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Del suicidio

Aperto da Eutidemo, 30 Settembre 2019, 15:30:48 PM

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Eutidemo

#90
Ciao Bob. :)
In ordine alle tue repliche, osservo quanto segue:

***
Riguardo a San Tommaso, avevo scritto testualmente: "Personalmente,io la vedo in modo un po' diverso, ma non è qui il luogo per parlarne", ed infatti, la faccenda è del tutto fuori tema.

***
Quanto a Cusano, se non ricordo male lui affermava che in Dio convivono i contrari poiché Egli è l'assoluto; e, quindi, la "contrad<<dizione>>" non ha senso, perchè di Lui nulla è <<dicibile>>.
Però rammento che Cusano diceva pure che, invece, nell'uomo "il principio di non contraddizione", che permette di riconoscere le cose secondo la loro differenza, è il principio primo della conoscenza;  rifiutando il quale, si abdica dal discorso <<dicibile>>, e tanto vale restare zitti (il che somiglia un po' alla mia distinzione di livello noumenico e fenomenico).
Cosa che anche io suggerirei, perchè non si può continuare a parlare negando la logica del linguaggio.

***
Al riguardo, in effetti, tu ammetti che "...i termini che uso, come "io", "tu", "me stesso" e compagnia bella sono necessari, perché il linguaggio si fonda sui qualcuno e sui qualcosa. Dovrebbero però essere intesi solo come strumenti necessari per la comunicazione, senza nessuna presupposta "verità" in loro stessi."
Se, però, devono davvero fungere da strumenti necessari per la comunicazione, allora un "significato reale", devono pur averlo; altrimenti ci si ridurrebbe a parlare di niente, senza alcuna reale comunicazione!
"Nomina sunt consequentia rerum!"
Dante  traduce: "Con ciò sia cosa che li nomi seguitino le nominate cose". (Vita Nuova XIII, 4).

***
Se poi i termini "io", "tu", "me stesso" e compagnia bella non hanno alcuna "verità" in loro stessi, allora io ti chiedo; ed allora quale mai "verità" ci sarebbe nel termine "verità"?
Anche questa, in fondo, è solo una parola! :)

***
Poi tu scrivi che ciò che si sceglie:
------------------------------------------------------
1) O era necessario che fosse scelto, ovvero era l'unica reale possibilità (il reale e il possibile sono il medesimo). E ciò a prescindere se determinabile a priori o meno.
2) Oppure... è intervenuto il caso!
Non vi sono ulteriori alternative.
------------------------------------------------------

***
Quanto ad 1), si tratta di una proposizione completamente "fallace", sotto due aspetti:
- dire che una cosa è necessaria,  equivale a dire è l'unica reale possibilità; e quindi, il tuo "ovvero" non ha alcun senso.
- dire che il reale e il possibile sono il medesimo, è palesemente "falso", in quanto "Ab esse ad posse valet, sed a posse ad esset non valet consequentia"; cioè, se una cosa effettivamente si realizza, doveva per forza essere possibile, ma il fatto che sia possibile che si realizzi, non significa affatto che poi effettivamente si sia realizzata. ;)

***
Quanto a 2), indubbiamente ci sono casi in cui è intervenuto il caso (morte accidentale), e casi in cui non è intervenuto alcun caso (morte volontaria); come qualunque medico legale della polizia scientifica potrebbe spiegarti. ;D

***
Quanto al mio "Ex nihilo nihil", se mi fai apparire una moneta dal nulla (senza trucco), ammetterò che si tratta di un motto sbagliato. :D
Ma non lo ammetterò certo solo perchè tu ti sollazzi in giochi di parole senza alcun senso compiuto: "Niente viene dal niente... nell'esserci, perché con "essere" e "non essere" noi, nell'esserci, intendiamo che "c'è" e che "non c'è", e mai l'ESSERE in quanto tale." ;D  ;D  ;D
Ma che stai a dì? ::)
E poi scrivi: "Ci credo che niente viene dal niente, nell'esserci! Perché qui domina il qualcosa. Che c'è, ora, solo perché, prima, c'erano altri qualcosa, che ci devono essere stati. Perché se non ci fossero stati... non ci sarebbe niente!" ;D  ;D  ;D
Ma ti rendi conto che stai scrivendo cose senza significato?
Se accettassi un simile modo di accroccare parole senza alcun nesso nè logico nè sintattico, ti potrei replicare:
"Il niente, però, viene dal niente, nel non esserci! Perché qui non domina il qualcosa. Che non c'è, ora, solo perché, prima, non c'erano altri qualcosa, che non potevano mai esserci stati. Perché se ci fossero stati... ci sarebbe qualcosa!". ;D  ;D  ;D
Ti soddisfa?

***
Quanto al fatto di avvertire ora come la mia  libertà di scelta sia un'illusione, se tu parti dal principio  che nessuna scelta è libera, allora dovresti onestamente avvertire che lo è allo stesso modo anche la tua.
Ivi compresa la tua specifica scelta di sostenere la  tesi per la quale nessuna scelta umana è "libera"; la quale, quindi, a sua volta non è affatto "libera", bensì è essa pure "condizionata"; di conseguenza, essa "non ha alcun valore dimostrativo".  
In altre parole, se non è libera la tua scelta di credere che le nostre scelte non siano libere, allora, forse, tu stesso implicitamente ammetti che potrebbero esserlo!
E, quindi, l'illusione sarebbe soltanto la tua! ;D

***
Quanto al fatto che la mia scelta non sarebbe libera,  solo perchè io la faccio in base a determinati motivi, se mi consenti, questa è davvero una assurdità; ed infatti ne conseguirebbe che la mia scelta sarebbe libera solo se fosse immotivata. ;D
Il che è semplicemente folle! ::)
Sarebbe come se un giudice condannasse l'imputato senza alcuna motivazione formulata in sentenza, al fine di evitare che la sua pronuncia venisse considerata come "non liberamente deliberata".

***
Quanto a Marco Vannini, lo adoro, ed ho letto tutti i suoi libri (e quelli da lui commentati); ma, se mi consenti, la mia interpretazione dei suoi scritti è radicalmente diversa dalla tua.
Tu non riesci a distinguere il fisico dal metafisico (o, se preferisci il fenomenico dal noumenico), per cui fai una confusione "colossale" tra livelli ontologici diversi.
Il che ci conduce ad un corto circuito logico comunicativo che non intendo alimentare oltre; per cui non risponderò più a tue ulteriori repliche di questi genere, le quali, oltre ad essere ossessivamente ripetitive non hanno assolutamente niente a che vedere con il mio Topic.

***
Un saluto! :)

bobmax

Ciao Eutidemo,
dovresti approfondire i concetti di "necessità", "caso" che sono semplici, ma proprio per questo difficili.
Così come l'oggettività in sé.

Forse allora il mondo si aprirà davvero davanti a te.
Con poche ma essenziali certezze.

 Altro che certezza riguardo al suicidio!

Ti lascio, per ora, in mezzo al guado.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

Un'ultima cosa, Eutidemo,
se tu i libri di Vannini li avessi letti per quel che c'è scritto, e non per quello che tu vorresti vi fosse scritto, avresti consapevolezza che per la mistica il libero arbitrio non esiste.
 
La constatazione di questa assenza TOTALE di libertà è alla base di tutto il pensiero mistico.
 
Ma se uno non vuole vedere, non c'è verso...
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Sariputra

Le statistiche ci dicono che in Italia la percentuale dei suicidi è di circa un abitante ogni ventimila. Al Nord ci si ammazza in media quattro volte più che al Sud. In Germania il tasso raddoppia rispetto all'Italia e, nei ricchissimi paesi nordici, addirittura quadruplica..
Paradossalmente più una società è ricca di benessere materiale e teoricamente piena di servizi alla persona, più ci si ammazza. Questo già fa riflettere sull'illusione della ricchezza materiale come foriera di felicità autentica...
Però questa convinzione è così radicata nelle nostre società che non ci rende conto che il "fare" e la produzione "artificiale" di felicità, produce spesso invece del malessere profondo...
Ci troviamo in una società iperstimolante, una società dell'informazione e della comunicazione, in perenne e sempre più frenetica trasformazione. In questo ambiente l'individuo si dovrebbe trovare, e si trova sempre più frequentemente, in una sorta di "oceano percettivo" e invece...in maniera quasi ipnotica, le sensazioni e le passioni paiono quasi "cristallizzarsi". Le passioni sono 'tristi', le esperienze cercate tendono all'effetto anestetizzante, vissute quasi in forma solipsistica. In questo contesto le relazioni tra individui non sembrano più tendere verso una condivisione di interessi, ma piuttosto verso un tentativo di sfuggire all'angoscia della solitudine. La solitudine stessa è sempre più vissuta in modo drammatico, rifuggendo così alla sua forza creativa...
Addirittura, per non rischiare di provare il dolore della perdita dell'altro, o di non essere accettati, non si rischia nemmeno più il contatto, alienandosi dalle relazioni con l'altro, dalla "fisicità" del contatto reale. Si fa così esperienza di relazione in modo sempre più virtuale. Relazione dove manca proprio lui: il Corpo...
La malattia e il dolore sono così terrorizzanti che, per qualsiasi banalità, si corre dal dottore o in farmacia (o da sedicenti guaritori...). Non c'è capacità nella 'mente' di stare con il dolore, almeno per un pò di tempo. Tempo per capire che noi e il dolore non siamo due cose diverse e distinte. Anche il dolore è parte di noi.
La relazione col dolore è primaria relazione con la "mentecorpo". Nessun progresso spirituale è realmente consistente senza la capacità di stare con il dolore, che non significa non voler guarire dalla sofferenza, ma solo di accettarla...
Questa è una domanda che mi pongo spesso; soprattutto nei momenti in cui non sto bene fisicamente: riesco a stare con questa sofferenza senza chiedere sempre un aiuto esterno? Lascio il tempo alla mente di abituarsi e al corpo di guarire naturalmente, senza tanti farmaci? Questo ovviamente è in controtendenza con lo spirito dei tempi.Spirito che mi dice che devo liberarmi in fretta dalla sofferenza. La sofferenza non mi appartiene, ci viene insegnato quotidianamente. E' normale, avendo un corpo, soffrire e starsene un pò così...tranquilli, quieti, come fanno gli animali quando sono ammalati. In natura si rallenta , noi corriamo....
Se non lasciamo al corpo il tempo necessario, la malattia curata col farmaco si ripresenterà ancora...
Alcune malattie necessitano dell'uso di farmaci, ma moltissime altre no.
L'importanza di saper stare con il proprio corpo, nel bene e nel male, e con quello degli altri attraverso il contatto fisico e non solo virtuale, quindi con l'inclusione, è probabilmente molto più efficace che non l'uso di terapie psicologiche o farmacoterapie varie, nell'aiutarsi a non maturare desideri suicidi. Purtoppo il suicida e il suicidio vengono ridotti a stereotipo dalla società e dai media. Uno stereotipo di tipo culturale.
Il suicidio, prima di maturare come atto, è un'idea, un'intenzione. Forse l'idea che con la morte si possa uscire proprio dalla frammentazione in cui si è costretti a vivere. Frammentazione che si alimenta nella mancata percezione di sé come unità di relazione non frammentata.
Sembra quasi che, chi si suicida, si ponga di fronte alla vita in modo così determinato da oltrepassare quasi la tenacia stessa che è nella vita. Come se, alla verità della vita, si voglia opporre un'altra verità...
Se lo vediamo così il suicidio appare quasi come un'"apertura", come una nuova dinamica di relazione. Infatti, per un'esistenza che è giunta alla disperazione e all'isolamento estremo, il suicidio può rappresentare l'ultimo atto  di una relazione.

Namaste  :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Hlodowig

#94
Buonasera amici,

per ciò che possa essere il pensiero che scaturisce dalla mente:

Penso, che Le statistiche, lascino il tempo che trovano.
Il suicidio ha fatto, fa' e farà sempre parte del vivere quotidiano.
Quello di cui si parla, credo, sia semplicemente il mal di vivere della società cosiddetta moderna.
È un vivere viziato da forme-pensiero-azioni, la virtualità non centra assolutamente nulla in se, per quanto mi riguarda, ma è solo un' altro mezzo, che in teoria, dovrebbe sconfinare nella conoscenza e non, come abbiamo modo di percepire, nell' alienazione.
Alla base di questo, credo che il vissuto, diverso per ogni mente, faccia la sua parte in questa illusione, che si definisce la rincorsa alla felicità.
Felicità fittizia, per quanto ci si sprechi in sontuose piroette e contorsionismi analitici, ma anche dotte riflessioni.
Proprio oggi, ne discutevo con dei signori, sulla pochezza d' animo delle persone in generale, sia queste in relazione comunicazionale interpersonale, sia queste in relazione comunicazionale professionale.
Si è freddi, si è cinici, si è randagi.
E la cosa peggiore di questo; e che ne si è consapevoli.
La solitudine, allora, che dovrebbe essere un' amica dei propri momenti interiori, diventa l' unica compagna di vita.
L' estraneità, che porta menti sensibili, ma anche forti, al gesto che sancisce l' abbandono di questo mondo o da questa realtà, scaturisce non dall' illusione di una serenità che va cercata, ma dalla presa di un atto di coscienza, che vede, sente e ode negli altri e che porta alle amare o felici conclusioni.
Dovremmo piuttosto riflettere alle cause, che non sono del virtuale che verrà più sempre concretizzandosi, piuttosto di ciò che ha portato a questo e in questo la storia, ci è di insegnamento, come sempre.

Che cosa si è fatto, che cosa si fa', che cosa si farà.

Alcuni, portano sulle loro spalle, il peso dell' universo.

Lascio qui il pensiero Libero di un Pier Paolo Pasolini, di cui stimo l' Uomo e non ciò che esso era o rappresentava per la società, etichettatrice di bigliettini da visita:

Citazione
In realtà lo schema delle crisi giovanili è sempre identico: si ricostruisce a ogni generazione. I ragazzi e i giovani sono in generale degli esseri adorabili, pieni di quella sostanza vergine dell'uomo che è la speranza, la buona volontà: mentre gli adulti sono in generale degli imbecilli, resi vili e ipocriti (alienati) dalle istituzioni sociali, in cui crescendo, sono venuti a poco a poco incastrandosi. Mi esprimo un po' coloritamente, lo so: ma purtroppo il giudizio che si può dare di una società come la nostra, è, più o meno coloritamente, questo. Voi giovani avete un unico dovere: quello di razionalizzare il senso di imbecillità che vi dànno i grandi, con le loro solenni Ipocrisie, le loro decrepite e faziose Istituzioni. Purtroppo invece l'enorme maggioranza di voi finisce col capitolare, appena l'ingranaggio delle necessità economiche l'incastra, lo fa suo, l'aliena. A tutto ciò si sfugge solo attraverso una esercitazione puntigliosa e implacabile dell'intelligenza, dello spirito critico. Altro non saprei consigliare ai giovani. E sarebbe una ben noiosa litania, la mia.

Grazie ✋

PS: al solipsismo, sostituirei volentieri il termine egotismo, forse meglio di altri, confacente al tempo dell' oggi.

Ipazia

La condizione mortale e la sofferenza sono parte insuperabile della condizione umana ed una educazione a convivere al meglio con esse é patrimonio di una buona filosofia. I problemi nascono quando si cerca di superare questi limiti con accrocchi illusionali di tipo fideistico trascendenti o immanenti. La disperazione e senso di inadeguatezza sono il risultato della disillusione cui questi accrocchi conducono. Nei casi più gravi l'esito può essere il suicidio.

Ma nelle statistiche fornite da Sariputra mi risulta faticoso individuare un'unica chiave interpretativa di tipo negativo. Ad esempio il dato potrebbe riflettere anche una maggiore sovranità sulla propria esistenza non più condizionata da dictat sovrannaturali. La quale sovranità, come nella caverna platonica, non è solo rose e fiori, ma anche un aggravio di responsabilità e consapevolezza di fronte al tragico mistero di una vita autocosciente che sa la propria ineluttabile finitezza e impara filosoficamente a convivere con essa. O decide conclusa la propria avventura esistenziale, soppesandone i motivi con socratico equilibrio.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Hlodowig

#96
Buongiorno amici,

Il quesito esposto, credo andrebbe e sarebbe meritevole di approfondimento.
Non tanto per i vari culti e religioni che si sono affaccendati e succedute e che si succedono ancora oggi, quanto piuttosto nei mezzi di comunicazione quali l' educazione in primis alla vita e in seconda istanza, all' istruzione.

Continuo ad essere dell' idea, che i feticci mentali e materiali, siano ben altra cosa e come questa cosa, venga astutamente e ripetutamente, inconsapevolmente o consapevolmente, portata avanti per indurre il bestiame al macero, almeno nel mio personale modo di intendere.

La prima, l' educazione alla vita, alla esistenza, dovrebbe avere come base la gestione delle emozioni e la relazione tra le loro varie sfaccettature, sfumature, increspature.

La seconda, l' istruzione, dovrebbe avere come base la gestione dell' intelletto e suo futuro sviluppo.

Tutto questo, tenendo conto delle spontanee capacità e dei tempi dei diversi soggetti.
Ma queste, son sicuro, son già cose che i più approfonditi in materia, sanno.

Secondo me, gli indici, sono solo numeri, numeri per lo più buttati li a caso e non profonde e relazionate documentazioni che han bisogno di anni, per poter essere quantomeno meritevoli di attenzione.
Ammenoché, l' organo che fa capo a queste ricerche, a queste statistiche, non sia dei più autorevoli e storicamente approvati dalle comunità, ma essendo io a digiuno di codeste cose, prendo personalmente il tutto con molta moderazione.
Per questo motivo, credo che debbano sempre esser prese con le pinze.
E sempre con queste pinze, potrei citare il numero abnorme di Giapponesi, tra studenti e docenti e impiegati, che ogni anno si tolgono la vita o più semplicemente, decidono di scomparire dal contesto sociale e difatti, azzerandone l' auto-contesto, in poche parole cambiando identità, emigrando per re-iniziare da qualche altra parte, almeno questo, i più cauti e attaccati alla vita.
Nella mia zona, per esempio, nel giro di circa 60 giorni estivi, si è assistito al suicidio di 4 o 5 giovani e se notiamo che i paeselli contavano circa 1000/2000 persone, allora quell' indice, dovrebbe essere rettificato un poco.

Credo, non bisogna andar tanto lontani per capire, che in regime di povertà, a tutto si pensa meno che al suicidio, ma a ben vedere, capita anche li, questo, indifferentemente dalla ricchezza, sia essa materiale o spirituale acquisita.

Se prendiamo come atto la tabella qui ivi riportata:
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Stati_per_tasso_di_suicidio

Possiamo notare, che tra i paesi a più alto tasso di suicidio, figurano l' India e l' Africa, certo non tra i paesi a più alto reddito, ed il tutto, in proporzione alla popolazione locale.

Da quella tabella inoltre, si evince che l' Italia è tra quelle in cui il tasso di suicidio è uno dei più bassi.

Credo che come riportato da questa citazione, il tutto dipenda da come ci si pone alle future generazioni, con l' occhio e la testa dell' oggi:

Citazione
Genericamente depressione e abuso di alcol rappresentano il principale fattore di rischio nei paesi industrailizzati, mentre esperienze di violenze, abusi e guerre sono i principali fattori di rischio nei paesi a basso reddito.
Per tutti l'elemento "incapacità di vedere un futuro" diventa centrale e determinante.

Quanto alla sofferenza, credo, non sia da attribuire alla fase della fanciullezza (in quel periodo, tutto sembra bellissimo, ci si diverte, si è spensierati, la felicità sembra a portata di mano), ma a quella dell' adolescenza, ovvero mediamente a partire dai 14-16 anni. (fase molto delicata questa, in quanto tutto ciò che si è acquisito nella Prima società, che personalmente proietto nella famiglia e nella parentela, quindi alle persone a noi più vicine, quindi micro-società, faccia da ponte alle relazioni con l' esterno)
È in questa fase, che secondo me, ci si trova a scontrarci con dei muri, fase in cui l' idealizzazione, si scontra con la realtà dei fatti, cosa alquanto scontata ma mai presa troppo sul serio.
Poi si arriva all' eta adulta, come da costituzioni e leggi, poi si matura, come da esperienze vissute ed infine si dovrebbe quantomeno, rientrare in quella che è la fase della ragione. (Cosa alquanto rara oggi, sempre secondo il mio personale punto di vista e riferito al numero sempre più crescente di imbecilli e incompetenti, di bambole e di manichini)

Quel che rimane, penso lo si sa già tutti.

Il problema non viene dall' alto, ma viene dal basso, almeno questo, è quello che penso al momento e io, all' uomo nero, non ci ho mai creduto, piuttosto, ho preferito scavare degli abissi nel mio deserto.

È l' incapacità al meravigliarsi, al sognare ad occhi aperti;

ciò di cui voi venerabili parlate, ed è in definitiva la ricerca dell' equilibrio, che per me, è cosa facile a dire, ma assai difficile a realizzare o quantomeno, a mantenere (ma io speriamo che me la cavo), visto che da quegli abissi ne sono uscito (almeno credo) e li, di fiaccole e riflessi sui muri, neanche l' ombra, in compenso però, una maggiore consapevolezza acquisita, un modo di sentire diverso e una certa serenità ritrovata e che in alcuni momenti, si avvicina alla gioia. ( a tal proposito, approfitto e ringrazio l' amico @Jean, della essenza comunicatami in altro luogo)

Alla luce di questi nuovi dati, posso chiedervi, amici, cosa ne pensate?

Grazie ✋

Ipazia

Citazione di: bobmax il 09 Ottobre 2019, 15:19:10 PM
Vorrei pure notare come il Nulla non sia una certezza, ma la necessaria conclusione (sintesi) a cui il pensiero logico/razionale perviene analizzando il mondo.

Il pensiero logico (ir)razionale nichilista che neppure un suicidio divino riesce a redimere dal suo tanato-logico conatus. Pensiero perfettamente rappresentato dagli scarponi chiodati dell'ebreo errante, perennemente in attraversamento di deserti guerreggianti verso terre promesse da antichi e nuovi testamenti, ancorato ancora più di Sisifo al suo eterno err(a/o)re.

Quando basterebbe, per porre fine all'errore, fermarsi, togliere gli scarponi e sentire sotto i piedi il respiro del deserto, come insegna  l'altro  ebreo che, goccia dopo goccia, col sudore della sua intelligenza, feconda il deserto riportandolo  alla vita, alla verità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2019, 08:10:27 AM
Citazione di: bobmax il 09 Ottobre 2019, 15:19:10 PM
Vorrei pure notare come il Nulla non sia una certezza, ma la necessaria conclusione (sintesi) a cui il pensiero logico/razionale perviene analizzando il mondo.

Il pensiero logico (ir)razionale nichilista che neppure un suicidio divino riesce a redimere dal suo tanato-logico conatus. Pensiero perfettamente rappresentato dagli scarponi chiodati dell'ebreo errante, perennemente in attraversamento di deserti guerreggianti verso terre promesse da antichi e nuovi testamenti, ancorato ancora più di Sisifo al suo eterno err(a/o)re.

Quando basterebbe, per porre fine all'errore, fermarsi, togliere gli scarponi e sentire sotto i piedi il respiro del deserto, come insegna  l'altro  ebreo che, goccia dopo goccia, col sudore della sua intelligenza, feconda il deserto riportandolo  alla vita, alla verità.

Ma è proprio l'altro ebreo, che riporta alla vita il deserto, ad agire in nome del Nulla.

Perché quel Nulla... è Dio!
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

No, agisce in nome dell'umano che é qualcosa, non Nulla.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Citazione di: Ipazia il 18 Ottobre 2019, 23:02:00 PM
No, agisce in nome dell'umano che é qualcosa, non Nulla.
Quando pianti un albero, dissodi un terreno incolto, semini, ... hai senz'altro dei motivi per farlo.

Ma ve ne è uno che li racchiude tutti e li supera: la fiducia di fare la cosa giusta, a prescindere da qualsiasi possibile ritorno.

Questa fiducia è fede nel Nulla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

L'induzione non è fede nel Nulla, ma in qualcosa di già sperimentato. Cui si aggiunge la fede nell'atto creativo. Da sperimentare. Nel fare ciò dal Nulla emerge qualcosa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Citazione di: Ipazia il 19 Ottobre 2019, 07:31:16 AM
L'induzione non è fede nel Nulla, ma in qualcosa di già sperimentato. Cui si aggiunge la fede nell'atto creativo. Da sperimentare. Nel fare ciò dal Nulla emerge qualcosa.

Sì... ma non vi è solo quello.

La fatica e le difficoltà ti fanno domandare se ne valga davvero la pena. E il tuo pensiero razionale ti frena, convinto che sarebbe più utile e vantaggioso fare altro.

Ma tu prosegui ugualmente, insensatamente...
Perché sei nel giusto, nonostante tutto.

Quel campo dissodato sarà un giorno fonte di bene, quando magari tu non ci sarai più, così come nessuno dei tuoi cari.

Oppure, addirittura, ritornerà in breve a inselvatichirsi, senza aver prodotto nulla.
Ma tu sei fiducioso egualmente, perché stai facendo quel che è "giusto" ora fare.

E lì è l'eternità.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Non c'è nulla oltre il deserto, nulla tolto l'ultimo velo di Maya. Abbiamo dovuto diventare adulti e oltrepassare l'età della teologia e della metafisica dell'assoluto per accettarlo. Ma abbiamo potuto accettarlo solo dopo  aver imparato a fare nascere la vita dal deserto.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

Citazione di: Ipazia il 20 Ottobre 2019, 13:18:02 PMNon c'è nulla oltre il deserto, nulla tolto l'ultimo velo di Maya. Abbiamo dovuto diventare adulti e oltrepassare l'età della teologia e della metafisica dell'assoluto per accettarlo. Ma abbiamo potuto accettarlo solo dopo aver imparato a fare nascere la vita dal deserto.

E questo è propriamente il 'nichilismo' di cui noi tutti siamo impregnati fino al midollo...perché anche la vita che nasce nel deserto è in definitiva "nulla"...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

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