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Dei diritti e dei doveri

Aperto da viator, 26 Gennaio 2020, 16:46:44 PM

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paul11

Chiariamo.
La natura è fondante come interpretazione, quindi il come la natura si movimenta, diciamo i suoi comportamenti non sono eludibili.
Il problema, a mio parere ma non solo, sta nel fatto che la natura da sola non è determinante.
E' determinante semmai l'idea rappresentativa, interpretativa che noi facciamo della natura.

Non credo al concetto di "sviluppo evolutivo", semmai c'è ,c'è stato e ci sarà uno sviluppo della tecnica, che non è conseguente ad uno sviluppo della saggezza umana.
Daccapo, il problema è la fede nella tecnica nel suo svolgersi, ma socialmente non fa altro che costruisce scenari mutevoli dove l'uomo socialmente ormai ne è assoggettato.
Credere nella tecnica significa averne fede e quindi si è asserviti al suo destino che determina per correlazione il destino umano. Non è l'uomo che fa la tecnica, intesa come potenza culturale, è la tecnica che assoggetta e condiziona il modo di pensare umano. E fu una scelta culturale umana, come quella fideistica di credere in un Dio. La tecnica ha surrogato il "dio".

Sostanzialmente ritengo, ma proprio perché la natura non ha un bene o un male, semmai noi proiettiamo sulla natura ciò che riteniamo a nostra volta giusto o errato, bene o male.
La giustizia nella natura è il movimento ,il decorso ciclico, ma senza un criterio di bene o male.
Sembrerà "strano" concettualmente, ma è la natura che aiuta a costruire una idea di giustizia, è il suo apparente caos e determinazioni ripetitive che ci indicano una armonia seppur all'interno vi appaiono movimenti disarmonici, caotici, sottodominanti.
Per questo nacque la teologia naturale o il giusnaturalismo, come luogo originario prima del diritto legislativo, come diritto di natura originario inoppugnabile, in quanto la vita non nasce per diritto, ma ha un diritto in quanto vita, in quanto esistenza, in quanto è del mondo e non per volontà strettamente umana.

Il potere delle legislazioni ha avuto teorici importanti. Perchè la legislazione in quanto condizionante dei comportamenti umani, delimita il potere dei singoli e delle istituzioni private e pubbliche. Questo giuspositivismo soppianta il giusnaturalismo, nel momento in cui il legislatore diventa potente nel condizionare il popolo (in positivo o in negativo diventa "bravura" del legislatore), ma ciò non toglie la dialettica storica e nemmeno la perdita del diritto di natura
che infatti rimangono presenti storicamente, come contesa e come neocontrattualismo.

viator

Salve Phil. Trovo che tua abbia preso l'argomento dal lato - diciamo così - sintonico al mio parere.
Una piccola premessa che non riguarda te : Se a qualcuno non piace o trova assurda l'espressione "legge di natura", potremmo tranquillamente sostituirla con "fatto di natura" e nulla cambierebbe, visto che i cosiddetti "fatti di natura" sottostanno a regole concettuali ancor più chiare e rigide di qualsiasi "legge" umanamente definibile.
Venendo quindi alla tua risposta :
"Questa definizione parte dal legame fra legge e diritto, essendo il diritto (parafrasando la sua definizione) "ciò la cui negazione è illecita (contro legge)". Rispettando dunque la doppia richiesta di escludere gli umani fra le forme di vita in oggetto senza tuttavia prescindere da ciò che gli umani stessi individuano come legge, il diritto degli animali dovrebbe essere "ciò che non gli può essere negato all'interno delle leggi di natura"; in tal senso, è quindi fondamentale focalizzare tale verbo "potere": davvero in questo scenario è possibile un fuori-legge, un'illegalità?
La questione diventa allora: è possibile negare (nel senso di opporsi a) le leggi di natura in campo animale? Le leggi di natura, a differenza di quelle umane, non si inventano, semmai si scoprono, non sono arbitrarie né emanate da un'assemblea legislatrice e infine non possono essere violate....".

Nella prassi è certamente possibile e viene fatto dall'uomo tutti i giorni. Nel principio invece non si tratta di vedere se sia possibile, bensì se sia appunto lecito, ovverossia se sia possibile farlo senza calpestare un qualche diritto.
La "legge di natura" o "fatto di natura" fondamentale per ciascun vivente è come ho già detto, semplicissima, comprensibile e condivisibile da chiunque risulti in buonafede. Consiste in un unico diritto : VIVERE...... connesso ad unico dovere : RIPRODURSI. Che sono, rispettivamente, il modo di esistere della vita e lo scopo della vita.
A questo punto se diritti e doveri sono affare esclusivamente umano che non ha senso al di fuori della nostra parrocchietta (come alcuni sostengono) !..........salute !,
Che poi l'uomo o la natura stessa non garantiscano tale diritto a nessuno in particolare e di converso non si curino di verificare l'adempimento del corrispondente dovere......ciò, come dicevo, fa parte della prassi.
E a proposito dell'origine di tutti gli altri diritti e doveri (che qualcuno – ripeto - considera inventati dall'umanità e non invece tradotti dalla natura alle società umane).......avete mai notato che se la vita (anche quella umana) non comportasse il dovere collettivo di riprodursi......nessuno mai si sarebbe preoccupato di stendere una Costituzione e di emanare Leggi a tutela della riproduzione stessa ?.
E neppure si sarebbe preoccupato della tutela della vita in sè.
L'argomento è vastissimo ed io non amo essere prolisso. Ma per ora spero di esser riuscito a chiarir qualcosa a qualcuno. Saluti a te.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve Jacopus. Ho trascurato di farti i miei complimenti per l'aver compreso autonomamente ciò che io intendevo circa :
Citazione"Sono convinto che - in ambito extraumano - esista un solo preciso diritto cui corrisponde - secondo una ovvia biunivocità - un solo preciso dovere per tutti gli individui di ogni specie vivente.
Il succo della faccenda è tutto in questa frase. Il solo preciso diritto/dovere è la sopravvivenza, (ed il) generare vita che prosegua il suo corso e competa con le altre forme di vita. Questo però non è un compito etico e non ha niente a che vedere con i diritti e i doveri. Anzi ha a vedere con essi perchè riduce la visione etica dell'uomo a un bieco darwinismo sociale, anche se traslato in senso extra-umano."

Tu invece hai solo trascurato ancora che io stavo parlando di ambito extraumano e non di storia umana del diritto, dell'etica  o del darwinismo. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve Iano. Citandoti : "Non avevo mai riflettuto su questo fatto e ringrazio Viator per avermene dato la possibilità".
Sono io a ringraziare te per l'attenzione. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

CitazioneTu invece hai solo trascurato ancora che io stavo parlando di ambito extraumano e non di storia umana del diritto, dell'etica  o del darwinismo. Saluti.
In che senso parli in questo ambito di diritto/dovere? Non ti sembra che sia un nonsense? Questo è il mondo della nuda vita, dello stato di natura a cui Hobbes contrapponeva lo stato di diritto. Parlare in questi termini di diritti/doveri, tra le altre cose, rievoca una tradizione, che forse non conosci, di ciclici tentativi di legittimare il diritto del più forte attraverso metafore più o meno ingegnose rinvenibili nella natura. Ma, ripeto, la legge fisica o atmosferica o biochimica non ha nulla a che vedere con le leggi umane. O meglio, un nesso esiste ma non è certo quello che tu in qualche modo suggerisci in modo criptico e forse neppure consapevolmente.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve Paul 11. Citandoti "La giustizia nella natura è il movimento ,il decorso ciclico, ma senza un criterio di bene o male.
Sembrerà "strano" concettualmente, ma è la natura che aiuta a costruire una idea di giustizia, è il suo apparente caos e determinazioni ripetitive che ci indicano una armonia seppur all'interno vi appaiono movimenti disarmonici, caotici, sottodominanti.
Per questo nacque la teologia naturale o il giusnaturalismo, come luogo originario prima del diritto legislativo, come diritto di natura originario inoppugnabile, in quanto la vita non nasce per diritto, ma ha un diritto in quanto vita, in quanto esistenza, in quanto è del mondo e non per volontà strettamente umana"
.
Giustissime argomentazioni.
La contrapposizione tra giusnaturalismo e giuspositivismo, come pure di tutto ciò che l'uomo viene a concepire o fare, si riassume semplicemente nell'eterno confronto tra soggetto ed oggetto, pensiero ed esistenza, osservante ed osservato............
Io - mi sembra come te - trovo che l'osservato sia ciò che ha generato l'osservatore.........altri invece preferiscono la versione opposta, anche se poi magari si scandalizzano se qualcuno trova troppo solipsistici i loro ragionamenti. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

#21
Salve Jacopus. In modo criptico o forse inconsapevole sono costretto a ripetere quanto ho precisato nel mio intervento di apertura di questo argomento : "Prendiamo l'ambito biologico e chiediamoci, ad esempio : le forme di vita (gli individui biologici), INDIVIDUI UMANI ESCLUSI, hanno secondo voi, dei diritti (ovviamente "naturali") ?



A scanso di equivoci comunico la definizione di diritto sulla quale io intendo basarmi all'interno dei miei interventi : "Ciò che nulla e nessuno può lecitamente negare a nessun altro".

All'interno di tale definizione il "lecitamente" è riferito a una qualsiasi legge naturale od umana che venga riconosciuta come tale dall'uomo stesso".

A questo quesito ho deciso di rispondere di sì. Tu mi stai chiedendo chiarimenti per poter decidere quale risposta darti/darmi ? Oppure hai già deciso la risposta e sei solamente (e lecitamente) curioso di conoscere più a fondo le mie convinzioni ed i miei "meccanismi" mentalculturali ?

Ho quasil'impressione (ma certamente mi sbaglio) che tu faccia confusione tra il concetto di "diritto" (al singolare e come ho definito io sopra......ammesso che tale definizione ti soddisfi) e quello di "Diritto" (inteso come intero corpo culturalgiudiziario nonchè campo di azione di eserciti di più o meno dotti Giudici, Legislatori e legulei - questo sì rappresentante affare (notare il doppiosenso) esclusivamente umano).

A questo punto mi cimento in un ultimo disperato tentativo di cercare di definire il "diritto" singolo (anche se ovviamente applicabile ad una moltitudine di soggetti -umani e/o extraumani) : "un diritto (NELLA SUA VERSIONE PASSIVA, quella cioè valida per i viventi NON UMANI) rappresenta la facoltà di continuare a farsi i cazzi propri senza venir in ciò illecitamente distolti, dissuasi od impediti da altri". Ad esempio.......continuare a vivere e continuare a riprodursi.

Questo è il principio naturale che resta valido tale e quale nonostante :

  • non ci sia nessuno che ne sia il garante
  • il mondo sia pieno zeppo di rompicoglioni
nonostante, dicevo quindi, la sua difficoltosissima applicabilità.
Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

#22
Ovviamente la tua definizione non mi soddisfa. E' come se dicessi: "il brodo che sto cucinando ha una sua volontà, intendendo con essa una sua precipua capacità di agire, da non confondere con il libero volere degli esseri senzienti, ovvero la VOLONTA'." Non si può giocare con le parole senza pagarne il conto. Ogni parola è collegata semanticamente ad altre parole simili e la parola diritto, ne converrai ha molto più a che fare con il mondo degli esseri umani che con quello extraumano. Una volta tirato in ballo, il diritto, per quanto tu voglia depurarlo e farlo rivivere ad un altro significato, non potrà farci dimenticare tutta la famiglia di addentellati e valori semantici collegati al diritto, compreso tutto il dibattito, iniziato agli albori dell'epoca moderna, che si prefiggeva proprio di giustificare un certo tipo di diritto umano, con un qualsivoglia diritto extraumano. Una storia, come già detto, veramente molto significativa, presente già nei filosofi ionici. E qui si potrebbe  aprire un sottodibattito sul nesso che collega la parola "legge" in senso di legge fisica alla legge in senso giuridico. Qui si aprirebbero scenari diversi, ma la parola diritto non ha lo stesso significato di legge, proprio perchè le famiglie semantiche per quanto vicine, sono diverse.
Il fatto che tu voglia definire un nuovo significato della parola diritto è un tuo specifico desiderio che posso anche rispettare, ma allo stesso tempo tu devi rispettare le mie obiezioni. Obiezioni che non mi permettono di entrare nel gioco, perchè sto criticando le stesse regole del gioco, ovvero un uso improprio e pericoloso della parola "diritto".
Mi dovrai scusare, ma il diritto ha un posticino speciale nella mia mente, accanto a poche altre cose.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Citazione di: paul11 il 27 Gennaio 2020, 14:35:22 PM
Chiariamo.
La natura è fondante come interpretazione, quindi il come la natura si movimenta, diciamo i suoi comportamenti non sono eludibili.
Il problema, a mio parere ma non solo, sta nel fatto che la natura da sola non è determinante.
E' determinante semmai l'idea rappresentativa, interpretativa che noi facciamo della natura.

Sì chiariamo. Fin qui ci sta pure il frammento di verità da cui parte viator. La natura pone a noi mortali, immanenti fino a prova contraria, la necessità di cibo, protezione e cure. Su tali necessità si implementa anche il discorso etico, la legge, che comunque sempre cose umane rimangono.

Il predatore, nubifragio, terremoto, incendio non violano alcuna legge naturale e non ne pongono alcuna di metafisica a cui l'animale predato o *catastrofato possa chiedere soddisfazione.

CitazioneNon credo al concetto di "sviluppo evolutivo", semmai c'è ,c'è stato e ci sarà uno sviluppo della tecnica, che non è conseguente ad uno sviluppo della saggezza umana.

Chiariamo, appunto: l'evoluzione è oggettiva quanto la natura e non ha in sè alcuna connotazione di "progresso". Evoluzione naturale, sociale, etica, storica sono la presa d'atto, ermeneuticamente condotta nel suo flusso causale, di ciò che è: un processo che si nutre del passato dissodando il terreno del futuro. Nell'intersezione ci troviamo noi a districarci, col nostro secolo scarso di cicli terrestri, avendo quale supporto gnoseologico solo la nostra ratio. Ratio che ha prodotto quel terzo elemento, dopo natura ed evoluzione - oggettivo e fatale - che è la tecnica (1).

Tecnica che, malgrado Severino (che Dio l'abbia in Gioia), al pari delle due che la precedono, non ha nulla di divino o demoniaco, dovendo attendere la nostra soggettività autocosciente, individuale e/o collettiva, perchè il bene o il male si compiano.

CitazioneDaccapo, il problema è la fede nella tecnica nel suo svolgersi, ma socialmente non fa altro che costruisce scenari mutevoli dove l'uomo socialmente ormai ne è assoggettato.
Credere nella tecnica significa averne fede e quindi si è asserviti al suo destino che determina per correlazione il destino umano. Non è l'uomo che fa la tecnica, intesa come potenza culturale, è la tecnica che assoggetta e condiziona il modo di pensare umano. E fu una scelta culturale umana, come quella fideistica di credere in un Dio. La tecnica ha surrogato il "dio".

Ma il fideismo non è obbligatorio: la via "nessun dogma" è praticabile fin dai tempi della levatrice Socrate. E del principe Siddhartha che insegnò a diffidare dagli scherzi illusionali del samsara.

CitazioneSostanzialmente ritengo, ma proprio perché la natura non ha un bene o un male, semmai noi proiettiamo sulla natura ciò che riteniamo a nostra volta giusto o errato, bene o male.
La giustizia nella natura è il movimento ,il decorso ciclico, ma senza un criterio di bene o male.
Sembrerà "strano" concettualmente, ma è la natura che aiuta a costruire una idea di giustizia, è il suo apparente caos e determinazioni ripetitive che ci indicano una armonia seppur all'interno vi appaiono movimenti disarmonici, caotici, sottodominanti.

Sostanzialmente ritengo che non ci sia nulla di "strano" concettualmente in tale "influsso" naturale sull'etica, perchè appena ci si cala dalle fantasie delle armonie universali e dei disegni celesti e si tocca terra si scopre subito, nella durezza dell'impatto, il prezzo che la vita esige per restare tale.

CitazionePer questo nacque la teologia naturale o il giusnaturalismo, come luogo originario prima del diritto legislativo, come diritto di natura originario inoppugnabile, in quanto la vita non nasce per diritto, ma ha un diritto in quanto vita, in quanto esistenza, in quanto è del mondo e non per volontà strettamente umana.

Sulla centralità del vivere nella costituzione della vita come valore etico non posso che concordare e altrove definii la vita (naturale) come il bene assoluto incontrovertibile del vivente. Bene materiale che ben si presta ad essere convertito in valore etico.

CitazioneIl potere delle legislazioni ha avuto teorici importanti. Perchè la legislazione in quanto condizionante dei comportamenti umani, delimita il potere dei singoli e delle istituzioni private e pubbliche. Questo giuspositivismo soppianta il giusnaturalismo, nel momento in cui il legislatore diventa potente nel condizionare il popolo (in positivo o in negativo diventa "bravura" del legislatore), ma ciò non toglie la dialettica storica e nemmeno la perdita del diritto di natura che infatti rimangono presenti storicamente, come contesa e come neocontrattualismo.

Gran giorno sarà quando il popolo riuscirà a legiferare in proprio con "bravura" e non ci saranno più potenze metafisiche aliene a condizionarlo. Ma anche allora il diritto positivo non potrà che trarre la propria legittimazione da quanto riuscirà a servirsi delle leggi naturali, anche contro i loro automatismi evolutivi, per migliorare la quantità e qualità di vita dei viventi umani. Con tutti gli altri viventi non confliggenti, analogicamente, a seguire.

(1)
Il fato tecnico emerge potentemente anche dal terreno archetipico del sacro, dal quale solo l'oscurantismo talebano e la miseria culturale lo possono esiliare. Prova ne siano le arti raffigurative pagane e cristiane, letteratura come la Commedia dantesca e la musica sacra di eccelsa levatura che va dalla polifonia rinascimentale alle grandi composizioni romantiche. Laddove la tecnica decade, come nelle cacofoniche musichette e vocalità devozionali moderne, anche lo spirito soffre. Ma forse, materialisticamente, il fallimento tecnico è semplicemente la manifestazione di un corrispettivo decadimento ontologico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

Non c'è nulla di oggettivo reale e soggettivo personale, non ci sono steccati. La suddivisione in oggetto e soggetto è sorta in una certa analitica filosofica, ma in realtà il soggetto compenetra l'oggetto e viceversa. Prima i nostri sensi ricevono impulsi e immediatamente l'atto intenzionale conoscitivo trasforma l"oggetto" in pensiero.
Noi abbiamo una idea della realtà che non è oggettiva e in qualche modo gli impulsi esterni , quell"oggettività" ci trasforma perché i pensieri essendo rappresentazione della realtà e non oggettività della realtà, li uniamo con significati e senso.

Quindi noi interpretiamo sia noi stessi (la soggettività) che il mondo(l'oggettività).
Husserl e la sua fenomenologia ,penso sia la più vicina al processo umano conoscitivo.
Tutto ciò mostra che l' idea che ci facciamo del mondo è sempre cultura, in quanto è la ragione che interpreta concettualmente e la psiche emotivamente.

La violenza della natura, terremoti, eruzioni vulcaniche,alluvioni, siccità, è comunque interpretata dall'uomo, da sempre.
Noi non sappiamo cosa vi sia prima della nascita e dopo la morte, così come per l'universo.
La nostra ragione è formata da una coscienza intenzionale, siamo calamitati intuitivamente verso gli oggetti del mondo e i i diversi frammenti di conoscenza li leghiamo, li relazioniamo con un senso, anche ciò che non conosciamo "direttamente" come sensibili, con i nostri sensi.

Si dice che noi non dovremmo parlare di ciò che non conosciamo (Wittgenstein), ma ogni parola è formata da lettere alfabetiche e le parole costruiscono in una proposizione sensi e signifcati che alludono sempre a qualcosa, allo scopo di una dichiarazione dentro una proposizione argomentativa.
E' impossibile separare mentalmente e quindi suddividere, il soggetto dall'oggetto, l'atto conoscitivo dal dato conosciuto. Una procedura, un protocollo scientifico è mentale prima che oggettivo, è il pensiero che determina una modalità per conoscere.

Significa che la violenza della natura è interpretata anche oggi, come nell'antichità, per quanto oggi si conoscano meglio i fenomeni. Noi oggi li chiamiamo "disastri" naturali, quando sono "movimenti naturali" geologici, solo che ci uccidono, demoliscono case, le nostre cose, i nostri affetti. La natura ha un suo decorso e noi che siamo ospiti in realtà vorremmo addomesticarla per i nostri desideri. Invece dovremmo assecondarla con intelligenza.

La conoscenza storica, temporale, è esperienza non tautos. L'esperienza ci racconta di molti pensatori in diversi campi scientifico-speculativi. Nel lasso di tempo che l'attuale scienza definisce storia, cioè fatta di reperti e scritture, ciò che ha avuto davvero progresso è la sola tecnica, la tecnologia con quello che a sua volta comporta nel pensiero umano.
Non vedo progresso nel concetto di democrazia greca con quella contemporanea, anzi.
La teoria evoluzionista ha parecchie falle. Non vedo questa iperbola storica, vedo cicli di civiltà che iniziano e finiscono, noi siamo oggi nella potenza USA e la cultura anglosassone, (forse succerderà quella cinese....), ma quante civiltà prima di loro! Non è detto che il ciclo temporale sia migliore di quello antecedente, prendiamo cose nuove e lasciamo cose vecchie. Una civiltà si caratterizza per alcuni suoi fondamentali "visioni", quella attuale si focalizza sull'utilità e funzionalità (non che non ci fossero nelle precedenti civiltà, solo non erano così spinte).
Il passato lo si vuol dimenticare nelle cose che riteniamo non siano "comode", o per dirla nel contemporaneo utili e funzionali, e spesso buttiamo via esperienze salienti così che riproduciamo continuamente gli stessi errori di passate civiltà, invece di farne tesoro.
Sostengo che le civiltà antiche avessero molto più ben presente il concetto di armonia ed equilibrio, e lo dimostra l'arte "classica", perché l'utile e funzionale non era ancora asservito ad una tecnica, evoluzionista, progressista. Non che fossero esenti da errori ed orrori come la stessa storia mostra, Ma l'atteggiamento verso il mondo non era culturalmente così dirompente, come lo schiaccisassi moderno. E la causa è l'essersi affidati alla tecnica, il surrogato divino che dà potenza poiché è pratica e immediata. Ma proprio perché non è mediata ciò che fu partorito dalla creatività umana è scappato di mano è sfuggito al controllo. Oggi è impossibile fermare la tecnica e controllare una società globale e la competizione è frutto della potenza che dà la tecnica. E' un cane che si morde la coda.
La tecnica è prodotto culturale umano, è credere nel divenire, è credere nella malleabilità degli elementi per conformarli a nostro piacimento e secondo i nostri desideri.
Questa contraddizione , la tecnica nella storia, è un concetto che alcuni filosofi additano in maniera a volte diversa. Severino ritiene che l'aporia del fondamento che ha prodotto la tecnica sia appunto nel credere nel divenire e non negli eterni. Perchè il divenire è contraddizione della regola dell'identità logica. (ma è un inciso, il discorso sarebbe lungo.......)

Il fideismo , avere fede, l'uomo lo ha sempre avuto e sempre lo avrà, conscio o inconscio, intutivo o razionale, irrazionale, ecc. Poca ha importanza il giudizio su di esso.
Oggi il contemporaneo crede nella tecnica quanto prima credeva in Dio.
L'uomo ha necessità si sperare, di avere fiducia e affidarsi in qualcosa. Non gli dà tregua la necessità di avere pace e serenità in mondo in continuo divenire che muta scenari e destini, di vedere nascere come morire. Daccapo ribadisco, la necessitò di dare senso ai significati che raccoglie la conoscenza ,induce la coscienza a trovare un senso globale, oppure può perdersi nel giorno dopo giorno, invecchia senza saperne, perché vuol rimuoverla, il senso di vita e morte.
E queste sono domande, richieste che la coscienza umana ha da sempre, dalla pietra scheggiata ai voli su Marte.

La metafisica non è anti-fisica, questa è la visione banale e superficiale.
Il metafisico non aborra la natura e il dominio sensibile, semplicemente ritiene che la verità non sia nel SOLO dominio fisico e naturale diveniente.

La tua anti-metafisica è banale, perché un comunista se non si origina da una idea, che non è natura ma è pensiero, che non ha un senso di marcia, non è né comunista e neppure non ha senso.
Marx inizia da Hegel. Non è lo scenario, materiale e naturale, che dirige il cammino, è il l'idea di senso che unisce i frammenti storici, e questo lo fa il pensiero e che sia ratio lo può dire la logica che è anche nella metafisica, nella paralogica severiniana della negazione dialettica, nella dialettica storica idealista di Hegel, ecc. Siamo tutti metafisici, in termini di pensiero; si tratta di come costruiamo la verità, o più banalmente di come ognuno costruisce le proprie credenze a cui si affida.
Il marxista ha una spiritualità intrinseca, solo che lo indirizza nella materia, come se cambiare la materia cambi il pensiero e l'essere umano.. Il pensiero resta ed è indipendente dalla fisicità del sensibile, è la premessa costitutiva umana e che lo caratterizza, lo rende diverso dall'animalità, tanto da essere definito anima.

La cultura indirizza il pensiero e questo è stato anche nel diritto.
Il popolo non ha capacità di legiferare, come nessun proletariato ha mai compiuto una rivoluzione,
Era già chiaro agli antichi greci. E non è una considerazione altezzosa o anti-popolare, la verità è che il gregge cerca sempre il pastore che lo organizzi e in quanto tale si prenda le loro responsabilità. Questa concezione metafisica del popolo, ha dilaniato anche il concetto di democrazia contemporanea. Il popolo cerca denaro quanto il borghese "sui padrone".Non gli interessa sovvertire alcunchè, è più conformista del suo padrone, vuole i beni di consumo, il futuro per i figli che diventino a loro volta buon borghesi. Pochi , pochissimi sono coloro che resistono alle sirene consumiste anche loro cercano l'utile e il funzionale, la materialità. Non si battono per una idea. Questa è la grande contraddizione marxista, la sua stessa materialità sconfitta dalle più materialistiche idee: tecnica+capitalismo che hanno ben più potenza, sono cultura pratica prima di essere materialità ciò che sposò Marx e che non capì culturalmente sfidandolo sul piano materiale.
Perchè la tecnica dà al capitalismo gli strumenti della sua trasformazione e anche qui la ciclicità delle parabole .Il capitalismo, come la tecnica, non è sovvertibile sul piano materialistico, la sua anima è nella cultura di potenza della tecnica nelle prassi, renderà fruibile ai proletari gli oggetti i consumo che prima erano dei ricchi, utilizzando efficienza ed efficacia, frammentando il sociale in individualismi e quindi fra loro in competizione.


Mi trovo d'accordo con Jacopus, a sua tempo l'avevo scritto.
Attenzione a quella cultura "naturalista" e "materialista" che ha solo due opzioni.
La competizione nel branco per avere il capo oppure costruire termitai "funzionalcollaborativiruolificati"
Il primo giustifica il capitalismo, il secondo una certa idea di comunismo.

viator

Salve Jacopus. Citandoti : "Ovviamente la tua definizione non mi soddisfa. E' come se dicessi: "il brodo che sto cucinando ha una sua volontà, intendendo con essa una sua precipua capacità di agire, da non confondere con il libero volere degli esseri senzienti, ovvero la VOLONTA'." Non si può giocare con le parole senza pagarne il conto. Ogni parola è collegata semanticamente ad altre parole simili e la parola diritto, ne converrai ha molto più a che fare con il mondo degli esseri umani che con quello extraumano".
Ovviamente la TUA interpretazione della mia definizione non può soddisfarti. Infatti io non ho mai attribuito volontà o capacità di agire a nessuno degli enti coinvolti all'interno della mia definizione.

Tu sei in  numerosissima compagnia nel confondere gli effetti dell'esistenza di un mondo inanimato (i quali consistono ANCHE nella vita e nella umanità) con le cause dell'esistenza del mondo nel suo insieme, che secondo chi la pensa come te consisterebbero nella capacità umana di concepirlo. Questa è la mia (del resto indimostrabile) opinione in merito.

La parola "diritto", essendo appunto una parola, ha a che fare ESCLUSIVAMENTE  con il linguaggio, la cultura, le capacità espressive umane.

A questo mondo però - oltre alle parole che in genere vengono usate per esprimere significati (cioè contenuti del mondo che stanno oltre e fuori le parole stesse).....esistono i concetti.

La parola "dolore", ad esempio, essendo tratta dall'espressività (pronunciabilità) unicamente umana, avrebbe quindi senso e significato esclusivamente umano. Infatti, strappando le ali ad una farfalla, essa sicuramente non prova alcun dolore (altrimenti strillerebbe, perbacco !!) e quindi per essa non avrebbe nessun senso nè la parola nè il concetto nè l'esperienza del dolore. Non parliamo poi del suo diritto (mostruosamente naturale) muto ed intrinseco, nonchè concettuale a veder rispettata da tutti l'integrità dei propri preziosi strumenti di volo.

Certo.....gli insetti non hanno evoluto alcuna cultura del Diritto.......ovvio quindi che non possano vantare dei diritti, dei quali saranno appunto solamente soggetti passivi. Ma UGUALMENTE RIGUARDATI - al minimo - dal diritto e dal dovere fondamentali di cui abbiamo parlato qui sopra. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

#26
Citazione di: paul11 il 28 Gennaio 2020, 12:39:27 PM
Non c'è nulla di oggettivo reale e soggettivo personale, non ci sono steccati. La suddivisione in oggetto e soggetto è sorta in una certa analitica filosofica, ma in realtà il soggetto compenetra l'oggetto e viceversa. Prima i nostri sensi ricevono impulsi e immediatamente l'atto intenzionale conoscitivo trasforma l"oggetto" in pensiero.
Noi abbiamo una idea della realtà che non è oggettiva e in qualche modo gli impulsi esterni , quell"oggettività" ci trasforma perché i pensieri essendo rappresentazione della realtà e non oggettività della realtà, li uniamo con significati e senso.

Quindi noi interpretiamo sia noi stessi (la soggettività) che il mondo(l'oggettività).
Husserl e la sua fenomenologia ,penso sia la più vicina al processo umano conoscitivo.
Tutto ciò mostra che l' idea che ci facciamo del mondo è sempre cultura, in quanto è la ragione che interpreta concettualmente e la psiche emotivamente.

La violenza della natura, terremoti, eruzioni vulcaniche,alluvioni, siccità, è comunque interpretata dall'uomo, da sempre.

Bisognerebbe convincere pure i calchi umani di Pompei dell'assenza di steccati tra una catastrofe naturale e la sua interpretazione.

CitazioneSi dice che noi non dovremmo parlare di ciò che non conosciamo (Wittgenstein), ma ogni parola è formata da lettere alfabetiche e le parole costruiscono in una proposizione sensi e signifcati che alludono sempre a qualcosa, allo scopo di una dichiarazione dentro una proposizione argomentativa.
E' impossibile separare mentalmente e quindi suddividere, il soggetto dall'oggetto, l'atto conoscitivo dal dato conosciuto. Una procedura, un protocollo scientifico è mentale prima che oggettivo, è il pensiero che determina una modalità per conoscere.

E' così impossibile che i linguisti, certamente rispettosi di Husserl, l'hanno risolta con la SS. Trinità semantica: significante, significanto e referente;  nell'ordine "soggettivo". A ritroso, in una prospettiva "oggettiva".

CitazioneSignifica che la violenza della natura è interpretata anche oggi, come nell'antichità, per quanto oggi si conoscano meglio i fenomeni. Noi oggi li chiamiamo "disastri" naturali, quando sono "movimenti naturali" geologici, solo che ci uccidono, demoliscono case, le nostre cose, i nostri affetti. La natura ha un suo decorso e noi che siamo ospiti in realtà vorremmo addomesticarla per i nostri desideri. Invece dovremmo assecondarla con intelligenza.

Cosa che uno studente di materie scientifiche capisce fin dalle superiori.

CitazioneLa conoscenza storica, temporale, è esperienza non tautos. L'esperienza ci racconta di molti pensatori in diversi campi scientifico-speculativi. Nel lasso di tempo che l'attuale scienza definisce storia, cioè fatta di reperti e scritture, ciò che ha avuto davvero progresso è la sola tecnica, la tecnologia con quello che a sua volta comporta nel pensiero umano.
Non vedo progresso nel concetto di democrazia greca con quella contemporanea, anzi.
La teoria evoluzionista ha parecchie falle. Non vedo questa iperbola storica, vedo cicli di civiltà che iniziano e finiscono, noi siamo oggi nella potenza USA e la cultura anglosassone, (forse succerderà quella cinese....), ma quante civiltà prima di loro! Non è detto che il ciclo temporale sia migliore di quello antecedente, prendiamo cose nuove e lasciamo cose vecchie. Una civiltà si caratterizza per alcuni suoi fondamentali "visioni", quella attuale si focalizza sull'utilità e funzionalità (non che non ci fossero nelle precedenti civiltà, solo non erano così spinte).
Il passato lo si vuol dimenticare nelle cose che riteniamo non siano "comode", o per dirla nel contemporaneo utili e funzionali, e spesso buttiamo via esperienze salienti così che riproduciamo continuamente gli stessi errori di passate civiltà, invece di farne tesoro.
Sostengo che le civiltà antiche avessero molto più ben presente il concetto di armonia ed equilibrio, e lo dimostra l'arte "classica", perché l'utile e funzionale non era ancora asservito ad una tecnica, evoluzionista, progressista. Non che fossero esenti da errori ed orrori come la stessa storia mostra, Ma l'atteggiamento verso il mondo non era culturalmente così dirompente, come lo schiaccisassi moderno.

Schiacciasassi furono pure la falange macedone, le legioni e triremi romane. Nel saccheggio delle città conquistate si vede poca armonia ed equilibrio e se avessero avuto la bomba atomica l'avrebbero usata, tanto contro i nemici che contro, qualche secolo più tardi, infedeli ed eretici, mettendoci pure le insegne di Dio (in hoc signo vinces)

CitazioneE la causa è l'essersi affidati alla tecnica, il surrogato divino che dà potenza poiché è pratica e immediata. Ma proprio perché non è mediata ciò che fu partorito dalla creatività umana è scappato di mano è sfuggito al controllo. Oggi è impossibile fermare la tecnica e controllare una società globale e la competizione è frutto della potenza che dà la tecnica. E' un cane che si morde la coda.
La tecnica è prodotto culturale umano, è credere nel divenire, è credere nella malleabilità degli elementi per conformarli a nostro piacimento e secondo i nostri desideri.
Questa contraddizione , la tecnica nella storia, è un concetto che alcuni filosofi additano in maniera a volte diversa. Severino ritiene che l'aporia del fondamento che ha prodotto la tecnica sia appunto nel credere nel divenire e non negli eterni. Perchè il divenire è contraddizione della regola dell'identità logica. (ma è un inciso, il discorso sarebbe lungo.......)

La tecnica era destino antropologico anche all'epoca degli specchi ustori di Archimede. Oggi concordo che la sua potenza ha ridotto di molto l'impatto di quelle "forze naturali" che produssero, ad esempio, la sottomissione della donna. Ma ha pure dato più spazio al "muscolo" cerebrale. Il che ha anche i suoi aspetti eticamente progressivi e antropologicamente evolutivi.

CitazioneIl fideismo , avere fede, l'uomo lo ha sempre avuto e sempre lo avrà, conscio o inconscio, intutivo o razionale, irrazionale, ecc. Poca ha importanza il giudizio su di esso.
Oggi il contemporaneo crede nella tecnica quanto prima credeva in Dio.

La qual cosa è sia progressiva che evolutiva, come ben sanno i sopravvissuti alle epidemie grazie ai vaccini, piuttosto che alle messe.

CitazioneL'uomo ha necessità si sperare, di avere fiducia e affidarsi in qualcosa. Non gli dà tregua la necessità di avere pace e serenità in mondo in continuo divenire che muta scenari e destini, di vedere nascere come morire. Daccapo ribadisco, la necessitò di dare senso ai significati che raccoglie la conoscenza ,induce la coscienza a trovare un senso globale, oppure può perdersi nel giorno dopo giorno, invecchia senza saperne, perché vuol rimuoverla, il senso di vita e morte.
E queste sono domande, richieste che la coscienza umana ha da sempre, dalla pietra scheggiata ai voli su Marte.

Certamente, e su questo noi aspiranti filosofi giochiamo la nostra onorevole partita.

CitazioneLa metafisica non è anti-fisica, questa è la visione banale e superficiale.

A chi lo dici ?

CitazioneIl metafisico non aborre la natura e il dominio sensibile, semplicemente ritiene che la verità non sia nel SOLO dominio fisico e naturale diveniente.

"Verità" necessita di contesto, altrimenti è flatus vocis. Ogni verità fisica è sorgente di corollari metafisici la cui verità può essere affermata solo dal contesto ambientale, più o meno universale, esteso, permanente.

CitazioneLa tua anti-metafisica è banale, perché un comunista se non si origina da una idea, che non è natura ma è pensiero, che non ha un senso di marcia, non è né comunista e neppure non ha senso.

Ti do una notizia: l'anti-metafisica se la passa pure peggio dell'anti-materia, in quanto può manifestarsi nella realtà solo come metafisica. Ad esempio: ritenere anti-metafisico, su sua dichiarazione, lo scientismo, significa soccombere alla ingenua banalità dell'oste che decanta il suo vino. Tutte le visioni del mondo, dall'idealismo più scettico al materialismo più "volgare" sono metafisiche. Io uso in senso negativo l'appellativo (aggettivo o sostantivo) "metafisico" solo quando si porta, per suo tramite, confusione nel triangolo semantico confondendo tra loro le tre sacre figure.


CitazioneMarx inizia da Hegel. Non è lo scenario, materiale e naturale, che dirige il cammino, è il l'idea di senso che unisce i frammenti storici, e questo lo fa il pensiero e che sia ratio lo può dire la logica che è anche nella metafisica, nella paralogica severiniana della negazione dialettica, nella dialettica storica idealista di Hegel, ecc. Siamo tutti metafisici, in termini di pensiero; si tratta di come costruiamo la verità, o più banalmente di come ognuno costruisce le proprie credenze a cui si affida.
Il marxista ha una spiritualità intrinseca, solo che lo indirizza nella materia, come se cambiare la materia cambi il pensiero e l'essere umano.. Il pensiero resta ed è indipendente dalla fisicità del sensibile, è la premessa costitutiva umana e che lo caratterizza, lo rende diverso dall'animalità, tanto da essere definito anima.

Il marxista ha la indigesta (per l'idealista) abitudine di subordinare il principio alla realtà, e non viceversa come ama fare chi filosofiggia a partire dal mondo platonico delle idee. Fatto salvo che vi sono certamente contesti ontologici in cui pure l'immaterialità ideale assume un suo peso, più o meno convenzionale e gratificante.


CitazioneIl popolo non ha capacità di legiferare, come nessun proletariato ha mai compiuto una rivoluzione, Era già chiaro agli antichi greci.

Ettecredo: erano tutti liberi e padroni di schiavi.

CitazioneE non è una considerazione altezzosa o anti-popolare, la verità è che il gregge cerca sempre il pastore che lo organizzi e in quanto tale si prenda le loro responsabilità.

E' dura liberarsi dalla "cultura dominante della classe dominante", ma da chi si diletta di logos un piccolo sforzo in tal senso sarebbe il minimo sindacale...

CitazioneQuesta concezione metafisica del popolo, ha dilaniato anche il concetto di democrazia contemporanea. Il popolo cerca denaro quanto il borghese "sui padrone".Non gli interessa sovvertire alcunchè, è più conformista del suo padrone, vuole i beni di consumo, il futuro per i figli che diventino a loro volta buon borghesi. Pochi, pochissimi sono coloro che resistono alle sirene consumiste anche loro cercano l'utile e il funzionale, la materialità. Non si battono per una idea. Questa è la grande contraddizione marxista, la sua stessa materialità sconfitta dalle più materialistiche idee: tecnica+capitalismo che hanno ben più potenza, sono cultura pratica prima di essere materialità ciò che sposò Marx e che non capì culturalmente sfidandolo sul piano materiale.
Perchè la tecnica dà al capitalismo gli strumenti della sua trasformazione e anche qui la ciclicità delle parabole .Il capitalismo, come la tecnica, non è sovvertibile sul piano materialistico, la sua anima è nella cultura di potenza della tecnica nelle prassi, renderà fruibile ai proletari gli oggetti i consumo che prima erano dei ricchi, utilizzando efficienza ed efficacia, frammentando il sociale in individualismi e quindi fra loro in competizione.

... e non è certo la "tecnica" la leva esorcistica su cui si possano risollevare le sorti del pensiero filosofico. Ma certo si possono sollevare gran polveroni. Da dissolvere, logicamente e tecnicamente, con opportuni aspirapolvere gnoseologici.

CitazioneMi trovo d'accordo con Jacopus, a sua tempo l'avevo scritto.
Attenzione a quella cultura "naturalista" e "materialista" che ha solo due opzioni.
La competizione nel branco per avere il capo oppure costruire termitai "funzionalcollaborativiruolificati"
Il primo giustifica il capitalismo, il secondo una certa idea di comunismo.

Auguro a Jacopus di avere una visione meno banale della cultura moderna e delle sue varie ramificazioni.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

#27
Salve Ipazia. Citandoti : "Il marxista ha la indigesta (per l'idealista) abitudine di subordinare il principio alla realtà, e non viceversa come ama fare chi filosofiggia a partire dal mondo platonico delle idee".

Cioè il marxista subordinerebbe il principio egualitario alla realtà che (sembrerebbe) è abbastanza disugualitaria ?

Scusa ma, come possiamo definire chi ha degli ideali e li vuole realizzare ? Un idealista od un realista ?

Ennesima dimostrazione che, attraverso le opportune e sempre formalmente corrette formulazioni dialettiche, si può sia affermare che dimostrare tutto ed il contrario di tutto.

Il marxista è anch'egli un idealista che vuole costruire il proprio ideale utilizzando strumenti reali (materiali). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Salve viator. Si chiama "concezione materialistica della storia" e postula che i ricchi e i poveri  non sono un prodotto naturale. E che il sangue blu non esiste, ma è rosso per tutti. Saluti
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Ipazia. Hai perfettamente ragione circa il colore del fluido corporeo più importante.

Per quanto invece riguarda ricchezza e povertà, si tratta di condizioni che in natura esistono tranquillamente a prescindere dal merito, dalle capacità e dall'impegno del singolo organismo che ne sia coinvolto.

Persa a quanto può essere ricco un erbivoro che viva nei pascoli di Mongolia......e a quanto povero sia invece quello costretto a sopravvivere ai bordi del deserto del Takla Makan !

Che poi invece l'uomo si complichi la vita inventandosi ingordigia e speculazione a spese dei propri simili..........purtroppo questo è il prezzo (o, a seconda dei punti di vista, il premio) dell'aver acquisito il "dono" della coscienza, i cui frutti non saranno certo fatti avvizzire da una qualsiasi ideologia che si illude di poter raddrizzare le "storture" naturali.

Pensa........dal punto di vista esistenziale per raggiungere - non diciamo la felicità o la soddisfazione - almeno l'equilibrio, risulta sufficiente ignorare (cioè non possedere coscienza) dell'esistenza di chi potremmo pensare stia meglio di noi ! Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.