Determinismo e/o casualità?

Aperto da iano, 10 Maggio 2019, 02:20:34 AM

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odradek

Provo a riportare la discussione alla sua origine.
Cosa diceva Iano ad inizio post che tanta letteratura ha prodotto ?

diceva questo :

 È possibile un mondo esclusivamente deterministico se questo non ha avuto un inizio.
Nella catena di cause ed effetti che potenzialmente lo racconta infatti la causa prima non sarebbe l'effetto di nessuna causa e avrebbe quindi carattere casuale.
Se invece il mondo ha un inizio allora bisogna accettare che determinismo e casualità non si escludono a vicenda , e , se ciò è vero , non possiamo escludere che essi continuino a convivere nel mondo anche oltre le necessità di un inizio.
Non ci resta quindi che scegliere fra il paradosso di un mondo che non è mai iniziato e di un mondo dove determinismo e la sua negazione convivono.
La scelta , a quanto pare libera , dunque,  è fra determinismo e casualità e determinismo o casualità, visto che non potremo mai sapere se il mondo ha avuto un inizio.
Se ammettiamo che il mondo abbia avuto un inizio assoluto col big bang , seppure ne fosse derivato un mondo perfettamente deterministico , tale mondo sarebbe nato per puro caso.

a- È possibile un mondo esclusivamente deterministico se questo non ha avuto un inizio.

Si dichiara una possibilità in base ad una ipotesi. Già la partenza prelude all'uso del congiuntivo in ogni successiva dichiarazione; qualcosa di simile ad un vaso di Pandora di ipotesi e controipotesi.
Girando la frase diventa : Non è possibile un mondo esclusivamente deterministico se questo ha avuto inizio.
A dire il vero non capisco ne la frase originaria ne il suo contrario. FIgurarsi la discussione che segue.

b- Nella catena di cause ed effetti che potenzialmente lo racconta infatti la causa prima non sarebbe l'effetto di nessuna causa e avrebbe quindi carattere casuale.

Una eventuale (e forse necessaria, ma a noi indifferente ed inutile) "causa prima" casuale non precluderebbe uno svolgimento deterministico.
Il cargo cult quantistico prevede appunto una "fluttuazione" casuale di qualcosa in grado di "fluttuare casualmente" come "inizio", da cui il "big bang" (versione scientista del "fiat lux") che dà inizio ad un cosmo determinato da leggi fisiche.

c- Se invece il mondo ha un inizio allora bisogna accettare che determinismo e casualità non si escludono a vicenda , e , se ciò è vero , non possiamo escludere che essi continuino a convivere nel mondo anche oltre le necessità di un inizio.

Ti sei dato la risposta, da solo, ed è la risposta giusta, sia che tu intenda mondo come cosmo sia che tu intenda mondo come globo terrestre, qualunque sia il tipo di universo che stiamo abitando e qualunque sia stato il suo inizio.

d- Non ci resta quindi che scegliere fra il paradosso di un mondo che non è mai iniziato e di un mondo dove determinismo e la sua negazione convivono.

Non vedo paradossi, e non vedo scelte da fare anche perchè è evidente che determinismo e sua negazione convivono.
Stiamo scrivendo, stiamo utilizzando il linguaggio, non stiamo creando universi -anche se sarebbe possibile farlo- stiamo usando un martello per fare chirurgia cerebrale, ne abbiamo a secchiate di aporie, basta solo conviverci e trattarle per quel che sono.
I concetti han valore solo in funzione della loro fruibilità all'interno di uno schema di pensiero.
Concetti che han "valore" all'interno di diversi schemi di pensiero avran "maggior" peso esplicativo; o funzionano o non funzionano.

e- La scelta , a quanto pare libera , dunque,  è fra determinismo e casualità e determinismo o casualità, visto che non potremo mai sapere se il mondo ha avuto un inizio.
Se ammettiamo che il mondo abbia avuto un inizio assoluto col big bang , seppure ne fosse derivato un mondo perfettamente deterministico , tale mondo sarebbe nato per puro caso.

La scelta, all'interno delle potenzialità che il linguaggio ci mette a disposizione, è certamente libera, ed il fatto di non sapere se il cosmo (perchè la terra sappiamo che ha avuto un "inizio" fisicamente parlando) ha avuto un inizio o no, è appunto questione del tutto ininfluente.
Stiamo parlando (la mia reale significazione sarebbe sproloquiando, -ed io apprezzo sproloquiare sia ben chiaro, è la mia attività prediletta ed a cui sono naturalmente portato- ma non tutti sono in grado di accettare questa terminologia; per esigenza di sincerità, in ogni caso, mi sento in dovere di precisare la mia significazione di "parlando" in questo contesto) di un entità, il cosmo, che ha svariati miliardi di anni, mentre la nostra civiltà conta un quindicimila anni; se questo non riesce a dare il senso del "ridicolo" al nostro discutere non so cosa altro possa.
Creato o non creato nulla cambia, questo abbiamo per le mani, e questo dobbiamo interpretare.

Phil

Citazione di: odradek il 11 Maggio 2019, 23:59:30 PM
a Phil
citazione:
non c'è dunque né trascendenza né utile comune che siano fuori dal dinamismo materiale della catena causale.

Affermazione di stampo e carattere squisitamente marxista
Eppure involontariamente marxista: lo conosco poco e non è stato la musa della mia affermazione, tuttavia mi lusinga che lui sia d'accordo con me.

Citazione di: odradek il 11 Maggio 2019, 23:59:30 PM
L'etica ed il comportamento etico [...] sono temi che riguardano anche l'antropologia e non solo la filosofia.
Etica e comportamento etico sono un "prodotto" prima evolutivo e poi storico.
L'antropologia, nonostante la sua etimologia non lasci dubbi, è spesso sottovalutata dai filosofi; eppure un domani (lontano?) una potrebbe diventare persino "sottoinsieme" dell'altra.



Citazione di: Sariputra il 12 Maggio 2019, 09:26:21 AM
La libertà è data dalla volontà che è tanto più libera quanto più fondata sulla ragione. La libertà ha la sua causa nella volontà della ragione [...] E' importante inserire volontà e ragione come cause dell'agire e della scelta. Volontà e ragione che sono sì causate e condizionate ma anche causanti e condizionanti.
Credo che la questione sia proprio il come/da cosa «volontà e ragione sono causate e condizionate»(cit.). 
Se la volontà è causata dalle proprie cause (che ignoriamo?), in cosa consiste la sua libertà?
Non è paradossale dire che tanto più la volontà è fondata (quindi condizionata) dalla ragione tanto più è libera?

Se la volontà non è libera (nel suo volere), proprio perché dipendente/originata dalle proprie cause e dalla ragione, ciò non rispetta la causalità deterministica dell'origine condizionata-dipendente (pratītyasamutpāda)?

Citazione di: Sariputra il 12 Maggio 2019, 09:26:21 AM
Naturalmente io escludo l'elemento detto "coscienza" ( non nell'accezione di "pensiero di sè"...)dall'esser soggetto a cause e condizioni in quanto semplice "osservatore" dell'intero processo. Un puro specchio riflette le immagini ma non ha niente a che fare con le immagini...
Eppure, questo specchio osservatore è davvero senza causa? Sia che lo pensiamo come specchio individuale che come frammento di uno specchio più grande, perché gli concediamo la deroga dalla legge causale? Si tratta di un bisogno teoretico (per fondare la struttura che ne deriva) o abbiamo indizi in merito?



P.s.
Citazione di: Ipazia il 11 Maggio 2019, 23:52:12 PM
Il problema non si pone perchè le facce del tetraedro non sono equivalenti: esso casca sempre dove la realtà pesa di più. E non è certo dalla parte della "catena causale individuale" o della robotica umana.
Bene, voler poter eliminare una possibilità è già un passo avanti (a me sembravano quattro possibilità infalsificabili, soprattutto a partire dalla realtà).
Condivido l'auspicio sgiombiano, ma spesso anche io non lo pratico (soprattutto quando cito poesie); ho già la mia trave di cui occuparmi, quindi trascuro le altrui pagliuzze.

Carlo Pierini

Citazione di: Sariputra il 12 Maggio 2019, 09:26:21 AM
Il libero arbitrio, nella tomistica e quindi soprattutto come riflessione teologica, è sempre legato al concetto di volontà e non certo alla casualità. La libertà è data dalla volontà che è tanto più libera quanto più fondata sulla ragione. La libertà ha la sua causa nella volontà della ragione, in questa concezione, che si avvicina a quella della filosofia buddhista per la quale la libertà è tanto più vasta quanto più grande è la comprensione. E' importante inserire volontà e ragione come cause dell'agire e della scelta. Volontà e ragione che sono sì causate e condizionate ma anche causanti e condizionanti.

CARLO
Sono totalmente d'accordo. Esiste una dialettica tra libertà e condizionamenti; una dialettica nella quale i condizionamenti "deterministici" posso sopraffare la libera volontà, ma nella quale può succedere anche che la libera volontà superi e vinca i condizionamenti. Se così non fosse, non esisterebbero rivoluzioni di pensiero e di costumi.

SARI
Naturalmente io escludo l'elemento detto "coscienza" ( non nell'accezione di "pensiero di sè"...)dall'esser soggetto a cause e condizioni in quanto semplice "osservatore" dell'intero processo. Un puro specchio riflette le immagini ma non ha niente a che fare con le immagini...

CARLO
Non ho ben capito cosa vuoi dire.

iano

#93
Citazione di: odradek il 12 Maggio 2019, 12:23:24 PM
Provo a riportare la discussione alla sua origine.
Cosa diceva Iano ad inizio post che tanta letteratura ha prodotto ?

diceva questo :

È possibile un mondo esclusivamente deterministico se questo non ha avuto un inizio.
Nella catena di cause ed effetti che potenzialmente lo racconta infatti la causa prima non sarebbe l'effetto di nessuna causa e avrebbe quindi carattere casuale.
Se invece il mondo ha un inizio allora bisogna accettare che determinismo e casualità non si escludono a vicenda , e , se ciò è vero , non possiamo escludere che essi continuino a convivere nel mondo anche oltre le necessità di un inizio.
Non ci resta quindi che scegliere fra il paradosso di un mondo che non è mai iniziato e di un mondo dove determinismo e la sua negazione convivono.
La scelta , a quanto pare libera , dunque,  è fra determinismo e casualità e determinismo o casualità, visto che non potremo mai sapere se il mondo ha avuto un inizio.
Se ammettiamo che il mondo abbia avuto un inizio assoluto col big bang , seppure ne fosse derivato un mondo perfettamente deterministico , tale mondo sarebbe nato per puro caso.

a- È possibile un mondo esclusivamente deterministico se questo non ha avuto un inizio.

Si dichiara una possibilità in base ad una ipotesi. Già la partenza prelude all'uso del congiuntivo in ogni successiva dichiarazione; qualcosa di simile ad un vaso di Pandora di ipotesi e controipotesi.
Girando la frase diventa : Non è possibile un mondo esclusivamente deterministico se questo ha avuto inizio.
A dire il vero non capisco ne la frase originaria ne il suo contrario. FIgurarsi la discussione che segue.

b- Nella catena di cause ed effetti che potenzialmente lo racconta infatti la causa prima non sarebbe l'effetto di nessuna causa e avrebbe quindi carattere casuale.

Una eventuale (e forse necessaria, ma a noi indifferente ed inutile) "causa prima" casuale non precluderebbe uno svolgimento deterministico.
Il cargo cult quantistico prevede appunto una "fluttuazione" casuale di qualcosa in grado di "fluttuare casualmente" come "inizio", da cui il "big bang" (versione scientista del "fiat lux") che dà inizio ad un cosmo determinato da leggi fisiche.

c- Se invece il mondo ha un inizio allora bisogna accettare che determinismo e casualità non si escludono a vicenda , e , se ciò è vero , non possiamo escludere che essi continuino a convivere nel mondo anche oltre le necessità di un inizio.

Ti sei dato la risposta, da solo, ed è la risposta giusta, sia che tu intenda mondo come cosmo sia che tu intenda mondo come globo terrestre, qualunque sia il tipo di universo che stiamo abitando e qualunque sia stato il suo inizio.

d- Non ci resta quindi che scegliere fra il paradosso di un mondo che non è mai iniziato e di un mondo dove determinismo e la sua negazione convivono.

Non vedo paradossi, e non vedo scelte da fare anche perchè è evidente che determinismo e sua negazione convivono.
Stiamo scrivendo, stiamo utilizzando il linguaggio, non stiamo creando universi -anche se sarebbe possibile farlo- stiamo usando un martello per fare chirurgia cerebrale, ne abbiamo a secchiate di aporie, basta solo conviverci e trattarle per quel che sono.
I concetti han valore solo in funzione della loro fruibilità all'interno di uno schema di pensiero.
Concetti che han "valore" all'interno di diversi schemi di pensiero avran "maggior" peso esplicativo; o funzionano o non funzionano.

e- La scelta , a quanto pare libera , dunque,  è fra determinismo e casualità e determinismo o casualità, visto che non potremo mai sapere se il mondo ha avuto un inizio.
Se ammettiamo che il mondo abbia avuto un inizio assoluto col big bang , seppure ne fosse derivato un mondo perfettamente deterministico , tale mondo sarebbe nato per puro caso.

La scelta, all'interno delle potenzialità che il linguaggio ci mette a disposizione, è certamente libera, ed il fatto di non sapere se il cosmo (perchè la terra sappiamo che ha avuto un "inizio" fisicamente parlando) ha avuto un inizio o no, è appunto questione del tutto ininfluente.
Stiamo parlando (la mia reale significazione sarebbe sproloquiando, -ed io apprezzo sproloquiare sia ben chiaro, è la mia attività prediletta ed a cui sono naturalmente portato- ma non tutti sono in grado di accettare questa terminologia; per esigenza di sincerità, in ogni caso, mi sento in dovere di precisare la mia significazione di "parlando" in questo contesto) di un entità, il cosmo, che ha svariati miliardi di anni, mentre la nostra civiltà conta un quindicimila anni; se questo non riesce a dare il senso del "ridicolo" al nostro discutere non so cosa altro possa.
Creato o non creato nulla cambia, questo abbiamo per le mani, e questo dobbiamo interpretare.
Grazie per la risposta in tema e spero altre ne seguiranno.
Condivido con te l'amore per lo sproloquio libero se nato da impeto sincero.
Spesso così mi ritrovo ad essere il primo ad aver difficoltà a interpretare i miei scritti , rileggendomi , ma non sempre , e il tema esposto in questa discussione , seppur nato come al solito in modo estemporaneo , mi appariva come miracolosamente ben logicamente esposto e  ben meditato.
Ma evidentemente l'argomento in se' prende talmente , da esser difficile costringerlo entro limitati confini , che pure avrebbero agevolato eventuali conclusioni.
La discussione nasce dalla constatazione di fatto che determinismo e casualità convivono da un bel po' nelle scienze , sufficientemente immuni quindi ad ogni pur ben posta critica , che ne potrebbe , se non arrestare la marcia , determinarne almeno una seria pausa di riflessione .
Stante ciò , l'invito velato , in ambito filosofico , era quello di fare di necessità virtù, provando a partire , come ipotesi di lavoro , dal connubio apparentemente innaturale fra determinismo e casualità per vedere ... l'effetto che fa'.
Insomma , un compitino filosofico da dare in pasto ai miei amici filosofi. , i quali però non sembrano aver abboccato , paradossalmente forse per l'estremo interesse che l'argomemto suscita , così che ognuno tende a sviluppare il proprio tema piuttosto che stare al tema.
È un vizio che conosco bene perché lo pratico anch'io.
Diciamo pure che lo sproloquio , nel bene e nel male , caro Odradek , ci accomuna tutti , con pochissime eccezioni che non nomino per non far torto ai più .😅
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Carlo Pierini

Citazione di: sgiombo il 12 Maggio 2019, 10:23:57 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 12 Maggio 2019, 04:22:40 AM
Citazione di: viator il 11 Maggio 2019, 21:24:28 PM
Salve. "Il termine "casualità" è ambiguo"...................

Tutti i termini sono ambigui o polivalenti, in carenza di loro definizione.

Caso : "concetto puramente astratto definente lo stabilirsi di un effetto dovuto a cause intrinsecamente inconoscibili".

"Puramente astratto"  poichè, essendo la causa inconoscibile, risulta inclusa anche la eventuale inesistenza di una qualsiasi causa.

Va meglio cosi ? Saluti.
CARLO
No, va peggio!   :)  "Intrinsecamente inconoscibili" oltre che essere ambiguo (per le ragioni che ho detto sopra) è inutilmente ridondante. "Conoscere" implica l'esistenza di un conoscente e di un oggetto conosciuto; e "inconoscibili" significa dunque che le cause sono inaccessibili a qualunque conoscente. Per cui, se aggiungi "intrinsecamente", cos'altro vuoi dire di diverso da "inconoscibili"?

SGIOMBO
Credo (per parte mia; e mi scuso con lui per l' intromissione) che Viator intendesse inconoscibili anche in linea teorica o di principio e non solo pratica o di fatto (come le "variabili nascoste" di Einstein).
CARLO
"Inconoscibili in linea teorica", vuol dire che non esiste un ordine degli eventi, che non esistono leggi o regolarità su cui costruire teorie. Ma allora parliamo di dis-ordine, di caos, cioè di equivalenza/sinonimia di "caso" e "caos", quindi torniamo all'ambiguità dell'uso del termine "casualità" riferita a dadi e roulettes; una ambiguità che ci induce a pensare - erroneamente - che dadi e roulettes non siano governati da leggi deterministiche.

Sariputra

#95
cit.: Phil: Credo che la questione sia proprio il come/da cosa «volontà e ragione sono causate e condizionate»(cit.). Se la volontà è causata dalle proprie cause (che ignoriamo?), in cosa consiste la sua libertà?

Nella possibilità di scelte diverse  determinate dalla comprensione.

cit.:Non è paradossale dire che tanto più la volontà è fondata (quindi condizionata) dalla ragione tanto più è libera?Se la volontà non è libera (nel suo volere), proprio perché dipendente/originata dalle proprie cause e dalla ragione, ciò non rispetta la causalità deterministica dell'origine condizionata-dipendente (pratītyasamutpāda)?

Certo che la rispetta, ma è la volontà e la comprensione che possono decidere di uscire dal pratityasamutpada (Nirvana).
Tanto più la ragione comprende tanto più  vuole uscire.

cit.:Eppure, questo specchio osservatore è davvero senza causa?

Sì, assolutamente senza alcuna causa.

cit.:Sia che lo pensiamo come specchio individuale che come frammento di uno specchio più grande, perché gli concediamo la deroga dalla legge causale?

Perché è inattivo.

Si tratta di un bisogno teoretico (per fondare la struttura che ne deriva) o abbiamo indizi in merito?

Come può lo specchio "misurarsi"? Con quali parole si può descrivere? Se sei là non sei qua e se sei qua non sei là. Perché hai bisogno di indizi? Osservati...sei già l'osservatore. Cerchi 'fuori' quello che hai 'dentro' ?

Ciao

cit.:SARI
Naturalmente io escludo l'elemento detto "coscienza" ( non nell'accezione di "pensiero di sè"...)dall'esser soggetto a cause e condizioni in quanto semplice "osservatore" dell'intero processo. Un puro specchio riflette le immagini ma non ha niente a che fare con le immagini...

CARLO
Non ho ben capito cosa vuoi dire.

Che l'osservatore è inattivo (non producente). Se è inattivo non può causare ed è incausato in quanto il suo stato non sottostà a condizioni. Non sottostare ad alcuna condizione significa essere incausato, ovviamente. Qualunque cosa succeda lo specchio la riflette, semplicemente.

cit.Sgiombo:Ma la riflessione delle immagini nello specchio é un processo deterministico.

La riflessione sì, lo specchio no perché lo specchio non produce nulla. Nessun processo può prodursi in uno specchio.  Riflette solamente tutti i processi. Per questo dico anche, con altre parole ( e le parole sono limiti, come ben sai...) che i processi sono nella coscienza e non viceversa. Se non c'è lo "specchio" dove possono riflettersi?

Ciao
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: iano il 12 Maggio 2019, 00:38:25 AM
Forse era meglio se mi limitavo a fare un sondaggio.
Barrate una delle tre seguenti.
1. Determinismo.
2.Casualita' .
3.Determinismo e casualità. ☺️
Citazione di: iano il 12 Maggio 2019, 00:47:43 AM
Con la 1 o con la 2 in modo esclusivo , si giunge a paradossi.
Con la 3 si parte da un paradosso.
Oppure pensate ci sia un 4 , 5 ,..., n , che a me sfuggono ?
Il quarto punto (allusione implicita dei miei sproloqui fra poesie, infalsificabilità, tetraedi, falsi problemi, conflitti teoria/pratica, etc.) sarebbe proprio il paradosso: accettare l'aporia della ragione umana, il suo andare in stallo su dilemmi la cui soluzione sarebbe omniesplicativa.



P.s.
Citazione di: Sariputra il 12 Maggio 2019, 15:12:07 PM
Come può lo specchio "misurarsi"? Con quali parole si può descrivere? Se sei là non sei qua e se sei qua non sei là. Perché hai bisogno di indizi? Osservati...sei già l'osservatore. Cerchi 'fuori' quello che hai 'dentro' ?
Sono l'osservatore ma, nel mio piccolo, credo di essere stato causato (o i miei genitori mi hanno mentito? Non dico la mia memoria, perché già so che essa mente e seleziona a piacere). Oltre ad essere causato, mi vedo anche piuttosto condizionato, sia fuori che dentro (dalla ragione, dalla volontà, etc.).
Sarà perché non ho ancora raggiunto il nirvana? Se la mia volontà non vuole raggiungerlo è perché la mia ragione non glielo suggerisce, perché la mia ragione è ancora ignorante, perché l'ignoranza è il punto di partenza della ragione umana, perché il punto di partenza è la nostra (ri)nascita,  perché... niente, non ne esco (né dal ciclo delle rinascite, né dalla catena causale). Mettiamo a un certo punto un bel "incausato" e fissiamoci la catena.
Non prendermi (troppo) sul serio, so che con te posso scherzare... siamo pur sempre in un p.s., no?

Carlo Pierini

#97
cit.:SARI
Naturalmente io escludo l'elemento detto "coscienza" ( non nell'accezione di "pensiero di sè"...)dall'esser soggetto a cause e condizioni in quanto semplice "osservatore" dell'intero processo. Un puro specchio riflette le immagini ma non ha niente a che fare con le immagini...

Cit. CARLO
Non ho ben capito cosa vuoi dire.

SARI
Che l'osservatore è inattivo (non producente). Se è inattivo non può causare ed è incausato in quanto il suo stato non sottostà a condizioni. Non sottostare ad alcuna condizione significa essere incausato, ovviamente. Qualunque cosa succeda lo specchio la riflette, semplicemente.

CARLO
Beh, questa è una concezione ingenua della conoscenza. Una concezione un po' più realistica è, per esempio, quella di Spinoza che non vedeva nel sapere una semplice trascrizione passiva di ciò che si osserva, ma una concordanza dia-lettica tra soggetto e oggetto, cioè tra <<ordo et connexio idearum>> e <<ordo et connexio rerum >> nella quale il soggetto ha la funzione attiva di interprete, di inventore-elaboratore dei paradigmi più adeguati in cui ordinare le osservazioni. Per esempio, la Filosofia ha compiuto un grande balzo evolutivo ed è diventata Scienza quando, con Galilei, ha adottato il paradigma matematico per descrivere-ordinare i fenomeni fisici osservati. E questo dimostra quanto il ruolo del soggetto sia determinante nella costruzione del sapere.
Come ci ricordano il matematico Poincaré, il fisico Heisenberg e lo psicologo Jung:

<<La scienza è fatta di dati come una casa di pietre. Ma un ammasso di dati non è scienza più di quanto un mucchio di pietre sia una casa>>.  [H. Poincaré: La scienza e l'ipotesi]

<<Dobbiamo ricordare che ciò che osserviamo non è la natura in se stessa, ma *la natura esposta ai nostri metodi d'indagine*. Nella fisica il nostro lavoro scientifico consiste nel porre delle domande alla natura *nel linguaggio che noi possediamo* e nel cercare di ottenere una risposta dall'esperimento con i mezzi che sono a nostra disposizione. In tal modo la teoria dei quanta ci ricorda, come ha detto Bohr, la vecchia saggezza per cui, nella ricerca dell'armonia nella vita, non dobbiamo dimenticarci che nel dramma dell'esistenza siamo insieme attori e spettatori>>.  [W. HEISENBERG: Fisica e filosofia - pg. 73]

<<L'empirista cerca, con maggiore o minore successo, di dimenticare o rimuovere, in favore della «obiettività scientifica», i suoi principi esplicativi, ossia le premesse psichiche indispensabili al processo della conoscenza. Il filosofo ermetico, viceversa, considera proprio queste premesse psichiche, ossia gli archetipi, come le componenti indispensabili dell'immagine del mondo empirica. Egli non è ancora così dominato dall'oggetto da poter trascurare la palpabile presenza delle premesse psichiche nella forma di quelle idee eterne da lui sentite come realtà. [...] Il nominalista empirico spera di riuscire a produrre un'immagine del mondo indipendente sotto ogni aspetto dall'osservatore. Questa speranza si è realizzata solo parzialmente, come hanno dimostrato i risultati della fisica moderna: l'osservatore non può essere definitivamente escluso; le premesse psichiche continuano ad operare>>.    [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg.311/12]




HÄNDEL - I know that my Redeemer, op. Messiah
https://youtu.be/565udQkY_Rg

odradek

a CARLO

In questo assalto alla diligenza junghiana (essendo tu la "diligenza") ti sei lasciato sfuggire un buon argomento, tra i tanti altri a tua disposizione:
la  teoria della Sincronicità (elaborata da Jung sulla base dei nessi acausali) è l'unica che ben prima della "verifica sperimentale" del fenomeno denominato entanglement ne abbia postulato l'esistenza.
I nessi acausali sono già stati concettualmente teorizzati ed "utilizzati", con risultati "utili" ai fini della speculazione teorica.

Sono difficili da maneggiare per l' impalcatura concettuale dicotomica sulla quale si reggono le basi dell'"argomentazione tradizionale", della quale, non a caso, sperimentiamo da qualche decennio i limiti intrinseci.

L'immanenza è un concetto che non è stato "riflettuto" abbastanza. Manca una filosofia (o forse esiste e non la conosco io per ignoranza? -molto probabile che sia così) dell'immanenza perchè nell'immanenza si è sempre cercato il riflesso e la prova del trascendente; si è sempre cercato l'essere nel molteplice, creando una filosofia centrata sull'"essere"  invece che sul molteplice.

Per la "comprensione" del reale, del presente, risulta molto più "utile" Jung di migliaia di pagine di filosofia continentale.

Carlo Pierini

#99
Citazione di: odradek il 12 Maggio 2019, 16:42:38 PM
In questo assalto alla diligenza junghiana (essendo tu la "diligenza") ti sei lasciato sfuggire un buon argomento, tra i tanti altri a tua disposizione:
la  teoria della Sincronicità (elaborata da Jung sulla base dei nessi acausali) è l'unica che ben prima della "verifica sperimentale" del fenomeno denominato entanglement ne abbia postulato l'esistenza.
I nessi acausali sono già stati concettualmente teorizzati ed "utilizzati", con risultati "utili" ai fini della speculazione teorica.
Sono difficili da maneggiare per l' impalcatura concettuale dicotomica sulla quale si reggono le basi dell'"argomentazione tradizionale", della quale, non a caso, sperimentiamo da qualche decennio i limiti intrinseci.
CARLO
Infatti non ho tirato in ballo la Sincronicità proprio per questo. A quanto vedo, qui si fa già confusione tra "caso", "caos", "causalità" e determinismo, e quindi non vorrei aggiungere ulteriori elementi di confusione. Ma è comunque interessante constatare come già Schopenhauer avesse intuito la fondatezza di questo concetto e di come avesse tentato di descriverlo:


<<Ispirato all'opera di Kant "I sogni di un visionario", Schopenhauer tentò di spiegare la Sincronicità costruendo un doppio modello, simile alla partizione del globo in meridiani e paralleli. I primi rappresenterebbero i nessi causali degli eventi, i secondi, invece, la connessione trasversale con eventi a-causali pieni di senso [connessione tra qualità affini nel significato e nel senso, ndr]. Schopenhauer riteneva spiegabile l'esistenza di questa doppia connessione solo ricorrendo a una straordinaria «armonia prestabilita». [...] Egli considerava il polo del globo come l'origine in cui convergono le linee meridiane. Il polo è l'unico "soggetto del grande sogno della vita", la volontà trascendentale o la "prima causa", donde s'irraggiano tutti i meridiani delle catene causali>>.     [M.L. VON FRANZ:   Psiche e materia - pg.221]

Ed è anche interessante leggere un paio di esempi, tra i tanti, che Jung propone per illustrare l'argomento:

<<La moglie di uno dei miei pazienti, il quale aveva ormai passato i cinquant'anni, mi raccontò una volta, tanto per discorrere, che alla morte di sua madre e della nonna s'era radunato davanti alle finestre della stanza delle due moribonde un gran numero di uccelli.  È un racconto che avevo già sentito fare più di una volta da altre persone. La cura a cui s'era sottoposto il marito stava per concludersi, poiché la sua nevrosi era stata eliminata, quando vennero alla luce sintomi inizialmente lievi che attribuii a una malattia di cuore incipiente.  Lo mandai da uno specialista che però, a un primo esame (come mi comunicò per iscritto) non era riuscito a individuare niente di preoccupante. Tornando a casa da questa consultazione (col referto medico in tasca), il mio paziente stramazzò improvvisamente al suolo.  Quando fu portato a casa morente, sua moglie era già inquieta e angosciata perché, subito dopo che il marito s'era recato dal medico, un intero stormo d'uccelli s'era posato sulla sua casa. Naturalmente le erano tornati immediatamente alla memoria gli eventi analoghi che s'erano verificati alla morte delle sue parenti, e temeva il peggio. (...)
Se si riflette che già nell'Ade dei babilonesi le anime portano un "abito di piume", e che nell'antico Egitto il ba, l'anima, è immaginato in forma di uccello, non siamo troppo lontani dall'ipotesi di un simbolismo archetipico (secondo Omero, le anime dei morti "cinguettano")>>. [JUNG: La sincronicità - pp. 35-36]

<<Una giovane paziente fece un sogno in un momento decisivo della psicoterapia. Nel sogno essa riceveva in dono uno scarabeo d'oro. Mentre mi raccontava questo sogno, io stavo seduto voltando la schiena alla finestra chiusa. D'un tratto udii alle mie spalle un rumore, come se qualcosa bussasse piano contro la finestra. Mi voltai e vidi un insetto alato che, dall'esterno, urtava contro il vetro. Aprii la finestra e presi al volo l'insetto: era l'analogia più prossima a uno scarabeo che si possa trovare alle nostre latitudini, ossia uno scarabeide, una Cetonia aurata, il comune coleottero delle rose, che evidentemente proprio in quel momento si era sentito spinto a penetrare, contrariamente alle sue abitudini, in una camera buia. (...)
Come ho già detto, si trattava di una paziente eccezionalmente difficile che, fino al momento del sogno che ho riferito, non aveva fatto un solo passo avanti. Il motivo principale di questo insuccesso - devo ricordarlo per far comprendere la situazione - era l'Animus della mia paziente, educato alla filosofia cartesiana, e talmente radicato nel suo rigido concetto di realtà che non erano bastati gli sforzi di tre medici (io ero appunto il terzo) per ammorbidirlo. Ci voleva evidentemente, per ottenere un risultato del genere un evento irrazionale, che io però non potevo ovviamente produrre. Il sogno stesso era già riuscito a scuotere leggermente l'atteggiamento razionalistico della mia paziente. Ma quando lo scarabeo entrò realmente dalla finestra, la sua essenza naturale riuscì a infrangere la corazza costituita dall'ossessione dell'Animus e anche il processo di trasformazione che accompagna la cura poté per la prima volta mettersi in moto>>.  [JUNG: La sincronicità - pg. 35]




DONIZETTI: Io son ricco e tu sei bella, op. Elisir d'amore
https://youtu.be/IR-wKIQo560?t=55

viator

#100
Salve. Per Carlo (Pierini) : "No, va peggio!    "Intrinsecamente inconoscibili" oltre che essere ambiguo (per le ragioni che ho detto sopra) è inutilmente ridondante. "Conoscere" implica l'esistenza di un conoscente e di un oggetto conosciuto; e "inconoscibili" significa dunque che le cause sono inaccessibili a qualunque conoscente. Per cui, se aggiungi "intrinsecamente", cos'altro vuoi dire di diverso da "inconoscibili ?"

"Inconoscibile", se non "ridondantemente" precisato, potrebbe anche significare "attualmente non conoscibile".
Intrinsecamente inconoscibile significa "che mai sarà possibile conoscere".

Aaah....me tapino !! Tutte queste discussioni così povere di "ridondanti" definizioni ! E noi tutti che dobbiamo sguazzarci !
Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sgiombo

Citazione di: odradek il 12 Maggio 2019, 12:23:24 PM

d- Non ci resta quindi che scegliere fra il paradosso di un mondo che non è mai iniziato e di un mondo dove determinismo e la sua negazione convivono.

Non vedo paradossi, e non vedo scelte da fare anche perchè è evidente che determinismo e sua negazione convivono.

Non ci vedo proprio nulla di paradossale in un universo fisico - materiale (fenomenico; e che per me non esaurisce la realtà in toto: si può chiamare "universo" solo in senso relativo: ai fenomeni materiali) che non é mai iniziato ma che é sempre divenuto deterministicamente (per lo meno in seno debole).

Che così stiano o meno le cose non é dimostrabile.

Se così stanno le cose, allora esso (il mondo o "universo relativo" fenomenico materiale) é conoscibile scientificamente e a proposito degli agenti intenzionali in esso presenti ha senso parlare di etica.

Se così non stanno le cose (in caso di indeterminismo; dunque anche in caso di inizio dell' universo fenomenico materiale), allora esso non é scientificamente conoscibile e a proposito degli agenti intenzionali in esso presenti non ha senso parlare di etica.

Inoltre al nulla non può succedere alcunché, né di deterministico né di indeterministico dal momento che nel nulla non esiste (oltre a tutto il resto, nemmeno) il tempo e dunque nulla può accadervi in alcun -inesistente- dato istante "tx", ivi compreso l' inizio dell' esistenza di un universo, deterministico o indeterministico che sia.






Per me é evidente che (se non nella fattispecie del probabilismo, che é "complementarmente" determinismo delle proporzioni fra eventi al tendere del loro numero all' infinito, indeterminismo di ciascun singolo evento; ovvero determinismo debole ossia indeterminismo debole a seconda dei gusti), non solo il determinismo e la sua negazione non possono convivere, ma nemmeno  ciò é pensabile, trattandosi di un preteso concetto autocontraddittorio e dunque senza senso: in realtà una mera sequenza non significante alcunché di suoni o di caratteri tipografici; un po' come "cerchio quadrato", "triangolo euclideo la somma dei cui angoli interni fosse =/= un angolo piatto" o "trallallalerollerollà".

Infatti "determinismo" significa univoca sequenza degli eventi secondo inderogabili e immutabili modalità o leggi universali e costanti astratte (ovvero astraibili dai particolari concreti da parte di un eventuale pensiero conoscente); mentre la sua negazione (l' indeterminismo) significa "sequenza degli eventi nella quale non sia astraibile (da parte di alcun pensiero) alcuna inderogabile e immutabile modalità o legge universale e costante .

D' altra parte anche astrattamente, ingenerale, qualsiasi ipotesi é incompatibile con la propria negazione (possono essere pensate entrambe, ma solo ("complementarmente") l' una alternativamente all' altra: se é vera circa la realtà l' una é falsa necessariamente l' altra, negli stessi lassi di tempo e sotto i medesimi riguardi (il preteso pensiero del contrario di ciò é autocontraddittorio, senza senso, come il cerchio-quadrato).

sgiombo

Citazione di: iano il 12 Maggio 2019, 14:30:24 PM


Stante ciò , l'invito velato , in ambito filosofico , era quello di fare di necessità virtù, provando a partire , come ipotesi di lavoro , dal connubio apparentemente innaturale fra determinismo e casualità per vedere ... l'effetto che fa'.
Insomma , un compitino filosofico da dare in pasto ai miei amici filosofi. , i quali però non sembrano aver abboccato , paradossalmente forse per l'estremo interesse che l'argomemto suscita , così che ognuno tende a sviluppare il proprio tema piuttosto che stare al tema.
È un vizio che conosco bene perché lo pratico anch'io.
Diciamo pure che lo sproloquio , nel bene e nel male , caro Odradek , ci accomuna tutti , con pochissime eccezioni che non nomino per non far torto ai più .😅

E come potrei provare a partire, come ipotesi di lavoro, dal connubio apparentemente [per me realmente tale] innaturale fra determinismo e casualità per vedere ... l'effetto che fa se sono convinto, come lo sono, che si tratta di due ipotesi (non provabili in alcun modo) reciprocamente contraddittorie e dunque non sensatamente integrabili (se non "complementarmente", ovvero relativamente a ben distinti "riguardi" o "aspetti" della realtà, come fa il probabilismo)?

Ipazia

Citazione di: Phil il 12 Maggio 2019, 15:49:39 PM
Citazione di: iano il 12 Maggio 2019, 00:38:25 AM
Forse era meglio se mi limitavo a fare un sondaggio.
Barrate una delle tre seguenti.
1. Determinismo.
2.Casualita' .
3.Determinismo e casualità. ☺️
Citazione di: iano il 12 Maggio 2019, 00:47:43 AM
Con la 1 o con la 2 in modo esclusivo , si giunge a paradossi.
Con la 3 si parte da un paradosso.
Oppure pensate ci sia un 4 , 5 ,..., n , che a me sfuggono ?
Il quarto punto (allusione implicita dei miei sproloqui fra poesie, infalsificabilità, tetraedi, falsi problemi, conflitti teoria/pratica, etc.) sarebbe proprio il paradosso: accettare l'aporia della ragione umana, il suo andare in stallo su dilemmi la cui soluzione sarebbe omniesplicativa.

Nel 3 non vi è alcun paradosso perchè causalità e casualità, come affermato da odradek parecchi post fa, sono solo griglie che noi abbiamo posto sulla realtà per poterci muovere attraverso di essa. Alcune caselle di questa griglia sono deterministiche, altre casuali, altre indeterministiche non casuali. Quelle deterministiche le sappiamo manipolare, quelle casuali, no. Su quelle indeterministiche non casuali, che ci sono peculiari, dobbiamo disegnare noi la mappa ex novo. Accettiamo l'aporia e cerchiamo di adeguarla al meglio laddove ci crea problemi. Senza forzature metafisiche, ma tenendo saldi i pieni sul terreno solido dell'empiria e della sperimentazione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 12 Maggio 2019, 14:44:31 PM
Citazione di: sgiombo il 12 Maggio 2019, 10:23:57 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 12 Maggio 2019, 04:22:40 AM
CARLO
No, va peggio!   :)  "Intrinsecamente inconoscibili" oltre che essere ambiguo (per le ragioni che ho detto sopra) è inutilmente ridondante. "Conoscere" implica l'esistenza di un conoscente e di un oggetto conosciuto; e "inconoscibili" significa dunque che le cause sono inaccessibili a qualunque conoscente. Per cui, se aggiungi "intrinsecamente", cos'altro vuoi dire di diverso da "inconoscibili"?

SGIOMBO
Credo (per parte mia; e mi scuso con lui per l' intromissione) che Viator intendesse inconoscibili anche in linea teorica o di principio e non solo pratica o di fatto (come le "variabili nascoste" di Einstein).
CARLO
"Inconoscibili in linea teorica", vuol dire che non esiste un ordine degli eventi, che non esistono leggi o regolarità su cui costruire teorie. Ma allora parliamo di dis-ordine, di caos, cioè di equivalenza/sinonimia di "caso" e "caos", quindi torniamo all'ambiguità dell'uso del termine "casualità" riferita a dadi e roulettes; una ambiguità che ci induce a pensare - erroneamente - che dadi e roulettes non siano governati da leggi deterministiche.
SGIOMBO:
"Inconoscibili in linea teorica" non vuol dire che non esiste un ordine degli eventi, che non esistono leggi o regolarità, ma invece che non si possono conoscere ("costruire teorie" in proposito) un ordine degli eventi, leggi o regolarità, che però potrebbe benissimo esistere in realtà in barba alle nostre limitate conoscenze.

Dunque in tal caso non  parliamo di dis-ordine, di caos (che sono sinonimi).

L' ambiguità dell'uso del termine "casualità" di cui parli nasce dalla confusione fra realtà e (eventuale realtà costituita dalla) conoscenza che si ha della realtà.

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