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Del suicidio

Aperto da Eutidemo, 30 Settembre 2019, 15:30:48 PM

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Eutidemo

Ciao Bob.
Io sostengo esattamente il contrario di quanto mi attribuisci, in quanto, per me, esiste una sola ed "unica" REALTA', che, però, si manifesta con modalità diverse a seconda del particolare livello che stiamo considerando; il "noumenico" corrisponde alla trama ed il "fenomenico" all'ordito di uno stesso identico tessuto...non di due tessuti diversi.
Sei tu che confondi capre e cavoli!

***
E' ovvio che quando scrivo il fenomenico finisce per prevalere sul noumenico; la cosa è inevitabile perché il mio IO individuale (che sta scrivendo in questo momento), corrisponde ad una delle tante realtà fenomeniche del livello fisico della realtà.
Come te, d'altronde!

***
Proprio stanotte ho sognato che discutevo con altre due persone proprio su questo tema, e ciascuna delle delle due sosteneva una tesi diversa dall'altra (e dalla mia): poi mi sono svegliato, e mi sono accorto che eravamo tutti e tre UNO.
La REALTA' UNICA può avere diversi livelli, ma questo non ha niente a che fare con il DUALISMO.

***
Quanto al fatto che il "noumenico" diventa una "speranza" che non ha però (necessariamente) alcun riscontro "esperenziale", questo è falso "a contrario"; ed infatti, l'albero  che io "sperimento" è solo un'immagine mentale, che io "presumo" sia provocata da un ente esterno "albero in sè" (noumeno), che, però, constato di non poter "sperimentare" direttamente in alcun modo.

***
In ogni caso, quanto a "speranze", lo stesso si può dire della tua idea che l'"io" non esiste; ma, almeno, la mia "speranza", o meglio "visione", sebbene possa essere meramente "illusoria", almeno non è "autocontradditoria" come la tua.
Ed infatti, ovviamente, tu non puoi "esserci" e non "esserci" allo stesso tempo, se non:
- in senso poetico e metaforico;
- in senso metafisico, cioè che il tuo "io" attuale ed "esistente", è solo un'onda nel "sè", cioè nel mare dell'essere.

***  
E' evidente che quando dico che si nasce e si muore "uti singuli", ma "sub specie aeternitatis" nessuno nasce e nessuno muore, sto appunto ribadendo l'UNICITA' della realtà, sia pure sotto diversi aspetti.
Ma possibile che io non riesca a spiegarmi?
Per fare un esempio, la terza A e la terza B, sono due classi diverse, cioè, in analogia, due realtà diverse; ma gli "alunni della  terza A" e la "classe terza A", non sono due realtà diverse, bensì la stessa realtà vista sotto la prospettiva degli alunni "uti singuli", e della "classe" di cui sono membri provvisori.
Quando gli alunni "uti singuli" prendono il diploma, la classe resta; perché si tratta di due livelli concettuali diversi.
Ovviamente, si tratta solo un esempio a livello di logica, che "ontologicamente" non calza, perché l'IO individuale ed il SE' universale, hanno un rapporto identitario, per così dire "metafisico".
Ma il dualismo non c'entra assolutamente niente.

***
E' in "re ipsa" che l'Essere assoluto sia privo di parti, perché se lo fosse sarebbe l'Esistere nelle sue singole manifestazioni;   le parti esistono, eccome, ma solo a livello "fenomenico"!
Noi siamo tutti come frammenti di uno specchio rotto di cui eravamo parti; ma ogni frammento, sia pur separato dagli altri, non può che riflettere l'immagine di un unico sole!
Dove mai sarebbe la contraddizione?

***
Quanto dico, ha ovviamente a che fare con la mia specifica cosiddetta "erudizione", perché, ovviamente, chiunque (te compreso) non può che esprimere le idee che ha maturato  in base alle sue esperienze, di vita e di lettura; quanto all'inutilità dell'erudizione nella ricerca della Verità, possiamo anche essere d'accordo.
Ma che cosa è la  Verità?

***
Quanto alla "modestia autentica", secondo me è un'illusione; perché (a cominciare dal sottoscritto) non si può essere mai "veramente" modesti.
Al massimo, ci limitiamo a vantarci della nostra modestia!

***
Quanto al cartello sullo specchio, hai perfettamente  ragione;  tale bisogno deriva dal timore di non aver fatto ancora tutto ciò che c'è scritto.
Bella scoperta: altrimenti che ce l'avrei attaccato a fare, se non ne avessi avuto bisogno?
Tu non ti fai mai il nodo al fazzoletto?
Ma oggi i fazzoletti sono tutti di carta, per cui la cosa non è più possibile!

***
Che c'entra la "dottrina" e la solita (ovvia) osservazione che "la mappa non è il territorio"?
Sono perfettamente d'accordo, ma tu che cosa ne sai di quello che io "vivo" o non "vivo"?
E, soprattutto, cosa ne sai di come io maturo ed elaboro interiormente quello che leggo?
Le mie tappe, o, se preferisci, il mio "processo di ricerca" come dici tu,  consistono in:
- lectio,
-meditatio,
-oratio
-contemplatio
Se cè qualcuno che riesce subito a saltare all'ultima tappa, buon per lui.
Chapeau!

***
A dire il vero, a volte imprevistamente, altre volte a seguito di meditazione "asparsa yoga", mi capita effettivamente di avvertire la non-dualità; e non soltanto per sentito dire, o per aver letto molto al riguardo, ma direttamente ed a volte in modo molto "intenso".
Però, non sono così ingenuo da non ammettere che potrebbe essersi trattato solo di autosuggestione; non penso, perché conosco alcune tecniche per evitarla, ma, ovviamente, non posso  averne la certezza.

***
Il buffo è, invece, che tu mi accusi continuamente di avere "certezze", che, invece, io non ho mai avuto né ho mai preteso di avere (salvo che nei ristretti limiti della logica fenomenica), mentre invece "sei tu" ad essere categorico nell'affermazione di tue presunte "certezze".
Non te ne accorgi?

***
Ed infatti, a parte l'intrinseca contraddittorietà, anche sintattica, di alcune tue "certezze", come quella del "...nulla in tutte le cose dell'esserci..", anche se non fossero intrinsecamente contraddittorie, tu le postuli come se fossero una "verità rivelata".
Dove mai sarebbe il marchio di garanzia, di VERITA' ASSOLUTA di ciò che affermi?

***
Un saluto!

P.S.
Se vuoi possiamo aprire un'altro TOPIC sulle "verità ultime", ma questo è dedicato al "suicidio", per cui non accetterò più repliche se non a tale SPECIFICO riguardo.
Tu hai già osservato che secondo te il suicidio non esiste, perché non c'è nessuno che si possa suicidare, ed io ho archiviato tale "koan"; adesso, però, basta a starci a girare intorno OT.
Non ho mai visto un essere "inesistente" così "insistente"!
E' solo una battuta senza alcuna intenzione offensiva, perché ti stimo molto, e mi sei anche molto simpatico!

bobmax

Di fronte alla morte dell'altro ogni parola suona falsa, in particolare in caso di suicidio.
Tuttavia ritengo che una valutazione generale, sull'effettiva libertà di un gesto come il suicidio, possa comunque essere fatta.
 
Vi possono essere diverse concause che determinano questa scelta. Ma affinché sia davvero una scelta libera, almeno una di queste deve necessariamente:
 
1) Essere incondizionata, ossia non dipendere a sua volta da altre cause.
 
2) Coincidere con l'"essenza"  dello stesso suicida.
 
Cioè deve essere proprio "lui" la causa. Un "lui" inoltre che non sia a sua volta condizionato nella sua scelta.
Almeno non totalmente condizionato.
E' quella "porzione" incondizionata di "lui" ad essere necessaria per poter affermare che la sua scelta è libera.
Se questa incondizionatezza, pur minima, non esiste, la sua scelta non è libera.
 
La sofferenza fisica, per esempio, pur essendo in alcuni casi bastevole per causare il suicidio, non è di per se stessa una causa sufficiente perché sia un atto libero. In quanto condizionato appunto dalla stessa sofferenza, che non può certo essere ascritta a "essenza" del suicida, ma semmai al condizionamento a cui egli è sottoposto.
 
Lo stesso dicasi per la sofferenza psichica. Così come un qualsiasi ricordo, più o meno sgradevole.
E' il ricordo la causa, non chi ricorda.
 
E in generale, laddove compaia un "motivo" che non sia lo stesso suicida, ma solo con lui interagente, possiamo escludere che questo motivo dimostri la libertà di scelta.
 
A questo punto si potrebbe obiettare che il "motivo" è lo stesso suicida, nella sua autonomia decisionale.
Cioè capace di decidere senza un perché che non sia lui stesso.
 
Per accettare questa tesi dovremmo però, se non individuare, almeno supporre una area fisica, nel corpo del suicida, che contenga una "centrale decisionale" in grado di scegliere autonomamente a prescindere dal passato suo e della realtà che la circonda.
 
Questa "centrale" nella sua scelta dovrebbe perciò non essere condizionata né da ciò che l'ha originata, né da ciò che dall'esterno l'ha fatta eventualmente evolvere, e neppure da quanto è avvenuto e avviene fuori di essa.
Ma allo stesso tempo, questa stessa centrale non dipendente da nulla nella sua scelta, se non da se stessa, dovrebbe essere in grado di influire sulla realtà esterna!
 
Cioè un assurdo fisico.
 
Sarebbe infatti un "qualcosa" che sfida  la nostra interpretazione fisica della realtà. Agisce sulla realtà esterna ma ne è immune!
Perciò impossibile nell'esserci, per essere davvero esistente dovrebbe necessariamente trattarsi di un fenomeno trascendente il nostro mondo.
 
Se escludiamo la Trascendenza, possiamo a mio avviso concludere che il suicidio non è un atto libero.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

Ciao Bob. :)
Innanzittutto ti ringrazio di essere tornato nell'ambito del TOPIC, con interessantissime ed intelligenti considerazioni; in ordine alle quali osservo quanto segue.

***
Hai ragione nel dire che, "di fronte alla morte dell'altro ogni parola suona falsa, in particolare in caso di suicidio"; sebbene, più che "falsa", io la definirei piuttosto "disinformata", perchè nessuno di noi può sapere realmente cosa ci sia nella testa di un altro.
Ed infatti, come è scritto nel Vangelo, solo lo spirito che è nell'uomo può veramente ciò che è in lui!

***
Hai anche ragione nel dire che "ci possono essere diverse concause che determinano questa scelta"; anzi, forse, secondo me non c'è mai una sola, ma semmai:
- una causa determinante;
-  varie cause concomitanti.

***
Hai anche "parzialmente" ragione nel dire che "ci possono essere diverse concause che determinano questa scelta, ma affinché sia davvero una scelta libera, almeno una di queste deve necessariamente:
a) Essere incondizionata, ossia non dipendere a sua volta da altre cause.
b) Coincidere con l'"essenza"  dello stesso suicida.

***
Ed infatti, a mio avviso, per quanto riguarda a), almeno astrattamente "causa causae est causa causati"; si tratta di uno dei più famosi brocardi enunciati dalla Scuola dei glossatori di Bologna, che significa "la causa della causa è la causa di ciò che è stato causato".
Vale a dire che, se il "Fatto A" è causa del "Fatto B", il quale ha poi causato il "Fatto C", si può affermare che il "Fatto A" è causa del "Fatto C".

***
Da questo punto di vista, "nessuna scelta umana, suicidio compreso, è mai veramente "incondizionata"; ed infatti, se il suicida non fosse mai nato (causa e condizione necessaria), non sarebbe mai stato in grado di scegliere di suicidarsi.
Tuttavia, a mio avviso, tale tipo di ragionamento è alquanto "paralogistico"; perchè allora si potrebbe anche sostenere che la mia facoltà di scelta di suicidarmi, "omisso medio", in fondo, dipende dalla scelta dei miei bisnonni di accoppiarsi, e tale scelta da quella dei loro bisnonni, e così via fino a quando Dio creò Adamo.

***
Quanto a b), cioè a far coincidere la "scelta" con l'"essenza"  dello stesso suicida, invece, non sono molto d'accordo, almeno sotto il profilo strettamente semantico; mi sembra più esatto, invece, dire che la scelta deve essere imputabile a lui.

***
Quanto al fatto, poi, che la scelta imputabile a qualcuno, per essere tale, deve pure essere assolutamente "incondizionata":
- non lo credo possibile;
- non lo credo neanche necessario.
Ed infatti, almeno secondo me, ogni nostra scelta, suicidio compreso, è condizionata e determinata da una congerie di motivazioni diverse; alcune più rilevanti, altre meno.

***
Hai quindi perfettamente ragione nell'asserire che il suicida non deve essere totalmente condizionato riguardo alla sua azione; ed infatti, deve esserci una "porzione" incondizionata di "lui" ad essere necessaria per poter affermare che la sua scelta è, almeno relativamente, libera.

***
Per cui, a ben vedere:
- in caso di "coazione fisica", per esempio se si forza fisicamente qualcuno a premere il grilletto della propria pistola, non si può neanche parlare di "suicidio", ma si è in presenza di un "omicidio" a tutti gli effetti;
- in caso di "coazione morale", per esempio nel caso di Seneca e di Rommel, si è sicuramente in presenza di "suicidio", sebbene condizionato in modo estremo dalla volontà altrui.
Però sempre di un atto di suicidio "volontario" si tratta, secondo la consolidata formula "coactus, tamen voluit"; che mette in evidenza come colui che fu coartato al suicidio, comunque, "lo volle"!
Ed infatti si sarebbe benissimo potuto rifiutare, come in casi analoghi accadde.

***
Ciò puntualizzato, tu, però, confondi un po' la "causa" con la "motivazione".
Ed infatti, è ovvio che il suicida ha "sempre" una specifica "motivazione" che lo induce a compiere tale atto; così come ciascuno di noi ha "sempre" una specifica motivazione che lo induce a compiere un qualsiasi altro atto (dal decidere di sposarsi, al decidere di divorziare o di dimettersi da una carica).
Questo è ovvio, perchè è un po' difficile che Tizio una mattina si svegli, e decida di suicidarsi solo "per vedere l'effetto che fa"!

***
Ma, salvo il caso di coazione fisica o di "estrema" coazione psichica, quello del suicidio, così come qualunque altro nostro atto, deve considerarsi libero e volontario; a meno di non voler sostenere che "nessun nostro atto" può mai considerarsi del tutto "libero" "volontario".
Ed infatti, è ovvio che qualsiasi cosa decidiamo di fare o di non fare, dipende da motivazioni e condizionamenti di vario tipo, consci o inconsci, di maggiore o minore intensità.
Il suicidio non fa eccezione alla regola!

***
.Non ti seguo, però, quando scrivi: "laddove compaia un "motivo" che non sia lo stesso suicida, ma solo con lui interagente, possiamo escludere che questo motivo dimostri la libertà di scelta.".
Ed infatti, secondo l'analisi logica del periodo, il suicida:
- può <<avere>> uno o più motivi per suicidarsi, più o meno cogenti;
- però non può certo <<essere>> lui in persona il "motivo", perchè le persone <<hanno>> motivi, ma non  <<sono>> loro i motivi (non si è mai visto un "motivo" bipede).
Per cui non capisco cosa vuoi dire.




***
Quanto ad individuare un'area fisica, nel cervello del suicida, che contenga una "centrale decisionale" in grado di scegliere se suicidarsi o meno, essa esiste sicuramente -teoria dei fasci a parte-, sebbene, più che altro, si tratti di una interazione tra aree diverse (neocorteccia e sistema limbico); il che, però, pur avvenendo "autonomamente", non può certo prescindere dal passato del suicida e della realtà che lo circonda.

***
Tu confondi l'avverbio "autonomamente", con l'avverbio "indipendentemente"; ed infatti, se io debbo raggiungere una via cittadina, posso "autonomamente" scegliere il percorso stradale che preferisco, ma non posso certo farlo "indipendentemente" dalle strade che esistono, ed "a prescindere" dai sensi vietati.

***
Questa stessa "centrale" di cui parliamo, seppur "influenzata" da condizionamenti più o meno cogenti, è tuttavia "autonoma" nella sua scelta; fatti salvi, ovviamente i casi di estrema coazione fisica e psichica sopra descritti.
E non c'è dubbio alcuno che sia in grado di influire sulla realtà esterna,  in quanto, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ogni anno nel mondo si tolgono la vita 880.000 persone; se fosse un assurdo fisico, ciò non si verificherebbe!

***
Non è un "qualcosa" che sfida  la nostra interpretazione fisica della realtà, in quanto, pur agendo sulla realtà esterna non ne è affatto immune; tanto è vero che è ormai statisticamente accertato il cosiddetto "effetto Werther", che si riferisce al fenomeno per cui la notizia di un suicidio pubblicata dai mezzi di comunicazione di massa provoca nella società una catena di altri suicidi.

***
Quanto al fatto che il suicidio è "impossibile nell'esserci, per essere davvero esistente dovrebbe necessariamente trattarsi di un fenomeno trascendente il nostro mondo", è uno pseudo ragionamento metafisico (alquanto fumoso), ma del tutto privo di senso per quanto concerne il mondo fisico, laddove i suicidi si verificano eccome.

***
Se escludiamo la Trascendenza, che nel caso in questione non c'entra proprio niente, possiamo tuttavia concordemente concludere che:
- o esistono atti (più o meno) liberamente determinati dalla volontà dei singoli individui, tra i quali il suicidio e la tua decisione di scrivere il tuo ultimo post;
- ovvero non esistono atti liberamente determinati dalla volontà dei singoli individui, tra i quali il suicidio e la tua decisione di scrivere il tuo ultimo post, essendo il tutto determinato da un universo meccanicistico.
Ma se uno vuole comunque suicidarsi, cosa vuoi che gli interessi l'"etichetta" (libero, non libero ecc.) che i vivi vorranno appiccicare al suo gesto?
Forse si suicida anche perchè ormai è stufo che ogni suo atto venga "etichettato"! 
Non a caso Cesare Pavese concluse il suo diario, "Il mestiere di vivere", scrivendo: "Non più parole, un gesto!". 

***
Un saluto! :)

bobmax

Caro Eutidemo, sì, sono tornato nel topic (e anche no...).
D'altronde vi ero entrato per te. Per questo tuo entusiasmo di ventenne, in una mente che pur tanto ha ormai visto. E che ora parla di morte.

Un entusiasmo che mi ricorda la passione che mi prendeva a volte, come quando studiai le trasformazioni di Lorentz o lessi avidamente le Operette morali.
E in effetti vedo tante assonanze tra te e Leopardi... Una grande cultura, tanta passione, e pure l'onesto nichilismo.

Un nichilismo che allora, adolescente, manco avvertivo, entusiasta com'ero per un pensiero tanto lucido e profondo.

Ora però vorrei solo abbracciarvi, per sussurrarvi che no, non avete ragione. Ciò che la logica vi dice non è la Verità. È necessario che facciate un altro passo ancora. Non fermatevi in mezzo al guado: il nichilismo va attraversato.

Il tuo discorso fa comunque acqua da tutte le parti:

* Poiché vi sono tanti suicidi questi devono necessariamente derivare da scelte libere (che diavolo c'entra? Non riesci proprio ad afferrare che la non libertà di scelta è TOTALE! Ed essendo totale non vi è nessuno che sia costretto!)

* L'interazione tra aree del corpo sarebbe libera di scegliere una cosa piuttosto che un'altra (affermazione completamente arbitraria e fisicamente assurda).

* Il suicidio sarebbe per me un assurdo fisico... (Per niente! È la libera scelta di suicidarsi un assurdo fisico. In natura non vi è alcuna libertà!)

* L'aspirante suicida se ne frega se libero o meno (e allora?)

E sì c'è l'analisi logica...
Il suicida può avere dei motivi, ma non "essere" a sua volta un motivo...

Ma è proprio qui che dovresti fare uno sforzo!
Perché è proprio lì che dovresti fermarti, di fronte a questa illogicità, che tuttavia è, se ben ci rifletti, necessaria.

Il pensiero logico/razionale quando trova il proprio limite lo avverte come errore, vi rimbalza e ritorna incurante nel suo rassicurante mondo logico.
Invece dovrebbe resistere, affrontare il limite, per sincerarsi se quello è davvero un errore da rifiutare, oppure dietro vi possa invece essere altro.

Potrà allora forse percepire che il "motivo", la "causa", può solo essere lo stesso suicida.

Sì, essere, non avere.
Perché ciò che ho mi condiziona, sempre.

Se sono libero, io sono necessariamente un'origine incondizionata!
Non vi è nessun altro motivo se non me stesso.
Io sono l'origine, e quindi la causa, senza dipendere da nient'altro che da me stesso!
Se così non è, non sono libero.

Invece tu eviti di affrontare la reale questione, perché fa male, molto male al pensiero.

In questo modo non cogli come questa tua "centrale autonoma" non regga ad una tua analisi approfondita.
Dai così per scontato che sia autonoma, e così tiri fuori l'indipendenza.

Se ti concentri sulla possibilità di una centrale che effettua una scelta mentre avrebbe potuto, per sua volontà, farne un'altra, potrai verificare che tale centrale è impossibile!

E non c'entra nulla il determinismo!
La scelta di suicidarsi potrà essere stata determinata da quanto avvenuto prima oppure no. Non si sa, ma certamente non è stata una scelta libera.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

Ciao Bob.
Ci hai colto in pieno: in effetti, ci sono moltissime assonanze tra me e Leopardi, il quale, assieme a Catullo, era uno dei miei poeti preferiti quando ero ragazzo. ::)

***
Quanto al nichilismo, in effetti, almeno a livello "fenomenico", ci hai colto egualmente; tuttavia mi pare che la mia visione sia indubbiamente molto meno "nichilista" della tua, quando sostieni che addirittura non esiste NIENTE (neanche il tuo io).
Più "NIHIL"ista di così!
La mia visione "noumenica", comunque, non mi pare affatto nichilista; sempre ammesso che essa corrisponda effettivamante alla verità, cosa di cui non sono affatto sicuro.
A volte mi assale il dubbio che Gorgia avesse ragione, quando diceva che: "La verità non esiste, anche se esistesse non potremmo conoscerla, anche se riuscissimo a conoscerla, non saremmo mai in grado di comunicarla agli altri! :(
Sei tu che hai "certezze", non io! :)

***
Può anche darsi che la "logica" non ci conduca alla Verità; figuriamoci l'"illogicità"!  ;D

***
Quanto al fatto che, se ci sono tanti suicidi questi devono necessariamente derivare da scelte libere, io non ho mai scritto una simile sciocchezza. :D
Io, invece, citando le statistiche,  replicavo soltanto (ironicamente)  alla tua affermazione secondo la quale il suicidio sarebbe un "assurdo fisico"; al riguardo, infatti, scrivevo: "... non c'è dubbio alcuno che sia in grado di influire sulla realtà esterna,  in quanto, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ogni anno nel mondo si tolgono la vita 880.000 persone; se fosse un assurdo fisico, ciò non si verificherebbe!"
La mia osservazione non c'entrava niente con la "libertà" o meno della scelta suicida.

***
Quando scrivi che: "...la non libertà di scelta è TOTALE! Ed essendo totale non vi è nessuno che sia costretto", in effetti, stai palesemente contraddicendo te stesso; ed infatti, mi sembra ovvio che, "se non c'è libertà di scelta", ne consegue che siamo "costretti" a fare questo o quello, visto che non possiamo scegliere.
O no?

***
Quanto all'interazione tra diverse aree del cervello, nel momento decisionale del singolo individuo, essa è confermata dal "neuroimaging", che, appunto, illumina le aeree interessate; io l'ho visto con i miei occhi, per cui, semmai, costituisce una "affermazione completamente arbitraria e fisicamente assurda", sostenere il contrario solo per mero pregiudizio.
Le cose sono quello che sono, ci piacciano o meno!

***
Quanto al fatto che il suicida può "avere" dei motivi, ma non "essere" a sua volta un motivo (allo stesso modo in cui io posso avere un cane, pur non essendo un cane), per quanti sforzi io faccia, non riuscirò mai a concepire i controsensi: e, cioè, che "avere" equivalga ad "essere".
Ed infatti, non vedo proprio perchè questa illogicità, dovrebbe essere necessaria; anzi, a me, sotto il profilo "ontologico", pare esattamente il contrario.

***
Può anche darsi che il pensiero logico/razionale quando trova un limite e lo avverte come errore, vi rimbalza e ritorna nel suo rassicurante mondo logico.
Ma, come ho detto sopra, può anche darsi che la "logica" non ci conduca alla Verità; e allora figuriamoci l'"illogicità"!  :D
Soprattutto quando si scambiano le "metafore" con i "fenomeni" reali.

***
Io non evito affatto di affrontare la reale questione, perché faccia male a me; però  penso che faccia male a te ostinarti in concezioni autocontraddittorie, che non hanno senso alcuno.

***
Diversamente, non è affatto insensata la tua affermazione che quella di suicidarsi non è mai una scelta completamente libera; sulla quale potrei anche concordare sotto parecchi aspetti, se, però, prima mi rispondi a due domande:

1)
Secondo te solo la scelta di suicidarsi non è "libera", oppure nessuna scelta umana è realmente e completamente "libera"?
Al riguardo:
- se rispondi che solo la scelta di suicidarsi non è "libera", allora devi spiegarmi perchè mai, invece, le altre scelte dell'uomo dovrebbero ritenersi tutte libere;
- se rispondi, più coerentemente, che nessuna scelta umana è "libera", allora dovresti ammettere che anche la tua scelta di sostenere la  tesi per la quale nessuna scelta umana è "libera", a sua volta non è affatto "libera", bensì è essa pure "condizionata".  

2)
Secondo te la scelta di suicidarsi di Seneca e di Rommel (i quali, per loro conto, avrebbero preferito senz'altro continuare a campare), e la scelta di suicidarsi di Cesare Pavese e di Ernest Hemingway (i quali, invece, si erano dichiaratamente rotti le palle di campare), anche a volerle considerare tutte e quattro non libere in quanto condizionate -cosa più che sostenibile-  ti sentiresti, però, di metterle su uno stesso piano di "intensità condizionativa"?
Cioè, tutti costoro sono stati "costretti" ad uccidersi, da una identica ed equipollente forza coattiva, indipendente dalla loro volontà?

***
Quanto all'"autonomia", e all'"indipendenza", ti ho già spiegato, secondo me, qual'è la differenza; per cui non intendo più tornarci sopra.

***
Un saluto! :)

Sariputra

Il suicidio è un atto che non si può definire, a parer mio, come 'razionale' o 'irrazionale'. E' piuttosto una scelta  che definirei come comportamentale: cioè riguardante un possibile  comportamento di fronte alla sofferenza. E invero l'autoinfliggersi la morte è sempre una manifestazione della sofferenza, sia fisica che psicologica,  ovvero una conseguenza di questa. Proprio per questo manifestarsi  potente dell'elemento sofferenza, il discorso etico sul suicidio è molto complesso . In primo luogo bisognerebbe mettere in evidenza che il suicidio, visto come ribellione alla sofferenza insita nella vita condizionata, quando non è pretesa assurda di dimostrazione di qualcosa di egoistico, dovrebbe suscitare nel cuore dello spettatore un autentico senso di compassione per il sofferente. Questo però non è sufficiente. La compassione non può essere separata dall'interrogarsi sui motivi di questa decisione e sul fatto  che forse non si è fatto tutto il possibile per alleviare o rendere più sopportabile l'esistenza del sofferente. Molto spesso infatti, trascinati dal mondo e dalla sua fretta, non vediamo, o non vogliamo vedere, la sofferenza altrui, perché fondamentalmente osta il nostro profondo desiderio di 'godere' della vita.  La sofferenza dell'altro richiede il nostro tempo, che non vogliamo donare, se non in misura limitata. 
Le satistiche parlano di un maggior numero di casi di suicidio nei paesi ricchi, dove infatti l'indifferenza è molto maggiore e la vita sempre più frenetica, lanciata in una folle corsa sempre più rapida. Spesso il suicidio è un estremo, disperato tentavivo del sofferente di richiamare la nostra attenzione, di dirci: aiutami!
Spesso è proprio questo che il malato trova insopportabile: la solitudine esistenziale di fronte al dolore inerente la vita stessa e al quale raramente si è preparati (proprio in virtù dello stile di vita  che ci porta a non riflettere adeguatamente sulla sofferenza inevitabile del vivere,ossia come esito finale della vita stessa...).
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Hlodowig

https://youtube.com/watch?v=PWcRPUF9YJE

Una delle tante specie che popolano questo pianeta.

Aldilà di ciò che è la natura umana, credo, possa rientrare nel topic.

Grazie ✋

Eutidemo

Ciao Sariputra. :)
Hai ragione!
Ed infatti, come dici tu, non c'è dubbio alcuno che, se stai soffrendo per le più svariate ragioni, per fortuna, puoi sempre ricorrere al suicidio per sfuggire agli "affanni e ai dardi dell'avversa sorte".
Ed infatti, lo dice anche la BIBBIA, laddove, in SIRACIDE 30,17 si legge: "Meglio la morte che una vita amara, il riposo eterno, piuttosto che una malattia cronica."
E lo dice pure il Metastasio, scrivendo
"Non è ver che sia la morte
Il peggior di tutti i mali;
È un sollievo dè mortali
Che son stanchi di soffrir!"
Mi pare ovvio! :)

***
Tuttavia, è meno ovvio, ma non meno razionale, che:
a)
Anche se ti stai godendo la vita al 100%, se ne vieni privato con la morte, NON PERDI NIENTE; ed infatti, se non c'è più nessuno a potersi rammaricare di una perdita, non c'è, ovviamente, nessuna perdita!
b)
Anche se ti stai godendo la vita al 100%, non puoi sapere cosa accadrà domani; e se è vero che nessuno può più rammaricarsi di ciò che ha perso una volta morto, può invece amaramente rammaricarsi di non essere morto prima di subire atroci perdite da vivo.
Ad esempio, le mie due nonne (alle quali, per il resto, era sempre andato tutto bene) persero dei figli quando erano ancora vive; e spesso si lamentavano di non essere morte prima.

***
Per cui, almeno razionalmente, il suicidio sarebbe, almeno teoricamente, la scelta più logica "anche quando va tutto bene"!
Ed infatti, come scriveva Sofocle in "Edipo a Colono: "La cosa migliore sarebbe non nascere affatto; ma, se sei stato così sfortunato da venire al mondo, la cosa migliore è andartene il prima possibile!".
Idem in Nietzsche, ne "La nascita della tragedia" : "Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato affatto, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto".
In effetti si tratta di visioni alquanto "pessimistiche" della vita; ma, a mio avviso, assolutamente "realistiche"!

***
Ed invero, a prescindere dalle considerazioni sub A) e B), in ogni caso, se ci rifletti bene, la scelta non è tra vivere e morire, perchè bisogna per forza morire ; qualcosa ci ucciderà comunque, prima o poi.
Tutto sta a vedere:
- QUANDO
- COME

***
Circa il QUANDO, che si muoia prima o dopo, non fa la benchè minima differenza, perchè il TEMPO è roba solo per i vivi, non per i morti; per essi, ormai, essere morti a venti anni o ad ottanta, non cambia più niente.
IL NOSTRO PRINCIPALE ERRORE, E' DI GIUDICARE LA MORTE CON LA PROSPETTIVA DEI VIVI!

***
Circa il COME,affidandosi al caso, almeno secondo la mia esperienza, il modo in cui si muore è quasi sempre ORRIBILE; e, in genere, sempre molto più LENTO di quanto sarebbe auspicabile.
"Morire nel sonno" è rarissimo; e, in ogni caso, nessuno si è mai svegliato per raccontarci se sia stata una esperienza particolarmente gradevole (dipende dalla causa della morte).
Se, invece, ci si suicida con una tecnica adeguata,  la morte è immediata e praticamente indolore; per cui, perchè mai morire "a casaccio", quasi sempre in modo molto doloroso, quando si può scegliere di morire in modo meno doloroso (visto che tanto morire è "obbligatorio")?
Secondo me non ha senso!

***
Indubbiamente, possono esserci suicidi del tutto irrazionali, dovuti all'impulso del momento (che, spesso, può anche essere di origine patologica); tuttavia, in sè e per sè, almeno a mio parere, il suicidio è la soluzione più razionale ed intelligente che un individuo possa prendere, in qualsiasi situazioni esso si trovi.
A meno che, come ho già spiegato, costui non abbia obblighi che lo impegnino a continuare a vivere; ad esempio, figli piccoli, genitori anziani ecc..

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Il problema è trovare il coraggio per farlo, perchè "essere morti" non fa male, ma "morire" (anche suicidi) un po' sì!

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Quanto al fatto che la compassione altrui può mitigare il dolore di vivere (soprattutto nel caso di gravi malanni, come quello del mio amico), questo è verissimo; soprattutto se lo si aiuta a morire, non limitandosi a fornirgli pannicelli caldi.

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E' anche vero che la sofferenza dell'altro richiede il nostro tempo, che non vogliamo donare, se non in misura limitata; io, per esempio, più di una volta a settimana non riuscivo ad andare a visitare il mio amico, e non restavo lì mai  più di un'ora.
Una volta me ne scusai, e lui, scrivendo col piede, mi disse: "Senza offesa, ma anche se restassi qui giorno e notte, non è che per me le cose cambierebbero di molto. Voglio morire e basta!" :(

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Però è verissimo, come scrivi tu, che, molto spesso, il (tentativo di) suicidio è un estremo, disperato tentavivo del sofferente di richiamare la nostra attenzione, per dirci: "Aiutami!"
In tali casi, infatti, la tecnica adottata è di tagliarsi le vene dei polsi in senso "orizzontale", e non "verticale", in modo da simulare (consciamente o inconsciamente) il suicidio, ma non di portarlo a termine.
Ma, appunto, come dici tu, quelle in realtà sono richieste di aiuto, e NON suicidi veri e propri!

***
Un saluto! :)

bobmax

#83
Ciao Eutidemo,
proprio non vuoi fermarti a riflettere...
Guardi ostinatamente il dito e non vedi la luna.

Nella tua biblioteca dovresti avere "Lo specchio delle anime semplici" di Margherita Porete.  Leggendolo potresti forse intuire cosa cerco di dirti.
Occorre però che sgomberi prima la tua mente dai tanti pregiudizi che la assillano. Questa magnifica donna ha tanto da darci.

***

Occorre poi che tu faccia uso del pensiero laterale. Per davvero però!, e non come trucco più o meno raffinato.

Potrai così riconoscere come la mia frase: ""...la non libertà di scelta è TOTALE! Ed essendo totale non vi è nessuno che sia costretto" non sia affatto contraddittoria!

Contraddittorio è invece il tuo insistere nel credere che con la TOTALE assenza di libertà vi possa essere qualcuno!
Mentre la TOTALE non libertà implica che non vi è NESSUNO.

Vi è libertà nei personaggi che agiscono in un film che vedi proiettato sullo schermo?
No, la loro non libertà è totale, in quanto non esistono davvero: non vi è nessuno.

***

Ma certo che con il neuroimaging vedi un'interazione, ma questa semmai è la scelta, non la sua libertà!

Perché non leggi con più attenzione quanto scrivo?
È la libertà ad essere in questione, non la scelta, che diamine!

***

Davvero non afferri che se il suicida ha solo dei motivi per il suo gesto, ma non è a sua volta un motivo, lui non può essere libero?
Ma non vedi che se escludi lui la sua libertà è ZERO?

***

La logica occorre rispettarla, sempre!, sino alle sue estreme conseguenze. Senza fermarsi davanti a nulla. Senza aggrapparsi a "ovvietà" date per certe ma in realtà arbitrarie e in definitiva false.

Che poi pure il Principio di non contraddizione non possa essere considerato Assoluto è una considerazione ulteriore. Che si fa giunti "al limite" della logica non "contro" la logica!
Ma ora non mi sembra il caso di affrontare questo ulteriore passo, visto che la logica ha ancora qui molto da dare...

Solo una considerazione: Ritieni davvero che Dio debba sottostare al principio di non contraddizione?

***

Rispondo ora alle tue domande:

1) Certamente nessuna scelta è libera, il suicidio di per sé non è che un esempio. Emblematico, visto che tu lo consideri viceversa espressione della tua libertà.

Per cui altrettanto certamente la mia scelta non è libera.

Attenzione però!

Non è libera in quanto esserci, ossia supponendo che "io" esista davvero.

Perché in realtà... io non esisto!
Quindi a rigore non ha alcun senso parlare di non libertà: non vi è nessuno!

Nell'esserci la non libertà è TOTALE (si presuppone che vi sia l'io).

Ma come esistenza, non ha più alcun senso parlare di libertà!

Dai Eutidemo, esci dal guscio...

2) Non vi è nessuna "forza coattiva".
Per la semplice ragione, lo avrai ormai capito, che non vi è nessuno che sia costretto ad alcunché!

Perché ciò che esiste è il suicidarsi, così come lo scrivere, il leggere, il piangere e il ridere... Senza nessuno che scriva, che legga, che si suicidi...

***

Adesso penserai: "Ma che diavolo dice Bobmax? È impazzito?
Chi è allora che scrive tutte queste assurdità?"

Ma il Nulla!, caro Eutidemo. Che poi è lo stesso Spirito.

Sì questa è proprio la bestemmia più odiosa che il pensiero logico si trovi ad affrontare!
Che l'esistenza si origini dal NULLA.
E invece... è proprio così.

Ma non è finita. Perché come insegna Margherita Porete, questo Nulla è pure AMORE.

D'altronde, pure i vangeli non dicono che questo: AMA.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

Salve Bobmax. I tuoi, secondo me (che secondo te non esisto) sono solo ragionamenti solipsistici.
Correttamente, il mondo esiste solo se ed in quanto tu esisti.
Ma è anche vero che tu non esisti in quanto non riesci a capire se ci sei o non ci sei.
Auguri e saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

@Viator
Il solipsismo è l'esatto contrario di ciò che sto dicendo.

È infatti l'allucinazione a cui perviene l'illusione dell'io che non vuole assolutamente morire. Nonostante si sia ormai percepito il nulla dietro l'esserci.

La logica non è un'opzione da usare o meno a seconda dei nostri desideri. Per questo motivo è indispensabile la fede nella Verità.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

#86
Ciao Bob.
Leggerò senz'altro "Lo specchio delle anime semplici" di Margherita Porete.

***
Quanto a sgombrare previamente il mio cervello dai tanti pregiudizi che lo assillano, penso che non sia una cosa tanto semplice; come pure ho scritto nel mio TOPIC "Il cubo di Necker e le linee parallele".
Ed infatti, per quanto io possa provare ad avere la mente sgombra da preconcetti, sono convinto che il mio giudizio, in maggiore o in minor misura, risulta sempre comunque  un po' viziato:
- dai miei "idola" (specus, fori, tribus e theatri);
- dalle mie specifiche letture;
- dalle mie personali esperienze di vita.
Il che, ovviamente, vale per tutti quanti, te compreso; a meno che tu non presuma di poter fare eccezione alla regola!

***
Ho provato ad adottare il pensiero laterale per capire il senso della tua frase: "...la non libertà di scelta è TOTALE! Ed essendo totale non vi è nessuno che sia costretto",  ma la stessa mi risulta inesorabilmente contraddittoria!
Proprio "Non sequitur!"

***
Quanto alla libertà, penso anche io che la libertà assoluta non esista; ma desumere da questo che non ci siano "nessuno", mi sembra una illazione logicamente abusiva.
Ed invero, essere libero o meno, deve essere per forza il predicato nominale di "qualcuno"; se, infatti, non c'è "nessuno", non ha neanche senso parlare di "libertà" o meno.
O forse che avrebbe senso dire che, sulla terra di 4 miliardi di anni fa, c'era libertà, o c'era prigionia?

***
Quanto alla libertà nei personaggi che agiscono in un film che vedi proiettato sullo schermo, ovviamente essa non c'è, perchè si tratta soltanto di immagini, e non di persone reali.

***
Se ammetti che, con il neuroimaging si nota un'interazione, e se ammetti tu stesso che essa individua una "scelta", ciò implica che essa deve per forza in qualche misura "libera", altrimenti non sarebbe una vera "scelta", bensì un mero "riflesso condizionato"; che è una cosa completamente diversa ed interessa differenti aree del cervello!
Ed infatti, le aree cerebrali decisionali degli animali inferiori, sono diverse e più elementari delle nostre, limitandosi precipuamente a "riflessi condizionati".

***
Perché non leggi con più attenzione quanto scrivo?
Ti giro la domanda! :D

***
Ed infatti, quanto ad asserire che è la "libertà" ad essere in questione, e non la "scelta", già mi sembrava di averti spiegato diffusamente la questione della coazione fisica, morale ecc. ("coactus tamen volui").
Perché non leggi con più attenzione quanto scrivo? :D

***
Ribadisco che il suicida <<ha>> sempre dei motivi per il suo gesto, ma, ovviamente,  non <<è>> lui stesso a sua volta un motivo; allo stesso modo che chi <<ha>> un cane, ovviamente,  non <<è>> lui stesso a sua volta un cane!

***
La logica occorre rispettarla, sempre; ma tu spesso non lo fai!

***
Quanto al fatto che il "Principio di non contraddizione" non possa essere considerato Assoluto, come giustamente osserva Eliah, "chi vuole negare il principio di non contraddizione è costretto a affermare che "se il principio di non contraddizione non è valevole, allora non affermo tale principio"".
Ma in codesta frase "è palese che il negatore afferma egli stesso che non è possibile che il principio sia e non sia nel medesimo rispetto; l'argomentazione portata dal negatore del principio per confutare questa tesi fa quindi uso dello stesso identico principio che vuole negare. L'"elenchos" (la confutazione) fa in modo quindi di confutare i negatori del principio nel momento stesso in cui si apprestano a negarlo."
In ogni caso, se mi fai vedere il palmo tua mano con posato sopra, nello stesso momento un euro e nessun euro, ne riparliamo. ;)

***
Quanto alla domanda se Dio debba sottostare al principio di non contraddizione, è una vecchissima questione.
Al riguardo San Tommaso scrisse: "Potentiam enim Dei se extendit ad totum ens: unde solum id a Dei potentia excluditur quod repugnat rationi entis; et hoc est simul esse et non esse: et eiusdem rationis est, quod fuit, non fuisse.".
Per cui, il potere di Dio è obbligato a piegarsi dinnanzi a quel principio di non contraddizione che Egli stesso ha posto; perchè altrimenti Dio stesso potrebbe essere e non essere nello stesso tempo.
Personalmente,io la vedo in modo un po' diverso, ma non è qui il luogo per parlarne.

***
Grazie per le tue risposte, al cui riguardo osservo:
1)
Se ammetti (logicamente) che nessuna scelta è libera, allora ammetti implicitamente che anche la tua scelta di sostenere la  tesi per la quale nessuna scelta umana è "libera", a sua volta non è affatto "libera", bensì è essa pure "condizionata"; di conseguenza, essa "non ha alcun valore dimostrativo".  
Quanto al fatto che tu non esisti, devo ammettere che riesci a contraddire da solo la tua affermazione in modo davvero esemplare; ed infatti, se tu non esisti, non possono esistere nemmeno le tue affermazioni, le quali, ovviamente, non possono scaturire dal nulla.
"Ex nihilo nihil"! :)
Pertanto, così dicendo, mi esimi dal continuare a doverle confutare, perchè non si può certo confutare quello che non c'è!

2)
Quanto al fatto che tu metti sullo stesso piano di "coazione all'atto" Seneca, Rommel, Pavese ed Hemingway, per la semplice ragione che non vi è nessuno che sia costretto ad alcunché, temo che allora bisognerà riscrivere i libri di storia.
Ma già, dimenticavo: non esistono neanche quelli! ;D
Perché, come scrivi tu, "ciò che esiste è il suicidarsi, così come lo scrivere, il leggere, il piangere e il ridere... Senza nessuno che scriva, che legga, che si suicidi..."; come dire che esiste la cacca senza nessuno che  la faccia, apparendo, così, dal nulla! ;D

***
D'altronde, se è il "Niente" a scrivere, che ti rispondo a fare?
Non servirebbe a "Niente", in quanto non esisterebbe neanche la mia risposta!
Perchè ti affanni tanto a convincere qualcuno che non esiste?
Non è un po' come se parlassi al telefono sapendo che dall'altra parte non c'è nessuno?

***
Ed il "Niente" non è "Niente", nè Spirito nè Amore.
A meno che tu non abbia male interpretato quello che scriveva la Porete "l'angelo di Eckhart" (secondo Silesius);  il quale, infatti, diceva che "Dio è il Niente", ma non nel senso che non esiste, bensì nel senso che "non è niente di tutte le cose terrene, mancando di genere prossimo e differenza specifica".
""...et Paulus nihil vidit"!
***
Un saluto!

Sariputra

#87
Il Siracide dice anche dell'altro:

21. "Non abbandonarti allatristezza, non tormentarti con i tuoi pensieri.
22. La gioia del cuore è vita per l'uomo, l'allegria di un uomo è lunga vita.
23. Distrai la tua anima, consola il tuo cuore, tieni lontana la malinconia. La malinconia ha rovinato molti, da essa non si ricava nulla di buono.
24. Gelosia e ira accorciano i giorni, la preoccupazione anticipa la vecchiaia.

Tristezza, tormento,melanconia, preoccupazione sono stati mentali negativi che spingono a pensare che la morte "è un sollievo dè mortali che son stanchi di soffrir!".
Invece gioia, allegria, consolazione, bontà sono stati mentali positivi che spingono a pensare che la morte "può attendere un altro pò"... ;D


E infatti, anche se la vita è colma di sofferenza e quasi sempre (ma non sempre...) la malattia  può essere lunga e dolorosa prima della certa dipartita, non è saggio preoccuparsi in anticipo di come finiremo i nostri giorni ,con questo aggregato kammico di cui siamo costituiti, in quanto del "doman non v'è certezza...".
Ovviamente non è saggio nemmeno togliersi la vita in anticipo ,sperando così di non correre il rischio di cadere in quella data situazione, di fronte alla quale poi, se dovesse realmente succederci, non sappiamo nemmeno come veramente reagiremo. Nè giova l'esperienza di altri all'uopo, in quanto non siamo nella loro testa per esser certi che anche noi reagiremo allo stesso modo...

cit.:
...ed infatti, se non c'è più nessuno a potersi rammaricare di una perdita, non c'è, ovviamente, nessuna perdita!

Anche se non sei mai nato non devi preoccuparti di come morirai e di quel che perderai. Ma visto che il quesito se lo può porre solo chi vive e non chi non è ancora nato o è già morto, è un quesito che riguarda la vita e non la morte.
Se io mi nego la vita per non doverne subire la sofferenza intrinseca, mi nego anche la Bellezza che posso assaporare solo da vivo e non da morto o da mai nato. Ne vale la pena ? Godere della Bellezza, della possibilità dell'amore sincero e di quei "sovrumani silenzi" (e di ascoltare il Buddhadhamma aggiungo io.. ;) ),  vale il prezzo di rischiare di dover sopportare terribili e atroci sofferenze? La risposta riposa nel cuore di ognuno...
Non può esserci una risposta razionale a questa domanda perché è impossibile 'pesare' i pro e i contro del vivere, dato che la misurazione di quel peso non può essere che soggettiva...
Io conosco solo la mia.

La vita è come un'eco: se non ti piace quello che ti rimanda, devi cambiare il messaggio che invii.
(James Joyce)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Hlodowig

#88
Buongiorno amici,

La mia attenzione, oggi, si è soffermata negli ultimi interventi, ne spulcio qualcuno, per poter affermare la mia personale idea.

Citazione..altrimenti non sarebbe una vera "scelta", bensì un mero "riflesso condizionato"; che è una cosa completamente diversa ed interessa differenti aree del cervello!
Ed infatti, le aree cerebrali decisionali degli animali inferiori, sono diverse e più elementari delle nostre, limitandosi precipuamente a "riflessi condizionati".

Che cosa si intende con questa affermazione?
Che forse una formica, non sia cosciente di esistere?

Citazioneallo stesso modo che chi <<ha>> un cane, ovviamente,  non <<è>> lui stesso a sua volta un cane!

Anche qui, vale lo stesso principio?
Anche il cane, nella sua  personale concezione di amare, è un semplice riflesso condizionato?

Una scimmia femmina, che in una fase di pericolo come lo può essere quello di una valanga alluvionale, salva un cucciolo di uomo tenendolo stretto e coccolandolo tra le braccia, anche quello è un riflesso condizionato?

Una elefantessa, che nella savana orientale, decide di adottare un piccolo orfano della loro specie, ma non facente parte di quello stesso  gruppo, anche quello è un riflesso condizionato?

Lo stesso gesto di un delfino, che preferisce arenarsi e soffocare su dei costoni rocciosi, piuttosto che finire a fettine, anche quello è un gesto condizionato?

La perfetta integrazione della specie ape, in un proprio contesto sociale, come lo può essere quello di decidere in gruppo quale potrà essere la migliore meta per costruirsi un nido, tenendo conto di diversi fattori ambientali, è la stessa della sgangherata società umana?

Che pur essa, come la storia ci insegna, ha dovuto, almeno nelle sue prime fasi, trovare l' acqua?

Intendo con ciò, il non pensar umano, ma riferito all' ambiente, al contesto in cui si vive, alla sopravvivenza stessa e a cui l' uomo, come essere animale vivente, non sfugge.

Alchè mi pongo un' altra domanda: se la specie homo si fosse ritrovata con solo due dita, sarebbe comunque stata capace di pensare e di creare, ovvero, sarebbe giunta lo stesso al famoso cogito ergo sum?

Personalmente, amici, Evito a tutti i costi le virgolette, altra moda attuale e moderna, per evidenziare un tutto o un niente, così come le emoticon, altra forma implicita e a volta usata come controaltare di vanità e superbia.

L' umiltà che intendo io, come coscienza presente e pensante nell' oggettività della realtà che sperimento e vivo ogni giorno, la riferisco al semplice saper ascoltare, niente di tutto il resto.
Aldilà della premessa iniziale, che coinvolge anche gli io, cosiddetti inferiori, credo che il punto della questione si ponga da una parte, come riflessione interiore, animale, sentimentale, spirituale, in breve, sensibilità, dall' altra come logica, analitica e razionale, in breve, calcolo.
Io, il quale me, non sa ne leggere ne scrivere, riporto quanto segue:

per suicidarsi, ci Vogliono Palle!

Aldilà del contesto interiore ed esteriore che coinvolge l' aspetto emotivo e razionale delle persone.
Chi arriva a tale decisione, lo fa per una sua personalissima scelta ed io, non sono in grado di giudicare le scelte altrui, o per lo meno, le rispetto e cerco di carpirne i motivi che ne  hanno portato a quel gesto.
Parto da un semplice assunto: chi decide di metter fine al proprio io, sia pur questo reale o illusorio, alla propria esistenza biologica, sia questa una scelta spirituale, morale o etica, lo fa Ben Conscio delle conseguenze.
Ed io, non sono Nessuno per poterlo fermare da quella personalissima scelta.
E non ho bisogno dei pensieri degli altri, degli scritti degli altri, per poter giungere a codeste conclusioni, poiché, come gli altri hanno le loro idee, io ho le mie, ma cerco di  guardare intorno a me e a pensare in lungo e in largo e a non soffermarmi troppo sui concetti.

Il mondo, la natura, le stelle, l' universo ed anche lo spirito, sotto le loro  diverse forme, andranno avanti lo stesso.

Grazie ✋

bobmax

Grazie Eutidemo, per la tua critica puntuale.
Che mi costringe a chiarire, in primo luogo a me stesso, e a scavare più in profondità, anche sotto le mura del tuo castello...

Certo che 'sto Tommaso ne ha fatti di danni! Quante menti brillanti sono state frenate dal suo noioso cogitare... Si fosse dedicato all'arte culinaria, invece che alla filosofia! Avrebbe almeno mangiato meno (in cucina ci vuole fantasia) e guadagnato in salute.

Di gran lunga più profondo Cusano, con la sua coincidenza degli opposti, che banale non è. Perché semplice, ma così semplice... che è davvero difficile.

***

Una precisazione, sempre che a questo punto ve ne sia ancora bisogno:
I termini che uso, come "io", "tu", "me stesso" e compagnia bella sono necessari. Perché il linguaggio si fonda sui qualcuno e sui qualcosa. Dovrebbero però essere intesi solo come strumenti necessari per la comunicazione, senza nessuna presupposta "verità" in loro stessi.

***

Adesso vorrei proprio mettere un barilotto di polvere da sparo sotto il tuo mastio...
Anche se so che potrà brillare solo se tu, o meglio il Nulla che nell'esserci si manifesta come Eutidemo, accenderà la miccia.

***

Sì, ciò che chiamiamo "scelta" non è una vera scelta. Nel senso che ciò che si sceglie:

1) O era necessario che fosse scelto, ovvero era l'unica reale possibilità (il reale e il possibile sono il medesimo). E ciò a prescindere se determinabile a priori o meno.

2) Oppure... è intervenuto il caso!

Non vi sono ulteriori alternative.

Già sento le tue unghie che stridono sui vetri. Ma ciò a cui vuoi aggrapparti è solo: TRASCENDENZA.

***

Affermi soddisfatto:

"Ex nihilo nihil"!

Senza renderti conto che questa affermazione sta in piedi per un presupposto che non è affatto assoluto.

Niente viene dal niente... nell'esserci!

Perché con "essere" e "non essere" noi, nell'esserci, intendiamo che "c'è" e che "non c'è".
Mai l'ESSERE in quanto tale.

Ci credo che niente viene dal niente, nell'esserci! Perché qui domina il qualcosa. Che c'è, ora, solo perché, prima, c'erano altri qualcosa, che ci devono essere stati. Perché se non ci fossero stati... non ci sarebbe niente!

Avverti ora come la tua libertà sia un'illusione?
No... non ancora?

***

Se vi sono dei motivi per cui io prenda una decisione, dov'è la mia libertà, nei motivi?
Perché se è solo nei motivi, la mia decisione non poteva che essere quella che ho preso.
Se sono libero, avrei però potuto prendere una decisione diversa...
Su che base però?

Non vedi che lo avrei potuto solo se il motivo sono io stesso?

E allora guardalo ancora il tuo "Ex nihilo nihil" e capirai, forse, perché nell'esserci non vi è libertà.

***

Incomincio però a dubitare che Margherita possa esserti d'aiuto.
Sei troppo legato al fenomenico. E la tua illusione dell'io si ribella al solo sentore della propria possibile inesistenza.

D'altronde, anche ragionando con Marco Vannini, ciò che può far avvenire il distacco è un po' come la lancia di Achille, che quando tocca nuovamente là dove prima ha ferito, guarisce.

Ma la lancia, come tutto il resto, la brandisce lo Spirito.
Così il distacco, come tutto ciò che avviene, capiterà se capiterà, solo se Lui vorrà.

Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

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