Critica alla storia della filosofia

Aperto da daniele22, 23 Maggio 2021, 17:35:22 PM

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iano

#30
Citazione di: daniele22 il 28 Maggio 2021, 17:20:25 PM
Bene. Quando in un post dissi che avevo scoperto di essere un solipsista (grazie a viator) dissi pure che la conoscenza (quella di ciascun individuo) è sinonimo perfetto di realtà. Continuo a sostenerlo e mi sembra di averlo pure ripetuto in altro modo.
Parte affettiva. Ti faccio un esempio: "una pietra che rotola". Se tu la vedi da spettatore puoi magari anche speculare su dove andrà a finire standotene fermo a guardare. Se tu la vedi rotolare verso di te probabilmente ti sposti. L'azione che vedi è la stessa, "la pietra che rotola", ma il significato, o senso, diverte. Nel primo caso ha agito di più la componente razionale del significato, mentre nel secondo caso ha agito di più la componente affettiva (altamente emotiva in questo caso specifico). Il significato non può separare queste due componenti facendo finta di nulla. Questa unità a mio giudizio rappresenta, è, il "quanto" dell'unità della conoscenza".
È una definizione di conoscenza che mi sento di condividere, come qualcosa che non può mancare di coinvolgere, da cui il lato affettivo che mi appare adesso più chiaro.
Ma coincide con la mia visione delle cose solo se si lascia libera la definizione di individuo.
L'individuo è ciò che si rapporta con la realtà in virtù di una unità conoscitiva, abbracciando quindi un arco che va' dal solipsismo fino al regno dei viventi.
Non come unità indivisibile, ma diversamente componibile in funzione di una azione .
Cosa accade nel mondo dei viventi non c'è un solo modo di rappresentarlo , e ognuno a suo modo è solipsistico perché esclusivamente riferito ad un individuo preciso, se afferro bene il concetto di solipisismo  , di chi guarda solo dentro se stesso. Sarebbe una triste prospettiva solo se esistesse un solo se' stesso individuale, anche se questa diventa la prospettiva di chi si affeziona ad un individuo piuttosto che ad un altro.
Una scelta di amore che sembra ineluttabile, guidata dal destino, ma tutt'altro che tale.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Applaudo pure io Jacopus, ma il re del mondo chi è?
[/size]
[/size]Io dico che ero solipsista anche quando ero più giovane e di sinistra (anche se non mi hanno mai convinto del tutto)e non sapevo di essere solipsista. Dico, non è una scelta la mia, è una condizione dell'essere umano. Per cosa credi che sostenga la prospettiva anarchica? No di certo perché ora sono un anarcoide (o meglio, l'esserlo in modo onesto con me stesso mi ha portato a quel giudizio. La sostengo perché è il solo modo di dividere in modo netto il conservatorismo di destra dall'ideologia della sinistra. Ma nemmeno la destra può sottrarsi a tale scelta perché pure lei si rende conto che la democrazia non è più sostenibile. Prima che si movesse Franco col suo alzamiento anche i repubblicani auspicavano quasi una forma dittatoriale morbida per riordinare un po' il tessuto sociale. Dobbiamo aspettare che qualcuno di destra arrivi a ipotizzare un colpo di mano per riaffermare un poco più di ordine? Ti porto ora sul post che ho aperto sulla cattura di Riina. Io non posso impormi sull'affettività di Anthonyi che lo ha portato a difendere un'ideale sicuramente di centro e che lo ha portato anche a dire una cosa sulla vicenda della casa che io gli ho contestato. Io penso, ma non sono mica sicuro del fatto che i carabinieri sapessero dove si trovava la casa, mi sono fidato di "Report", che sempre per questioni affettive è una trasmissione che più si confà alla mia mentalità anarcoide. Alla fine tutti e due abbiamo assolto i carabinieri. Ok tutto a posto. Tutto a posto un corno perché la questione riaffiorerà per altre vie con altre forme. Tutto a posto se o io o Anthonyi ci rendiamo conto della verità sulla vicenda della casa. Ma allora si riformulerà il giudizio da parte dell'uno o dell'altro.
[/size]Poi dici
[/size]"Cosa accade nel mondo dei viventi non c'è un solo modo di rappresentarlo , e ognuno a suo modo è solipsistico perché esclusivamente riferito ad un individuo preciso, se afferro bene il concetto di solipisismo  , di chi guarda solo dentro se stesso. Sarebbe una triste prospettiva solo se esistesse un solo se' stesso individuale, anche se questa diventa la prospettiva di chi si affeziona ad un individuo piuttosto che ad un altro"
[/size]
[/size]Dovresti dire di chi pensa solo dentro se stesso, non guarda. L'uomo è un animale sociale, per quel che mi riguarda, ma non sta a me decretare se sia meglio una società come le api, come le formiche, come le scimmie o come individui asociali

iano

#32
A te sta decretare chi sono le api e chi sono le formiche e chi sono gli uomini, le quali specie , a meno di non credere ai testi sacri, non è scritto in altro posto cosa siano se non dove tu decidi di scriverlo.
Come fai a racchiuderti dentro di te se non per la convenzione che ti definisce, astraendo il fatto che tu, contenga moltitudini di microbi senza dei quali non sopravviveresti?
L'individuo quindi è una definizione di comodo in relazione ad un contesto , e ciò toglie fondamento ad ogni possibile solipsismo, cheche' Viator ne dica.
Preferisco dire che guardiamo dentro di noi perché lo facciamo specchiandoci negli altri, contenendo e essendo contenuti in diversi possibili modi.
Non esiste individuo in se', in se' stesso racchiudibile, se non in senso operativo relazionale, e quindi in modo non univoco determinabile.
Penso quindi sono, significa che la funzione definisce il soggetto, senza che vi sia un modo univoco di descrivere i fatti come relazioni fra oggetti.
Se cambiano gli oggetti cambiano le relazioni, ma il risultato non cambia.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

 Buongiorno Iano ... non riuscendo più a seguirti molto bene ti mando uno stralcio di quello che ho scritto. Le prove di cui parlo le ho già fornite verbalmente, ma al mio interlocutore evidentemente non bastano.
" ..... . Ma tu vuoi le prove. Basterebbe solo che la scienza le cercasse, invece di rifugiarsi, come fa a volte, dietro a quegli ambigui "non vi sono evidenze scientifiche". Certo è che se l'onere della prova grava tutta sulle spalle di un ricercatore che vede tarpate le ali della sua ricerca da ambigue motivazioni, stiamo freschi. Le prove dunque vuoi? Sarebbe sufficiente che le neuroscienze fossero in grado di rivelare qual è il giusto verso temporale del fenomeno dell'apprendere. Che vado a ripeterti. Noi siamo costumati a pensare che lungo l'asse del tempo in cui ti trovi in ogni istante della tua vita, il tuo adesso tanto per capirci, i tuoi sensi scorgano un oggetto (segno) al quale, in un istante successivo, la mente può attribuirvi un significato. Succede invece il contrario, dico io. Gli è infatti che tu saresti sempre all'erta nell'adesso, ma saresti all'erta non rispetto alle cose, le quali ci scivolano spesso addosso senza che nemmeno ce ne accorgiamo, bensì rispetto alle tue preoccupazioni qualora delle cose si materializzino nell'ambiente distogliendoti da uno status mentale in cui tutto si trova in un certo senso sotto controllo. Tanto per capirci, se vai in un luogo dove a un tratto noti una persona, questa verrebbe messa a fuoco dai tuoi sensi per il fatto che la persona ha perturbato il tuo ambiente mentale. A seguito del notare la persona, l'intervento che eventualmente metterai in atto non risponderà tanto alla persona, ma a quello che tu deciderai di fare per salvaguardare il tuo benessere in relazione alla persona, e potresti pure dare molto per tale salvaguardia, non solo semmai a guadagnarne in termini di fama e danaro. In generale quindi, le tue aspettative temporali di bene e di male che possono potenzialmente giungerti navigando nell'adesso, non fanno altro che inquadrare tramite i sensi, o anche tramite il pensiero se di pensieri si tratta, le cose che conosci e che ignori quando in esse intravvedono il mezzo che potrebbe compiere tali aspettative. E questo calza pure con la vicenda durante la quale vedevi un oggetto sconosciuto mentre in realtà vedevi solo la tua ignoranza (preoccupazione per l'ignoranza che può apparire all'improvviso) fatta segno. E infatti cos'hai fatto? Hai chiesto cosa fosse. Concludendo ... La mia visione dell'umanità che si sopravvaluta è rappresentata dal nostro essere convinti che le cose esistano e che, essendo noi i più intelligenti, giustamente ci avochiamo il diritto di indagarle per desumerne magari una grande verità che tutto comprenda ... Più che lecita motivazione. Io, al contrario, penso che noi non possiamo vedere le cose se non quando queste abbiano un significato. Tale significato, personale e linguisticamente anche più o meno collettivo, non risponde però ad un'esigenza rivolta verso un progresso umano, o alla ricerca di una presunta verità universale delle cose, bensì alle esigenze di benessere di ciascun nostro singolo corpo. Se poi trasferiamo le peculiarità di questo modello dell'individuo alla realtà di bandiere di individui, le cui potenzialità trascendono di gran lunga quelle di un singolo, si immagini quanto breve sia il passo a praticare la guerra per ottenere la pace ... Di qualunque natura sia la guerra, certo è che sappiamo fare di tutto.


paul11

#34
 Citazioni di Daniele22
....la componente razionale del significato, mentre nel secondo caso ha agito di più la componente affettiva (altamente emotiva in questo caso specifico). Il significato non può separare queste due componenti facendo finta di nulla. Questa unità a mio giudizio rappresenta, è, il "quanto" dell'unità della conoscenza".

Io, al contrario, penso che noi non possiamo vedere le cose se non quando queste abbiano un significato.



Tale significato, personale e linguisticamente anche più o meno collettivo, non risponde però ad un'esigenza rivolta verso un progresso umano, o alla ricerca di una presunta verità universale delle cose, bensì alle esigenze di benessere di ciascun nostro singolo corpo.

Penso che tu intenda dire che la scrittura non esaurisce ciò che è l'intento dello scrivente, in quanto appunto l'intento le motivazioni e direi persino gli scopi appartengono alla sfera affettiva, emotiva, L'autore quindi se focalizza la sua scrittura su una determinata argomentazione è perché, almeno per lui, sorge da un focalizzazione, significazione su quell'argomento che ha trovato, che vive, come importante.
E' vero. Sono pienamente d'accordo. Più volte si è scritto nel forum che la componente interiore umana,  è quella che in fondo davanti all'orizzonte del mondo coglie significazioni in particolari che lo scuotono. Nella modernità indicherei Nietzsche ed Heidegger coloro che forse più di tutti hanno cercato l'autenticità umana. Se hanno fallito, ..... in fondo falliamo tutti . Hai anche colto il problema linguistico, che infatti è in entrambi gli autori. Nietzsche oltre a trattati è soprattutto importante per la scrittura per aforismi. Nietzsche è un anti intellettuale, nel senso che la parola per lui non deve essere fredda, semplicemente descrittiva, segue un canone più poetico narrativo e quindi fortemente evocativo di ciò che è umano nell'uomo. Heidegger, seppur con un diverso, ma non troppo, punto di vista rispetto a Nietzsche (Nietzsche in realtà ha influito moltissimo in Heidegger, come per fare un altro  esempio in Adorno, ma ve ne sarebbero altri...), cerca l'autenticità umana nell'esistenza, nell'orizzonte temporale della vita umana. Inventa letteralmente un proprio "slang" filosofico, con termini nuovi, spesso quasi intraducibili dal tedesco all'italiano o comunque "italianizzati" come il dasein in "esser-ci". Adatto che il suo linguaggio rimane filosofico ,non utilizza come ad esempio in Nietzsche l'aforisma, gli diventa ancor più difficile recepire linguisticamente ciò che vorrebbe, desidererebbe argomentare, trattare. Lui stesso ammetterà che la poesia e l'arte potrebbero meglio svolgere le tematiche da lui espresse, tant'è che "Essere e tempo" rimane un lavoro incompiuto.


Il problema sta nell'incontro fra ciò che noi definiamo razionale, come logico, e irrazionale, come sfera affettiva. A mio parere forse è l'unica strada filosoficamente possible oggi, la via d'uscita dall'attuale impaludamento cultural filosofico ,sapendo che è difficilmente praticabile, perché bisogna essere una "via di mezzo" fra poeti e filosofi, con capacità da una parte di forte evocazione dello spirito umano, del suo disagio e difficoltà che incontra nella vita, e dall'altra la capacità di sistematizzare questa profonda interiorità umana dentro uno schema comunicabile, che sappia arrivare al lettore. Ecco in questo ,se ciascuno forse a loro modo, Nietzsche ed Heidegger ,rappresentano il tentativo di trovare in fondo "un mondo più umano".
Quindi più che dire che abbiano "fallito", io direi che val la pena capire il loro "bel naufragio"........e proseguire il viaggio se il nostro intento è cogliere i significati autentici della vita.

daniele22

Aspettavo Paul11 un tuo intervento e te ne sono grato. Se sono stato sprezzante fino all'offensivo nei confronti di illustri pensatori ciò è dovuto da uno spirito di rivincita nei confronti dell'intellighenzia. Nulla di più.
Ti fornirò due esempi sul ruolo dei sensi nella conoscenza.
1) Non sai nulla di botanica e vai in un prato dove ad un tratto ti coglie una sensazione di bruciore alla caviglia. Questa io la chiamo una mezza conoscenza. Per concretarla devi toccare con mano l'erba che ti ha punto (ammesso che sia un'erba)
2) La teoria della relatività prevede il bosone di Higgs (bruciore alla mente - mezza conoscenza). Quando i sensi vedono apparire dalle trappole umane il bosone di Higgs concretano la loro conoscenza sulla particella

iano

#36
La butto lì, ma mi pare che la difficoltà stia nell'accettare la scienza come cosa pienamente umana.
La riflessione filosofica non può non ripartire dalla scienza, e sarà tanto più proficua quanto riusciremo a sentire questa ultima come nostra.
Occorre però  rassegnarsi al lato metafisico, a nostro completamento, seppur non immutabile, perché certo la scienza non ci esaurisce.
Il nostro lato metafisico potrebbe svolgere una funzione insostituibile.
Il,fatto è che noi vediamo con più chiarezza la funzione svolta dall'altro lato, e giudicandola cosa buona, vorremmo ridurre tutto ad essa.
Non ci sono comunque punti fermi ne' steccati assoluti far essi , ne' in fisica ne' in metafisica.
Non conosciamo tutto ciò che agisce in noi, ma questo non dovrebbe essere motivo di discriminazione.
Però il nocciolo duro della metafisica non emerge, fin tanto che confusamente riusciamo a parlarne, segno di un superamento dello steccato.
Non si può ad esempio superare la cosa in se' finché non si trovano le parole per dirla, meglio ancora se , confuse per confuse, usando attraente poesia.
L'importante è restare pienamente umani, senza escludere alcuna parte di noi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

green demetr

Citazione di: daniele22 il 23 Maggio 2021, 17:35:22 PM
Buon pomeriggio. Azzardo una critica alla storia della filosofia. A mio giudizio tutto andò bene fino a Parmenide. Dopo di lui arrivò Platone. Senz'altro fu Parmenide a porre la questione dell'essere, ma io mi chiedo come mai i filosofi si siano tuffati in una bimillenaria speculazione circa l'essere senza sapere su cosa si fondasse il linguaggio. In effetti sul Cratilo di Platone vi è un dialogo sul significato delle parole, ma dopo averne letto qualche parte mi era sembrata farraginosa la dissertazione di Socrate . Del resto anche nel Menone mi era sembrata del tutto arbitraria la spiegazione su come lo schiavo apprendesse la geometria, tanto che fu messa in crisi da Leibnitz in maniera non del tutto esauriente. Mi chiedo dunque se il problema riguardante il fondamento del linguaggio fosse inattuale. E mi chiedo come mai possa essere, almeno in parte, ancora inattuale tale problematica.


Caro studente, a volte incontriamo persone rapsodiche, persone che non sono in grado di portare ad unità il discorso.
Sono la maggior parte delle persone, come ti ho già spiegato, nel post di risposta a Ipazia (https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-santa-trinita-della-filosofia-essere-avere-divenire/) la prima cosa che devi ricordarti è che gli adulti parlano un discorso non loro, pieno di veleno e astio. Questo veleno e questo astio parlano per loro.
Non ci è dato sapere quali esperienze influenzino i nostri interlocutori, a meno che siano loro a rivelarcele.
Non è questo il caso.
Certo possiamo nel caso siano persone amiche cercare fra le righe, di capire l'origine del disagio. Ma anzitutto dobbiamo ammetterlo.
Difficilmente però le perone si fanno aiutare, questa è un altra cosa che devi imparare.
Insistere è un errore.
Rispondo perchè a volte si trovano elementi di curiosità che ci aiutano nella ricerca del Vero.
Purtroppo non è questo il caso.
Comunque allenatevi cercando di trovare una unità del discorso come ha tentato di fare il filosofo Paul, per conto mio risponderò semplicemente alla domanda di base.
Naturalmente serve sempre il consiglio di Ipazia, ossia di leggere il manuale di filosofia.

Anzitutto dovete dividere il discorso di Daniele22

Troviamo come abbiamo fatto nel post precedente di Ipazia, le parole chiavi. Cercherete poi nei post successivi le disambiguazioni, sempre perchè dovete esercitarvi.
Lo lascio a voi.

Allora troviamo la parola Essere disambiguata dalla parola questione.
Daniele22 si sta riferendo a Heidegger che come il manuale vi insegna pose l'attenzione su discorso dell' Essere come questione (non risolta) della grecità. Sappiamo che in Grecia prese nome di Metafisica (in realtà metafisica è un termine contenitore che contiene molte più questioni).

Troviamo poi la parola fondamento e linguaggio.

L'autore ci domanda come mai la questione del fondamento del linguaggio fosse per l'antichità Greca inattuale, e come mai (secondo lui) la questione è ancora oggi inattuale.

Sotto il termine inattuale, in realtà Daniele22, intende dire che la filosofia è in errore a non avere messo la questione del fondamento del linguaggio, piuttosto che su quello dell'Essere.

Fa il grave errore però di non capire che il linguaggio è figlio della metafisica.
Questo errore è stato codificato dalla filosofia debole di Vattimo.
Ossia che la metafisica è figlia del linguaggio cosa che lo stesso Vattimo dice di aver ereditato da Pareyson.
Ma in Vattimo non esiste il concetto di fondamento.
La domanda sul fondamento del linguaggio è una idea errata di Saussurre, che crede che i linguaggi nazionali sono il frutto di una pre-coscienza destinale a cui ogni popolo è destinata.

Ma è proprio la stessa linguistica inaugurata da Saussurre a indicare di come invece la struttura del linguaggio sia un evento storico e non metafisico.
Basta andare a rileggersi il fenomeno delle lingue indoeuropee.
Dei prestiti sintagmatici e fonetici. Per non parlare dei nostri dialetti, e della loro continua, anche oggi evolventesi metamorfosi.

Certamente la domanda filosofica è significativa, come mai un termine come mamma è presente in tutte le lingue del mondo (tranne che in giappone dove è okasa)?
E' indubbio che esiste una affinità di sentimenti tra parola e significato.

Ma la filosofia non può parlare di fondamento.
Infatti è impossibile conoscere il momento in cui per la prima volta l'uomo unì la parola e il suo significato.
Questa cosa semplicemente avvenne e da allora è in continua metamorfosi.
Naturalmente la scienza su questa cosa cerca tutt'ora delle risposte, e non le ha che io ne sappia.
Ma il punto è che non è il fondamento.
il Fondamento è colui che quella voce ha emesso.
Quando il neonato urla nella notte, stiamo parlando di ben altro che il linguaggio.
In fin dei conti il linguaggio è solo una trappola, nel migliore dei casi solo uno strumento.

I Greci queste cose le sapevano. Era ovvio che il fondamento è quello che garantisce un forma, una forma di pensiero.

E ciò che garantisce non può che essere che ciò che salva la forma, ossia la possibilità di essere forma, ed è appunto l'essere come essente.

Non l'essente come qualcosa, perchè quel qualcosa è già forma, che i greci con grande sagacia chiamarono ente.
Ente ed essente sono due concetti diametralmente opposti, l'errore dell'occidente è quello di pensarli uniti.
Ossia di dimenticare la domanda sull'essere ossia sull'essente prima che sia forma.
Potremmo dire chiaramente come sussistente, o sostrato come lo definì Aristotele.
Questo sussistente diverrà poi la cosa in sè kantiana.
Che non sono le cose in sè, come Vattimo confondeva.
Il fondamento è dunque la salvezza dalle forme, e dalla loro inevitabile morte.
Salvezza ed Essere hanno la radice del suono "s".

Quindi i Greci intendevano anche quello, il linguaggio non era il fondamento, ma aveva eccome a che fare con fondamento.

Quindi non solo il linguaggio non era inattuale allora, ma direi che ne avessero una consapevolezza infinitamente maggiore, che nella modernità, del legame tra fondamento e linguaggio. Tutto il contrario di quello che pensa Daniele22, che infatti poi rapsodizza, senza che io ne abbia colto il centro di impellenza maggiore. E che di certo non è di ordine filosofico.

Giovane studente, è proprio con il linguaggio greco che dovrai avere a che fare.
Buono studio (pure a me visto che dovremo affrontarlo insieme ;) )
Vai avanti tu che mi vien da ridere

daniele22

Citazione di: green demetr il 15 Giugno 2021, 03:20:49 AM

Sotto il termine inattuale, in realtà Daniele22, intende dire che la filosofia è in errore a non avere messo la questione del fondamento del linguaggio, piuttosto che su quello dell'Essere.

Fa il grave errore però di non capire che il linguaggio è figlio della metafisica.





il Fondamento è colui che quella voce ha emesso.
Quando il neonato urla nella notte, stiamo parlando di ben altro che il linguaggio.
In fin dei conti il linguaggio è solo una trappola, nel migliore dei casi solo uno strumento.





Quindi non solo il linguaggio non era inattuale allora, ma direi che ne avessero una consapevolezza infinitamente maggiore, che nella modernità, del legame tra fondamento e linguaggio. Tutto il contrario di quello che pensa Daniele22, che infatti poi rapsodizza, senza che io ne abbia colto il centro di impellenza maggiore. E che di certo non è di ordine filosofico.

Giovane studente, è proprio con il linguaggio greco che dovrai avere a che fare.
Buono studio (pure a me visto che dovremo affrontarlo insieme ;) )

Bravo Professore! ... bell'educatore!  Disse una volta la madre di un mio amico sentendolo bestemmiare il nome di Dio. Comprensibile esclamazione tanto più che quel professore, quasi un Socrate moderno, ci corrompeva trascinandoci con lui alle ore tarde della notte frequentando assieme esecrabili bettole.
Io però non sono uno studente, ho già studiato abbastanza tanto da averne le mie rotondità piene alla nausea. E gradirei che anche altri smettessero di studiare quel che è fuori di loro per dedicarsi semmai allo studio di ciò che è dentro di loro. Tu vorresti farmi credere che il mercoledì venga di martedì. Ma oggi è martedì.

Il linguaggio è figlio della metafisica. Sai cos'è la metafisica e che cos'è il linguaggio?
La metafisica è ciò a cui aspira il grido del bambino nel cuore della notte, mentre il linguaggio è il suo grido.
Quel che più mi consola, visto che il tuo intervento contiene pure dei buoni spunti a me però non molto chiari, è che tu pensi che il mio pensiero sia tutto il contrario di quel che dovrebbe essere vedi tu cosa

iano

#39
@ Green Demeter
Io non sono studente ne' professore.
Entrare nel pensieri degli altri, e in particolare dei filosofi antichi, non è facile, laddove il linguaggio diventa una barriera alla comprensione, invece che esserne strumento.
Ma nella misura in cui condivido con essi la stessa cultura, posso confrontare a posteriori i miei pensieri, che magari prendono spunto da una loro frase, coi loro.
È l'unico modo che , per miei limiti, ho di capire.
Ma è anche un metodo che propongo, da affiancare alla analisi dell'altrui pensiero attraverso l'interpretazione del linguaggio mella quale a volte ci si perde.
Fare la sintesi dell'altrui pensiero presuppone l'averlo fatto completamente proprio, ma perché ciò sia possibile bisogna almeno in parte essere riusciti a pensarlo in proprio.
La sintesi del proprio libero pensiero viene invece da se', come naturale evoluzione.
Spesso sparo tre quattro post a raffica, che si possono leggere con questa chiave.


La lettura dei filosofi, a spizzichi e bocconi, vale per me come fonte di suggestione, nel senso che credo che un libro non sia scritto per essere letto nella sua interezza, ma che quando ciò naturalmente avviene, come se gli dessi del tu, allora ciò è significativo.
Lamento questa mancanza di confidenzialità con l'altrui pensiero che non può derivare dalla sola analisi, per quanto approfondita, o anzi a volte perché tanto approfondita da non lasciare spazio al proprio filosofare.
Lamento la mancanza di una manualità, che se pure prende spunto dall'imitazione, si sostanzia nella pratica.
Io, da non studente, difetto nel considerare attentamente e completamente l'altrui pensiero, ma a volte mi pare che troppi stiamo ad ammirare la produzione del grande artigianato filosofico senza produrre altro.
Non è che ci sia bisogno di farne accumulo più di quanto non se ne sia già fatto, ma di farne esempio.
Tutto ciò, a ben considerare, più che una propensione, era un limite dei mezzi di cui disponevamo, ma non di quelli di quelli di cui disponiamo oggi, come ad esempio questo forum.
Nello studio della filosofia mi pare si tenda a fare astrazione di co', ma io non credo si abbia da fare.
I mezzi di oggi servono più a far filosofa che a diventar filosofi.
Vedo tanta analisi filosofica più o meno buona, ma poca, per non dire nulla filosofia.
Laddove però si vedesse , la sintesi arriva alla fine, quando arriva, all'ultimo post.
C'è la storia del pensiero, ma c'è anche l'esemplificazione di come nasce un pensiero.
Il vostro pensiero.
C'è qualche raro goffo tentativo , che comunque non manco mai di apprezzare., che purtroppo viene solo,da noi studenti indisciplinati . Gli unici che non abbiamo reputazione da perdere, mentre agli altri questo sembra essere cio' che  preme.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: daniele22 il 15 Giugno 2021, 09:04:26 AMIl linguaggio è figlio della metafisica. Sai cos'è la metafisica e che cos'è il linguaggio?
La metafisica è ciò a cui aspira il grido del bambino nel cuore della notte, mentre il linguaggio è il suo grido.
Il bambino che grida nella notte aspira a che gli passi la fame, la bua, aspira alle coccole di un adulto. È il nulla metafisico e il tutto mammifero della condizione umana. E così pure il linguaggio emergerà per  motivi del tutto fisici di comunicazione legati ai bisogni fondamentali, incontrando solo al termine della prima età detta giustamente evolutiva, l'avverbio metafisico "perché". Nel grido del poppante c'è solo un immanentissimo "qui ed ora".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: daniele22 il 15 Giugno 2021, 09:04:26 AM
Citazione di: green demetr il 15 Giugno 2021, 03:20:49 AM

Sotto il termine inattuale, in realtà Daniele22, intende dire che la filosofia è in errore a non avere messo la questione del fondamento del linguaggio, piuttosto che su quello dell'Essere.

Fa il grave errore però di non capire che il linguaggio è figlio della metafisica.





il Fondamento è colui che quella voce ha emesso.
Quando il neonato urla nella notte, stiamo parlando di ben altro che il linguaggio.
In fin dei conti il linguaggio è solo una trappola, nel migliore dei casi solo uno strumento.





Quindi non solo il linguaggio non era inattuale allora, ma direi che ne avessero una consapevolezza infinitamente maggiore, che nella modernità, del legame tra fondamento e linguaggio. Tutto il contrario di quello che pensa Daniele22, che infatti poi rapsodizza, senza che io ne abbia colto il centro di impellenza maggiore. E che di certo non è di ordine filosofico.

Giovane studente, è proprio con il linguaggio greco che dovrai avere a che fare.
Buono studio (pure a me visto che dovremo affrontarlo insieme ;) )

Bravo Professore! ... bell'educatore!  Disse una volta la madre di un mio amico sentendolo bestemmiare il nome di Dio. Comprensibile esclamazione tanto più che quel professore, quasi un Socrate moderno, ci corrompeva trascinandoci con lui alle ore tarde della notte frequentando assieme esecrabili bettole.
Io però non sono uno studente, ho già studiato abbastanza tanto da averne le mie rotondità piene alla nausea. E gradirei che anche altri smettessero di studiare quel che è fuori di loro per dedicarsi semmai allo studio di ciò che è dentro di loro. Tu vorresti farmi credere che il mercoledì venga di martedì. Ma oggi è martedì.

Il linguaggio è figlio della metafisica. Sai cos'è la metafisica e che cos'è il linguaggio?
La metafisica è ciò a cui aspira il grido del bambino nel cuore della notte, mentre il linguaggio è il suo grido.
Quel che più mi consola, visto che il tuo intervento contiene pure dei buoni spunti a me però non molto chiari, è che tu pensi che il mio pensiero sia tutto il contrario di quel che dovrebbe essere vedi tu cosa


Il grido del bambino non è ancora linguaggio.


La sua metafisica ricostruita a posteriori, è che il grido viene prima del soggetto, che per la prima volta lo sente: ossia lo stesso bambino, che ancora non sa di essere un bambino.


Forse possiamo dire che il bambino è nel suo insieme è un segno, e dunque ha un suo linguaggio.
Ma questo linguaggio lo ricostruisce il soggetto solo dopo che è cresciuto.
Dunque non è fondamento.


E' come già spiegato la potenza del suono a fornire l'indizio che esiste un esistente prima del suono ancora.
Una impellenza, un desiderio, un miscuglio di vita e paura.
Dove è la mamma?


Non è semplicemente una domanda linguistica, viene prima di qualsiasi professore che si voglia citare.


In questo caso è il soggetto il fondamento della lingua, e il soggetto a sua volta è un segno pieno di storia e conquiste: chi sono io?


Sono le domande fondamentali della filosofia da sempre.
dove è mia madre? cosa sta facendo mio padre? chi sono io?


Come siamo arrivati a codificare questo linguaggio? se non tramite il segno che noi siamo, perchè noi ci diamo sempre dopo, una volta che quell'urlo è uscito nel buio.


Stiamo parlando di profondità senza nome, senza segno.


Ma il bujo bisogna anche impararlo a conoscere.







Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: daniele22 il 15 Giugno 2021, 09:04:26 AM
Citazione di: green demetr il 15 Giugno 2021, 03:20:49 AM

Sotto il termine inattuale, in realtà Daniele22, intende dire che la filosofia è in errore a non avere messo la questione del fondamento del linguaggio, piuttosto che su quello dell'Essere.

Fa il grave errore però di non capire che il linguaggio è figlio della metafisica.





il Fondamento è colui che quella voce ha emesso.
Quando il neonato urla nella notte, stiamo parlando di ben altro che il linguaggio.
In fin dei conti il linguaggio è solo una trappola, nel migliore dei casi solo uno strumento.





Quindi non solo il linguaggio non era inattuale allora, ma direi che ne avessero una consapevolezza infinitamente maggiore, che nella modernità, del legame tra fondamento e linguaggio. Tutto il contrario di quello che pensa Daniele22, che infatti poi rapsodizza, senza che io ne abbia colto il centro di impellenza maggiore. E che di certo non è di ordine filosofico.

Giovane studente, è proprio con il linguaggio greco che dovrai avere a che fare.
Buono studio (pure a me visto che dovremo affrontarlo insieme ;)  )
Bravo Professore! ... bell'educatore!  Disse una volta la madre di un mio amico sentendolo bestemmiare il nome di Dio. Comprensibile esclamazione tanto più che quel professore, quasi un Socrate moderno, ci corrompeva trascinandoci con lui alle ore tarde della notte frequentando assieme esecrabili bettole.Io però non sono uno studente, ho già studiato abbastanza tanto da averne le mie rotondità piene alla nausea. E gradirei che anche altri smettessero di studiare quel che è fuori di loro per dedicarsi semmai allo studio di ciò che è dentro di loro. Tu vorresti farmi credere che il mercoledì venga di martedì. Ma oggi è martedì.Il linguaggio è figlio della metafisica. Sai cos'è la metafisica e che cos'è il linguaggio?La metafisica è ciò a cui aspira il grido del bambino nel cuore della notte, mentre il linguaggio è il suo grido.Quel che più mi consola, visto che il tuo intervento contiene pure dei buoni spunti a me però non molto chiari, è che tu pensi che il mio pensiero sia tutto il contrario di quel che dovrebbe essere vedi tu cosa



Il grido del bambino non è ancora linguaggio.


La sua metafisica ricostruita a posteriori, è che il grido viene prima del soggetto, che per la prima volta lo sente: ossia lo stesso bambino, che ancora non sa di essere un bambino.


Forse possiamo dire che il bambino è nel suo insieme è un segno, e dunque ha un suo linguaggio.
Ma questo linguaggio lo ricostruisce il soggetto solo dopo che è cresciuto.
Dunque non è fondamento.


E' come già spiegato la potenza del suono a fornire l'indizio che esiste un esistente prima del suono ancora.
Una impellenza, un desiderio, un miscuglio di vita e paura.
Dove è la mamma?


Non è semplicemente una domanda linguistica, viene prima di qualsiasi professore che si voglia citare.


In questo caso è il soggetto il fondamento della lingua, e il soggetto a sua volta è un segno pieno di storia e conquiste: chi sono io?


Sono le domande fondamentali della filosofia da sempre.
dove è mia madre? cosa sta facendo mio padre? chi sono io?


Come siamo arrivati a codificare questo linguaggio? se non tramite il segno che noi siamo, perchè noi ci diamo sempre dopo, una volta che quell'urlo è uscito nel buio.


Stiamo parlando di profondità senza nome, senza segno.


Ma il bujo bisogna anche impararlo a conoscere.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: iano il 15 Giugno 2021, 21:32:13 PM
@ Green Demeter
Io non sono studente ne' professore.
Entrare nel pensieri degli altri, e in particolare dei filosofi antichi, non è facile, laddove il linguaggio diventa una barriera alla comprensione, invece che esserne strumento.
Ma nella misura in cui condivido con essi la stessa cultura, posso confrontare a posteriori i miei pensieri, che magari prendono spunto da una loro frase, coi loro.
È l'unico modo che , per miei limiti, ho di capire.
Ma è anche un metodo che propongo, da affiancare alla analisi dell'altrui pensiero attraverso l'interpretazione del linguaggio mella quale a volte ci si perde.
Fare la sintesi dell'altrui pensiero presuppone l'averlo fatto completamente proprio, ma perché ciò sia possibile bisogna almeno in parte essere riusciti a pensarlo in proprio.
La sintesi del proprio libero pensiero viene invece da se', come naturale evoluzione.
Spesso sparo tre quattro post a raffica, che si possono leggere con questa chiave.


La lettura dei filosofi, a spizzichi e bocconi, vale per me come fonte di suggestione, nel senso che credo che un libro non sia scritto per essere letto nella sua interezza, ma che quando ciò naturalmente avviene, come se gli dessi del tu, allora ciò è significativo.
Lamento questa mancanza di confidenzialità con l'altrui pensiero che non può derivare dalla sola analisi, per quanto approfondita, o anzi a volte perché tanto approfondita da non lasciare spazio al proprio filosofare.
Lamento la mancanza di una manualità, che se pure prende spunto dall'imitazione, si sostanzia nella pratica.
Io, da non studente, difetto nel considerare attentamente e completamente l'altrui pensiero, ma a volte mi pare che troppi stiamo ad ammirare la produzione del grande artigianato filosofico senza produrre altro.
Non è che ci sia bisogno di farne accumulo più di quanto non se ne sia già fatto, ma di farne esempio.
Tutto ciò, a ben considerare, più che una propensione, era un limite dei mezzi di cui disponevamo, ma non di quelli di quelli di cui disponiamo oggi, come ad esempio questo forum.
Nello studio della filosofia mi pare si tenda a fare astrazione di co', ma io non credo si abbia da fare.
I mezzi di oggi servono più a far filosofa che a diventar filosofi.
Vedo tanta analisi filosofica più o meno buona, ma poca, per non dire nulla filosofia.
Laddove però si vedesse , la sintesi arriva alla fine, quando arriva, all'ultimo post.
C'è la storia del pensiero, ma c'è anche l'esemplificazione di come nasce un pensiero.
Il vostro pensiero.
C'è qualche raro goffo tentativo , che comunque non manco mai di apprezzare., che purtroppo viene solo,da noi studenti indisciplinati . Gli unici che non abbiamo reputazione da perdere, mentre agli altri questo sembra essere cio' che  preme.


Non sono un professore.


Anch'io studio per i fatti miei solo ciò che mi interessa. Molto poco a dire il vero.


La mia è più una missione, parlo al ragazzo che ero.


Quel ragazzo che è stato tradito dai suoi professori, e che per ignavia e ignoranza non ha mai fatto un passo verso di loro.


Io credo che persone come me, con il desiderio di conoscere il mondo e vivere la vita ci siano.

Ne ho avuto la conferma quando mi sono preso un anno sabbatico dedicato allo studio universitario.


Mi sono ricordato cose antiche, antiche speranze, che avevo sepolto, e insieme lo stesso disagio, lo stesso disorientamento, e soprattutto la stessa ideologia che mi ha accompagnato per tanto tempo.


Mi sono ritrovato a parlare con il me stesso da giovane con giovani universitari, ed è stato penoso.


Non è tanto per il fatto che per il giovane la filosofia è assimilata in toto alla scienza e che è la scienza che dà il posto di lavoro. Il fatto che mi ha fatto male, è vedere come c'è bisogno di maestri.
Gente che ti orienta, sei un analitico, prova a pensare questo, sei un metafisico, prova a pensare quest'altro.
Sono lasciati a loro stessi.


E mi sono identificato in loro. A parte il loro cinismo, c'è ancora tanta voglia di conoscere.
Il punto è che lo fanno pedissequamente da bravi soldatini.
Hanno un cuore di carta. Il sangue gli è stato tolto. Il confronto era sui nomi e non sui sentimenti, le emozioni, che invece hanno contraddistinto la mia esperienza.
Ho pensato che sono stato fortunato ad aver conosciuto gente che era assetata di vita.
Ho toccato la vita per un attimo, e se lo avessi saputo prima, l'avrei toccata per tutti i miei vent'anni e anche prima, forse saremmo potuti diventare filosofi, amici. Ma così non è stato, e non poteva essere.




Caro Iano io parlo di sudore e sangue.


Ma capisco a cosa ti stai riferendo invece tu.


Tu parli di un discorso che riguardi la vita quotidiana, una filosofia del quotidiano, che comporti un bisogno di pensare questo quotidianità in maniera più diretta e senza filtro della filosofia.


Non so se hai studiato o se i tuoi interventi sono rapsodici e parlando proprio di scene di vita quotidiana.


Con rapsodico, ossia casuale, come la vita, non intendo certo sminuire nè te nè nessun altro.


Ma come dico agli studenti, bisogna almeno imparare a dividere la vita e le questioni in capitoli.


Sennò non capisco perchè scrivere in un forum sotto alla sezione filosofia.


Mi pare di capire che non sei interessato all'analisi, va bene così.


Ma aiutami a capire quali sono le tue esigenze, i tuoi pensieri.


Sopratutto aiuta te stesso: sono d'accordo non c'è bisogno di una preparazione standard, sopratutto se non sei interessato all'analisi complessa delle relazioni che pure però intercorrono tra quotidianità e  sovrastrutture psiciologiche, sociali, politiche etc...


Io non disdegno chi prova a ragionare per se stesso, anzi è proprio ciò che spingo a fare ai giovani studenti.
Ma penso che di gente così. Come ero io allora, o tu adesso, ce ne sia parecchia.


Quello che mi spaventa Iano, è che i ragionamenti (ma cominciamo a farli perdio) sono privi di sentimento.
E se questo sentimento c'è. E fidati c'è sempre anche se latente, di solito è legato a pensieri tristi se non proprio mortiferi.
Noto per esempio in molti interventi su questo forum una grande risacca di risentimento.
Il problema è che dovreste tirarlo fuori fino in fondo e capire come mai alberghino pensieri così meschini nei vostri animi.


E allora ve li analizzo, a mio parere questo odio verso la filosofia non ha senso.


Chi se ne frega di cosa pensano gli altri, se quello che conta è quello che pensate voi.


Va bene niente di male, ma perchè poi usare parole contro la filosofia?


La filosofia non nasce come filosofia del quotidiano, quella al massimo era la sofistica.


E' normale che non vi ritroviate nei pensieri di Platone e Aristotele, soprattutto se cercate di farli diventare discorsi che riguardano il quotidiano.


Pensare che la filosofia classica riguardi il quotidiano è un errore sciocco.


Va bene, e allora dividiamo la questione, parliamo di filosofia quotidiana, senza scomodare altre categorie e altre tematiche di pensiero.


Va bè  vi dò già la risposta: Iano e Daniele22, state trovando una vostra identità in contrasto con la filosofia classica.


Dunque riuscite a parlare di filosofia vostra quotidiana solo in forza del fatto che Platone e Aristotele dicono cazzate.


Il punto signori è che quei poveri cristiani sono morti, e appartenevano ad un altra epoca.


Ma soprattutto vi ripeto, avevano altri orizzonti.


Sta ad ognuno di noi capire la propria strada.


Quindi io non dico che dite sciocchezze, perchè a me sta cosa la gente la rinfaccia sempre, semplicemente sto parlando d'altro, in cerca di gente che la pensa come me, con quegli orizzonti.


Io parlo per tornare al fatto degli studenti, a studenti quali ero io. che volevano credere in orizzonti più ampi, con la fiducia che c'entrasse qualcosa con la loro vita.
Fiducia incrollabile del giovane dai 14 ai 30 circa.


Il mio parlare a loro, significa che non sto parlando di filosofia quotidiana. Ma di qualcosa di più ampio che c'entra con il quotidiano.


Poichè il giovane si nutre delle grandi idee del passato fa bene secondo me a seguire la filosofia standard.
E nel contempo a cominciare a farsi domande più ampie, e soprattutto a porle agli amici.
Il punto semmai sarebbe quali amici? Ovviamente quelli che hanno gli stessi ideali. Gli stessi orizzonti più ampi del quotidiano. Ripeto sono molti, ance se l'università li decima. E d'altronde una prima selezione la fanno già gli istituti superiori.
Qua per me si tratta di far rimanere acceso l'entusiasmo a quei giovani.


Per i filosofi del quotidiano che non si sentono rappresentati da questo modo di vivere.


Almeno vi chiedo però di non fare discorsi in cui si mischia l'odio per un certo modo di fare filosofia, e le proprie necessità espressive e comunicative.


Comunque vi leggo sempre, faccio fatica sempre a trovare l'unita del discorso, ma è da aspettarselo, se decidete che la vita non va oltre la propria casa, oltre la propria identità.
A volte ci trove elementi interessanti, altre volte errori clamorosi, e non mi riferisco certo al fatto che avete sbagliato a citare questo o quell'autore, chissenefrega.




Dico solo dividiamo bene le cose. E piano piano cominciamo a dire le nostre idee. Punto punto o come mi pare piaccia a te Iano, intuizione per intuizione.




Inoltre basta chiedere, cosa ne pensi green demetr di questo o quell'altro.


Vi rispondo sapete. ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Ipazia il 17 Giugno 2021, 07:45:44 AM
Citazione di: daniele22 il 15 Giugno 2021, 09:04:26 AMIl linguaggio è figlio della metafisica. Sai cos'è la metafisica e che cos'è il linguaggio?
La metafisica è ciò a cui aspira il grido del bambino nel cuore della notte, mentre il linguaggio è il suo grido.
Il bambino che grida nella notte aspira a che gli passi la fame, la bua, aspira alle coccole di un adulto. È il nulla metafisico e il tutto mammifero della condizione umana. E così pure il linguaggio emergerà per  motivi del tutto fisici di comunicazione legati ai bisogni fondamentali, incontrando solo al termine della prima età detta giustamente evolutiva, l'avverbio metafisico "perché". Nel grido del poppante c'è solo un immanentissimo "qui ed ora".


Impeccabile come al solito  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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