Dio può esistere ed essere però malvagio o peggio indifferente?

Aperto da Socrate78, 02 Ottobre 2017, 19:45:22 PM

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Sariputra

CitazioneLa radice pensa: "io sono intelligente, stupidi rami: la polvere e la terra sono pieni, il cielo è vuoto." R.Tagore da Sfulingo https://www.youtube.com/watch?v=aLDLpqZdhX0


Sari: ma questa poesia è un modo per dire che noi (la radice) non possiamo capire le "cose celesti" (il cielo)? In sostanza per Tagore la Teodicea si risolve in modo simile a quello cristiano, ossia accettare il "Mistero". Ha senso la mia interpretazione?

Io la vedo così l'interpretazione: La radice ( gli uomini) ritenendosi intelligenti  credono che il mondo che li avvolge ( polvere e terra) sia l'unica cosa esistente e negano che il tronco che da loro stessi sorge sbuca dalla terra e va verso il cielo , ritenendo che sia inutile andare (verso il cielo) in quanto vuoto ( privo di reale esistenza) quando invece, se lo facessero, si accorgerebbero che questo cielo vuoto permette la vita dell'albero e la sua bellezza che si protende verso l'Alto. Ossia ritorna il dilemma: Può qualcosa di finito ( l'intelligenza/radice) capire qualcosa di infinito? (della serie: Giobbe che stai a dì? Come pretende l'argilla giudicare il lavoro dell'abile vasaio? E lasciami lavorare!...).
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Grazie Sari  ;) come interpretazione direi che anche io la vedo così. Chissà il buon Tagore a cosa stava pensando  ;D



D'altronde per il problema della teodicea in fin dei conti alla fine si arriva a cercare di smettere di chiedere "perchè?". Ma come la Weil curiosamente dice in un'altra domanda attribuita a lei: "chi parlerebbe di Dio se non ci fosse il male?::)  vabbeh però in fin dei conti sto facendo come Giobbe. Meglio lasciar lavorare il vasaio ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 04 Ottobre 2017, 20:06:03 PM
Grazie Sari  ;) come interpretazione direi che anche io la vedo così. Chissà il buon Tagore a cosa stava pensando  ;D



D'altronde per il problema della teodicea in fin dei conti alla fine si arriva a cercare di smettere di chiedere "perchè?". Ma come la Weil curiosamente dice in un'altra domanda attribuita a lei: "chi parlerebbe di Dio se non ci fosse il male?"  ::)  vabbeh però in fin dei conti sto facendo come Giobbe. Meglio lasciar lavorare il vasaio ;D
CitazioneMa se per credere al vasaio si devono ammettere tante contraddizioni (dette "misteri"), allora personalmente, essendo razioanalista, preferisco credere che non c' é nessun vasaio.

Phil

Citazione di: Sariputra il 04 Ottobre 2017, 15:06:10 PM
La radice pensa: "io sono intelligente,
stupidi rami:
la polvere e la terra sono pieni,
il cielo è vuoto."

R.Tagore da Sfulingo


https://www.youtube.com/watch?v=aLDLpqZdhX0

Il ramo pensa: "io sono intelligente,
stupide radici:
la polvere e la terra sono sporche,
l'aria è pura"
;)


Sariputra

Citazione di: Phil il 04 Ottobre 2017, 21:30:57 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Ottobre 2017, 15:06:10 PMLa radice pensa: "io sono intelligente, stupidi rami: la polvere e la terra sono pieni, il cielo è vuoto." R.Tagore da Sfulingo https://www.youtube.com/watch?v=aLDLpqZdhX0
Il ramo pensa: "io sono intelligente, stupide radici: la polvere e la terra sono sporche, l'aria è pura" ;)

I rami pensano."Noi siamo stupidi,
ma abbiamo questa radice intelligente:
che con il suo umile lavoro,
ci nutre e ci sostiene, così che
possiamo ammirare questo vuoto cielo
terribile ma meraviglioso."
;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Il tronco pensa: "nutrito e sorretto da stupide radici, 
sostengo e innalzo stupidi rami; 
sarei uno stupido a chiedermi 
se sia stupido essere un tronco..."
:)

Apeiron

#21
Sgiombo, non era mia intenzione convertirti. La mia era solo un cercare di vedere il problema da un altro punto di vista.
Concordo con te che ovviamente andando di "misteri" alla fine si crede a tutto, questo il problema. Vedi tra l'altro il problema tra i credenti stessi. Ci sono vari modi e motivi per cui credere... e per cui non credere ::) non a caso per esempio alcuni prendono solo il significato letterale mentre la maggior parte no. Idem alcuni non credenti, non credono per le ragioni per cui non credono altri.
Ergo in fin dei conti: "La vita può educarci a credere in Dio...esperienze, pensieri - la vita può imporci quel concetto in noi" (Wittgenstein). D'altronde non tutti nella vita hanno le stesse esperienze, lo stesso condizionamento sociale ecc  ;)

Oppure il tronco pensa: "nutrito e sorretto da stupide radici,
sostengo e innalzo stupidi rami;
sarei uno stupido a non essere felice
che posso conoscere
ciò che conoscono gli stupidi rami
e la stupida radice"    :D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

baylham

Citazione di: Socrate78 il 02 Ottobre 2017, 19:45:22 PM
Come mai la quasi totalità delle religioni e molte filosofie hanno creduto nel fatto che l'essenza del mondo, rappresentata da Dio o da un'energia primordiale, sia positiva ed obbedisca all'Amore?

Fondamentalmente qualunque azione (o inazione) è spinta o rivolta verso il meglio, il bene, il giusto. Questa è la ragione dell'ottimismo, della positività dell'azione (o dell'inazione). Anche il pessimismo spinge o rivolge verso il meno peggio.

Questa logica è quindi ineliminabile da qualunque aspetto esistenziale umano, religioso, sociale, politico od economico che sia.

Se Dio esiste significa che è una parte del tutto. Che il bene, il giusto di Dio non coincida con il bene degli uomini è ovvio. Tuttavia né l'ipotetico Dio né gli uomini conoscono che cosa sia il bene, il giusto. Per fortuna la vita è misteriosa.

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 05 Ottobre 2017, 09:02:50 AM
Sgiombo, non era mia intenzione convertirti. La mia era solo un cercare di vedere il problema da un altro punto di vista.
Concordo con te che ovviamente andando di "misteri" alla fine si crede a tutto, questo il problema. Vedi tra l'altro il problema tra i credenti stessi. Ci sono vari modi e motivi per cui credere... e per cui non credere ::) non a caso per esempio alcuni prendono solo il significato letterale mentre la maggior parte no. Idem alcuni non credenti, non credono per le ragioni per cui non credono altri.
Ergo in fin dei conti: "La vita può educarci a credere in Dio...esperienze, pensieri - la vita può imporci quel concetto in noi" (Wittgenstein). D'altronde non tutti nella vita hanno le stesse esperienze, lo stesso condizionamento sociale ecc  ;)

CitazioneNemmeno io presumevo di convincere te, semplicemente giustapponevo la mia scelta razionalistica alla tua

Phil

La foglia pensa: "che stupidi che sono
rami, tronco e radici
a bearsi della loro crescita;
io duro una sola stagione,
ma è il mio caduco sacrificio
ad "unire" i rami alle radici
nel ciclo della vita: 
quando morirò come foglia,
ai piedi dell'albero,
diventerò nutrimento
e così mi reincarnerò
in una nuova foglia...
radici, tronco e rami
sono solo vuote gallerie
per il mio viaggio..."


P.s.
Che sia una foglia buddista?  ;)

P.p.s.
Provo a salvarmi dall'off topic considerando che, metaforicamente, Dio potrebbe dunque essere il giardiniere (e noi non siamo nel giardino, siamo il giardino); magari imbranato, magari cinico sperimentatore, magari premuroso, magari svogliato... ma nel nostro essere d'un altro "regno", non possiamo capire quale sia (e "quanto" sia) il suo ruolo nel giardino (magari sta dormendo, e quando si sveglierà si accorgerà che c'è un bel po' da risistemare... come quando si dimenticò per un po' di annaffiare, e poi dovette rimediare con un vero diluvio...  ;D ).

giona2068

Non condivido tutto ma solo in parte  quello che è stato scritto, in ogni caso lo trovo logico nel senso che rispetta i presupposti iniziali. 
Proviamo ora a rifare il percorso partendo dal fatto che l'uomo,  il quale  si dibatte fra tante difficoltà e non trova amorevole ciò che lo circonda e/o deve subire, è esattamente lo stesso uomo che non ha rispettato la legge datagli dal suo Creatore.
Forse le conclusioni saranno diverse!

Apeiron

#26
Per @sgiombo
Faccio solo un appunto: rispetto le posizioni che ho citato (per come sono riuscite a capirle io) ma non coincidono con la mia "visione delle cose" (che più o meno è quella del Sari  ;) e ancora in evoluzione). Rimarco ancora che:
1) i nostri concetti hanno un campo di validità limitato, quindi l'argomento per cui "c'è tanto male nel mondo, ergo..." non dimostra niente;
2) la questione è molto più complessa di quello che sembra - ovviamente si deve "ammettere" che la "realtà" è per così dire "più densa" di quello che sembra (si potrebbe fare un argomento molto esteso su come le varie filosofie trattano il problema del male - e ci sono devo dire somiglianze talvolta sorprendenti. Per esempio in alcune filosofie orientali non si può parlare di "teodicea" visto che non si ha a che fare con un Dio Personale ma resta comunque un qualcosa di simile alla "caduta"...). Riguardo alla "densità/complessità" della realtà ho accennato qualcosa in questi argomenti: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/ateismo-e-proiezione-umana-di-dio/ e https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/buddhismo/ (in particolare da fine di pagina 4 in poi). Anche se ovviamente l'argomento non è veramente approfondito, ma è in forma per così dire di "spunti"  ;) .
3) un'analisi filosofica del problema del male con la sola premessa (ossia senza caratterizzare come è avvenuto la Creazione, cosa è avvenuto dopo, come siamo arrivati qua ecc) "Dio è buono e ha creato il mondo" a causa del punto (1) non può arrivare ad una conclusione in un senso o nell'altro. Ovviamente se rigetti la validità di (1) (e di (2)) allora è chiaro che l'argomento della teodicea diventa molto più forte. Così come è altrettanto ovvio che se aumenti il numero di premesse il risultato è ben diverso.

Per quanto riguarda la frase enigmatica attribuita alla Weil (anche se non sono riuscito a trovare la fonte ancora) secondo cui "se non ci fosse il male non si parlerebbe di Dio" - io la interpreto così: noi vediamo il male come "male" perchè...ecc

(rispetto comunque il tuo punto di vista non fraintendermi)

P.S. Non so sgiombo se hai visto il film "Arrival", te lo consiglio. Tratta la difficoltà di comunicare e di interpretare linguaggi diversi da quello umano, quindi per certi versi mi pare in tema.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

iano

Dio può essere indifferente o malvagio verso il singolo.
Lo stesso si può dire della società a cui il singolo appartiene.
Tuttavia la società, per il singolo,in quanto essere sociale,è un bene.
C'è un collegamento fra Dio e il nostro essere sociali?
Indifferenza e malvagità si riferiscono al singolo,ma quando un popolo intero è in disgrazia si parla di abbandono.
Si dice che quel popolo è stato abbandonato dal loro Dio.
Forse il paradosso del Dio buono e allo stesso tempo malvagio si risolve nella dialettica individuo-società.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

sgiombo

#28
Citazione di: Apeiron il 05 Ottobre 2017, 21:34:48 PM
Per @sgiombo
Faccio solo un appunto: rispetto le posizioni che ho citato (per come sono riuscite a capirle io) ma non coincidono con la mia "visione delle cose" (che più o meno è quella del Sari  ;) e ancora in evoluzione). Rimarco ancora che:
1) i nostri concetti hanno un campo di validità limitato, quindi l'argomento per cui "c'è tanto male nel mondo, ergo..." non dimostra niente;
CitazioneEvidentemente non è facile intendersi fra razionalisti e irrazionalisti.
Anche perché da un punto di vista irrazionalistico si può affermare tutto ***e*** il contrario di tutto (contemporaneamente); mentre il razionalismo concede al massimo di affermare tutto ***o*** il contrario di tutto.
Da un punto di vista razionalistico l' argomento "c'è tanto male nel mondo, ergo..." dimostra inequivocabilmente, col massimo di certezza possibile , la certezza logica, che (se si accetta la premessa, ovviamente) non può essere reale (e nemmeno pensato sensatamente in quanto realmente esistente) un Dio sia onnipotente sia buono (e il fatto che chi nasce non ha ovviamente la possibilità di essere previamente interpellato per sapere se sia disposto a correre il rischio dell' infelicità, sia pure in cambio della possibilità della felicità, dimostra che non può esistere un creatore (ma nemmeno un genitore) giusto (secondo un concetto di "giustizia" che imponga fra l' altro il diritto di correre rischi unicamente se si decide autonomamente di farlo e non per imposizione subita da altri).



2) la questione è molto più complessa di quello che sembra - ovviamente si deve "ammettere" che la "realtà" è per così dire "più densa" di quello che sembra (si potrebbe fare un argomento molto esteso su come le varie filosofie trattano il problema del male - e ci sono devo dire somiglianze talvolta sorprendenti. Per esempio in alcune filosofie orientali non si può parlare di "teodicea" visto che non si ha a che fare con un Dio Personale ma resta comunque un qualcosa di simile alla "caduta"...). Riguardo alla "densità/complessità" della realtà ho accennato qualcosa in questi argomenti: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/ateismo-e-proiezione-umana-di-dio/ e https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/buddhismo/ (in particolare da fine di pagina 4 in poi). Anche se ovviamente l'argomento non è veramente approfondito, ma è in forma per così dire di "spunti"  ;) .
3) un'analisi filosofica del problema del male con la sola premessa (ossia senza caratterizzare come è avvenuto la Creazione, cosa è avvenuto dopo, come siamo arrivati qua ecc) "Dio è buono e ha creato il mondo" a causa del punto (1) non può arrivare ad una conclusione in un senso o nell'altro. Ovviamente se rigetti la validità di (1) (e di (2)) allora è chiaro che l'argomento della teodicea diventa molto più forte. Così come è altrettanto ovvio che se aumenti il numero di premesse il risultato è ben diverso.

Per quanto riguarda la frase enigmatica attribuita alla Weil (anche se non sono riuscito a trovare la fonte ancora) secondo cui "se non ci fosse il male non si parlerebbe di Dio" - io la interpreto così: noi vediamo il male come "male" perchè...ecc

(rispetto comunque il tuo punto di vista non fraintendermi)

P.S. Non so sgiombo se hai visto il film "Arrival", te lo consiglio. Tratta la difficoltà di comunicare e di interpretare linguaggi diversi da quello umano, quindi per certi versi mi pare in tema.
CitazioneA causa del punto 1, che però può essere creduto solo da un irrazionalista, per il quale può essere vero di tutto ***e*** di più contemporaneamente (dunque non da parte mia ...se non per quel che potrebbe ipotizzare un irrazionalista, quale non sono), non si può mai arrivare a una conclusione in alcun senso su niente (i nostri ragionamenti hanno un campo di validità limitato  su ogni e qualsiasi questione).

Anche che in un' argomentazione si possa aumentare ad libitum il numero di premesse, inserendone anche eventualmente di reciprocamente contraddittorie, cosicché il risultato sia ben diverso da quello inizialmente atteso (possa essere qualsiasi risultato e il contrario di qualsiasi risultato) può essere accattato solo da chi sia irrazionalista.

(Il rispetto dei punti di vista è ovviamente reciproco; come mi pare evidente anche da questo mio ultimo intervento).

green demetr

Citazione di: Kobayashi il 03 Ottobre 2017, 09:40:45 AM
....Quello dell'uomo terrorizzato. L'uomo attaccato dai propri nemici, dalla povertà, dalla malattia etc.
Un uomo che si avvicina alla morte in solitudine. Ma l'uomo è un mammifero sociale, non è capace di affrontare il terrore da solo. Ha bisogno di essere accompagnato.
Così invoca l'aiuto di un Dio che gli sta accanto, che c'è, che è lì con lui.
E' un'immagine di Dio che nasce nel deserto, dal terrore specifico del deserto.


Lasciando perdere il discorso della bontà di Dio, che è semplicemente il contraltare di un patto legale di chi deve dominare.
Ossia la mera scusa.

Mi hai ricordato che quando iniziai i miei studi giovannei, la curiosità mi spinse a guardare i luoghi del mare tiberiade.
Come al solito guidato da un intuito che è costantemente in contatto con l'originarietà dello stesso: un brivido mi è corso, a vedere quei luoghi arsi, aridi, salini, pieni di luce che immagino accecante insopportabile.
All'improvviso prendeva forma l'assoluto da cui nasce la grande storia ebraica.
Dio è il deserto, concludi con sicurezza tu.
Facendo dei brevi sillogismi, credo di essere d'accordo.

Il discorso del terrore, è per mimesi, il discorso della bontà. Ossia la produzione dall'annientamento si riversa nella costituzione di una storia fantasma. Un fantasma riparatore. Persino, e per me sopratutto, un discorso di comunità.

Mi pare che la bontà nasca dalla miseria, come cotraltare, come esecuzione (di psicosi controllata come asserivi nel tuo trhead).
E seguendo i miei ultimi pensieri come produzione.

Come al solito per intendere la metafisica serve un salto qualitativo, che chiamo metafisica 2.0

Ossia per re-intendere il terrore, c'è bisogno di un controllo sul discorso, ossia il meta-discorso.

In questo senso la questione della bontà di Dio, va rianalizzata, come passo successivo alla presa di coscienza che per esempio fa un Leopardi con la Ginestra, salvo poi appunto, tornare al terrore iniziale, che non è più il terrore di non potersi aggrappare a qualcosa, a qualche storia, a qualche filosofia o religione, ma è di intendere il Vero Terrore.

Ossia vivendo il deserto, o come direbbe il Baffo, diventando deserto. Ci si appropria del proprio essere niente che viene dal Niente.  Cioè di essere parte del Niente. Per ora sono pensieri non ancora decisi, ma ci sto lavorando su.

Ma insieme aggiungo come in notazione, lasciando i diversi discorsi aperti, e tutti da intendere ed approfondire: Deserto, Paura, Coscienza della Paura, Coscienza del processo di produzione, e ritorno al Deserto.

Quello è DIO? Sì, a patto di non chiamarlo niente. A patto di non chiamarlo male.

Certo il dolore come dice Paul rimane, e insieme ad esso gli infiniti fantasmi. E certamente per avere una vera coscienza non va dimenticata come questione, molto materiale e immediata, e proprio per questo la più difficile da pensare. Anzi pensandola io continuo a fare danni agli altri e quindi per contraltare a me stesso.

Questa questione del male, non è semplicemente un sofisma. Anche se è facilmente liquidabile come tale.

Mixarla con Dio, rende la cosa veramente ardua. La stanchezza del mondo è evidente, la morte di Dio, non ha ancora un lutto.
E' morto e sepolto il dio naif della bontà, ma rimane ancora come quel suo odore dolciastro, di frutta marcia, nell'aria.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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