Dall'"empirismo" all'"idealismo", attraverso il "solipsismo"

Aperto da Eutidemo, 06 Ottobre 2024, 19:40:45 PM

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Eutidemo

Al riguardo ci sarebbe da fare una interessantissima "premessa storico-filosofica", la quale, però, sarebbe troppo lunga e complessa per poterla adeguatamente affrontare in questa sede;  ed infatti essa coinvolgerebbe filosofi i quali, sia pure con "approcci e metodologie agli antipodi gli uni dagli altri", hanno però, almeno secondo me, quasi tutti trattato, sia pure in modo differente, il rapporto che intercorre tra il "soggetto" e l'"oggetto" della conoscenza (Cartesio, Berkeley, Kant, Hegel, Schopenauer ecc.).
Per cui, qui di seguito, mi limiterò ad argomentazioni del tutto personali; sebbene, l'accorto lettore, non mancherà di rilevare dei riferimenti diretti e indiretti a taluno dei filosofi sopra indicati.
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Prima di farlo, però, è necessario che io chiarisca bene che cosa intendo con determinati termini (i quali, in effetti, potrebbero anche essere equivocati):
a)
Per "rappresentazione mentale" io intendo:
- sia ciò che si presenta alla mia mente come una "immagine visiva";
- sia ciò che si presenta alla mia mente come un "suono";
- sia ciò che si presenta alla mia mente come un "odore";
- sia ciò che si presenta alla mia mente come un "sapore";
- sia ciò che si presenta alla mia mente come una "sensazione tattile" (piacevole o dolorosa che essa sia);
- sia ciò che si presenta alla mia mente come un' "idea";
b)
Per "percezione", invece, io intendo il "presunto" meccanismo sensoriale, per mezzo del quale il "mondo esterno" provoca nella mia mente le "rappresentazioni mentali" sopra elencate, tramite un rapporto di "causa>effetto"
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Ad esempio, presumo:
- che esista un '"oggetto esterno", il quale provoca nella mia mente, attraverso gli occhi, la conseguente "rappresentazione mentale visiva"  di quello che io definisco convenzionalmente "albero".
- che esista un '"oggetto esterno", il quale provoca nella mia mente, attraverso le orecchie, la conseguente "rappresentazione mentale auditiva"  di quello che io definisco convenzionalmente la "musica di un grammofono o di una radio".
ecc. ecc.
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Tuttavia le "rappresentazioni mentali" io "le sperimento direttamente", mentre il fatto che esse siano il frutto della percezione dei miei sensi è soltanto una mia  "congettura"; ed infatti, prima del mio intervento per un tumore cervello, io udivo chiaramente una musica proveniente dall'"ambiente esterno", in particolare, dal lato sinistro della mia camera da letto, mentre, invece,  nell'"ambiente esterno" non c'era assolutamente nessun apparecchio da cui provenisse tale musica (peraltro, abbastanza sinistra, perchè era il "De Guello").
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Ma, per ora, lasciamo da parte tale aneddoto "personale", che, di per sè, non dimostra assolutamente nulla, e torniamo, invece, alla questione "generale"; ed infatti, a prescindere da "situazioni patologiche" (allucinatorie e/o oniriche) io "presumo" che, "fisiologicamente", esista un meccanismo sensoriale, per mezzo del quale il "mondo esterno" provoca nella mia mente le "rappresentazioni mentali" sopra elencate, tramite un rapporto di "causa>effetto"
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Ma è proprio qui che, secondo me, nasce il problema; e, cioè, nel rapporto di "causa>effetto" che dovrebbe collegare l'"oggetto esterno" all'"oggetto interno" della mia mente, e, cioè, le mie "rappresentazione mentali".
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Ora, il filosofo empirista David Hume (e non solo lui) sostiene che la relazione tra una "causa" e il suo "effetto" non può mai essere conosciuta attraverso il ragionamento, ma solo attraverso l'"esperienza"; e, a ben vedere, visto che io posso "sperimentare" solo l'"immagine mentale" di un albero, come diamine faccio a poter affermare che tale '"immagine mentale" di un albero è l'"effetto" dell'esistenza di un "allbero in sè", esterno alla mia mente (noumeno), che io non sono assolutamente in grado di "sperimentare"?
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Per dirla in altri termini:
a)
Io ho  sperimentato più volte la consequenzialità (causale?)  tra due "rappresentazioni mentali"; ad esempio, io ho effettivamente sperimentato che, alla "rappresentazione mentale" di grammofono in funzione, segue la  "rappresentazione mentale"  di una "musica".
b)
Però io non ho mai sperimentato  che ad un oggetto esterno "grammofono",  che in se stesso  non posso in alcun modo sperimentare, ammesso che esista (in quanto "noumeno"), segua la  "rappresentazione mentale"  di una "musica" (in quanto "fenomeno").
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Detto in sintesi, secondo me, non è sperimentabile che sussista un nesso causale tra livelli di realtà diversi, e, cioè:
- oggetti "noumenici" esterni alla mente, e, in quanto tali, non sperimentabili direttamente;
- oggetti "fenomenici" interni alla mente, e, in quanto tali, sperimentabili direttamente.
Il nesso causale, ammesso che esista, è riscontrabile solo tra questi ultimi, e non tra i primi e i secondi!
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A questo punto sorge spontanea una obiezione: ed allora dove sarebbero tutte le altre menti pensanti, oltre la mia, e, soprattutto, quelle degli scienziati e dei medici che hanno studiato la "fenomenologia della percezione"?
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Ma la risposta è ovvia!
Tutte le altre menti pensanti, e, soprattutto, quelle degli scienziati e dei medici che hanno studiato la "fenomenologia della percezione", esistono solo nella mia mente, e, quindi, non possono dimostrare assolutamente niente!
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D'altronde, non di rado, io sogno di discutere con dei miei amici di questo e di altri argomenti; e vi assicuro che loro sono convintissimi di avere una mente autonoma ed indipendente dalla mia.
Ed invece, al risveglio, c'è una sola mente pensante: la mia!
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E, sin qui (a parte l'esempio del sogno, che non è certo "dimostrativo", ma solo "esemplificativo), secondo me, il "solipsismo radicale" sembra inattaccabile; ed infatti, sfido chiunque di voi a dimostrami che esistete all'infuori della mia mente.
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Voi, in effetti, potreste dire la stessa cosa di me, come i miei interlocutori nei sogni; però, visto che non esistete, se non nella mia mente, la cosa, per quanto mi riguarda, non ha alcuna rilevanza!
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il "solipsismo radicale" però, a rifletterci bene, non è del "inattaccabile".
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Ed infatti, a prescindere dal fatto che io non mi chiamo affatto "Eutidemo", ma ho un nome ed un cognome "italianissimi", ipotizzando che io mi chiami, per ipotesi, Demetrio Pianelli, e che io sia un impiegato del catasto, mi sembrerebbe alquanto assurdo che l'intero universo sia il sogno di un impiegato del catasto; ed anche un po' contraddittorio, in quanto, se tutto è un mio sogno, il catasto non avrebbe alcun senso, nè il mio individuale ruolo di impiegato del catasto.
Per cui anche questo dovrebbe far parte del "mio" sogno; ivi compreso il mio corpo, la mia età, il mio aspetto fisico, ed la mia storia personale.
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Ed è a questo punto, che secondo me, il "solipsismo" fa da ponte tra l'"empirismo" e l'"idealismo".
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Ed infatti, se tutto è inevitabilente "sperimentato" dalla "mente", ma risulterebbe contraddittorio e paradossale che tutto fosse "sperimentato" dalla mia "mente individuale", questo significa che quest'ultima non è altro che un "epifenomeno" della "mente universale", che se ne serve esclusivamente come suo "osservatorio creativo" estemporaneo e transeunte.
***
Io, in genere genere, uso:
- il termine "sè universale" per individuare il primo; 
- il termine "io individuale" per individuare il secondo.
Ma si tratta solo di una terminologia arbitraria, per individuare delle diverse realtà che ciascuno può interpretare e definire come meglio crede!
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Jacopus

Argomento interessante Eutidemo . Per iniziare la discussione provo a sottolineare due aspetti.

Intanto sono d'accordo rispetto alla presenza di una mente che supera la mente individuale, e che chiamerei collettiva o culturale. Ad esempio ora le nostre menti e quelle degli ipotetici lettori sono collegate a più livelli. Ad un primo livello siamo collegati perchè immaginiamo gli altri che leggono e che sono davanti ad un PC o a uno smart-phone. Ad un secondo livello siamo collegati perchè possiamo scambiarci dei significati a partire dall'accettazione convenzionale del significato dei lemmi della lingua italiana. Ma siamo mentalmente collegati anche dalla profonda accettazione del fatto che apparteniamo tutti alla stessa specie e pertanto siamo tutti figli di Lucy. Il nostro livello di collegamento è dato poi dagli stati affettivi di base che presuppongono (quasi) sempre la interazione con i nostri simili (sesso, gioco, paura, cura parentale, rabbia, ricerca, sofferenza psicologica). C'è quindi sempre una mente collettiva a cui possiamo risalire attraverso molte strade.

Nello stesso tempo però, proprio l'evoluzione tecnica dell'uomo e la sua neuroplasticità, può creare le condizioni per farci credere in una mente individuale corazzata dentro il proprio sè. Studi recenti analizzano proprio come la storia sociale possa (inevitabilmente) incidere sulla percezione del proprio sè in un senso più individuale o più collettivo. E' per questo che le campagne di persuasione, i media, i leader, i meme, hanno una importanza così grande nel mondo culturale. Perchè possono modificare persino stati legati alla nostra biologia in quanto animali sociali. Non solo,  la nostra stessa formidabile capacità di sfruttare il mondo dall'inizio dell'era moderna, è intimamente collegata ad una nuova percezione di sè come soggetti individuali "separati" non solo dagli altri ma perfino dal proprio corpo. E' in qualche modo Cartesio a dettare l'avvento dell'uomo moderno, della rivoluzione francese, della rivoluzione industriale, del colonialismo e del capitalismo (ovviamente non solo Cartesio, ma Cartesio è molto importante in questo processo). Attraverso la soggettivazione estrema, è possibile anche l'oggettivazione estrema, ovvero porre all'esterno di sè il mondo, che può quindi essere sfruttato e usato come oggetto. Al termine di questo percorso ci sono i campi di sterminio o (per par condicio) l'affermazione che l'uccisione di un uomo è un assassinio, mentre quella di milioni di uomini, statistica.

Il secondo aspetto riguarda invece il metodo scientifico fondato sulla misurazione e sulla ripetizione sperimentale (oltre che sul consenso della peer comunity). Se questi parametri sono rispettati è inevitabile considerare che esiste una realtà "fisica" oggettiva (ad esempio la musica che fuoriesce dal grammofono può essere misurata in decibel). Ben diversa valutazione riguarda invece, come accennato prima, la realtà "culturale", che è un ibrido fra istanze biologiche e neurologiche e istanze culturali, reciprocamente interagenti e impossibile da rendere "oggettive" in termini scientifici. L'unica oggettività in questo campo può essere forse la regola zulu dell'Ubuntu.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

La inesistenza di un solipsismo radicale non è dimostrabile.
Ma mi pare che convenga ipotizzarne l'inesistenza piuttosto che no, e da questa ipotesi conviene dunque partire.
Personalmente sento il bisogno di partire da questa ipotesi, mentre non sento quello di supporre un se universale.
Cè piuttosto un insieme di soggetti che condividono una percezione fatta secondo certi limiti, per cui c'è in effetti un solipsismo di gruppo caratterizzato da quei limiti, cioè ad esempio l'umanità è solipsista pur senza essere un soggetto.
Gli alberi non esistono nella realtà, ma sono il risultato di una interazione con la realtà che si ripete a parità di interazione in diversi soggetti, che perciò possono dirsi appartenenti ad un gruppo, in quanto vivono insieme in un mondo fatto di alberi, e fanno parte di un gruppo non come risultato della divisione di un se universale, ma in quanto intercambiabili, per cui se cambi un soggetto con un altro non cambia il risultato della sua interazione con la realtà, che oggi è un albero e in futuro sarà altro.
Quindi per vivere insieme nello stesso mondo non è essenziale che l'albero continui ad apparirci, perchè non è fatta di alberi la realtà, ma che continui ad apparirci  un mondo condiviso in cui vivere.
Condivisione che presuppone una comunicazione fra individui.

Comunico ergo sum, e comunico i miei pensieri, che non dovendo diversamente comunicare non avrei neanche bisogno di avere, e questo mi sembra un buon indizio a favore dell'insostenibilità del solipsismo personale, che può essere visto semmai come un ripiegarsi su se stessi per un difetto di comunicazione, laddove dei miei pensieri resta solo un eco interno.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Ciao Jacopus. :)
La "sintonia" mentale che ci lega un po' tutti, risulta anche dall'esistenza dei cosiddetti "neuroni specchio", i quali sono una classe di "neuroni motorii" che si attiva involontariamente sia quando un individuo esegue un'azione finalizzata, sia quando lo stesso individuo osserva la medesima azione finalizzata compiuta da un altro soggetto; ed infatti il nome attribuitogli deriva dal fatto che tali neuroni "rispecchiano" la stessa azione, eseguita da se stessi o da altri individui.
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Ed anche la scoperta dei "neuroni specchio" è il frutto del metodo scientifico fondato sulla misurazione e sulla ripetizione sperimentale (oltre che sul consenso della "peer comunity").
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Tuttavia, se mi baso solo su ciò che "io", come singolo individuo, esperisco direttamente a livello mentale, tutta la scienza, gli scienziati e le apparecchiature scientifiche, ivi compreso il " fonometro" che misura i "decibel" del "grammofono", potrebbero essere frutto soltanto della mia immaginazione; ed infatti "io" non ho alcun modo di "sperimentare" direttamente la realtà "fisica" oggettiva (nè gli scienziati che la studiano), ma posso soltanto "presumere" che essa sia la "causa" di ciò che avviene nella mia mente.
Però il rapporto di "causa effetto" io lo constato solo tra una manifestazione mentale ed un'altra, ma "mai" tra un presunto oggetto esterno "causale" ed un "effettuale" oggetto mentale.
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Per cui, a mio avviso, il "solipsismo radicale" non può essere "confutato" in alcun modo; però, come ho cercato di esporre nel mio topic iniziale, esso può essere "superato" nell'"idealismo ontologico" universale.
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Un cordiale saluto! :)
***

Eutidemo

Ciao Iano :)
Sono d'accordo con te che:
a)
Il "solipsismo radicale" non è confutabile, poichè non è sperimentalmente dimostrabile, almeno per una "mente individuale" (che è il mio solo ed unico strumento di conoscenza diretta) l'"esistenza di un mondo oggettivo esterno".
b)
Però anche me pare che, almeno sotto il profilo pratico, convenga comunque ipotizzare '"esistenza di un mondo oggettivo esterno"; altrimenti, a meno che non lo si "superi" con l'"idealismo ontologico" universale (che non nega, ma  trascende il "solipsismo", come spiegherò più avanti), si rischia la paralisi più totale.
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Quanto al "solipsismo di gruppo", sembrerebbe una "contradictio in adjecto"; ma, almeno nel "senso lato" in cui lo intendi tu, secondo me non è affatto contraddittorio.
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Ed invero, sebbene siano O.T., condivido in pieno le tue seguenti considerazioni, in quanto (dando ipoteticamente per "reale", come non è, il mondo "fenomenico" esterno), metaforicamente si può senz'altro dire l'"umanità", così come tutte le altre specie animali, siano "solipsite".
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Ovviamente, non nel senso "tecnico" attribuito al termine "solipsismo", bensì nel senso che ogni specie animale percepisce il mondo in un modo suo  specifico e caratteristico, diverso dalle altre specie.
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Ad esempio:
- noi esseri umani percepiamo il mondo a colori;
- altre specie, invece, percepiscono il mondo in bianco e nero;
- altre specie ancora, infine, percepiscono il mondo tramite "sonar" (come i pipistrelli).
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Per cui, come tu giustamente scrivi, gli "alberi" non esistono nella realtà come li percepiamo noi, ma sono il risultato di una interazione con la realtà che varia da una specie animale all'altra.
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Per il "solipsismo radicale", invece,  gli "alberi" non sono il risultato di una interazione con la realtà che varia da una specie animale all'altra, bensì sono soltanto il parto della mia mente personale; al di fuori della quale non esiste "niente", nè alberi, nè specie animali, nè botanici, nè zoologhi.
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Quanto alla "comunicazione fra individui", anch'essa, per il "solipsismo radicale", è solo un'illusione; ed infatti, quasi tutte le notti, io comunico con altri individui che mi sembrano in tutto e per tutto reali, ma che, invece, non lo sono affatto.
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Tuttavia, che io lo voglia o meno, la mia mente individuale è fatta in modo tale da "credere" che anche gli altri, con i quali discuto, abbiano una mente autonoma individuale come la mia:
- sia durante il sogno;
- sia durante la veglia.
Altrimenti non scriverei queste righe (cosa che talvolta, faccio anche in sogno).
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Il "solipsismo radicale" però, a rifletterci bene, anche se non è "confutabile",  come ho cercato di esporre nel mio topic iniziale  può essere "trasceso" nell'"idealismo ontologico" universale.
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Ed infatti, per ripetere il mio esempio iniziale, se io "solipsisticamente" ritenessi di essere soltanto uno specifico individuo con nome e cognome, magari impiegato al catasto, mi sembrerebbe alquanto assurdo che l'intero universo sia il sogno di un impiegato del catasto; ed anche un po' contraddittorio, in quanto, se tutto è un mio sogno, il catasto non avrebbe alcun senso, nè il mio individuale, sia pure immaginario, ruolo di impiegato del catasto.
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Ed è a questo punto, che secondo me, il "solipsismo"  può costituire un ponte tra l'"empirismo" e l'"idealismo".
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Ed infatti, se tutto è inevitabilente "sperimentato" dalla "mente", ma risulterebbe contraddittorio e paradossale che tutto fosse "sperimentato" soltanto dalla mia "mente individuale", questo significa che quest'ultima non è altro che un "epifenomeno" di una "mente universale", che se ne serve esclusivamente come suo "osservatorio creativo" estemporaneo e transeunte.
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Ma, a questo punto, a ben vedere, la questione dell'esistenza o meno del "mondo materiale", perde di significato; ed infatti, se tutto ciò che ci sembra pluralisticamente esistere (individui ed oggetti percepiti dagli individui) non è altro che manifestazione epifenomenica dell'UNO, ovvero dell'ESSERE che costituisce il minimo comun denominatore di tutte le cose che sono, allora non esiste più una contrapposizione tra "spirito" e "materia".
Ed infatti  "spirito" e "materia" diventano solo due diverse etichette applicate allo stesso barattolo dalla nostra insipiente mente individuale (frammento inconsapevole di quella universale).
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Cioè, come dicevano al nipote i nonni di Bertrand Russel: "What is mind? No matter. What is matter? Never mind."
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Un cordiale saluto! :)
***

green demetr

Citazione di: Eutidemo il 06 Ottobre 2024, 19:40:45 PM
- il termine "sè universale" per individuare il primo; 
- il termine "io individuale" per individuare il secondo.
Ma si tratta solo di una terminologia arbitraria, per individuare delle diverse realtà che ciascuno può interpretare e definire come meglio crede!
Sarà ma a me il sè "universale" mi sa tanto di società totalitaria.
E in fin dei conti anche l'idea di epifenomeno, sulla stessa scorta del tuo discorso, potrebbe essere anch'essa l'idea solipsista dell'impiegato del catasto.

Ma il dolore che cosa è Eutidemo? e l'amore?
Sono paragonabili a rappresentazioni oniriche quanto quelle delle discussioni fra amici?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Eutidemo

Citazione di: green demetr il 09 Ottobre 2024, 22:18:18 PMSarà ma a me il sè "universale" mi sa tanto di società totalitaria.
E in fin dei conti anche l'idea di epifenomeno, sulla stessa scorta del tuo discorso, potrebbe essere anch'essa l'idea solipsista dell'impiegato del catasto.

Ma il dolore che cosa è Eutidemo? e l'amore?
Sono paragonabili a rappresentazioni oniriche quanto quelle delle discussioni fra amici?
Ciao Green. :)
il sè "universale" sta ad una società totalitaria, allo stesso modo di come un colore può aver a che fare con un sapore.
Quanto all' l'idea solipsista dell'impiegato del catasto, per le ragioni che ho esposto, la trovo alquanto contraddittoria.
Infine l'amore si può senz'altro sperimentare anche in sogno; quanto al dolore, la questione è più opinabile, ma ritengo che anche quello possa sperimentarsi in forma onirica. 
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Un cordiale saluto! :)
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green demetr

Citazione di: Eutidemo il 12 Ottobre 2024, 06:19:49 AMl sè "universale" sta ad una società totalitaria, allo stesso modo di come un colore può aver a che fare con un sapore.
Naturalmente, ma un pensiero individuale è più difficile farlo ragionare con un pensiero statale.
Mentre un pensiero "sociale" è più facile farlo ragionare con un pensiero statale.
Adorno diffidava di un pensiero sociale che non tenga conto delle sue minoranze, e anzi laddove queste minoranze, addirittura non esistono, dovrebbe essere spia di una cattività di questa democrazia (vedi Russia).
Ma se noi diciamo che esiste un pensiero sociale, allora perchè dovrebbero esservi delle minoranze?




Vai avanti tu che mi vien da ridere

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