Diventare "altro" e diventare "nulla" (sulla filosofia di E.Severino)

Aperto da 0xdeadbeef, 04 Giugno 2018, 14:22:47 PM

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0xdeadbeef

Dopo aver letto qualche opera di E.Severino ("Intorno al senso del nulla"; "Il tramonto della politica"; "Dispute sulla
verità e la morte", oltre ad altri frammenti e vari articoli), mi sembra di poter affermare che, a parer mio, il filosofo
non distingua a sufficienza fra il "diventare altro" e il "diventare nulla".
In altre parole, a me sembra che mentre appare plausibile (ma direi proprio condivisibile) sostenere l'impossibilità che
un qualsiasi essente provenga dal nulla ed al nulla ritorni, al tempo stesso mi sembra però sia assurdo sostenere che
quell'essente non divenga (o non possa diventare) "altro".
Forse che "diventare altro" vuol necessariamente dire "diventare nulla"? Rifacendomi ad un celebre esempio dello
stesso Severino: forse la legna che diventa cenere non diventa "altro" pur non diventando "nulla"?
E invece sembra proprio che per Severino non si dia differenza fra il diventare "altro" e il diventare "nulla"...
Voi che ne pensate?
(mi scuso anticipatamente per il ritardo -anche notevole...- con cui risponderò. Purtroppo i molti e gravosi impegni
che ho in questo periodo mi impediscono la frequenzazione che vorrei. Leggerò comunque con grande piacere e interesse
le vostre eventuali risposte)
mauro

Phil

Ti segnalo che se ne discusse anche con altri utenti, nel topic "conoscenza e critica della conoscenza", pagina 13 e seguenti (https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/conoscenza-e-critica-della-conoscenza/180/?PHPSESSID=dgd8arde5aqppu5j4iaaniklt7).

In breve, per quel che ho compreso, mi pare che Severino "giochi" a fare lo zenoniano, riducendo l'insidiosa tematica dell'identità dell'ente ad una questione esclusivamente temporale (aggirando l'ostacolo di tematizzare l'essere-dell'-ente, forse giovandosi del connubio fra la "copertura" heideggeriana e un nichilismo nostalgico della sua stessa matrice metafisica), rovesciando la gerarchia logica fra il fisico impermanente e l'anelito "classico" all'assoluto (eterno, etc.).
Il risultato è che il nulla viene esorcizzato, addomesticato e strumentalizzato per sostenere un'"ontologia dell'eterno" che, per come la vedo, è in fondo un'"estetica dell'analitica esistenziale" come rimedio dissimulato dell'aporeticità del pensare l'esistere ("estetica" nel senso che non è tenuta a dar conto dell'ancoraggio al cosiddetto "reale", ma può cavalcare uno stilema interpretativo, quello ontologico, la cui semantica può eccedere serenamente la pragmaticità degli eventi a cui si riferisce, sotto l'egida di un fondazionalismo teoretico).

P.s.
Come direbbe la "generazione social", Severino ha "trollato" tutto il pensiero postmoderno  ;D

0xdeadbeef

Ciao Phil
A parer mio Severino individua acutamente la radice del moderno nichilismo (l'essente che sorge dal, e ritorna nel, nulla è,
intrinsecamente, nulla), però non capisco affatto questo suo intendere il "diventare altro" come l'equivalente del diventare
nulla.
Come dicevo, condivido l'affermazione sull'impossibilità di sorgere dal, e tornare nel, nulla (la condivido, naturalmente,
non da un punto di vista, diciamo, moralistico - come antidoto al nichilismo, cosa che qui non interesserebbe affatto-; la
condiviso altresì su una base logica e persino scientifica, visto che la stessa fisica ci parla di "conservazione dell'energia".
Il punto è però il "diventare altro", che ovunque Severino afferma essere equivalente al diventare nulla (e su questo punto
condivido senz'altro quel tuo sostendere lo "zenonismo" di Severino).
Ciò che ne consegue è una visione filosofica che trovo francamente molto "pesante" da proporre (l'eternità di ogni essente in
ogni attimo, cioè praticamente la presenza come di infiniti, immobili universi paralleli - appunto in maniera simile a Zenone).
Mi chiedo però, visto che ho comunque la massima stima di Severino, che su altri e fondamentali punti dimostra una non certo
comune profondità di analisi e conoscenza, se sono io (assieme a molti altri...) a non possedere, come dire, "occhi per vedere"
(immerso forse, per usare la sua terminologa, nella "terra isolata dal destino"), oppure se è lui ad aver preso un colossale
abbaglio.
Grazie per la risposta e per la segnalazione.
(mi spiace non poter citare su qualche punto le parole precise di Severino, ma adesso non ho la mia "biblioteca" sotto mano)

green demetr

cit 0xdeadbeef
"Rifacendomi ad un celebre esempio dello
stesso Severino: forse la legna che diventa cenere non diventa "altro" pur non diventando "nulla"?"

Eh! ma allora non hai capito nulla!  ;)

La legna infatti non diventa MAI cenere.

cit 0xdeadbeef
"E invece sembra proprio che per Severino non si dia differenza fra il diventare "altro" e il diventare "nulla"..."

Il punto è che per Severino il divenire è una contraddizione.

Non è tanto una riflessione sul nulla. (è una riflessione proprio sul divenire! non a caso i suoi filosofi di riferenza sono Heidegger, ma sopratutto, il SOMMO NIETZCHE).

La riflessione sul nulla, è la stessa di Heidegger, con la differenza che il tema fatale del destino mortale, viene riletto come destino della terra, separato dai suoi IMMORTALI.

Ossia come in Heidegger, il tema del destino viene pienamente inteso, come riflessione sul nulla.
Ma quella stessa riflessione sul nulla, che COME DESTINO siamo chiamati ad avere, in realtà secondo la Filosofia (e quindi non secondo Severino, che comunque è destinato a riflettere sul morire) è una contraddizione, ossia è una illusione.

Possiamo dire che la FILOSOFIA è contraria al suo CANONE. (è un canone inverso alla BACH ;) sto celiando).

Il tema di cosa sia la contraddizione poi è il tema su cui il povero Severino è sempre richiamato. (come se la contraddizione fosse questione formale per i suoi detrattori, che non capiscono niente, ma dico proprio NIENTE).

Ma la sua filosofia richiederebbe BEN ALTRI, alle future generazioni demandati, che l'avranno inteso, SEMMAI qualcuno lo intenderà, ORIZZONTI. (il ciclo della GLORIA).

Sottesa a questa filosofia è l'idea per me elementare (ma evidentemente non così per gli altri) che DIO è. DIO ESISTE. Non che DIO é qualcosa, non vi è GENESI per Severino dunque. Non vi è dunque salvezza, in quanto noi siamo DA SEMPRE E PER SEMPRE SALVI. Che poi è il tema del RE.
(nelle religioni queste tematiche sono evidenti, anche se oscillanti con il destino, con il lutto, con il fantasma).

In questo senso l'analisi di PHIL è perfetta.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Cit Phil
"A parer mio Severino individua acutamente la radice del moderno nichilismo (l'essente che sorge dal, e ritorna nel, nulla è,
intrinsecamente, nulla), però non capisco affatto questo suo intendere il "diventare altro" come l'equivalente del diventare
nulla."

Devo ancora leggere un suo singolo saggio, ma in occasione di una conferenza che festeggiava i suoi molti anni  ;), ha avuto modo di approfondire un pochino la faccenda.

Come la psicanalisi che seguo, la questione del nulla, è la questione del FANTASMA MATERNO.

Come sappiamo siamo ancora in una epoca patriarcale, ma dietro la sua signoria, esistono ulteriori problemi che pochi filosofi hanno isolato.

Per come la sto analizzando sembra quasi che si voglia appiattire l'inconscio ad un fantasma.

Ma l'inconscio è molto più del fantasma materno (l'illusione dell'origine), e inoltre il sembiante materno (gli DEI) rischia(no) di rimanere confuso con esso.

Ricordo un minimo di lessico lacananiano, che piano piano sto apprendendo.

Fantasma = Sembiante (immagine, simbolo, segno, discorso) del PADRE. (secondo il mito, CRONOS, il tempo divoratore, la psicosi è la divorazione).

Sembiante = Qualsiasi cosa è legato all'illusione, sarebbe il discorso, il segno, la semantica.

Parola = L'inconscio come trascendenza.

Parola è per esempio il lapsus, il tic, l'inciampo (vedere tutto CARMELO BENE).
Tutto ciò che sfugge al CONTROLLO, al POTERE, alle chiusure del DISCORSO.


Il NULLA dunque se è il fantasma materno, è il terribile.
La Natura è infatti TRAUMA.

Qualcosa di ancora più originario della divorazione. Ossia appunto è la morte codificata.
E' l'introiezione dell'abisso come PADRE. E' l'inquisizione, è il femminicidio.
E' LA TEOLOGIA NATURALE.
E' il DESTINO che viene PRIMA di qualsiasi divorazione/omicidio.

Per Severino questa è la follia dell'occidente.

IL SUO DESTINO.

Ossia l'illusione di diventare qualcosa, ossia l'idea che ESISTA UN PADRE.
(feticismo, idealismo, scienza etc....discorso sulla potenza della TECNICA).

alias immedesimazione per PAURA dell'ignoto, di essere predatori e non depredati (dalla natura, la natura è per eccellenza la MADRE).

Padroni (padri) e non prede. (ma l'essere preda è precisamente la paura del morire).

Riguarda il NULLA, perchè il CANONE OCCIDENTALE, l'ha scoperto così.
(alla radice della TEOLOGIA POLITICA, c'è l'idea della guerra del poter uccidere).

Il NULLA è la MADRE è la DONNA. Il diventare nulla equivale dunque proprio al terrore di incontrare il fantasma per strada. DI incontrare il femminile.
(basterebbe una lettura delle teorie queer e gender per capire la distanza dalla normalità, come da noi intesa).

Per Severino dunque si tratta di FAR EVAPORARE il fantasma. (nell'occasione Sine e Severino si sono trovati d'accordo, mentre gli altri filosofi, non capivano NIENTE...ovviamente).

In generale di qualsiasi fantasma, ma quello occidentale ha nome NULLA, ABISSO.

Ecco appunto, ma il fantasma è solo uno dei sembianti.

Il problema di Severino è proprio quello che si rischia di far evaporare anche i sembianti!

In esterma sintesi il CANONE OCCIDENTALE è la risposta ISTERICA ad una paura originaria.

La paura va affrontata con il tema della GLORIA. (e bisogna leggere fin dove si è spinto Severino, in pubblico non ne ha MAI parlato.  :( (con l'eccezione di cui sopra).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

cit PHIL

"Il risultato è che il nulla viene esorcizzato, addomesticato e strumentalizzato per sostenere un'"ontologia dell'eterno" che, per come la vedo, è in fondo un'"estetica dell'analitica esistenziale" come rimedio dissimulato dell'aporeticità del pensare l'esistere ("estetica" nel senso che non è tenuta a dar conto dell'ancoraggio al cosiddetto "reale", ma può cavalcare uno stilema interpretativo, quello ontologico, la cui semantica può eccedere serenamente la pragmaticità degli eventi a cui si riferisce, sotto l'egida di un fondazionalismo teoretico)."

Analisi impeccabile ed elegante  8).


Non so se riesco a farti dire di più.


Mi ha colpito particolarmente la tua analisi che si tratti di un estetica.
In qualche maniera il pericolo c'è. Ma riguarda in fin dei conti proprio il nostro essere uomini.
E allora in fin dei conti allora tutto è estetica (oddio qualcuno, Carmelo Bene, sostiene che effettivamente il messaggio di Nietzche sia proprio quello).


Se per estetica intendiamo il "dare forma alla vita" allora sono d'accorda, ma d'altronde essendo che noi siamo sempre dentro il segno, e al giogo delle semantiche. Siamo sempre dentro un discorso.


Il punto come ho scritto sopra, ma te lo ripropongo in breve, è che mi pare invece in Severino che l'asticelle sia messa più in alto.


Ossia come se lui voglia sciogliere anche qualsiasi discorso simbolico. (e il discorso fondativo è simbolico).
Purtroppo non posso dirne con certezza, anche se mi pare che il discorso ontologico, come se fosse metafisico, con buona pace di kant, non possa che portare a questa forzatura.

Nondimeno, anche se fosse il discorso di Severino e non il discorso della Filosofia, rimane da leggere URGENTEMENTE.  ;)




PS.

Phil ma tu credi che l'ancoraggio al reale sia dato dalla scienza? Sicuramente ne avermo anche parlato, giusto un refresh di pagina  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

ancora per 0xdeadbeef

Per tornare alla tua domanda nello specifico.

Credo che il tuo interesse sia di tipo formale.

Ecco tu ti chiedi come fece Platone con Parmenide, come si possa scambiare il contraddittorio come TUTTO, o come NULLA.

Per Platone se a non è b, non è che b allora è niente....semplicemente b sarà ALTRO, ossia un C etc.... (il famoso parricidio di platone)

Il punto però è proprio nel fatto che mentre per Platone e in generale per la scienza la realtà è una descrizione della realtà.
Per Parmenide e per Severino, la realtà è l'unica verità.
Ossia è la verità dell'esistere.

l'analisi del canone occidentale è l'analisi del destino di PRESUNZIONE dell'umanitò

Scambiare il dito che la indica, con la LUNA è quello l'errore. (banale, ormai passato alla saggezza popolare).

La doxa, è la presunzione di poter indicare.

Non è che non parli della doxa Severino, anzi....sulla scorta di heidegger, anch'egli fa notare come la scienza si impronti ad essere una sostituzione teologica, in NOME del suo potere distruttivo, di far divenire una cosa, un'altra cosa.

Severino non si sofferma tanto sulla tecnica, pur essendo un appassionato di matematica e fisica.
Quanto sulle motivazioni che la tecnica porta con sè.


Il discorso degli esistenti infiniti, viene sostituito dall'ossessione annichilente, che vede a non essere b, come una sfida, per la tecnica A deve essere B. Il vivo può essere il morto.
E il morto può essere il vivo. E' questo che lo informa.

Dunque vi è un discorso che va ben oltre il formalismo.
















Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

@Oxdeadbeef
La mia perplessità riguarda, come accennavo, il tema dell'identità dell'ente: per parlare della sua (auto)evidenza logica (A=A) e addirittura della sua eternità (che è una "parolaccia filosofica", nel mio modesto vocabolario) dobbiamo dare per scontato cosa sia "A", saltando gaiamente a piè pari l'arbitrarietà, su cui invece inciampa ogni definizione che si presenti come assoluta.
Ad esempio, vorrei chiedere al filosofo, il Severino-bambino non è diventato il Severino-adulto? Stando alla sua proposta (se non l'ho fraintesa), direi di no: ci sono tanti "Severini" eterni per ogni stadio della sua crescita; o meglio, per ciò che dall'esterno viene erroneamente inteso come cambiamento costante, divenire, dell'ente Severino-uomo.
Tuttavia il punto è: come identificare tali "Severini" eterni e non mutevoli? Ce n'è uno per ogni anno o per ogni secondo o per ogni settimana... il Severino che si è laureato non è lo stesso di quello che ha scritto il suo primo libro? Quanti Severini eternamente tali ci sono? Lui che ha vissuto in prima persona, in un unico flusso di coscienza (suppongo), tutti questi Severini ("attraversandoli"?) è dunque la risultante "trasversale" di una vita che interseca tutte quelle eternità o solo un "trompe l'oeil" prospettico di noi che lo osserviamo da fuori?
La sua ontologia, cercando un logicismo granitico, forse diventa impraticabile; un'opera d'arte museale: bella a prescindere dalla sua funzionalità (personalmente, preferisco la "filosofia design", bella ma anche minimamente fruibile).


@green demetr
L'estetica è una forma di semantica, ovvero solo un uso peculiare di un linguaggio che si affranca da certi tipi di condizionamento (v. le famigerate "licenze poetiche" in barba all'uso della lingua standard) per indugiare su altri lidi (l'onirico, il sinestetico, il simbolico-surreale, l'emozionale etc.). Per cui, secondo me, nel "doppio fondo" di ogni filosofia teoretica c'è sempre, clandestinamente, un'estetica...

L'ancoraggio al "reale" (non a caso lo scrissi già fra virgolette) è un falso problema: è il gettare l'ancora che (con)ferma il "reale", non il "reale" a (con)fermare l'ancora... ogni sguardo rivolto al supposto "reale" lo informa secondo le modalità proprie dello sguardo medesimo (ecco l'aporeticità dell'analitica dell'esistenza). 
Quindi, certo, la scienza per qualcuno può essere la migliore àncora (l'ancòra della ripetizione sperimentabile e verificabile); per altri l'ancoraggio sarà quello della religione (l'ancora non ha per caso anche la forma di una croce?); per altri l'ancoraggio è quello aptico dei sensi, per altri quello del senso esistenziale, e così via in altri orizzonti...

Ciò nonostante, affermando che l'estetica "non è tenuta a dar conto dell'ancoraggio al cosiddetto "reale""(autocit.), intendo che, come nel caso di Severino, si possono tratteggiare anche scenari contro-intuitivi contro-esperenziali e persino disfunzionali, senza che la loro legittimità estetica venga meno (come nel caso di una realtà fatta dal muto fiancheggiarsi di enti immobili ed eterni... muto perché il suono è vibrazione, e la vibrazione è flusso, divenire...).


P.s.
Penso che l'ancoraggio sia comunque un gesto tanto inevitabile quanto "intimo"; come diceva Canguilhem: "Cosa sia il mondo effettivamente - questa questione che meno di ogni altra può essere risolta è tuttavia anche quella che non può mai essere lasciata irrisolta e perciò sempre decisa".

bobmax

Ritengo che l'essenza della filosofia di Severino sia stata esposta una volta per tutte in "Ritornare a Parmenide" del 1964 (poi riproposto in "Essenza del nichilismo" del 1972). Senza che ne siano poi seguite significative evoluzioni, nonostante questa sua idea appaia a mio avviso monca e necessaria di approfondimenti.
Invano ho cercato, sia nei suoi saggi successivi sia alle sue conferenze, un passo avanti. Ho avuto modo di interloquire con il filosofo in più occasioni, ogni volta trovandolo ancorato al parmenideo "l'essere è, il non essere non è".
Suo merito, a mio parere, è di aver identificato nella fede nel divenire l'origine del nichilismo e mostrato come le religioni consistano essenzialmente in rimedi all'angoscia esistenziale che ne deriva.
Tuttavia, come osserva Nietzsche: «V'è qualcosa di arbitrario nel fatto che "costui" si sia arrestato "qui", abbia rivolto lo sguardo indietro e intorno a sé, non abbia, "qui", scavato più profondamente e abbia messo in disparte la vanga - c'è pure qualcosa di sospetto in tutto ciò».

Non è infatti solo il divenire a dover essere messo in discussione, è necessario affrontare anche il molteplice. Ossia l'oggettività in sé.
Ed è proprio il molteplice, inteso come oggettività in sé, ciò che i paradossi di Zenone vogliono contestare.
La freccia, raggiunge il bersaglio, solo perché la freccia, intesa come oggetto distinto da tutto il resto, non esiste. Non vi sono oggetti distinti che mutano con il divenire. Se lo fossero, il movimento sarebbe impossibile. Non esiste la freccia, il bersaglio, lo spazio tra i due, come cose in sé. Ciò che davvero esiste è l'Evento: "freccia che raggiunge il bersaglio" da intendersi nella sua interezza. La scomposizione che razionalmente facciamo è utile, ma non è la verità.
Di modo che non vi è alcun "essente" che nasce dal nulla o torna nel nulla, perché nessun "essente" mai davvero è.

D'altronde Parmenide parla dell'Uno. Ma il fatto stesso di affermare: "l'essere è, il non essere non è" non è la reazione ad una caduta già avvenuta? Giacché nel nostro mondo, che è esserci, l'essere è solo ciò che si oppone al nulla.
Cioè con "essere" intendiamo ciò "c'è", mentre con "nulla" intendiamo semplicemente il non esserci di ciò che potrebbe invece esserci.
Ossia questo è un essere relativo, relativo al nulla.
Che non ha niente a che vedere con l'Essere inteso come l'Assoluto!
Confondiamo perciò l'Essere con l'esserci.
Mentre riguardo all'Essere niente sappiamo. Al punto che è impossibile distinguerlo dal Nulla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

paul11

ciao Mauro.
.oltre al topic indicato da Phil ,nel vecchio forum se ne discusse a lungo.
fra l'altro posi lo stesso dilemma di Phil: se il divenire fossero infiniti fotogrammi di istantanee quale sarebbe l'identità di una persona?

Mi sono persino dilettato a studiare un libro di logica dialettica, che non è quella formale "ordinaria".
Essendo contraddittoria la negazione del principio di identità, tutto si svolge in manifestazioni degli essenti "in negativo", fino alla negazione della negazione.

il vero problema filosofico  è che tutti  i grandi filosofi moderni cercano gli elementi contraddittori nella filosofia greca classica per spiegare gli elementi contraddittori che si dispiegano nella cultura moderna e contemporanea, da Nietzsche ad Heidegger, da Severino ad Agamben; ognuno alla sua maniera, indicando quel filosofo piuttosto che un'altro,quel concetto piuttosto che un altro  il "colpevole".

quando il forum sortirà finalmente con un topic che toccherà gli elementi costitutivi del fondamento della cultura occidentale, come ad esempio "atto e potenza" in Aristotele( e penso che Severino si rivolga propri o a questo come "colpevole" nel suo modo di pensare) allora.............ci sarà un salto di qualità

saluti

0xdeadbeef

#10
Ringrazio tutti voi delle gentili e interessanti risposte.
In effetti, come ben dice l'amico "Bobmax", trovo anch'io che Severino si ripeta continuamente, senza offrire nessun nuovo
spunto di riflessione; nessun "in altre parole" che meglio chiarisca certi suoi criptici concetti (criptici, beninteso, non
solo al "volgo" ma anche a fior di pensatori...).
Ed è un vero peccato, perchè personalmente ritengo Severino filosofo di prima grandezza; e certo questa sua, diciamo,
"problematica comprensione" non giova, prima che al resto, alla sua stessa statura di intellettuale.
Dunque, Severino "parte" con l'affermazione che la negazione dell'esser-sè dell'essente è "autonegazione" (mi pare che,
pur se in scandalosa sintesi, a questo possa ridursi la "struttura originaria").
Dunque siamo ancora ("ancorati", come dice Bobmax) a Parmenide, mi pare evidente.
Senonchè l'enunciazione parmenidea, come del resto quella di Severino, è null'altro che il principio di non contraddizione
da cui è stato espunto il tempo (che invece fa la sua comparsa nell'enunciazione di Aristotele).
Ed è proprio la mancanza del tempo, trovo, che permette a Severino di affermare, nella struttura originaria, l'eternità
dell'essente.
Ma che fine fa il tempo nella filosofia di Severino? Questo il filosofo non ce lo dice. O almeno, trovo, non ce lo dice
in maniera esauriente, limitandosi alla continua ripetizione degli stessi enunciati.
Il tempo, presumo, fa la medesima "fine" di ogni essente (cioè: esistendo solo l'eternità esso non esiste, è nulla)?
Cioè ancora, il tempo "appare" solo nell'orizzonte della "terra isolata dal destino"? E su quale base si afferma tutto
questo?
Insomma, trovo che il problema fondamentale, nella filosofia di Severino, sia proprio questo del tempo.
Ma il problema del tempo è, evidentemente, il problema del divenire (che per Severino è l'apparire e lo scomparire
dell'essente nell'orizzonte degli eterni - cioè, Severino non nega tanto il divenire; nega che il divenire avvenga in una
unica dimensione temporale - egli comunque si riferisce al divenire come a un "compimento").
Ebbene, come spiega questa ipotesi, questa congettura (e per me è già un eufemismo definirla tale...), che porta
dritti a teorizzare una serie infinita di universi paralleli nei quali ogni attimo è conservato?
Non certo, presumo, con la struttura originaria o il principio di non contraddizione depurato del tempo...
A questo punto dovremmo probabilmente cominciare a parlare della "contraddizione C", nella quale egli ipotizza
una distinzione fra forma e contenuto; distinzione in cui non è impossibile intravedere (e qualcuno lo ha già fatto),
diciamo, "contaminazioni" da parte della metafisica "classica" (pur se Severino tiene ferma l'eternità di ogni essente).

saluti

green demetr

Citazione di: Phil il 05 Giugno 2018, 10:05:58 AM
@Oxdeadbeef
La mia perplessità riguarda, come accennavo, il tema dell'identità dell'ente: per parlare della sua (auto)evidenza logica (A=A) e addirittura della sua eternità (che è una "parolaccia filosofica", nel mio modesto vocabolario) dobbiamo dare per scontato cosa sia "A", saltando gaiamente a piè pari l'arbitrarietà, su cui invece inciampa ogni definizione che si presenti come assoluta.
Ad esempio, vorrei chiedere al filosofo, il Severino-bambino non è diventato il Severino-adulto? Stando alla sua proposta (se non l'ho fraintesa), direi di no: ci sono tanti "Severini" eterni per ogni stadio della sua crescita; o meglio, per ciò che dall'esterno viene erroneamente inteso come cambiamento costante, divenire, dell'ente Severino-uomo.
Tuttavia il punto è: come identificare tali "Severini" eterni e non mutevoli? Ce n'è uno per ogni anno o per ogni secondo o per ogni settimana... il Severino che si è laureato non è lo stesso di quello che ha scritto il suo primo libro? Quanti Severini eternamente tali ci sono? Lui che ha vissuto in prima persona, in un unico flusso di coscienza (suppongo), tutti questi Severini ("attraversandoli"?) è dunque la risultante "trasversale" di una vita che interseca tutte quelle eternità o solo un "trompe l'oeil" prospettico di noi che lo osserviamo da fuori?
La sua ontologia, cercando un logicismo granitico, forse diventa impraticabile; un'opera d'arte museale: bella a prescindere dalla sua funzionalità (personalmente, preferisco la "filosofia design", bella ma anche minimamente fruibile).


@green demetr
L'estetica è una forma di semantica, ovvero solo un uso peculiare di un linguaggio che si affranca da certi tipi di condizionamento (v. le famigerate "licenze poetiche" in barba all'uso della lingua standard) per indugiare su altri lidi (l'onirico, il sinestetico, il simbolico-surreale, l'emozionale etc.). Per cui, secondo me, nel "doppio fondo" di ogni filosofia teoretica c'è sempre, clandestinamente, un'estetica...

L'ancoraggio al "reale" (non a caso lo scrissi già fra virgolette) è un falso problema: è il gettare l'ancora che (con)ferma il "reale", non il "reale" a (con)fermare l'ancora... ogni sguardo rivolto al supposto "reale" lo informa secondo le modalità proprie dello sguardo medesimo (ecco l'aporeticità dell'analitica dell'esistenza).
Quindi, certo, la scienza per qualcuno può essere la migliore àncora (l'ancòra della ripetizione sperimentabile e verificabile); per altri l'ancoraggio sarà quello della religione (l'ancora non ha per caso anche la forma di una croce?); per altri l'ancoraggio è quello aptico dei sensi, per altri quello del senso esistenziale, e così via in altri orizzonti...

Ciò nonostante, affermando che l'estetica "non è tenuta a dar conto dell'ancoraggio al cosiddetto "reale""(autocit.), intendo che, come nel caso di Severino, si possono tratteggiare anche scenari contro-intuitivi contro-esperenziali e persino disfunzionali, senza che la loro legittimità estetica venga meno (come nel caso di una realtà fatta dal muto fiancheggiarsi di enti immobili ed eterni... muto perché il suono è vibrazione, e la vibrazione è flusso, divenire...).


P.s.
Penso che l'ancoraggio sia comunque un gesto tanto inevitabile quanto "intimo"; come diceva Canguilhem: "Cosa sia il mondo effettivamente - questa questione che meno di ogni altra può essere risolta è tuttavia anche quella che non può mai essere lasciata irrisolta e perciò sempre decisa".


Ottimo refresh direi  :D

Sono d'accordo su tutto, in effetti, ogni discorso teoretico (in questo senso, al di là dunque del vissuto e delle sue forme) si dà essenzialmente come estetico.

Chiaramente è qualcosa di strutturale, ed è proprio perchè è mera presunzione, che allora il discorso sul reale, se vuole rimanere tale al suo fondamento, non può che essere esistenza.

Per rispondere ai tuoi dubbi espressi a Mauro, capirai ben presto che il soggetto, è proprio questa estetica, questo auto-racconto, come ha scritto nel suo libro: il ricordo dei miei eterni.

Ma questo ricordo è falso, nel senso che è una interpretazione del reale.

Il reale per come poterlo intenderlo è ovviamente solo del qui e ora, ossia dell'esistente.

(ma l'idea del qui e ora, è comunque una estetica).

Seguendo dunque l'interpretazione del Canguilhem, per Severino la "decisione" è quella che effettua la filosofia quando con Parmenide distingue tra Verità e opinione.

Questa decisione per Severino è la Filosofia. L'unica che possa dar conto degli eterni.
Proprio perchè è l'unica a smascherarne la pretesa estetica.  ;)

Complimenti amico mio  ;)

Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

#12
Citazione di: bobmax il 05 Giugno 2018, 14:20:35 PM
Ritengo che l'essenza della filosofia di Severino sia stata esposta una volta per tutte in "Ritornare a Parmenide" del 1964 (poi riproposto in "Essenza del nichilismo" del 1972). Senza che ne siano poi seguite significative evoluzioni, nonostante questa sua idea appaia a mio avviso monca e necessaria di approfondimenti.
Invano ho cercato, sia nei suoi saggi successivi sia alle sue conferenze, un passo avanti. Ho avuto modo di interloquire con il filosofo in più occasioni, ogni volta trovandolo ancorato al parmenideo "l'essere è, il non essere non è".
Suo merito, a mio parere, è di aver identificato nella fede nel divenire l'origine del nichilismo e mostrato come le religioni consistano essenzialmente in rimedi all'angoscia esistenziale che ne deriva.
Tuttavia, come osserva Nietzsche: «V'è qualcosa di arbitrario nel fatto che "costui" si sia arrestato "qui", abbia rivolto lo sguardo indietro e intorno a sé, non abbia, "qui", scavato più profondamente e abbia messo in disparte la vanga - c'è pure qualcosa di sospetto in tutto ciò».

Non è infatti solo il divenire a dover essere messo in discussione, è necessario affrontare anche il molteplice. Ossia l'oggettività in sé.
Ed è proprio il molteplice, inteso come oggettività in sé, ciò che i paradossi di Zenone vogliono contestare.
La freccia, raggiunge il bersaglio, solo perché la freccia, intesa come oggetto distinto da tutto il resto, non esiste. Non vi sono oggetti distinti che mutano con il divenire. Se lo fossero, il movimento sarebbe impossibile. Non esiste la freccia, il bersaglio, lo spazio tra i due, come cose in sé. Ciò che davvero esiste è l'Evento: "freccia che raggiunge il bersaglio" da intendersi nella sua interezza. La scomposizione che razionalmente facciamo è utile, ma non è la verità.
Di modo che non vi è alcun "essente" che nasce dal nulla o torna nel nulla, perché nessun "essente" mai davvero è.

D'altronde Parmenide parla dell'Uno. Ma il fatto stesso di affermare: "l'essere è, il non essere non è" non è la reazione ad una caduta già avvenuta? Giacché nel nostro mondo, che è esserci, l'essere è solo ciò che si oppone al nulla.
Cioè con "essere" intendiamo ciò "c'è", mentre con "nulla" intendiamo semplicemente il non esserci di ciò che potrebbe invece esserci.
Ossia questo è un essere relativo, relativo al nulla.
Che non ha niente a che vedere con l'Essere inteso come l'Assoluto!
Confondiamo perciò l'Essere con l'esserci.
Mentre riguardo all'Essere niente sappiamo. Al punto che è impossibile distinguerlo dal Nulla.


Non so dirti se effettivamente ci sia un proseguio alla sua filosofia.
Lui dice di sì. E gli credo.

Purtroppo a differenza di Sini non l'ho mai incontrato dal vivo.

Mi pare che nel tuo intervento distingui tra nulla, essere ed assoluto.

Sono d'accordo.

Mi sembra che sei abbastanza vicino nel capire Severino e nello stesso tempo, sei ancora lontanissimo, per via del tuo giudizio.


Sei vicino perchè capisci che l'essere non possiamo vederlo, nè tantomeno esperirlo.

Il punto è che c'è una sottile distinzione, ma che fa la differenza tra quello che descrivi come essere, e quello che potrebbe benissimo essere la cosa in sè kantiana.

Ma l'Essere non è una questione della forma.

A mio parere devi ragionare su questo, a fondo.

Infatti Severino capisce benissimo che si potrebbe travisare l'essere come nulla.

Come? Ribaltando PROPRIO il concetto di assoluto.

La dissoluzione, è proprio il DESTINO del canone occidentale, lo ha capito Hegel, Heidegger e Nietzche ovviamente, gli altri proprio no.

E ora si aggiunge Severino.

L'idea di Severino è semplice e rivoluzionaria, ed è l'unica che io sappia a porre un nuovo modo di intendere il canone occidentale.

Come follia.

Ma la follia è abitata da fantasmi, si tratta di rinsavire (salvezza, liberazione dai fantasmi).

E per rinsavire Severino fa notare come noi già da sempre NON SIAMO IL NOSTRO FANTASMA.

Per recuperare la nostra dimensione salvifica dunque dobbiamo esattamente sacrificare il nostro DIO. Ossia se sei intelligente, e mi par di ben sperare, che sì lo sei, l'ASSOLUTO.


Sacrificando l'ASSOLUTO, dovremmo essere in grado di leggere la GLORIA, suppongo, ma ripeto non ho letto, nemmeno i primi 2 libri che citi, sia questo il suo disegno RIVOLUZIONARIO.

Certo fin quando rimaniamo nell'ontologia non ne usciremo MAI.


Ma d'altronde scusami BOBMAX, l'ASSOLUTO mica crederai che sia una ONTOLOGIA? (questo nel caso ti avessi sopravvalutato  ;)   )


PS per dire qualcosa d'altro: io rimango con Hegel, Heidegger e sopratutto Nietzche, che invece l'Assoluto non solo NON si deve sacrificare, ma si deve INDAGARE DESTINALMENTE.
Che poi la Gloria si affianchi come indagine, a mio parere va bene, ma pensare che la gloria non sia INGHIOTTITA dall'ABISSO è pura superstizione.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: paul11 il 05 Giugno 2018, 15:16:36 PM
ciao Mauro.
.oltre al topic indicato da Phil ,nel vecchio forum se ne discusse a lungo.
fra l'altro posi lo stesso dilemma di Phil: se il divenire fossero infiniti fotogrammi di istantanee quale sarebbe l'identità di una persona?

Mi sono persino dilettato a studiare un libro di logica dialettica, che non è quella formale "ordinaria".
Essendo contraddittoria la negazione del principio di identità, tutto si svolge in manifestazioni degli essenti "in negativo", fino alla negazione della negazione.

il vero problema filosofico  è che tutti  i grandi filosofi moderni cercano gli elementi contraddittori nella filosofia greca classica per spiegare gli elementi contraddittori che si dispiegano nella cultura moderna e contemporanea, da Nietzsche ad Heidegger, da Severino ad Agamben; ognuno alla sua maniera, indicando quel filosofo piuttosto che un'altro,quel concetto piuttosto che un altro  il "colpevole".

quando il forum sortirà finalmente con un topic che toccherà gli elementi costitutivi del fondamento della cultura occidentale, come ad esempio "atto e potenza" in Aristotele( e penso che Severino si rivolga propri o a questo come "colpevole" nel suo modo di pensare) allora.............ci sarà un salto di qualità

saluti

Non ricordo di cosa avessimo detto, mi piace il discorso contemporaneo, ormai quelli sono eterni passati  ;)

In che senso quando il forum farà un salto qualitativo sul fondamento, fra atto e potenza?

Comunque come ho detto sopra a BOBMAX, ovviamente l'identità è una forma ingannevole.

A=A l'identico non HA MAI voluto dire niente.

Non esiste AUTO-REFERENZIALITA'.

Quando quest'anno ho scoperto che in Hegel (grazie a un prof) l'auto-coscienza, era una coscienza che si poneva, e non che si riferiva a se stessa: Ho fatto un sospiro di sollievo.

Identità....eh già si tratta di discuterne per benino.






Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: 0xdeadbeef il 06 Giugno 2018, 10:25:42 AM
Ringrazio tutti voi delle gentili e interessanti risposte.
In effetti, come ben dice l'amico "Bobmax", trovo anch'io che Severino si ripeta continuamente, senza offrire nessun nuovo
spunto di riflessione; nessun "in altre parole" che meglio chiarisca certi suoi criptici concetti (criptici, beninteso, non
solo al "volgo" ma anche a fior di pensatori...).
Ed è un vero peccato, perchè personalmente ritengo Severino filosofo di prima grandezza; e certo questa sua, diciamo,
"problematica comprensione" non giova, prima che al resto, alla sua stessa statura di intellettuale.
Dunque, Severino "parte" con l'affermazione che la negazione dell'esser-sè dell'essente è "autonegazione" (mi pare che,
pur se in scandalosa sintesi, a questo possa ridursi la "struttura originaria").
Dunque siamo ancora ("ancorati", come dice Bobmax) a Parmenide, mi pare evidente.
Senonchè l'enunciazione parmenidea, come del resto quella di Severino, è null'altro che il principio di non contraddizione
da cui è stato espunto il tempo (che invece fa la sua comparsa nell'enunciazione di Aristotele).
Ed è proprio la mancanza del tempo, trovo, che permette a Severino di affermare, nella struttura originaria, l'eternità
dell'essente.
Ma che fine fa il tempo nella filosofia di Severino? Questo il filosofo non ce lo dice. O almeno, trovo, non ce lo dice
in maniera esauriente, limitandosi alla continua ripetizione degli stessi enunciati.
Il tempo, presumo, fa la medesima "fine" di ogni essente (cioè: esistendo solo l'eternità esso non esiste, è nulla)?
Cioè ancora, il tempo "appare" solo nell'orizzonte della "terra isolata dal destino"? E su quale base si afferma tutto
questo?
Insomma, trovo che il problema fondamentale, nella filosofia di Severino, sia proprio questo del tempo.
Ma il problema del tempo è, evidentemente, il problema del divenire (che per Severino è l'apparire e lo scomparire
dell'essente nell'orizzonte degli eterni - cioè, Severino non nega tanto il divenire; nega che il divenire avvenga in una
unica dimensione temporale - egli comunque si riferisce al divenire come a un "compimento").
Ebbene, come spiega questa ipotesi, questa congettura (e per me è già un eufemismo definirla tale...), che porta
dritti a teorizzare una serie infinita di universi paralleli nei quali ogni attimo è conservato?
Non certo, presumo, con la struttura originaria o il principio di non contraddizione depurato del tempo...
A questo punto dovremmo probabilmente cominciare a parlare della "contraddizione C", nella quale egli ipotizza
una distinzione fra forma e contenuto; distinzione in cui non è impossibile intravedere (e qualcuno lo ha già fatto),
diciamo, "contaminazioni" da parte della metafisica "classica" (pur se Severino tiene ferma l'eternità di ogni essente).

saluti

Esatto l'esistente che si dice esistente non esiste come esistente, ma come soggetto.
Perfetto Mauro! (anche se non ti piace a quanto mi par di aver capito  ;)  )


Sì ora ricordo, nel vecchio forum eravamo rimasti proprio su questa questione del tempo.

Anche secondo me, se Severino fosse Severino, dovrebbe giugere alla conclusione che il tempo è una illusione.

Ma Maral, ricordo che ci aveva detto che invece lo considerava al pari degli altri eterni.

E in effetti questa cosa nelle discussioni non viene mai fuori!  :(

Possibile che non ci sia mai stato nessuno a fargliela notare?

Perchè se il tempo fosse un esistente, un ente, dunque dovrebbe dirci di che genere è.

Siccome ha usato spesso Einstein come esempio, molti hanno pensato che si riferisse al tempo Einsteniano.

Ma lui stesso QUEST'ANNO ci ha tenuto a dire che NON é così, e che anzi lui NON CREDE minimamente al tempo einsteniano.

Al che io non ci capisco più niente.

Perchè o vogliamo dire che esiste un tempo che è SOLO PRESENTE, o per quel che mi riguarda, ANCHE usando la contraddizione C, ossia che l'idea del tempo, non è il tempo.

Che cosa è il tempo, rimane come domanda inaggirabile.

Infatti come stavolta molto giustamente dici tu Mauro, il tempo è anche il passato e il futuro....

Non saprei, lui Severino dice di averlo scritto. ( e perchè nessuno capisce  ;D  )

Se qualcuno tipo BOBMAX mi conferma che egli intende solo il presente, bene, sennò ne riparliamo tra qualche anno ancora.

(ci voleva una bella rinfrescata di commenti comunque  :D  )
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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