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Critica all'emergentismo

Aperto da SamuelSilver, 25 Agosto 2018, 14:27:22 PM

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viator

#15
Salve. Per SamuelSilver. Non c'è nulla che attribuisca una forma alla materia. La materia (la quale non potrebbe esistere in mancanza di energia ed anzi è essa stessa intrisa di energia e trasformabile in energia) possiede intrinsecamente una forma (la forma di qualcosa è quella tal particolare disposizione dei suoi componenti che la rende adatta, attraverso la realizzazione di una struttura, a svolgere una funzione). Ugualmente, quindi, non può esistere una materia priva di forma, poiché nulla può esistere senza svolgere una qualche funzione.

Naturalmente tutto ciò riguarda la presunta realtà oggettiva del mondo, non la realtà elaborata e concepita umanamente, la quale dà sia della forma che della funzione, ed anche di altri numerosi concetti, una interpretazione troppo legata alla limitatezza dei nostri sensi.

Quindi la dimensione materiale del mondo non può prescindere e - lungi dall'essere in contrapposizione - può esistere solo in perfetta comunione con la dimensione immateriale (i concetti di forma e di funzione sono immateriali mentre pure l'energia, una volta che si irradi in condizione elettromagnetica, è immateriale (diversamente il fotone possiederebbe una massa che gli impedirebbe di raggiungere la velocità "c")).

In che modo poi l'immateriale può diventare lo "spirituale" restando tuttavia sempre inestricabilmente connesso alla materia ? Non è il caso di trattare di ciò in questa sede.

Mi limito ad accennare una sequenza di termini, alcuni qui sopra citati, la cui concatenazione dovrebbe fornire la descrizione di un percorso che includerebbe - guarda caso - anche l'emergentismo (preferirei "emergenzialismo") e al cui interno ogni voce dovrebbe rappresentare la "necessaria" conseguenza gerarchico-evolutiva della precedente :

SOSTANZA-MATERIA-FORMA-STRUTTURA-FUNZIONE-PROGRESSIVA EVOLUZIONE DELLA QUANTITA' E COMPLESSITA' DELLE FUNZIONI - VITA - TESSUTI - ORGANI - SISTEMA NERVOSO - ISTINTO DI SOPRAVVIVENZA - PSICHE - MEMORIA - COMPARSA DELL'UOMO - COSCIENZA - IO - MENTE - INTELLETTO - CAPACITA' DI ASTRAZIONE - TRASCENDENZA - SPIRITUALITA'.

Naturalmente il percorso, nella sua logicità, non cambia se invertiamo l'ordine dei primi tre termini in FORMA - MATERIA - SOSTANZA.............

Quindi non importa se alla base dell'esistente poniamo la pura sostanza (la materia idealmente priva di energia) oppure la pura forma (l'energia idealmente priva di materia cui applicarsi, ciòè la radiazione in FORMA esclusivamente ondulatoria).

L'aspetto curioso di tutto ciò poi è che gli spiritualisti siano convinti che il percorso sopra descritto abbia direzione esattamente contraria, con lo spirito che abbia creato tutti gli aspetti del mondo ad esso retrostanti !

Perdonami per quelle che potranno sembrarti mie personali divagazioni assai poco rigorose. Io son fatto così....ed anche peggio. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

davintro

Samuelsilver scrive:



"Per rispondere innanzitutto a Davintro, vorrei chiarire che dal mio punto di vista l'intelligenza, ossia la causa che da forma alla materia, è essa stessa costituita da materia. La materia, o se vogliamo le componenti dell'universo che sono sullo stesso piano ontologico della materia, possono organizzarsi sia in modo tale da formare il passivo marmo, sia in modo da creare l'intelligenza attiva che lo manipola."

 

 

 

L'immaterialità delle forme consiste nell'identificarsi con le idee, i concetti degli enti a cui le forme si riferiscono. Certamente l'idea di qualcosa non è condizione sufficiente perché quel qualcosa esista, altrimenti dovremmo ammettere l'effettiva esistenza di draghi, unicorni, per il fatto di averne tramite l'immaginazione una certa rappresentazione mentale.  E difatti, per quel che riguarda, gli enti fisici, sintesi di materia e forma, non sto affermando che la componente immateriale sia sufficiente per determinare l'esistenza dell'ente come sostanza autonoma, facendo a meno della materia, ma che tale autosufficienza non sia attribuibile nemmeno alla materia, al punto di pensare ciò che costituisce l'essenza di un ente sia la sua estensione spaziale. Se la materia fosse causa della forma, dovrebbe già identificarsi con ciò che differenzia un singolo ente dall'altro, ma questo non è possibile alla luce dell'identificazione della materia con ciò che consente di estendersi nello spazio, di avere una una consistenza quantitativa (perché divisibile), ma non ancora specificata qualitativamente. Tra causa ed effetto deve sempre esserci un rapporto di adeguazione, nella causa devono già essere insiti tutto ciò che poi riscontriamo negli effetti, almeno a livello virtuale: il piccolo, il semplice non può essere la causa del grande, del complesso, perché gli effetti sarebbero al di là della portata della forza creativa della causa. Se le forme definiscono il quid, l'essenza di un ente, ciò che lo distingue da tutti gli altri, allora non potrebbero essere il risultato di ciò che diversi enti hanno in comune, vale a dire la materia, perché se così fosse la materia in sé dovrebbe già differenziarsi nei diversi enti, per ciascuna specie di enti dovrebbe determinare diversi effetti qualitativi, e ciò presupporrebbe che la materia stessa, causa, esprima la sua attività causale in modo differenziato, per essere adeguata a supportare la diversità qualitativa degli gli effetti prodotti. Ma se la materia fosse già differenziata, vorrebbe dire che è già FORMATA, cioè ha già in sé le caratteristiche che la rendono diversa da ente ad ente, e dunque ciò che distingue un ente dall'altro, la forma, sarebbe già aprioristicamente nella materia! Ecco perché non si possono concepire le forme come un effetto secondario derivato da qualcos'altro. Se intendiamo le forme come principio di differenziazione degli enti, allora anche le cause che li producono dovrebbero a loro volta essere differenziate, e non riconducibili a qualcosa di preesistente indifferenziato e informale come la materia intesa in sé stessa. Quindi dal mio punto di vista il principio formale delle cose è un dato originario, da sempre accompagnante la materialità, e dunque non derivante da essa

 

davintro

Samuelsilver scrive:



"Per rispondere innanzitutto a Davintro, vorrei chiarire che dal mio punto di vista l'intelligenza, ossia la causa che da forma alla materia, è essa stessa costituita da materia. La materia, o se vogliamo le componenti dell'universo che sono sullo stesso piano ontologico della materia, possono organizzarsi sia in modo tale da formare il passivo marmo, sia in modo da creare l'intelligenza attiva che lo manipola."







L'immaterialità delle forme consiste nell'identificarsi con le idee, i concetti degli enti a cui le forme si riferiscono. Certamente l'idea di qualcosa non è condizione sufficiente perché quel qualcosa esista, altrimenti dovremmo ammettere l'effettiva esistenza di draghi, unicorni, per il fatto di averne tramite l'immaginazione una certa rappresentazione mentale.  E difatti, per quel che riguarda, gli enti fisici, sintesi di materia e forma, non sto affermando che la componente immateriale sia sufficiente per determinare l'esistenza dell'ente come sostanza autonoma, facendo a meno della materia, ma che tale autosufficienza non sia attribuibile nemmeno alla materia, al punto di pensare ciò che costituisce l'essenza di un ente sia la sua estensione spaziale. Se la materia fosse causa della forma, dovrebbe già identificarsi con ciò che differenzia un singolo ente dall'altro, ma questo non è possibile alla luce dell'identificazione della materia con ciò che consente di estendersi nello spazio, di avere una una consistenza quantitativa (perché divisibile), ma non ancora specificata qualitativamente. Tra causa ed effetto deve sempre esserci un rapporto di adeguazione, nella causa deve già essere insitiotutto ciò che poi riscontriamo negli effetti, almeno a livello virtuale: il piccolo, il semplice non può essere la causa del grande, del complesso, perché gli effetti sarebbero al di là della portata della forza creativa della causa. Se le forme definiscono il quid, l'essenza di un ente, ciò che lo distingue da tutti gli altri, allora non potrebbero essere il risultato di ciò che diversi enti hanno in comune, vale a dire la materia, perché se così fosse la materia in sé dovrebbe già differenziarsi nei diversi enti, per ciascuna specie di enti dovrebbe determinare diversi effetti qualitativi, e ciò presupporrebbe che la materia stessa, causa, esprima la sua attività causale in modo differenziato, per essere adeguata a supportare la diversità qualitativa degli gli effetti prodotti. Ma se la materia fosse già differenziata, vorrebbe dire che è già FORMATA, cioè ha già in sé le caratteristiche che la rendono diversa da ente ad ente, e dunque ciò che distingue un ente dall'altro, la forma, sarebbe già aprioristicamente nella materia! Ecco perché non si possono concepire le forme come un effetto secondario derivato da qualcos'altro. Se intendiamo le forme come principio di differenziazione degli enti, allora anche le cause che li producono dovrebbero a loro volta essere differenziate, e non riconducibili a qualcosa di preesistente indifferenziato e informale come la materia intesa in sé stessa. Quindi dal mio punto di vista il principio formale delle cose è un dato originario, da sempre accompagnante la materialità, e dunque non derivante da essa

Carlo Pierini

Citazione di: bobmax il 26 Agosto 2018, 19:53:00 PMOccorre cioè portare la visione razionale della realtà sino alle sue estreme conseguenze, fino ad assaporarne il vuoto sottostante.
Una strada può essere quella di riuscire a giungere alla constatazione che i cosiddetti "qualcosa" sono soltanto una nostra costruzione.
L'oggettività in sé è solo un'illusione.

CARLO
Quello che hai appena scritto esprime una verità oggettiva, oppure è solo una tua costruzione illusoria?

bobmax

Per Carlo.
Con "oggettività in sé" si intende ciò che è a prescindere dal soggetto.
Il mondo fisico, per esempio, può essere pensato come esistente di per sé stesso, senza la necessità di alcun soggetto.

Questo pensiero è tuttavia arbitrario in quanto non ha, né potrà mai avere, alcuna conferma.

Nella ricerca dell'oggetto, così come in quella del soggetto, assistiamo invece ad una loro imprendibilità: esisteranno davvero?

Viceversa, dare per scontata l'oggettività in sé, apre la porta al nichilismo.

La Verità non potrà mai essere oggettiva. Perché l'oggetto è tale solo in quanto per un soggetto.
Mentre la Verità include in sé ogni possibile scissione.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Carlo Pierini

Citazione di: bobmax il 29 Agosto 2018, 19:35:39 PM
Per Carlo.
Con "oggettività in sé" si intende ciò che è a prescindere dal soggetto.


CARLO
La intendo anch'io così. E siccome tu hai parlato della <<constatazione che i cosiddetti "qualcosa" sono soltanto una nostra costruzione>>, ti ho chiesto: si tratta di una constatazione oggettiva, oppure la tua è solo una costruzione soggettiva? ...Insomma, l'affermazione secondo cui << i cosiddetti "qualcosa" sono soltanto una nostra costruzione>> è evidentemente anch'essa una costruzione soggettiva; ...ergo, devo considerarla falsa e illusoria? Oppure ogni costruzione soggettiva è illusoria tranne la tua?

bobmax

Per Carlo.
Il soggetto è uno solo.
E tutto quello che esso può osservare è sempre e solo oggetto.

Altri possibili soggetti sono inevitabilmente ricondotti a oggetti.
Di modo che la soggettività è una sola.

Gli oggetti sono tutto quello che c'è, per quell'unico soggetto che sono io.

Tuttavia, se quegli oggetti esistessero di per sé, il mondo sarebbe scisso irrimediabilmente!
Affermare perciò che i qualcosa sono una nostra costruzione consiste in uno slancio di fede:

Fede nell'Uno.

Fede che nella sua manifestazione, l'altro sia davvero a sua volta soggetto, distinto da me ma allo stesso tempo coincidente con me stesso.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Carlo Pierini

#22
Citazione di: bobmax il 29 Agosto 2018, 19:35:39 PMIl soggetto è uno solo.
E tutto quello che esso può osservare è sempre e solo oggetto.

Altri possibili soggetti sono inevitabilmente ricondotti a oggetti.
Di modo che la soggettività è una sola.

Gli oggetti sono tutto quello che c'è, per quell'unico soggetto che sono io.

Tuttavia, se quegli oggetti esistessero di per sé, il mondo sarebbe scisso irrimediabilmente!
Affermare perciò che i qualcosa sono una nostra costruzione consiste in uno slancio di fede:

Fede nell'Uno.

Fede che nella sua manifestazione, l'altro sia davvero a sua volta soggetto, distinto da me ma allo stesso tempo coincidente con me stesso.

CARLO
"Oggettività" è un significato che il Soggetto associa a qualcosa che è altro dal Soggetto e col quale il Soggetto stesso può relazionarsi. Quindi l'oggettività non può prescindere in senso assoluto dalla soggettività. Diremo cioè che una cosa esiste oggettivamente non quando prescinde assolutamente dal Soggetto, ma quando si verificano due condizioni:
1 - che essa può relazionarsi con tutti i soggetti particolari (o con tutti gli altri oggetti);
2 - che essa esiste anche quando non si relaziona con alcun soggetto (o oggetto) particolare.
Pertanto, parlare di "oggetto in sé" o di "oggetto assoluto" ha senso solo se presuppone un Soggetto che parla o che pensa l'oggetto pur nella reciproca relativa indipendenza. Senza il Soggetto nessuno potrebbe dire o pensare nulla su nulla.

BOBMAX
La Verità non potrà mai essere oggettiva. Perché l'oggetto è tale solo in quanto per un soggetto.

CARLO
Infatti la verità non è altro che la corrispondenza tra ciò che il soggetto afferma sull'oggetto e ciò che l'oggetto è. Quindi non sarà mai assolutamente oggettiva, ma sarà una complementarità di opposti: il soggetto e l'oggetto. [Non è casuale che ob-positus (opposto) e ob-iectum (oggetto) hanno lo stesso significato dia-lettico (dia- = due) di "porre di fronte"].
In altre parole, una verità autentica sarà sempre, nello stesso tempo, soggettiva e oggettiva, proprio in quanto unità di soggetto e oggetto. Una unità che, tuttavia, grazie alla complementarità, non annulla la dualità. Si deve concepire, cioè, una complementarità rispetto ad un principio superiore da cui discendono sia il soggetto che l'oggetto come Yin e Yang discendono dal Tao.
Si veda il mio thread:
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-conoscenza-e-una-complementarita-di-opposti-e-i-numeri-sono-archeti-1117/

sgiombo

#23
Il mio modesto parere é che, ammesso (ma non concesso da parte mia) il monismo materialistico, SamuelSilver ha perfettamente ragione: lo slogan emergentista "il tutto é più della somma delle parti" (meno le relazioni fra le parti; cosa che scorrettamente gli emergentisti omettono di precisare) é solo un sofisma poiché il tutto é uguale alla somma delle parti e delle relazioni fra le parti.
Una molecola d' acqua é diversa da due atomi di idrogeno e un atomo di ossigeno reciprocamente separati: bella scoperta! Infatti é uguale a due atomi di idrogeno e uno di ossigeno legati chimicamente, interagenti fra loro in un certo modo, non é altro che due atomi di idrogeno e uno di ossigeno i cui elettroni si dispongono secondo le normalissime leggi della fisica quantistica e nient' altro: riduzionismo "perfetto"!

Il problema secondo me é il monismo materialistico, é il fatto che la coscienza, ciascun determinato stato o processo della quale non può non coesistere con un determinato stato o processo (neurofisiologico) di un determinato cervello (ma anche viceversa, sebbene solo limitatamente a certi stati o processi neurofisiologici cerebrali e non altri che invece da stati o processi di coscienza non sono "accompagnati", ovvero ciascun determinato stato o processo di una certa determinata parte degli stati o processi cerebrali non può non coesistere con un determinato stato o processo di una determinata coscienza), tuttavia non si identifica con, non é la stessa cosa di quel determinato stato o processo neurofisiologico cerebrale: é altra "cosa", oltre che ovviamente non emergente da esso, nemmeno riducibile ad esso.
E questo per il semplice fatto che non é la coscienza a trovarsi nel cervello (nel qual si trovano unicamente neuroni, cellule gliali, assoni, sinapsi, potenziali d' azione, eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche, ecc. "perfettamente" riducibili a molecole, atomi, particele-onde subatomiche, campi di forza, ecc. e non affatto invece quei determinati qualia coscienti che il "titolare" di quel dato cervello sta esperendo e che non sono riducibili a quei neuroni, assoni, ecc. e dunque transitivamente nemmeno a quelle particele-onde, campi di forza, ecc.); ma é invece il cervello (non emergente da, ma "perfettamente" riducibile a neuroni, assoni, ecc. a loro volta "perfettamente" riducibi9li a particelle-onde, canpi di forza, ecc.) ad essere (per lo meno potenzialmente, cioè necessariamente purché si diano le "opportune" condizioni di osservazione) nella coscienza (nelle coscienze di chi lo osserva, le quali sono altre, diverse coscienze che quella del "titolare" del cervello considerato, che esse contengono e nel quale esse non sono contenute).
Se non si compie questa "rivoluzione copernicana" consistente nel rendersi conto che non é la coscienza a trovarsi nel cervello (né come prtesa "emergenza", né come qualcosa che al cervello stesso si possa e si debba ridurre), ma invece é il cervello a trovarsi nella coscienza, secondo me si brancola irrimediabilmente nel buio in filosofia della mente.
Ma per poter far questo non basta la scienza (la neurologia), occorre anche la filosofia (l' ontologia), per far questo é necessario comprendere che di tutto ciò che ci é esperibile, che empiricamente constatiamo (sia come materia, sia come pensiero o mente), l' "esse est percipi": si tratta solo e unicamente di meri insiemi e successioni di sensazioni, reali in quanto tali (in quanto "contenuti di coscienza") e solamente fintanto che, se e quando accadono come tali (meri "contenuti di coscienza"); é necessario comprendere che é scorretto e falso ipostatizzare, come tende quasi irresistibilmente a suggerire il senso comune, fenomeni o sensazioni costituenti l' esperienza delle cose materiali (ivi compresi i cervelli), pretendendo che siano invece "cose in sé", reali indipendentemente dall' essere coscientemente percepite, anche se e quando e in quanto non percepite.

In un certo senso (ma solo in un certo senso alquanto improprio) un determinato cervello in cui é in corso un determinato stato o processo neurofisiologico é "la stessa cosa" in sé (o noumeno) esperita "dall' esterno" (da altri soggetti coscienti), come sensazioni, fenomeni materiali, ovvero "manifestantesi" come materia a questi soggetti coscienti nell' ambito delle loro esperienze fenomeniche, in quanto oggetto di esse), la quale si manifesta a se stessa in quanto soggetto-oggetto riflessivamente di esperienza cosciente come pensiero (nella forma dei fenomeni mentali costituiti da certi determinati suoi pensieri, da un certo, determinato suo stato mentale).

La stessa cosa in sé che nell' ambito fenomenico della tua coscienza si manifesta come la materia costituente il mio cervello in un determinato stato o processo neurofisiologico, nell' ambito fenomenico della mia coscienza si manifesta come determinati miei pensieri (mentre altre cose in sè vi si manifestano come determinate sensazioni o fenomeni materiali), e viceversa.

sgiombo

La manifestazione fenomenica "mia esperienza cosciente" e la manifestazione fenomenica "mio cervello" nell' ambito della (facente parte della) tua esperienza cosciente, sono sì manifestazioni fenomeniche della medesima cosa in sé, ma ciò significa che non sono la stessa cosa (e a maggior ragione non sono la stessa cosa identificabile con la manifestazione fenomenica "mio cervello" nella tua coscienza), ma invece due cose diverse, due separati, non comunicanti, reciprocamente trascendenti insiemi - successioni di sensazioni fenomeniche ("dati" o "contenuti" di coscienza: ma di due diverse coscienze), per quanto manifestazioni (però diverse!) della stessa cosa in sé.
Solo così si può superare l' aporia della introvabilità in un cervello, né come "cose" (enti ed  eventi) riducibili alla materia cerebrale, né tanto meno come assurde, pretese "emergenze" da essa, degli stati di coscienza coesistenti a (ma non identificantisi con) tale cervello: non si può pretendere che "la visione*" di qualcosa "dall' esterno", da parte di altri, (la sua manifestazione fenomenica in quanto oggetto di sensazione ad un soggetto da essa diverso: un determinato cervello in un determinato stato funzionale) coincida con "la visione**" della stessa cosa "dall' interno", riflessivamente da parte di se stessa (la sua manifestazione fenomenica in quanto riflessivamente oggetto-soggetto da parte di se stessa come una determinata esperienza cosciente).

Credo che questo modo di considerare le cose salvi tutto ciò che di positivo c' é nel materialismo (la sua sacrosanta "ispirazione" fondamentale "antisuperstiziosa" o "antimiracolistica", per così dire), cioé in sostanza il naturalismo, il fatto di non postulare alcuna interferenza "sopra-" o "extra-" "-naturale" con il divenire del mondo (fenomenico!) materiale (vietata dalla chiusura causale del mondo fisico), evitando le insuperabili aporie relative alla ricerca delle coscienze nei cervelli (né come assurde, insensate "emergenze", né come impossibili "riduzioni"), ricerca inevitabilmente vana dal momento che é il cervello (l' insieme - successione di sensazioni materiali che lo costituiscono) ad essere nella coscienza* (di chi lo osserva) e non la coscienza** (l' insieme - successione di sensazioni materiali e mentali che la costituiscono) ad essere nel cervello (osservato).
E che allo stesso tempo salvi ciò che di positivo c' é nel dualismo, cioé appunto la soluzione del problema (del paradosso insuperabile, se considerato nell' abito del monismo materialistico) dell' introvabilità della coscienza nel cervello, evitando l' inaccettabile (naturalisticamente; per la chiusura causale del mondo fisico) interazionismo fra mente e cervello.

SamuelSilver

Per Sgiombo
In effetti avevo letto i tuoi due interventi e avevo intenzione di rispondere, ma ho avuto a che fare un viaggio all'estero e un trasferimento temporaneo quindi me ne sono dimenticato, per cui chiedo scusa per la tarda risposta. 

Quella che proponi sembra essere una visione molto interessante. All'inizio mi sembrava una qualche forma di idealismo, ma poi mi è sembrato di capire che non è proprio di questo che si trattava. Prima di commentare però vorrei essere sicuro di aver capito correttamente la tua proposta. 

Secondo te, in breve, ciò che veramente esiste è la coscienza, della quale ogni individuo è dotato. Non si sa da dove essa derivi, ma sappiamo solo che esiste. Esistono quindi diverse coscienze che entrano in relazione l'una con l'altra, ma come avviene questa relazione? Passando per la materia. In pratica la materia sarebbe solo la rappresentazione soggettiva delle altre coscienze, un'illusione creata dalla nostra stessa coscienza per rappresentare le altrui coscienze. È come se si trattasse di un comune piano di comunicazione tra coscienze: noi influenziamo il terreno comune, ossia la materia che per noi rappresenta la coscienza, per entrare in contatto con le altre coscienze. Ma di per sé la materia non esiste, è solo il nostro modo di vedere le altre coscienze.

Tu neghi quindi la relazione causale tra cervello e mente, ma non neghi l'esistenza di una relazione: essendo il cervello una rappresentazione, modificarlo equivale, nella realtà, a modificare le altrui coscienze. Noi pensiamo di star modificando il cervello quando invece modifichiamo la nostra rappresentazione della coscienza.
 
Tutto cio corrisponde alla tua idea?

sgiombo

Citazione di: SamuelSilver il 05 Settembre 2018, 16:42:48 PM
Per Sgiombo
In effetti avevo letto i tuoi due interventi e avevo intenzione di rispondere, ma ho avuto a che fare un viaggio all'estero e un trasferimento temporaneo quindi me ne sono dimenticato, per cui chiedo scusa per la tarda risposta.

Quella che proponi sembra essere una visione molto interessante. All'inizio mi sembrava una qualche forma di idealismo, ma poi mi è sembrato di capire che non è proprio di questo che si trattava. Prima di commentare però vorrei essere sicuro di aver capito correttamente la tua proposta.
Citazione
Innanzitutto grazie per l' apprezzamento e per l' attenzione.
Sei la prima persona nel forum (se ho ben compreso gli altri amici) che ritiene degne di interesse (di essere fatte oggetto di riflessione) le mie proposte; e questo malgrado l' esigenza di sintetizzare selvaggiamente mi abbia indotto (come spesso purtroppo mi accade) anche in queste brevi considerazioni a praticare una prosa decisamente contorta, con molte subordinate e parentesi (ricordo il mio maestro che raccomandava sempre: pensieri brevi e semplici!), decisamente fastidiosa e "scoraggiante".
Ti ringrazio di cuore e, in un impeto di ottimismo sfrenato un po' fantozziano, mi permetto di segnalarti alcune lettere-on-line e un articolo filosofico in questo sito "Riflessioni" benevolmente pubblicati in cui argomento le mie proposte (sono alquanto lunghi e non so se avrai tempo, voglia e soprattutto interesse a provare a leggerne qualcuno ...mai dire mai!):

https://www.riflessioni.it/lettereonline/paradosso-moderne-neuroscienze.htm
https://www.riflessioni.it/angolo_filosofico/critica-a-vedere-le-cose-come-sono-di-john-searle.htm
https://www.riflessioni.it/lettereonline/critica-berkeleyana-fregeana-dell-intenzionalita.htm
https://www.riflessioni.it/lettereonline/linguaggio-istinto-naturale-o-artifizio-culturale.htm
https://www.riflessioni.it/lettereonline/riduzionismo-ed-emergenza-bonali.htm
https://www.riflessioni.it/lettereonline/qualita-primarie-e-secondarie-moderne-neuroscienze.htm

Spero di non essermi "allargato troppo": scusa l' invadenza e la presunzione (se non hai tempo o non ti si riveleranno abbastanza interessanti non ne farò di certo un dramma e naturalmente non ti biasimerò per questo ...sono adulto, anzi vecchio, e "vaccinato").



Infatti non sono idealista. Sono ateo anche se non monista materialista ma dualista: per me la mente, sebbene non riducibile al cervello e ai processi neurofisiologici (oltre che non "emergente" da essi!), non ha niente a che vedere con l' "anima" delle religioni e di certe filosofie, non é niente di reale "in sé" e men che meno immortale (esiste fintanto che esiste un cervello funzionante, non in coma, o sonno senza sogni, prima della nascita e dopo la morte).
E' altrettanto reale della materia (pur non essendo al contrario di questa postulabile essere intersoggettiva) ma, per l' appunto proprio come la materia stessa, solo e unicamente in quanto insieme successione di sensazioni ("interiori" nella fattispecie): reali solo se e quando e fintanto che accadono in quanto tali (cioé apparenze coscienti, fenomeni ovvero sensazioni).
Credo (pur non potendolo dimostrare) che qualcosa esista anche allorché, davanti al Monte Bianco, chiudo gli occhi e dunque il Monte Bianco in quanto tale (inseme successione di sensazioni, soprattutto visive, uditive e olfattive) non esiste; ma questo "qualcosa" che persiste in assenza delle sensazioni materiali costituenti il Monte Bianco (cosicché nonappena riapro gli occhi il Monte Banco puntualmente mi riappare = torna ad esistere in quanto insieme-successione di sensazioni) non può identificarsi con tali sensazioni (come quasi irresistibilmente induce falsamente a credere il senso comune; anche perché si tratta di una credenza senza alcuna conseguenza pratica rilevante, men che meno "spiacevole"): pretenderlo significa cadere palesemente in contraddizione, affermando l' essere-accadere realmente di qualcosa (le sensazioni costituenti il Monte Bianco) anche se e quando non é-accade realmente (allo stesso modo sarebbe cadere in palese contraddizione il pretendere che che l' "io" soggetto delle sensazioni coscienti materiali e soggetto-oggetto di quelle mentali sia costituito dai miei pensieri, sentimenti, ecc. -l' "anima", magari immortale- realmente esistente anche quando tali sensazioni fenomeniche mentali non esistono realmente).
In entrambi i casi, se qualcosa esiste realmente anche quando non esistono qualia coscienti materiali (non vedo il Monte Bianco) o mentali (non sento introspettivamente me stesso), tale da far sì che nonappena riapro gli occhi puntualmente il Monte Bianco torma ad esistere e nonappena ripenso a me stesso tornano ad esistere i miei pensieri, sentimenti, ecc. (per quel che sono: nient' altro che insiemi-successioni di dati fenomenici di coscienza, qualia, fenomeni, rispettivamente materiali -e intersoggettivi- e mentali -e meramente soggettivi), ebbene tale "qualcosa" per non cadere in una patente contraddizione non può e non deve identificarsi con, non può e non deve essere costituto dai qualia coscienti materiali del Monte Bianco e mentali di me stesso rispettivamente.
Deve invece necessariamente, inevitabilmente essere qualcosa di non costituito da sensazioni coscienti (esistendo anche se e quando sensazioni coscienti non esistono affatto), qualcosa di non apparente (alla coscienza: dal greco e a là Kant: fenomeni), di non sensibile, non empiricamente constatabile ma solo congetturabile e (dal greco e a là Kant: noumeno).

Secondo te, in breve, ciò che veramente esiste è la coscienza, della quale ogni individuo è dotato. Non si sa da dove essa derivi, ma sappiamo solo che esiste. Esistono quindi diverse coscienze che entrano in relazione l'una con l'altra, ma come avviene questa relazione? Passando per la materia. In pratica la materia sarebbe solo la rappresentazione soggettiva delle altre coscienze, un'illusione creata dalla nostra stessa coscienza per rappresentare le altrui coscienze. È come se si trattasse di un comune piano di comunicazione tra coscienze: noi influenziamo il terreno comune, ossia la materia che per noi rappresenta la coscienza, per entrare in contatto con le altre coscienze. Ma di per sé la materia non esiste, è solo il nostro modo di vedere le altre coscienze.
CitazionePer me la coscienza non é tanto ciò che veramente esiste quanto piuttosto é per ciascuno quanto di più certo, indubitabile possa darsi (un po' come il "cogito" cartesiano).

Di cosa consiste la coscienza?
Di sensazioni o apparenze -per l' appunto- coscienti (fenomeni); i quali si possono distinguere in materiali (i qualia visivi, auditivi, tattili-propiocettivi, gustativi, olfattivi, enterocettivi, ecc.) e mentali (pensieri, ragionamenti, ricordi, astrazioni, concetti, desideri, sentimenti, "stati d' animo, ecc.).
Dunque per me la materia é una parte dei "dati fenomenici di coscienza" che constatiamo, di cui abbiamo per l' appunto coscienza (e immediata certezza).
Un certo cervello in un certo determinato stato funzionale (di quelli associati a coscienza) é la manifestazione cosciente (fenomenica materiale) nell'ambito delle coscienze di "osservatori" di quella stessa, medesima "cosa in sé" o noumeno che a se stessa riflessivamente si manifesta coscientemente come certi determinati fenomeni mentali (pensieri, sentimenti,e cc.), e alla quale altre cose in sé diverse da essa stessa si manifestano come determinati fenomeni materiali.
In generale le manifestazioni riflessive a se stesse (alla propria rispettiva coscienza di ciascuna) delle cose in sé cui é "connessa" una coscienza (soggetti -ed eventualmente anche oggetti- di esperienza fenomenica cosciente) sono fenomeni mentali, mentre le manifestazioni alle coscienze di altre cose in sé da esse stesse (soggetti di coscienza) diverse sono fenomeni materiali.
Esistono sia la materia, sia il pensiero, ma entrambe solo ed unicamente come eventi fenomenici di coscienza: ciò che esiste "in sé", anche se e quando eventi fenomenici di coscienza non accadono realmente non é né l' una né l' altro, ma qualcosa di (ovviamente, per non cadere in contraddizione) non fenomenico, non sensibilmente, non coscientemente apparente (dunque né materiale né mentale) ma solo congetturabile.

Tu neghi quindi la relazione causale tra cervello e mente, ma non neghi l'esistenza di una relazione: essendo il cervello una rappresentazione, modificarlo equivale, nella realtà, a modificare le altrui coscienze. Noi pensiamo di star modificando il cervello quando invece modifichiamo la nostra rappresentazione della coscienza.

Tutto cio corrisponde alla tua idea?
CitazioneSì, modificando il cervello corrispondentemente modifichiamo la coscienza (farmacologia, neurochirurgia, stimolazioni elettriche corticali in vivo "a cielo aperto" di Penfield, Libet e altri); ma allo stesso modo modificando la coscienza modifichiamo il cervello (imaging neurologico funzionale che dimostra che se concentriamo la nostra attenzione su qualcosa modifichiamo la funzionalità, attivando certi circuiti assonali, disattivandone altri).
Ma non per una interazione causale fra mente e cervello (esclusa dalla chiusura causale del mondo fisico), bensì perché allora accadono certi determinati eventi in sé o noumenici, aventi sia le une che le altre determinate manifestazioni fenomeniche coscienti.

Spero di essere stato un po' più chiaro e meno prolisso e contorto che nei due primi interventi.
Grazie per l' attenzione.


SamuelSilver

Per Sgiombo
Questa volta dovrei aver capito un po' meglio, grazie! Ho dato un'occhiata al primo link che mi hai mandato e penso che prima o poi darò uno sguardo anche agli altri. Quella che proponi è effettivamente una prospettiva interessante, hai portato la mia attenzione su aspetti che potrebbero essere punti chiave per il problema mente/corpo. Ho cercato di trovare dei punti deboli in questa proposta (e non perchè provo un piacere sadico a smontare gli altrui argomenti, ma perchè l'unica cosa utile che posso fare in quanto lettore di una posizione esterna è cercare critiche a cui magari l'altro non ha pensato) e qualcuno ne ho effettivamente trovato. Questo mi ha spinto a pensare ad una versione "migliorata" (dal mio punto di vista almeno) della tua idea a cui vorrei dedicare un topic a parte. Nel topic commenterei la tua idea e quelli che secondo me sono i suoi punti deboli e ne proporrei una versione modificata che io, personalmente, trovo molto soddisfacente. Ovviamente ti invito a commentare e criticare questa mia proposta. Probabilmente dal tuo punto di vista potrebbe trattarsi di un completo stravolgimento delle tue idee, ma rimane il fatto che è ragionando sulle tue idee che mi è nata questa "teoria".
 
Prima di fare tutto ciò, però, vorrei essere di nuovo sicuro di non avere ancora frainteso, quindi, a costo di sembrare noioso e ripetitivo, ti propongo un nuovo riassunto di quello che ho capito così da evitare incomprensioni.
 
Dunque, esiste il materiale ed esiste il mentale. Il materiale è tutto ciò che arriva alla nostra coscienza dall'esterno, che tutti possono vedere e misurare. Esso viene rappresentato dalla nostra coscienza come percetto (visivo, uditivo ecc.). Il mentale è invece tutto ciò che è interno alla nostra coscienza, che è soggettivo e non misurabile dall'esterno. Di questa categoria fanno parte sia i percetti soggettivi generati dalla materia, sia le sensazioni interne come pensieri e ragionamenti. Quando noi osserviamo il cervello di qualcun'altro lo percepiamo nello stesso modo in cui percepiamo le cose materiali poichè esso è esterno a noi. Tuttavia il possessore del cervello lo percepisce come mentale poichè esso è interno al soggetto. 

Quando noi ci priviamo di informazioni sensoriali provenienti dall'esterno e di informazioni sul nostro stato di coscienza, materia e mente smettono di esistere poichè non sono soddisfatte le condizioni che le definiscono:
se con materia intendiamo tutto ciò che percepiamo dall'esterno e con mente tutto ciò che percepiamo dall'interno, quando ci priviamo di percezioni entrambi questi elementi vengono a mancare. Tuttavia, la realtà oggettiva continua a esistere anche in assenza delle mie percezioni poichè non appena riattivo le percezioni essa mi riappare come prima. Questo è quello che tu, citando Kant, chiami "noumeno". (Spero di aver interpretato bene quest'ultima parte e di non aver confuso il noumeno con la materia o di aver capito che sono due cose diverse mentre  secondo te sono la stessa cosa).

Non c'è rapporto causale tra materia e mente poichè entrambe sono le rappresentanti della stessa cosa, ossia il noumeno. Esse quindi si muovo più che altro in parallelo e vengono influenzate dalle stesse cose: influenzando una si influenza l'altra e vice versa. Questo accade poichè, in realtà, si sta in entrambi i casi influenzando il noumeno di cui materia e mente sono le raffigurazioni.

Ora va un po' meglio del primo riassunto che ho fatto? Dimmi pure se c'è di nuovo qualcosa che ho frainteso!

sgiombo

Citazione di: SamuelSilver il 08 Settembre 2018, 11:53:10 AM
Per Sgiombo
Questa volta dovrei aver capito un po' meglio, grazie! Ho dato un'occhiata al primo link che mi hai mandato e penso che prima o poi darò uno sguardo anche agli altri. Quella che proponi è effettivamente una prospettiva interessante, hai portato la mia attenzione su aspetti che potrebbero essere punti chiave per il problema mente/corpo. Ho cercato di trovare dei punti deboli in questa proposta (e non perchè provo un piacere sadico a smontare gli altrui argomenti, ma perchè l'unica cosa utile che posso fare in quanto lettore di una posizione esterna è cercare critiche a cui magari l'altro non ha pensato) e qualcuno ne ho effettivamente trovato. Questo mi ha spinto a pensare ad una versione "migliorata" (dal mio punto di vista almeno) della tua idea a cui vorrei dedicare un topic a parte. Nel topic commenterei la tua idea e quelli che secondo me sono i suoi punti deboli e ne proporrei una versione modificata che io, personalmente, trovo molto soddisfacente. Ovviamente ti invito a commentare e criticare questa mia proposta. Probabilmente dal tuo punto di vista potrebbe trattarsi di un completo stravolgimento delle tue idee, ma rimane il fatto che è ragionando sulle tue idee che mi è nata questa "teoria".
CitazioneGrazie di cuore ! ! !
Non avresti potuto accontentarmi più di così (non speravo niente di meglio).



Prima di fare tutto ciò, però, vorrei essere di nuovo sicuro di non avere ancora frainteso, quindi, a costo di sembrare noioso e ripetitivo, ti propongo un nuovo riassunto di quello che ho capito così da evitare incomprensioni.

Dunque, esiste il materiale ed esiste il mentale. Il materiale è tutto ciò che arriva alla nostra coscienza dall'esterno, che tutti possono vedere e misurare. Esso viene rappresentato dalla nostra coscienza come percetto (visivo, uditivo ecc.).
CitazioneFin qui mi hai inteso benissimo!

Il mentale è invece tutto ciò che è interno alla nostra coscienza, che è soggettivo e non misurabile dall'esterno. Di questa categoria fanno parte sia i percetti soggettivi generati dalla materia, sia le sensazioni interne come pensieri e ragionamenti.
CitazioneC' é un unico fraintendimento delle mie convinzioni in queste parole.
Tutto ciò che é interno alla nostra coscienza é il fenomenico (sono i fenomeni, le apparenze -per l' appunto- coscienti).
Del che fanno parte sia le apparenze fenomeniche materiali (in sostanza la cartesiana "res extensa", intesa però non a là Cartesio come reale anche in sé ma piuttosto a là Berkeley e a là Hume come reale unicamente in quanto insieme-successione di "dati di coscienza"), le quali sono misurabili e possono essere postulate (non dimostrate) essere intersoggettive (= poliunivocamente corrispondenti fra tutte le varie esperienze fenomeniche coscienti); sia le apparenze fenomeniche mentali o di pensiero (in sostanza la cartesiana "res cogitans", intesa però non a là Cartesio come reale anche in sé ma piuttosto a là Hume come reale unicamente in quanto insieme-successione di "dati di coscienza"), le quali invece non sono misurabili (ma casomai solo vagamente "ponderabili" senza la possibilità di stabilirvi rapporti numericamente esprimibili) e non possono essere postulate essere intersoggettive.

Quando noi osserviamo il cervello di qualcun'altro lo percepiamo nello stesso modo in cui percepiamo le cose materiali poichè esso è esterno a noi. Tuttavia il possessore del cervello lo percepisce come mentale poichè esso è interno al soggetto.
CitazioneQuando noi osserviamo il cervello di qualcun'altro abbiamo un determinato insieme-successione di sensazioni materiali poichè quanto l' entità in se o noumenica "io", soggetto di esperienza fenomenica cosciente, é in determinati rapporti con un' entità in sé o noumenica (qualche altro soggetto di esperienza fenomenica cosciente) diversa, altra da essa stessa, "esterna" all' "io" (le virgolette perché stiamo parlando di enti/eventi in sé e non di enti/eventi fenomenici "extensa": propriamente, letteralmente non possono presentare relazioni topologiche-spaziali). Tuttavia il "possessore del cervello" (cioè l' ente in sé cui é correlata una determinata esperienza fenomenica cosciente della quale é il "soggetto") percepisce se stesso come insieme-successione di fenomeni mentale poichè esso è "interno" al soggetto, nel senso che tale oggetto di percezione fenomenica si identifica riflessivamente con il suo soggetto.



Quando noi ci priviamo di informazioni sensoriali provenienti dall'esterno e di informazioni sul nostro stato di coscienza, materia e mente smettono di esistere poichè non sono soddisfatte le condizioni che le definiscono:
se con materia intendiamo tutto ciò che percepiamo dall'esterno e con mente tutto ciò che percepiamo dall'interno, quando ci priviamo di percezioni entrambi questi elementi vengono a mancare. Tuttavia, la realtà oggettiva continua a esistere anche in assenza delle mie percezioni poichè non appena riattivo le percezioni essa mi riappare come prima. Questo è quello che tu, citando Kant, chiami "noumeno". (Spero di aver interpretato bene quest'ultima parte e di non aver confuso il noumeno con la materia o di aver capito che sono due cose diverse mentre secondo te sono la stessa cosa).
CitazioneSi, qui mi sembra che qui abbia inteso bene la mia proposta, evitando di confondere il noumeno con la materia (fenomenica; come il senso comune tende ad indurre a fare; per esempio lo fa a mio parere l' ottimo Apeiron nella discussione su "La critica della scienza é fondata).



Non c'è rapporto causale tra materia e mente poichè entrambe sono le rappresentanti della stessa cosa, ossia il noumeno. Esse quindi si muovo più che altro in parallelo e vengono influenzate dalle stesse cose: influenzando una si influenza l'altra e vice versa. Questo accade poichè, in realtà, si sta in entrambi i casi influenzando il noumeno di cui materia e mente sono le raffigurazioni.

Ora va un po' meglio del primo riassunto che ho fatto? Dimmi pure se c'è di nuovo qualcosa che ho frainteso!
CitazioneQuel poco che hai frainteso é quanto ho cercato qui di spiegare meglio, ma la tua comprensione di quanto sostengo mi sembra molto buona.
Se hai altri dubbi, esponili pure, in attesa delle tue proposte di integrazione – correzione.
 
A presto!

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