Definizione del termine "Morale"

Aperto da Federico Mey2, 17 Gennaio 2019, 15:42:08 PM

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Federico Mey2

Salve, si usa spesso, perlomeno io lo faccio, questo concetto, ma ritengo che sia fonte di contraddizione non chiarirne la definizione.
Se in passato mi si chiedeva di definirmi morale o non-morale, potevo rispondere una volta in un modo, una volta nell'altro. Ma non perchè il mio modo di pensare sull'argomento fosse contraddittorio, o perchè esso sia mai cambiato nel tempo. E' la definizione, che è un po' ingannevole!

Elenco alcuni concetti esprimibili con parole che hanno nella propria radice il termine "morale":
1 - Moralità sessuale - Regolamentazione/richiamo alla limitazione della sessualità (non della passionalità: un ginecologo può fare cose molto più immorali);
2 - Moralismo - Richiamo a fare il Bene e disprezzare il Male;
3 - Moralismo - Atteggiamento filosofico che focalizza l'attenzione dell'individuo sul fatto che il suo pensare e comportarsi sia necessariamente Bene o Male, o meglio sulla necessarietà della loro esistenza;
4 - Ragionamento morale - Spazio filosofia che si interessa dei principi di ragionamento e comportamento.

Per quanto riguarda il concetto 1 e 4 non ci sono problemi a confrontarmi con l'argomento e non l'ho mai affermato di non essere morale. Anzi, forse oggi, con una maggiore maturazione, posso dire di essere tra i pochi "morali".
Il problema sorge invece per i due concetti centrali, e il terzo, quello che più mi interessa, non è probabilmente neanche considerato, anzi probabilmente chi sta leggendo, se lo ha capito, non gli dà la centralità che gli dò io.
La mia risposta tipica alla domanda se io fossi "morale" era che io sono "amorale", e questo non perchè avessi un istinto irrefrenabile a fare l'amore a letto (che comunque era vero), ma perchè usavo la definizione 3 (mia, personale) e non la 2.
Si dà il caso che, per la negazione del moralismo tipo 2, si usa correntemente il termine "immorale", per cui risulta implicito che "amorale" debba essere la negazione di un altro concetto.

Il mio concetto di amoralità (cioè disprezzo del moralismo tipo 2), è legato alla mia idea che la strada della perfezione sia quella che va "al di là del Bene e del Male".
Essa consiste nel non focalizzare l'attenzione sul Bene e sul Male, interiorizzarne la non necessarietà e la possibilità che nel mondo essi non esistano. La prima cosa per evitare questa strada (in cui uno dei due, se stimolato, produce quantità del suo opposto) è non essere ossessionati nè da uno, nè dall'altro. A mio parere il Cristianesimo è la religione più moralistica.

Personalmente, quando ragiono su argomenti morali, tendo ad evitare riferimenti al Bene come valore (Giustizia, Amore...) o al Male come disvalore (Razzismo, Persecuzione, Odio...), ma trovo altre strade per affrontare gli argomenti morali. Ciò vuol dire che da un lato non "propongo il Bene e disprezzo il Male" ma è assolutamente falso che "disprezzo il Bene e supporto il Male", che corrisponde al concetto di immorale.
La salvezza sta per me in un mondo dove entrambi gli opposti non esistono, non in un mondo dominato dal Bene, nè in uno dominato dal Male.

Equivoco su Nietzsche: com'è noto, un libro di questo autore si chiama proprio come un concetto-chiave del mio pensiero, quello che ho citato. In passato, sulla base di alcuni titoli e di una valutazione superficiale, sono stato portato a considerarmi un "fan" di questo autore.

Attualmente, dopo una valutazione migliore, considero che l'"andare oltre il Bene e il Male" per Nietzsche non significasse "superarli" come per me, ma "contrastare la legge morale che richiama al Bene e disprezza il Male".
Egli, stanco della legge e desideroso di libertà da essa, ha tentato la carta di ribaltarla, di ribellarsi ad essa sostenendo il suo contrario, l'immoralità, per essere libero.

Lo valuto molto puerile come tentativo, rispetto al mio, che è davvero un "andare oltre", mentre Nietzsche (e poi i tedeschi) non va oltre, va verso il Male, lontano dal Bene (senza poi riuscirci, ovviamente, tranne per il successo di avere ottenuto la libertà che cercava, ma nell'anarchia di oggi)!
In altre parole Nietzsche nega il moralismo di tipo 2, io quello di tipo 3, ecco l'equivoco in sintesi.
Salve

0xdeadbeef

Ciao Federico
Se ho ben compreso (mica facile...) la tua idea della morale è quella individuale, tipica della filosofia
anglosassone.
Cioè, se con quel termine, "morale", noi indichiamo la "condotta verso il bene", la specificazione si sposta
su questo secondo termine, "bene", del quale sono dati essenzialmente due significati.
Il primo è quello classico, che intende il "bene" come un qualcosa di "in sè" (in sostanza di assoluto); il
secondo è appunto quello della filosofia anglosassone, che lo intende come "bene per me che lo penso" (relativo).
In quel che scrivi, a me sembra appunto di rilevare questa tua preferenza per un "bene" come "ciò che tu pensi
sia bene".
Quanto a Nietzsche io non penso affatto che egli intendesse "andare verso il male". Penso invece che la sua idea
della moralità sia equivalente alla tua.
saluti

Federico Mey2

Citazione di: 0xdeadbeef il 17 Gennaio 2019, 20:10:57 PMCiao Federico Se ho ben compreso (mica facile...) la tua idea della morale è quella individuale, tipica della filosofia anglosassone. Cioè, se con quel termine, "morale", noi indichiamo la "condotta verso il bene", la specificazione si sposta su questo secondo termine, "bene", del quale sono dati essenzialmente due significati. Il primo è quello classico, che intende il "bene" come un qualcosa di "in sè" (in sostanza di assoluto); il secondo è appunto quello della filosofia anglosassone, che lo intende come "bene per me che lo penso" (relativo). In quel che scrivi, a me sembra appunto di rilevare questa tua preferenza per un "bene" come "ciò che tu pensi sia bene".
Inizio dicendo che il primo obiettivo del mio articolo non è di descrivere la mia morale ma chiarire delle definizioni di parole. 
Questa distinzione che fai del concetto 2 non mi sembra rilevante ai fini di definirsi in un modo o nell'altro, cioè morale (finalizzati al Bene, comunque questo sia determinato, oggettivamente o soggettivamente) o immorale (il contrario). Se io preferissi come dici tu il punto di vista soggettivo, o se preferissi l'altro, userei forse parole diverse? Non penso. Potresti eventualmente specificare che sei un moralista oggettivo o un moralista soggettivo!? No, diresti sempre che sei un moralista (ecco la definizione) e poi specificare la tua morale qual'è, in senso soggettivo o oggettivo come preferisci.
Il punto per me è capire l'altro concetto (il 3), che è diverso perchè non essere considerati tali (cioè essere amoralisti) significa disprezzare qualsiasi atteggiamento diretto verso il Bene (comunque esso sia determinato) e qualsiasi verso il Male.
Citazione di: 0xdeadbeef il 17 Gennaio 2019, 20:10:57 PMQuanto a Nietzsche io non penso affatto che egli intendesse "andare verso il male". Penso invece che la sua idea della moralità sia equivalente alla tua. saluti
Posso dare 3 livelli della mia conoscenza di Nietzsche: il primo dalla sola lettura del titolo detto "Al di là del Bene e del Male", favorevole alla mia idea. 
Il secondo, quello che risulta abbastanza evidente da una prima lettura è decisamente proponente odio, dominazione classista e razzista, attacco alle fedi moraliste (di tipo 2). Farebbe pensare al contrario, cioè che non è riuscito ad andare "al di là", si è semplicemente spostato in orizzontale. Ecco, nella mia prima fase di valutazione io credevo improbabile che fosse tutto lì, un grande pensatore doveva necessariamente riuscire ad elevare il proprio pensiero molto più in alto di quello che appare (io tento sempre di indagare oltre il livello dell'apparenza).
Per cui ero animato dalla convinzione che esistesse un terzo livello nel quale l'apparente parteggiamento per il Male fosse superato da un obiettivo superiore.
Purtroppo dopo una più recente rilettura questo livello non l'ho proprio trovato, ed il secondo che ho citato (quello sul quale si sono basati anche i tedeschi per la guerra, che leggendo questo autore non potevano certo cercare più in profondità, date le note limitazioni mentali in questo senso) costituisce la mia attuale valutazione, cioè lo vedo sullo stesso piano dei tedeschi (cioè molto in basso!).
Tu invece sostieni che proponesse, come me, proprio di superare il moralismo, e di condannare per questo il Male in modo drastico e assoluto? Non so, non credo, dovrei rileggere ancora, ma purtroppo non ne ho voglia!
Salve

0xdeadbeef

Ciao Federico
Ritengo non di aver, come dire, "sdoppiato" il punto 2; ma di aver dato di questo una rappresentazione oggettiva
di morale laddove ho invece inteso dare al punto 3 una rappresentazione soggettiva.
Affermavi al punto 3: " Atteggiamento filosofico che focalizza l'attenzione dell'individuo sul fatto che il suo
pensare e comportarsi sia necessariamente Bene o Male, o meglio sulla necessarietà della loro esistenza".
Ora, io interpreto tutto questo in senso soggettivo (cioè relativo), e lo ricollego con l'immagine classica che
del termine "moralità" dà la filosofia anglosassone, per la quale il "bene" è ciò che il soggetto pensa sia bene.
Ora, è da questa premessa che la filosofia anglosassone arriva a definire come "morale" qualsiasi condotta volta
a perseguire il proprio desiderio o utile (per cui si arriva sinteticamente a definire il "bene" come l'oggetto
dell' utile individuale).
A mio parere, con "al di là del bene e del male" Nietzsche si riferisce proprio alla visione della filosofia
anglosassone. Se l'uomo persegue la "volontà di potenza", allora la persegue in quanto crede che quella sia
il suo utile, il suo "bene" (vedi anche il mio: "La volontà di potenza da un altro punto di vista", a pag.2).
saluti

sgiombo

Citazionel'immagine classica che del termine "moralità" dà la filosofia anglosassone, per la quale il "bene" è ciò che il soggetto pensa sia bene.

Ora, è da questa premessa che la filosofia anglosassone arriva a definire come "morale" qualsiasi condotta volta a perseguire il proprio desiderio o utile (per cui si arriva sinteticamente a definire il "bene" come l'oggetto dell' utile individuale).
A mio parere, con "al di là del bene e del male" Nietzsche si riferisce proprio alla visione della filosofia  anglosassone. Se l'uomo persegue la "volontà di potenza", allora la persegue in quanto crede che quella sia il suo utile, il suo "bene" (vedi anche il mio: "La volontà di potenza da un altro punto di vista", a pag.2).

MI espongo deliberatamente al rischio di scrivere una sciocchezza, data la mia scarsissima conoscenza dell' utilitarismo (malgrado le sue ascendenze...), ma mi sembra che uno Stuart Mill ad esempio intendesse l' utilità piuttosto collettivamente che individualmente: moralità come ricerca dell' utilità massima possibile per il complesso dell' umanità intera.

Se sbaglio é perché ricordo male quel poco che sapevo.

0xdeadbeef

Ciao Sgiombo
No, ricordi proprio bene...
In effetti Stuart Mill, ma non solo, rappresenta un pò una visione singolare nel panorama della filosofia
anglosassone (una visione alla fin fine che risente molto delle influenze della filosofia "continentale").
Anche in politica ebbe posizioni non proprio "ortodosse" (vedi il mio ultimo intervento in: "Cos'è il
populismo?").
Diciamo che la filosofia anglosassone si struttura su posizioni soggettiviste (e relativiste) almeno a partire
da G.d'Ockham e dalla sua critica agli "universali". Ciò che qui voglio dire è ben esplicitato nel pensiero di
Adam Smith: all'uomo basta seguire il proprio utile/bene individuale, perchè la somma di questi costituirà
l'utile/bene della collettività (per tramite della celeberrima "mano invisibile").
Il "bene" dunque (quindi implicitamente la moralità, che è la condotta rivolta al "bene") come perseguimento
utilitaristico delle proprie pulsioni soggettive, in chiara antitesi alla visione della filosofia "continentale",
per la quale il "bene" è un qualcosa di oggettivo, di aprioristico; di non legato al perseguimento dei desideri
individuali.
saluti

Federico Mey2

Insisto a dire che non avete capito (se mai foste interessati) il nocciolo della mia introduzione: cioè il fatto che la moralità si può definire evidentemente, come esplicitamente ammesso da voi:
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Gennaio 2019, 15:12:51 PM... Il "bene" dunque (quindi implicitamente la moralità, che è la condotta rivolta al "bene") ...
E la chiarificazione di cosa sia il Bene sono un discorso che non cambia questa definizione, che io ho chiamato n°2.
Io ho voluto poi aggiungere un altro concetto, che però non so come chiamare, e ho usato la stessa parola "moralità" (ma potrei usarne un altra), per indicare l'atteggiamento di chiunque legga le azioni altrui e proprie come non neutrali, o come Bene o come Male. 
Perchè è così difficile!? ... e spostate sempre il dibattito chiedendovi: "Che cosa è Bene"?

Colgo l'occasione per alcune correzioni all'articolo introduttivo:
Citazione di: Federico Mey2 il 17 Gennaio 2019, 15:42:08 PM
...

1 - Moralità sessuale - Regolamentazione/richiamo alla limitazione della sessualità (non SOLTANTO della passionalità: un ginecologo può fare cose molto più immorali);

...
Il mio concetto di amoralità (cioè disprezzo del moralismo tipo 2)      Volevo dire: DI TIPO 3
...
Personalmente, quando ragiono su argomenti morali, tendo ad evitare riferimenti al Bene come valore (Giustizia, Amore...) o al Male come disvalore (Razzismo, Persecuzione, Odio...), ...
Preferisco dire: ...TENDO AD EVITARE RIFERIMENTI AL BENE COME VALORE (ES. GIUSTIZIA, PIETA'...) O AL MALE COME ENTITA' ASSOLUTA IMMANENTE NELL'ANIMO UMANO...

Salve

viator

Salve Federico Mey2. In una discussione tutti i coinvolti non capiscono qualcosa e capiscono altre diverse cose. Impossibile comunicare concetti e senzazioni allo stesso modo in cui li sente chi li espone.

Personalmente trovo questa trattazione senza capo nè coda poichè basata sulla inconsapevole confusione tra due concetti distinti :

- La MORALE, la quale non ha nulla a che vedere con i concetti di bene e di male : La morale è un valore SOLO COLLETTIVO che consiste nell'insieme dei comportamenti PUBBLICI utili od ammessi SOCIALMENTE all'interno di quel certo gruppo, società, tribù, cultura.


- L'ETICA, che incorpora al suo interno il bene ed il male interpretati individualmente e che consiste nell'insieme delle scelte, convinzioni, comportamenti adottate dal singolo individuo all'interno della propria esistenza personale.

Se un riccone spende per sè i propri soldi, adotta un comportamento moralmente ammesso (se li gode, come permesso dalle Leggi e come - se non esplicitamente approvato - non vietato ed anzi sicuramente invidiato dal resto della società di cui fa parte.
Se lo stesso riccone dona metà del patrimonio ai bisognosi (scelta che nessuna morale esige anche se l'approva) compie una scelta rigorosamente individuale, facoltativa di carattere quindi ETICO.

Ma forse è un bene che nelle discussioni filosofiche non si pongano distinzioni e definizioni pregiudiziali : in questo modo si avrà il piacere di discutere all'infinito. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Federico Mey2

Salve
Citazione di: viator il 19 Gennaio 2019, 00:16:11 AMLa MORALE, la quale non ha nulla a che vedere con i concetti di bene e di male : La morale è un valore SOLO COLLETTIVO che consiste nell'insieme dei comportamenti PUBBLICI utili od ammessi SOCIALMENTE all'interno di quel certo gruppo, società, tribù, cultura. 
Ma quello che è "ammesso" si può dire essere "Bene", per la società, ciò che è disprezzato o vietato "Male".
Citazione di: viator il 19 Gennaio 2019, 00:16:11 AMSe un riccone spende per sè i propri soldi, adotta un comportamento moralmente ammesso (se li gode, come permesso dalle Leggi e come - se non esplicitamente approvato - non vietato ed anzi sicuramente invidiato dal resto della società di cui fa parte.
Se lo stesso riccone dona metà del patrimonio ai bisognosi (scelta che nessuna morale esige anche se l'approva) compie una scelta rigorosamente individuale, facoltativa di carattere quindi ETICO.  
In entrambi i casi stanno facendo il Bene, usando 2 diversi concetti di Bene.
Quello che volevo sottolineare io è che esiste un concetto di colui che potremmo definire "moralista" che indica chi è diretto verso il Bene e contro il Male.
Fin qui non dovrebbero esserci dubbi.

Io propongo un altro concetto, definibile come si vuole, che indica colui che va sia verso il Bene che verso il Male (o meglio: verso il Bene o verso il Male). 
Esso è utile per porsi la grande questione filosofica, quasi per nulla posta nella storia della filosofia occidentale, di andare al di là del Bene e del Male.

Faccio un esempio: ci sono 3 individui: 
C è il signor Mario Rossi, timido cittadino italo svizzero che vive nei boschi cibandosi di bacche e radici.
A propone: amate immotivatamente tutti C!
B propone: odiate immotivatamente tutti C!
A si può definire morale, moralista, perchè rispetta sia il Bene della società (che "ammette" che qualcuno proponga di amare un altro), sia qualsiasi altro concetto di Bene.
B si può definire immorale, perchè propone odio immotivato, che non rispetta nè il Bene della società, nè l'altra idea di Bene definita prima "etica".

La mia proposta è di mettere sia l'atteggiamento di A sia quello di B in una stessa categoria, io l'ho chiamata, se si vede il mio articolo introduttivo, moralismo di tipo 3, e di definire la donna D, che per ipotesi non segue nè A nè B, amoralista.
(Tra l'altro quest'ultima situazione "amorale" permetterebbe a C di evitare la situazione moralista di tipo 3, che prevede di ritrovarsi nel bosco da un lato una persecuzione degli uomini seguaci di B che lo vogliono bastonare e dall'altro un pellegrinaggio di donne seguaci di A che lo vogliono amare (C non sa cosa farsene). Infatti C aspira probabilmente eventualmente a una sola escursionista che gli permetta di variare la sua solita dieta di sopravvivenza!)

Al di là della storiella, è difficile la mia proposta? 
Non è coerente con il titolo che ho proposto, che non chiedeva cos'è il Bene (ho letto distinzioni tra soggettivo e oggettivo, o tra ciò che è ammesso socialmente e ciò che è così interpretato individualmente...) ma come ci si pone di fronte a qualsiasi tipo di Bene, e al Male?

Comunque se non vi interessa la mia proposta, potete ovviamente continuare a non considerarla: io però ogni tanto la ricorderò per fare in modo che un eventuale lettore interessato ad essa, a ciò che ho proposto nell'articolo introduttivo, non si lasci sviare e magari la consideri.
Salve

viator

Salve Federico. Ma a livello sociale, ripeto, il bene non esiste. Esso è un valore unicamente ETICO e non MORALE.

Ciò che tu chiami bene sociale (morale) è ciò che serve a far funzionare la società evitando il più possibile il sorgere di conflitti dannosi alla sua struttura. E' un insieme di norme che permette, ad esempio, ad un milione di persone a vivere in cento chilometri quadrati senza scannarsi in nome di propri presunti diritti e sicuri egoismi.

La morale esiste quindi per ragioni pratiche ed utilitarstiche.

Se in quei cento chilometri quadrati vivessero solo dieci persone, ti assicuro che nessuno di loro parlerebbe di morale. Eppure il bene ed il male generati dal loro comportamento individuale (ethos in greco significa comportamento) ti assicuro esisterebbero ugualmente.

La differenza fondamentale tra MORALE ed ETICA è che la prima cambia attraverso i tempi, i luoghi e le culture. La seconda no, poichè l'etica ha base naturale. Bene e male sono sempre ed ovunque riconoscibili da ciascuno di noi.

La morale italiana dei primi anni '50 prevedeva che uomo e donna che convivessero senza essere sposati (inchiesa) fossero considerati degli immorali. Ci fu il clamoroso episodio del "Vescovo di Prato" (vedere ev. in Wikipedia) che denunciò dal pulpito una coppia della cittadina che appunto conviveva "more uxorio" ("come fossero sposati"), chiamandoli "pubblici concubini".

Secondo te il vivere, amare, copulare, figliare assieme senza avere sottoscitto un contratto di matrimonio e senza credere in Dio, nella Chiesa e nei Sacramenti cosa rappresenta ? Un bene ? Un male ? Una facoltà interpersonale della quale la società non si deve occupare ? Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sileno

Citazione di: Federico Mey2 il 17 Gennaio 2019, 15:42:08 PM
Salve, si usa spesso, perlomeno io lo faccio, questo concetto, ma ritengo che sia fonte di contraddizione non chiarirne la definizione.
Se in passato mi si chiedeva di definirmi morale o non-morale, potevo rispondere una volta in un modo, una volta nell'altro. Ma non perchè il mio modo di pensare sull'argomento fosse contraddittorio, o perchè esso sia mai cambiato nel tempo. E' la definizione, che è un po' ingannevole!

Elenco alcuni concetti esprimibili con parole che hanno nella propria radice il termine "morale":
1 - Moralità sessuale - Regolamentazione/richiamo alla limitazione della sessualità (non della passionalità: un ginecologo può fare cose molto più immorali);
2 - Moralismo - Richiamo a fare il Bene e disprezzare il Male;
3 - Moralismo - Atteggiamento filosofico che focalizza l'attenzione dell'individuo sul fatto che il suo pensare e comportarsi sia necessariamente Bene o Male.









I giudizi morali:"giusto e "sbagliato" sono pregiudizi?

I giudizi morali sarebbero solo pre-giudizi che ci si propone di "dimostrare" per persuadere a indotti comportamenti, come notò Nietzsche?
I doveri assoluti dei 10 comandamenti, che si obbediscono senza discutere analiticamente sulle loro possibili conseguenze, in che senso sono "virtù" giuste e buone? Perchè lo dice l'infallibile parola biblica di Dio? Ad esempio sarebbe stato sbagliato e immorale uccidere Hitler per salvare la vita di tante persone? La guerra approvata dai teologi quale "giusta", in quali casi e per chi lo è veramente Chi lo stabilisce? "Dio è con noi", Dio lo vuole"; in nome di Dio, ecc. Per chi intende ricordare furono alibi sinistri.

In altro senso anche Kant non giudica la moralità di un'azione secondo le conseguenze. Alla base dev' esserci il senso del dovere, e nemmeno un impulso emotivo dovuto a un'inclinazione caratteriale è giusto, buono,meritevole. Così anche chi disapprova la tortura per un impulso emotivo non meditato, con intento di coinvolgere altri, non agirebbe secondo "morale". Ma il "senso del dovere è a tutt'oggi invocato dagli aguzzini dei campi di sterminio nazisti!

Viceversa il consequenzialismo giudica "giusto" e sbagliato" in base alle conseguenze, che possono essere previste o meno. L'"eterogenesi dei fini" infatti riconosce che le azioni umane possono conseguire effetti diversi da quelli che si volevano perseguire.
E le teorie relativistiche? Sono valide solo se relativizzano pure se stesse, perchè non esistono verità assolute. Se non si considerano le "verità" sempre e solo con le virgolette non si può parlare di filosofia né di etica.
Anche Nietzsche teorizzò un "oltreuomo" non definitivo, né statico,ma perpetuamente in divenire. Doveva superare se stesso e la sua mediocrità, se si rendeva necessario. Altrimenti una "volontà di potenza", nei suoi intenti intesa come capacità di donare, non avrebbe avuto senso. 

Su certi problemi bioetici nemmeno la filosofia può dare risposte definitive. Infatti, coerentemente con i suoi scopi, può solo offrire un orientamento di pensiero e l'oculatezza e opportunità di formulare domande mirate; un lessico indispensabile alla disciplina e i termini chiave su cui si confrontarono i grandi pensatori d'ogni epoca e scuola.

"Dio" può imporre eroismi a chi per natura è pusillanime? A chi per impulso istintivo si astiene da un' altruistica abnegazione? Si dovrebbe decidere ponderando caso per caso? Ma ne conseguirebbero comunque interpretazioni, di origine pure teologica. Perfino "ama il prossimo" e "non uccidere" sono precetti che possono essere ideologizzati a propria interpretazione di comodo o da dogma.

A parer mio si dovrebbe insegnare che ogni ideologia, politica o religiosa, come cristianesimo, islamismo, buddismo, specie nelle versione intransigenti dell'integralismo , del fondamentalismo, e relative interpretazioni dei testi sacri o di "Verità rivelate, sono nichilistiche in quanto acciecano e annullano l'uomo, il suo "essere", il suo libero e autonomo diventare, con imposizioni dogmatiche di cos'è "giusto" o "sbagliato". Poi ognuno sarebbe libero di scegliere ciò che crede. Ideologie moralisticheggianti e generalizzate, visioni del mondo, sistemi chiusi che suggestionano verso determinati comportamenti,credenze, idee, valori, sono sovente pensieri distorti che travisano la realtà al fine di favorire occultati interessi. Le stesse implicazioni sulla morte assumono connotazioni diverse, attraverso tradizioni ed emanazioni del potere.

Alla luce di recenti ricerche, quali sono le linee prevalenti dei filosofi contemporanei? Indirizzo alla lettura di "Menti morali" - Le origini naturali del bene e del male – Marc D. Hauser – 2007, da cui traggo qualche idea essenziale.
La moralità è un freno all'istinto? Oggi in prevalenza viene analizzata secondo versioni evolutivo-darwiniane.
Per i Greci agire bene significava dimostrare coraggio o prudenza, possedere buone abitudini e disposizione naturali dell'animo, piuttosto che obbedire a regole , e si decideva caso per caso.
Se si seguono "giusti principi" ciò avviene su di un piano conscio. Perchè in realtà valutazioni, decisioni, ecc. che condizionano un giudizio morale e relativo comportamento, avvengono per un processo inconscio. Non nel senso freudiano delle pulsioni represse,ma quale umana attività mentale che non ha accesso alla sfera conscia. La propria effettiva linea morale determinata da una conscia libertà sarebbe inverosimile. Non si nega nemmeno una morale innata parzialmente condivisa con altri animali. Seguendo le teorie di Hume, "giusto" e "Sbagliato" sarebbero giudizi non da regole imposte. Dovuti a un'empatia presente (oggi dimostrata dagli etologi) pure tra gli animali. Ma intelligenza,sentimento, giudizio, non appartengono a un unico sistema. Tuttavia nemmeno l' evoluzionsimo può spiegare certi dilemmi. Né la amorale tende a scopi unici. Come decidere tra giustizia e pietà, tra bene comune e giustizia, ecc. ?

Consiglio ancora "Il gene agile – La nuova alleanza fra eredità e ambiente, di Matt Ridley, 2005. Il "libero arbitrio" viene interpretato al di là dei dilemmi filosofici. Compatibile con i geni, in un processo di cause/effetti, non lineare ma circolare. Nel cervello non ci sarebbe un "Io" ma una configurazione di stati cerebrali in continuo cambiamento. Vi entrano in gioco storie, emozioni, istinto, esperienze, influenze esercitate dagli altri, dal caso, ecc. Importante il capitolo dedicato alla continuità psicologica tra animali e umani.




Federico Mey2

Citazione di: sileno il 19 Gennaio 2019, 16:10:50 PM
Citazione di: Federico Mey2 il 17 Gennaio 2019, 15:42:08 PM
2 - Moralismo - Richiamo a fare il Bene e disprezzare il Male;
3 - Moralismo - Atteggiamento filosofico che focalizza l'attenzione dell'individuo sul fatto che il suo pensare e comportarsi sia necessariamente Bene o Male.


I giudizi morali:"giusto e "sbagliato" sono pregiudizi? I giudizi morali sarebbero solo pre-giudizi che ci si propone di "dimostrare" per persuadere a indotti comportamenti, come notò Nietzsche? I doveri assoluti dei 10 comandamenti, che si obbediscono senza discutere analiticamente sulle loro possibili conseguenze, in che senso sono "virtù" giuste e buone? Perchè lo dice l'infallibile parola biblica di Dio? Ad esempio sarebbe stato sbagliato e immorale uccidere Hitler per salvare la vita di tante persone? La guerra approvata dai teologi quale "giusta", in quali casi e per chi lo è veramente Chi lo stabilisce? ...
il consequenzialismo giudica "giusto" e sbagliato" in base alle conseguenze, che possono essere previste o meno. L'"eterogenesi dei fini" infatti riconosce che le azioni umane possono conseguire effetti diversi da quelli che si volevano perseguire. E le teorie relativistiche? Sono valide solo se relativizzano pure se stesse, perchè non esistono verità assolute...
Salve. 
In continuità con i miei numerosi post sono mi ormai rassegnato a rispondere sistematicamente nello stesso modo:
Sono d'accordo che la definizione di Bene (e di Male) sia relativa, ho soltanto tentato di dire che se (per ipotesi) fisso una definizione di Bene (valida quindi eventualmente soltanto in un caso specifico, per un determinato sistema giuridico, ad esempio, o per una fede religiosa), è morale, moralista chi propone Bene e immorale chi propone il suo opposto.
Fermiamoci qui, perchè se non siamo d'accordo su questo, il punto successivo non lo possiamo trattare!
Salve

Federico Mey2

Salve
Citazione di: viator il 19 Gennaio 2019, 15:01:19 PMSalve Federico. Ma a livello sociale, ripeto, il bene non esiste. Esso è un valore unicamente ETICO e non MORALE. Ciò che tu chiami bene sociale (morale) è ciò che serve a far funzionare la società evitando il più possibile il sorgere di conflitti dannosi alla sua struttura. E' un insieme di norme che permette, ad esempio, ad un milione di persone a vivere in cento chilometri quadrati senza scannarsi in nome di propri presunti diritti e sicuri egoismi. La morale esiste quindi per ragioni pratiche ed utilitarstiche...
La differenza fondamentale tra MORALE ed ETICA è che la prima cambia attraverso i tempi, i luoghi e le culture...
Allora DEFINIAMO che: (per la società) BENE=ciò che serve a far funzionare la società evitando il più possibile il sorgere di conflitti dannosi alla sua struttura; un insieme di norme che ... esiste per ragioni pratiche ed utilitaristiche, che cambia attraverso tempi, luoghi, culture.

Così va bene? Per me va bene, non capisco il problema!

Ad esempio, per la società ciò che è bene può essere descritto approssimativamente dalle sue leggi, scritte e non scritte.
Io sostengo che si può definire in qualche modo (ho usato la parola "morale") chi va verso questo bene e immorale chi ci va contro, verso il male di un determinato sistema di regole o etico (che, lo so, possono non coincidere!)

Fermiamoci qui, perchè se non siamo d'accordo su questo, il punto successivo non lo possiamo trattare!
Salve

Jacopus

Federico. Non si tratta di essere o non essere d'accordo. Direi che la fai troppo semplice. Intanto consideri il bene come il raggiungimento di una pace armoniosa fra i componenti di una società. Ma questa pace può essere imposta con la forza da una qualunque psicopolizia. Va bene lo stesso?
Inoltre se le leggi coincidono con il bene, direi che ti sei perso gran parte del dibattito che la filosofia morale intrattiene dai tempi di Socrate.
A proposito, Socrate per ubbidire alla legge ha bevuto la cicuta, anche se, per l'ordinamento non scritto ateniese sarebbe potuto anche scappare.
Il bene è stata la sua morte o il bene poteva essere la sua sopravvivenza e il suo insegnamento?
I soli nove professori universitari (9!) che si opposero alle leggi razziali contro gli ebrei del 1938, erano dalla parte del bene o del male? E quando noi per strada fingiamo di non vedere un povero che ci chiede la carità siamo dalla parte del bene, visto che molte ordinanze comunali si oppongono alla carità, o dalla parte del male? Come possiamo sentirci di far funzionare la società ed essere dalla parte del bene? Invece di scrivere al computer potrei lavorare gratis e donare il salario a "medici senza frontiere". O non sarebbe morale mettere una bomba davanti a società autostrade per farli riflettere sulla loro immoralità?  Pensi che le SS o i guardiani del popolo o gli inquisitori domenicani non si sentissero moralmente irreprensibili, nonostante le mani lorde di sangue?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

0xdeadbeef

Citazione di: Federico Mey2 il 19 Gennaio 2019, 05:12:55 AM
Io propongo un altro concetto, definibile come si vuole, che indica colui che va sia verso il Bene che verso il Male (o meglio: verso il Bene o verso il Male).
Esso è utile per porsi la grande questione filosofica, quasi per nulla posta nella storia della filosofia occidentale, di andare al di là del Bene e del Male.

Faccio un esempio: ci sono 3 individui:
C è il signor Mario Rossi, timido cittadino italo svizzero che vive nei boschi cibandosi di bacche e radici.
A propone: amate immotivatamente tutti C!
B propone: odiate immotivatamente tutti C!
A si può definire morale, moralista, perchè rispetta sia il Bene della società (che "ammette" che qualcuno proponga di amare un altro), sia qualsiasi altro concetto di Bene.
B si può definire immorale, perchè propone odio immotivato, che non rispetta nè il Bene della società, nè l'altra idea di Bene definita prima "etica".

La mia proposta è di mettere sia l'atteggiamento di A sia quello di B in una stessa categoria, io l'ho chiamata, se si vede il mio articolo introduttivo, moralismo di tipo 3,

Ciao Federico
Scusami ma a questo punto sono curioso...
Premesso che la morale E' la "scienza della condotta" (Dizionario Filosofico - N.Abbagnamo, tanto solo per
chiarirci su quale "lingua" vogliamo usare...), è chiaro che definiremo "morale" la condotta verso il "bene"
ed "immorale" quella verso il "male". Ma ti voglio fare anch'io un esempio...
C'è un tale di nome Adolf che ritiene sia "bene" lo sterminare gli Ebrei...
Vi sono altri che invece lo ritengono un "male": chi ha ragione?
Se dovessi giudicare io, direi che da un punto di vista "oggettivo" ed aprioristico (che è il punto di vista
della filosofia continentale; oltre che il mio) Adolf ha torto marcio. Ma dal punto di vista "soggettivistico";
utilitaristico e relativistico; non posso dire che Adolf abbia torto. Cioè, ce l'ha "per me", ma non in assoluto,
visto che ho espunto l'assoluto dal mio metro di giudizio.
A parer mio, con "al di là del bene e del male" Nietzsche intendeva proprio questo (intendeva cioè il bene e il
male come categorie oggettive, aprioristiche e perciò assolute).
saluti

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