 Luglio 2018, 14:33:02 PM
Ti ringrazio davvero per la citazione; non conoscevo quel brano, ma è la perfetta versione romanzata dello scenario onirico di cui si parlava.
Resta solo da scoprire come facessero i due Tweedle a conoscere la "verità"...
Grazie a te per la perfetta sintesi che hai proposto.
Comunque, a mio modo, non so se questa analogia che ci catapulta in scenari tra esser-sognanti, esser-sognati e sognare sia volta ad aggirare, complicare, semplificare, insegnare, sviluppare ( questo sì ), spostare o tentare di risolvere il quesito iniziale.

Sulle due facce della "verità"? La domanda resta.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Carlo Pierini

#21
Citazione di: Phil il 19 Luglio 2018, 16:09:05 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 19 Luglio 2018, 15:42:00 PM
...Ma come? ...Credi alla possibilità che la realtà oggettiva sia un sogno, e poi non credi che i miei sogni siano una realtà oggettiva?
Attenzione: non è un caso se in questi post non ho mai usato la parola "oggettivo/a" riferito a realtà... d'altronde, cosa c'è di più soggettivo di un sogno?
Sui tuoi sogni, come su altri, sono dichiaratamente "possibilista", anche se a livelli di fiducia differenti  ;)
Grazie anche a te e a sgiombo per la citazione impeccabilmente "a tema".

CARLO
La storia della filosofia è lastricata di operazioni ingenue come la tua, cioè di paradigmi che di fronte ad una coppia di entità opposte ...per non complicarsi troppo 'a vita, dichiarano (squilibratamente) fondamentale l'una e apparente l'altra: si è dichiarata apparente la Materia in nome dello Spirito (manicheismo) o lo Spirito in nome della Materia (scientismo); la Ragione in nome della Fede (mistici) e la Fede in nome della Ragione (atei); l'Essere in nome del Divenire (Eraclito) e il Divenire in nome dell'Essere (Parmenide); la Legge in nome della Libertà (anarchia) la Libertà in nome della Legge (dittatura); la fedeltà in amore in nome dell'emancipazione (libertinismo) e l'emancipazione in nome della fedeltà (cattolicesimo); l'Etica in nome della Natura (Nietzsche) e la Natura in nome dell'Etica (spiritualisti), ecc.. Tu invece sacrifichi l'Oggetto sull'altare del Soggetto, mentre gli scienziati classici ritengono fondamentale l'Oggetto e lasciano il Soggetto fuori dalla Scienza.
Sono pochi i filosofi geniali che - come il famoso Pierini  :) - hanno intravisto la necessità di una equilibrata complementarizzazione degli enti opposti in una unità superiore trascendente. Tra questi c'è Spinoza che ha contemplato una simmetrica corrispondenza tra <<Ordo et connexio idearum>> (Soggetto) e <<Ordo et connexio rerum>> (Oggetto); poi c'è Leibniz, ma anche Pitagora e Galilei, che hanno postulato una <<armonia prestabilita>> tra i due enti, ma poi ci sono anche Platone, Ficino, Schelling, Tommaso, ecc. che hanno espresso idee simili. Fino ad arrivare a Scoto Eriugena, Cusano ed Hegel che hanno definito la verità più o meno come la sintesi tra il Soggetto-tesi e l'Oggetto-antitesi. Io, come avrai ormai capito, la intendo come questi ultimi ed ho mostrato la correttezza di questo approccio nel thread seguente:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-e-una-complementarita-di-opposti-e-i-numeri-sono-archeti-1117/

davintro

se si intende "soggetto" come singolo individuo, penso dovremmo ammetterne l'esistenza indipendentemente dal pensiero del soggetto, in quanto la prima forma di esperienza del mondo per noi è un vissuto passivo come la sensazione, che costituisce il materiale grezzo che le cose impongono alle nostre strutture mentali. Se fosse il mio Io la condizione di esistenza delle cose, allora sarebbero, per così dire, in mio possesso, avrei un totale dominio su di esse, e la mia volontà potrebbe decidere i contenuti da percepire, mentre in realtà gli stimoli della sensazione sono passivamente recepiti, sono qualcosa che spingono la concentrazione dell'Io (suo malgrado) a orientarsi in direzione del luogo fisico da cui si diramano, e gli schemi associativi in base a cui l'Io interpreta i dati della sensazioni trasformandoli in unità percettive di determinate specie di oggetti, non sono mai fissati in una soggettività mentale che possa pretendere di essere assoluta e di agire arbitrariamente su un materiale oggettivo indifferenziato, ma sono costantemente modificati sulla base degli stimoli sensitivi che via via le cose ci inviano: in sintesi: gli schemi percettivi con cui organizziamo il materiale della sensazione (soggettività) è costantemente ristrutturato e modificato sulla base del materiale stesso (oggettività), cosicché l'oggettività può rivendicare una propria autonomia, nell'incidere sull'attività mentale del soggetto, rendendone possibile l'attività stessa, e questo incidere è una causalità di una esistenza effettivamente distinta e autonoma rispetto a ciò su cui si applica. Questo dal punto vista della pura esistenza, intesa come ciò che avrebbe questo potere causale di determinare le possibilità di una esperienza, diverso l'aspetto del complesso delle proprietà che caratterizzano la realtà, e che, in quanto conoscibili, mostrano una sorta di corrispondenza con le categorie con cui la mente le interpreta. Senza la passività della sensazione non ci sarebbe alcuna esperienza, ma d'altro lato, la conoscenza presuppone che il soggetto conoscente possieda in sé le forme universali dei concetti in base a cui formuliamo giudizi sulle cose, in definitiva in base a cui le cose hanno un significato. Se i singoli oggetti sono responsabili, tramite il contatto con i campi sensoriali del nostro corpo, dalla apprensione del materiale dell'esperienza, l'attribuzione di un carattere di universalità dei concetti con cui organizziamo il materiale e formuliamo giudizi su di esso è reso possibile dalla struttura intrinseca della soggettività, non derivata dal puro contatto fisico con le cose, e ciò rende possibile quel margine di libera attività del soggetto che attribuisce senso e valore al mondo. Si potrebbe sintetizzare dicendo che in assenza di una mente conoscente e valutante l'esistenza delle cose sarebbe conservata, ma smarrirebbe il suo senso, che è sempre dato dalla relazione con una mente dotata di categorie di giudizio che vengono utilizzate nelle valutazioni su tali cose. Anche la cosa più oggettivamente bella in natura, che significato avrebbe in assenza di una coscienza soggettiva dotata di un gusto estetico tale da poter godere di quella bellezza? Resterebbe una fattualità insensata, una bellezza oggettiva di cui nessuno può goderne, quindi un mero fatto autoreferenziale e astratto. Questo varrebbe in primo luogo per le bellezze artistiche che sono la diretta espressione dello spirito estetico umano, ma in fondo anche per le bellezze naturali come un paesaggio di montagna, la cui bellezza sembra essere sempre in fondo legata a categorie legate a un nesso con l'essere umano: il tramonto affascina perché ci comunica un senso di malinconia, tipico vissuto del soggetto umano che lo osserva, la quercia è bella perché "maestosa" ed "elegante", quindi associata a regalità e nobiltà, tutte categorie della società umana, ecc.

Sariputra

@davintro
Concordo in larga parte e ti faccio i complimenti per l'esposizione, come sempre chiara e pacata (cosa che ti invidio  spesso... :( ).
Uno dei motivi per cui  non ritengo il solipsismo molto sostenibile sta proprio in questo passo del tuo scritto:
Se fosse il mio Io la condizione di esistenza delle cose, allora sarebbero, per così dire, in mio possesso, avrei un totale dominio su di esse, e la mia volontà potrebbe decidere i contenuti da percepire, mentre in realtà gli stimoli della sensazione sono passivamente recepiti...

Infatti  l' "io" , che sorge in dipendenza  dal contatto, poi dalla percezione, quindi dalla sensazione che fa sorgere il desiderio, dalla volizione per ripetere la sensazione piacevole oppure fuggire la sensazione spiacevole, per quale motivo, se fosse il solo 'padrone' di questo processo dinamico, si autocreerebbe contatti e percezioni che poi sfociano in sensazioni spiacevoli?

Ciao
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

Citazione di: Sariputra il 20 Luglio 2018, 09:25:34 AM
@davintro
Concordo in larga parte e ti faccio i complimenti per l'esposizione, come sempre chiara e pacata (cosa che ti invidio  spesso... :( ).
Uno dei motivi per cui  non ritengo il solipsismo molto sostenibile sta proprio in questo passo del tuo scritto:
Se fosse il mio Io la condizione di esistenza delle cose, allora sarebbero, per così dire, in mio possesso, avrei un totale dominio su di esse, e la mia volontà potrebbe decidere i contenuti da percepire, mentre in realtà gli stimoli della sensazione sono passivamente recepiti...

Infatti  l' "io" , che sorge in dipendenza dal contatto, poi dalla percezione, quindi dalla sensazione che fa sorgere il desiderio, dalla volizione per ripetere la sensazione piacevole oppure fuggire la sensazione spiacevole, per quale motivo, se fosse il solo 'padrone' di questo processo dinamico, si autocreerebbe contatti e percezioni che poi sfociano in sensazioni spiacevoli?

Ciao
CitazioneAnch'io trovo Davintro sempre molto chiaro e pacato e lo invidio per questo (e anche sempre molto interessante malgrado ne dissenta quasi sempre; ma discutere con uno come lui é un vero piacere).

I vostri ragionamenti sono in larga misura condivisibili anche da parte mia.
Però credo che la non volntarietà-arbitrarietà delle sensazioni (soprattutto, ma in fondo non solo, esterne - materiali) non nega con certezza l' ipotesi che comunque, anche se non si svolgono conformemente ai miei desideri, la realtà in toto sia limitata ad essi, senza eccederli (ovviamente non sono solipsista, ma non perché sia dimostrabile oltre ogni dubbio possibile la falsità del solipsismo stesso).

Phil

Condivido gli apprezzamenti sullo stile esemplarmente sobrio e ragionato di davintro e concordo sulla necessità logica di pensare un non-io (per quanto imperscrutabile) come fonte delle percezioni:
Citazione di: Phil il 17 Luglio 2018, 23:00:03 PM
l'esistenza del soggetto non può essere l'unica e/o ultima forma di esistenza, altrimenti non potrebbe percepire (fallacemente o meno, è irrilevante) nulla che fosse altro da sé, un non-sé, come invece accade (un non-soggetto genera il soggetto, il soggetto percepisce un non-soggetto... si è sempre almeno in due).

Tuttavia ho qualche esitazione su alcune questioni:
Citazione di: davintro il 20 Luglio 2018, 01:23:27 AM
Se fosse il mio Io la condizione di esistenza delle cose, allora sarebbero, per così dire, in mio possesso, avrei un totale dominio su di esse, e la mia volontà potrebbe decidere i contenuti da percepire,
poco sopra si parlava di sogni: nei sogni tutto è un parto della mia mente, eppure non ho la facoltà di orchestrare e dirigire i sogni a mio piacimento (infatti talvolta sono incubi!); per questo non farei necessariamente coincidere solipsismo con l'essere regista assoluto della realtà...

Citazione di: davintro il 20 Luglio 2018, 01:23:27 AM
Anche la cosa più oggettivamente bella in natura, che significato avrebbe in assenza di una coscienza soggettiva dotata di un gusto estetico tale da poter godere di quella bellezza? Resterebbe una fattualità insensata, una bellezza oggettiva di cui nessuno può goderne, quindi un mero fatto autoreferenziale e astratto.
(corsivi miei) Sulla bellezza "oggettiva" sono perplesso;, secondo me, è tutta negli occhi di chi guarda, è una chiave di lettura estranea al libro in sé (il libro ha parole e sintassi che hanno le condizioni per esser giudicate belle, ma il piano del giudizio estetico è una sovrastruttura che trascende l'oggetto, per come la vedo). Concordo infatti quando dici che
Citazione di: davintro il 20 Luglio 2018, 01:23:27 AM
margine di libera attività del soggetto che attribuisce senso e valore al mondo.
Si potrebbe sintetizzare dicendo che in assenza di una mente conoscente e valutante l'esistenza delle cose sarebbe conservata, ma smarrirebbe il suo senso, che è sempre dato dalla relazione con una mente dotata di categorie di giudizio che vengono utilizzate nelle valutazioni su tali cose.
in fondo, il senso (in tutti i suoi piani), come la bellezza, è una "aggiunta" da parte del soggetto.

Lou

Citazione di: davintro il 20 Luglio 2018, 01:23:27 AM
se si intende "soggetto" come singolo individuo, penso dovremmo ammetterne l'esistenza indipendentemente dal pensiero del soggetto, in quanto la prima forma di esperienza del mondo per noi è un vissuto passivo come la sensazione, che costituisce il materiale grezzo che le cose impongono alle nostre strutture mentali. Se fosse il mio Io la condizione di esistenza delle cose, allora sarebbero, per così dire, in mio possesso, avrei un totale dominio su di esse, e la mia volontà potrebbe decidere i contenuti da percepire, mentre in realtà gli stimoli della sensazione sono passivamente recepiti, sono qualcosa che spingono la concentrazione dell'Io (suo malgrado) a orientarsi in direzione del luogo fisico da cui si diramano, e gli schemi associativi in base a cui l'Io interpreta i dati della sensazioni trasformandoli in unità percettive di determinate specie di oggetti, non sono mai fissati in una soggettività mentale che possa pretendere di essere assoluta e di agire arbitrariamente su un materiale oggettivo indifferenziato, ma sono costantemente modificati sulla base degli stimoli sensitivi che via via le cose ci inviano: in sintesi: gli schemi percettivi con cui organizziamo il materiale della sensazione (soggettività) è costantemente ristrutturato e modificato sulla base del materiale stesso (oggettività), cosicché l'oggettività può rivendicare una propria autonomia, nell'incidere sull'attività mentale del soggetto, rendendone possibile l'attività stessa, e questo incidere è una causalità di una esistenza effettivamente distinta e autonoma rispetto a ciò su cui si applica
Condivido molto questa analisi, ritengo infatti che originariamente il rapporto io-mondo si costruisca attraverso il corpo, le cui dinamiche fondamentali ineriscono una dimensione preriflessiva dove l'esperienza vissuta è data unicamente dalla percezione. Ritengo inoltre, che la stessa distinzione tra soggetto e oggetto sia posteriore a questo vissuto originario e appartenga già a una fase riflessiva che li disgiunge.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Carlo Pierini

Citazione di: davintro il 20 Luglio 2018, 01:23:27 AM
Se fosse il mio Io la condizione di esistenza delle cose, allora sarebbero, per così dire, in mio possesso, avrei un totale dominio su di esse, e la mia volontà potrebbe decidere i contenuti da percepire, mentre in realtà gli stimoli della sensazione sono passivamente recepiti, sono qualcosa che spingono la concentrazione dell'Io (suo malgrado) a orientarsi in direzione del luogo fisico da cui si diramano, e gli schemi associativi in base a cui l'Io interpreta i dati della sensazioni trasformandoli in unità percettive di determinate specie di oggetti, non sono mai fissati in una soggettività mentale che possa pretendere di essere assoluta e di agire arbitrariamente su un materiale oggettivo indifferenziato, ma sono costantemente modificati sulla base degli stimoli sensitivi che via via le cose ci inviano: in sintesi: gli schemi percettivi con cui organizziamo il materiale della sensazione (soggettività) è costantemente ristrutturato e modificato sulla base del materiale stesso (oggettività), cosicché l'oggettività può rivendicare una propria autonomia, nell'incidere sull'attività mentale del soggetto, rendendone possibile l'attività stessa, e questo incidere è una causalità di una esistenza effettivamente distinta e autonoma rispetto a ciò su cui si applica

CARLO
Quoto incondizionatamente. 
Esiste una relazione dia-lettica tra Soggetto e Oggetto, nella quale ai due termini opposti deve essere riconosciuta una pari dignità ontologica, contrariamente a quanto faceva Kant con la sua metafora copernicana e a quanto credono oggi gli scienziati nella loro assolutizzazione dell'Oggetto (messa in crisi dal principio di indeterminazione).

davintro

ringrazio tutti per gli immeritati apprezzamenti sul mio "stile"! Aggiungo, traendo spunto da alcune osservazioni di Phil, alcune precisazioni riguardo il problema del rapporto soggetto-oggetto. Se è vero che il sogno è un parto della mia mente, non lo è però nel senso dell'Io o del "soggetto", come l'ho inteso nel mio messaggio precedente. Più che di "mente" sarebbe meglio parlare in questo caso di "psiche". La fonte dei sogni è l'interiorità, ma non nel senso dell'Io puro, da cui scaturiscono gli atti intenzionali che sono davvero espressione della mia libera attività di soggetto, come l'immaginazione, i cui contenuti sono davvero prodotti liberamente dall'Io (voglio liberamente visualizzare mentalmente una cascata di cioccolata liquida, e la mia immaginazione si attiva in questo senso, anche se in una qualità di esperienza vissuta distinta da quella delle percezioni ordinarie). Non è questo il caso dei sogni, non c'è alcun volontario sforzo cosciente  e libero del mio Io nel decidere cosa sognare e cosa no (altrimenti non dovrebbero esistere gli incubi, tranne che per un'elite di coraggiosi interessata a sperimentare in modo così personale e reale le stesse sensazioni di orrore e angoscia che la maggior parte delle persone si limiterebbero a ricercare guardando film horror...), dunque i sogni provengono sì da un'interiorità che in quanto li determina si pone nei loro confronti come causa attiva, ma non dall'Io puro, per come lo intendevo quando parlavo di una sua passività nei confronti delle sensazioni, cioè l'Io come unità degli atti intenzionali attraversati dalla luce della coscienza, per l'intenderci l'Io riferito al cogito cartesiano, all'Io penso kantiano, al trascendentale fenomenologico. L'io inteso così apprende i contenuti onirici sullo stesso piano di passività dei contenuti sensibili ricavati dall'urto delle cose fisiche del mondo esterno sul nostro corpo, proprio perché così come reali e trascendenti rispetto l'Io sono le cose fisiche che attivamente ("attivamente" però in un senso indiretto) producono gli stimoli sensitivi, reale e trascendente è anche l'energia inconscia, anche se interiore, che origina i sogni, che l'Io subisce passivamente. I sogni non sono reali, ma reali sono le dinamiche inconsce che li determinano dal profondo. Questo punto fondamentale può venir frainteso nel momento in cui si fa coincidere, erroneamente, la polarità Io soggettivo-realtà oggettiva con quella interiorità-esteriorità: la realtà oggettiva non si esaurisce nel mondo esterno fisico, ma comprende anche l'energia psichica interiore al soggetto. Esiste un'oggettività esteriore ma anche una oggettività interiore, e così come l'Io riceve passivamente dalla prima i contenuti della sensazione, riceva passivamente dalla seconda i contenuti onirici, così come la passività della sensazione mostra l'esistenza di una realtà esterna, la passività dei sogni mostra quella interiore e psichica. Questo perché l'Io puro, cioè l'Io inteso come puro soggetto IN QUANTO SOGGETTO, non esiste, è un'astrazione concettuale, anche se fondamentale a livello di metodologia della ricerca epistemologica, l'Io acquisisce esistenza concreta spogliandosi della sua connotazione puramente soggettivista e astratta per considerarsi come Io empirico, cioè dotato di una determinata psiche, determinata energia vitale, determinata personalità, determinati sogni. Ma in questo modo l'Io rinuncia anche  a sentirsi del tutto "padrone a casa sua", deve accettare l'esistenza di un "fondo" oggettivo, di una trascendenza nella sua interiorità che sfugge al dominio della sua volontà cosciente... in pratica guadagna la concretezza esistenziale, a costo però di rinunciare alla sua onnipotenza di Soggetto nei confronti di se stesso, accettando quel margine di passività non solo riguardo a ciò che è fuori di sì ma anche dentro di sé.


Proprio perché la bellezza è negli occhi di chi guarda che in assenza di una coscienza soggettiva dotata di senso estetico, la bellezza della cosa oggettiva non avrebbe alcun senso, perché non potrebbe procurare alcun sentimento di piacere a chi, sulla base di autonomi criteri sarebbe capace di riconoscerla in essa. Penso che i criteri di bellezza siano soggettivi, eppure questo non esclude che anche nel caso della formazione dei sentimenti estetici non si possa riconoscere un certo margine di passività, cioè di autonomia della realtà oggettiva nei confronti dell'arbitrio dell'Io. Posso essere io a stabilire i criteri di valutazione di ciò che reputo bello o brutto, ma, una volta posti tali criteri, non sono io a stabilire che una determinata cosa che cade sotto il mio sguardo rientri o no nei criteri, l'applicazione dei criteri soggettivi presuppone sempre il riconoscimento di un contenuto materiale dotato di proprietà intrinseche, in base a cui la cosa può essere giudicata più o meno bella. E non posso forzare la cosa ad aderire o meno a questi criteri, il sentimento della bellezza non si svilupperà in assenza di una passiva ricezione delle qualità oggettive delle cose, adeguate ai miei criteri estetici: i criteri soggettivi sono la forma del sentimento estetico della bellezza, ma il materiale su cui applicarsi è sempre ricevuto passivamente da un'oggettività autonoma, sulla base della passività della sensazione. Ma se nel caso della bellezza la passività, la dipendenza dall'Oggetto, consiste solo nella sensazione delle proprietà fisiche della cosa da giudicare, soggettivamente, bella o brutta, nel caso della formazione di emozioni correlate all'esperienza di oggetti fisici, come la malinconia suscitata dalla visione di un tramonto o la serenità suggerita dalla visione di un verde parco alberato, l'autonomia dell'Oggetto sembra ancora più forte, la ricezione passiva sembra non solo limitarsi alla ricezione di stimoli fisici, ma all'avvertimento di una sorta di "spirito" negli oggetti, che tramite una comunicazione simbolica costituita da forme, colori, contesti ambientali, sembra intervenire sul nostro stato d'animo che riceve passivamente questi stimoli. Ovviamente in questa dinamica sono presenti fattori di proiezione del soggetto sulla cosa sulla base di schemi di associazione simbolica legata a schemi culturali convenzionali, eppure sembra esserci una sorta di legame naturale tra alcuni aspetti estetici delle cose con degli stimoli non solo fisici ma coinvolgenti la psiche, che la psiche non decide arbitrariamente di determinare in se stessa, ma riceve sulla base di un reale influsso proveniente dagli oggetti. Non sono io a "decidere" volontariamente di provare malinconia di fronte al tramonto o serenità in mezzo al parco, sono emozioni che ricevo mio malgrado a partire dall'apprensione di un materiale oggettivo che presenta aspetti corrispondenti in una certa necessità alle emozioni che provo, esistono dei nessi oggettivi, non del tutto convenzionali che legano il tramonto del sole alla malinconia (la fine del giorno come fine delle cose della vita), la quiete alle caratteristiche cromatiche del verde, l'impetuosità e la violenza al rosso ecc., e questo margine di non-convenzionalità fissa il carattere di autonomia degli oggetti, che ci comunicano degli stimoli da apprendere con una certa passività da parte nostra.

Lou

Ma Ercole, che ne pensa? Apri il topic, e il tuo parere? Lo leggiamo tra le righe o lo espliciti? Azzardi in espliclito?
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

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