Menu principale

De dignitate homini

Aperto da Jacopus, 11 Giugno 2023, 23:27:33 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Jacopus

Citazione«Non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell'aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto secondo il tuo voto e il tuo consiglio ottenga e conservi. La natura limitata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai da nessuna barriera costretto, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. Ti posi nel mezzo del mondo perché di là meglio tu scorgessi tutto ciò che è nel mondo. Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine».
Questo passo fu scritto da Pico della Mirandola 500 anni fa e brilla per la sua attualità. Dio rivolgendosi ad Adamo, specifica la sua qualità principale, la sua capacità di plasmarsi secondo la sua libera scelta. Senza badare al significato religioso sottostante, il messaggio di Pico è in realtà il prototipo di ogni dichiarazione moderna relativa alla plasticità del cervello umano, in grado di cercare il bene o il male, o meglio diverse percezioni del bene e del male. Come si arrivi a queste percezioni è complesso, fonte di dispute e teorie diverse, ma quello che Pico pronuncia è una dichiarazione di guerra sia contro l'homo homini lupus, sia contro l'ideale del buon selvaggio. Siamo noi a forgiare il nostro destino ed è in ciò la grande differenza che ci pone in un "mondo" differente da quello biologico, pur continuando, paradossalmente ad abitare anche quel mondo. Quello che dice Pico pertanto è un grande elogio all'umanità ma nello stesso tempo è un richiamo alla responsabilità dell'uomo e anche la constatazione che la divinità ha abbandonato il suo ruolo di legge eteronoma. L'uomo, in virtù della sua libertà, diventa autonomo.

Ps. Il titolo corretto dell'opera è "de hominis dignitade".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#1
C'è una terza opzione che deriva dalla libertà di scelta, oltre al bene e al male, che Pico non ha considerato: scegliere di non scegliere.
Inoltre questa libertà che Dio concede a noi può avere senso solo se esso  a sua volta sceglie di rinunciare a una sua facoltà, non prevedendo il futuro.
E' un giallo quello che Dio sta leggendo e non vuole sapere prima di finirlo che l'assassino è Caino.
Ma quale dignità c'è allora nell'essere il passatempo di un Dio, e quanto  Dio in ciò mostra dignità?
Lo stesso facciamo noi quando approntiamo eventi di modo che non possiamo conoscerne l'esito in partenza, pur potendolo fare.
Noi e Dio troviamo utile fare la stessa cosa?

C'è un altra stranezza.
Chi commette il male è certamente cattivo, ma chi non lo commette come si fà a dire che non lo sia?
Infatti potrebbe non essere vissuto abbastanza a lungo per commettere il male.
Ci sono prove per la cattiveria, ma non per la bontà.
 
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#2
E' come giocare una partita senza sapere quando l'arbitro fischierà la fine.
Alla fine è sempre l'arbitro a decidere chi perde e chi non perde,
Perchè ci saranno perdenti e non perdenti, ma non vincitori.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: Jacopus il 11 Giugno 2023, 23:27:33 PMNon ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto.
ho sottolineato quello che per me è più significativo , io lo leggo così; non ti ho fatto ne spirituale ne materialista , perchè sarai tu stesso, con le tue scelte, con le tue azioni , nel tuo tempo e nel tuo spazio vitale a definirti.

Se siete convinti che non esiste la spiritualità, un oltre la vita fisica,  che tutto sia ridifinibile in senso matariale e che non c'è altro che la materia che risponde alle leggi della fisica; sappiate che avete ragione!

Una frase di Hannah Arendt  che ho citato innumerovoli volte e che proviene dal suo ultimo libro , pubblicato postumo alla sua morte, "la vita della mente" e la frase è questa " non è irrilevante notare come la parte immortale e divina nell uomo non esista , se non viene attualizzata e focalizzata su ciò che è divino fuori di lui. In altri termini, l'oggetto dei nostri pensieri conferisce immortalità al pensare stesso".
lo capite? che cosa è in gioco nel pensare?  questa frase non è di un padre agostiniano , di un monaco benedettino o di una suora . Questa frase viene da una delle menti più rigorose, brillanti e preparate del nostro tempo, colei che scrisse "la banalità del male", colei che scrisse "le origini del totalitarismo" , "vita activa" e tanti altri capolavori. Conosceva alla perfezione la filosofia contemporanea per le sue frequentazioni con heidegger e con i suoi cari amici jaspers, jonas, Edihit. Ebbene la Arendt ci dice che noi siamo protagonisti della nostra antologia!, che noi possiamo , tramite il nostro pensare, attivare o no alcune parti del nostro essere , che se non sono attivate non esistono.

E qui faccio rientrare la frase di Pico della Mirandola; non ti ho fatto ne spirituale ne terreno, perchè sarai tu stesso con il tuo agire, con il tuo pensare a definire te stesso!
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

bobmax

L'illusione antropocentrica è dura a morire.
D'altronde fa anch'essa parte della evoluzione dell'amore.

Amore per se stessi: io sì, tu no.
Amore per il proprio gruppo: noi sì, voi no.
Amore per la propria specie: gli uomini sì, gli altri no.

Illusione dura a morire, nonostante sia ormai evidente che non vi sia nessuna sostanziale differenza tra alcuna cosa del mondo.

Noi liberi, gli altri no...

Delirio della volontà di potenza.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Con Pico giunge a maturazione, in pieno umanesimo, l'esortazione dell'Ulisse dantesco e lo stil novo di pensiero che esso, ancora sotto il dominio della Legge, promuoveva. Siamo nella Firenze neoplatonica di Lorenzo che feconderà riflessioni come quelle del figlio del neoplatonico Vincenzo Galilei: "se Dio ci ha dato l'intelligenza, il peccato sarebbe non usarla". L'umanesimo, oggi come allora, è l'uscita dalla caverna.

Antropocentrismo ? E che altro potremmo essere, pur tra Padre e Figlio ?

Semmai la soluzione è, consapevoli dei propri limiti, seguire l'invito di Ulisse, oggi più che mai, circondati come siamo da sciami di disumanizzanti sirene la cui volontà di potenza è delirio di inedite sperimentazioni.





pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Kobayashi

Citazione di: Jacopus il 11 Giugno 2023, 23:27:33 PMQuesto passo fu scritto da Pico della Mirandola 500 anni fa e brilla per la sua attualità. Dio rivolgendosi ad Adamo, specifica la sua qualità principale, la sua capacità di plasmarsi secondo la sua libera scelta. Senza badare al significato religioso sottostante, il messaggio di Pico è in realtà il prototipo di ogni dichiarazione moderna relativa alla plasticità del cervello umano, in grado di cercare il bene o il male, o meglio diverse percezioni del bene e del male. Come si arrivi a queste percezioni è complesso, fonte di dispute e teorie diverse, ma quello che Pico pronuncia è una dichiarazione di guerra sia contro l'homo homini lupus, sia contro l'ideale del buon selvaggio. Siamo noi a forgiare il nostro destino ed è in ciò la grande differenza che ci pone in un "mondo" differente da quello biologico, pur continuando, paradossalmente ad abitare anche quel mondo. Quello che dice Pico pertanto è un grande elogio all'umanità ma nello stesso tempo è un richiamo alla responsabilità dell'uomo e anche la constatazione che la divinità ha abbandonato il suo ruolo di legge eteronoma. L'uomo, in virtù della sua libertà, diventa autonomo.


Beh, la tua interpretazione di Pico è un bel po' sbilanciata...
Pico era un umanista cristiano, non può aver mai pensato che Dio abbia dato all'uomo il potere di plasmare valori, di decidere il bene e il male, altrimenti si potrebbe parlare di lui come di un precursore di Nietzsche.
Al riguardo ti rimando alla monografia di Henri de Lubac "Pico della Mirandola. L'alba incompiuta del Rinascimento", in cui l'interpretazione laica moderna (da Cassirer a Garin) viene minuziosamente contestata.

Il tema della natura paradossale dell'uomo, non animale, non angelica, libera, e quindi in continua costruzione, pericolosamente sperimentale, è un tema caro alla tradizione cristiana.

Il punto secondo me è: come intuire il cammino giusto? Cioè, nell'ottica di Pico, il cammino che conduce a "rigenerarsi nelle cose superiori che sono divine", da cui solo è possibile farsi carico della responsabilità dell'avvenire della Terra e costruire la pace?

Alcuni si affretteranno a rispondere: Grazia, Sacre Scritture, Chiesa!
Lasciamoli giocare nel loro sogno, prima o poi si sveglieranno.

Kobayashi

Citazione di: Alberto Knox il 13 Giugno 2023, 02:18:04 AM[...] noi siamo protagonisti della nostra ontologia!, che noi possiamo , tramite il nostro pensare, attivare o no alcune parti del nostro essere , che se non sono attivate non esistono.

Quindi se penso di essere immortale attivo la mia immortalità, divento immortale?

Pensarbene

l'uomo si è fatto da sè a partire da un incidente di percorso che l'ha tagliato fuori dal mondo della natura.La stazione eretta in particolare e quanto è scritto qui:

https://www.riflessioni.it/logos/storia/errori-madornali-nella-storia-evolutiva-umana/

lo testimoniano .
Evidentemente,come per i dinosauri,l'umanità si è autogenerata cercando di fare di errori naturali  e incidenti di percorso una virtù.
Con i risultati conseguenti.

bobmax

Non è forse giunto il momento di smetterla di considerare l'uomo al centro del mondo?
Quanto ancora dobbiamo inoltrarci, lungo il sentiero della notte, per renderci conto del Nulla che ci sovrasta?

E tu, davvero non avverti la tua reale abissale solitudine?

Non vedi che non c'è nessuno? Proprio nessuno!

Questo Nulla, che si fa sempre più Vero, non chiede che di essere finalmente affrontato.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Pensarbene

Il Nulla non sovrasta un bel niente,non contiene niente e nessuno,non può essere contenuto.
Il Nulla non esiste,come il niente e il nessuno,è un trucco,un ' illusione, un gioco di prestigio.
Come le ombre...il buio....la materia "oscura"....sono tutte cose che NON esistono...
Il Nulla è la noia,la ripetizione inutile e compulsiva,lo spreco,i blablabla,il niente che non ti dà niente,la gente che è come se non esistesse,un miraggio...
Questa è la vera solitudine dell'uomo,il deserto terrestre: NON HA L' ANIMA,per questo NON HA NULLA,È NULLA,È NIENTE.
Questo mondo non ha Anima,per questo è Nulla,se avesse un'Anima sarebbe qualcosa,ma non ce l'ha,quindi è Niente.
Ci sono persone che hanno un'  Anima significativa e sono qualcuno e qualcosa,ad esempio Gandhi e qualche altro.Altre che perlomeno ne hanno una in buono stato e sono qualcuno e qualcosa.
Il resto l'ha persa per strada o non l'ha mai avuta,quindi è Nulla,ed è la maggioranza.
Io vivo bene con la Mia e con quella di qualcun altro,anche perchè alle nostre Anime dello status terrestre non importa un fico secco.
La Terra è come l'albero da frutta privo di frutta che Cristo maledì e seccò di colpo,solo che si è seccata da sola.




niko

#11
La volonta' e' sempre polemos, e' sempre lotta tra tensioni contrastanti, perche' prima di poter-volere in modo autonomo (volonta' di potenza, che non e' una parolaccia) si parte sempre da un voluto, da un'eteronomia, da una volonta' di potenza altrui che a suo tempo ci genero'. La cui essenza e natura e' la corrispondenza stessa tra antecedente e positivo, la gerarchia ben nota agli antichi che vede la causa superiore (e preesistente, e sopravvivente) all'effetto.

Qui e' in oggetto, e in discussione, la forma candidamente neutra dell'uomo o di qualsiasi altro ente, la (non)forma di un puro negativo per somma di determinazioni contrastanti equiprobabi, piu' o meno antropocentica/antropoide che sia.

Una forma tale che essa possa determinarsi equiprobabilmente (ed equipotentemente) in un modo o in un altro, senza avere in se' inerzie, tensioni, semi, le quali si risolvano nella verita' -diacronica- che una certa possibile determinazione sia sempre piu' probabile (piu' destinale...) di un'altra, e serva sempre tanta piu' energia, tanto piu' sforzo, per attingere a una determinazione che sia differente dalla "principale", dalla preferita dal destino, e quindi tanto meno probabile.

La fondazione di ogni cosa nel nulla, qui visto come un nulla di possibilita', e di probabilita'.

Ecco, io credo che tale forma dell'equiprobabilita' assoluta dei destini futori del "formato" sia pura illusione: la forma e' sempre in qualche modo pre-formata, e' sempre indirizzata verso qualcosa.

E qui Aristotele, che qualcuno ha chiamato in causa riguardo a l'attivita' divina del pensiero/intelletto agente, andrebbe piu' semplicemente chiamato in causa per il discorso su potenza e atto, con cui provo', con alterni esiti, a prendere le distanze dal maestro Platone: non c'e' un Uno che puo' essere tutto, come non c'e' un Due che e' principio del male, ma c'e' una potenza che si attualizza variamente in forme specifiche.

Ci si puo' liberare dal destino, solo decidendo in qualche misura il destino degli altri, solo esercitando quel grado minimo di forza tale per cui un "voluto", passivo, possa diventare un "volente", attivo. Appropriandosi della forma in generale del "voluto" come appagamento parziale e inesausto della volonta' che a sua volta lo genero', per usarla ad altri fini, e quindi a plasmazione di altre forme, sempre a loro volta parzialmente soddisfacenti.

L'essere un "voluto" come destino di ogni ente che si affacci in un mondo di volonta', cioe' un amato e insieme un odiato dall'Altro, un docile e un ribelle, un punto in cui il ritmo della volonta' genitrice e generatrice si compie come affermazione e come negazione ("voluto", termine sempre ambiguo, voluto, al passato, e quindi implicitamente non voluto al presente, venuto a consumarsi, fatto per la morte) l'essere tutto questo insomma,  impone che nessuno, degli enti, abbia una forma vuota alveo di mille possibilita' equivalenti, che tutti siano incatenati a un destino formante e informante.

Quanto si possa spezzare, o no, tale destino e' argomento di altre possibili speculazioni.

Io penso che nel cristianesimo non ci sia una forma vuota dell'uomo consegato del tutto all'arbitrio, ma, da una parte, un uomo liminare, estremo, il Cristo e l'Adamo, in cui prevale il bene, e dall'altra un uomo inter-liminare, medianico, della prova e dell'attesa, in cui prevale la concupiscenza, e dunque il male.

Le due tendenze non formano una forma vuota dalle mille possibilita' che puo' essere indifferentemente o buona o malvagia, o genio o bruto,  perche' sono separate da una narrazione (non per niente, religione del libro...), sono separate nel tempo (e dal, tempo).
Recuperare la "forma vuota" dell'uomo prescindendo dalla narrazione piu' o meno veritativa di una distanza da affrontare tra gli opposti, come fa Pico, e' un discorso molto moderno, seppure come ho detto da me non condiviso.

La centralita' illusoria dell'uomo nell'universo ben  contiene il discorso sulla sue equipotenza formale, sulla sua pretesa di poter volere tutto e il contrario di tutto e a partire dal nulla, essendi lui, l'Uomo, il primo a volere.

E invece egli non e' il primo a volere. E non sara' l'ultimo.

La sua forma positiva, corporea, la sua forma di "voluto", di passato della volonta' gettato tra i tanti altri, impone la forma di un suo possibile superamento altrettanto positivo, altrettanto cosciente, che parta dalla realta' imprescindibile di quel vecchio e ambiguo "voluto" per farne, per fare di se stesso, "altro".

L'essere un voluto, un termine mutilo e mancante dell'altro di una differenza temporale radicata in una volonta', fonda il re-inventarsi dal passato (che ormai non puo' tornare) nell'attimo  presente, e quindi l'essere un volente.

Pensare di poter volere tutto e nulla senza questa fondazione nella volonta' dell'altro e (dunque) nel passato impedisce il reale (e per me tutt'altro che umanistico) autosuperamento dell'uomo.

Insomma c'e' per l'uomo un destino dotato di forza maggiore da cui egli puo' partire per immagginarne altri possibili, non c'e' una giostra delle mille possibilita'.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

baylham

Non trovo moderno, né logico il testo di Pico, buono per l'archeologia filosofica e letteraria, a partire dalla concezione del libero arbitrio e dell'autodeterminazione umana.
La sua attualità dipende da una cultura inconsistente, ereditata e diffusa, che attraversa la religione, l'economia, il diritto e la politica.




Alberto Knox

#13
Il testo anche se antico è sempre attuale dal momento che tratta della specificità dell uomo , che cosa specifica homo sapiens? l'intelligenza? è chiaro che non può essere  l'intelligenza a caratterizzare la specificità di homo sapiens perchè se no sarebbe solo una maggior complessità della stessa facoltà che hanno tutti gli esseri viventi , la specificità non è una gara a chi è più intelligente, a chi è più razionale, e chi ha più livello di coscienza. E allora che cos'è? si chiede Pico della Mirandola. Forse quello che tutte le grandi tradizioni spirituali di tutto il mondo hanno chiamato con diversi nomi per riferirsi al medesimo concetto Ba e ka per riferirsi alla doppia anima nella tradizione dell antico Egitto , Atman in Sanscrito, nous o pneuma nell antica Grecia, ruah in Ebraico, spiritus in latino.  Non vuoi chiamarla anima spirituale? bene, chiamala "coscienza morale" perchè tanto è la stessa identica cosa. Se invece pensi che in questo mondo non c'è posto per la collaborazione,la ricerca del bene, la ricerca della bellezza , bellezza intesa come bellezza morale, la ricerca dell armonia e che invece ci sia solo il caos, l'opportunismo, il conflitto di iteresse...bhè allora non so cosa dire alla tua coscienza.
Allora Pico della Mirandola ci sta dicendo che lo spirito c'è, ma non è senza di te, non è senza il tuo impegno, non è (ovvero non esiste) senza il tuo prendere sul serio il tuo essere pensante.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

baylham

In primo luogo non sono Adamo. Il dialogo con Dio riguarda Adamo oppure Adamo sta per l'uomo in generale? 
Dal dialogo risulta che Adamo è stato fatto da Dio, quindi logicamente Adamo e il suo spirito libero non si sono fatti da soli. Che l'uomo o lo spirito si facciano da soli mi sembra quindi una madornale sciocchezza.
In secondo luogo, passando al generale, l'uomo o gli spiriti sono fatti tutti uguali o sono diversi? Se sono tutti uguali allora le loro scelte, determinazioni diverse sono dovute al caso? Se invece sono diversi allora il libero arbitrio è comunque uguale?
La mia impressione, in termini figurati, è che gli uomini, gli spiriti, siano stabilmente situati sulla superfice terreste e raramente e brevemente se ne allontanino verso l'alto, il cielo, o verso il basso, la terra.