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Dadi e probabilità

Aperto da Apeiron, 20 Febbraio 2017, 15:45:35 PM

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Apeiron

Proposizione: la probabilità che il lancio di un dado non truccato a sei facce dia come risultato "sei" è 1/6. Domanda: è corretta?
Risposta breve: sì.

Risposta ragionata: la proposizione in realtà è problematica perchè è sia "indimostrabile", "infalsificabile" e per certi versi "insensata"! Infatti è indimostrabile: per provare che davvero sia così dovremo provare un'infinità di volte il lancio del dado oppure dovremmo conoscere totalmente l'universo. Siccome ciò non è possibile allora la proposizione è indimostrabile.
Infalsificabile: se anche mi venissero 1000000000000 cinque, 10000 tre, 5 quattro, 100000000000000 due, dodici uno e mai una volta un sei in realtà non ho falsificato la proposizione. Infatti pur essendo un "caso rarissimo" se si assume che il dado sia truccato in realtà non ho falsificato un bel niente.
Insensata: la probabilità è un concetto matematico e forse lo è anche il dado (figuriamoci il "dado non truccato"). Per cui se la proposizione ritiene parla di qualcosa di reale allora non è né vera e nemmeno falsa ma insensata perchè appunto vuole dare alla realtà proprietà che esistono solo nella nostra testa.

Qui dunque si vede come lo spirito distruttivo della critica - se si agisce con la coerenza assoluta del filosofo - ci mostra che anche una proposizione così innocente e così "plausibile" in realtà è problematica. Motivo? Il motivo è che parla di una regolarità intrinseca dei fenomeni. Tale regolarità però non la si può ricavare dall'esperienza ("Hume") e nemmeno da un ragionamento aprioristico ("Wittgenstein"). In realtà la proposizione "ci sono regolarità" non è né scientifica e nemmeno razionale ma è una sorta di "misticismo", un'intuizione che logicamente non potremo avere dalla nostra esperienza e dal nostro razionicinio.

Quindi lo scopo del thread è un'opinione su queste domande
1)secondo voi la domanda iniziale è problematica e perché?
2)qual è la ragione per cui diciamo che la "realtà è regolare"? Come è possibile che noi abbiamo un tale concetto se non possiamo derivarlo da nulla?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Eretiko

1) E' errato il punto di partenza: quella che tu fai non è una proposizione, ma il risultato di un calcolo probabilistico. Semmai chiediti se è problematico il sistema formale nel quale tu formuli il problema e se sono specificate le condizioni al contorno (ad esempio il fatto che ogni faccia del dado è equiprobabile è assunto vero, ma nel caso reale, fisico, non è detto che sia così).

2) Nessun misticismo nel ritenere che il mondo che ci circonda è "regolare" e che si comporti "razionalmente", è la nostra rappresentazione interna della realtà esterna: il mondo ci appare in questo modo, composto da enti reali separati nello spazio e nel tempo, che possono interagire tra loro solo quando sono sufficientemente vicini. E questo non ci deriva né dal semplice empirismo, né da una deduzione logica (forse un'intuizione apriori?). Ma se non fosse così sarebbe impossibile indagare la natura.

In un altro post tu dici che la scienza non scopre leggi di natura, ma elabora "modelli predittivi": e cosa è un modello predittivo se non una legge?     

Apeiron

#2
Anzitutto grazie della rapida risposta  ;)

Citazione di: Eretiko il 20 Febbraio 2017, 16:43:57 PM1) E' errato il punto di partenza: quella che tu fai non è una proposizione, ma il risultato di un calcolo probabilistico. Semmai chiediti se è problematico il sistema formale nel quale tu formuli il problema e se sono specificate le condizioni al contorno (ad esempio il fatto che ogni faccia del dado è equiprobabile è assunto vero, ma nel caso reale, fisico, non è detto che sia così). 2) Nessun misticismo nel ritenere che il mondo che ci circonda è "regolare" e che si comporti "razionalmente", è la nostra rappresentazione interna della realtà esterna: il mondo ci appare in questo modo, composto da enti reali separati nello spazio e nel tempo, che possono interagire tra loro solo quando sono sufficientemente vicini. E questo non ci deriva né dal semplice empirismo, né da una deduzione logica (forse un'intuizione apriori?). Ma se non fosse così sarebbe impossibile indagare la natura. In un altro post tu dici che la scienza non scopre leggi di natura, ma elabora "modelli predittivi": e cosa è un modello predittivo se non una legge?

1) è vero il punto di partenza ha un assunzione molto forte, ossia quella dell'equiprobabilità. Tuttavia per quanto scriverò nel punto "2" è diretta conseguenza del fatto che per analizzare i dati dobbiamo prima fare delle assunzioni, ossia dobbiamo assumere che ci sia una regolarità. Assunto questo facciamo una predizione. Il fare una predizione è del tutto indipendente dal fatto che la natura sia effettivamente regolare. Potrebbe essere "un caso" che ad esempio il mio modello predittivo sia efficace oppure potrebbe proprio essere che la natura sia intrinsecamente fatta così. Tu dici che la realtà è regolare perchè è la tua rappresentazione.
2) Ma tu assumi che la rappresentazione sia regolare. Non hai modo di provarlo da "principi primi". L'ho definito "misticismo" proprio perchè in fondo è un'assunzione che non deriva da niente, ma piuttosto ci viene come "di istinto" assumere che sia così.

Un modello predittivo è un sistema formale che mi serve per tentare di fare una predizione. Una regolarità dei fenomeni è una regolarità "intrinseca" ad essi, un modello predittivo è una legge che "impongo" io. Se anche fosse confermato per tutta la storia dell'umanità non saprei comunque distinguere se "è una regolarità dai fenomeni" o se è una mera generalizzazione accidentale.

Riformulando la 2) Le leggi della fisica quindi sono generalizzazioni accidentali?
L'assunzione per cui la natura sia regolare è indipendente dalla mia possibilità di fare modelli che tentano di prevedere i fenomeni.

P.S. Per fare un esempio un modello predittivo potrebbe essere: "dato che c'è vento da ovest allora domani arriverà una perturbazione atlantica". Posso fare questa predizione anche se in realtà non c'è nessuna regolarità naturale.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

baylham

1) No, la risposta non è corretta se si accetta, come faccio, l'impostazione soggettivistica della probabilità. La probabilità dipende dal grado di fiducia e dallo stato dell'informazione individuale.

2) la regolarità è presente nella realtà: da un lancio del dado ottieni comunque un dado, indipendentemente dalla faccia del dado, non una sedia o altro. Quando otterrò altro rivedrò i miei postulati sulla realtà.


Phil

Credo che la domanda stessa vada disambiguata: se lancio sempre lo stesso dado con la stessa forza, la stessa traiettoria, sullo stesso piano d'atterraggio, etc. il risultato sarà sempre lo stesso. Pensiamo sia "casuale" (modo in cui l'ignoranza delle cause ci fa leggere la parola "causale"), e quindi tiriamo in gioco la probabilità, solo perché non riusciamo a calcolare tutte le varianti coinvolte nel lancio e, anche se fosse, non riusciremmo facilmente a ripeterle per confermarne l'esito (è un "dado eracliteo", non si fa due volte lo stesso lancio  ;D , anche se i risultati possibili sono, inevitabilmente, solo sei).
Non sono affatto esperto di calcolo delle probabilità, ma ad occhio, per parlare di probabilità, tale lancio andrebbe contestualizzato: è il primo lancio di una serie? Se è così l'incidenza statistica dei lanci precedenti credo sia un fattore da considerare... quale numero è uscito al lancio precedente? Anche questo credo possa orientare le probabilità dell'esito successivo... etc.

Sul rapporto fra le "leggi" e la regolarità o ricorrenza di risultati prevedibili, sarei piuttosto pragmatico: la legge di gravità ci dice che sulla terra i corpi cadono in un certo modo (se escludiamo ambienti con gravità artificiale), direi che la casistica attuale è piuttosto unanime nel darle ragione... e molte altre leggi scientifiche o matematiche (per quanto siano sempre formalizzazioni basate su un linguaggio convenzionale) sembrano essere state, per ora, al riparo da falsificazioni e forniscono una prevedibilità decisamente affidabile (i calcoli per far galleggiare una nave o far volare un aereo, etc.). 
L'induzione, per quanto biasimata, non è dunque misticismo, proprio perché il misticismo manda in vacanza la ragione (quindi anche la probabilità, la dimostrabilità, la falsificabilità, etc.), mentre l'induzione, se non radicalizzata fideisticamente, fornisce dei parametri indicativi, la cui "tolleranza" di errore è inversamente proporzionale all'esattezza dei dati che si possiedono (sempre lasciando fuori concetti metafisici come "eternità", "assolutezza", "verità assoluta", etc. in favore di una contestualizzazione concreta, seppur limitata). Proposizioni come "tutti i corvi sono neri" (suonerà familiare a qualcuno ;) ) sono verificabili se si parla del contesto attuale (avendo modo per monitorare tutti i corvi del mondo adesso); la proposizione "tutti i corvi sono stati e saranno sempre neri" è infalsificabile (poiché non possiamo verificare facilmente il passato, e di sicuro non possiamo predire il futuro con il 100% di esattezza), quindi apre le porte al suddetto misticismo...

Sintetizzando:
1) Si, è problematica, ma perché è troppo povera di informazioni sul contesto...
2) la realtà è regolare se presenta una ricorrenza verificata, ma tale verifica non deve illudersi di poter coprire la totalità dei casi possibili, ma solo gran parte di quelli osservabili (magari da domani la forza di gravità non funzionerà più, ma il fatto che abbia funzionato per secoli, rende probabile, o meglio, "regolare" che funzioni anche domani...).

Eretiko

Citazione di: Apeiron il 20 Febbraio 2017, 17:22:35 PM
Un modello predittivo è un sistema formale che mi serve per tentare di fare una predizione. Una regolarità dei fenomeni è una regolarità "intrinseca" ad essi, un modello predittivo è una legge che "impongo" io. Se anche fosse confermato per tutta la storia dell'umanità non saprei comunque distinguere se "è una regolarità dai fenomeni" o se è una mera generalizzazione accidentale.

Riformulando la 2) Le leggi della fisica quindi sono generalizzazioni accidentali?
L'assunzione per cui la natura sia regolare è indipendente dalla mia possibilità di fare modelli che tentano di prevedere i fenomeni.

P.S. Per fare un esempio un modello predittivo potrebbe essere: "dato che c'è vento da ovest allora domani arriverà una perturbazione atlantica". Posso fare questa predizione anche se in realtà non c'è nessuna regolarità naturale.

Il modello predittivo NON TENTA di fare predizioni, FA predizioni: è una bella differenza (anche quando fa predizioni probabilistiche). Se l'astrofisico ti dice che il giorno X al tempo T tu osserverai la luna nel punto P della volta celeste (al netto da errori di approssimazione nel calcolo) tu puoi star certo al 100% che sarà così, mentre non potrai avere questa certezza se l'astrologo ti predice che tra un mese tu vincerai il primo premio al superenalotto.
Se la natura non fosse regolare non si potrebbero fare predizioni (forse nemmeno probabilistiche), non si potrebbe fare scienza, comprese le previsioni meteorologiche.
Sarebbe strano che una legge che "impongo" io coincide poi con l'evoluzione (misurabile sperimentalmente) di un sistema fisico, non credi?

davintro

#6
il punto fondamentale della questione mi pare sia quello di mantenere una coerenza tra un certo modello metodologico di ricerca nello svolgere le previsioni e la pretesa di scientificità (o razionalità) dei risultati a cui si ritiene di pervenire. L'induzione non solo, sulla base della celebre argomentazione del tacchino, è secondo me impossibilitata a fondare verità apodittiche, ma neanche probabilistiche. Per parlare di probabilità è necessario raffrontare una misura di casi in cui la probabilità si verifica e una "totalità", una serie FINITA di casi che effettivamente sono realizzabili nel contesto della previsione. Se ho di fronte un sacchetto con 100 cioccolatini di cui 90 alla nocciola, ha senso dire che razionalmente ho il 90% di possibilità che scegliendo a caso dal sacchetto di prendere un cioccolatino alla nocciola. Posso farlo perché la totalità dei casi possibili ha un limite ben definito, i 100 cioccolatini totali del sacchetto. Non è il caso del lancio dei dadi, nel quale l'induzione presume di ricavare previsioni, ma in modo del tutto irrazionale, perché nel caso del lancio dei dadi non esiste una totalità conclusa, ma per compiere previsioni è necessario ripetere in continuazione all'infinito l'esperienza del lancio dei dadi. L'esperienza non è un sistema chiuso ma infinitamente aperto, e non si arriverà mai a concepire una serie chiusa, un 100% da cui ricavare una percentuale vicina o lontana. Sono dunque d'accordo con il primo post di Apeiron. La vera razionalità non può che essere deduttiva, perché se razionale un discorso lo è in quanto giustificato da argomenti che hanno in loro stessi la loro validità fondativa epistemica, allora solo la razionalità che parte da un'evidenza stabile, un punto fermo di cui si è riconosciuta l'indubitabilità (come nel dubbio metodico cartesiano o nella riduzione fenomenologica) può fondare la pretesa di verità dei discorsi, non l'ingenua osservazione induttiva dei casi particolari dell'esperienza, metodo adeguato e vincolato alla contingenza dei contesti empirici verso cui si rivolge, e tale contingenza si rispecchia inevitabilmente nei risultati. Senza l'apodissi si perde anche la probabilità, dato che questa è solo un'approssimazione verso la certezza indubitabile, tolta questa cade anche l'altra. Non è certo un caso che nella modernità razionalismo ed empirismo erano visti, mi sembra, come fra loro contrapposti

Angelo Cannata

Citazione di: Phil il 20 Febbraio 2017, 18:39:18 PM... l'incidenza statistica dei lanci precedenti credo sia un fattore da considerare... quale numero è uscito al lancio precedente? Anche questo credo possa orientare le probabilità dell'esito successivo...
No, i lanci precendenti non hanno alcuna rilevanza. Su questo malinteso si basano le previsioni dei numeri del lotto, che richiamano l'attenzione sul fatto che un certo numero non esce da mesi o da anni e quindi sarebbe probabilissmo che esca nell'immediato futuro. Questo è falso. Una volta che i numeri vengono sempre rimescolati, in modo da ricreare una situazione probabilistica di partenza sempre identica, non c'è alcuna ragione per cui un numero che non esce da lungo tempo debba avere maggiori probabilità di spuntare fuori.

sgiombo

#8
Citazione
Secondo me ci si deve intendere sui termini del discorso (il significato delle parole).
E' un affermazione che è vera alla condizione indimostrabile (Hume!) che il divenire naturale sia ordinato secondo modalità o leggi universali e costanti; perché in questo caso se il dado non è truccato (ovvero le facce sono perfettamente regolari, il materiale di cui è fatto perfettamente omogeneo, ecc.) e se i lanci sono fatti "a caso" (in un' "infinità" di maniere simili e non calcolate in determinati modi) in un numero sufficientemente elevato di lanci i fattori causali tendenti a farlo cadere su ciascuna faccia si equilibrano.
Tuttavia è un' affermazione alquanto imprecisa, in particolare per quanto riguarda i numerosi concetti che ho evidenziato in grassetto, i quali sono decisamente vaghi e non realistici (in realtà non esiste la perfezione!).
Cosicché (in linea teorica, di principio) in un numero "ulteriormente sufficientemente elevato di lanci" ci si dovrebbe aspettare qualche pur minima differenza della distribuzione statistica dei risultati di ciascun dado concreto (costante per ciascun dato in un numero sufficientemente elevato di lanci, ma diversa fra i diversi dadi, nessuno dei quali, per quanto non deliberatamente "truccato", può essere perfetto).

Ma a parte questo mi sembra che  Apeiron intenda suggerire un problema più di fondo nel concetto di probabilità, che io stesso credo di aver colto per conto mio in precedenti riflessioni.
Un divenire (della realtà fisica materiale) ordinato secondo leggi universali e costanti di tipo "deterministico - meccanicistico" mi sembra un concetto del tutto sensato, privo di contraddizioni: ogni singolo evento è determinato da "ciò che lo precede e circonda" e in linea teorica di principio prevedibile, calcolabile).
Invece un divenire probabilistico - statistico (non ogni singolo evento è universalmente e costantemente e in linea teorica di principio prevedibile, calcolabile, ma sono  invece universali e costanti e dunque in lenea di principio prevedibili, calcolabili, i rapporti fra -le frequenze di- diversi eventi che possono accadere ed accadono alternativamente gli uni agli altri a seconda dei singoli casi dipendentemente da "ciò che li precede e circonda" purché si consideri un numero sufficientemente grande di osservazioni) mi sembra problematico, mi sembra implicare inevitabili paradossi insolubili, che hanno a che fare con la questione infinito potenziale/infinito attuale.

Innanzitutto: quando è che un numero di casi può essere considerato "sufficientemente grande"? Quale significato potrebbe mai avere tutto l' assunto sulla distribuzione dei casi reciprocamente alternativi in proporzioni universali e costanti nel caso di serie "sufficientemente numerose" di essi? Quanto numerose? E' possibile stabilirlo in una qualche maniera? Può darsi un qualche senso a questo concetto di "sufficientemente numerose"?

Inoltre -sia pure- all' infinito (nel tempo e/o nello spazio) anche le cose più improbabili possono accadere (e tendono ad accadere; e forse accadono): per esempio anche in un numero "grande" (?) di casi (grande quanto si vuole?) le proporzioni delle osservazioni (dei casi) reciprocamente alternativi possibili possono talvolta, prima o poi (per quanto "rarissimamente" -?-), discostarsi da quelle previste dalla rispettiva legge probabilistica (nella fattispecie 1/6 per ciascun numero da 1 a 6).

Fra un "numero sufficientemente grande" di casi -per quanto elevato esso sia- ed "infiniti" (un "numero infinito" di) casi c' è sempre inevitabilmente un abisso incolmabile (o solo potenzialmente, concettualmente e mai attualmente, effettivamente colmabile), il quale inficia (destituisce di significato) il concetto di "numero (sufficientemente) grande (di casi, osservazioni, rilievi)": qualsiasi numero, per quanto grande (o piccolo) sia, è (sempre insuperabilmente) infinitamente piccolo (o infinitamente grande) relativamente all' infinito (in confronto al numero "infinitamente grande" o "infinitamente piccolo").

Nel caso di frequenze probabilistiche-statistiche del divenire, al tendere all' infinito dei casi (osservati) le proporzioni delle alternative possibili tendono ad avvicinarsi sempre più a determinati valori (per esempio a 1/6 la frequenza di ciascun esito possibile nel nostro caso del lancio di un dado non truccato); ma anche serie sempre più improbabili tendono sempre più ad accadere (per esempio serie ininterrotte sempre più numerose di "6" consecutivi: queste ultime al crescere dei casi osservati tendono sia ad essere sempre più numerose e lunghe in assoluto, sia a essere sempre più rare relativamente alle altre serie più probabili.

Dal momento che il concetto (umano, di fatto considerabile) di "(numero) infinito" comporta necessariamente una infinità inesauribile di (numeri) infiniti "di ordini successivi" come sue "parti", nella "infinità inesauribile dell' infinito" numero di casi, anche infinite sequenze di casi "anomali" (improbabili: contraddicenti la probabilità considerata), ognuna delle quali di lunghezza infinita (sic!), possono (e anzi tendono ad) accadere, per quanto le proporzioni complessive fra la totalità degli infiniti casi che accadono siano comunque quelle determinate proporzioni probabilistiche (1/6 per ciascun numero da 1 a 6): non è questo contraddittorio?

E' questa un' aporia del concetto di "infinito", ovvero che "tendendo (le osservazioni de-) i casi all' infinito, le loro proporzioni tendono ad avvicinarsi sempre più a determinati valori probabili (1/6 nella fattispecie), per quanto inevitabilmente tendano anche sempre più ad accadere casi di discostamenti sempre più grandi da tali valori.

L' infinito in quanto concetto (umano: in quanto oggetto di considerazione teorica, eventualmente di predicazione, eventualmente di conoscenza umana) non può mai essere attuale (potrebbe esserlo solo nella mente di Dio, se esistesse), bensì è sempre, inevitabilmente potenziale dal momento che qualsiasi considerazione teorica è finita (non continua all' infinito ma prima o poi si arresta). Laddove l' infinto in quanto reale (in quanto caratteristica della realtà) può benissimo essere in atto.

MI sento in dovere di aggiungere il mio accordo con quanto acutamente ha scritto Davintro (soprattutto che il dubbio -humeiano- insuperabile circa l' induzione non lo é nemmeno attraverso il concetto di "probabilità", che può oggettivamente significare unicamente "frequenza statistica" la quale, per quante volte sia stata confermata, é sempre altrettanto e anzi più degna di dubbio della costanza "univoca" dell' induzione "deterministica - meccanicistica".

Angelo Cannata

Citazione di: davintro il 20 Febbraio 2017, 20:25:11 PMPer parlare di probabilità è necessario raffrontare una misura di casi in cui la probabilità si verifica e una "totalità", una serie FINITA di casi che effettivamente sono realizzabili nel contesto della previsione. Se ho di fronte un sacchetto con 100 cioccolatini di cui 90 alla nocciola, ha senso dire che razionalmente ho il 90% di possibilità che scegliendo a caso dal sacchetto di prendere un cioccolatino alla nocciola. Posso farlo perché la totalità dei casi possibili ha un limite ben definito, i 100 cioccolatini totali del sacchetto. Non è il caso del lancio dei dadi, nel quale l'induzione presume di ricavare previsioni, ma in modo del tutto irrazionale, perché nel caso del lancio dei dadi non esiste una totalità conclusa, ma per compiere previsioni è necessario ripetere in continuazione all'infinito l'esperienza del lancio dei dadi.
Non vedo differenza tra situazione dei dadi e situazione dei cioccolatini: anche nei dadi c'è una serie finita, costituita dal numero di facce del dado: 6. Anche nei cioccolatini hai una possibilità di infinito, perché ogni volta puoi rimettere il cioccolatino nel sacchetto, rimescolare il tutto e ripetere la pesca.
Nei due esempi, quindi, il numero di cioccolatini corrisponde al numero delle facce del dado. Gettare il dado sul tavolo equivale a rimettere il cioccolatino nel sacchetto e ripescare. Così come puoi gettare il dado sul tavolo infinite volte, allo stesso modo puoi infinite volte riporre il cioccolatino nel sacchetto e ripescare.

davintro

Citazione di: Angelo Cannata il 20 Febbraio 2017, 21:15:07 PM
Citazione di: davintro il 20 Febbraio 2017, 20:25:11 PMPer parlare di probabilità è necessario raffrontare una misura di casi in cui la probabilità si verifica e una "totalità", una serie FINITA di casi che effettivamente sono realizzabili nel contesto della previsione. Se ho di fronte un sacchetto con 100 cioccolatini di cui 90 alla nocciola, ha senso dire che razionalmente ho il 90% di possibilità che scegliendo a caso dal sacchetto di prendere un cioccolatino alla nocciola. Posso farlo perché la totalità dei casi possibili ha un limite ben definito, i 100 cioccolatini totali del sacchetto. Non è il caso del lancio dei dadi, nel quale l'induzione presume di ricavare previsioni, ma in modo del tutto irrazionale, perché nel caso del lancio dei dadi non esiste una totalità conclusa, ma per compiere previsioni è necessario ripetere in continuazione all'infinito l'esperienza del lancio dei dadi.
Non vedo differenza tra situazione dei dadi e situazione dei cioccolatini: anche nei dadi c'è una serie finita, costituita dal numero di facce del dado: 6. Anche nei cioccolatini hai una possibilità di infinito, perché ogni volta puoi rimettere il cioccolatino nel sacchetto, rimescolare il tutto e ripetere la pesca. Nei due esempi, quindi, il numero di cioccolatini corrisponde al numero delle facce del dado. Gettare il dado sul tavolo equivale a rimettere il cioccolatino nel sacchetto e ripescare. Così come puoi gettare il dado sul tavolo infinite volte, allo stesso modo puoi infinite volte riporre il cioccolatino nel sacchetto e ripescare.

sì, me ne ero già accorto.  Mi ero più concentrato sul rapporto fra induzione e giudizio probabilistico, che comunque nel corso della discussione era anch'esso emerso come problema. Chiedo venia! Comunque almeno per ora confermo le mie idee sulla parte epistemologica dell'induzione...

Phil

Citazione di: Angelo Cannata il 20 Febbraio 2017, 21:07:36 PM
No, i lanci precendenti non hanno alcuna rilevanza. Su questo malinteso si basano le previsioni dei numeri del lotto, che richiamano l'attenzione sul fatto che un certo numero non esce da mesi o da anni e quindi sarebbe probabilissmo che esca nell'immediato futuro. Questo è falso. Una volta che i numeri vengono sempre rimescolati, in modo da ricreare una situazione probabilistica di partenza sempre identica, non c'è alcuna ragione per cui un numero che non esce da lungo tempo debba avere maggiori probabilità di spuntare fuori.
Avevo detto che non sono pratico di calcolo delle probabilità... e non mi sono smentito ;D
Grazie della correzione!

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 20 Febbraio 2017, 15:45:35 PMRisposta ragionata: la proposizione in realtà è problematica perchè è sia "indimostrabile", "infalsificabile"
Mi sembra che la proposizione ti risulti problematica perché la tratti come proposizione di scienza empirica, piuttosto che come affermazione puramente matematica.

Le leggi di probabilità non consentono dimostrazioni empiriche perché esse sono matematica pura, così come è matematica pura il concetto di numero immaginario. Matematica pura significa che fa parte delle regole del gioco stabilite da noi e non richiede riscontri nell'esperienza.

Ora, le leggi matematiche di probabilità non richiedono alcun riscontro sperimentale per essere valide. Infatti, il fatto che ci sia 1 probabilità su 6 che uscirà un certo numero del dado non condiziona minimamente ciò che c'è da aspettarsi nella sperimentazione. Sappiamo benissimo infatti che un certo numero del dado potrebbe anche non uscire mai, proprio mai, e ciò non inficerebbe in alcun modo la validità della legge di probabilità che abbiamo stabilito.

Ciò significa che le leggi di probabilità non contengono nessuna informazione riguardo alla realtà.

A questo punto nasce la domanda: come mai allora tali leggi spesso si realizzano?

Qui azzardo la mia seguente risposta, che sarebbe tutta da verificare.

Infatti non è vero che all'atto pratico si realizzano. Non è vero che, se davvero getteremo un dado un milione di volte, ciascun numero sarà uscito un numero di volte in proporzione di 1 a 6 rispetto agli altri. In teoria dovrebbe essere così, ma nella pratica ciò non succede.

Angelo Cannata

#13
Da quanto ho appena detto consegue qualcosa che potrà sembrare strano, ma forse non lo è: possiamo benissimo stabilire che, al lancio di un dado a 6 facce, il numero 1 ha 1 possibilità su 2 di uscire. Questa regola può essere stabilita senza alcun problema, poiché, sia che diciamo 1 su 2, sia che diciamo 1 su 6, si tratta comunque di un'affermazione che non richiede e non può avere alcuna conferma sperimentale.

Apeiron

Forse mi sono espresso male col termine "misticismo". Questo termine non lo intendo come denigratorio, bensì in un certo senso ritengo che esso sia la chiave per una conoscenza di cose che né empiricamente né aprioristicamente possiamo conoscere. Questo "misticismo" lo collegherei all'"intuizione". Noi intuiamo che ci sono regolarità nella natura ma non possiamo veramente dimostrarlo né induttivamente né deduttivamente. Anzi: visto che spesso i nostri concetti sono nostre "imposizioni" sulla realtà si finisce per avere l'illusione di capire cosa sono queste regolarità. Ora rispondo.

Citazione di: Eretiko il 20 Febbraio 2017, 18:57:07 PMIl modello predittivo NON TENTA di fare predizioni, FA predizioni: è una bella differenza (anche quando fa predizioni probabilistiche). Se l'astrofisico ti dice che il giorno X al tempo T tu osserverai la luna nel punto P della volta celeste (al netto da errori di approssimazione nel calcolo) tu puoi star certo al 100% che sarà così, mentre non potrai avere questa certezza se l'astrologo ti predice che tra un mese tu vincerai il primo premio al superenalotto. Se la natura non fosse regolare non si potrebbero fare predizioni (forse nemmeno probabilistiche), non si potrebbe fare scienza, comprese le previsioni meteorologiche. Sarebbe strano che una legge che "impongo" io coincide poi con l'evoluzione (misurabile sperimentalmente) di un sistema fisico, non credi?

Appunto è strano. D'altronde: "l'eterno mistero del mondo è la sua comprensibilità" (Einstein). Il punto è che non c'è nessuna ragione (che posso ricavare tramite l'esperienza o tramite un ragionamento aprioristico) per cui anche la previsione dell'astrofisico vale. Tu stai assumendo che la regolarità dei fenomeni non sia dovuta a mera accidentalità. Ma non hai davvero un modo per dimostrarlo. All'atto pratico concordo con te che un astrofisico ci azzecca sempre (d'altronde se non la pensassi così avrei sprecato una parte rilevante della mia esistenza  ;D ).

Citazione di: Phil il 20 Febbraio 2017, 18:39:18 PMCredo che la domanda stessa vada disambiguata: se lancio sempre lo stesso dado con la stessa forza, la stessa traiettoria, sullo stesso piano d'atterraggio, etc. il risultato sarà sempre lo stesso. Pensiamo sia "casuale" (modo in cui l'ignoranza delle cause ci fa leggere la parola "causale"), e quindi tiriamo in gioco la probabilità, solo perché non riusciamo a calcolare tutte le varianti coinvolte nel lancio e, anche se fosse, non riusciremmo facilmente a ripeterle per confermarne l'esito (è un "dado eracliteo", non si fa due volte lo stesso lancio ;D , anche se i risultati possibili sono, inevitabilmente, solo sei). Non sono affatto esperto di calcolo delle probabilità, ma ad occhio, per parlare di probabilità, tale lancio andrebbe contestualizzato: è il primo lancio di una serie? Se è così l'incidenza statistica dei lanci precedenti credo sia un fattore da considerare... quale numero è uscito al lancio precedente? Anche questo credo possa orientare le probabilità dell'esito successivo... etc. Sul rapporto fra le "leggi" e la regolarità o ricorrenza di risultati prevedibili, sarei piuttosto pragmatico: la legge di gravità ci dice che sulla terra i corpi cadono in un certo modo (se escludiamo ambienti con gravità artificiale), direi che la casistica attuale è piuttosto unanime nel darle ragione... e molte altre leggi scientifiche o matematiche (per quanto siano sempre formalizzazioni basate su un linguaggio convenzionale) sembrano essere state, per ora, al riparo da falsificazioni e forniscono una prevedibilità decisamente affidabile (i calcoli per far galleggiare una nave o far volare un aereo, etc.). L'induzione, per quanto biasimata, non è dunque misticismo, proprio perché il misticismo manda in vacanza la ragione (quindi anche la probabilità, la dimostrabilità, la falsificabilità, etc.), mentre l'induzione, se non radicalizzata fideisticamente, fornisce dei parametri indicativi, la cui "tolleranza" di errore è inversamente proporzionale all'esattezza dei dati che si possiedono (sempre lasciando fuori concetti metafisici come "eternità", "assolutezza", "verità assoluta", etc. in favore di una contestualizzazione concreta, seppur limitata). Proposizioni come "tutti i corvi sono neri" (suonerà familiare a qualcuno ;) ) sono verificabili se si parla del contesto attuale (avendo modo per monitorare tutti i corvi del mondo adesso); la proposizione "tutti i corvi sono stati e saranno sempre neri" è infalsificabile (poiché non possiamo verificare facilmente il passato, e di sicuro non possiamo predire il futuro con il 100% di esattezza), quindi apre le porte al suddetto misticismo... Sintetizzando: 1) Si, è problematica, ma perché è troppo povera di informazioni sul contesto... 2) la realtà è regolare se presenta una ricorrenza verificata, ma tale verifica non deve illudersi di poter coprire la totalità dei casi possibili, ma solo gran parte di quelli osservabili (magari da domani la forza di gravità non funzionerà più, ma il fatto che abbia funzionato per secoli, rende probabile, o meglio, "regolare" che funzioni anche domani...).

Questo è più o meno il mio pensiero "pratico". Ma in una discussione filosofica si deve cercare di porre in dubbio le certezze (con ciò concordo anche se non proprio totalmente con Angelo Cannata ). Motivo per cui in questa discussione devi partire dall'idea che non sai assolutamente niente del fenomeno in questione. Per il "misticismo" come ho già detto non intenderlo come l'assoluto rifiuto di ragionare. Tuttavia è semplicemente la realizzazione che le certezze che abbiamo non hanno un completo fondamento.

Citazione di: davintro il 20 Febbraio 2017, 20:25:11 PMil punto fondamentale della questione mi pare sia quello di mantenere una coerenza tra un certo modello metodologico di ricerca nello svolgere le previsioni e la pretesa di scientificità (o razionalità) dei risultati a cui si ritiene di pervenire. L'induzione non solo, sulla base della celebre argomentazione del tacchino, è secondo me impossibilitata a fondare verità apodittiche, ma neanche probabilistiche. Per parlare di probabilità è necessario raffrontare una misura di casi in cui la probabilità si verifica e una "totalità", una serie FINITA di casi che effettivamente sono realizzabili nel contesto della previsione. Se ho di fronte un sacchetto con 100 cioccolatini di cui 90 alla nocciola, ha senso dire che razionalmente ho il 90% di possibilità che scegliendo a caso dal sacchetto di prendere un cioccolatino alla nocciola. Posso farlo perché la totalità dei casi possibili ha un limite ben definito, i 100 cioccolatini totali del sacchetto. Non è il caso del lancio dei dadi, nel quale l'induzione presume di ricavare previsioni, ma in modo del tutto irrazionale, perché nel caso del lancio dei dadi non esiste una totalità conclusa, ma per compiere previsioni è necessario ripetere in continuazione all'infinito l'esperienza del lancio dei dadi. L'esperienza non è un sistema chiuso ma infinitamente aperto, e non si arriverà mai a concepire una serie chiusa, un 100% da cui ricavare una percentuale vicina o lontana. Sono dunque d'accordo con il primo post di Apeiron. La vera razionalità non può che essere deduttiva, perché se razionale un discorso lo è in quanto giustificato da argomenti che hanno in loro stessi la loro validità fondativa epistemica, allora solo la razionalità che parte da un'evidenza stabile, un punto fermo di cui si è riconosciuta l'indubitabilità (come nel dubbio metodico cartesiano o nella riduzione fenomenologica) può fondare la pretesa di verità dei discorsi, non l'ingenua osservazione induttiva dei casi particolari dell'esperienza, metodo adeguato e vincolato alla contingenza dei contesti empirici verso cui si rivolge, e tale contingenza si rispecchia inevitabilmente nei risultati. Senza l'apodissi si perde anche la probabilità, dato che questa è solo un'approssimazione verso la certezza indubitabile, tolta questa cade anche l'altra. Non è certo un caso che nella modernità razionalismo ed empirismo erano visti, mi sembra, come fra loro contrapposti

Su questo sono d'accordo. Razionalismo ed empirismo erano opposti, oggi si tende a dire che il razionalismo è l'empirismo ma io usavo i termini nel senso seicentesco. Il problema è che entrambe le posizioni in realtà sono fallimentari in quello che si ripromettono ossia quello di giustificare la scienza.

Citazione di: Angelo Cannata il 20 Febbraio 2017, 22:04:26 PM
Citazione di: Apeiron il 20 Febbraio 2017, 15:45:35 PMRisposta ragionata: la proposizione in realtà è problematica perchè è sia "indimostrabile", "infalsificabile"
Mi sembra che la proposizione ti risulti problematica perché la tratti come proposizione di scienza empirica, piuttosto che come affermazione puramente matematica. Le leggi di probabilità non consentono dimostrazioni empiriche perché esse sono matematica pura, così come è matematica pura il concetto di numero immaginario. Matematica pura significa che fa parte delle regole del gioco stabilite da noi e non richiede riscontri nell'esperienza. Ora, le leggi matematiche di probabilità non richiedono alcun riscontro sperimentale per essere valide. Infatti, il fatto che ci sia 1 probabilità su 6 che uscirà un certo numero del dado non condiziona minimamente ciò che c'è da aspettarsi nella sperimentazione. Sappiamo benissimo infatti che un certo numero del dado potrebbe anche non uscire mai, proprio mai, e ciò non inficerebbe in alcun modo la validità della legge di probabilità che abbiamo stabilito. Ciò significa che le leggi di probabilità non contengono nessuna informazione riguardo alla realtà. A questo punto nasce la domanda: come mai allora tali leggi spesso si realizzano? Qui azzardo la mia seguente risposta, che sarebbe tutta da verificare. Infatti non è vero che all'atto pratico si realizzano. Non è vero che, se davvero getteremo un dado un milione di volte, ciascun numero sarà uscito un numero di volte in proporzione di 1 a 6 rispetto agli altri. In teoria dovrebbe essere così, ma nella pratica ciò non succede.

Risposta interessante. In fin dei conti il problema che ho alzato in realtà è doppio: non solo non abbiamo certezza fondata che la regolarità che vediamo non sia accidentale ma anche se tale regolarità è essenziale i nostri concetti che usiamo sono fallibili ossia non possono descrivere perfettamente tale regolarità.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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