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Dadi e probabilità

Aperto da Apeiron, 20 Febbraio 2017, 15:45:35 PM

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Eretiko

Citazione di: sgiombo il 21 Febbraio 2017, 19:06:23 PM
Per un filosofo razionalista é semplicemente da sottoporre a critica razionalistica (l'induzione, nota mia).
E questa ci dice che in linea di principio é dubitabile, che la sua validità non é né logicamente deducibile a priori né dimostrabile empiricamente a posteriori; che se si vuole essere razionalisti fino in fondo ci si deve rendere conto che la si crede (o per lo meno ci si comporta come se la si credesse) arbitrariamente, letteralmente "per fede".

Singolare che tu credi alla scienza pur ritenendo razionalmente infondati i principi base del metodo scientifico, come tu dici in un altro post (dove critichi non solo l'induzione, ma anche la causalità).
Se hai assimilato la storiella che ho raccontato su Newton ti renderai conto che egli procede innanzitutto da certi effetti (osservati in natura o in esperimenti) alle possibili cause (induzione), per poi generalizzare queste cause ed assumere queste come ragione di tutti i possibili fenomeni che né derivano (deduzione), per poi verificarne la coerenza (verifica sperimentale). L'aspetto induttivo è parte di questo complesso procedimento, ma non né è l'unica componente e nemmeno la puoi isolare.   

sgiombo

#31
Citazione di: Eretiko il 21 Febbraio 2017, 20:15:33 PM
Citazione di: sgiombo il 21 Febbraio 2017, 19:06:23 PM
Per un filosofo razionalista é semplicemente da sottoporre a critica razionalistica (l'induzione, nota mia).
E questa ci dice che in linea di principio é dubitabile, che la sua validità non é né logicamente deducibile a priori né dimostrabile empiricamente a posteriori; che se si vuole essere razionalisti fino in fondo ci si deve rendere conto che la si crede (o per lo meno ci si comporta come se la si credesse) arbitrariamente, letteralmente "per fede".

Singolare che tu credi alla scienza pur ritenendo razionalmente infondati i principi base del metodo scientifico, come tu dici in un altro post (dove critichi non solo l'induzione, ma anche la causalità).
Se hai assimilato la storiella che ho raccontato su Newton ti renderai conto che egli procede innanzitutto da certi effetti (osservati in natura o in esperimenti) alle possibili cause (induzione), per poi generalizzare queste cause ed assumere queste come ragione di tutti i possibili fenomeni che né derivano (deduzione), per poi verificarne la coerenza (verifica sperimentale). L'aspetto induttivo è parte di questo complesso procedimento, ma non né è l'unica componente e nemmeno la puoi isolare.

CitazioneNon vedo proprio nulla di singolare.
Credo fideisticamente in alcune conditiones sine qua non della conoscenza scientifica (come l' intersoggettività dei fenomeni materiali e il divenire ordinato dell' universo fisico), però non acriticamente, bensì rendendomi anche ben conto, da razionalista conseguente, del loro essere né dimostrabili logicamente, né verificabili empiricamente: Tutto qui!

Le generalizzazioni induttive delle proprie osservazioni da parte di Newton e di chiunque altro, come ha dimostrato il grande David Hume, non sono logicamente dimostrabili né empiricamente constatabili con certezza essere vere; possono solo essere credute tali (e per la cronaca tutte le persone comunemente considerate sane di mente lo fanno) solo arbitrariamente, letteralmente "per fede".
Non rendersene conto, ritenere razionalmente fondati i principi base del metodo scientifico, per usare le tue parole, significa cadere in illusioni irrazionalistiche; mentre rendersi conto dei limiti della razionalità (e dei limiti, delle condizioni, dell' autentico valore delle conoscenze scientifiche) significa essere più conseguentemente razionali che ignorarli.

E infatti ogni verifica sperimentale riguarda determinati fatti concreti (in numero finito), mentre le generalizzazioni dell' induzione (che ovviamente non sono tutto ciò che fa lo scienziato: bella scoperta! E irrilevante per la questione che discutiamo!) affermano la validità generale universale e costante, indefinita nel tempo e nello spazio di modalità del divenire che determinano il ripetersi universale indefinito di fatti simili in condizioni simili; per questo Popper, più correttamente, piuttosto che di verifica parla di falsificazione possibile.

Apeiron

Eretiko uno può credere nella validità del metodo scientifico anche se ritiene che in ultima analisi tale validità sia "indimostrabile" e quindi "infondata". In una discussione puramente filosofica si deve mettere in dubbio quanto più possibile. Il problema è che siccome non si può vivere di soli dubbi si devono giorno dopo giorno fare "atti di fede" più o meno ragionevoli. Personalmente ho fiducia nella scienza e per quanto mi è possibile combatto le pseudo-scienze. Ma il problema è che i sostenitori delle pseudoscienze non chiariscono mai il metodo utilizzato nelle loro analisi. Invece la forza della scienza è proprio dovuta al metodo e alla peer-review.

Esempio scemo: la Terra è piatta o no? Visto che le osservazioni satellittari, le osservazioni della curvatura dell'orizzonte e altre sostengono chiaramente che la Terra non è piatta allora dico che la Terra non è piatta. Un sostenitore della Terra piatta invece vive nel suo mondo e non accetta alcun argomento diverso. Con lui non è possibile stabilire un metodo di ricerca comune. Così come non è possibile stabilire un metodo di ricerca in comune con l'astrologo e simili.

Tutto questo però non significa che da un punto di vista filosofico non si possa mettere in dubbio la fondatezza di un metodo di ricerca. In un contesto come questa discussione si è invece invitati a verificare se l'esperienza giustifica certe asserzioni che si fanno sulla realtà o no. Oppure ci si deve chiedere se il ragionamento aprioristico può dare questo "servizio". Per me no e mi pare che già Hume abbia dimostrato che l'induzione è problematica. Wittgenstein è andato oltre e ha "dimostrato" che nemmeno un numero infinito di prove può distinguere una generalizzazione accidentale da una regolarità essenziale dei fenomeni. Inoltre mi pare ben chiaro che da quando è nato l'empirismo che il razionalismo è insufficiente.

In ogni caso alla scienza e al metodo scientifico non interessa la distinzione tra generalizzazioni accidentali e leggi. La scienza va avanti indipendentemente dal fatto che questo mondo sia "materialistico" o "idealistico" ecc. Tutto questo è fuori dal suo campo.

@sgiombo. Avere certezze infondate in realtà è proprio una forma di "misticismo". La ragione pretende la dimostrazione (ossia il fondamento) di tali certezze. Dire ad esempio che la Terra esiste da più di mille anni è fare un'affermazione indimostrabile e quindi a rigore "infondata". Tuttavia è una certezza ragionevole (ma NON razionale!) vista la quantità di indizi che abbiamo per tale affermazione. Anzi "la Terra esiste da più di mille anni" è una pseudo-proposizione empirica sulla quale poi fondiamo molti nostri comportamenti, abitudini...

Consiglio comunque il capolavoro di Wittgenstein "Della Certezza", il suo ultimo libro.

@paul11, concordo con quello che dici. La matematica è di per sé a priori ma la sua espressione è invece condizionata dall'esperienza (d'altronde nasciamo in un contesto sociale e non in completa solitudine). La sua applicazione alla natura è ragionevole, ma dire che con la scienza si è dimostrata una "regolarità essenziale" è dire una cosa falsa.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

#33
Citazione di: Apeiron il 22 Febbraio 2017, 12:31:44 PM
Eretiko uno può credere nella validità del metodo scientifico anche se ritiene che in ultima analisi tale validità sia "indimostrabile" e quindi "infondata". In una discussione puramente filosofica si deve mettere in dubbio quanto più possibile. Il problema è che siccome non si può vivere di soli dubbi si devono giorno dopo giorno fare "atti di fede" più o meno ragionevoli. Personalmente ho fiducia nella scienza e per quanto mi è possibile combatto le pseudo-scienze. Ma il problema è che i sostenitori delle pseudoscienze non chiariscono mai il metodo utilizzato nelle loro analisi. Invece la forza della scienza è proprio dovuta al metodo e alla peer-review.

Esempio scemo: la Terra è piatta o no? Visto che le osservazioni satellittari, le osservazioni della curvatura dell'orizzonte e altre sostengono chiaramente che la Terra non è piatta allora dico che la Terra non è piatta. Un sostenitore della Terra piatta invece vive nel suo mondo e non accetta alcun argomento diverso. Con lui non è possibile stabilire un metodo di ricerca comune. Così come non è possibile stabilire un metodo di ricerca in comune con l'astrologo e simili.

Tutto questo però non significa che da un punto di vista filosofico non si possa mettere in dubbio la fondatezza di un metodo di ricerca. In un contesto come questa discussione si è invece invitati a verificare se l'esperienza giustifica certe asserzioni che si fanno sulla realtà o no. Oppure ci si deve chiedere se il ragionamento aprioristico può dare questo "servizio". Per me no e mi pare che già Hume abbia dimostrato che l'induzione è problematica. Wittgenstein è andato oltre e ha "dimostrato" che nemmeno un numero infinito di prove può distinguere una generalizzazione accidentale da una regolarità essenziale dei fenomeni. Inoltre mi pare ben chiaro che da quando è nato l'empirismo che il razionalismo è insufficiente.

In ogni caso alla scienza e al metodo scientifico non interessa la distinzione tra generalizzazioni accidentali e leggi. La scienza va avanti indipendentemente dal fatto che questo mondo sia "materialistico" o "idealistico" ecc. Tutto questo è fuori dal suo campo.

@sgiombo. Avere certezze infondate in realtà è proprio una forma di "misticismo". La ragione pretende la dimostrazione (ossia il fondamento) di tali certezze. Dire ad esempio che la Terra esiste da più di mille anni è fare un'affermazione indimostrabile e quindi a rigore "infondata". Tuttavia è una certezza ragionevole (ma NON razionale!) vista la quantità di indizi che abbiamo per tale affermazione. Anzi "la Terra esiste da più di mille anni" è una pseudo-proposizione empirica sulla quale poi fondiamo molti nostri comportamenti, abitudini...

Consiglio comunque il capolavoro di Wittgenstein "Della Certezza", il suo ultimo libro.

@paul11, concordo con quello che dici. La matematica è di per sé a priori ma la sua espressione è invece condizionata dall'esperienza (d'altronde nasciamo in un contesto sociale e non in completa solitudine). La sua applicazione alla natura è ragionevole, ma dire che con la scienza si è dimostrata una "regolarità essenziale" è dire una cosa falsa.

CitazioneConcordo su tutto tranne sul fatto che Wittgenstein avrebbe superato Hume (circa l' infondabilità dell' induzione) e sul concetto di "misticismo".

Avere certezze infondate essendo consapevoli della loro infondatezza é (in una certa misura), volendo essere rigorosi, una forma di irrazionalismo (o di razionalismo non conseguente; si potrebbe forse dire di "ragionevolezza", posto che il razionalismo conseguente secondo me coincide con lo scetticismo, il quale non é conseguentemente compatibile con azioni finalizzate che si servano di mezzi ritenuti efficace, ma condannerebbe chi volesse essere conseguente all' inerzia pratica).

Misticismo per me é avere certezze infondate acriticamente, nell' inconsapevolezza del loro essere infondate, e inoltre "non naturalistiche", "soprannaturalistiche", "paranormali" e così via.

paul11

Citazione di: Apeiron il 22 Febbraio 2017, 12:31:44 PM@paul11, concordo con quello che dici. La matematica è di per sé a priori ma la sua espressione è invece condizionata dall'esperienza (d'altronde nasciamo in un contesto sociale e non in completa solitudine). La sua applicazione alla natura è ragionevole, ma dire che con la scienza si è dimostrata una "regolarità essenziale" è dire una cosa falsa.

Guarda che alla fine, non la penso poi tanto diversamente da te.
La scienza, come dicevo con l'esempio  dadi,si "approssima", ma non arriva ad une certezza e questo riguarda tutto

La regolarità, la ripetizione  ciclica temporale di un fenomeno è la prima forma di costruzione analogica fra nostra mente e mondo e prima di tutto è intuitiva.

L'essenza non è un termine scientifico è filosofico. E a mio modo personale di vedere implica la coscienza e la relazione  che non si arresta all'induzione/deduzione scientifica, ma va oltre ,arriva a quello che si definisce meta-fisica.

sgiombo

#35
Citazione di: sgiombo il 21 Febbraio 2017, 18:30:49 PM
Citazione di: Apeiron il 20 Febbraio 2017, 22:47:14 PM

In ogni caso non riusciamo mai a distinguere una generalizzazione accidentale da una vera regolarità (e qui il mio scetticismo va oltre Hume e segue WIttgenstein). Infatti con l'induzione, anche se essa disponesse di un numero infinito di prove non potrebbe dimostrare una "legge", o meglio non può distinguere tra una "legge" e una mera "generalizzazione accidentale".
CitazioneRiprendo questa affermazione per un chiarimento (che potrebbe forse avere a che fare con le differenze fra le tesi di Hume e di Wittgenstein).

Secondo me per Hume l'induzione, anche se essa disponesse di un numero infinito di prove nel senso dell' infinito in potenza non potrebbe dimostrare una "legge", o meglio non può distinguere tra una "legge" e una mera "generalizzazione accidentale".
"Nel senso dell' infinito in potenza", cioé intendendosi con queste frasi che per quante siano (illimitatamente nel passato e presente) le osservazioni che puntualmente rispettano la presunta legge non é né sarà mai contraddittorio pensare che (= é e sarà sempre possibile che) la prossima volta (in futuro) non la rispetteranno.
Fin qui Hume.

Ma se invece consideriamo (ipoteticamente, e per assurdo, da uomini quali siamo; sarebbe casomai possibile a un -a sua volta ulteriormente ipotetico- dio infinito onnisciente) un' "induzione -?-" che disponesse di un numero infinito di prove nel senso dell' infinito in atto, cioé che disponesse della conoscenza di tutte le infinite osservazioni possibili dei fatti reali, allora potrebbe discernere se vige una "legge" o se invece siano accadute solo eventuali mere "generalizzazione accidentale"; peraltro non si tratterebbe più  propriamente di induzione ma di constatazione empirica diretta.

Infatti il motivo dell' infondatezza (o meglio infondabilità) "humeiana" dell' induzione sta nell' incompletezza delle osservazioni (per quanto infinite in potenza siano): sempre indefinitamente verso il futuro (infinitamente in potenza) ogni prossima volta ciò che é stato immancabilmente osservato potrebbe non accadere più in quei termini;
Ma invece in caso (sempre ipotetico; ammesso e non concesso da parte nostra di uomini) di completezza delle osservazioni (finite o infinite in atto che siano) discernere sarebbe possibile.
Nel senso che se nel 100%, nella totalità senza eccezioni dei casi (finiti qualora l' universo avesse un inizio e una fine -una durata; nonché un' estensione spaziale- finita, o infiniti che siano ad "A" succede" "B" allora ciò significa (per questo si intende) che esiste la legge fisica per cui ad "A" segue "B"; mentre se vi sono eccezioni (anche una sola), allora ciò significa (con ciò si intende) che non c' é legge ma invece eventuali mere generalizzazioni accidentali.




Eretiko

Citazione di: Apeiron il 22 Febbraio 2017, 12:31:44 PM
Tutto questo però non significa che da un punto di vista filosofico non si possa mettere in dubbio la fondatezza di un metodo di ricerca. In un contesto come questa discussione si è invece invitati a verificare se l'esperienza giustifica certe asserzioni che si fanno sulla realtà o no. Oppure ci si deve chiedere se il ragionamento aprioristico può dare questo "servizio". Per me no e mi pare che già Hume abbia dimostrato che l'induzione è problematica. Wittgenstein è andato oltre e ha "dimostrato" che nemmeno un numero infinito di prove può distinguere una generalizzazione accidentale da una regolarità essenziale dei fenomeni. Inoltre mi pare ben chiaro che da quando è nato l'empirismo che il razionalismo è insufficiente.

In ogni caso alla scienza e al metodo scientifico non interessa la distinzione tra generalizzazioni accidentali e leggi. La scienza va avanti indipendentemente dal fatto che questo mondo sia "materialistico" o "idealistico" ecc. Tutto questo è fuori dal suo campo.

Si continua a puntare il dito sull'induzione quando il vero imputato qui è la "causalità", più precisamente la sua necessità. Mi limito alle scienze naturali: se la causalità non è necessaria allora non potremmo mai elaborare alcuna teoria fisica sul mondo, perché un qualsiasi evento che osservo potrebbe essere causato da chissà quali e quante cause che hanno origine in chissà quale parte remota dell'universo, con la conseguenza che tutto quello che usiamo quotidianamente funziona solo per un caso fortuito o per magia. Ma se la scienza funziona, il filosofo, convinto che non ci sia magia, potrebbe anche chiedersi "come mai funziona se il metodo che segue sembra non avere fondamento né razionale né empirico?" invece di dubitare eternamente sul metodo.
   

paul11

Citazione di: Eretiko il 22 Febbraio 2017, 17:33:59 PM
Citazione di: Apeiron il 22 Febbraio 2017, 12:31:44 PMTutto questo però non significa che da un punto di vista filosofico non si possa mettere in dubbio la fondatezza di un metodo di ricerca. In un contesto come questa discussione si è invece invitati a verificare se l'esperienza giustifica certe asserzioni che si fanno sulla realtà o no. Oppure ci si deve chiedere se il ragionamento aprioristico può dare questo "servizio". Per me no e mi pare che già Hume abbia dimostrato che l'induzione è problematica. Wittgenstein è andato oltre e ha "dimostrato" che nemmeno un numero infinito di prove può distinguere una generalizzazione accidentale da una regolarità essenziale dei fenomeni. Inoltre mi pare ben chiaro che da quando è nato l'empirismo che il razionalismo è insufficiente. In ogni caso alla scienza e al metodo scientifico non interessa la distinzione tra generalizzazioni accidentali e leggi. La scienza va avanti indipendentemente dal fatto che questo mondo sia "materialistico" o "idealistico" ecc. Tutto questo è fuori dal suo campo.
Si continua a puntare il dito sull'induzione quando il vero imputato qui è la "causalità", più precisamente la sua necessità. Mi limito alle scienze naturali: se la causalità non è necessaria allora non potremmo mai elaborare alcuna teoria fisica sul mondo, perché un qualsiasi evento che osservo potrebbe essere causato da chissà quali e quante cause che hanno origine in chissà quale parte remota dell'universo, con la conseguenza che tutto quello che usiamo quotidianamente funziona solo per un caso fortuito o per magia. Ma se la scienza funziona, il filosofo, convinto che non ci sia magia, potrebbe anche chiedersi "come mai funziona se il metodo che segue sembra non avere fondamento né razionale né empirico?" invece di dubitare eternamente sul metodo.

Se posso,,Eretiko.

Gli umani vivevano tranquillamente anche pensando che la terra fosse piatta e finisse alle colonne d'Ercole.
Per loro "funzionava" così come oggi pensiamo che "funzioni" in altro modo  e chissà fra mille anni come si pensa che "funzionerà".
Loro pensavano ad altre cause che non sono le nostre, ma vedevano gli effetti, i risultati

sgiombo

#38
Citazione di: Eretiko il 22 Febbraio 2017, 17:33:59 PM
Citazione di: Apeiron il 22 Febbraio 2017, 12:31:44 PM
Tutto questo però non significa che da un punto di vista filosofico non si possa mettere in dubbio la fondatezza di un metodo di ricerca. In un contesto come questa discussione si è invece invitati a verificare se l'esperienza giustifica certe asserzioni che si fanno sulla realtà o no. Oppure ci si deve chiedere se il ragionamento aprioristico può dare questo "servizio". Per me no e mi pare che già Hume abbia dimostrato che l'induzione è problematica. Wittgenstein è andato oltre e ha "dimostrato" che nemmeno un numero infinito di prove può distinguere una generalizzazione accidentale da una regolarità essenziale dei fenomeni. Inoltre mi pare ben chiaro che da quando è nato l'empirismo che il razionalismo è insufficiente.

In ogni caso alla scienza e al metodo scientifico non interessa la distinzione tra generalizzazioni accidentali e leggi. La scienza va avanti indipendentemente dal fatto che questo mondo sia "materialistico" o "idealistico" ecc. Tutto questo è fuori dal suo campo.

Si continua a puntare il dito sull'induzione quando il vero imputato qui è la "causalità", più precisamente la sua necessità. Mi limito alle scienze naturali: se la causalità non è necessaria allora non potremmo mai elaborare alcuna teoria fisica sul mondo, perché un qualsiasi evento che osservo potrebbe essere causato da chissà quali e quante cause che hanno origine in chissà quale parte remota dell'universo, con la conseguenza che tutto quello che usiamo quotidianamente funziona solo per un caso fortuito o per magia. Ma se la scienza funziona, il filosofo, convinto che non ci sia magia, potrebbe anche chiedersi "come maio che segue sembra non avere fondamento né razionale né empirico?" invece di dubitare eternamente sul metodo.
  funziona se il metod
CitazioneMi sembra che a te interessi la scienza ma per nulla la filosofia (non ti poni certi problemi "filosofici"): niente male, puoi tranquillamente continuare a credere (vivendo più che bene, in base alle tue esigenze di conoscenza) che l' induzione, la quale consente alla scienza di stabilire leggi generali del divenire naturale in base alle quali é possibile ragionare circa rapporti causa-effetto fra gli eventi, sia stata dimostrata da Newton e non renderti conto che invece non é né dimostrabile logicamente a priori né constatabile empiricamente a posteriori (il che non impedisce a nessuno di crederla veritiera e certa, nè tantomeno di comportarsi come se fosse certo che é veritiera).

Però allo stesso modo noi filosofi, che abbiamo (anche) altri interessi, fra cui quello di sottoporre a critica razionale conseguente "tutto", compresa la conoscenza scientifica che crediamo vera, possiamo rilevare (innanzitutto con David Hume) che la conoscenza scientifica stessa si regge (anche) su alcune conditiones sine qua non razionalmente infondate e infondabili.

Ti chiedo: e perché mai la scienza non dovrebbe funzionare per il semplice fatto che la veridicità dell' induzione, che ne é una coniditio sine qua non, non ha fondamento razionale (né logico né empirico) e dunque é in linea teorica, di principio dubbia?
Dal fatto che non ha fondamento razionale, che é dubbia in linea teorica o di principio non consegue affatto la necessità logica che non funzioni! Ergo: può benissimo funzionale, come tutti i non-pazzi di fatto credono o per lo meno si comportano come se lo credessero.

Eretiko

Citazione di: sgiombo il 22 Febbraio 2017, 21:33:27 PM
Però allo stesso modo noi filosofi, che abbiamo (anche) altri interessi, fra cui quello di sottoporre a critica razionale conseguente "tutto", compresa la conoscenza scientifica che crediamo vera, possiamo rilevare (innanzitutto con David Hume) che la conoscenza scientifica stessa si regge (anche) su alcune conditiones sine qua non razionalmente infondate e infondabili.

Proprio per questo suggerivo che la riflessione filosofica potesse essere ribaltata, ma la sfida non è stata raccolta. Visto che tu conosci molto bene Hume dovresti sapere che la sua critica all'induzione è subalterna alla sua critica sulla presunta "causalità" dei fenomeni naturali. Perché se ammetti che la causalità è necessaria allora l'induzione non è più un problema (fermo restando che uno riesca a trovare il nesso causale e ad estenderlo), altrimenti tutto diventa ipotetico e con le ipotesi non si mandano a spasso per l'universo i nostri manufatti, né si può costruire quel dispositivo che stiamo utilizzando qui per inserire messaggi in un forum, né si possono fare predizioni attendibili. Allora la riflessione (razionale) dovrebbe spostarsi ad un altro livello: da dove deriva la nostra certezza (o credenza) che in natura la causalità è necessaria, se questo non è razionalmente ed empiricamente dimostrabile ma nemmeno indimostrabile?
 

sgiombo

#40
Citazione di: Eretiko il 23 Febbraio 2017, 09:34:27 AM
Citazione di: sgiombo il 22 Febbraio 2017, 21:33:27 PM
Però allo stesso modo noi filosofi, che abbiamo (anche) altri interessi, fra cui quello di sottoporre a critica razionale conseguente "tutto", compresa la conoscenza scientifica che crediamo vera, possiamo rilevare (innanzitutto con David Hume) che la conoscenza scientifica stessa si regge (anche) su alcune conditiones sine qua non razionalmente infondate e infondabili.

Proprio per questo suggerivo che la riflessione filosofica potesse essere ribaltata, ma la sfida non è stata raccolta. Visto che tu conosci molto bene Hume dovresti sapere che la sua critica all'induzione è subalterna alla sua critica sulla presunta "causalità" dei fenomeni naturali. Perché se ammetti che la causalità è necessaria allora l'induzione non è più un problema (fermo restando che uno riesca a trovare il nesso causale e ad estenderlo), altrimenti tutto diventa ipotetico e con le ipotesi non si mandano a spasso per l'universo i nostri manufatti, né si può costruire quel dispositivo che stiamo utilizzando qui per inserire messaggi in un forum, né si possono fare predizioni attendibili. Allora la riflessione (razionale) dovrebbe spostarsi ad un altro livello: da dove deriva la nostra certezza (o credenza) che in natura la causalità è necessaria, se questo non è razionalmente ed empiricamente dimostrabile ma nemmeno indimostrabile?

CitazioneProprio non capisco: proprio perché noi filosofi sottoponiamo tutto, anche la scienza al vaglio della critica razionale tu suggerivi che la riflessione filosofica potesse essere ribaltata nell' accettazione acritica e irrazionale di dogmi (cioé nel suo contrario)?
Comunque noi amanti e cultori della filosofia (se posso permettermi di parlare anche per altri) abbiamo raccolto -eccome!- la tua sfida argomentando razionalmente circa l' infondabilità (e dunque infondatezza) razionale dell' induzione (e dunque la sua non certezza ovvero dubitabilità in linea teorica o di principio). E infatti qui sono costretto a ripetermi (niente di male, o faccio volentieri).


Io ammetto solo che la causalità, che necessita, per essere reale (perché il crederla sia vero) della veridicità dell' induzione la quale non é razionalmente fondabile e dunque in linea teorica o di principio dubitabile, é necessaria come conditio sine qua non perché la conoscenza scientifica (vera) sia possibile; e non che sia vera necessariamente in linea teorica o di principio (cioé sicuramente, in maniera razionalmente fondata, per deduzione logica o per constatazione empirica): é invece solo infondatamente, irrazionalmente, per fede
credibile (e ovviamente da me creduta) essere vera.

Infatti David Hume ci ha insegnato che la causalità é indimostrabile logicamente e non constatabile empiricamente e dunque
in linea di principio, teorica degna di dubbio proprio perché lo é la verità dell' induzione.

Mi piacerebbe riuscire a farti capire che in linea teorica, di principio infatti
tutto diventa ipotetico, ma a quanto pare con le ipotesi (con determinate ipotesi, fra le quali la veridicità dell' induzione) di fatto, credendole infondatamente, arbitrariamente, fideisticamente vere, si mandano a spasso per l'universo i nostri manufatti, si può costruire quel dispositivo che stiamo utilizzando qui per inserire messaggi in un forum, si possono fare predizioni attendibili (ritenute tali in ultima analisi fideisticamente, ma dalla fondatezza incomparabile con quelle della magia, superstizioni, astrologia, ecc., che infatti a quanto pare invece non funzionano affatto se non rarissimamente e per puro caso).

Già David Hume stesso, con la tesi dell' "abitudine", aveva cominciato a dare una risposta razionale (e naturalistica) alla domanda "
da dove deriva la nostra certezza (o credenza) che in natura la causalità è necessaria, se questo non è razionalmente ed empiricamente dimostrabile ma nemmeno indimostrabile?".
E la scienza biologica, con la teoria dell' evoluzione delle specie per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale, ha potuto sviluppare e chiarire molto bene quest' altra geniale intuizione humeiana: (se, come é in ultima analisi indimostrabile ma credo la conoscenza scientifica é vera, allora) in una natura che diviene secondo modalità o leggi universali e costanti possono sopravvivere solo animali che, se scarsamente sviluppati filogeneticamente si comportano come se credessero che (e comunque conformemente al fatto che) così stanno le cose e non invece a prescinderne, mentre a un sufficiente grado di sviluppo evolutivo si comportano così credendo che così stiano le cose (per una tendenza comportamentale istintiva geneticamente determinata che si é rivelata non in contrasto -anzi!-* con la sopravvivenza e riproduzione di chi la presenta; tendenza istintiva che, a un grado di ulteriore sofisticazione evolutiva -unicamente umano a quanto pare- può anche essere razionalmente criticata e messa in dubbio e dimostrata essere in linea teorica, di principio effettivamente non razionalmente fondabile con certezza).

__________________
* Ma, alla faccia di un certo antiscientifico "fondamentalismo selettivo" a mio parere di origine "dawkinsiana" molto efficacemente criticato e confutato fra gli altri dal grande (e compianto) Stephen Jay Gould, bastava che non fosse troppo in contrasto, senza necessariamente essere esasperatamente "iperadattativa" in seguito a presunte "pressioni evolutive" di inaudita violenza: al vaglio, alquanto "a maglie larghe", della selezione naturale non passa solo il "perfettamente adattativo" (non solo "i supercampionisssimi alla Eddy Merckx"), ma anche il "non troppo inadattativo" (tutti, tranne "i superbrocchi alla Daniel Pedrosa o alla Riccardo Paterse"); e per fortuna, poiché variando continuamente l' ambiente i "troppo adatti" a come l' ambiente é per un determinato periodo tendono ad essere inesorabilmente eliminati dalla selezione naturale al primo inevitabile serio cambiamento e sopravvivono solo le specie dai geni "non troppo egoisti ma anzi piuttosto altruisti", che non hanno "nazisticamente" eliminato completamente quelli relativamente meno adatti all' ambiente di allora.
Mi scuso per la digressione polemica: sono un provocatore istintivo, amante (oltre che della filosofia, anche) della polemica.

paul11

#41
Prenderei in considerazione la "sfida" di Eretiko, a mio modesto parere ha ragione di porselo, tutto poggia su un principio tautologico che per definizione non informa e rende il ragionamento circolare. Ma è un' evidenza PER NOI umani da cui iniziamo a costruire il castello della conoscenza. Un sasso non mi informa se non per onde elettromagnetiche che colpiscono gli organi sensoriali: il sasso è passivo è il mio cervello semmai che è attivo a elaborare e trasmutare nei neuroni e sinapsi.Ma questo vuol dire che linguisticamente noi "accomodiamo" secondo il nostro organismo, la nostra materia organica. allora significa che vedo, percepisco, ascolto ,"sento" ciò che è percepibile da me e dai miei simili (questo è importante affinchè possiamo comunicare a nostra volta fra noi umani e costruire almeno una convenzione di base da cui iniziare). E' quindi impossibile scindere soggetto e oggetto , realtà a prescindere da noi e realtà percepita da noi, ma ancora di più ciò che la mente elabora dalle informazioni del cervello.
Non esiste una verità a prescindere ,se non metafisicamente ed ecco appunto l'approssimazione al caso dei dadi per cercare di razionalizzarli, vale a dire dargli un percorso leggibile che noi definiamo causa-effetto tradotto nei simboli matematici.
Noi cerchiamo di appropriarci del senso , del percorso fra la causa prima e l'effetto finale per avere sotto controllo l'intero processo. E' sicuramente induttivo/deduttivo, perchè continuiamo a relazionare i particolari alla legge che sintetizza e di nuovo se quella legge che dovrebbe essere universale per una categoria di fenomeni mantenga quel processo sotto controllo.

Quindi, il sasso non mi dice la sua composizione fisico/chimica, da dove proviene, ecc. E' il patrimonio della conoscenza che correla relazionando fra loro più conoscenze (fisica, geologia,chimica  ecc.)

Duc in altum!

**  scritto da Eretiko:
CitazioneAllora la riflessione (razionale) dovrebbe spostarsi ad un altro livello: da dove deriva la nostra certezza (o credenza) che in natura la causalità è necessaria, se questo non è razionalmente ed empiricamente dimostrabile ma nemmeno indimostrabile?
...risposta di sgiombo:
Citazioneé invece solo infondatamente, irrazionalmente, per fede credibile (e ovviamente da me creduta) essere vera.

Sono commosso  :'(  ...e poi qualcuno sostiene che: Cu' nasci tunnu un po' moriri pisci spata!  ;D  ;D  ;D
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Eretiko

Citazione di: Duc in altum! il 23 Febbraio 2017, 14:52:38 PM
Sono commosso  :'(  ...e poi qualcuno sostiene che: Cu' nasci tunnu un po' moriri pisci spata!  ;D  ;D  ;D

O anche, con tono meno poetico: chi nasce quadrato non può morire rotondo.

Apeiron

@Eretiko (ma rispondo un po' a tutti notando la somiglianza della mia posizione con la posizione di paul11 e sgiombo),
direi che per risolvere la questione possiamo dividerla in vari livelli.
Livello 1: da dove deriva la certezza che la natura sia regolare? Può essere l'esperienza/induzione o la riflessione razionale/deduzione a-prioristica?
Livello 2: supponendo che la natura (meglio: il "corso" dei fenomeni) sia regolare in qualche modo ci è assicurato che possiamo conoscere tali regolarità?
Livello 3: supponendo che riusciamo a conoscere tali regolarità qual è il rapporto con le nostre teorie? In alternativa: i nostri concetti potranno un giorno darci una completa spiegazione delle cose? Ossia potremo dire su qualsiasi fenomeno un'affermazione sicura come lo è "2+2=4"?
Livello 4 (e qui si passa alla probabilità): cosa significa che un evento è casuale? Come fa ad esserci un evento davvero casuale se ad esempio l'evento non è esattamente ripetibile? E questo ci porta alla seguente domanda: ci sono davvero eventi ripetibili?
In ogni caso comunque la mia domanda è appunto: perchè la scienza (o il metodo scientifico) funziona? Nemmeno io dubito sul metodo, tuttavia riconosco quanto non sia ovvio tale "miracolo" :)



Mie risposte:
Livello 1: né l'esperienze, né la pura riflessione aprioristica ci possono dare le risposte cercate. Tuttavia un "istinto naturale", una "fede credibile" (sì Duc concordo con te che credere in qualcosa è necessario  ;D ), un "misticismo ragionevole" ci suggeriscono che è così. Tuttavia l'origine di questa certezza è non-razionale, quindi è una posizione strettamente parlando "infondata". Perciò una proposizione come "i fenomeni della natura presentano una certa regolarità" non è una vera proposizione empirica ma ne ha solo la forma: su di essa basiamo tutto il nostro agire.
Livello 2: Nuovamente no e questo ce lo ha insegnato Hume. Tuttavia nuovamente ho molta reticenza a dire che oggi la Relatività Generale non sia più vicina alla verità sulla gravità della teoria di Newton. Nuovamente però visto che il futuro è imprevedibile e visto che abbiamo una quantità enorme ma comunque finita di dati "filosoficamente" non potremo nemmeno dare questa conclusione. Vista però la mole di indizi a favore di questa sua posizione la riteniamo vera.
Livello 3: Questa posizione ricorda il "demone" di Laplace, però è una versione più "sofisticata". In questo caso infatti si potrebbe anche dire: potremo mai avere una teoria - anche solo ipoteticamente - che possa fornire una (attenzione: una, non l'unica!!!!!) spiegazione di ogni fenomeno? Ossia è possibile fare un "ritratto perfetto" della natura? Ma in realtà questo segue dalla 2, ammesso ad esempio di parlare appunto di intelligenze superiori alla nostra umana. Se è vero che ad esempio la Relatività Generale è più vicina alla verità di quella di Newton allora ne segue direttamente che ci sono gerarchie tra le teorie. Ergo non è impossibile pensare che questa gerarchia abbia un limite, oltre che una direzione. Questo è un altro argomento che mi da un convincimento che concetti come "vera realtà", "conoscenza perfetta" ecc non siano mere invenzioni dei filosofi ma che siano autentiche possibilità. Sul fatto che esistano queste "oggettività", "verità"o anche addirittura "menti superiori" ecc si è liberi di credere. Personalmente ritengo che una tale "verità" ci sia ma per noi è inacessibile (oracolo di Delfi: "ragiona come un mortale!").
Livello 4: Qui in realtà si arriva all'ultimo livello della questione. Ci sono davvero eventi ripetibili? In meccanica quantistica, almeno nell'interpretazione usuale, l'assunzione che tali eventi siano una realtà è ancora più forte che in meccanica classica, altrimenti il discorso della probabilità non ha senso. Questo è un motivo per cui alcuni hanno ad esempio appoggiato l'interpretazione deterministica di Bohm. D'altronde almeno macroscopicamente l'universo è in continua mutazione ed è veramente impossibile dire che due eventi siano esattamente identici a questo livello. Perchè dovrebbe esserlo a livello microscopico? Davvero la freccia del tempo non da alcun effetto? Personalmente questo è un problema che mi attanaglia da molto. A mio giudizio la casualità degli eventi microscopici non è reale ma non è nemmeno reale il determinismo. Secondo il mio parere entrambi sono falsi (non possiamo davvero credere che tutto sia determinato, anche il determinista d'altronde guarda prima di attraversare la strada  ;D ).

Pensare che la risposta breve alla domanda iniziale era di una riga. In sostanza è stato come aprire il vaso di Pandora!

P.S. sgiombo la tua osservazione sulla distinzione degli infiniti merita una risposta migliore di quella che potrei darti ora. Comunque è un discorso interessantissimo.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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