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Democrazia e Nichilismo

Aperto da bobmax, 10 Marzo 2021, 14:50:17 PM

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iano

Citazione di: viator il 13 Marzo 2021, 15:12:40 PM


Per Alexander, citandolo : "La domanda è, quale sarà la funzione dell'individuo nel nuovo mondo interconnesso?".
Risposta : farsi tosare emettendo un gran numero di belati rigorosamente interconnessi.

Saluti ad entrambi.

La domanda era mia. Alexander rispondeva.
Comunque la triste realtà attuale è pittorescamente ma realmente da te espressa.
Si spera per motivi contingenti, in attesa che l'individuo non si limiti più a ripetere routine acquisite nel vecchio mondo, e che lo fanno apparire ridicolo nel nuovo.
Si appare certamente ridicoli nell'attribuire autorevolezza ad un media che per mancanza di filtri non possiede, mutuandola dai vecchi che, nel bene e nel male ,in parte ne avevano.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alexander

E' vero che al momento sembriamo tutti delle pecore belanti, sul web. Però penso che sia solo uno strumento, sta a noi far sì che non diventi un "recinto" per pecore.In questa fase mi sembra che siamo ancora nell'illusione data dalla novità. Col tempo mi auguro che venga ridimensionata la sua influenza, anche magari solo per noia o stanchezza (com'è successo per la televisione ). L'essere umano si stanca di tutto e cerca sempre il nuovo. i miei figli mi dicono che siamo noi genitori che siamo sempre sul pc o sullo smartphone, a chattare o condividere inutili microvideo, molto più di loro. Penso che ci sia del vero in questo. Noi siamo affascinati dalla novità mentre per loro, che ci sono nati nel digitale, è una cosa normale, niente di che. Loro cercano molto il contatto reale, ma ne hanno anche paura, più di noi alla loro età. La DAD amplifica queste insicurezze. Però, appena il colore cambia, ecco frotte di ragazzi insieme e questo, quasi mi vergogno a dirlo di questi tempi, è SANO.

tiziano gorini

Non è che abbia molto da dire dopo quel che avete detto tutti voi, tuttavia vorrei replicare ad una affermazione di Bobmax che forse è "voce dal sen fuggita":


la democrazia, oltre ai tanti meriti, ha pure la debolezza di essere esposta, più che altri regimi, al vuoto intellettuale e valoriale


E' un'affermazione grave, oppure equivoca.
Premessa: parlo della democrazia come sistema politico astratto, quindi non dei sistemi politici storicamente realizzati, quindi imperfetti, incompleti, confusi, ecc. in una parola: umani. In un sistema democratico perfetto i cittadini - l'ho già detto - sono partecipi, informati, razionali e - ora aggiungo - dialoganti. Elemento fondamentale della democrazia è il kantiano "uso pubblico della ragione"; si deve discutere, devono confrontarsi idee e progetti, per poi infine deliberare; ovviamente il confronto implica tolleranza e condivisione di principi quali la libertà di pensiero e di espressione e conseguentemente il rifiuto della prepotenza e della manipolazione delle idee. Se è così la democrazia è proprio il contrario del nichilismo, non c'è un vuoto intellettuale e valoriale bensì un pieno, poiché quelle dei cittadini (uso un'espressione di Montaigne) hanno "teste ben fatte", sono una comunità intenta a darsi fini e decidere azioni. Ma proprie perché si tratta di una comunità dialogante il comportamento morale, intellettuale e politico che le si addice è quello relativistico, non fideistico e non assertivo. Quello assolutistico, fideistico e assertivo è invece tipico dei dispotismi e dei totalitarismi; è in questi sistemi politici che c'è una Verità in cui avere fede, questi sì hanno sudditi (non cittadini) costretti a vivere in vuoto valoriale e intellettuale.
Ovviamente, lo ribadisco, sto argomentando in astratto, la realtà è ben diversa, tant'è che ho detto che piuttosto dovremmo parlare di sistemi demagogici invece che democratici, in cui mi pare ci sia un dispotismo sotterraneo, che si realizza non con la prevaricazione e l'indottrinamento ma con le subdole armi della propaganda, della persuasione, della disinformazione, dell'educazione,  a cui purtroppo ora deve aggiungersi il nefasto fenomeno del narcisismo indotto dai social media, che inondano il mondo di bischerate e asserzioni ideologiche fantasiose.
Ora: il concetto di nichilismo è talmente vago e usurato che mi è perfino difficile trattarne; direi che c'è una versione forte del nichilismo, quel "tutto è vano" dell'Ecclesiaste biblico, che si risolve appunto nel fideismo: poiché nulla è vero dobbiamo solo avere fede in Dio; e una versione debole che trova nella cosiddetta mancanza di Verità l'alibi per detestare la vita, coltivare l'ansia di catastrofi, giustificare ribellioni metafisiche (per quel che valgono); questo nichilismo debole, ma retoricamente forte,  ha partorito nella storia ideologie violente. La democrazia invece partorisce pensieri deboli, perché discutibili, flessibili, revocabili di fronte a nuovi fatti e nuove argomentazioni. Direi che nel pensiero dialogante e tollerante del sistema democratico conviene togliere l'iniziale maiuscola alla parola Verità: Qui mi fermo perché dovremmo entrare in una discussione ontologica e gnoseologica che non mi attrae per nulla; però ho un suggerimento; si potrebbe sgombrare il campo dall'ingombrante nichilismo e usare piuttosto la prospettiva dello scetticismo (non quello assertivo di Pirrone, che ci rinchiuderebbe nel solito noioso paradosso della Verità che la Verità non esiste, bensì quello più semplice di Carneade e Arcesilao, nonché del mio stimato Bertrand Russell). Quindi concludo affermando che la democrazia induce allo scetticismo, non al nichilismo.
Ecco la risposta che dovevo a Bobmax.

P.s. grazie per il benvenuto, ma io non sono un nuovo ospite, perché in questo forum ci sono stato in passato e ora vi sono ritornato. Perché? Perché sono incoerente: essendo, oltre che un vecchio frequentatore del forum, un vecchio ( pure in senso anagrafico) filosofo, della filosofia  - dopo tanto studio e tanta riflessione - mi sono stufato, riconoscendone l'inutilità; mi ero allontanato dunque dalla filosofia e da questo forum; però - incoerentemente - non riesco a sottrarmi al suo fascino. Quindi (ma forse c'entra anche il fatto che ora sono in pensione e quindi devo passare il tempo) rieccomi.

Ipazia

Bentornato. In un forum di filosofia c'è pure bisogno di qualche filosofo professionale. Non c'è incoerenza nel tuo ritorno ad occuparti di filosofia. Tra tanti tecnocrati, tecnoscienziati e apprendisti stregoni  forse solo la filosofia ci salverà. In ciò sta il fascino.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

L'esistenza è comunicazione.
Tuttavia non sempre la comunicazione è possibile.
Non lo è soprattutto quando manca ciò che la fonda.

Questo fondamento è la fede nella Verità.

La democrazia offre le migliori possibilità per l'affermazione della fede nella Verità e quindi della comunicazione.
Tuttavia è pure l'occasione per un liberi tutti. Dove ognuno si sente in diritto di affermare ciò che gli pare, persino le più evidenti assurdità.
Ma sente di avere questo diritto per il semplicemente motivo che non ha fede nella Verità.

Di modo che anche in democrazia occorre prudenza nell'offrire credito ad ogni interlocutore.
Perché questo credito può essere sprecato se non persino controproducente.
Si tende la mano, ma con vana speranza, perché in effetti non vi sono le condizioni per una effettiva comunicazione.

Dopo aver provato più volte inutilmente, occorre necessariamente ignorare l'interlocutore. A costo di affrontare il silenzio totale. In attesa che una voce sincera possa nuovamente farsi udire.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

Penso che il nesso nichilismo/democrazia debba essere arricchito da un altro nesso che affiora bene negli interventi di Alexander. Ovvero il nesso elevazione/democrazia, intendendo con elevazione il processo di arricchimento culturale dei membri del "circolo democratico". Per quanto non fosse reale democrazia plebiscitaria, questo nesso ha funzionato a dovere negli anni dell'age d'or della borghesia, ovviamente facendo pagare un prezzo altissimo (ovvero genocidi nel terzo mondo e dominio sul proletariato nel primo). Dopo gli esperimenti totalitari e i magnifici quaranta (ovvero gli anni in cui le democrazie occidentali hanno dovuto concedere molto per concorrere contro il socialismo reale), ora la democrazia, apparentemente universale, diventa sempre più un simulacro perché non è sostenuta da una adeguata formazione di ogni cittadino e da un riequilibrio nella distribuzione delle risorse. Le due cose non sono indipendenti, salvo per Diogene, ma dubito di trovarne in numeri quantitativamente democratici.
Come appunto scrive in modo brillante Alexander, la democrazia dovrebbe ossimoricamente perseguire obiettivi aristocratici, allargati a tutti. Ciò facendo però ci si avvicina a modelli, paradossalmente egalitari che mettono in crisi la gestione del potere politico, attualmente in mano alle corporation internazionali ( mai, come oggi, è contemporanea la definizione di Marx sul potere politico come "comitato d'affari" del sistema economico.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

niko

Io penso sempre che la democrazia, nelle sue forme storiche, nel bene e nel male è sempre stata solo una democrazia d'elite, una democrazia delle elite: se la seguiamo un po' nel suo percorso storico reale, comincia come la democrazia assembleare dei maschi autoctoni proprietari di schiavi e di mogli in condizione di servitù, con assoluta esclusione appunto degli schiavi, delle donne e degli stranieri non assimilati.


Il modello di perfezione della società che nella democrazia antica si persegue, direi l'areté come perfezione e virtù, ha per base, di riflesso, un grado minimo di perfezione richiesto ai membri stessi dell'assemblea per essere tali, che sono emancipati dal lavoro manuale e di sopravvivenza, perché un certo numero di inferiori, appunto donne, schiavi e stranieri, svolgono il lavoro manuale e di sopravvivenza anche per loro: in generale, è l'uomo emancipato dal lavoro, tendenzialmente grazie allo sfruttamento del lavoro servile di un altro uomo, che può occuparsi dei quattro punti fondamentali intorno a cui direi si struttura nucleo etico e valoriale di tutto l'occidente antico, quanto meno pre-medioevale, nel valutare come degno, o buono, uno stile di vita umano rispetto a un altro: quattro punti che elencherei come: guerra/atletica (come professione, pensiamo agli spartani, o agli atleti olimpici antichi), filosofia/religione, arte, e, ultima ma non meno importante, politica come professione (cursus honorum tutto il pensiero antico sul buon governo).


Ricapitolando quindi, solo chi ha la tavola imbandita può fare il guerriero di lavoro, solo chi ha la tavola imbandita può fare l'artista di lavoro, solo chi ha la tavola imbandita può fare il "filosofo", nel senso antico del termine, di lavoro (filosofia che, vale la pena di ricordarlo, nel mondo antico era un esercizio spirituale per la felicità e dunque una condizione di vita totalizzante, non una questione accademica o al limite dilettantesca come è adesso), solo chi ha la tavola imbandita può fare politica di lavoro, e anzi gli antichi avevano già ben capito che più un politico è già ricco di suo, meno è tentato di farsi corrompere e quindi di danneggiare il bene pubblico per il suo bene privato. Ma i valori del guerriero, del buon governate, del filosofo/sacerdote e dell'artista, sono, i valori dell'uomo antico civilizzato, non esiste un riconoscimento etico del lavoro manuale se non come premessa a tutto il resto, quindi il rapporto tra ideologia e realtà nel mondo antico è col senno di poi più facilmente leggibile: una assemblea elitaria ritiene di funzionare secondo valori elitari, che i membri dell'assemblea sanno essere tali. Tale assemblea è l'unione degli uomini liberi che sanno di essersi resi tali grazie all'asservimento degli altri, l'attività del loro "spirito", corrisponde in gran parte ad una cessazione effettivamente reale della loro manualità (da un punto di vista prettamente manuale non fanno niente tutto il giorno), e a un abbassamento del livello di urgenza dei loro istinti e bisogni elementari, fame, sonno, riparo eccetera.
Il valore del dialogo come modo per garantire la pace, si comprende abbastanza bene in questo contesto: vi può essere un'alternanza di potere tra fazioni nell'assemblea e quindi nel governo della città, ma nessun membro dell'assemblea ha interesse a che il meccanismo assembleare sia definitivamente sovvertito, quindi, mentre i primi filosofi denunciavano le fallacie logiche e la condizione di vita mercenaria dei sofisti, i sofisti, che non erano degli scemi, già teorizzavano che il risolvere i conflitti tra gli uomini con la parola è una soluzione imperfetta, ma un male ben maggiore sarebbe prescindere completamente dalla parola, e risolverli con la pura forza. Il caos totale, in cui potrebbe dissolversi l'assemblea e dunque la stessa città se non si accettasse il dialogo come mezzo supremo di risoluzione dei conflitti, metterebbe in dubbio il diritto dell'uomo proprietario di schiavi ad essere mantenuto e non fare niente per occuparsi di cose "spirituali" tutto il tempo, e questo nessuno, degli uomini mantenuti, che si radunano in assemblea, lo vuole: da questo punto di vista, i sofisti e i primi filosofi sembrano più che altro in conflitto su quale e quanto, grado minimo di caos, in una comunicazione finalizzata alla persuasione intendo, sia accettabile.


Ma veniamo all'oggetto dell'argomento, alle democrazie moderne: le democrazie moderne sono, in parte, elitarie quasi come quelle antiche, nel senso che possono esistere perché un sistema-mondo, coloniale prima e neocoloniale poi, le fa esistere: il mondo non sarà mai tutto costituito da paesi democratici per come è allo stato attuale, perché alcune forme di dittature fanno in modo che stati oggetto di saccheggio e depredazione di materie prime rimangano tali, altre fanno in modo che il costo del lavoro in certi stati dove gli stati ricchi  "delocalizzano" rimanga basso, ci sono troppi interessi in gioco, e insomma il diffondersi della democrazia non dipende dallo spirito democratico, ma dall'assetto economico e geopolitico del mondo.


Però l'insieme dei votanti non è solo un'elite improduttiva, c'è un'integrazione di chi svolge lavoro manuale in quanto operaio, o impresa così piccola da prevedere il lavoro manuale del proprietario (esercenti, artigiani eccetera), e c'è quindi un'integrazione dell'etica del lavoro nelle ideologie delle moderne democrazie.


Nonché dell'etica della scienza, della tecnologia eccetera. La questione è che gli eletti sono tutti fancazzisti, ma gli elettori non lo sono, e questa è la grande differenza ideologica, di autorappresentazione, tra democrazie antiche e moderne: il discorso sul lavoro ci deve stare nella propaganda e anche nelle costituzioni, perché l'elettore deve avere quanto meno l'illusione, di votare qualcuno che rappresenti i suoi interessi: è anche per questo che valori filosofici, militareschi, o estetici, sono stati spazzati via da un discorso sulla solidarietà, sulla produttività, sulla tecnoscienza: i lavoratori non sono più dei disabili mentali a cui la miglior cosa che possa capitare è essere governati da un governante abile, un buon tutore per un tipo umano che non saprà mai trovare il bene in se stesso ma saprà al limite, con massimo sforzo, obbedire formalmente a morali esterne, come li vedeva per esempio Platone nella Repubblica, ora, ai giorni nostri, la democrazia ha assunto in sé l'aspetto cristianeggiante socialista del discorso, pretende di essere l'autogoverno di tutti e quindi anche dei lavoratori, e tutto si complica di conseguenza.
Però la falsificazione in senso popperiano del discorso cristiano-socialista applicato alla democrazia, la falsificazione dell'etica democratica del lavoro è immediata ed evidente agli occhi di tutti secondo me: se davvero le esigenze dei lavoratori fossero integrate nella democrazia, dato che il lavoratori sono di più degli improduttivi, possono formare stabilmente maggioranza e i loro partiti dovrebbero essere per definizione i più forti, la democrazia stessa non esisterebbe o esisterebbe in forma transitoria per diventare comunismo, dittatura del proletariato: se così non avviene, e così non avviene, perché la democrazia è una forma stabile, c'è qualcosa che non va nell'integrazione reale degli interessi del lavoro nella democrazia, e il discorso sull'etica del lavoro e sul progresso garantito dalla scienza e dalla tecnica è in gran parte falso, ideologico, perfino quello sulla solidarietà lo è, perché la solidarietà dovrebbe prevedere, un certo prevalere degli interessi della maggioranza su quelli dell'infima minoranza, evidentemente qualcosa neutralizza il "naturale" funzionamento della democrazia, e i moderni schiavi votano per i moderni padroni di schiavi e il sistema schiavistico si rinnova, cioè il fancazzismo degli eletti, in termini di potere e rapporto di forza, conta di più e plasma la forma di vita di più, della probabile e frequente vita lavorativa manuale e orientata alla sopravvivenza degli elettori.


Io direi che il pensiero democratico ha preso la strada sbagliata, ovvero a partire da un sogno in cui le macchine e l'intelletto generale, il sapere come potere, nelle democrazie moderne avrebbero avuto l'esatta funzione, sia pure a mutate condizioni, degli schiavi e delle donne nelle democrazie antiche, cioè avrebbero emancipato l'uomo dal lavoro manuale per orientarlo, in fondo, agli stessi quattro grandi valori dell'elite antichi "democratici": guerra, auspicabilmente sublimata dallo sport e dal perfezionamento fisico, (cosa che in fondo si rende necessaria perché le armi potenziate dalla tecnica stessa in tempi moderni arrivano a un livello di distruttività per cui la guerra in senso stretto è impossibile, o almeno è impossibile volerla, se si preme il bottone, finisce l'umanità, quindi si può supporre che a umanità esistente, il bottone non sia stato premuto), filosofia come perfezionamento spirituale dell'uomo data la conoscenza e l'accettazione delle condizioni della realtà, arte, e politica nel senso del buon governo: in questo primo modo di porre le cose, viene riconosciuta la durezza e il disvalore del lavoro manuale, e le macchine, la scienza, i valori recenti dell'occidente, sostituiscono gli schiavi e le donne, gli stranieri non integrati, gli inferiori in generale,  nell'essere l'elemento non valorizzato e oggettificato che mantiene e rende possibili tutti gli altri, in vista della possibilità di un'assemblea davvero universale, e quindi di una democrazia, davvero universale; l'oggettificazione delle macchine per la prima volta nella storia avrebbe potuto essere sfruttamento senza violenza, perché corrispondente alla realtà; le macchine sono, effettivamente oggetto, e come tale possono essere inserite al grado più basso nella scala di valori della società senza che questo comporti sofferenza inflitta a un essere cosciente, senza che questo comporti struttura di classe/casta e quindi, in linea generale, violenza. Quando le macchine li sostituiscono, gli esseri umani finora in condizione di debolezza, vengono lanciati verso la loro libertà, sostituiti in un modo a loro favorevole, espulsi dalla loro stessa sopravvenuta obsolescenza, ma verso una condizione migliore, di parità con gli altri uomini.


Un mondo libero può essere immaginato come un mondo in cui a tutti è possibile fare filosofia o buon governo nel senso profondo e totalizzante che gli antichi davano a questi termini, o fare arte, o essere sacerdoti e uomini sacri o donne sacre in un contesto politeista, insomma liberati dal lavoro dalle macchine e dalla conoscenza, avremmo potuto perseguire una perfezione, un auto perfezionamento, basato sulla virtù sia come possibilità di felicità che come forma riconoscibile dell'essere-umano, simile a quella che gli antichi perseguivano in quanto liberati dal lavoro attraverso lo sfruttamento dell'energia manuale dell'uomo. Lavorare magari due ore al giorno eccetera. Usando con più saggezza le nostre risorse, avremmo potuto fare le stesse cose che faceva l'elitie "democratica" degli antichi in condizioni diverse, inseguire i loro stessi valori in condizioni diverse. L'uomo vitruviano di Leonardo applicato ad ogni uomo, ogni uomo che diviene così.


Invece la modernità e la storia del mondo è andata in senso opposto, nel senso dell'integrazione del lavoro manuale e macchinico nella categoria dell'eccellenza, o quanto meno del riconoscimento sociale e giuridico dovuto e garantito.
Visto che si rinuncia al sogno, e si ammette che i subordinati e gli ultimi sono destinati a restare tali per un tempo indefinito/infinito, il sistema si abbassa a dare il contentino, le briciole, e ormai sempre più nemmeno quelle, per rappresentare le loro istanze. Ecco la linea di tendenza in cui si iscrive il fordismo il welfare state, tutto il discorso, sui diritti umani prima, e sul politicamente corretto poi. Quello che rende (rendeva) umane, sopportabili, le nostre democrazie.


E questo davvero ha posto una distanza assoluta, un essere su due piani diversi, tra noi e loro, tra la democrazia antica e quella moderna.


Areté, virtù, non è più un qualcosa che comincia contemplando il mondo con lo stomaco pieno e il contesto di ozio e agio che può avere chi è oltre la lotta per la sopravvivenza, è qualcosa che può valere per tutto e per tutti, in un universalismo che si pretende contro ogni evidenza già realizzato: perfino per macchine e animali umanizzati comincia a valere, nel pensiero contemporaneo, il concetto di virtù (da paperino alle intelligenze artificiali). A partire da qualsiasi posizione, si può parlare del bene e definire una forma.


L'essere poveracci, l'essere incatenati al lavoro, l'essere in condizioni di lotta per la sopravvivenza, dall'essere il problema di cui ci si doveva liberare nelle utopie della prima modernità, quelle progressiste, ha assunto dignità, e quindi, inevitabilmente, stabilità, pretesa di eternità, nelle utopie contemporanee, socialiste e totalitarie, neoliberismo compreso direi, per riprendere un po' quella distinzione tra utopie moderne e contemporanee di cui parlava Cacciari, in un recente video che è stato commentato sul sito. E se un certo tipo umano acquisisce dignità, i suoi oggetti più prossimi acquisiscono dignità, i suoi animali più prossimi acquisiscono dignità, inevitabilmente, diviene una questione di ambiente umano, di seconda natura, di ecosistema.


E dunque, come dicevo prima, non solo i poveracci hanno acquisito dignità, persino le macchine di per se stesse, le conoscenze di per se stesse.


Il discorso sul lavoro, il discorso sull'integrazione di chi non può, a prescindere dal volere, fare una vita spirituale e speculativa perché vincolato dalla necessità, comincia a entrare nell'ideologia della contemporaneità non come discorso provvisorio, ma come permanente, perdendo così ogni senso: se la democrazia universale sarà prima o poi realizzata, che senso ha fare dell'integrazione un valore? Se saremo emancipati dal lavoro, che senso ha fare del lavoro un valore? Se saremo emancipati dagli istinti, che senso ha fare degli istinti un valore?


Io non sono qui a dire se questa integrazione delle lotta per la sopravvivenza e del lavoro domestico, riproduttivo, manuale, biologico e chi più ne ha più ne metta, nella possibilità di felicità per come modernamente, e democraticamente, concepita, sia o no un bene. Non sono qui a dire se questa integrazione delle macchine e dei subordinati più o meno disperati nel discorso, e nel discorso che regge le nostre democrazie, nelle nostre costituzioni ad esempio, sia o no un bene.

Mi sento però di dire che tale integrazione non è reale, non è vera. Ad esempio se i lavoratori fossero al potere, sia pure nei limiti della democrazia, eleggerebbero rappresentati che farebbero i loro interessi. Se le donne fossero realmente al potere molti dei loro problemi e discriminazioni, tipo i femminicidi, non avverrebbero. Se i rappresentanti degli interessi degli animali fossero al potere, gli animali non sarebbero trattati come sono trattati.

Quindi, dovendo descrivere il presente, è l'improduttività degli eletti che catalizza il potere e la forma del mondo, non la presunta produttività degli elettori. Anche e soprattutto rispetto al discorso sulla democrazia. I politici sono un'assemblea di elite che prima di ogni identificazione ideologica è identificata dall'avere qualcuno che lavora e produce beni anche per loro, e il centro delle loro priorità è, e sarà sempre, mantenersi tali.













Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

viator

Salve niko. Citandoti : "I politici sono un'assemblea di elite che prima di ogni identificazione ideologica è identificata dall'avere qualcuno che lavora e produce beni anche per loro, e il centro delle loro priorità è, e sarà sempre, mantenersi tali".Bravo. L'hai fatta un pò lunghetta (appropriatamente) ma la conclusione è impeccabile. Naturalmente qualcuno della pattuglia idealistica affermerà - credendo di star facendo una osservazione acuta - che i politici non sono TUTTI così.

Che le "èlites" umane siano la semplice espressione evolutiva della necessità di rendere sempre più diversificata la vita per tutelarne il persistere (cosmico, planetario, o anche solo sociale - solo gli umani esprimono abilità fortemente differenziate tra un individuo e l'altro - vedasi l'intelligenza, la quale combinata con l'egoismo naturale genera la furbizia) rappresenta evidenza sgradevolissima per gli idealisti, perciò non verrà mai da loro ammessa.

Ma purtroppo furbi e sciocchi continueranno a rappresentare una implacabile maggioranza. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

L'arte di sfruttare il prossimo è antica quanto il mondo e nessuna forma politico-economica è riuscita finora a superarla, ottenendo semmai successi crescenti l'arte medesima, con forme sempre più complesse di realizzazione e ampliamento della forbice, materiale e ideologica, tra sfruttati e sfruttatori. Il passaggio dall'aristocrazia di sangue a quella di denaro non ha modificato la sostanza del processo storico, basato sul trasferimento ereditario da una elite all'altra di rendite di posizione costituite da strumenti istituzionali, culturali, militari ed economici per eternare il proprio dominio.
Una democrazia effettiva ci sarà solo quando saranno disgregate le istituzioni politico-economiche che disallineano i blocchi di partenza di individui e comunità e permettono forme istituzionalizzate di sfruttamento di entrambi. La presa d'atto dell'iniquità di questa pseudodemocrazia globalizzata alimenta nichilismo e cinismo.


pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

#54
Citazione di: bobmax il 10 Marzo 2021, 14:50:17 PM
La democrazia è probabilmente la miglior forma di governo possibile. In quanto più di ogni altra permette di soddisfare i bisogni dei cittadini. Tuttavia pare essere pure l'humus ottimale per lo sviluppo del nichilismo.

Ritengo che ciò dipenda dalla stessa libertà di espressione, che è imprescindibile in ogni autentica democrazia.

È proprio questo valore, che qualifica la democrazia, a favorirne però lo stesso abuso.

E con l'abuso avviene un liberi tutti, dove tutto è lecito. Si può affermare qualsiasi cosa e il suo contrario. Con la medesima sicumera, tanto è lo stesso...

Ma è davvero questa la libertà?
Poter fare e dire ciò che più ci pare?

E se dico qualcosa di sbagliato che male c'è? Siamo in democrazia, che diamine!

L'abuso non può essere impedito efficacemente in democrazia, perché limitare la libertà di espressione è cosa delicata, si rischia di perdere noi stessi rinnegando ciò che ci fonda.

Di modo che la democrazia, oltre ai tanti meriti, ha pure la debolezza di essere esposta, più che altri regimi, al vuoto intellettuale e valoriale.

Vuoto che non può essere sanzionato per legge. Pena il non essere più in democrazia.
Ma che deve ogni volta essere respinto e stigmatizzato dagli stessi cittadini. Chiamati in prima persona a respingere questi tentativi nichilistici.

Questa azione civile di contrasto al nichilismo può avvenire solo
se nella società è ancora presente una fede nella Verità.
È a questa che occorre fare appello in noi stessi per denunciare le assurdità nichiliste.

Si può infatti solo rintuzzare, respingere il vuoto valoriale in cui il nichilismo vorrebbe far precipitare la società.

Perché con il nichilista non c'è ragionamento che tenga. Non è possibile alcun autentico confronto.
Questi sono possibili solo quando ci accomuna la fede nella Verità.


La democrazia è una forma di governo della polis, quindi politica e come tutte le strutture politiche ha dei limiti.  E' normale che se il potere di scelta degli eletti è del popolo emergano pregi e limiti del popolo. E' statistico se 1 voto= 1 testa che la media dell'intelligenza fra rarissimi geni e moltissimi bifolchi , penda verso i bifolchi. La democrazia è più "pancia" che "testa".


La dimostrazione è storica: se il popolo rappresenta di più gli strati "bassi" piuttosto che "alti", com'è che alla fine non riesce mai a portare avanti le reali esigenze popolari, ma vincono gli interessi utilitaristici dei "pochi", ricchi e potenti?
Una risposta è nella forma della rappresentanza degli eletti attraverso il suffragio universale, poiché questo è l'unico momento in cui il popolo ha il "potere". E' nelle maglie delle forme istituzionali ,nei codici, che vi sono alcune grandi contraddizioni. E qui il discorso sarebbe lungo, sulla storia dei partiti politici, delle associazioni, delle forme neo corporative.
La democrazia  ha una caratteristica rispetto alle altre forme, la non trasparenza dei poteri forti che si "nascondono" al popolo .


Il motivo che sta alla base è  semplice: la massa è ignorante e la democrazia è la libertà all'ignoranza.
La massa è manipolabile psicologicamente in tutto ciò che attiene alle scelte: dal consumo al voto politico . Per cui è facile capire che i manipolatori, come la pubblicità che spaccia bisogni-beni come format del buon borghese, sono i più importanti soggetti che stanno fra la massa  e il mondo reale, disegnandolo come "virtuale" nel senso di sogni speranze. I manipolatori quindi sono gli agenti spacciatori di sogni, dalla finanza, al politico, dal marketing pubblicitario ,ai mass media opinionisti. Il politico decade verso il populismo, quando ai veri e reali problemi del popolo, coglie l'emotività del popolo, la "pancia", e non certo la razionalità del governo , e allora "urla" da popolano , si scaglia contro i poteri costituiti come un popolano,  e dopo il populismo si ritende alla tirannia.


Se tutti hanno ragione tanto più gli argomenti sono general generici , tanto  meno il popolano tende da solo ad approfondire gli argomenti , a sudare nello studio che costa fatica e tempo, così che tutto si appiattisce tendenzialmente nel più basso livello standard dove pascolano  il gatto e la volpe .


La democrazia ha un enorme problema originario : i governi democratici non vogliono togliere l'ignoranza al popolo ,per cui non agiscono pedagogicamente, perché il consenso politico attribuito attraverso il voto e nel suffragio universale è la media infima fra il genio e il cretino e prevale necessariamente per numero il cretinismo e adatto che anche i "saggi" devono campare e devono scrivere "best sellers", la qualità politica, culturale, artistica tende a decadere con il trascorrere del tempo democratico .


Non sono anti-democratico, ma bisogna sapere i limiti della democrazia per capire come guarirla e la cultura anglosassone ha peggiorato la forma democratica sposando il privato piuttosto che il pubblico ,in quel moto :" ognuno per sé e "dio" per tutti". Le democrazie moderne sono praticamente peggiori di quelle antiche, quelle antiche come in Atene era forte già nelle famiglie oltre che nello Stato il concetto di formazione educativa "padeia" anche collettiva, in Sparta era addirittura spostata completamente sullo Stato . La scuola "pubblica" è non una invenzione storica acquisita , se è vero che ha innalzato lo standard di acquisizione nozionistica, poco forma ed educa .
I "ricchi"di oggi , quelli che hanno i denari, portano altrove i loro rampolli, li formano al comando non certo in scuole massificate dove vige naturalmente una selezione, anche se sono tutti promossi politicamente, perché è impossible seguire ad uno a uno gli alunni, gli studenti , seguire significa capire mancanze psicologiche prima ancora che culturali  e venti professori di materie diverse che pensano al loro stipendio innanzitutto e alla carriera, difficilmente sono "maestri" .....se non privatamente pagando lezioni. Il soffermarmi sulla formazione pedagogica nel tempo delle democrazie contemporanee è decisivo per capire la qualità di una educazione civica , di una formazione almeno sufficiente del dover essere dei cittadini e non una massa uscita dall'analfabetismo per conseguire il "pezzo di carta".
Il portare l'alunno allo studente dei master universitari , oggi più che mai, significa solo essere specializzati per la selezione del mercato del lavoro ,non certo a costruire il "cittadino".
Il risultato è: ignoranti eruditi. Se allora vige la mediocrità , il "genio" tende a rintanarsi a stare lontano dalla massa, dove ogni opinione vale un'altra e dove  chi urla di più "ha ragione".


La massa popolare, per sua natura, tende al conformismo della sicurezza, a qualche sogno e speranza da nutrire e ......al buon pastore che apre e chiude le stalle e le porta al pascolo.
Per la massa la libertà è l'apertura materica non per soddisfare bisogni, ma per emulare il "buon borhese" e appiattirsi nella sua im-moralità di uomo infelice(Hegel) e mediocre (Nietzsche).
La pubblicità ha talmente ben capito che il massificato vuole essere per sé o per la propria prole quel borghese da famiglia alla colazione con sempre 1 maschietto e 1 femminuccia, appartamento di lusso, sole dappertutto, sorrisi ebeti all'infinito, privi di problemi, privi di malattie, privi.....di cervello. E il politico è il pusher esso stesso dello "spirito di massa". Fin quando arriva ciclicamente l'uomo forte, il  pastore,  il timoniere, ecc. quello che rimette ordini e regole...... e che a sua volta decadrà per involuzione personalistica.


Qualunque analisi che non tragga origine dal chi è davvero e cosa consiste il "popolo" la demos-crazia, diventa elegia utopistica di un sogno che non si avvererà mai , cioè quando il popolo è romanticisticamente influenzato dai sogni avanguardistici culturali , questi ultimi falliscono inevitabilmente: come la storia insegna.

bobmax

Ciao Paul11,
concordo con la tua analisi.

Tuttavia questo "sogno utopistico che non si avvererà mai" non è proprio prezioso per il suo stesso naufragio?
Non è nel fallimento che ci ritroviamo costretti a fare i conti con noi stessi?

E il nichilismo non consiste proprio in questa sfida, dove siamo chiamati a scegliere per l'eternità, tra essere o non essere?
Ad affermare definitivamente cosa davvero vale?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Quale popolo ? Giapponesi, tedeschi, italiani, americani: tutti uguali ? Certamente simili, vista l'analogia del sistema dominante e delle regole del gioco, ma poi vi sono retaggi culturali antichi che non possono essere trascurati perchè alla fine ci troviamo forme di politeia (πολιτεία) assai diverse tra loro, geni compresi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

#57
 ciao Bobmax
Trovo che il naufragio sia rivelatore quando si mettono in discussione i paradigmi, se non è così è altra sofferenza che si aggiunge a sofferenza. Un' utopia poggia su ingenuità e illusione. Se è vero che anche le rivoluzioni necessitano di buone dosi di ingenuità e illusioni , è altrettanto e   più vero che il pallone una volta sgonfiato  lascia  un senso di vuoto che  non trova  rimedio: il disincanto è peggio di un'utopia. Il nichilismo si accompagna con il disincanto , nessuno crede ad un sistema e quel sistema va vanti da sé, o così sembra. E' l'inerzia esistenziale. Ma di questo poco si addentra e velocemente si ritrae il popolo , poiché  il popolo è quantità numerica, non qualità rarefatta.
Cosa vale davvero per il popolo, perché di democrazia e nichilismo si sta trattando,: una sicurezza, molta matericità e quindi economia, ben poca politica, quasi niente di educazione civica , tanto social da bifolchi e mass media che propinano cretinismo a getto continuo.
Uno dei paradigmi da mettere in discussione è proprio la sicurezza o meglio sapere che la sicurezza è limitata nella precarietà, perché la vita stessa è precaria e il destino si fa beffe dei progetti , basta poco , un cambiamento di vento per far cadere castelli di carte. Su questa fantomatica sicurezza tutti ci hanno manovrato: la banca è sicura per metterci il denaro, l'assicurazione copre il rischio e lo dice la parola as-sicur-are . Il naufragio è quindi all'ordine del giorno  e bisogna saper nuotare, essere pre-parati a cadere per poter rialzarsi  e io vedo invece sempre maggiore fragilità caratteriale, personalità ,di chi non è abituato a riflettere certi argomenti e si lascia stordire dal luna park con il gatto e la volpe. E' "normale" drogarsi in un mondo drogato per sentirsi "normale".


Ciao Ipazia,
la democrazia non nasce a caso nella sola tradizione occidentale, dovresti chiederti il perché?
Se le Città Stato come Atene hanno potuto sperimentarla per prima è perché non è affatto vero che gli dei dell'Olimpo fossero così "sacralizzati", era necessario vi fosse una prima forma di laicismo che impedisse che il monarca, o tiranno si imponesse come un "mandato" da Zeus. Su questa interpretazione hanno fallito parecchi  grandi nomi filosofici e uomini di cultura. La democrazia presuppone che gli uomini possano fare-da sé, indipendentemente dalle volontà divine. Gli dei nel sistema culturale dell'antica Grecia non erano così "divini" come si pensa ad esempio nei monoteismi . Un Socrate non avrebbe mai potuto dire ciò che esprime, contro il potere costituito in Atene, tanto da essere condannato . Il governante di Atene era visto come uomo, non come "dio" o "illuminato divino". Questo è un focus fondamentale per capire la stessa metafisica . Si poteva già allora pensare agli dei dell'Olimpo , ma nello stesso tempo credere nella metempsicosi della cultura orfeo-pitagorica e pensare al Bene, e allo stesso tempo criticare i governanti nell'Agorà.
Noi veniamo da lì, da quella tradizione che passerà poi per il diritto romano , dalle invasioni barbariche che via via invadendo Roma e l'Italia, impareranno anche le regole e ordini, e i romani  nei loro imperi lasceranno in vari periodi libertà di iniziative ai popoli sottomessi, cosa che nemmeno oggi gli USA fanno perché impongono la loro cultura e i loro prodotti sull'altrui cultura. I sincretismi fra barbari-Roma-Atene, hanno portato imperi europei latini e anglosassoni con varie vicissitudini storiche, ma nella Grecia antica non è così pregnante una Chiesa sacerdotale, non vi era invadenza di campo, ognuno stava al suo posto ed è proprio questo che permise il fermento culturale e la nascita della filosofia "staccata" dalla divinità e che quindi si interroga sulla natura, ma non come oggi intendiamo natura. E' questo clima culturale-sociale e certamente  anche il fatto che fossero potenze guerriere che hanno permesso il fiorire di un altissimo livello di pensiero .


La democrazia moderna è l'esportazione imposta di un "prodotto" per seminare il capitalismo . Il Giappone non l'ha scelta è stata imposta come servitù di guerra dagli USA, così come in Italia e in Germania, usciti perdenti dall'ultima guerra. Non funziona nel mondo dei clan e tribù arabe, devono prima passare per un laicismo  e i modi di "fare" occidentali , da invasori e conquistatori, li hanno rintanati nel fanatismo religioso speculativo nel politico , una forma di difesa. Gli antichi greci e   gli antichi romani forse ci sarebbero riusciti ,così come un Ciro persiano, perché erano meno stupidi, o più intelligenti, del cretinismo statunitense che ha il germe decadente del pensare prima  di tutto al business, agli affari soprattutto privati. Se gli inglesi sono tedeschi andati a male , gli statunitensi sono.........è  ovvio che una civiltà USA che ha segnato il  Novecento , nel suo decadere lento, ma continuo, porta con sé la decadenza dei suoi termini: la libertà e la democrazia moderna.


baylham

Citazione di: paul11 il 14 Marzo 2021, 23:34:59 PM

La democrazia ha un enorme problema originario : i governi democratici non vogliono togliere l'ignoranza al popolo ,per cui non agiscono pedagogicamente, perché il consenso politico attribuito attraverso il voto e nel suffragio universale è la media infima fra il genio e il cretino e prevale necessariamente per numero il cretinismo e adatto che anche i "saggi" devono campare e devono scrivere "best sellers", la qualità politica, culturale, artistica tende a decadere con il trascorrere del tempo democratico .


Il problema originario della democrazia è la non democrazia, l'antidemocrazia. Da dove nasce, che cosa mantiene la democrazia? Ovviamente dall'antidemocrazia, l'esistenza stessa della democrazia comporta l'esistenza dell'antidemocrazia.
Che cos'è la democrazia?

Per eliminare l'ignoranza bisogna essere tutti sapienti. Se tutti sono sapienti tutti sono mediocri. Ma il sapiente è un ignorante (Socrate).
Che cosa è la sapienza?

La maggioranza non è né geniale, né stupida, ma normale. Il genio dipende dalla normalità, se non c'è la normalità non c'è il genio. In statistica esiste una fondamentale distribuzione di probabilità che si chiama appunto normale, la cui forma viene attribuita al caso ("legge empirica del caso", De Finetti). Quindi Darwin, Einstein, Freud sono geni per caso, perché ci sono io, un mediocre, a scriverlo. Ma io sono "sulle loro spalle" (Merton, "Sulle spalle dei giganti").
Che cosa è la genialità?

Lo stesso dicasi del leader o dell'influencer che dipende dalla massa, quindi il leader è un follower e l'influencer un influenzato. Chi dipende da chi.
Che cosa è il potere?

Per capire la democrazia e le sue forme bisogna anche capire l'economia. Mi riferisco soprattutto a Adam Smith, che ha trattato dell'interesse e dei vantaggi (e svantaggi aggiungo io) dell'organizzazione tecnica e specializzata.


Ipazia

Citazione di: paul11 il 17 Marzo 2021, 01:36:36 AM
Ciao Ipazia,
la democrazia non nasce a caso nella sola tradizione occidentale, dovresti chiederti il perché? 
Dovrei chiedermi anche come si può chiamare democrazia una società schiavistica. Che forse uno schiavo se la passava meglio nell'Atene democratica che in qualche impero orientale o romano ?
CitazioneNoi veniamo da lì, da quella tradizione...
Lo so, infatti anche in pieno regime pandemico facciamo confusione tra democrazia e dittatura. La nostra è una democrazia a prescindere, come quella greca antica e quella americana:
CitazioneLa democrazia moderna è l'esportazione imposta di un "prodotto" per seminare il capitalismo . ......è  ovvio che una civiltà USA che ha segnato il  Novecento , nel suo decadere lento, ma continuo, porta con sé la decadenza dei suoi termini: la libertà e la democrazia moderna.
Decadenza se vi fossero state in Occidente libertà e democrazia. In realtà mai esistite: soltanto oligarchie con più o meno consolidate composizioni di classe.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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